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Dokument 52022AE4922

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla responsabilità per danno da prodotti difettosi [COM(2022) 495 final — 2022/0302 (COD)]

EESC 2022/04922

GU C 140 del 21.4.2023, s. 34 – 38 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, GA, HR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

21.4.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 140/34


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla responsabilità per danno da prodotti difettosi

[COM(2022) 495 final — 2022/0302 (COD)]

(2023/C 140/06)

Relatrice generale:

Emilie PROUZET

Consultazione

Parlamento europeo, 17.10.2022

Consiglio, 28.10.2022

Base giuridica

Articolo 114 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Decisione dell’Ufficio di presidenza

20.9.2022

Adozione in sessione plenaria

24.1.2023

Sessione plenaria n.

575

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

156/0/2

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) riconosce la pertinenza del regime in materia di responsabilità civile presentato nella proposta della Commissione, il quale mette a disposizione di ogni cittadino i mezzi per ottenere il risarcimento di eventuali danni subiti a causa del difetto di un prodotto. Il regime è tanto più pertinente alla luce dell’aumento del numero di procedimenti giudiziari relativi alle conseguenze dei rischi emergenti.

1.2.

L’obiettivo sostanziale di un regime di responsabilità oggettiva è quello di ristabilire un equilibrio tra i diritti del fabbricante e quelli del danneggiato potenziale. Il CESE esorta i colegislatori e le autorità nazionali a mantenere, in sede di adozione e recepimento, l’equilibrio raggiunto nella proposta in esame.

1.3.

Il CESE sostiene quindi la necessità di garantire la certezza giuridica a tutte le parti in causa: all’attore, che deve poter accedere a un quadro giuridico semplificato per ottenere un risarcimento del danno, e al fabbricante, che deve poter continuare a innovare nella consapevolezza delle responsabilità che gli incombono e mettendo in conto i rischi cui va incontro.

1.4.

Il CESE riconosce che la revisione della direttiva in questione risponde a una serie di richieste formulate dalle organizzazioni dei consumatori in merito all’individuazione del responsabile, all’accesso alle informazioni e al risarcimento o all’estensione della copertura ai danni digitali e psicologici.

1.5.

Il CESE riconosce che è necessario adattare il regime in esame alle sfide che si pongono nel settore digitale e sostiene le misure previste dalla proposta in esame per affrontarle. Il Comitato appoggia pertanto la decisione della Commissione europea di includere la questione dell’intelligenza artificiale (IA) nella proposta in esame introducendo nella proposta di direttiva parallela un regime di responsabilità oggettiva e un regime di responsabilità per colpa. Sottolinea inoltre che nel regolamentare le responsabilità per difetto del prodotto occorre mantenere un approccio tecnologicamente neutro.

1.6.

Il CESE chiede di allineare la proposta all’acquis dell’UE riguardo alle definizioni e alla gerarchia delle responsabilità, come pure di semplificarla in modo da renderla coerente alle normative attualmente in fase di adozione.

1.7.

Il CESE chiede inoltre una maggiore coerenza nel formulare il medesimo obbligo, che viene presentato in maniera differente nei diversi testi giuridici. Il CESE raccomanda che le misure siano semplificate piuttosto che duplicate, in particolare introducendo un riferimento a obblighi già in vigore o estendendone l’applicazione.

2.   Contesto

2.1.

La proposta di revisione della direttiva sulla responsabilità per danno da prodotti difettosi e quella di una direttiva sulle norme di responsabilità in materia di IA sono finalizzate ad aggiornare il regime europeo di responsabilità oggettiva, che è stato introdotto nel 1985. L’obiettivo delle due proposte è quello di adattare tale quadro alle transizioni in termini di digitalizzazione e sostenibilità. Lo scopo delle nuove norme proposte è pertanto quello di fornire, ai produttori, la certezza giuridica necessaria perché possano innovare e, all’attore, la copertura rispetto a nuovi danni e difetti, la garanzia di trovare un responsabile in Europa e, quindi, di ottenere un risarcimento in tribunale per il danno subito.

2.2.

