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Document 61977CC0090
Opinion of Mr Advocate General Mayras delivered on 14 March 1978. # Hellmut Stimming KG v Commission of the European Communities. # Case 90/77.
Conclusioni dell'avvocato generale Mayras del 14 marzo 1978.
Hellmut Stimming KG contro Commissione delle Comunità europee.
Causa 90/77.
Conclusioni dell'avvocato generale Mayras del 14 marzo 1978.
Hellmut Stimming KG contro Commissione delle Comunità europee.
Causa 90/77.
Raccolta della Giurisprudenza 1978 -00995
ECLI identifier: ECLI:EU:C:1978:55
CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE HENRI MAYRAS
DEL 14 MARZO 1978 ( 1 )
Signor Presidente,
signori Giudici,
I — |
Dobbiamo oggi trattare di un'azione di danni esperita, in base agli artt. 178 e 215, 2o comma, del Trattato CEE, da una società in accomandita per azioni tedesca contro la Commissione, in quanto, per effetto del regolamento del Consiglio14 febbraio 1977, n. 425, pubblicato nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee il 5 marzo successivo, l'esecuzione di un contratto stipulato dalla suddetta società con l'impresa di Stato rumena «Prodexport» sarebbe divenuta «eccessivamente onerosa». Il contratto, concluso il 15 febbraio 1977, riguardava la fornitura di 450 tonnellate non già di «preparazioni di carne bovina condita», come nella causa 68/77, IFG, nella quale vi siete pronunciati con sentenza 14 febbraio 1978, bensì di «arrosto di manzo marinato» pronto per la cottura e cioè, più semplicemente, di carne bovina non cotta, presentata in imballaggi chiusi ermeticamente e di peso non superiore ad un chilogrammo. Le consegne da parte dell'impresa rumena dovevano essere scaglionate dall'aprile al dicembre 1977, in ragione di circa 50 tonnellate mensili. La ricorrente aveva chiesto e ottenuto, nel marzo 1975, dai competenti organi tedeschi, un parere ufficiale di classifica doganale secondo cui la merce in questione rientrava, all'epoca considerata, nella sottovoce 16.02 B III b) 1 della tariffa doganale comune, ed era gravata, all'importazione nella Comunità, da un dazio, sia autonomo, sia convenzionale, del 26 % ad valorem, pari ad 1,30 DM il kg. Una prima partita di circa 10 tonnellate di questa carne, inviata al fine di «sondare» il mercato e non compresa nelle 450 tonnellate convenute nel contratto, veniva senza difficoltà messa in libera pratica nella Repubblica federale di Germania il 25 marzo 1977; ai sensi dell'art. 1 del regolamento della Commissione 21 dicembre 1976, n. 3117, che modifica e abroga i regimi di abbinamento istituiti dai regolamenti nn. 76/76 e 223/76 nell'ambito delle misure di salvaguardia per il settore delle carni bovine, la partita di cui sopra non aveva costituito oggetto di una licenza d'importazione; l'obbligo di chiedere il rilascio di una siffatta licenza veniva ripristinato solo a decorrere dal 1o aprile 1977 (art. 15 del regolamento del Consiglio n. 425/77). Il regolamento n. 425/77 ha apportato sostanziali modifiche al regime degli scambi coi paesi terzi quale risultava dal regolamento 27 giugno 1968, n. 805, relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore delle carni bovine. Esso stabilisce fra l'altro (art. 12) l'aumento del prelievo oltre il limite della differenza tra il prezzo di orientamento e il prezzo di offerta franco frontiera della Comunità, maggiorato dell'incidenza del dazio doganale; il prelievo supera il 100 % allorché il prezzo di mercato nella Comunità è situato ad un livello inferiore al 98 % del suddetto prezzo di orientamento, che costituisce, in un certo senso, il prezzo d'entrata delle merci nel settore delle carni bovine. Queste modifiche normative venivano a turbare l'equilibrio del contratto stipulato dalla ricorrente. Allo scopo di «definire meglio» i prodotti che possono essere importati in esenzione dai prelievi, il regolamento n. 425/77 scindeva infatti in due parti la sottovoce 16.02 B III b) 1, contemplando:
La prima di queste due sottovoci veniva più ampiamente definita mediante la nota complementare di cui all'art. 14, n. 2, del regolamento della Commissione 18 marzo 1977, n. 586. Di conseguenza, a partire dal 1o aprile 1977, data la nuova formulazione della tariffa doganale comune, la «carne bovina» di cui trattasi nella fattispecie diveniva passibile, oltre che del dazio doganale del 20 %, di un prelievo da riscuotere alle condizioni stabilite nel regolamento della Commissione n. 586/77. Tale prelievo ammontava, nel caso di specie, a 7,10 DM il kg, importo addirittura superiore al prezzo d'acquisto e quindi proibitivo. La ricorrente sostiene di aver avuto conoscenza di tale innovazione (nonostante il fatto che il regolamento del Consiglio e quello della Commissione siano stati pubblicati fin dal 5 e, rispettivamente, dal 17 marzo 1977) soltanto in data 4 aprile 1977, dopo esser stata informata dalle autorità tedesche che il parere ufficiale di classificazione tariffaria emesso nel 1975 non era più valido. Essa interrompeva perciò immediatamente l'importazione della carne bovina in questione; ora, la controparte pretende da lei una somma di 495000 DM per inadempimento del contratto. In una prima lettera inviata alla Commissione il 12 aprile 1977, la ricorrente chiedeva all'istituzione di adottare speciali provvedimenti onde consentirle di onorare i suoi impegni contrattuali a condizioni accettabili. Il 22 aprile, essa tornava alla carica chiedendo che venissero adottati, in base all'art. 7 del regolamento n. 425/77, misure transitorie che le permettessero d'importare in franchigia da prelievo, fino al 31 dicembre 1977, i quantitativi di merce convenuti con l'impresa rumena. Il 3 giugno 1977, un capo divisione della direzione generale «Agricoltura» le rispondeva negativamente. La ricorrente chiede alla Corte, in via principale, di dichiarare che la Commissione ha l'obbligo di garantire l'esecuzione del contratto stipulato il 15 febbraio 1977 (risarcimento in forma specifica); nella replica, introducendo una lieve variante, essa vi chiede in via principale di dichiarare che la Commissione è tenuta ad autorizzare l'importazione, in franchigia da prelievo, del quantitativo di carne convenuto nel contratto 15 febbraio 1977, ingiungendo, mediante decisione, alla Repubblica federale di Germania di ammettere nel proprio territorio il quantitativo di cui trattasi, in franchigia da prelievo. In subordine, essa chiede che la Commissione venga condannata a risarcirle il danno derivante dal mancato adempimento del contratto, ch'essa valuta in 787500 DM, cui andrebbero aggiunti gli interessi al tasso dell'8 % a decorrere dalla data in cui si è verificato il danno. |
II — |
La Commissione eccepisce, in primo luogo, che il capo della domanda formulato in via principale è irricevibile: essa sostiene di essere tenuta ad applicare la disciplina esistente ed afferma che il ricorso per danni non può essere usato al fine di ottenere l'emanazione di un atto normativo che deroghi a tale disciplina. Questo scopo potrebbe essere eventualmente perseguito in forza dell'art. 175 del Trattato, il quale non viene fatto valere nella fattispecie. Pur condividendo, personalmente, le considerazioni svolte dall'avvocato generale Capotorti nelle sue conclusioni relative alla causa IFG e pur ritenendo irricevibile, in entrambe le varianti, il capo della domanda formulato in via principale dalla ricorrente, mi propongo, inchinandomi all'autorità della sentenza 14 febbraio 1978 da voi emessa nella suddetta causa, di esaminare il merito prima di esprimere eventualmente il mio parere sulla ricevibilità del capo principale della domanda. Tanto questo capo, infatti, quanto quello formulato in subordine (contro il quale la Commissione non solleva alcuna eccezione d'irricevibilità) hanno lo stesso fondamento in quanto implicano il sorgere della responsabilità della Comunità per atto o comportamento illecito delle istituzioni comunitarie. Fin dall'inizio, comunque, l'azione mi sembra piuttosto mal impostata in quanto è la Commissione che viene citata in veste di convenuta in un procedimento per risarcimento del danno assertivamente causato, in realtà, da un atto del Consiglio. La ricorrente, che aveva diretto la sua domanda unicamente contro la Commissione, ha tentato, nella replica, di chiamare in causa il Consiglio; con ordinanza 10 novembre 1977, voi avete però rifiutato di accedere alla sua richiesta. Non ritengo comunque possibile che la Comunità venga condannata a riparare il danno eventualmente causato, in sostanza, dal Consiglio, nell'esercizio dei suoi poteri, mentre soltanto la Commissione si vede citata nel procedimento intentato a tale scopo. |
III — |
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IV — |
