Este documento é um excerto do sítio EUR-Lex
Documento 61983CC0117
Opinion of Mr Advocate General VerLoren van Themaat delivered on 20 June 1984. # Karl Könecke GmbH & Co. KG, Fleischwarenfabrik, v Bundesanstalt für landwirtschaftliche Marktordnung. # Reference for a preliminary ruling: Verwaltungsgericht Frankfurt am Main - Germany. # Recovery of deposit wrongly released in the beef sector. # Case 117/83.
Conclusioni dell'avvocato generale VerLoren van Themaat del 20 giugno 1984.
Karl Könecke GmbH & Co. KG, Fleischwarenfabrik, contro Bundesanstalt für landwirtschaftliche Marktordnung.
Domanda di pronuncia pregiudiziale: Verwaltungsgericht Frankfurt am Main - Germania.
Recupero della cauzione indebitamente restituita nel settore della carne bovina.
Causa 117/83.
Conclusioni dell'avvocato generale VerLoren van Themaat del 20 giugno 1984.
Karl Könecke GmbH & Co. KG, Fleischwarenfabrik, contro Bundesanstalt für landwirtschaftliche Marktordnung.
Domanda di pronuncia pregiudiziale: Verwaltungsgericht Frankfurt am Main - Germania.
Recupero della cauzione indebitamente restituita nel settore della carne bovina.
Causa 117/83.
Raccolta della Giurisprudenza 1984 -03291
Identificador Europeu da Jurisprudência (ECLI): ECLI:EU:C:1984:221
CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE
PIETER VERLOREN VAN THEMAAT
DEL 20 GIUGNO 1984 ( 1 )
Signor Presidente,
signori Giudici,
1. Introduzione
1.1. |
Nella presente causa, il giudice nazionale ha sollevato questioni riguardanti la natura e la posizione giuridica di «cauzioni» prestate in forza di disposizioni adottate nell'ambito della politica agricola comune, ai sensi dell'art. 1, n. 1, del regolamento (CEE) del Consiglio 20 febbraio 1978, n. 352 (GU L 50, 1978, pag. 1). Come si desume dalla summenzionata disposizione, cauzioni del genere vengono a volte diversamente denominate nei regolamenti agricoli. Nella disposizione si usano in proposito, come sinonimi della nozione di «cauzioni», quelle di «fideiussione» e di «garanzie». Resta aperta la questione per quale credito principale la cauzione serva di garanzia. |
1.2. |
Dalla risposta della Commissione ai vostri quesiti scritti del 15 dicembre 1983 e dalle mie ricerche personali emerge che dette «cauzioni» sono usate molto spesso nel settore agricolo, ma anche al di fuori di questo. La Commissione parla in particolare nella sua risposta di diritto doganale, nonché di una recente normativa nel settore dell'acciaio (decisione 23. 12. 1983, n. 3716/83/CECA, GU L 373, pag. 5). Da tale risposta della Commissione si desume inoltre che la natura e la posizione giuridica di simili «cauzioni» non dipendono tanto dalla denominazione loro data, bensì piuttosto dalla lettera e dallo spirito dei regolamenti, direttive o decisioni nelle quali se ne parla. La materia giuridica può essere quella d'una garanzia per il pagamento di taluni crediti in denaro. Secondo la Commissione, la «cauzione» può cionondimeno pure avere natura giuridica piuttosto analoga a quella d'una sanzione amministrativa o d'una penale contrattuale. Nella risposta la Commissione ha fornito esempi di questi diversi tipi di «cauzione». Essa ammette cionondimeno che la natura analoga alle sanzioni non risulta sempre con la debita chiarezza, dal testo dei regolamenti, direttive o decisioni. Il motivo è che taluni stati membri non vogliono ammettere espressamente il potere della Comunità di comminare sanzioni amministrative o di altro genere nell'ambito della politica agricola comune. La Commissione ha ampiamente svolto questo punto, soprattutto nella fase orale. Per quanto riguarda la posizione giuridica delle «cauzioni», essa non conosce comunque normativa in forza della quale la restituzione d'una cauzione comporti automaticamente l'estinzione del credito principale di cui la cauzione garantisce il pagamento. |
1.3. |
