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Document 61981CC0026

    Conclusioni dell'avvocato generale VerLoren van Themaat del 22 giugno 1982.
    SA Oleifici Mediterranei contro Comunità economica europea.
    Responsabilità extracontrattuale.
    Causa 26/81.

    Raccolta della Giurisprudenza 1982 -03057

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:1982:234

    CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE

    PIETER VERLOREN VAN THEMAAT

    DEL 22 GIUGNO 1982 ( *1 )

    Signor Presidente,

    signori Giudici,

    1. Premessa

    Nella presente causa dovete ancora una volta pronunciarvi su un ricorso per responsabilità extracontrattuale della Comunità, di cui agli artt. 178 e 215, 2° comma, del trattato CEE. Il fatto, di per sé non inconsueto, presenta però la particolarità che questa volta la Corte è espressamente pregata di pronunciarsi del pari sulla complessa questione se, nel diritto comunitario, sia pure concepibile l'azione di risarcimento basata sulla responsabilità per atti legittimi delle istituzioni della Comunità.

    2. L'organizzazione di mercato nel settore dell'olio d'oliva

    Col regolamento del Consiglio 22 settembre 1966, n. 136, relativo all'attuazione di un'organizzazione comune dei mercati nel settore dei grassi (GU L 172, pag. 3025), anche l'olio d'oliva veniva incluso, come prodotto, nell'ambito d'applicazione della politica agricola comune. Fra le principali peculiarità di tale organizzazione di mercato vi sono la fissazione annuale del prezzo uniforme (art. 4) ed un sistema di aiuto alla produzione (art. 10). L'aiuto alla produzione, eccezionale per la politica agricola comune, è dovuto ai prezzi relativamente bassi dei prodotti sostitutivi, per cui non è possibile garantire ai produttori un reddito considerato sufficiente mediante la sola garanzia di prezzo. L'importazione e l'esportazione di olio d'oliva sono soggette a prelievo (art. 13) ed a restituzione (art. 18) e sono subordinate ad un sistema di titoli e di cauzione. Il regime di restituzione è attuato, fra l'altro, dal regolamento del Consiglio 27 giugno 1967, n. 171, relativo alle restituzioni e ai prelievi da applicarsi all'esportazione di olio d'oliva (GU L 130, pag 2600). Il settimo considerando di tale regolamento è del seguente tenore:

    «Considerando che è opportuno mantenere le tradizionali correnti di esportazione di olio d'oliva; che, per conseguire tale risultato, è necessario che gli interessati possano costantemente approvvigionarsi, nei limiti del loro fabbisogno per l'esportazione, di materie prime a un prezzo non superiore a quello del mercato mondiale; che a tal fine è necessario prevedere che la restituzione all'esportazione possa essere accordata sotto forma di un'autorizzazione ad importare in franchigia da prelievo un quantitativo di olio d'oliva corrispondente al quantitativo esportato».

    Questo considerando traduce il desiderio degli autori del regolamento di conservare le tradizionali correnti di esportazione del suddetto prodotto mediterraneo, pur colmando nello stesso tempo il deficit nell'approvvigionamento comunitario di olio d'oliva dovuto all'esportazione. A tal fine l'art. 9, n. 1. prevede la cosiddetta procedura «exim»:

    «1.

    A richiesta dell'interessato, la restituzione all'esportazione di olio d'oliva viene accordata sotto forma di un'autorizzazione ad importare in franchigia da prelievo un quantitativo di olio d'oliva corrispondente al quantitativo di olio d'oliva esportato, a condizione che sia fornita la prova che l'esportazione ha preceduto l'importazione e a condizione che l'importazione venga effettuata entro un termine da determinare».

