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Document 61979CC0119

Conclusioni dell'avvocato generale Capotorti del 8 maggio 1980.
Lippische Hauptgenossenschaft eG e Westfälische Central-Genossenschaft eG contro Bundesanstalt für landwirtschaftliche Marktordnung.
Domande di pronuncia pregiudiziale: Verwaltungsgericht Frankfurt am Main - Germania.
Premi di denaturazione - Restituzione.
Cause riunite 119/79 e 126/79.

Raccolta della Giurisprudenza 1980 -01863

ECLI identifier: ECLI:EU:C:1980:127

CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE

FRANCESCO CAPOTORTI

DELL'8 MAGGIO 1980

Signor Presidente,

signori Giudici,

1. 

Quest'anno, nei pochi mesi finora trascorsi, la nostra Corte ha già avuto occasione di dedicarsi più di una volta all'esame di questioni connesse con il rimborso di somme riscosse o versate indebitamente da autorità degli Stati membri, nel quadro della politica agricola comunitaria. Due giorni fa, ho presentato le mie conclusioni nella causa 130/79, Express Dairy Foods: si trattava della restituzione di importi compensativi monetari reclamata da una società, la quale era stata costretta a pagarli in base a regolamenti della Commissione che sono da ritenere invalidi. Oggi la situazione controversa di cui mi occupo è caratterizzata dalle richieste di una amministrazione nazionale miranti a ricuperare somme versate alcuni anni fa a due imprese, a titolo di premi di denaturazione del grano tenero, dopo che è stato accertato il mancato rispetto, da parte di quelle imprese, delle condizioni prescritte per fruire dei premi. Il precedente immediato in materia è la vostra sentenza del 5 marzo scorso nel caso 265/78, Ferwerda: anche allora il problema concreto consisteva nel ricupero di somme indebitamente pagate (a titolo di restituzione all'esportazione) da un organismo nazionale competente per la politica agricola ad un'impresa privata. Quanto al problema di principio, si tratta sempre, essenzialmente, di stabilire se sia il diritto comunitario o il diritto nazionale a regolare le modalità della restituzione dell'indebito; e l'aspetto più delicato concerne i termini di prescrizione.

Riassumo i fatti. L'ente federale che è incaricato di gestire la politica agricola comunitaria in Germania (Bundesanstalt für landwirtschaftliche Marktordnung — BALM), con provvedimenti emanati il 30 luglio 1976 e il 20 gennaio 1977, ha ingiunto a due società cooperative (la Lippische Hauptgenossenschaft e la Westfälische Central-Genossenschaft) di restituire gli importi da esse ricevuti a titolo di premi di denaturazione per operazioni effettuate rispettivamente nei periodi novembre 1968 — febbraio 1974 e novembre 1968 — luglio 1970. In effetti, da ispezioni compiute, era risultato che le due imprese non avevano rispettato le norme comunitarie concernenti le percentuali di coloranti da impiegare nella denaturazione del grano. A questo proposito, conviene anche ricordare che, con l'articolo 8, paragrafo 1, del regolamento 729/70 del 21 aprile 1970, il Consiglio ha obbligato gli Stati membri ad adottare, «in conformità con le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative nazionali», le misure necessarie per «prevenire e perseguire le irregolarità» e per «ricuperare le somme perse a seguito di irregolarità»: vale a dire le somme versate ad imprese in attuazione della politica agricola comune ma non spettanti, a causa dell'inosservanza delle regole applicabili.