Sullo sfondo di questo breve riassunto della risposta della Commissione al vostro primo quesito scritto, è comprensibile che anche il giudice nazionale ravvisi dei problemi circa la natura e la posizione giuridica della «cauzione» dapprima restituita, nel presente caso, indi di nuovo richiesta. Come si evince dalla risposta della Commissione, esistono certamente esempi nei quali il regolamento dispone espressamente la nuova prestazione d'una «cauzione» restituita (artt. 31 e 40 del regolamento (CEE) della Commissione n. 3183/80, GU L 338, 1980, pag. 1) ( 2 ). Non è così nella presente fattispecie. Secondo le informazioni di cui dispone la Commissione, la prassi giuridica seguita dagli stati membri in materia non è uniforme. Mi richiamo in proposito alla risposta della Commissione al vostro quesito scritto nonché a quello ch'essa ha aggiunto in merito nella fase orale. La vostra sentenza nella presente causa potrà quindi contribuire in modo rilevante ad una delucidazione supplementare della natura e della posizione giuridica di «cauzioni» come quella di cui si tratta qui, cauzioni contemplate in diecine di altri regolamenti. |
1.4. |
Le questioni sollevate dal Verwaltungsgericht di Francoforte sul Meno sono formulate come segue:
|
1.5. |
Intendo ora al punto 2. esaminare le normative comunitarie da applicarsi nel presente caso; al punto 3. riassumere brevemente i fatti pertinenti; al punto 4. analizzare le questioni poste dal giudice nazionale, nonché i commenti da cui sono accompagnate, prendendo pure in esame taluni punti di vista espressi in corso di causa; al punto 5. formulare le soluzioni che la Corte potrebbe dare, a mio parere, alle questioni sollevate. |
2. Le normative comunitarie rilevanti
2.1. Il regolamento di base
Le misure d'intervento che qui ci interessano trovano il loro fondamento nel regolamento (CEE) del Consiglio n. 989/68 (GU L 169, 1968, pag. 10). Questo regolamento contempla la possibilità d'interventi nel, settore della carne bovina fresca, sotto forma di sovvenzioni all'ammasso privato di carne fresca originaria della Comunità. In forza dell'art. 1, n. 3, del regolamento, la sovvenzione all'ammasso privato viene concessa «conformemente alle disposizioni di contratti stipulati con organismi di intervento; tali contratti determinano gli obblighi reciproci dei contraenti a condizioni uniformi per ciascun prodotto». La fine del terzo considerando del regolamento mostra che questa esigenza di uniformità deriva dall'imperativo secóndo cui «la concessione dell'aiuto deve effettuarsi senza discriminazione fra gli interessati stabiliti nella Comunità». Gli artt. 3 e 4, n. 2 (3° comma) del regolamento mostrano che i contratti d'ammasso devono fissare, fra l'altro, la durata di questo. Il 2° comma dell'art. 4, n. 2, del regolamento stabilisce che «sono ammessi ... alla stipulazione dei contratti solo gli interessati che abbiano garantito l'osservanza dei loro obblighi mediante la costituzione d'un deposito cauzionale che resta acquisito in tutto o in parte se gli impegni dei contratti non sono rispettati o se sono rispettati solo parzialmente». (Le omissioni e le sottolineature sono mie).
2.2. Il regolamento di attuazione
Le modalità d'applicazione del regolamento del Consiglio di cui ho appena parlato hanno costituito oggetto del regolamento della Commissione n. 107.1/68 (GU L. 180, 1968, pag. 19). L'art. 3 di questo dà un' idea dettagliata dei dati, obblighi e diritti che i contratti di ammasso devono in ogni caso disciplinare.. Il n. 4 di tale articolo dispone che «l'obbligo di ammassare la quantità convenuta è, considerato soddisfatto se al meno il 90 % o al massimo il 110 % di tale quantità è stato immagazzinato ed ammassato». Il 5° considerando.del regolamento mostra che tale disposizione non è l'espressione del principio di proporzionalità in caso di incameramento della cauzione, come la Commissione ha suggerito nella fase orale, ma «che per tener conto degli usi commerciali» si è ritenuto che «conviene ammettere un certo margine di variazione delle quantità ammassate convenute».
