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Document 61964CC0039

    Conclusioni dell'avvocato generale Roemer del 24 giugno 1965.
    Société des Aciéries du Temple contro Alta Autorità della CECA.
    Causa 39-64.

    edizione speciale inglese 1965 01074

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:1965:64

    Conclusioni dell'avvocato generale Karl Roemer

    del 24 giugno 1965 ( 1 )

    Sommario

    Pagina
     

    Gli antefatti

     

    Valutazione giuridica

     

    1. Sulla necessità di introdurre un sistema di interessi nella perequazione del rottame

     

    2. Quale sistema di interessi sia più cònsono alle esigenze della perequazione del rottame

     

    3. Le singole critiche mosse al sistema della decisione 7-61

     

    a) Violazione dell'articolo 51 del Trattato

     

    b) L'articolo 5 della decisione 7-61

     

    c) Se il sistema della decisione 7-61 si fondi su elementi soggettivi

     

    d) Violazione del divieto di discriminazione

     

    e) Conclusioni

     

    4. Illegittimità dell'irretroattività

     

    5. Motivazione insufficiente

     

    6. Mancanza di parere conforme del Consiglio di Ministri

     

    7. Conclusione

    Signor Presidente, signori Giudici,

    Nell'ambito della liquidazione dei consorzio di perequazione, la ricorrente nel presente procedimento — analogamente ad altre imprese consumatrici di rottame — ha ricevuto dall'Alta Autorità una lettera datata 8 aprile 1963 nella quale, in virtù della decisione generale n. 7-63, si stabiliva il conteggio provvisorio al 31 maggio 1963 dei debiti e dei crediti della ricorrente nei confronti della Cassa di perequazione. Tale conteggio indicava particolareggiatamente la composizione dei debiti contributivi della ricorrente, i suoi versamenti alla Cassa di perequazione e le somme a lei già rimborsate; dall'operazione contabile risultava un debito a carico della ricorrente per l'ammontare di 1624 471,27 FF. Il conteggio comprendeva inoltre i contributi dovuti dalla ricorrente per il servizio degli interessi deh consorzio di perequazione, nonché un credito di interessi a suo favore, con un ulteriore saldo passivo di 476997,65 FF.

    Il primo dei due importi fu versato dalla ricorrente il 27 febbraio 1964, in adempimento dell'obbligazione contributiva principale. La ricorrente contestò invece la legittimità del secondo aggravio, vale a dire l'imposizione relativa agli interessi.

    Per tutta risposta, il 22 luglio 1964 l'Alta Autorità mediante decisione le ingiungeva formalmente di versare interessi per l'importo di 476963,47 FF.

    Tale decisione costituisce l'oggetto principale del presente ricorso. In subordine, vi si solleva anche un'eccezione d'illegittimità contro le decisioni generali nn. 21-58, 19-60, 20-60, 7-61 e 7-63, quanto meno contro le disposizioni di tali decisioni riguardanti gli interessi corrispettivi e di mora.

    Gli atti sopra menzionati vengono impugnati mediante diversi mezzi che in parte sono diretti contro il regime di interessi stabilito dalla decisione 7-61, e questi vi sono sostanzialmente noti in quanto già esperiti nella causa 37-64; ora si tratta solo di decidere se, a seguito di nuovi elementi emersi, vi sia motivo di pronunciarsi diversamente in merito. Alcuni mezzi però sollevano questioni ulteriori relative al sistema di interessi corrispettivi.

    Così stando le cose, non è agevole escogitare una soluzione che sia al tempo stesso chiara e scevra di ripetizioni.

    La soluzione più pratica sarà quella di affrontare innanzi tutto la questione, sollevata dalla ricorrente, del se il consorzio di perequazione dovesse assolutamente ricorrere ad un sistema di interessi.

    In seguito esaminerò gli argomenti della ricorrente, avverso la legittimità del regime d'interessi stabilito nella decisione 7-61 nonché avverso la legittimità delle disposizioni circa gli interessi corrispettivi, dedotti a sostegno dei mezzi di «sviamento di potere», «violazione dei principi giuridici generali» e «violazione del divieto di discriminazione».

    Infine dovrò ancora esaminare questioni di forma e di procedura, cioè la presunta violazione dell'obbligo di motivazione e l'omessa partecipazione del Consiglio di Ministri all'adozione della decisione 7-61.