    Nel 1978 l'organizzazione dei mercati per il prodotto de quo veniva riformata nel senso che, per il futuro, a fianco dell'aiuto alla produzione, veniva concesso anche un aiuto al consumo. Questa riforma veniva introdotta dal regolamento del Consiglio 29 giugno 1978, n. 1562, che modifica il regolamento n. 136/66 (GU L 185, pag. 1). L'attuazione del nuovo sistema d'aiuti nel settore era tuttavia accompagnata da molte difficoltà, cosicché l'entrata in vigore dello stesso non poteva avvenire il 1o novembre 1978, inizio della stagione 1979, ma poteva essere prospettata solo per il 1o marzo 1979. Pertanto, per il 1979, venivano fissati prezzi per il periodo 1o gennaio — 28 febbraio (prezzo rappresentativo di mercato: ECU 148,43/100 kg; prezzo d'entrata: ECU 145,43/100 kg) e per il periodo 1° marzo — 31 ottobre (prezzo rappresentativo di mercato: ECU 120,78/100 kg; prezzo d'entrata ECU: 119,44/100 kg). Tale determinazione era contenuta nel regolamento del Consiglio 19 dicembre 1978, n. 3088 (GU L 369 del 29. 12. 1978, pag. 11). Nel mese di febbraio appariva tuttavia che la data dell'entrata in vigore non poteva essere mantenuta al 1o marzo, per cui il Consiglio differiva la data di applicazione dei nuovi prezzi dal 1o marzo al 1° aprile 1979. Tale differimento avveniva col regolamento del Consiglio 20 febbraio 1979, n. 360, che modifica il regolamento n. 3088/78 (GU L 46 del 23.2. 1979, pag. 1). Pertanto, dal 1o aprile 1979, il prezzo d'entrata dell'olio d'oliva diminuiva di ECU 25,99/100 kg, il che implicava anche la diminuzione dei prelievi su tale prodotto. Per i casi in cui il prelievo era stato determinato in base ai prezzi in vigore anteriormente al 1° aprile, ma per importazioni da effettuare dopo tale data, la Commissione adottava col regolamento (CEE) 3 maggio 1979, n. 884 (GU L 111 del 5. 5. 1979, pag. 18), disposizioni transitorie. Queste consistevano nella riduzione del prelievo sulle importazioni da paesi terzi dell'importo di ECU 24,18/100 kg, cioè una riduzione di poco inferiore a quella del prezzo d'entrata. Disposizioni del genere non venivano però adottate per gli importatori che fruivano delle agevolazioni «exim» e che in forza di detto sistema avevano esportato, prima ed importato dopo il 1° aprile 1979.

    3. Gli antefatti

    Come si desume dalla relazione d'udienza, gli antefatti della presente causa non sono affatto pacifici. L'impresa italiana SA Oleifici mediterranei (in prosieguo «la Olmesa») si serviva delle agevolazioni del regime «exim» per un quantitativo di 194,805 t., e sostiene di avere, in quell'occasione, subito il danno del quale chiede il risarcimento nella presente causa. Per quanto riguarda la parte esportazione, si desume dagli atti che il 27 gennaio 1979 essa fatturava alla National Supply Corporation in Libia una partita di 268 t. al prezzo di LIT 1230 il kg, mentre il prezzo di vendita medio nella Comunità era in quel momento di circa LIT 1720 il kg. La Commissione contesta tuttavia che tale operazione possa costituire una fase dello scambio «exim», poiché non solo i quantitativi non corrispondono a quelli importati, ma anche la Olmesa non è stata in grado di esibire i titoli d'esportazione per 190 t. Per quanto riguarda l'importazione, la Olmesa ha esibito due titoli d'importazione per complessive 194, 805 t., validi sino al 30 maggio 1979 per circa 33 t. e, rispettivamente, sino al 30 giugno per circa 161 t.. Inoltre essa ha esibito sette fatture relative all'acquisto di olio d'oliva presso imprese spagnole nel periodo 12 maggio — 13 giugno 1979. Secondo la Commissione, tuttavia, tali fatture danno solo un totale di 104 t. e, d'altra parte, del suddetto totale, 57,4 t. si riferiscono ad olio d'oliva raffinato che non rientra nel sistema «exim». Il prezzo d'importazione ammontava a circa LIT 1630 il kg. Secondo la Olmesa, tale olio d'oliva importato è stato venduto all'interno della Comunità ad un prezzo di circa LIT I 900 il kg. La Commissione ed il Consiglio contestano che quello fosse il livello dei prezzi dopo il 1° aprile. La Commissione sostiene che nel periodo considerato il livello dei prezzi si collocava fra LIT 2507 e LIT 2580 il kg. Comunque la Olmesa sostiene di avere subito un danno sulla partita importata poiché questa non ha potuto essere venduta ai prezzi in vigore nel regime precedente. Stando alle sue indicazioni, essa ha subito, anche a causa della soppressione delle restituzioni, un danno all'esportazione di circa LIT 100000000, riportando all'importazione solo un utile di LIT 42000000. Tornerò più avanti sull'attendibilità del preteso danno e sulla consistenza dello stesso.

