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Document 61983CC0029
Opinion of Mr Advocate General Rozès delivered on 1 February 1984. # Compagnie Royale Asturienne des Mines SA and Rheinzink GmbH v Commission of the European Communities. # Competition - Agreements and concerted practices in the rolled zinc market. # Joined cases 29/83 and 30/83.
Conclusioni dell'avvocato generale Rozès del 1 febbraio 1984.
Compagnie royale asturienne des mines SA e Rheinzink GmbH contro Commissione delle Comunità europee.
Concorrenza - accordi e pratiche concordate sul mercato dei laminati di zinco.
Cause riunite 29 e 30/83.
Conclusioni dell'avvocato generale Rozès del 1 febbraio 1984.
Compagnie royale asturienne des mines SA e Rheinzink GmbH contro Commissione delle Comunità europee.
Concorrenza - accordi e pratiche concordate sul mercato dei laminati di zinco.
Cause riunite 29 e 30/83.
Raccolta della Giurisprudenza 1984 -01679
ECLI identifier: ECLI:EU:C:1984:38
CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE SIMONE ROZÈS
DEL 1O FEBBRAIO 1984 ( 1 )
Signor Presidente,
signori Giudici,
Con decisione 14 dicembre 1982 ( 2 ) la Commissione accertava varie trasgressioni dell'art. 85 del Trattato, commesse da cinque imprese produttrici di laminati e leghe di zinco. Due di esse, la Compagnie royale asturienne des mines (in prosieguo: «CRAM») e la Rheinzink GmbH, che rientrano fra i principali produttori di zinco della Comunità, hanno proposto contro detta decisione un ricorso col quale ne chiedono l'annullamento parziale. Esse si riferiscono in particolare a due gruppi di trasgressioni accertate dalla Commissione:
1. |
in primo luogo, i provvedimenti di protezione del mercato consistenti:
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2. |
in secondo luogo, il contratto di assistenza reciproca concluso dalla CRAM con la Rheinzink e con la Vieille Montagne, altra impresa produttrice di laminati di zinco ( 5 ). Prima di esaminare l'uno dopo l'altro questi due gruppi di trasgressioni, va detto che in via preliminare la ricorrente Rheinzink sostiene che non le si può far carico del comportamento della «Rheinische Zinkwalzwerk GmbH & Co» alla quale essa è succeduta il 1o ottobre 1981. Dato tuttavia che la decisione della Commissione può ledere la ricorrente solo se le trasgressioni accertate dalla Commissione sono provate e l'ammenda inflitta, mi pare preferibile trattare questo mezzo unicamente in detta ipotesi, tanto più che la CRAM è del pari coinvolta e ricorrente per una parte della decisione impugnata. |
I — I provvedimenti di protezione del mercato
1. |
Dato che lo svolgimento dei fatti ha importanza capitale per la valutazione giuridica dell'asserito comportamento anticoncorrenziale delle imprese, mi sembra indispensabile esporli particolareggiatamente. I prezzi praticati dalla CRAM e dalla Rheinzink sul mercato dei laminati e delle leghe di zinco sono analoghi nello stesso paese, ma differinscono a seconda degli Stati. Questa situazione può favorire una certa speculazione, consistente nel rivendere, su un mercato in cui i prezzi siano alti (Francia e Germania, ad esempio), lo zinco acquistato a prezzo inferiore in altri Stati membri (ad esempio, il Belgio). La ditta Kestermann, impresa specializzata nello smercio e nella lavorazione dei laminati, cercava, attraverso un intermediario, la Gebr. Schütz NV, di trarre profitto da queste differenze di prezzo. L'impresa ultima nominata, infatti, dopo un primo tentativo infruttuoso, riusciva a procurarsi dalla Asturienne e dalla Rheinzink dei laminati destinati a suo dire alla riesportazione nel Medio Oriente, e precisamente in Egitto. A questa condizione, le due imprese si impegnavano a consegnarle nel 1976 2000 e, rispettivamente, 1252 tonnellate a prezzi fra il 15 e il 20 % inferiori a quelli praticati nella Repubblica federale di Germania. Dopo aver consegnato la metà dell'ordine, la CRAM accettava tre nuovi ordini, il primo in data 8 settembre 1976 e riguardante 240 tonnellate da consegnarsi in ottobre e gli altri due in data 11 ottobre e relativi alla consegna di 631 e, rispettivamente, 44 tonnellate di laminati per la fine del mese di novembre. |
2. |
Nella decisione, la Commissione dichiara quanto segue:
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3. |
Dalle complesse relazioni fra la CRAM, la Rheinzink e la Schütz, la Commissione trae due conclusioni:
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A — Intesa per la protezione del mercato tedesco
Onde valutare la pratica concordata con cui la CRAM e la Rheinzink avrebbero cercato di proteggere i rispettivi mercati, è opportuno esaminare i vari indizi addotti dalla Commissione a sostegno della propria valutazione dei fatti, sotto due aspetti, l'uno relativo al comportamento parallelo delle due imprese, l'altro riguardante le relazioni rese manifeste dal telex del 26 ottobre 1976.
