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Document 61974CC0070
Opinion of Mr Advocate General Reischl delivered on 28 May 1975. # Commission of the European Communities v Council of the European Communities. # Case 70/74.
Conclusioni dell'avvocato generale Reischl del 28 maggio 1975.
Commissione delle Comunità europee contro Consiglio delle Comunità europee.
Causa 70/74.
Conclusioni dell'avvocato generale Reischl del 28 maggio 1975.
Commissione delle Comunità europee contro Consiglio delle Comunità europee.
Causa 70/74.
Raccolta della Giurisprudenza 1975 -00795
Identificator ECLI: ECLI:EU:C:1975:69
CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE GERHARD REISCHL
DEL 28 MAGGIO 1975 ( 1 )
Signor presidente,
signori giudici,
Recentemente ho presentato le mie conclusioni in una causa promossa dai vari sindacati, rappresentanti i pubblici impiegati europei contro il Consiglio (causa 72-74, Union Syndicale — Service public européen ed altri contro il Consiglio, sentenza del 18 marzo 1975). In questa occasione ho esposto chiaramente le cause della controversia tra il Consiglio e le organizzazioni dei dipendenti europei, cui si era affiancata la Commissione, controversia vertente sull'adeguamento annuale degli stipendi e delle pensioni versate dalla Comunità. Potrò quindi limitarmi oggi alle osservazioni strettamente attinenti alla causa in esame, che vede la Commissione contro il Consiglio.
Il parametro fondamentale per risolvere la controversia è l'art. 65 dello statuto del personale, in virtù del quale il Consiglio controlla l'entità delle retribuzioni dei dipendenti e degli altri agenti delle Comunità tenendo conto — per limitarci semplicemente a questa parte della norma — degli eventuali aumenti di stipendio dei dipendenti pubblici nei singoli Stati membri.
Nell'applicazione di questa disposizione è ormai divenuto tradizionale da anni — la Commissione sostiene che questa prassi risale al 1966 — tener conto dell'aumento medio del potere d'acquisto degli stipendi versati ai pubblici dipendenti negli Stati membri. Sulle prime il coefficiente era costituito soltanto dal cosiddetto indice specifico comune che veniva calcolato in base all'aumento degli stipendi di determinate categorie di dipendenti pubblici delle amministrazioni nazionali ed all'andamento del costo della vita.
Però, sia il metodo, sia i risultati così ottenuti, hanno provocato continui dissensi tra le organizzazioni del personale ed il Consiglio. I sindacati obiettavano che, secondo questo sistema, non vi era alcuna garanzia che gli stipendi comunitari — almeno sotto l'aspetto dell'aumento del potere d'acquisto — presentassero una corrispondenza perfetta con il livello degli stipendi dei pubblici dipendenti nazionali. Per questo motivo nel dicembre del 1970, prendendo spunto da una richiesta del Consiglio rivolta alla Commissione, i sindacati chiesero ufficialmente che l'art. 65 dello statuto del personale venisse applicato secondo un criterio più razionale. Per effetto di tale iniziativa il Consiglio, su proposta della Commissione, il 20 e 21 marzo 1972 decideva, a titolo sperimentale per il periodo di tre anni, di ricorrere ad un sistema diverso per determinare l'effettivo potere d'acquisto degli stipendi versati nelle singole nazioni. Il sistema si fonda, come ho già sottolineato nelle conclusioni della causa 72-74, su due indici, cioè sull'indice specifico modificato e sull'indice che. riflette l'evoluzione della massa salariale pro capite corrisposta dalle amministrazioni nazionali.
Questo metodo è stato impiegato per la prima volta nel periodo luglio 1971 — giugno 1972, per il quale è stato calcolato un indice specifico del 3,6 % ed un indice della massa salariale pari 3,9 %. Poiché in quell'occasione il Consiglio decise di scostarsi dalla proposta della Commissione di portare il coefficiente correttore lordo al 3,75 %, limitandosi anzi, per il periodo successivo al 1o luglio 1972 ad aumentare gli stipendi del 2,5 % invocando le statistiche relative all'aumento del potere d'acquisto (cfr. regolamento 12. 12. 1972), la Commissione citò per la prima volta in giudizio il Consiglio (causa 81-72). La sentenza del 5 giugno 1973 (Racc. 1973, pag. 575) stabiliva che il Consiglio, nell'emanare la decisione 20 e 21 marzo 1972 era vincolato all'osservanza di determinati criteri, il suo potere discrezionale poteva esercitarsi solo entro i limiti costituiti dall'indice specifico comune e dall'indice della massa salariale. Il Consiglio quindi, con decisione 9 agosto 1973 decideva un adeguamento salariale con effetto dal 1o luglio 1972 nella misura del 3,65 %. Poco tempo dopo emersero i problemi che hanno portato alla presente controversia.