In pratica, la direttiva impone agli Stati membri di definire un regime specifico in materia di responsabilità civile. Nel quadro di tale regime, qualsiasi persona fisica può ottenere un indennizzo in caso di perdita materiale connessa al danno derivante dal difetto di un prodotto. In linea di principio, la stragrande maggioranza delle denunce presentate ai sensi della direttiva sulla responsabilità per danno da prodotti difettosi riguarda lesioni personali e, in alcuni casi, danni materiali gravi. Le richieste di risarcimento di modesta entità vengono generalmente trattate tramite una transazione amichevole. Le disposizioni della direttiva sulla responsabilità per danno da prodotti difettosi si applicano pertanto nel quadro di una composizione amichevole, di una procedura di risoluzione delle controversie extragiudiziale (alternative dispute resolution — ADR) o di una risoluzione delle controversie online (online dispute resolution — ODR) o di un procedimento giudiziario (1). Ai fini di una migliore valutazione della casistica, il CESE invita la Commissione a ottenere maggiori informazioni e statistiche in merito ai casi trattati mediante la risoluzione extragiudiziale delle controversie o mediante quella online.

2.3.

Le azioni intentate per responsabilità per danno da prodotti difettosi sono tra quelle che fanno registrare l’incremento più rapido nell’UE. Prendendo come punto di riferimento le sentenze pronunciate in questo tipo di procedimenti nonché i recenti dibattiti sui rischi emergenti, è possibile constatare che i prodotti e i danni attualmente oggetto di questi procedimenti sono: l’amianto, i vaccini, i pesticidi, il bisfenolo A, gli oppioidi (2), ma anche le onde elettromagnetiche nel caso dei soggetti elettrosensibili o il timore di sviluppare il cancro a seguito dell’esposizione a una sostanza pericolosa (3). Il moltiplicarsi dei rischi emergenti negli ultimi anni fa sì che un tale regime sia indispensabile. Consapevole delle sfide alle quali questo regime potrebbe applicarsi in futuro, il CESE invita tutte le parti interessate a questa normativa a tenere conto di tale contesto.

2.4.

Un’altra questione importante è data dal fatto che questa nuova proposta di direttiva deve riuscire a mantenere un quadro giuridico che garantisca la certezza giuridica a tutte le parti in causa (attori e convenuti). Occorre assicurarsi che non vengano rimessi in discussione i fondamenti dell’acquis dell’UE (definizione, diritto civile ecc.).

2.5.

Bisogna inoltre fare in modo che il processo garantisca un equilibrio tra i nostri obiettivi europei di sostegno all’innovazione industriale e tecnologica e la protezione dei consumatori e il loro diritto a un equo risarcimento dei danni arrecati. Come ricordato dalla Commissione (4), il quadro proposto non deve ostacolare l’attuazione della strategia industriale dell’UE adottata di recente. Allo stesso tempo, l’UE deve anche offrire ai consumatori, e in generale ai cittadini europei, il massimo livello di protezione possibile.

2.6.

Infine, l’obiettivo della proposta di direttiva in esame è quello di armonizzare la legislazione degli Stati membri. Tale armonizzazione è tanto più importante in quanto i casi contemplati da questo regime in materia di responsabilità in genere non si fermano alle frontiere tra uno Stato membro e l’altro. Vi è quindi la necessità di un livello di armonizzazione massimo, che, per essere ottimale, deve riguardare misure chiare e correttamente definite.

3.   Osservazioni generali sulla necessità di garantire la coerenza tra la proposta e l’acquis dell’UE

3.1.

Un ambito di applicazione molto ampio da attuare in maniera coerente a livello nazionale. La proposta di direttiva va a vantaggio di qualsiasi persona fisica che abbia subito un danno a causa del difetto di un prodotto e che desideri ottenere un indennizzo dal fabbricante del prodotto. In questo caso non si tratta quindi di consumatore o utente finale, di rapporti commerciali B2B (da impresa a impresa) o B2C (da impresa a consumatore). Tuttavia, la direttiva, nella sua versione originale, è stata comunque utilizzata da alcuni Stati nel caso di controversie tra lavoratori dipendenti e datori di lavoro o tra liberi professionisti, controversie che rientrano nell’ambito di applicazione di regimi diversi da quello di responsabilità oggettiva. Il CESE richiama l’attenzione delle autorità sull’attuazione e sul corretto recepimento di questo regime.

3.2.