a) |
Se la CRAM e la Rheinzink abbiano adottato un comportamento parallelo rispetto alla Schütz (interruzione concordata delle forniture). La decisione della Commissione è basata anzitutto sull'atteggiamento della CRAM, la quale averbbe agito in relazione al comportamento adottato dalla Rheinzink nei confronti della Schütz. Primo indizio: la Commissione dichiara che lo stesso giorno in cui la CRAM «sospese le proprie forniture senza motivo apparente, la Rheinzink aveva accusato la Schütz di non rispettare la clausola di esportare verso l'Egitto» ( 6 ). Essa ne deduce che il comportamento dell'Asturienne si spiega con un'intesa con la Rheinzink. Avendo saputo da questa della supposta frode della Schütz, essa avrebbe interrotto qualsiasi consegna il 21 ottobre 1976, il che spiegherebbe che l'ordine di 240 tonnellate non sia stato completamente eseguito a tale data, giacché restavano da consegnare 20 tonnellate. Quest'ultima constatazione è basata su un errore: come infatti la Commissione ha ammesso in seguito alle allegazioni della CRAM, l'ordine di 240 tonnellate è stato completamente eseguito il 20 ottobre e non si tratta di un errore secondario giacché viene con ciò meno il nesso logico fra il comportamento della Rheinzink e la sospensione, da parte della CRAM, delle consegne per l'ordine di 240 tonnellate. La Commissione ritiene cionondimeno che, dal 21 ottobre, la CRAM abbia smesso di rifornire la Schütz giacché gli ordini per 631 e 44 tonnellate, destinati all'Egitto e, rispettivamente, all'Iran, benché confermati dalla CRAM I'11 ottobre 1976, non sono mai stati eseguiti. Orbene, la conferma dell'ordine relativo alle 631 tonnellate indica che la consegna sarà effettuata «in seguito alla vendita n. 3446 e comunque entro la fine di novembre»: perciò, secondo la Commissione, fra la consegna delle 240 tonnellate (vendita n. 3446) e quella di 631 tonnellate non era prevista alcuna interruzione e la cessazione delle consegne reca quindi appunto la data del 21 ottobre 1976. Non concordo con la Commissione circa l'asserita indentità di data. L'illazione che la Commissione basa sul termine di consegna indicato nella conferma dell'ordine delle 631 tonnellate non è affatto suffragata dalla lettera della stessa conferma d'ordine la quale implica indubbiamente che l'ordine doveva essere eseguito dopo la consegna delle 240 tonnellate, ma prevede un «bidente» di consegne comprese fra il 21 e il 30 novembre al più tardi. Non si può quindi attribuire la cessazione delle consegne da parte della CRAM al comportamento assunto dalla Rheinzink il 21 ottobre. Secondo indizio: l'Asturienne avrebbe atteso i risultati dell'indagine della Rheinzink sulla Schütz (29 ottobre 1976) per chiedere a questa, l'8 novembre, il pagamento delle fatture scoperte. Nemmeno questo parallelo mi sembra confermato dai fatti, come la stessa Commissione è stata indotta ad ammettere. Molto prima della data indicata, la CRAM e la Schütz si erano trovate in disaccordo a proposito del saldo di determinate fatture relative a consegne effettuate in settembre. Con telex del 14 ottobre, indi del 2 novembre, la CRAM ne chiedeva il pagamento alla Schütz. Il pagamento delle fatture relative alle 240 tonnellate per consegna in ottobre dava luogo a problemi dello stesso genere, come si desume da un telex del 12 novembre. In via generale non si può quindi spiegare il comportamento dell'Asturienne unicamente con l'asserita comunicazione, fattale dalla Rheinzink, dei risultati dell'indagine condotta presso la Schütz. Al contrario, dai numerosi telex scambiati dalla CRAM con la sua cliente emerge chiaramente che alla prima premeva anzitutto il pagamento delle consegne effettuate, e che essa chiedeva le pezze giustificative dell'esportazione solo con ritardo ed in via accessoria (telex del 12 novembre 1976). Di conseguenza non è giusto far carico all'Asturienne di aver deciso di sospendere le consegne ancora dovute «senza motivo apparente», come la Commissione dichiara, essendo manifesto che la cliente Schütz procastinava il saldo delle fatture scoperte per motivi che facevano dubitare della sua solvibilità. Dalla cronologia degli eventi si può certo trarre l'impressione di una successione logica di comportamenti rispettivi delle ricorrenti, che rientrano in un periodo del resto abbastanza breve. Cionondimeno, gli indizi addotti dalla Commissione non bastano per dimostrare l'esistenza di un nesso causale fra le decisioni adottate dalla CRAM e quelle adottate dalla Rheinzink. |