Gli obblighi'contrattuali di cui all'art. 3, n. 2, del regolamento non comprendono la disciplina delle cauzioni. In forza dell'art. 3, n. 1, lett. e), il contratto deve certo contenere fra i suoi «elementi», «la natura e l'ammontare della garanzia». L'obbligo per l'ammassatore di prestare cauzione è invece disciplinato separatamente dall'art. 4 del regolamento. L'art. 4, n. 1, dispone in proposito: «Alla conclusione del contratto dev'essere versata da parte dell'ammassatore o costituita sotto forma di garanzia bancaria rilasciata da un istituto di credito che soddisfi le condizioni fissate da ciascuno stato membro, una cauzione che non superi il 50 % dell'ammontare dell'aiuto ritenuto in tale contratto». Precorrendo la disamina della natura giuridica della cauzione, osservo sin d'ora che questa struttura scuote alquanto la tesi della Commissione (ampiamente esposta all'udienza) secondo la quale si tratterebbe qui in realtà di una penale contrattuale. D'altro canto, l'art. 3 del regolamento non sembra nemmeno escludere l'inserzione di una siffatta clausola penale nel contratto di ammasso. L'obbligo di prestare cauzioni, che è stabilito dall'art. 4, potrà tuttavia riferirsi pure ad un'altra obbligazione pecuniaria, interpretata secondo norme di diritto amministrativo. Per la determinazione della natura giuridica della sanzione, hanno poi rilievo i nn. 3 e 4 dell'art. 4. L'art. 4, n. 3, recita: «La cauzione resta totalmente acquisita qualora gli obblighi del contratto non siano realizzati; tuttavia, se viene immesso in ammasso ed ammassato nei termini previsti meno del 90 % della quantità stipulata nel contratto, la garanzia resta acquisita proporzionalmente alla parte mancante della quantità di cui all'art. 3, n. 1 lett. a)». Quest' ultimo passo può considerarsi solo in misura limitata come un effettivo riconoscimento del principio di proporzionalità. Ciò viene del resto ammesso espressamente all'inizio della pag. 15 delle osservazioni della Commissione. L'art. 4, n. 4 recita: «La cauzione non resta acquisita qualora, per cause di forza maggiore, l'ammassatore si trova nella impossibilità di soddisfare gli obblighi di cui sopra».
2.3. Alcune conclusioni
La discussione che precede consente di trarne immediatamente alcune prime conclusioni, che sono rilevanti per la soluzione delle questioni sollevate.
a) |
In primo luogo, già dal regolamento di base emerge che il regime di ammasso va applicato in modo uniforme in tutti gli Stati membri. Tenuto conto dell'art. 40, n. 3, 2° comma, del trattato CEE, tale principio di non discriminazione va pure osservato per quanto riguarda la disciplina delle cauzioni. |
b) |
In secondo luogo, tanto dall'art. 4, n. 2, già menzionato, del regolamento di base del Consiglio, quanto dall'art. 4 del regolamento della Commissione — che è ancora più chiaro — si desume che la disciplina delle cauzioni non rappresenta, dal punto di vista del diritto comunitario, una parte necessaria degli obblighi contrattuali dell'ammassatore. La cauzione viene concepita piuttosto come obbligo distinto dell'ammassatore, che si colloca al di fuori del contratto e della cui osservanza devono aver cura gli enti d'intervento, obbligo che può esser adempiuto o con un versamento in denaro, o con la prestazione d'una garanzia bancaria. D'altro canto, il regolamento della Commissione non sembra nemmeno escludere che un ente d'intervento precisi meglio la disciplina delle cauzioni nei contratti di ammasso. |
e) |
In terzo luogo, tanto dall'art. 4, n. 2, 2° comma, del regolamento di base, quanto dall'art. 4 del regolamento della Commissione si desume chiaramente che la cauzione non può considerarsi come una garanzia di rimborso della sovvenzione indebitamente versata. Prima di tutto essa sarebbe insufficiente come garanzia del genere, giacché può equivalere al massimo al 50 % della sovvenzione. Indi, dalle norme relative nell'incameramento, di cui all'art. 4, nn. 3 e 4 del regolamento della Commissione, si desume che l'incameramento viene considerato come una conseguenza giuridica accessoria e distinta dall'inadempimento delle obbligazioni contrattuali. Questa conseguenza giuridica lascia cioè intatta la possibilità di ripetere, in caso d'inadempimento del contratto, la sovvenzione in esso pattuita. Reciprocamente, il rimborso della sovvenzione in caso d'inadempimento delle obbligazioni contrattuali non intacca la possibilità d'incamerare la cauzione come provvedimento complementare. |
d) |
Né il regolamento di base del Consiglio, né il regolamento della Commissione contemplano il caso che è al centro della presente causa. Si tratta dell'ipotesi in cui la cauzione viene svincolata, ma in un secondo tempo emerge che a torto l'ente d'intervento ha ritenuto che il contratto di ammasso sia stato adempiuto. Si pone allora la questione se, stando alla portata generale dei regolamenti, l'importo della cauzione possa cionondimento essere ripetuto. Prenderò in esame tale questione appunto nel quarto paragrafo delle mie conclusioni. |
3. I fatti rilevanti
Ai fini della soluzione delle questioni sollevate, non è decisivo il determinare quali obbligazioni del contratto di ammasso non siano state adempiute dall'a-trice nella causa principale. Dalla sentenza 24 novembre 1980, della Grosse Strafkamer del Landgericht di Brema, che è stata prodotta all'udienza, si desume tuttavia (pagg. 8-31) che obbligazioni derivanti da tredici distinti contratti, stipulati fra il 17 maggio 1974 e il 17 settembre 1975, non sono state adempiute per quanto riguarda la natura e l'origine della carne ammassata. Inoltre, all'ente d'intervento sono state fatte dichiarazioni inesatte in merito, di guisa che gli interessati sono stati fra l'altro imputati, secondo la sentenza di «frode in materia di sovvenzioni» ( 3 ) Tenuto conto dei notevoli quantitativi di carne per i quali l'attrice nella causa principale aveva indebitamente ottenuto una sovvenzione, il sig. Könecke (amministratore unico dell'attrice stessa) veniva fra l'altro condannato a due anni di reclusione con la condizionale, nonché ad una multa di 360 quote giornaliere di DM 600 ciascuna.