Le due cooperative sopra menzionate si sono opposte alle ingiunzioni, ricorrendo al Verwaltungsgericht di Francoforte sul Meno, e hanno eccepito fra l'altro il decorso del termine di prescrizione quinquennale, che esse ritengono deducibile dal sistema del Trattato CEE. Le interessate partono dall'assunto che, poiché il versamento dei premi di denaturazione avviene in base a disposizioni di diritto comunitario, è sulla base di questo stesso diritto che vanno risolti anche i problemi relativi all'estinzione e alla decadenza del diritto alla restituzione dei premi indebitamente versati. In mancanza di una norma comunitaria espressa che disciplini la prescrizione, le ricorrenti ritengono che si possa far ricorso all'analogia e si riferiscono all'articolo 43 dello Statuto CEE della Corte di giustizia il quale, per le azioni relative alla responsabilità extracontrattuale della Comunità, prevede un termine di prescrizione di cinque anni a decorrere dal momento in cui avviene il fatto che è fonte di reponsabilità. Secondo le ricorrenti, essendo questo il termine fissato per la prescrizione di diritti che gli amministrati possono far valere contro la Comunità, i diritti della Comunità nei loro confronti dovrebbero reciprocamente estinguersi dopo lo stesso periodo di tempo. La BALM ha sostenuto invece che la materia della prescrizione è sottoposta agli ordinamenti nazionali, non a quello comunitario.

waltungsgericht di Francoforte sul Meno, con due ordinanze del 12 luglio 1979, ha posto a questa Corte tre questioni pregiudiziali tendenti a stabilire:

a)

se la questione del termine entro il quale può essere chiesta la restituzione dei premi di denaturazione vada risolta sulla base del diritto comunitario;

b)

in caso affermativo, se il diritto di ripetizione sia soggetto a prescrizione, e quale sia, eventualmente, il termine di prescrizione;

c)

se esista nel diritto comunitario un principio in base a cui, dopo la scadenza del termine previsto dalla normativa nazionale applicabile per la conservazione delle scritture relative alla denaturazione, sia preclusa la possibilità di valersi di scritture ancora disponibili o di altri documenti per provare la irregolarità delle denaturazioni e chiedere la restituzione dei premi versati.

Nella motivazione delle ordinanze di rinvio, il giudice di merito ha palesato i suoi dubbi circa l'applicabilità delle disposizioni nazionali in materia di prescrizione, soprattutto in considerazione del fatto che la diversità delle leggi vigenti nei singoli Stati membri provocherebbe disparità di trattamento fra i cittadini della Comunità. Inoltre, per chiarire l'oggetto del terzo quesito, la giurisdizione richiedente ha messo in rilievo che la normativa tedesca di esecuzione dei regolamenti comunitari relativi ai premi di denaturazione impone alle imprese di conservare i documenti che riguardano le operazioni di denaturazione per un periodo di sette anni. Perciò essa si è chiesta se non dovrebbe quantomeno essere stabilito un parallelismo tra il suddetto termine e quello entro il quale può essere chiesta la restituzione di premi indebitamente versati, ed ha richiamato a questo riguardo i principi della tutela dell'affidamento e della proporzionalità, accolti nel diritto comunitario.

2. 

La risposta alla prima domanda è facilitata dalla citata sentenza 5 marzo 1980 nella causa 265/78, Ferwerda. In essa la Corte ha ricordato che il principio generale di eguaglianza ha un ruolo dominante nel sistema generale delle disposizioni finanziarie del Trattato (al quale debbono essere ricondotte anche le regole «relative alle condizioni a cui sono subordinate la concessione e la liquidazione di benefici finanziari agli operatori economici a carico del bilancio comunitari»). Di conseguenza non dovrebbero esserci discriminazioni nelle condizioni di sostanza e di procedura inerenti, fra l'altro, alla possibilità che le amministrazioni degli Stati membri, agendo per conto della Comunità, chiedano la restituzione di vantaggi finanziari irregolarmente goduti dalle imprese: la sentenza Ferwerda ha ravvisato in ciò un'esigenza strettamente connessa al principio di eguaglianza. Ma la stessa sentenza ha dovuto constatare che tale esigenza ha cominciato solo di recente a trovare espressione nella disciplina comunitaria (ed ha citato i regolamenti del Consiglio 1430/79 del 2 luglio 1979 e 1697/79 del 24 luglio 1979, destinati ad entrare in vigore il 1° luglio prossimo, rispettivamente in materia di rimborso di diritti all'importazione o all'esportazione e di ricupero di tali importi, se non versati tempestivamente dalle imprese obbligate). Questi regolamenti sono soltanto un primo passo verso l'obbiettivo di un trattamento non discriminatorio nel campo qui considerato; d'altro canto però il carattere necessariamente tecnico e particolareggiato di questo tipo di normativa non consente di rimediare alla sua assenza mediante l'interpretazione giurisprudenziale se non in parte, come la Corte ha espressamente riconosciuto. Ne consegue che le controversie in cui è fatto valere un diritto alla ripetizione di somme versate o riscosse da un'amministrazione nazionale per conto delle Comunità vanno sottoposte ai giudici nazionali e debbono essere risolte «in applicazione del diritto nazionale, nella misure in cui il diritto comunitario non ha provveduto in materia».