    Valutazione giuridica

    1. Sulla necessità di introdurre un sistema di interessi nella perequazione del rottame

    Confesso il mio stupore nell'imbattermi in tale questione nel corso del procedimento, non già in quanto essa si presenta sotto il manto della motivazione incompleta (quindi sistematicamente a sproposito), bensì per motivi di diritto sostanziale.

    Mi permetterò di richiamarmi innanzitutto all'origine del sistema di perequazione, sorto nel 1953 come intesa autorizzata dall'Alta Autorità ad opera di imprese consumatrici di rottame dei sei paesi membri, quindi creato da commercianti a norma del diritto commerciale e nella forma di società giuridicamente costituite secondo il prototipo di società «sans but lucratif» e registrate nel «régistre de commerce» previsto dal diritto belga. Le società di cui sopra, avevano, in virtù del loro oggetto sociale, la facoltà di effettuare rilevanti operazióni commerciali e finanziarie nel settore dell'acquisto di rottame e dell'allineamento dei prezzi.

    Tenuto conto delle norme di diritto commerciale che disciplinano la materia (cfr. la consuetudine commerciale in materia dei conti correnti nel diritto francese e il paragrafo 353 del Codice di commercio tedesco), mi pare evidente che dette società, nell'interesse comune, non potessero prescindere, nella conduzione dei loro affari e nel regolamento dei loro conti, da un sistema contabile ove debiti e crediti reciproci degli associati fossero registrati in partite separate e quindi fosse indispensabile un sistema di interessi corrispettivi e moratori in relazione ai periodi prescelti come base di calcolo.

    Allorché nel 1964 la perequazione del rottame divenne obbligatoria per tutti i consumatori di rottame della Comunità e come tale venne posta sotto l'amministrazione dei noti organi di Bruxelles che esercitavano così funzioni di diritto pubblico sotto la responsabilità dell'Alta Autorità, le caratteristiche' più sopra citate sono rimaste immutate. Scopo del consorzio continuava ad essere l'uniformità approssimativa di trattamento di tutti i consumatori di rottame — in rapporto al corrispondente mese di perequazione — senza considerare se si faceva impiego di costoso rottame d'importazione o di rottame interno a buon mercato; però il consorzio non poteva disporre di capitale proprio né l'Alta Autorità era tenuta a rispondere direttamente dei debiti e crediti relativi. Un tale meccanismo avrebbe certo funzionato in modo ideale se il movimento del rottame avesse potuto essere reso noto con la massima rapidità e precisione e se la perequazione finanziaria si fosse esaurita nel periodo immediatamente successivo.

    La realtà fu diversa per motivi che più volte sono già stati esposti in questa sede nella loro poliedricità. Si è continuato per anni con conteggi provvisori che fecero sì che determinate imprese contribuenti versassero somme dovute da altre imprese — come si potè stabilire in seguito — oppure non ne versassero mai e per conseguenza fu impossibile rimborsare completamente le imprese che avevano diritto alla perequazione. Poste tali premesse, la successiva liquidazione, onde trattare nello stesso modo tutte le imprese consumatrici di rottame, implicò da un lato l'introduzione di un sistema d'interessi corrispettivi a favore delle imprese che avevano effettuato versamenti superiori alle loro quote, mentre dall'altro si rivelò necessario colpire i debitori morosi per i vantaggi finanziari goduti onde far fronte alle necessità del consorzio di perequazione.

    La natura della questione che stiamo esaminando giustifica appieno l'applicazione di un sistema di interessi.

    A mio avviso è facilmente dimostrabile che, considerata la situazione, nessuno degli argomenti della ricorrente si rivela fondato.

    La considerazione vale anche per l'assunto secondo cui sarebbe possibile una soluzione soddisfacente se l'Alta Autorità perseguisse i contribuenti intenzionalmente morosi, vale a dire le imprese che dolosamente o ingiustamente hanno fruito di rimborsi di perequazione, mediante l'esercizio di azioni civili e penali (decisioni nn. 20-58 e 7-63). È indubbio che l'Alta Autorità si è avvalsa e si avvale efficacemente di tale possibilità (cfr. le relazioni sull'andamento della perequazione del rottame) onde ottenere il rimborso degli importi versati a torto ivi compresi gli interessi dal giorno del pagamento. È però altrettanto indubbio che questo mezzo è applicabile soltanto ad una parte dei fenomeni che hanno influito negativamente sul consorzio di perequazione e che — specie in caso di buona fede di coloro che hanno beneficiato dei rimborsi — una perequazione completa non sarà mai realizzata seguendo questa strada.