b) |
Quale efficacia probatoria si debba quindi attribuire al telex 26 ottobre 1976 prodotto dalla Commissione a sostegno della propria tesi. Se detto telex manifesti l'esistenza di un'intesa. Il comunicare una diminuzione di prezzi ad un concorrente può certo costituire indizio di una pratica concordata, tanto più che su di un mercato oligopolistico come quello dello zinco i produttori sono rapidamente informati dai loro clienti dell'andamento dei prezi dei concorrenti. A parte ciò, la CRAM come la Rheinzink hanno ammesso che relazioni di questo genere erano piuttosto rare. Infine, la Commissione ravvisa nel contratto di assistenza reciproca un'ulteriore prova dei contatti fra le due imprese. La Commissione stessa aveva tuttavia ammesso il carattere subordinato dell'indizio costituito dal telex. Questo confermava l'intesa rivelata dal comportamento parallelo della CRAM nei confronti della Rheinzink, ma non poteva costituirne di per sé la prova, non avendo un rapporto espresso col comportamento della Schütz. Il peso attribuito a questo telex del 26 ottobre sarebbe stato del resto maggiore se la Commissione fosse stata in grado di dimostrarne le conseguenze che la CRAM poteva averne tratto sotto il profilo dei propri prezzi. Gli altri indizi relativi ai contratti fra la CRAM e la Rheinzink hanno lo stesso carattere subordinato. Osserverò semplicemente che, se il complesso di questi contatti fosse stato così stretto come la Commissione pare ritenere, non si capisce perché la CRAM avrebbe indugiato così a lungo prima di chiedere le pezze giustificative dell'esportazione, dal momento che, sin dal 21 ottobre, la Rheinzink era al corrente del comportamento della Schütz; nello stesso senso, si deve pure rilevare che una nota puramente interna della Rheinzink in data 5 novembre 1976, riguardante il comportamento della Schilz, non indica affatto che l'Asturienne sia stata del pari lesa dallo stesso modo di procedere. Per questo complesso di motivi, mi pare che gli indizi addotti dalla Commissione non siano sufficienti a dimostrare che la CRAM e la Rheinzink abbiano sostituito «consapevolmente la collaborazione pratica fra esse al rischio della concorrenza» ( 7 )La Commissione non ha raccolto «presunzioni sufficientemente precise e concordanti [che] consentano di formarsi il convincimento che il comportamento parallelo è stato il risultato di un'intesa, di una politica coordinata» ( 8 ). Va quindi accolta la censura dedotta dalle ricorrenti contro l'art. 1, n. 1, della decisione, in cui la Commissione accerta l'intesa fra la CRAM e la Rheinzink nei confronti della Schütz; di conseguenza, vanno del pari annullate le ammende inflitte dalla decisione per questa sola trasgressione ( 9 ). Questa conclusione rende superfluo l'esame del mezzo, riguardante la procedura, dedotto dalla Rheinzink e relativo alla lesione delle prerogative della difesa di cui la Commissione si sarebbe resa responsabile impedendole di conoscere determinati documenti. Condivido del resto in pieno la tesi della Commissione relativa all'infondatezza di questo mezzo. |
B — Clausola di rivendita in un paese determinato
Secondo la Commissione, l'obbligo di rivendere in un determinato paese terzo, obbligo insito negli ordini passati dalla Schütz tanto alla CRAM quanto alla Rheinzink, priverebbe il venditore della libertà di smerciare il prodotto nella Comunità, proteggendo quindi l'alto livello dei prezzi praticati dai due produttori sui rispettivi mercati. Esso avrebbe quindi lo scopo e l'effetto di restringere la concorrenza e pregiudicherebbe inoltre gli scambi fra gli Stati membri. Solo la Rheinzink contesta questa valutazione, di cui si devono esaminare successivamente i vari elementi.