Tuttavia, ai fini della presente causa è più importante il fatto che, come è detto a pag. 45 della sentenza, il Landgericht, nel calcolare la multa, ha fra l'altro tenuto conto della circostanza che la Könecke aveva nel frattempo rimborsato la sovvenzione indebitamente ricevuta, nella misura in cui l'ente d'intervento gliel'a-veva chiesta. Inoltre, sempre stando alla pag. 45 della sentenza, il Landgericht ha tenuto conto del fatto che l'ente d'intervento non aveva ancora intrapreso alcunchè di fronte al rifiuto della Könecke di rimborsare le cauzioni a torto svincolate. Il problema dell'eventuale applicazione del principio «ne bis in idem» all'atto della ripetizione degli importi delle cauzioni resta quindi importante in quanto il giudice penale non poteva considerare, né ha considerato, l'eventuale recupero delle cauzioni come «voce da detrarre» nel calcolo della pena pecuniaria. Si desume cionondimeno dalla sentenza che il giudice penale ha fatto valere a favore della Könecke la circostanza che l'ente d'intervento awa omesso di controllare efficacemente l'adempimento degli impegni assunti dalla Könecke e di agire in modo altrettanto efficace dopo l'accertamento delle trasgressioni. Le gravi e ripetute trasgressioni di tali obbligazioni e delle norme comunitarie in fatto di ammasso di carne bovina fresca, originaria della Comunità, non sono emerse per iniziative dell'ente d'intervento, bensì in occasione di un controllo da parte delle autorità doganali. Anche per ragioni di prevenzione generale (pag. 47 della sentenza) il Landgericht ha quindi applicato a tali gravi frodi in fatto di politica agricola comune, frodi scoperte per caso, le pene sopra indicate.
Dall'ordinanza di rinvio del Verwaltungsgericht di Francoforte sul Meno si deve cionondimeno desumere che con due provvedimenti del 26 maggio 1976, l'ente d'intervento ha revocato la concessione della sovvenzione come pure lo svincolo delle cauzioni. La domanda proposta dall'attrice nella causa principale si riferisce esclusivamente alla revoca dello svincolo delle cauzioni. Il Verwaltungsgericht considera questa revoca, che era accompagnata dall'ingiunzione di restituzione degli importi svincolati, come un atto amministrativo impugnabile. Per valutare tale impugnazione il Verwaltungsgericht — stando alla frase che comincia alla fine della pag. 3 dell'ordinanza — considera essenziale la questione se la revoca dello svincolo d'una cauzione sia di per sé possibile. Le summenzionate questioni del Verwaltungsgericht hanno tutte un nesso con tale questione essenziale.