A mio avviso, questa importante presa di posizione della sentenza Ferwerda merita di essere interamente confermata nel presente caso. È inoltre, importante tener presente che la stessa sentenza Ferwerda contiene un riferimento al citato articolo 8 del regolamento del Consiglio 729/70 che, come prima ho notato, ha imposto agli Stati membri di agire per il ricupero delle somme versate a titolo di aiuti comunitari quando vengano accertate delle irregolarità. Tale norma è apparsa alla Corte significativa soprattutto in quanto essa prevede che l'azione di ricupero si svolga «conformemente alle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative nazionali». Questo brano implica in effetti che le azioni per la ripetizione dell'indebito sono sottoposte al diritto nazionale non solo per quanto riguarda la procedura ma anche per quanto riguarda le modalità di natura sostanziale; pertanto non vi è dubbio che pure la prescrizione debba essere determinata dai diritti degli Stati membri. Né vi è ragione di sorprendersi che sia riconosciuto tale ambito di applicazione al diritto nazionale, malgrado il fatto che il versamento degli incentivi in questione sia regolato dall'ordinamento comunitario: è noto che anche in altre occasioni la giurisprudenza di questa Corte ha ammesso la funzione complementare di norme interne nei vuoti lasciati dalla normativa comunitaria (v., ad esempio, la sentenza dell'11 luglio 1973 nella causa 3/73, Hessische Mehlindustrie, Raccolta 1973, p. 745).

Nella citata sentenza Ferwerda, così come in altre recenti in materia di restituzione — fra le altre, la sentenza 27 febbraio 1980 nella causa 68/79, Just — la Corte ha inoltre precisato che l'applicazione delle disposizioni nazionali deve avvenire in maniera non discriminatoria rispetto alle procedure destinate a risolvere controversie puramente nazionali dello stesso genere; e che in ogni caso le modalità procedurali non possono giungere a rendere praticamente impossibile l'esercizio dei diritti conferiti dall'ordinamento comunitario.

Tutto ciò dimostra chiaramente che, allo stato attuale del diritto comunitario, le regole relative alla prescrizione del diritto dell'amministrazione nazionale di chiedere la restituzione dei premi di denaturazione indebitamente versati vanno tratte dal diritto nazionale applicabile.

La preoccupazione espressa dal Verwaltungsgericht di evitare differenze di trattamento dei cittadini comunitari è perfettamente giustificata. Ma l'esigenza dell'eguaglianza non basta ad ovviare alla mancata adozione da parte del legislatore comunitario di una regola uniforme in materia di prescrizione. La stessa giurisdizione nazionale, nella motivazione dell'ordinanza di rinvio, ha citato la sentenza della Corte del 15 luglio 1970 nella causa 41/69, ACF Chemiefarma (Raccolta 1970, p. 661). Ora, conviene ricordare che, nel respingere l'eccezione di prescrizione fatta valere dalla ricorrente in merito a una infrazione ad essa contestata dalla Commissione, detta sentenza rilevava che i testi in vigore non prevedevano la prescrizione nella materia specifica, e che per adempiere alla sua funzione di garantire la certezza del diritto il termine di prescrizione avrebbe dovuto essere stabilito in precedenza dal legislatore comunitario. Se ne deduce chiaramente che la Corte non può stabilire essa stessa un termine di prescrizione, in difetto, nel sistema comunitario, di una regola generale a questo riguardo.