    4. I mezzi dedotti e la trattazione degli stessi

    II ricorso, basato sugli artt. 178 e 215, 2° comma, del Trattato CEE, è diretto ad ottenere dalla Comunità il risarcimento, nella somma di ECU 50629, oltre agli interessi dell'8 % dal 4 maggio 1979, nonché la condanna della Comunità alle spese. Il ricorso diretto contro la Commissione si riferisce alla sua responsabilità per il preteso danno, derivante dal regolamento n. 884/79, che, come è stato detto, non conteneva disposizioni transitorie in merito all'agevolazione «exim». In via principale, la ricorrente sostiene che non si tratta nella fattispecie di un atto normativo che implichi scelte di politica economica. Pertanto, non occorrerebbe dimostrare che sono soddisfatte le condizioni restrittive da osservare, quando esiste una scelta politica del genere, perché sia accolta l'azione di cui all'art. 215, 2° comma. Si tratta, come è noto, della condizione relativa alla sussistenza di una violazione grave di una norma «superiore» intesa a tutelare i singoli, da voi enunciata nelle sentenze 5/71 (Schöppenstedt, Race. 1971, pag. 975) e 9 e 11/71 (Compagnie d'approvisionnement et Grands moulins de Paris, Race. 1972, pag. 391). In via subordinata, qualora il mezzo dedotto in via principale non venga accolto, la Olmesa sostiene che nel caso concreto sussiste effettivamente una violazione del genere in quanto il regolamento n. 884/79 trasgredisce i principi di parità di trattamento e di tutela del legittimo affidamento. Il ricorso diretto contro il Consiglio ha carattere subordinato rispetto all'azione rivolta contro la Commissione. Anche questo ricorso è diretto ad ottenere il risarcimento, tuttavia basato sulla responsabilità, non già per un atto illegittimo, ma per un atto legittimo dell'istituzione. A tal fine la Olmesa sostiene che i regolamenti del Consiglio nn. 1562/78, 3088/78 e 360/79, che pure riconosce legittimi in sé stessi, le hanno nondimeno recato un danno di cui è responsabile il Consiglio. Col ricorso vi si chiede quindi di decidere se il diritto comunitario conosca un'azione di responsabilità per danni derivati da atti legittimi delle istituzioni comunitarie. Nel prosieguo delle presenti conclusioni i suddetti mezzi verranno esaminati nell'ordine sopraindicato. Per quanto si riferisce alla domanda principale rivolta contro la Commissione, l'esame riguarderà le tre condizioni alle quali la vostra giurisprudenza subordina la responsabilità di cui all'art. 215, 2° comma: illegittimità degli atti, normativi o no, della Commissione, nesso di causalità fra il danno assertivamente subito dall'Olmesa e i suddetti atti, e attendibilità ed entità del danno. La trattazione di questi aspetti consentirà di esaminare rapidamente le condizioni relative al nesso eziologico ed al danno per quanto riguarda la domanda rivolta contro il Consiglio che verrà esaminata in secondo luogo. Nell'ambito di questa parte del ricorso dedicherò tuttavia qualche considerazione del pari alla questione, certo complessa, della responsabilità effettiva per atti in sé legittimi della Comunità.