    Circa la possibilità di applicare ammende a norma dell'articolo 47 del Trattato alle imprese che hanno presentato denuncio infedeli, l'Alta Autorità deve naturalmente avvalersi di questa facoltà anche nell'ambito del consorzio di perequazione. Sull'argomento bisogna però tener presente che l'Alta Autorità non può sanare il bilancio della perequazione mediante le somme provenienti da tal cespite, poiché le ammende vengono conglobate nel bilancio generale dell'Alta Autorità.

    Infine dovrebbe essere indubbio che non si può far carico all'Alta Autorità di aver commesso «faute de service» in tutti quei casi in cui il consorzio di perequazione è stato turbato nel suo normale funzionamento; (ad esempio a causa di testi imprecisi delle decisioni generali, mediante errori amministrativi nell'applicazione delle stesse — illecite esenzioni di rottame di gruppo — oppure mediante controlli insufficienti) con conseguente obbligo per l'Alta Autorità di far fronte alle lacune della perequazione attingendo al suo bilancio generale. Per molti di questi problemi esiste già un'indiscussa giurisprudenza (cfr. la problematica dell'esenzione del rottame di gruppo ovvero il controllo insufficiente sulla provenienza del rottame) alla quale faccio rinvio.

    Rimane quindi la constatazione che il consorzio di perequazione non poteva fare a meno di ricorrere ad un sistema di interessi, onde superare il lasso di tempo che va dal momento del consumo di rottame a quello del versamento dei contributi di perequazione e la rispettiva trasmissione ai beneficiari.

    2. Quale sistema di interessi si a più consono alle esigenze della perequazione del rottame

    L'esposizione dei fatti in questo, ed in giudizi precedènti mi ricorda che in base ad una decisione del Consiglio della Cassa, adottata nel 1955 ed applicata poi fino al momento in cui l'Alta Autorità assunse l'amministrazione del consorzio, gli interessi moratori erano dovuti dai contribuenti che non avevano adempiuto le loro obbligazioni malgrado l'ingiunzione della Cassa. Allorché l'Alta Autorità, dal 1958, continuò ad amministrare autonomamente il consorzio, dispose che per quei periodi — per i quali essa stessa aveva stabilito le quote contributive — gl'interessi moratori sui contributi scattassero automàticamente a partire dal 25o giorno dalla pubblicazione delle decisioni generali concernenti le aliquote. A favore dei creditori del consorzio di perequazione la decisione 21-58 prevedeva interessi corrispettivi.

    Tale argomentazione sulle prime parve sufficiente; comunque nell'attuale procedimento, il contrasto con quanto la ricorrente s'industria di dimostrare, non è emerso alcun motivo per dichiarare indirettamente illegittimo il sistema descritto, almeno per quanto riguarda gli interessi moratori, innanzitutto poiché è evidente che la ricorrente mai ha ricevuto ingiunzione di pagamento, nonché per il fatto che il sistema originario è stato espressamente abrogato dalla decisione 7-61 e sostituito con una nuova disciplina.

    Il sistema di interessi della decisione 7-61, applicabile per tutta la durata del consorzio di perequazione, consiste essenzialmente nel riconoscimento a favore di ogni contribuente di interessi corrispettivi che decorrono dal giorno dell'effettivo versamento (come nella prassi bancaria) : le somme all'uopo necessarie (come pure per altri interessi corrispettivi) sono fornite dalle imprese contribuenti proporzionalmente al loro consumo di rottame. Per i contribuenti puntuali ciò si risolve — dal punto di vista degli interessi corrispettivi — praticamente in una parità tra crediti e debiti di interessi, mentre per i contribuenti morosi il debito d'interessi supera le somme loro accreditate in seguito al versamento dei contributi. S'instaura così in sostanza un sistema di interessi a scadenza. Gli esempi dedotti dall'Alta Autorità a mio avviso non lasciano alcun dubbio; in caso di necessità, l'esattezza delle sue allegazioni può essere dimostrata mediante perizia matematica.