a) |
Secondo la Commissione, Y oggetto stesso della clausola è quello di restringere la concorrenza. L'accordo delle parti circa l'esportazione dei laminati, unitamente al praticare prezzi diversi a seconda dei paesi di destinazione, implicherebbe una restrizione della libertà dell'acquirente di disporre della merce. Questa tesi non mi sembra confermata dai fatti. I telex e gli ordini che consentono di ricostruire i rapporti commerciali fra la Rheinzink e la Schütz indicano espressamente il paese terzo di destinazione delle merci. Questa indicazione è il presupposto del prezzo vantaggioso concesso dal produttore al cliente: la destinazione della merce è determinata dallo stesso acquirente in ragione dei propri interessi economici, per ottenere uno sconto rilevante. Quanto alla differenza tra i prezzi praticati per l'esportazione e quelli comunitari, essa può spiegarsi tanto col desiderio di affermarsi su un nuovo mercato, quanto con l'intenzione di sfruttare il più possibile la capacità produttiva. L'indicazione del paese di destinazione ha, secondo me, un duplice significato: conditio sine qua non dello sconto, essa deve figurare nei documenti contrattuali; per ciò stesso, essa costituisce del pari la garanzia che la merce sarà effettivamente esportata, giacché la sua inosservanza implicherà la perdita del vantaggio commerciale concesso. In definitiva, non mi sembra che la Commissione abbia dimostrato che una clausola del genere miri a proteggere il mercato tedesco «limitando la libertà dell'acquirente di usare la merce in relazione ai propri interessi economici» ( 10 )Rimane tuttavia il fatto che questa clausola può avere un effetto del genere. |
b) |
Secondo la Commissione, l'effetto restrittivo della clausola sarebbe aumentato dal comportamento del fornitore, che sospende le consegne non appena accerta l'inganno della Schütz. Questa reazione, tanto della CRAM quanto della Rheinzink, si spiegherebbe con l'intento di proteggere i prezzi da queste praticati sui rispettivi mercati e dimostrerebbe in modo chiaro l'impossibilità per il rivenditore, vincolato da una clausola del genere, di vendere liberamente la merce nel mercato comune, il che influirebbe necessariamente sul commercio interstatale. Non posso ammettere la tesi della Commissione.
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II — Il contratto di assistenza reciproca
1. |
La CRAM, la Rheinzink e la Vieille Montagne vi assumono l'obbligo di rifornirsi in caso «di perturbazioni tecniche o di altro genere che implichino una perdita di produzione rilevante» (art. 1), cioè che superino le 20 tonnellate giornaliere o le 200 tonnellate complessive. Le consegne sono limitate a 1500 tonnellate al mese se solo un'impresa è colpita, oppure 2000 tonnellate se due di esse sono coinvolte (art. 4, punti 2 e 3). Il contratto è stato applicato nel 1977 a causa di uno sciopero presso la Vieille Montagne (consegna da parte della CRAM di 2427 tonnellate di laminati fra aprile e giugno e da parte della Rheinzink di 850 tonnellate fra maggio e agosto) ed in seguito a problemi tecnici presso la CRAM (consegna di 550 tonnellate da parte della Rheinzink). |
2. |
La Commissione ritiene che un contratto del genere costituisca trasgressione dell'art. 85, n. 1. Di durata indeterminata giacché prorogabile tacitamente di anno in anno (art. 11, punto 1), l'accordo di assistenza reciproca stabilisce dei massimali di consegna rilevanti che corrispondono ad oltre un terzo della produzione mensile dei partecipanti. Non si tratterebbe quindi di un contratto di compravendita o di scambio di servizi momentanei, riguardante un prodotto di determinata qualità, per une quantità e per un prezzo stabiliti in anticipo. Si tratta, secondo la Commissione, di un contratto di massima col quale le parti si impegnano a consegnare alle imprese in difficoltà lo zinco lavorato di qualità standard (art. 3, punto 1), in quantità indeterminata e ad un prezzo variabile (art. 6, punto 4). Detto accordo obbligherebbe le tre imprese, in previsione dell'eventualità di un intervento, a riservare in anticipo una parte della loro capacità produttiva onde far fronte, in caso di bisogno, alla domanda di assistenza. Di conseguenza, il contratto le priverebbe della possibilità di trarre profitto individualmente dalle difficoltà incontrate da un concorrente, accettando un obbligo collettivo di aiuto reciproco. L'accordo infine, dato che coinvolge tre dei principali produttori dei laminati di zinco, pregiudicherebbe il commercio fra la Francia e la Germania in cui operano la CRAM e la Vieille Montagne e, rispettivamente, la Rheinzink. |