Ai fini della coerenza del sistema è necessario chiarire talune definizioni. All’articolo 4 della proposta di direttiva, le definizioni di «componente», «fabbricante» e «prodotto» devono essere collegate in quanto sono tutte menzionate all’articolo 7 che definisce la responsabilità dell’operatore economico. All’articolo 4, paragrafo 10, la definizione di «messa in servizio» dovrebbe fare riferimento al primo utilizzo di un prodotto da parte dell’utente finale, come nella «Guida blu all’attuazione della normativa UE sui prodotti» e in altre normative di armonizzazione. La data del primo utilizzo è importante perché è quella da cui decorrono i termini di prescrizione e decadenza. Infine, all’articolo 6, il concetto di «uso del prodotto» deve essere allineato alla legislazione dell’UE. L’uso improprio o abuso del prodotto non può essere addotto a pretesto per stabilire e dimostrare che il prodotto è difettoso. Non si può fare appello a tale uso per valutare la conformità e la sicurezza dei prodotti disciplinati dalla legislazione europea di armonizzazione, ad esempio per quanto riguarda i giocattoli. Come viene ricordato nella «Guida blu», la legislazione europea di armonizzazione si applica quando i prodotti messi a disposizione o messi in servizio sul mercato sono utilizzati conformemente alla finalità prevista. In ogni caso, il fabbricante non può essere ritenuto responsabile del danno derivante dall’uso improprio o dall’abuso di un prodotto.

3.3.

La gerarchia delle responsabilità tra gli operatori economici deve essere proporzionata al ruolo di ciascuno di essi nella catena. Il CESE constata con soddisfazione che la proposta in esame include i diversi attori responsabili della conformità e della sicurezza, quali vengono definiti nel regolamento (UE) 2019/1020 (5) e nella proposta di regolamento relativa a una legge sui servizi digitali (6). La proposta allinea quindi la responsabilità per la conformità e la sicurezza del prodotto al regime di responsabilità per danno da prodotti difettosi. Tuttavia, l’articolo 7, paragrafo 2, non rispetta la gerarchia dei ruoli e delle responsabilità stabilita dal quadro europeo per i prodotti armonizzati (7). Per motivi di coerenza, tale paragrafo dovrebbe essere riveduto, introducendo una formulazione che indichi chiaramente quale sia la gerarchia predefinita degli operatori e non la loro responsabilità in solido.

4.   Valutazione delle misure volte a soddisfare le richieste dei danneggiati potenziali

4.1.

La ricerca dell’operatore responsabile ai fini del risarcimento è ormai garantita da tutta una serie di misure. In primo luogo, il fabbricante del prodotto e il fabbricante del componente che è la causa del difetto del prodotto possono essere responsabili in solido. Il CESE apprezza il fatto che questa doppia responsabilità sia contemplata nelle raccomandazioni del BEUC (8). In secondo luogo, si applica la gerarchia delle responsabilità tra gli operatori economici che fanno parte della catena di approvvigionamento del prodotto difettoso. Se il primo operatore responsabile è assente, l’operatore successivo lungo la catena di approvvigionamento se ne assume la responsabilità. In assenza di un fabbricante stabilito nell’UE, può essere ritenuto responsabile l’importatore o, in mancanza di questi, il rappresentante autorizzato. Allo stesso modo, la responsabilità del distributore e del mercato dipende dalla capacità di questi soggetti di fornire informazioni sui loro fornitori/operatori commerciali.

4.2.

Il CESE riconosce che queste due misure consentono di determinare più facilmente un responsabile sul mercato europeo e, quindi, di dare accesso a un indennizzo.

4.3.

Inoltre, gli obblighi del distributore sono connessi a quelli previsti dalla direttiva riveduta sulla sicurezza generale dei prodotti (9) e dalle normative rivedute sui prodotti armonizzati (norme di tracciabilità).

4.4.

Lo stesso vale per i mercati. La normativa sui servizi digitali introduce l’obbligo di «conoscere i propri operatori commerciali», il che comporta in particolare l’obbligo di avere a disposizione i recapiti del fabbricante e del responsabile nell’UE. Inoltre, l’articolo 5, paragrafo 3, della medesima direttiva, ossia la proposta originaria relativa alla normativa sui servizi digitali, stabilisce anche le condizioni per la perdita dell’esenzione dalla responsabilità per le piattaforme in caso di mancate informazioni sul venditore. Un obbligo analogo è previsto anche dalla direttiva omnibus: se non vengono fornite le informazioni obbligatorie richieste dalla direttiva (UE) 2019/2161 (10) sulla protezione dei consumatori, la piattaforma si assume la responsabilità in materia di protezione dei consumatori che incombe di norma al venditore. Sebbene si tratti di obblighi comparabili, essi non sono però ripresi tali e quali nella proposta. Il CESE chiede pertanto una maggiore coerenza nella formulazione del medesimo obbligo.