    Come ho fatto rilevare nella causa 37-64, un tale sistema mi pare fondamentalmente più adeguato alla sfera del diritto pubblico (nella quale rientra la perequazione e nella quale vengono regolarmente applicate soprattasse di mora, e le conseguenze giuridiche sono automatiche) di quanto non lo sia un sistema di interessi moratori. È anche incontestato che sia l'unico sistema atto a colmare soddisfacentemente le inevitabili lacune lasciate dal sistema degli interessi di mora. Bisogna inoltre ammettere che almeno fino al 1958, quindi durante un periodo in cui per applicare gli interessi moratori la Cassa doveva formalmente mettere in mora l'interessato, e il ritardo doveva essere colposo, in molti casi non potevano venire imposti interessi essendo stata omessa la denuncia del rottame ed essendo di conseguenza mancate le ingiunzioni di pagamento oppure poiché si erano dovuti modificare i contributi per motivi obiettivi. Volendo proteggere i beneficiari della perequazione da tali effetti del sistema di interessi moratori (e ciò era necessario nell'interesse di un trattamento uniforme di tutte le imprese consumatrici di rottame) rimaneva la sola soluzione di far fronte alle lacune che gl'interessi moratori non permettevano di colmare, mediante un'imposizione gravante su tutti i consumatori di rottame. Ciò naturalmente implicava un dulpice onere per i consorziati puntuali nei pagamenti. È quindi l'imperativo dell'uniformità di trattamento (in eventuale relazione con le esigenze della semplificazione amministrativa cui giustamente si richiama la ricorrente) che in fondo fa apparire il sistema di interessi instaurato con la decisione 7-61 come il più consono al consorzio di perequazione; mentre la differenziazione, auspicata dalla ricorrente, in base alla buona o cattiva fede dei contribuenti — tenuto conto delle obiettive difficoltà della perequazione del rottame — si sarebbe risolta in una discriminazione.

    3 Nonostante questa constatazione di base, non mancherò di esaminare singolarmente le obiezioni della ricorrente al fine di stabilire se la sua critica sia fondata

    a)

    La censura secondo cui l'Alta Autorità, introducendo con la decisione 7-61 un sistema di interessi secondo lo schema bancario, avrebbe violato l'articolo 51 del Trattato e di conseguenza il divieto di esercitare attività bancarie, non presenta eccessive difficoltà. Sarebbe sufficiente a farla respingere il fatto che è stata elevata solo nella fase orale. Essa inoltre non regge ad un esame veramente oggettivo. La giusta interpretazione dell'articolo 51, paragrafo 4, del Trattato, mette in luce che scopo dell'articolo è quello di assicurare una partecipazione delle banche -all'attività finanziaria dell'Alta Autorità, così da esimere l'Alta Autorità da ogni responsabilità di carattere bancario. Per contro, l'articolo 51 non vieta all'Alta Autorità di applicare il sistema di interessi alle obbligazioni reciproche delle imprese consumatrici di rottame, nell'ambito della sua amministrazione (secondo quanto avviene normalmente nel mondo commerciale ed in particolare bancario) se questo è l'unico modo per garantire una perequazione perfetta, senza perdite per l'Alta Autorità.

    b)

    Una seconda doglianza si riferisce all'articolo 5 della decisione n. 7-61, in virtù del quale gli importi versati a titolo di interessi di mora vengono imputati al debito principale. La ricorrente ritiene di poter desumere da tale norma che il vecchio sistema di interessi sia stato tacitamente prorogato e gli interessi moratori dovuti da taluni consorziati debbano essere suddivisi tra tutte le imprese contribuenti. Maggiore è la mora di un'impresa, inferiori sono i contributi che essa deve pagare in conseguenza; le sue concorrenti avrebbero dovuto allora versare somme relativamente molto più ingenti.

    L'assunto si fonda pero su un'interpretazione palesemente errata della decisione 7-61. L'articolo 5 si è rivelato necessario proprio in quanto il vecchio sistema di interessi doveva venire completamente sostituito. Onde evitare la doppia imposizione a carico delle imprese che già avevano versato gli interessi di mora, era necessario disporre la liquidazione dei vecchi conti di interessi. Invece di rimborsare gli interessi moratori già versati, l'Alta Autorità ne disponeva l'imputazione ai debiti sorti e rimasti insoluti nell'ambito della nuova regolamentazione. E anche necessario sottolineare che tale conteggio doveva essere effettuato individualmente, vale a dire separatamente per ogni singola impresa e non invece — come sostiene la ricorrente — conglobando tutti gli interessi di mora nel conto generale dei contributi. La liquidazione del conto degli interessi di mora di un consorziato non può quindi avere ripercussioni nocive sui conti degli altri.

    c)

    La ricorrente assume inoltre che, secondo la giurisprudenza della Corte, la determinazione dell'imponibile di perequazione avrebbe dovuto avvenire su basi obiettive, mentre il sistema della decisione 7-61 coinvolge elementi soggettivi. Secondo tale sistema, tutto dipenderebbe dalla sollecitudine nel pagamento da parte dei contribuenti, nonché dalla diligenza dell'Alta Autorità nel corrispondere le sovvenzioni di perequazione e nello stendere il conto definitivo.