3. |
Contro questa valutazione, la Rheinzink deduce che l'accordo non altera il gioco della concorrenza, svolgendo i seguenti argomenti:
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4. |
Questa tesi non può essere accolta. Essa perde di vista la natura dell'accordo, manifestata tanto dalla durata indeterminata quanto dagli eventi atti a provocarne l'applicazione. Questi non sono infatti definiti, trattandosi di «perturbazioni tecniche o di altra natura», a proposito dei quali il contratto non dice affatto che si tratta necessariamente di circostanze indipendenti dalla volontà delle parti, mentre il richiamo allo sciopere appare in proposito discutibile. Va quindi condiviso il giudizio espresso dalla Commissione circa il contenuto dell'accordo di assistenza reciproca. Siamo di fronte ad un contratto preliminare col quale le parti si garantiscono reciprocamente la rispettiva quota di mercato, malgrado le difficoltà di ogni genere che potrebbero sminuirla. Agendo in questo modo, i tre produttori hanno sostituito al rischio inerente alla concorrenza una collaborazione che costituisce accordo vietato dall'art. 85, n. 1. Ci si potrebbe certo chiedere se non si possa applicare l'art. 85, n. 3: è vero che le difficoltà economiche di fronte alle quali si trova attualmente l'industria europea dello zinco, come ci ha detto all'udienza il rappresentante dell'Asturienne, potrebbero spiegare la volontà dei produttori di ridurre le perturbazioni derivanti o dall'entrata in servizio di impianti più moderni o, più in generale, da qualsiasi circostanza che possa indebolire l'industria dello zinco rispetto alla concorrenza extracomunitaria. In caso di applicazione dell'esenzione contemplata dall'art. 85, n. 3, si dovrebbe quindi tener conto dello stato preciso del mercato di riferimento per pronunziarsi in modo definitivo sulla conformità all'art. 85 di un contratto di assistenza reciproca fra concorrenti. Si può tuttavia dubitare che un accordo del genere, concluso da tre fra i principali produttori europei di zinco, sia senza conseguenze per la situazione concorrenziale degli altri produttori. In ogni modo, dato che la ricorrente non ha notificato l'accordo, né ha manifestato in seguito l'intenzione di farlo, l'eccezione di cui al n. 3 non può entrare in linea di conto. Alla luce di queste osservazioni, la decisione della Commissione dev'essere tenuta ferma per quanto riguarda la trasgressione dell'art. 85 accertata a proposito del contratto di assistenza reciproca. |
5. |
Giungo cosi al mezzo, dedotto dalla Rheinzink, riguardante la responsabilità per una trasgressione commessa dall'impresa alla quale essa è succeduta dal 1o ottobre 1981, la «Rheinisches Zinkwalzwerk GmbH & Co». La Rheinzink sostiene infatti che solo la dimostrazione dell'unicità del comportamento illegale di cui si fa carico alle due imprese poteva consentire alla Commissione di adottare la decisione nei suoi confronti. Questo presupposto mancherebbe nel nostro caso, in quanto i fatti addebitati sono addirittura anteriori alla costituzione della nuova società. La Rheinzink basa la propria tesi sull'interpretazione della vostra sentenza «Suiker Unie» in cui la Corte avrebbe richiesto «una unità d'azione evidente» fra le due imprese perché il successore potesse essere considerato responsabile del comportamente del suo dante causa ( 11 ). La Commissione sostiene invece che la successione dev'essere valutata con riguardo all'identità funzionale, sotto il profilo economico, fra le due imprese. Quella che conta è l'unità d'azione economica, non già i rapporti giuridici fra predecessore e successore. Su questo punto la Commissione si richiama anch'essa alla vostra sentenza «Suiker Unie». In questa sentenza, a proposito di un'associazione di cooperative che era succeduta ad un'altra associazione ed alle cooperative che ne facevano parte, avete affermato che il comportamento delle due associazioni era «caratterizzato da un'evidente unità d'azione che rende il comportamento stesso addebitabile alla ricorrente» (punto 87). Tuttavia, questa conclusione derivava da tre indizi convergenti da voi accertati :