4. Le questioni sollevate
4.1. |
Per risolvere la questione essenziale posta dal Verwaltungsgericht di cui ho appena parlato, occorre anzitutto chiarire la natura e la posizione giuridica della cauzione nonché il credito ch'essa serve a garantire. A questo aspetto si riferisce in particolare la quarta questione posta dal giudice nazionale. Condivido in sé il punto di vista della Commissione secondo il quale dall'art. 4, n. 2, del regolamento di base e dall'art. 3, nn. 1 e 3, del regolamento della Commissione si desume incontestabilmente che la disciplina delle cauzioni ha una duplice natura. Essa mira a creare certezza per l'adempimento di un'obbligazione pecuniaria accessoria o «sanzione» in caso di inadempimento delle obbligazioni contrattuali. Mi richiamo in proposito alla mia precedente disamina dei due regolamenti. Contrariamente alla Commissione, ritengo invece, in esito a detta disamina, che la «sanzione» accessoria, per la quale è prestata la garanzia, non ha necessariamente la natura di penale contrattuale. A norma dei regolamenti, l'applicazione della disciplina delle cauzioni potrà effettuarsi pure mediante provvedimenti amministrativi. Fra l'altro, un provvedimento del genere potrà fissare l'importo della cauzione da prestare in forza di dette disposizioni. A norma dell'art. 3, n. 1, del regolamento, solo il risultato di questa fissazione deve esser menzionato come «elemento» nel contratto. Poiché il modo di applicare le suddette prescrizioni viene lasciato agli stati membri, tali prescrizioni possono definirsi, per quanto riguarda la prestazione della cauzione, un'obbligazione di risultato. Lo stesso deve dirsi, a mio parere, della disciplina dell'incameramento della cauzione. Se in uno stato membro la disciplina delle cauzioni viene recepita e precisata mediante inclusione di una clausola penale nei contratti di ammasso, è possibile (se la cauzione non è stata ancora svincolata) incamerare la cauzione stessa ovvero (se la cauzione è già stata svincolata) chiedere dinanzi al giudice competente il pagamento della penale. Se la disciplina delle cauzioni viene applicata mediante un provvedimento amministrativo — a seconda del contenuto di questo provvedimento e a seconda che la cauzione sia o meno già stata svincolata — l'amministrazione, in caso di susseguente accertamento d'inadempimento delle obbligazioni contrattuali, può optare per una delle seguenti soluzioni. Se la cauzione non è stata ancora svincolata, di regola essa sara naturalmente incamerata. Se, per contro, la cauzione è già stata svincolata, si potrà, a seconda delle norme sulle cauzioni contenute nel provvedimento di applicazione, t> applicare la sanzione garantita dalla cauzione, o revocare il provvedimento di svincolo. In quest'ultimo caso, si potrà effettuare simultaneamente l'incameramento totale o parziale della cauzione. Ciò risulta, a mio parere, dalla natura di manifesta obbligazione di risultato che va attribuita alla disciplina delle cauzioni, ivi comprese le norme sull'incameramento. Il fatto che la disciplina delle cauzioni sia considerata pure dagli stati membri, come un'obbligazione di risultato, le cui modalità di attuazione sono lasciate alla discrezione degli stati membri, viene confermata chiaramente, a mio parere, dalle informazioni che la Commissione ha fornito per iscritto e all'udienza sulle prassi fortemente divergenti dei vari stati membri. Per amore di completezza, a queste prime conclusioni aggiungerò che la variante della penale contrattuale, garantita da una cauzione, non compare affatto- in tutte le diecine di casi di applicazione del sistema della «cauzione» che ho incontrato. In molti di questi casi (ad esempio per le cauzioni che garantiscono l'osservanza delle condizioni stabilite in certificati d'importazione o di esportazione o per il pagamento anticipato di restituzioni all'esportazione e di importi compensativi monetari positivi come quelli contemplati dal regolamento (CEE) n. 798/80 poc'anzi citato) non esiste contemporaneamente un rapporto contrattuale e si tratta esclusivamente di un «obbligo derivante dalla legge» che, come molti obblighi derivanti dalla legge, va precisato e applicato dall'amministrazione mediante provvedimento amministrativo. Cito, a mo' di esempio, gli artt. 7-10 del summenzionato regolamento (CEE) e dalla Commissione n. 798/80. Un altro esempio (prestazione di una cauzione che garantisce l'esecuzione di negozi ma coperti da licenze d'importazione o di esportazione) si trova nella vostra sentenza 17 dicembre 1970 (causa 11/70, Internationale Handelsgesellschaft/Einfuhr- und Vorratsstelle, für Getreide und Futtermittel, Race. 1970, pag. 1125). |
4.2. |