    5. La domanda rivolta contro la Commissione

    Prima di accertare se alla Commissione si possa far carico di un atto illegittimo, va esaminato l'assunto dell'Olmesa secondo cui non si tratta nella fattispecie di un «atto normativo implicante scelte di politica economica». Non sarebbe quindi necessario dimostrare che la Commissione è andata oltre i suoi poteri, commettendo una violazione grave di una norma «superiore» intesa a tutelare i singoli. La tesi dell'Olmesa significa essenzialmente che, nel caso in esame, la Commissione non doveva effettuare alcuna scelta di politica economica, ma era tenuta solo ad attuare le modifiche apportate dal Consiglio all'organizzazione dei mercati nel settore dei grassi. Ritengo che tale tesi non sia accettabile, poiché una delega di poteri, sia pure formulata in modo imperativo sotto forma di mandato, non presuppone per questo senz'altro che la Commissione non disponesse di alcun potere discrezionale. Ciò è tanto più vero nel nostro caso, in cui il regolamento della Commissione n. 884/79 si richiama all'art. 16, n. 6, del regolamento di base n. 136/66, norma in forza della quale la Commissione adotta le disposizioni d'attuazione secondo la procedura del comitato di gestione di cui all'art. 38 del suddetto regolamento. Dati il carattere di detta procedura e le vostre sentenze 25/70 (Einfuhr-und Vorratsstelle für Getreide c/Köster, Race. 1970, pag. 1173) e 30/70 (Scheer c/Einfuhr- und Vorratsstelle für Getreide, Race. 1970, pag. 1210), non si può certo sostenere che la Commissione non disponga di alcun margine discrezionale nella gestione delle organizzazioni comuni di mercato. La tesi della Olmesa implicherebbe inoltre che la Commissione, non adottando disposizioni transitorie per il sistema «exim», avrebbe trasgredito i regolamenti del Consiglio. In tal caso infatti la Commissione non avrebbe avuto alcun margine discrezionale in merito alle disposizioni transitorie. Tuttavia la Olmesa non ha dedotto, né dimostrato l'esistenza di una trasgressione del genere.

    La domanda diretta contro la Commissione è quindi di fatto basata sul mezzo subordinato secondo il quale, qualora si trattasse effettivamente di un atto normativo implicante scelte di politica economica, nel qual caso è necessario che vi sia violazione grave di una norma superiore intesa a tutelare i singoli, anche questa condizione sarebbe soddisfatta. A tal fine, la Olmesa sostiene che, non adottando disposizioni transitorie per il sistema «exim», la Commissione ha violato sia il principio di uguaglianza, sia quello di tutela del legittimo affidamento.

    Questa prima parte del mezzo subordinato si basa sul presupposto che il sistema «exim» e le normative all'importazione o all'esportazione, che si concretano nelle prefissazione e nei titoli, siano obiettivamente analoghi. Si può subito osservare che è discutibile l'esattezza di un presupposto del genere visto il principio della preferenza comunitaria, da voi più volte sancito come uno dei principi cardine della politica agricola comune. Secondo tale principio, il mercato comunitario gode di una preferenza che non spetta al mercato dei paesi terzi. Il sistema dei prelievi e delle restituzioni all'importazione e all'esportazione va considerato una conseguenza di questo principio, secondo cui l'importazione e l'esportazione da e nei paesi terzi vengono fatte in primo luogo dipendere dalla situazione del mercato interno della Comunità. Secondo il citato considerando del regolamento n. 171/67, il sistema «exim» serve tuttavia a conservare le correnti d'esportazione tradizionali e deriva dal desiderio di non turbare completamente il mercato mediterraneo tradizionale dell'olio d'oliva. Sotto questo aspetto, il sistema «exim» può difficilmente essere considerato altrimenti che come un'eccezione al regime generale. Queste considerazioni generali sembrano altresì confermate dalle disposizioni vigenti in proposito. In primo luogo, il sistema dei titoli d'importazione e di esportazione con possibilità di prefissazione vale in linea generale per i prodotti agricoli comunitari. Esso è disciplinato dai regolamenti della Commissione nn. 162/75 e 193/75 (GU 1975, L 25, pag. 1 e respettivamente 10). Il sistema «exim» non si desume invece da alcuna normativa generale: esso è applicato occasionalmente per settore. In secondo luogo, il carattere di eccezione, rispetto al sistema generale di importazione e di esportazione, proprio del regime «exim» emerge altresì dalla lettera del citato art. 9, n. 1, del regolamento n. 171/67. Si tratta infatti di una forma particolare di restituzione all'esportazione d'olio d'oliva. Il suddetto carattere specifico del sistema «exim» è altresì ribadito dall'art. 9, del regolamento della Commissione 25 luglio 1975, n. 2041, che stabilisce le modalità particolari di applicazione del regime dei titoli di importazione, di esportazione e di fissazione anticipata nel settore dei grassi (GU L 213, pag. 1). Una conclusione analoga si può del pari desumere dalla vostra giurisprudenza. Sin dalla sentenza 73/69 (Oehlmann, Racc. 1970, pag. 468) è emerso che le norme del sistema generale di prefissazione non si prestano senz'altro all'applicazione per analogia nei casi non. espressamente contemplati. Avete ritenuto determinante lo stretto rapporto che si crea con la prefissazione fra l'operatore economico e le autorità incaricate della gestione dell'organizzazione dei mercati, per quanto riguarda l'obbligo, rafforzato dal versamento di una cauzione, di importare o di esportare. Nella sentenza 68/77 (IFG e/Commissione, Race. 1978, pag. 353), vertente su un regime «exim», siete partiti da questa interpretazione. Avete molto. chiaramente indicato, al punto 8 della motivazione d'ella suddetta sentenza (loc. cit. pag. 369), che, a causa del summenzionato rapporto che si instaura fra l'operatore e le autorità incaricate della gestione dell'organizzazione dei mercati in seguito alla prefissazione, il regime «exim» non doveva essere equipa-rato alla procedura generale di importazione.e di esportazione. A tale proposito, mi richiamo inoltre alle conclusioni molto precise dell'avvocato generale Capotorti.