Ne emerge che l'interpretazione sostenuta dalla Rheinzink è troppo restrittiva; essa pone in rilievo uno degli indizi (la continuità del comportamento) e sembra esigere che l'unità di azione si manifesti nella continuità del comportamento illecito. La Commissione svolge dal canto suo una tesi che trascura gli aspetti giuridici della successione, insistendo sull'unità economica che esiste fra predecessore e successore: un'interpretazione così estensiva rischierebbe di porre fra l'attività delle due imprese un nesso causale molto impreciso. Prima di esprimere la mia opinione, è necessario che ricordi le esigenze generali che devono guidarci in questo campo. La soluzione del problema va cercata valendosi esclusivamente delle norme di diritto comunitario: se non si vuol mettere in pencolo l'osservanza uniforme dei principi comunitari sulla concorrenza, non si può far dipendere dalle norme del diritto nazionale l'applicazione del diritto comunitario. In proposito, come osservava molto giustamente l'avvocato generale Mayras nella causa «Suiker Unie», è opportuno non diminuire l'efficacia pratica del regolamento del Consiglio n. 17/62 ( 12 )Quale sarebbe invero il peso del controllo svolto dalla Commissione, se bastasse ad un'impresa il trasformarsi secondo le norme del diritto nazionale, per sottrarsi all'osservanza degli artt. 85 e 86 del Trattato? L'avvocato generale Mayras citava come esempio significativo il caso dell'impresa la cui trasformazione fosse avvenuta dopo che gli atti anticoncorrenziali erano stati commessi, ma prima che la Commissione avesse accertato, la trasgressione delle norme del Trattato. In questa ipotesi, infatti, sarebbe particolarmente facile che la sucessione d'imprese consenta al successore di sottrarsi alle sanzioni comunitarie, svuotando così di contenuto il potere della Commissione. Che dire nel caso in esame? Vediamo che l'ipotesi di cui sopra corrisponde esattamente alla situazione descritta dalla ricorrente, la cui costituzione è successiva al 1976 ma anteriore alla decisione della Commissione. Questo fatto non può bastare, ma mi induce ad associarmi alla tesi della Commissione, pur completandola. Condivido infatti la valutazione espressa dalla Commissione circa l'unità funzionale fra le due imprese: esse svolgono le stesse attività economiche, cosa che la ricorrente del resto non contesta. Ritengo poi che essa sia succeduta nei diritti e nelle obbligazione della «Rheinisches Zinkwalzwerk», come si desume chiaramente dal registro delle imprese e come la stessa Rheinzink ammette, richiamandosi alle norme del diritto tedesco. Essa non ha nemmeno contestato che la sede e la direzione dell'impresa siano rimaste immutate. Indubbiamente, le due imprese non sono identiche: la ragione sociale e la forma guirudica sono diverse. Mi sembra tuttavia che gli indizi accertati manifestino in modo abbastanza evidente che i vincoli tanto economici quanto giuridici che uniscono le due imprese consentono di attribuire alla loro azione una continuità atta a giustificare la responsabilità per le infrazioni addebitate alla Rheinzink. Concludendo, vi propongo
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( 1 ) Traduzione dal francese.
( 2 ) Decisione 23. 12. 1982, n. 82/866/CEE, GU L 362, pag. 40.
( 3 ) Art. 1, n. 1, della decisione della Commissione.
( 4 ) Ari. 1, n. 2.
( 5 ) Art. 3 della soprammenzionata decisione n. 82/866.
( 6 ) Decisione della Commissione, summenzionata, pag. 46.
( 7 ) Sentenza 14. 7. 1972, causa 48/69, ICI, Race. 1972, pag. 619, punto 64.
( 8 ) Causa 48/69, soprammenzionata, conclusioni dell'avvocato generale Mayras, pag. 676.
( 9 ) Art. 2 della decisione della Commissione.
( 10 ) Sentenza 14. 12. 1983, Société de vente de ciments et bétons de l'est, causa 319/82, Race. 1983, pag. 4173, punto 6.
( 11 ) Cause riunite 40-48, 50, 54-56, 111, 113 e 114/73, Suiker Unie e altri, Race. 1975, pag. 1663, punto 87.
( 12 ) Suiker Unie, soprammenzionate, pag. 2079.