A propositio dei dati calcolati in base al periodo di riferimento luglio 1972 — giugno 1973, la Commissione ha ritenuto in un primo tempo che la cifra indicata come indice specifico italiano non potesse considerarsi esatta, in quanto non si era tenuto conto di tutti gli emolumenti effettivamente versati, quindi tale cifra non rispecchiava esattamente l'evoluzione del potere d'acquisto degli stipendi dei pubblici dipendenti italiani. Per questo motivo nella relazione 7 novembre 1973, per quanto riguardava l'Italia, veniva prescelto non già l'indice specifico, bensì l'indice della massa salariale. Ne risultava un indice specifico comune pari all'1,6 % per i sei vecchi paesi membri e dell'1,2 % per tutto il complesso della nuova Comunità europea. Tenuto conto dell'indice della massa salariale (3,6 % per i sei, 3,2 % per i nove Stati) la Commissione ritenne a suo tempo di dover proporre un aumento di stipendio del 2,8 % dal 1o luglio 1973.
Poco dopo, però, da parte italiana venivano fornite ulteriori informazioni, in base alle quali l'indice specifico italiano — tenuto conto di tutte íe voci — per il periodo di riferimento in questione arrivava al 30,4 %. Tale informazione faceva salire il nuovo indice specifico comune al 7,3 % per i nove Stati membri e al 9,8 % per i sei paesi; la nuova proposta veniva quindi orientata verso un adeguamento degli stipendi pari al 3,5 %.
Dopo aver esaminato alcune note emanate dal Ministero del tesoro italiano e alcuni regolamenti e leggi italiani, la Commissione si persuadeva che l'adeguamento salariale nel passato non era stato effettuato su basi esatte. Dai documenti di cui sopra risultava effettivamente che prima del dicembre 1972 — gennaio 1973 alcune indennità erano state versate ai dipendenti pubblici italiani sulla base dell'indice della massa salariale, ma non erano state adeguate in base all' indice specifico. Il calcolo in base all'indice specifico è stato effettuato solo dopo questo periodo, poiché da quel momento le indennità di cui trattasi erano state conglobate nello stipendio base oppure incluse in un'indennità generica di conguaglio. La Commissione ne informava il Consiglio con lettera 10 dicembre 1973. Contemporaneamente, poiché riteneva che la proposta di aumento di stipendio del 3,5 % non avrebbe compensato completamente il difetto riscontrato, riteneva equo proporre l'istituzione di un'indennità compensativa.
Nella decisione 18 dicembre 1973 il Consiglio procedeva ad un adeguamento degli stipendi in ragione del 3,3 % con effetto dal 1o luglio 1973; esso dichiarava però anche espressamente di essere disposto ad esaminare le proposte che la Commissione intendeva sottoporgli.
La proposta veniva elaborata nella relazione presentata il 14 febbraio 1974: a titolo di indennizzo per gli errori commessi nell'adeguamento degli stipendi, si proponeva un aumento dello stipendio pari al 5,4 % con effetto dal 1o luglio 1972. Nel contempo era stato elaborato il relativo progetto di regolamento, trasmesso dalla Commissione al Consiglio il 21 marzo 1974. Il Consiglio, però, dopo aver consultato due esperti neutrali, cioè l'ex presidente della Commissione Rey e l'ex membro della Commissione Barre, decideva di non accogliere tale proposta. Anzi, nella riunione 21-23 luglio 1974 deliberava di continuare ad attenersi ai criteri di cui alla decisione 18 dicembre 1973, vale a dire di non prevedere affatto un adeguamento di stipendio retroattivo.
Tale atteggiamento ha indotto non solo i sindacati dei pubblici dipendenti europei, ma anche la Commissione ad adire la Corte di giustizia onde far annullare la decisione del luglio 1974 per violazione dell'art. 65 dello statuto del personale della decisione del Consiglio del 21 marzo 1972.