    La parte in esame del mezzo, in quanto basata sul presupposto che si tratterebbe in concreto di situazioni obiettivamente analoghe, mi sembra che, visto quanto sopra, vada disattesa. Aggiungo tuttavia che, specialmente all'udienza, la Olmesa si è anche sforzata di interpretare il principio di uguaglianza in senso sostanziale. Il suo ragionamento implica che si può parlare di una differenza tra la prefissazione e il regime «exim» in quanto l'operatore che fruisce della predeterminazione, a differenza di quello che si vale volontariamente del regime «exim», non corre, in linea di principio, alcun rischio per cambiamenti di prezzo nel frattempo avvenuti. La mancanza di disposizioni transitorie per quest'ultimo regime potrebbe essere considerata accettabile purché l'operatore che ricorre al sistema «exim» non fosse soggetto a rischi anormali o sproporzionati. Sebbene io non voglia respingere senz'altro la suddetta tesi,. ritengo che, nel caso specifico, essa non possa essere accolta perché la Olmesa non ha dimostrato che sussisteva siffatto rischio sproporzionato, né che esso fosse accompagnato da un danno eccezionale.

    La tesi dell'Olmesa, tuttavia, verte, in parte, anche sulla questione se e in quale misura essa potesse prevedere i cambiamenti di prezzo. La tesi si ricollega quindi al mezzo di violazione del legittimo affidamento.