    Nei confronti di tale censura sarà necessario sottolineare anzitutto che il fondamento della determinazione dell'imponibile rimane effettivamente di natura oggettiva, vale a dire le quantità di rottame consumato nei vari periodi di perequazione, che ora sono in realtà ben determinati.

    Quanto ai succitati, elementi soggettivi, e impossibile che un sistema di interessi possa prescinderne assolutamente. È però dimostrabile che tale regolamentazione in definitiva non poteva avere conseguenze inique per i consorziati.

    Esaminiamo ora il problema della sollecitudine nei pagamenti da parte dei contribuenti, dalla quale dipende l'imposizione supplementare per il servizio degli interessi a norma della decisione 7-61: a mio avviso un versamento più o meno sollecito da parte dell'impresa si ripercuote solo sulle sue obbligazioni finanziarie, e non invece sul complesso degli obblighi contributivi delle altre imprese, poiché gli interessi accreditati ai contribuenti devono in fondo essere forniti da loro stessi pro rata.

    Circa le conseguenze della sollecitudine dell Alta Autorità nel liquidare il consorzio di perequazione, mi par giusto osservare che la rapidità del ritmo di lavoro dell'Alta Autorità dipende innanzitutto dalla sollecitudine e dalle possibilità di pagamento delle imprese debitrici.

    Bisogna far inoltre rilevare che tutte le imprese si trovano nella stessa situazione rispetto al momento della liquidazione finale, cosicché non vi può essere discriminazione.

    Del resto è necessario distinguere i due aspetti della questione: sotto il profilo degli interessi corrispettivi previsti dalla decisione 7-61, accreditati ai contribuenti a decorrere dal giorno del versamento, la chiusura dei conti non ha alcuna importanza in quanto i debiti per il servizio degli interessi e i crediti relativi delle singole imprese decorrono dal giorno dell'effettivo versamento e si compensano. Il nuovo sistema di interessi quindi si riferisce solamente al passato, vale a dire al periodo trascorso tra il sorgere dei debiti contributivi e il loro adempimento effettivo.

    Sotto il profilo degli interessi corrispettivi dovuti sui rimborsi di perequazione nonché degli interessi sui premi spettanti a determinate imprese (ad esempio per economie di rottame), la situazione è diversa. Tali importi e quindi le quote contributive a costituzione del fondo relativo aumentano con il protrarsi del ritardo nella chiusura dei conti. Poiché si tratta di importi spettanti di diritto ai creditori della perequazione, fin dal relativo mese di perequazione, e invece usufruiti ingiustamente dai debitori che ne erano rimasti in possesso, è in fondo equo trar vantaggio, a profitto dei creditori, dall'utile risultato ai debitori dalla loro mora nel pagamento.'

    Nessuno degli elementi soggettivi succitati implica quindi svantaggi per le imprese consorziate.

    d)

    A questo proposito rimane ancora da esaminare se — come asserisce la ricorrente — vi siano state reali discriminazioni provocate dai bonifici inopinati concessi a determinate imprese, ai quali si contrappone un corrispondente onere complementare contributivo — altrettanto inopinato — a carico delle imprese debitrici.

    La ricorrente definisce come «bonifici» la corresponsione di interessi ai creditori della perequazione, in ragione dei loro diritti creditori e di determinati premi previsti dalla perequazione nonché dallo speciale sistema di interessi corrispettivi della decisione 7-61. Tutti i beneficiari avevano calcolato preventivamente i loro prezzi già da qualche anno ed impostato i loro bilanci secondo detti criteri; grazie ai «bonifici», essi vennero a disporre di fondi straordinari che potevano essere investiti od impiegati per il miglioramento degli impianti produttivi.