4.5.

Con il nuovo regime è ormai possibile anche ottenere un risarcimento per le perdite subite dovute al difetto di servizi digitali. In primo luogo, con la proposta parallela di un progetto di direttiva sulla responsabilità in materia di intelligenza artificiale, la Commissione europea fornisce una risposta specifica. Al tempo stesso, nella sua proposta la Commissione offre altresì una risposta agli utenti sulla questione del difetto di un «componente digitale» attraverso diverse misure:

le applicazioni e altri software «integrati» in un prodotto o «interconnessi» con esso sono compresi nell’ambito di applicazione della proposta in quanto rientrano nelle definizioni di «componente» (articolo 4, paragrafo 3), di «servizio correlato» (articolo 4, paragrafo 4) e di «fabbricante» (articolo 4, paragrafo 11);

inoltre, le perdite materiali cagionate dalla perdita o dalla corruzione di dati sono riconosciute come danni che danno diritto a un risarcimento;

infine, il fabbricante di servizi correlati non beneficerà di un’esenzione dalla responsabilità sulla base del fatto che il difetto non esisteva al momento dell’immissione del prodotto sul mercato.

4.6.

Il CESE sostiene le misure della proposta in esame volte a regolamentare il settore del digitale. Invita tuttavia i colegislatori a tenere conto di normative parallele adottate di recente o il cui iter legislativo non è ancora concluso (in particolare il regolamento generale sulla protezione dei dati (11), la proposta sulla responsabilità in materia di IA, la legge sull’IA, la normativa sui dati, il regolamento relativo alla sicurezza generale dei prodotti, la direttiva NIS 2 (12) e la legge sulla ciberresilienza). Occorre garantire la coerenza ed evitare la duplicazione dei provvedimenti giuridici.

4.7.

La proposta fornisce una serie di risposte diverse alle difficoltà incontrate nell’ottenere le informazioni tecniche o nel comprenderle. Il quadro giuridico in esame si applica quando un prodotto ha causato un danno materiale o patrimoniale a una persona fisica. Spesso i prodotti in questione sono complessi sotto il profilo scientifico o tecnologico. Nel 1985 la Commissione europea ha dato una risposta al problema della complessità di questi prodotti introducendo nel diritto civile il concetto di responsabilità oggettiva. Ai sensi di questo nuovo concetto giuridico, l’attore deve apportare la prova del difetto del prodotto, del danno e del nesso di causalità tra questi due elementi per ottenere un risarcimento equo del danno subito. Non è invece necessario provare la colpa del produttore. Fin dal preambolo, l’Unione europea riconosceva che la responsabilità oggettiva era necessaria per far fronte alla tecnicità sempre più accentuata della nostra epoca. Questa «forzatura» del diritto civile costituiva già un’importante semplificazione per l’attore. Tuttavia, nell’ambito del processo di revisione legislativa in corso, le organizzazioni dei consumatori hanno raccomandato di spingersi oltre proponendo di invertire l’onere della prova o di vietare l’esenzione riconosciuta sulla base delle conoscenze scientifiche. La Commissione non ha accolto queste ultime due raccomandazioni, ma ha introdotto nuove proposte per soddisfare le richieste dei consumatori.

4.8.

La proposta in esame contiene quindi una serie di nuove misure sulla divulgazione degli elementi di prova e sulla presunzione del carattere difettoso del prodotto o del nesso di causalità. Per quanto riguarda il primo punto, la questione è in primo luogo quella di introdurre questo diritto a livello europeo. Oggi la maggior parte degli Stati membri dispone di norme di questo tipo. Quanto al secondo punto, si tratta di una codificazione della giurisprudenza, considerata favorevole all’attore e analizzata al punto 5 del presente parere.

4.9.