3. 

Una volta accertato che la prescrizione del diritto delle amministrazioni nazionali di chiedere la restituzione dei premi di denaturazione è regolata dal diritto nazionale, la seconda domanda risulta priva di oggetto.

Quanto alla risposta da dare alla terza domanda, essa deriva logicamente dalle considerazioni svolte finora. Posto che la materia della ripetizione di somme indebitamente versate dalle amministrazioni degli Stati membri è sottoposta al diritto interno per quanto riguarda sia la procedura sia la disciplina sostanziale, è lo stesso ordinamento interno a determinare se esista, e se sia applicabile a casi come quello di specie, un principio in base al quale il diritto di ripetere i premi di denaturazione possa trovarsi limitato, o eventualmente escluso, qualora sia fatto valere dopo la scadenza del termine fissato per la conservazione delle scritture relative alle operazioni di denaturazione.

Va peraltro sottolineato che il diritto comunitario non si oppone a che le domande di rimborso fatte valere dall'amministrazione siano sottoposte, nel diritto interno competente, a limitazioni risultanti da principi generali, quali il rispetto della buona fede e la tutela dell'affidamento. Siffatte limitazioni potrebbero assumere rilievo in una situazione del genere di quella esposta nella specie dalla società Lippische Hauptgenossenschaft, che pare essere caratterizzata, oltre che dal trascorrere di un periodo di tempo maggiore di quello prescritto per la conservazione dei documenti relativi alle operazioni di denaturazione, dal fatto che queste erano state controllate costantemente da un organismo a ciò abilitato (l'Ufficio d'importazione e di deposito dei cereali e dei foraggi) e che nessuna obbiezione era mai stata sollevata in merito alle percentuali di coloranti impiegati. Questo tuttavia è un punto sul quale è chiamato a pronunciarsi il giudice di merito, e lo stesso deve dirsi circa il valore da attribuire al fatto, allegato dall'impresa anzidetta, che i foraggi in questione sarebbero stati effettivamente impiegati per l'alimentazione animale, cosicchè lo scopo del premio di denaturazione sarebbe stato nella specie pienamente conseguito. Se nel diritto interno elementi di questo genere giustificassero, alla luce dei principi generali sopra menzionati, delle limitazioni al diritto dell'amministrazione di ripetere le somme erogate in caso di irregolarità, niente nel diritto comunitario farebbe attualmente ostacolo all'applicazione di'tali limitazioni: lo stesso obbligo imposto agli Stati membri dal citato articolo 8 del regolamento 729/70 non potrebbe essere invocato come argomento in senso contrario, visto che le misure per il ricupero di tali somme devono essere adottate conformemente al diritto nazionale.

4. 

Concludo pertanto proponendo alla Corte che, sui quesiti pregiudiziali formulati dal Tribunale amministrativo di Francoforte sul Meno con ordinanze del 12 luglio 1979, essa dichiari quanto segue:

1.

Fintantoché il legislatore comunitario non abbia provveduto a definire un termine di prescrizione per il ricupero di somme indebitamente versate dalle amministrazioni degli Stati membri alle imprese, nel quadro dell'attuazione della politica agricola comune, detto termine resta disciplinato dai diritti nazionali.

2.

E compatibile con il diritto comunitario che le giurisdizioni nazionali, dinanzi alle quali pendano controversie circa il ricupero di somme indebitamente versate dalle amministrazioni nazionali ai privati nel quadro della politica agricola comunitaria, applichino limitazioni risultanti da principi generali, quali il rispetto della buona fede e la tutela dell'affidamento, salva restando l'esigenza che l'amministrazione interessata non venga sottoposta, nell'esercizio dell'attività che essa svolge per conto della Comunità, a limitazioni più gravose di quelle che si applicano alla sua normale attività di diritto interno.

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