Ed ecco il mio parere:
1. |
Premetto alcune osservazioni: Il procedimento verte sull'esplicito rifiuto contenuto nella decisione del luglio 1974 emanata dal Consiglio di concedere un adeguamento di stipendio con effetto retroattivo. La Commissione ritiene illecito tale rifiuto, in quanto la determinazione degli stipendi per gli anni 1972 e 1973 è stata erronea. Ciò risulta dal fatto che l'indice specifico comune per i periodi di riferimento delle due annate di cui sopra è stato calcolato per difetto in quanto l'indice italiano comunicato era carente. Per di più l'indice specifico italiano non rispecchiava affatto l'andamento del potere d'acquisto degli stipendi versati ai pubblici dipendenti italiani durante il periodo di riferimento 1971/72, in quanto non erano state tenute in considerazione molte delle indennità percepite dai dipendenti. È vero che tali indennità nel periodo di riferimento 1972/73 sono state tutte conglobate, però non si può dimenticare che l'indice specifico così ottenuto non solo rappresenta l'aumento del potere d'acquisto del periodo di riferimento 1972/73, ma rispecchia in parteanche quello degli anni passati. Partendo da quest'argomentazione e dai dati emersi nel corso del procedimento, si deve osservare anzitutto che, anche giudicando fondata la critica mossa dalla Commissione, gli effetti si sono registrati al massimo sulla decisione in materia di stipendi relativa all'anno 1972 ma non su quella relativa all'anno 1973. Nell'anno 1972 la decisione è stata scrupolosamente imperniata sull'indice specifico (3,6 %) mentre l'indice della massa salariale (3,9 %) non è stato tenuto in considerazione. Se quindi è chiaro che per i relativi periodi di riferimento bisogna basarsi su un indice specifico italiano più alto e quindi su un indice specifico comune più alto (l'incidenza dell'indice italiano giunge circa al 28 %) non resta che concludere che la decisione relativa agli stipendi concernente detto periodo non era esatta. Nel 1973 la decisione relativa agli stipendi è stata adottata in base all'indice specifico del 7,3 % e ad un indice della massa salariale del 3,2 %. Il coefficiente applicato è stato il 3,3 %, cifra che non si discosta molto dall'indice della massa salariale. Se quindi per questo periodo è necessario, tenuto conto della diminuzione dell'indice specifico italiano (che parzialmente rispecchiava l'andamento degli stipendi negli anni passati), ridurre l'indice specifico comune, ciò evidentemente sarebbe irrilevante nei confronti della decisione adottata in materia di stipendi, che si è imperniata sull'indice della massa salariale. Alla luce delle critiche mosse dalla Commissione si può quindi sostanzialmente solo esaminare se la determinazione degli stipendi relativa al periodo di riferimento 1971/72 va modificata. |
2. |
Quanto sopra esposto ha già dimostrato chiaramente che la controversia verte sul se, nell'adozione della decisione relativa agli stipendi per l'anno 1972, si è tenuto debito conto dell'andamento degli stipendi in uno Stato membro, cioè l'Italia, nel periodo di riferimento 1971/72. La Commissione lo nega e sostiene che il Consiglio:
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3. |
L'esame della fattispecie potrebbe venir così concluso. Voglio però aggiungere un'osservazione che è pertinente nell'ipotesi in cui non si ravvisi alcuna violazione della decisione del marzo 1972 nel calcolo dell'indice specifico per il periodo di riferimento 1971/72. Tale osservazione si impone dopo quanto è stato esposto nel procedimento sulla cronistoria e sullo spirito della decisione del marzo 1972. È categoricamente escluso che l'elemento sul quale si impernia la presente controversia, cioè l'aver trascurato gran parte dell'indennità e degli assegni versati ai dipendenti italiani, costituisca un fattore irrilevante sotto il profilo dell'adeguamento dei salari. Se viene constatato questo vizio, si deve presumere che esso si rifletterà quanto meno sulla decisione discrezionale che adotterà il Consiglio in base alla decisione del marzo 1972 nell'ambito dei due noti indici, e più esattamente: in tal caso non si può presumere che il potere discrezionale si può esercitare senza alcun limite. Se cioè si dimostra che un indice (nel nostro caso quello specifico) non può evidentemente venir considerato rappresentativo, la decisione discrezionale risulta viziata in quanto l'altro indice, cioè l'indice della massa salariale, che comprende tutti gli altri elementi, viene ad assumere maggiore importanza. Si può anche pensare di compensare tale deficienza in quanto nel 1973, periodo nel quale l'indice specifico non è stato più viziato per i motivi suindicati, l'adeguamento degli stipendi è stato imperniato prevalentemente sul secondo indice. Poiché la decisione in materia retributiva relativa al 1972 si è basata essenzialmente sull'indice specifico, mentre quella dell' anno 1973 si è basata fondamentalmente sull'indice della massa salariale, il Consiglio avrebbe l'obbligo di procedere ad un adeguamento retroattivo degli stipendi e quindi il suo rifiuto di adottare una corretta decisione va dichiarato illegittimo. Voglio ancora sottolineare che queste mie considerazioni hanno semplicemente carattere subordinato; resto sostanzialmente del parere che si debba annullare la decisione del Consiglio del giugno 1974 in quanto il Consiglio si è rifiutato di rettificare l'indice specifico per il periodo di riferimento 1971/72. |
4. |
Propongo quindi di pronunciarvi come segue: Il ricorso promosso dalla Commissione contro il Consiglio è fondato. Il rifiuto contenuto nella decisione del Consiglio del 21-23 luglio 1974 di procedere ad un adeguamento degli stipendi va annullato. Non è necessario pronunciarsi sulle spese in quanto le parti non ne hanno fatta espressa richiesta. |
( 1 ) Traduzione dal tedesco.