La proposta della Commissione copre anche i casi in cui i danni si verificano a distanza di anni o decenni dall’acquisto del prodotto o dalla sua immissione sul mercato. Essa fornisce due diverse risposte. Per il digitale (in relazione ai servizi), non esiste alcuna esenzione legata alla probabilità che il difetto non fosse presente al momento dell’immissione sul mercato o della messa in servizio del prodotto. Appare inoltre piuttosto difficile presentare argomenti a sostegno dell’esenzione relativa allo stato della tecnica. Infine, per le sostanze pericolose che sono all’origine di lesioni personali apparse dopo un periodo di latenza, il termine di prescrizione è aumentato a 15 anni.

5.   Valutazione delle misure che rispondono a una richiesta delle imprese

5.1.

Nel regime proposto il concetto di«modifica sostanziale»è fondamentale e andrebbe meglio definito e chiarito. La modifica sostanziale di un prodotto implica la responsabilità del soggetto che apporta tale modifica e la proroga del termine di prescrizione. Il CESE chiede pertanto di precisare questo concetto prendendo come punto di partenza la già citata «Guida blu» (13).

5.2.

Valutazione dei casi in cui non è necessario apportare la prova in relazione a uno dei tre anelli della catena (difetto/danno/nesso di causalità). L’articolo 9 stabilisce che gli Stati membri provvedono affinché l’attore sia tenuto a provare il carattere difettoso del prodotto, il danno subito e il nesso di causalità tra questi due elementi. È quindi necessario apportare la prova SIA del pregiudizio materiale dovuto a un danno materiale, immateriale o patrimoniale arrecato all’attore o alla perdita/corruzione di dati SIA del difetto del prodotto o di uno dei suoi componenti (articolo/servizio) SIA ANCHE del nesso tra il danno e il difetto, tranne in due casi. Va osservato che l’onere della prova è accertato nel quadro di un procedimento giudiziario già avviato. La denuncia è stata pertanto considerata sufficientemente ricevibile e il danno sufficientemente significativo perché il singolo interessato decida di intentare un’azione legale, che in linea di principio è finanziariamente onerosa per l’attore.

5.2.1.

In primo luogo, l’articolo 9, paragrafo 3, della proposta di direttiva («Onere della prova») chiarisce quando si presume l’esistenza del nesso di causalità tra il danno e il difetto del prodotto, e cioè quando sia stato provato che il prodotto è difettoso e che la natura del danno cagionato è generalmente coerente con il difetto in questione. In tal caso, una volta provato il difetto, si deve accertare solo la perdita materiale legata al danno. La prova dell’esistenza di un nesso di causalità si fonda su presunzioni. Anche questa disposizione è assimilabile al riconoscimento di una potenziale carenza o difetto. In tale contesto, un fabbricante che abbia rilevato un difetto in un prodotto dovrà ritirare dal mercato tutti i prodotti del lotto difettoso. Una gestione di questo tipo comporterebbe un notevole spreco.

5.2.2.

In secondo luogo, l’articolo 9, paragrafo 4, precisa i casi in cui la prova del difetto e del nesso di causalità si basa su probabilità. Questo può accadere qualora l’organo giurisdizionale adito decida che l’attore incontra difficoltà eccessive, a causa della complessità tecnica o scientifica, nel provare gli elementi oggetto della sua denuncia. Di conseguenza, l’attore deve provare SIA che il prodotto ha contribuito a cagionare il danno SIA che è probabile che il prodotto fosse difettoso o che vi fosse un nesso tra il difetto del prodotto e il danno cagionato. In tal caso, né il difetto né il nesso di causalità devono essere scientificamente provati.

5.2.3.

Per poter valutare questa disposizione occorre fare riferimento alla giurisprudenza che le è sottesa. Nella causa Sanofi Pasteur (14), ad esempio, i tribunali ritengono che, in mancanza di qualsiasi consenso scientifico, la prova del carattere difettoso di un vaccino e del nesso di causalità tra il difetto e la malattia possa essere fornita da elementi solidi, precisi e concordanti. La procedura è notevolmente semplificata per l’attore, che in definitiva deve fornire un insieme di elementi fattuali e non di dati scientifici. Il CESE riconosce che, per taluni casi complessi, il concetto di «probabilità del carattere difettoso» deve essere lasciato alla valutazione di un giudice, senza che ciò comporti una presunzione automatica di causalità.