Per risolvere questa questione posta dal giudice nazionale, è cionondimeno necessario precisare ulteriormente la natura della «sanzione» la cui applicazione viene garantita dalla cauzione. Dalle delucidazioni fornite dal giudice nazionale, a proposito della quarta e della quinta questione emerge che, a suo parere, non si tratta qui né di un risarcimento di danni, né di una «penale» nel senso di cui alla pronunzia del Bundesverfassungsgericht ch'esso cita ( 4 ). A suo parere, si tratta piuttosto nel presente caso d'una ammenda di natura penale, che dev'essere valutata alla luce dei principi generali di diritto penale ch'esso menziona. Evidentemente il giudice nazionale non è ancora convinto dalla negazione di tale natura penale di cui al punto 18 della motivazione della vostra summenzionata sentenza 11/70, originata da un rinvio dello stesso giudice. Ciò trova conferma nel commento ufficioso alle nuove questioni che uno dei giudici del Verwaltungsgericht ha pubblicato in modo alquanto inconsueto nella «Neue Juristische Wochenschrift», 1983, alle pagg. 2727-2730. Onde promuovere un dialogo fecondo fra i giudici nazionali e la vostra Corte, che questa si propone di realizzare nel procedimento pregiudiziale, ma anche in considerazione delle particolarità del caso concreto, ritengo di conseguenza opportuno esaminare più da vicino, nonostante la vostra sentenza che ho appena menzionato, la natura giuridica dell'onere pecuniario di cui trattasi. Il fatto che la Comunità non sia per il momento competente ad applicare sanzioni penali è attualmente generalmente ammesso. Occorrerebbe a tal fine che un «codice di diritto penale» comunitario venisse adottato mediante un regolamento, per la cui adozione i trattati non attribuiscono tuttavia alcuna competenza alle istituzioni comunitarie. Il fatto che non si possa nemmeno parlare nel caso di specie di sanzioni amministrative di natura perfettamente identica a quella delle ammende rese possibili dall'art. 87, n. 2, del trattato CEE e da vari articoli del trattato CECA è, a mio parere, altrettanto certo. Nell'infliggere le ammende contemplate dai trattati, per le quali questi o (per quanto riguarda l'art. 87 del trattato CEE) le disposizioni d'applicazione fissano solo dei massimi, secondo la vostra giurisprudenza si deve tener conto fra l'altro della gravità e della durata delle infrazioni. Le disposizioni che sono qui in discussione contemplano invece un importo da fissare caso per caso, ma in linea di principio determinato per ciascun contratto, che non può superare la metà della sovvenzione. Tale importo fisso viene incamerato in caso d'inadempimento delle obbligazioni contrattuali di ammasso volontariamente assunte. Mi richiamo ancora in proposito al mio precedente esame delle disposizioni di cui trattasi. Inoltre, ho già rilevato che tali disposizioni non escludono che l'applicazione della disciplina delle sanzioni si effettui mediante inserzione nel contratto di una clausola penale. Anche sotto questo aspetto la sanzione non ha necessariamente la natura di ammenda amministrativa. Essa completa piuttosto l'«incentivo» positivo costituito dalla sovvenzione mediante un «incentivo» negativo (più esiguo), onde garantire che lo scopo perseguito dall'ammasso, e cioè evitare interventi costosi sul mercato da parte degli enti d'intervento sia raggiunto ( 5 ). Infine la disciplina delle cauzioni implica per sua natura (certamente all'atto della prestazione d'una garanzia bancaria) che in caso di inadempimento del contratto, l'intero importo della cauzione sia in linea di principio incamerato. |
4.3. |
La circostanza che nel caso di specie non possa parlarsi né di una sanzione penale, né d'una ammenda amministrativa ai sensi dei trattati comunitari non esclude però che la «sanzione» dell'incameramento della cauzione debba cionondimeno valutarsi alla luce dei principi di rango superiore del diritto comunitario. Che le istituzioni comunitarie siano competenti a fissare questo tipo di sanzioni pecuniarie sui generis è già stato deciso da questa Corte per un caso analogo nella summenzionata sentenza 11/70 (punto 12 della motivazione). Nella sentenza 240/78 (Atalanta Amsterdam BV/Produktschap voor Vee en Vlees, Race. 1979, pag. 2137), questa Corte ha tuttavia confermato al tempo stesso la possibilità di applicare a siffatte normative sulle cauzioni il principio di proporzionalità, possibilità già ammessa ai punti 14-16 della sentenza 11/70. Al punto 15 della motivazione della sentenza 240/78, questa Corte ha dichiarato fra l'altro che l'articolo del regolamento della Commissione sull'incameramento della cauzione, che era in causa in tale sentenza «è in contrasto, data la sua automaticità, col principio di proporzionalità, in quanto non permette di adeguare la sanzione alla misura dell'inadempimento delle obbligazioni contrattuali o alla gravità dell'inadempimento stesso». Secondo il mio esame delle disposizioni di cui si tratta, può pure parlarsi di