    In merito alla seconda parte del mezzo dedotto in via subordinata, la Olmesa sostiene che certo si sapeva che i prezzi sarebbero variati in seguito all'istituzione dell'aiuto al consumo nel settore dell'olio d'oliva, ma che era divenuto incerto il momento in cui ciò sarebbe avvenuto, in quanto il Consiglio aveva già a due riprese disposto una proroga. In proposito ricordo che non era stato possibile attenersi alle date del 1o novembre 1978 e del 1° marzo 1979. La tesi consiste essenzialmente nel sostenere che la Olmesa poteva contare su ulteriori proroghe. Per tutelare tale legittimo affidamento la Commissione avrebbe dovuto vuoi adottare disposizioni transitorie, vuoi sospendere il sistema «exim». Mi sembra evidente che, in linea generale, l'amministrato che si trova di fronte ad una norma la cui entrata in vigore è differita non ha il diritto, per il solo fatto del differimento, di confidare in ulteriori proroghe. Tale aspettativa deve almeno essere giustificata da altri fatti, oltre che dal differimento stesso, e la Olmesa non ha addotto questi altri fatti. Per contro, è assodato che essa sapeva, o era in grado di sapere fin dalla pubblicazione del regolamento n. 3088/78 (19 dicembre 1978), in che misura e quando i prezzi sarebbero stati modificati. Fino al 23 febbraio 1979 essa non aveva motivo di ritenere che sarebbe sopravvenuta una seconda proroga, come si è verificato col regolamento n. 360/79, pubblicato in quella data. Essendosi valsa dell'agevolazione «exim»prima del 23 febbraio 1979, la Olmesa doveva partire dall'idea che i prezzi sarebbero cambiati dal 1° marzo 1979, con le relative conseguenze per le importazioni da effettuare dopo tale data. Il fatto che, il 23 febbraio 1979, la data del 1° marzo sia stata cambiata in quella del 1° aprile, costituiva per l'Olmesa un vantaggio insperato che non può rientrare nelle previsioni di un operatore avveduto. Non basandosi su tale prossimo cambiamento, ma speculando su un ulteriore differimento dell'entrata in vigore del nuovo regime, la Olmesa non ha certo agito come ci si può aspettare da un operatore «avveduto». Una siffatta aspettativa ingiustificata non legittima affatto l'adozione di disposizioni transitorie. Secondo le vostre sentenze, fra l'altro 95-98/74 (Cooperatives agricoles de céréales c/Commissione e Consiglio, Race. 1975, pag. 1615, punto 45 della motivazione) e 169/75 (Compagnie continentale e/Consiglio, Race. 1975, pag 117, punto 28 della motivazione), perché sia accolto il mezzo basato sul principio di tutela del legittimo affidamento, occorre comunque che sia soddisfatta la condizione della prudenza e diligenza, cioè che l'operatore agisca in conformità alle condizioni del mercato note o prevedibili — nel caso concreto, al momento dell'esportazione.

    Il requisito del nesso eziologico implica nella fattispecie un nesso di causalità fra il danno assertivamente subito dalla Olmesa e l'assenza nel regolamento n. 884/79 di disposizioni transitorie per il sistema «exim». Dall'esame della seconda parte del mezzo dedotto in subordine, si può già desumere che un nesso del genere non sussiste, poiché l'asserito danno non deriva dalla mancanza di disposizioni transitorie, ma dall'aspettativa ingiustificata di ulteriori differimenti dell'entrata in vigore del nuovo sistema. Neppure in merito al requisito del nesso eziologico la Olmesa ha ottemperato all'obbligo di diligenza. Su questo punto mi richiamo in particolare ai punti 11 e 28 della motivazione della vostra sentenza 169/75, già menzionata.

    Nel ricorso, la Olmesa quantifica il preteso danno in ECU 50629, se si considera la differenza fra il vecchio e il nuovo prezzo d'entrata (ECU 145,43/100 kg — ECU 119,44/100 kg = ECU 25,99/100 kg), oppure in ECU 47103, se si considera la differenza fra il vecchio ed il nuovo prelievo, dando la preferenza — cosa perfettamente comprensibile — al primo importo. Nell'allegato alla replica, essa si sforza di valutare il danno in lire italiane.

    In merito al requisito del danno di cui all'art. 215, 2° comma, nelle conslusioni per le cause riunite 197-200, 243, 245 e 247/80, ho già avuto modo di ricordare la vostra sentenza 47/79 (Richard Pool e/Consiglio, Racc. 1980, pag. 569). Secondo i punti 10 e 11 della motivazione di detta sentenza, occorre non solo dimostrare l'esistenza di un danno effettivo, ma anche precisarne l'entità. Per quanto riguarda la realtà del danno, ritengo, in base alle osservazioni che ho fatto sul mezzo in esame, di poter affermare che la Olmesa non è riuscita a dimostrare di aver subito un danno in conseguenza del comportamento della Commissione e del Consiglio. Essa ha certo motivo di lamentarsi per il mancato profitto conseguente alle riduzioni dei prezzi dopo il 1° aprile, ma è stato appurato che ciò era imputabile alle sue aspettative ingiustificate sull'instaurazione del nuovo regime nel settore dell'olio d'oliva.