Resta da accertare se l'istituzione di un regime di prelievi per i prodotti in questione sia in contrasto col combinato disposto degli artt. 39 e 110 del Trattato, e specialmente con le norme relative al consolidamento nell'ambito del GATT. Rilevo, ancora una volta, che questa censura riguarda il regolamento n. 425/77. Fatte salve le obiezioni che il Consiglio potrebbe sollevare, osserverò quanto segue: Secondo la ricorrente, l'inclusione delle preparazioni a base di carni, come quelle di cui è causa, nella sottovoce 16.02 B III b) 1 aa) della tariffa doganale comune è in contrasto con il consolidamento del dazio doganale relativo alla sottovoce 16.02 B III b) 1 nell'ambito del GATT. Il consolidamento si riferisce espressamente, a suo avviso, a questa sottovoce nel suo complesso. Essa sostiene che la nuova versione dell'art. 17 del regolamento n. 805/68, quale risulta dal regolamento n. 425/77, corrisponde del resto esattamente all'art. 16 del regolamento n. 805/68, che recita: «le disposizioni del presente regolamento sono applicate osservando gli obblighi risultanti da accordi che impegnano la Comunità sul piano internazionale». L'istituzione di un prelievo per taluni prodotti di questa sottovoce doganale violerebbe manifestamente detta norma. Rispondendo al quesito che le avevate rivolto a proposito di tale «mancato consolidamento», la Commissione sostiene che la concessione fatta non riguardava i prodotti in questione e che ciò che importa è invece il volume complessivo, dal punto di vista economico e finanziario, degli scambi su cui vertevano i negoziati tariffari. Non mi addentrerò più oltre in questa discussione, in quanto ritengo che una violazione delle norme del GATT concretantesi in un regolamento del Consiglio, adottato all'unanimità, non può far sorgere, anche a supporre che sia provata e ammesso che possa essere fatta valere da un singolo, la responsabilità della Commissione. Aggiungerò tuttavia che, nell'ambito della politica agricola comune, la Comunità deve rispettare i vari obiettivi enunciati dall'art. 39 del Trattato, ed in particolare: stabilizzare i mercati (n. 1, lett. c); garantire la sicurezza degli approvvigionamenti (n. 1, leu. d); assicurare prezzi ragionevoli nelle consegne ai consumatori (n. 1, lett. e). Questi obiettivi sono, da parte loro, d'importanza ineguale e difficilmente conciliabili. Per garantire prezzi ragionevoli ai consumatori, è necessario semplificare gli accordi che disciplinano l'importazione di carne bovina; ciò è in antitesi con l'obiettivo della stabilizzazione dei mercati; analogamente, per garantire una migliore qualità, è necessario incoraggiare la produzione comunitaria di carni rosse, e ciò è a sua volta difficilmente compatibile con lo sviluppo del commercio internazionale. Tuttavia, se è vero che gli obiettivi di cui all'art. 39 sono già difficilmente conciliabili fra di loro, ancor più problematico è il conciliarli con l'armonico sviluppo del commercio mondiale, auspicato dall'art. 110. La Comunità deve quindi avere la facoltà di dare la preferenza a taluni obiettivi rispetto ad altri, tenuto conto della situazione economica e politica. Come ricordava l'avvocato generale Capotorti nelle sue conclusioni relative alla causa IFG, si tratta di questioni d'ordine prevalentemente politico. Osserverò, infine, che i regimi di abbinamento, instaurati in quanto misure di salvaguardia, sono stati abrogati con effetto dal 1o aprile 1977 e che, a differenza della Iugoslavia, ad esempio, la Romania non è legata alla Comunità da alcun accordo commerciale; questo paese non ha assunto alcun impegno nel senso di limitare le sue esportazioni di carni bovine nella Comunità o di impedire che tali esportazioni avvengano a prezzi anormalmente bassi. La scadenza del 31 dicembre 1977 e la facoltà di cui all'art. 7 sono state previste essenzialmente per far fronte alle difficoltà che avrebbero potuto sorgere nel caso di paesi ACP, e per consentire la proroga, fino al 31 dicembre 1977, dei provvedimenti di riduzione degli oneri non tariffari all'importazione fino a concorrenza del 90 %, come corrispettivo della riscossione, da parte dei paesi ACP interessati, di un tributo di equivalente entità all'esportazione. |
Concludo nel senso che il ricorso dovrebbe essere respinto e che le spese del giudizio andrebbero poste a carico della ricorrente.
( 1 ) Traduzione dal francese.