un siffatto automatismo nel presente caso. In questo, come nella causa 240/78, è tuttavia possibile riferirsi ad una disposizione del regolamento del Consiglio (art. 4, n. 2) che consente l'incameramento totale o parziale e rende quindi possibile la piena applicazione del principio di proporzionalità. Tenuto conto della natura — già rilevata — della cauzione — prestata eventualmente sotto forma di fideiussione bancaria — le particolari circostanze che possono giustificare l'incameramento solo parziale devono in linea di principio essere adottate dall'impresa interessata. Ricorderò in proposito che nella giurisprudenza sulla politica in fatto di ammende nel settore dell'acciaio, anche nei confronti delle sanzioni amministrative «vere e proprie» di cui si tratta in questo settore, questa Corte ha ritenuto ammissibile che la Commissione parta, di regola, da ammende predeterminate in via generale. Anche in questo caso, le circostanze particolari atte a giustificare una diminuzione nel caso concreto devono essere di regola addotte dagli interessati. |
4.4. |
Uno specifico problema deriva nel presente caso dal concorso con le pene pecuniarie già inflitte dalla summenzionata sentenza penale. Benché — come già detto — il sistema di sanzioni contemplato dal regime della cauzione non sia perfettamente paragonabile nel caso di specie alle ammende di cui agli artt. 87 del trattato CEE, tale problema specifico può cionondimeno, a mio parere, risolversi applicando mutatis mutandis il punto di vista già espresso da questa Corte al punto 11 della motivazione della sentenza 14/68 (Walt Wilhelm e.a./Bundeskartellamt, Racc. 1969, pag. 1). Tale punto di vista è formulato come segue: «la possibilità di un cumulo di sanzioni non è tale da escludere l'eventualità di due procedimenti paralleli che perseguono scopi distinti. Ferme restando le condizioni e i limiti della soluzione data alla prima questione, l'ammissibilità di un duplice procedimento si desume dal sistema specifico di ripartizione delle competenze tra Comunità e stati membri nel campo delle intese. Se tuttavia la possibilità di un duplice procedimento dovesse implicare una doppia sanzione, un'esigenza generale di equità, che del resto trova espressione nell'art. 90, n. 2, ultima parte, del trattato CECA, implica che si tenga conto, nel determinare la sanzione, delle decisioni repressive anteriori. In ogni caso, finché non sia stato adottato un regolamento in forza dell'art. 87, n. 2), lett. e), dai principi generali del diritto comunitario non si potrebbe desumere un mezzo atto ad evitare tale possibilità che lascia intatta la soluzione data alla prima questione». Per motivare l'applicazione analogica di questo punto di vista già adottato dalla Corte, osservo quanto segue. La possibilità di cumulo fra la sanzione penale contemplata da una disposizione penale nazionale, e la sanzione pecuniaria comminata da una disposizione di diritto comunitario non mi sembra si possa in linea di principio escludere nemmeno nel caso in esame, dato che i due procedimenti paralleli riguardanti fatti in parte o in tutto identici perseguono fini distinti. Del pari nel caso di specie la possibilità di simili procedimenti paralleli è la conseguenza della ripartizione delle competenze tra la Comunità e gli stati membri. La possibilità di agire penalmente contro frodi nell'ambito della politica agricola comune viene riservata agli stati membri. Benché, secondo il mio modo di vedere, la sanzione di cui è causa vada considerata di natura penale ancor meno delle ammende di cui nell'art. 87 del trattato CEE, ritengo conforme al ragionamento che è alla base delle sopracitate considerazioni l'applicare anche nel nostro caso il principio secondo cui, nel determinare la sanzione da applicarsi in secondo luogo, si deve tener conto dei precedenti provvedimenti di natura repressiva. Come risulta dalla pronunzia del giudice penale che ho appena preso in esame, questo non ha tenuto conto dell'azione di ripetizione, con conseguente incameramento della cauzione, in quel momento ancora pendente. La presa in considerazione dei precedenti provvedimenti di natura repressiva dovrà quindi aver luogo all'atto dell'applicazione della disciplina delle cauzioni di cui è causa. A mio parere, si deve in ciò ravvisare una particolare applicazione del principio di proporzionalità da voi ammesso nella giurisprudenza riguardante gli interventi in materia agricola, non già un'applicazione del principio di diritto penale «ne bis in idem». Nemmeno gli altri principi di diritto penale che il giudice nazionale cita nel commentare la quinta questione, vanno secondo me applicati come tali a discipline delle cauzioni come quella di cui si tratta nel presente caso. |
4.5. |