    Del pari, la Olmesa non è riuscita a precisare l'entità del preteso danno. Per quanto riguarda il danno espresso in ECU, l'indicazione è basata solo sui mutamenti dei prezzi, comunitari che, sino a prova contraria, non riflettono necessariamente le condizioni reali di mercato determinanti per le operazioni de quibus. Secondo la Commissione ed il Consiglio, in particolare, il prezzo di mercato nella Comunità per l'olio d'oliva importato era molto più alto di quanto sostiene la Olmesa. Per determinare il danno, vanno considerati i prezzi concreti di mercato e non i calcoli teorici sulle conseguenze, per il livello dei prezzi, dei cambiamenti nell'organizzazione dei mercati. Per quanto riguarda la valutazione in lire italiane riferita alle operazioni di importazione ed esportazione, sono inoltre state sollevate, specialmente dalla Commissione, gravi obiezioni che la Olmesa non ha contestato nella replica, né all'udienza. In particolare, la Olmesa non è riuscita a dimostrare la corrispondenza — necessaria nel sistema «exim» — fra i quantitativi esportati e quelli importati.

    6. La domanda diretta contro il Consiglio

    Indipendentemente dalla questione se l'art. 215, 2° comma, comprenda anche i casi di responsabilità non dovuta ad atti illegittimi delle istituzioni comunitarie, si può comunque constatare che, anche nel caso di, soluzione affermativa, devono pur sempre essere soddisfatte le condizioni del nesso causale e del danno. Dall'esame dei mezzi dedotti contro la Commissione si può tuttavia desumere che, per quanto attiene alla parte del ricorso rivolta contro il Consiglio, non sono soddisfatte neppure le due suddette condizioni, cosicché la Olmesa deve rimanere soccombente anche in questa parte del suo ricorso. Per la chiarezza, aggiungo che non può esserci un nesso causale fra i regolamenti del Consiglio nn. 1563/78, 3088/78 e 360/79 qui considerati e il preteso danno, già per il fatto che la mancanza di disposizioni transitorie per il sistema «exim» è una questione che rientra nella competenza della Commissione. E la Commissione ad essere incaricata di adottare, secondo il procedimento del Comitato di gestione, le disposizioni d'attuazione del regolamento del Consiglio n. 1562/78, nell'ambito del quale avrebbero eventualmente potuto essere adottate le disposizioni transitorie per il regime «exim».