    Esaminando poi gli interessi corrispettivi, vale a dire gli interessi sui rimborsi e sui premi di perequazione, si dovrà ammettere che, anteriormente all'adozione della decisione 21-58, non è stata espressamente prevista né una data di scadenza dei premi né una data per il pagamento di interessi corrispettivi.

    Ciò non mi pare pero determinante, in quanto le misure necessarie si possono desumere dalla stessa natura del consorzio di perequazione.

    Posto che lo scopo della perequazione è l'allineamento degli acquirenti di rottame interno con quelli di rottame d'importazione, sulla base del relativo mese di perequazione, in caso di ritardo nell'effettuare i rimborsi tale finalità si può raggiungere unicamente corrispondendo interessi sui relativi crediti di perequazione.

    La stessa considerazione vale per i premi summenzionati, anch'essi destinati ad avere influenza sulle condizioni di produzione nel mese di perequazione e che quindi sono strettamente connessi a detto periodo, con tutte le conseguenze relative sugli interessi.

    Per quanto riguarda gli interessi corrispettivi speciali della decisione 7-61, ho già dimostrato che non possono essere considerati come dono ai contribuenti debitori, in quanto essi devono contribuire alla costituzione del fondo previsto a questo scopo in ragione del loro consumo di rottame.

    e)

    Concludendo constato che nessuma delle censure mosse con il mezzo di «sviamento di potere» e «violazióne del divieto di discriminazione» è fondata.

    4. Illegittimità dell'irretroattività

    A questo proposito ricorderò che la criticata decisione 7-61 non è la prima che instauri un sistema di interessi, poiché già altri ne erano stati introdotti nella perequazione, nel 1955 e nel 1958. Del resto, mi accontenterò a questo proposito di fare rinvio agli argomenti da me svolti nella causa 37-64, ove accennavo alla liberalità di massima della vostra giurisprudenza in materia di piccole modifiche del consorzio di perequazione, purché beninteso — ciò dicasi specialmente per il sistema introdotto dalla decisione 7-61 — e non si tratti di radicali innovazioni del consorzio, ma di adeguamenti del sistema ai principi derivanti direttamente dalle decisioni fondamentali.

    Aggiungasi che — come è già stato sottolineato più volte — la decisione 7-61 non solo appare più adeguata, ma è anche meno discriminante di quanto non lo fosse la disciplina precedente: il suo vero scopo è quello di annullare il vantaggio ingiustificato di alcune imprese consorziate alla perequazione, ergo — se ciò potesse valere anche nei confronti degli atti normativi — sarebbe soddisfatta anche l'esigenza di adottare una modifica con efficacia retroattiva solo nell'ipotesi di illegittimità o di ingiustizia manifesta del regolamento in questione. Gli assunti della ricorrente nel presente processo non offrono contro tale valutazione argomenti che possano portare a conclusioni diverse, cosicché nemmeno la censura d'illegittima retroattività consente di accogliere il ricorso.

    5. Motivazione insufficiente

    Poche parole ancora sul mezzo di motivazione insufficiente, dedotto contro la decisione 7-61, in quanto gli argomenti essenziali esposti a questo scopo sono già stati esaminati ad altro proposito e lo stesso tema è stato esaminato a fondo nel procedimento 37-64.

    E assodato che la decisione non manca di motivazione concludente. A mio avviso si può anche desumerne il principio cui si è ispirata l'Alta Autorità nell'istaurare la nuova regolamentazione, vale a dire la preoccupazione di eliminare temporaneamente ogni discriminazione. Inoltre, il voler conoscere a fondo i motivi che impedivano al sistema precedente di dare buoni risultati e le ragioni per cui le possibili modifiche al sistema, ed altri metodi cui già si è fatto cenno, non sono stati giudicati idonei a realizzare appieno la perequazione od infine che cosa impedisse di far ricorso ad una regolamentazione diversa da quella adottata, mi pare sconfini dai limiti posti dalla giurisprudenza della Corte all'obbligo di motivazione.

    Si rivela quindi infondato anche il mezzo di violazione di forme essenziali.

    6. Mancanza di parere conforme del Consiglio di Ministri

    Esaminerò infine gli argomenti su cui la ricorrente fonda l'assunto che il parere conforme del Consiglio di Ministri fosse essenziale per l'adozione del sistema di interessi impugnato.