Le tre prime questioni sollevate dal giudice nazionale vanno secondo me considerate congiuntamente. Esse sono infatti tutte in rapporto diretto con la questione, essenziale per il giudice nazionale, se lo svincolo della cauzione possa essere revocato (ultima frase del commento generale alle questioni). Per due motivi ritengo che tali questioni vadano risolte, contrariamente ai punti di vista del governo tedesco e della Commissione, nel senso che le autorità nazionali hanno in linea di principio non solo il potere, ma anche il dovere di agire per la ripetizione e l'incameramento totale o parziale delle cauzioni indebitamente svincolate o di somme equivalenti. In primo luogo, ciò emerge, a mio parere, dal summenzionato art. 4, n. 2, del regolamento del Consiglio. Questa disposizione dichiara senz'altro che il deposito cauzionale «resta acquisito in tutto o in parte se gli impegni dei contratti non sono rispettati o se sono rispettati solo parzialmente». Salvo il caso di forza maggiore, che qui non si dà, il summenzionato art. 4, n. 3, del regolamento della Commissione va nello stesso senso. Come ho già detto, in tali disposizioni si deve a mio parere ravvisare un'obbligazione di risultato, di guisa che nell'applicarle in caso di indebita restituzione delle cauzioni sono irrilevanti le modalità dell'applicazione. In secondo luogo, il principio di non discriminazione che è stato espressamente posto a fondamento del regolamento del Consiglio, osterebbe ad una interpretazione diversa. Questa porterebbe inevitabilmente a disparità giuridiche nei vari Stati membri ed entrerebbe di conseguenza in contrasto con l'art. 40, n. 3, del trattato CEE. |
5. Conclusioni finali
Ciò premesso, proporrei di risolvere le questioni pregiudiziali come segue :
1, 2 e 3: A norma dell'art. 4 del regolamento (CEE) del Consiglio n. 989/68 e dell'art. 4 del regolamento (CEE) della Commissione n. 1071/68, in relazione al divieto di discriminazione sancito, fra l'altro, dall'art. 40, n. 3, del trattato CEE, le autorità nazionali incaricate dell'esecuzione di tali regolamenti sono tenute a ripetere ed incamerare, in tutto o in parte, le cauzioni indebitamente svincolate o somme equivalenti, applicando inoltre, se necessario, il loro diritto nazionale per quanto riguarda il modo di adempiere tali obbligazioni.
4: La cauzione di cui all'art. 4 del regolamento (CEE) n. 1071/68 serve come garanzia delle conseguenze giuridiche, prescritte implicitamente da tale articolo e da quello corrispondente del regolamento n. 989/68, dell'inadempimento delle obbligazioni contrattuali in fatto di ammasso privato di carne bovina per il quale viene attribuita una sovvenzione in forza dei summenzionati regolamenti.
5: L'art. 4 del regolamento n. 1071/68 non esclude l'incameramento solo parziale disposto a norma dell'art. 4, n. 2, del regolamento del Consiglio n. 989/68 ed in conformità al principio di proporzionalità ammesso dalla giurisprudenza della Corte per simili discipline sulle cauzioni ( 6 ). Si deve tuttavia tener conto, in proposito, della norma che deriva dalla natura della disciplina delle cauzioni secondo cui, salvo circostanze particolari addotte dall'interessato, l'intero importo della cauzione viene incamerato ( 7 ). Quando la gravità dell'inadempimento dei contratti è stata accertata in una precedente sentenza penale, con la conseguente inflizione di gravi pene, il principio di proporzionalità implica pure che si tenga conto di tale precedente sentenza penale nel determinare la misura in cui la cauzione viene incamerata ( 8 ).
( 1 ) Traduzione dall'olandese.
( 2 ) Nella fase orale, la Commissione ha citato come secondo esempio l'art. 10 del suo regolamento 31 marzo 1980, n. 798 (GU L 87, 1980, pag. 42). In tal caso, si tratta espressamente del rimborso, in tutto o in parte, di un importo pari alla cauzione.
( 3 ) Secondo tale sentenza, le frodi erano in realtà molto più gravi di quanto sia stato detto nella relazione d'udienza, basandosi sull'ordinanza di rinvio.
( 4 ) Bundesverfassungsgericht 37, pag. 288.
( 5 ) Nello stesso senso, a mio parere, vedasi il punto 6 della motivazione della vostra sentenza 26/70 (Racc. 1970, pag. 1183).
( 6 ) Cfr. il punto 2 della soluzione della Corte nella sentenza, già menzionata, 240/78, Race. 1979, pag. 2152.
( 7 ) Questa precisazione mi sembra ora necessaria alla luce della vostra giurisprudenza a parure dalla sentenza 240/78. Dato che nella giurisprudenza sulla politica in fatto di ammende nel settore dell'acciaio, anche a proposito di vere e proprie sanzioni amministrative come quelle che sono espressamente contemplate dai trattati, la Corte ha ritenuto possibile che la Commissione prenda di regola le mosse, da ammende prefissate, ciò vale a maggior ragione, a causa della loro natura, per discipline delle cauzioni come quella qui in esame.
( 8 ) Cfr. il 3° comma del sopracitato punto 11 della sentenza 14/68.