    Le suddette considerazioni fanno si che non sia più necessario per voi esaminare la questione della responsabilità oggettiva nel diritto comunitario. D'altro canto la questione, compresa nel mezzo, vi è stata espressamente sottoposta, il che m'induce a fare alcune considerazioni in merito. Va subito detto che, in particolare nella replica, la ricorrente ha precisato la sua tesi nel senso che si tratterebbe di responsabilità per un danno grave ed eccezionale, pur richiamandosi al principio d'«égalité devant les charges publiques» difficile da esprimere in lingue diverse dal francese. Il richiamo implicito al diritto amministrativo francese non è affatto casuale, in quanto esso contiene effettivamente un certo numero di principi in forza dei quali può sussistere una responsabilità oggettiva per atti amministrativi legittimi, ed in particolare per atti normativi. Si deve tuttavia aggiungere subito che le condizioni cui è subordinata una responsabilità del genere sono estremamente rigide e, di conseguenza, il principio è assai poco applicato. Sebbene in Francia la legge in quanto tale sia sottratta al sindacato giurisdizionale, il Conseil d'Etat ha tuttavia ammesso, in una sentenza del 14 gennaio 1938 (société la Fleurette), l'esistenza di una responsabilità di fatto dell'amministrazione, fondata sul summenzionato principio di «égalité devant les charges publiques». Come indica già la formulazione, uno dei presupposti di suddetta responsabilità è che un amministrato o un gruppo di amministrati subisca dall'atto normativo un danno rilevante nei confronti degli altri amministrati. Tuttavia, anche se la giurisprudenza francese su questo punto si prestasse ad una trasposizione nel diritto comunitario, la Olmesa non potrebbe invocarla con successo poiché — come il Consiglio ha eccepito senza che la ricorrente riuscisse a confutarne la tesi — nella presente fattispecie non sono soddisfatte le condizioni rigide poste da detta giurisprudenza. Una trasposizione del genere è inoltre, per vari motivi, difficilmente concepibile. Anzitutto il diritto comparato mostra che il diritto francese occupa in materia una posizione abbastanza particolare. La nozione di responsabilità oggettiva non è certo del tutto ignota al diritto di altri Stati membri, ma l'obbligo del risarcimento deriva da altri principi (per esempio il diritto di proprietà) o è stabilito da una normativa specifica (ad esempio quella sulla tutela dell'ambiente). Va inoltre osservato che nel diritto comunitario gli atti normativi generali possono essere valutati alla luce delle norme superiori più facilmente che in Francia. Nel diritto comunitario, non è inconcepibile che, in questo genere di atti, un danno grave ed eccezionale possa costituire violazione di una norma superiore, il che vi-zierebbe quindi d'illegittimità l'atto in quanto tale. La sentenza CNTA, sulla quale ritorneremo, ne dà un esempio. Sebbene, come ho detto, la trasposizione del sistema francese sia quindi difficilmente concepibile, non è tuttavia del tutto escluso che si verifichino in futuro anche nel diritto comunitario situazioni come quella della sentenza Fleurette o di altri casi della giurisprudenza francese. Anche la lettera dell'art. 215, 2° comma, non esclude un'ipotesi del genere, mentre, nell'ambito di tale disposizione, non è neppure inconcepibile che possa trovare applicazione nel diritto comunitario anche la dottrina olandese della cosiddetta «bestuurscompensatie» ( 1 ). Tale dottrina implica che, se vuole che un atto sia legittimo, l'amministrazione può essere obbligata, in forza di principi generali del diritto o di principi di sana amministrazione, a tener conto delle conseguenze dannose dell'atto stesso per gli amministrati. Ciò può implicare per l'amministrazione l'obbligo di esaminare in quale misura i danni possano essere compensati nell'ambito della stessa normativa (per esempio mediante disposizioni transitorie) oppure, quando disposizioni transitorie del genere non sono concepibili o possibili nell'ambito della normativa stessa, l'obbligo di corrispondere un'indennità (compensazione pecuniaria). In tal senso potrebbe essere interpretata la vostra sentenza 74/74 (CNTA, Race. 1975, pag. 533). Ivi — si trattava in quel caso dell'abolizione degli importi compensativi monetari — avete affermato che, qualora non sussista un inderogabile interesse pubblico contrapposto, in caso di imprevedibile abolizione degli importi compensativi monetari la Commissione può essere tenuta ad adottare provvedimenti transitori per ovviare (nella misura del possibile) ai danni arrecati, oppure a concedere un'indennità, affinché non si possa parlare di violazione del legittimo affidamento quale norma superiore. In proposito, mi richiamo in particolare ai punti 43 e 44 della motivazione della sentenza. Penso comunque di poter desumere dalla vostra giurisprudenza che non sono esclusi sviluppi per una definizione più precisa della responsabilità della pubblica amministrazione per gli atti normativi. Sebbene la sentenza ricordata per ultima contenga anche indicazioni secondo le quali la vostra giurisprudenza in materia di atti illegittimi sarà in grado di recepire tali sviluppi, non vorrei in questo stadio raccomandare di escludere completamente la possibilità di una responsabilità per le conseguenze dannose, eccezionali ed evitabili, di atti della Comunità di per sé stessi legittimi. Tuttavia, per i motivi già esposti, il regolamento del Consiglio di cui è causa non può dar luogo ad una responsabilità del genere.

    7. Conclusione

    In base alle suesposte considerazioni, concludo nel modo seguente:

    1)

    le presenti azioni di responsabilità extracontrattuale dirette contro la Comunità vanno respinte;

    2)

    la ricorrente va condannata alle spese.


    ( *1 ) Traduzione dall'olandese.

    ( 1 ) Per questa dottrina (provvedimenti compensativi che deve adottare l'amministrazione), v. la nota di B. Hessel, «Een belangrijke ontwikkeling op het gebied van de schadevergoeding bij rechtmatige overheidsdaad» (Un importante sviluppo nel campo del risarcimento per atto amministrativo legittimo), T.V.V.S., pagg. 99-102, con citazioni bibliografiche e giurisprudenziali.

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