Bruxelles, 24 gennaio 2023

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Cfr. le stime elaborate nel quadro della valutazione d’impatto della Commissione europea.

(2)  Queste sostanze sono oggetto di discussioni, in particolare in Svezia. Va sottolineato che in Francia, nel decennio prima della pandemia di COVID-19, il consumo di oppioidi è aumentato di oltre il 150 %.

(3)  La Francia riconosce il risarcimento dei danni legati all’ansia provata da una persona che teme di sviluppare una determinata malattia in futuro. La Spagna e l’Italia sembrano intenzionate a seguire l’esempio francese. Tale riconoscimento è stato introdotto nel 2019 per i casi di esposizione all’amianto e, poco tempo dopo, esteso a qualsiasi sostanza pericolosa o prodotto pericoloso. L’amianto è stato quindi vietato nel 1997, e a distanza di vent’anni sussiste tuttora un rischio importante di risarcimento per le nostre imprese.

(4)  Nel gennaio 2020, durante un’audizione organizzata dalla Commissione europea sulla revisione della direttiva sulla responsabilità per danno da prodotti difettosi, la stessa Commissione ha ricordato che la questione è della massima importanza se si vuole rafforzare la capacità industriale dell’UE di disporre di una propria sovranità tecnologica e offrire un vantaggio competitivo ai produttori per innovare e fare concorrenza alla Cina e agli Stati Uniti.

(5)  Regolamento (UE) 2019/1020 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, sulla vigilanza del mercato e sulla conformità dei prodotti e che modifica la direttiva 2004/42/CE e i regolamenti (CE) n. 765/2008 e (UE) n. 305/2011 (GU L 169 del 25.6.2019, pag. 1).

(6)  COM(2020) 825 final — 2020/0361 (COD).

(7)  i) un fabbricante stabilito nell’Unione; ii) un importatore (per definizione stabilito nell’Unione) quando il fabbricante non è stabilito nell’Unione; iii) un rappresentante autorizzato (per definizione stabilito nell’Unione) titolare di un mandato scritto del fabbricante che lo autorizza ad effettuare per suo conto determinati compiti; oppure iv) un fornitore di servizi di logistica stabilito nell’Unione quando non vi sia un fabbricante, un importatore o un rappresentante autorizzato stabilito nell’Unione.

(8)  Ufficio europeo delle unioni dei consumatori, www.beuc.eu.

(9)  Direttiva 2001/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 dicembre 2001, relativa alla sicurezza generale dei prodotti (GU L 11 del 15.1.2002, pag. 4).

(10)  Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2019, che modifica la direttiva 93/13/CEE del Consiglio e le direttive 98/6/CE, 2005/29/CE e 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per una migliore applicazione e una modernizzazione delle norme dell’Unione relative alla protezione dei consumatori (GU L 328 del 18.12.2019, pag. 7).

(11)  Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati) (GU L 119 del 4.5.2016, pag. 1).

(12)  Direttiva (UE) 2022/2555 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 dicembre 2022, relativa a misure per un livello comune elevato di cibersicurezza nell'Unione, recante modifica del regolamento (UE) n. 910/2014 e della direttiva (UE) 2018/1972 e che abroga la direttiva (UE) 2016/1148 (direttiva NIS 2) (GU L 333 del 27.12.2022, pag. 80).

(13)  Un prodotto che abbia subito modifiche o trasformazioni sostanziali dopo essere stato messo in servizio deve essere considerato un prodotto nuovo se: i) ne vengono modificate le prestazioni, la finalità prevista o il modello originario qualora tali modifiche non siano previste nella valutazione iniziale dei rischi; ii) è cambiata la natura del pericolo o è aumentato il livello di rischio rispetto alla pertinente normativa di armonizzazione dell’Unione; iii) il prodotto è messo a disposizione (o messo in servizio se l’ambito di applicazione della legislazione applicabile ne prevede anche la messa in servizio). La situazione deve pertanto essere valutata caso per caso, e in particolare alla luce degli obiettivi della normativa e del tipo di prodotti disciplinati dalla normativa in questione.

(14)  Sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea del 21 giugno 2017, causa C-621/15, N. W e a. contro Sanofi Pasteur MSD SNC e a., ECLI: ECLI:EU:C:2017:484.


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