    Già nell'atto introduttivo vengono esposte con molta precisione le fasi attraversate dal consorzio in seguito all'adozione delle varie decisioni generali. Vi si rileva che, di tutte le decisioni relative agli interessi, solo quella 16-58 del 24 luglio 1958 è stata adottata previa approvazione del Consiglio di Ministri, ma la sua validità si è limitata a pochi mesi e riguarda inoltre solo l'imposizione d'interessi moratori. Un successivo richiamo a tale decisione onde instaurare un sistema di interessi vigente per tutto il periodo di validità del consorzio non potrebbe essere una sufficiente giustificazione. Inoltre si dovrebbe considerare che il sistema introdotto dalla decisione 7-61 richiede la disponibilità di notevoli fondi straordinari, quindi una rilevante integrazione del consorzio che avrebbe assunto la forma di un secondo sistema perequativo. L'esattezza dell'assunto che modifiche di sì vasta portata siano riservate al Consiglio di Ministri, legislatore della Comunità, sarebbe indiscutibilmente provata dalla giurisprudenza della Corte in merito a vari problemi della perequazione.

    Anche a proposito dell'esame di tali argomenti posso richiamarmi alle conclusioni da me presentate nella causa 37-64, vale a dire alla constatazione che un consorzio quale quello in esame racchiude in sé di necessità l'idea di un sistema di interessi, quindi l'approvazione del Consiglio di Ministri alla creazione del consorzio racchiude anche quella all'applicazione di un sistema di interessi. Inoltre l'esame delle questioni di diritto sostanziale mette in luce che il sistema di interessi instaurato con la decisione 7-61 è il più consono ai principi del consorzio, quali essi risultano dalle decisioni fondamentali, e quindi era anche naturale che si rinunciasse a richiedere il parere del Consiglio di Ministri per adottare la decisione 7-61.

    A mio avviso, nessuno degli argomenti della ricorrente può scalzare questa constatazione.

    Dal canto mio, resto del parere che il fatto che la decisione 16-58 (come pure la decisione 18-58 con cui è stata prorogata) sia stata adottata previo parere conforme del Consiglio di Ministri, non prova affatto che tale parere debba considerarsi necessario per applicare l'articolo 13 relativo al sistema di interessi moratori. Ritengo piuttosto che l'Alta Autorità ha dovuto far ricorso al parere del Consiglio solo in quanto la decisione 16-58 prorogava di tre mesi la validità del consorzio di perequazione, la cui attività, in virtù della decisione 2-57, avrebbe dovuto aver termine il 31 luglio 1958.

    Nemmeno mi pare convincente l'assunto della ricorrente secondo cui la nuova regolamentazione avrebbe mutato i fondamenti del consorzio di perequazione prevedendo, oltre la quota contributiva a copertura delle differenze di prezzo tra rottame interno e rottame d'importazione, una ulteriore quota per il servizio degli interessi. Il fondamento della perequazione era ed è rimasto il rottame consumato, e l'onere degli interessi richiesti per il buon funzionamento del consorzio è proporzionale ai quantitativi.

    Le citazioni della giurisprudenza fatte dalla ricorrente riguardano in sostanza un problema di tutt'altro genere (esenzione del rottame di gruppo), la cui disciplina doveva veramente avere grande influenza sul funzionamento e sui risultati del consorzio di perequazione, e d'altro canto (vedi le cause 4-13-59) non consentono certo di giungere alla conclusione che la ricorrente s'industria di perseguire argomentando a contrario, poiché in quel caso veniva discussa una questione particolare e parziale della perequazione (possibilità di reclamare la restituzione di sovvenzioni corrisposte indebitamente) che non hanno alcuna relazione con l'oggetto del nostro procedimento. Una sentenza recente, (causa 21-64) riguardante l'articolo 50 del Trattato, infine, si esprime addirittura in senso antitetico alla tesi della ricorrente.

    Quindi le decisioni criticate nemmeno possono dirsi viziate da violazioni delle norme di competenza, oppure — considerando non pertinente questa impostazione della critica — viziate da violazione di forme procedurali essenziali.

    7. Conclusione

    Termino concludendo come segue :

    Il ricorso della Société des Aciéries du Tempie è ricevibile, ma infondato, sia per quanto riguarda le decisioni individuali direttamente impugnate, sia sotto il profilo dell'eccezione d'illegittimità diretta contro le decisioni generali.

    Le spese del giudizio vanno poste a carico della ricorrente.


    ( 1 ) Traduzione dal tedesco.

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