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Document 52022AE1691

Parere del Comitato economico e sociale europeo «Il costo della non Europa — I benefici del mercato unico» (parere esplorativo)

EESC 2022/01691

GU C 443 del 22.11.2022, p. 51–57 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, GA, HR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

22.11.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 443/51


Parere del Comitato economico e sociale europeo «Il costo della non Europa — I benefici del mercato unico»

(parere esplorativo)

(2022/C 443/07)

Relatore:

Philip VON BROCKDORFF

Correlatrice:

Émilie PROUZET

Consultazione

Presidenza del Consiglio dell'Unione europea, 26.1.2022

Base giuridica

Articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione responsabile

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

27.6.2022

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

63/1/1

Adozione in sessione plenaria

13.7.2022

Sessione plenaria n.

571

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

194/0/3

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ritiene che il mercato unico implichi un aumento del benessere tramite una convergenza sociale ed economica volta a ridurre le disuguaglianze e ad evitare che l'aggravarsi degli squilibri sociali finisca per ostacolare seriamente l'integrazione europea.

1.2.

Il CESE ritiene che i testi giuridici nazionali potenzialmente d'ostacolo al mercato interno debbano essere notificati alla Commissione europea (CE) e debbano essere commentati e valutati. In mancanza di ciò, queste procedure restano inefficaci e creano ostacoli inutili.

1.3.

Per quanto riguarda la certificazione nazionale, il CESE raccomanda agli Stati membri di impegnarsi ad adottare misure nazionali meno restrittive seguendo la strada della «cooperazione rafforzata».

1.4.

Il CESE chiede inoltre un'effettiva attuazione e applicazione delle direttive già negoziate e votate, come il pacchetto «Legiferare meglio».

1.5.

Il Comitato ritiene che la legge sui servizi digitali (Digital Services Act, DSA) (1) e la legge sui mercati digitali (Digital Markets Act, DMA) (2) rappresentino un passo avanti fondamentale per raggiungere la parità di condizioni tra gli operatori nei mercati digitali. Inoltre, massimizzare l'armonizzazione del campo di applicazione della legge sui mercati digitali dovrebbe costituire una priorità.

1.6.

Parimenti, la libera circolazione dei dati è fondamentale per l'innovazione europea, per la crescita delle imprese e a sostegno del mercato unico digitale.

1.7.

Il CESE sottolinea che le restrizioni territoriali dell'offerta ostacolano lo sviluppo del mercato unico e invita la Commissione europea ad affrontare l'effetto anticoncorrenziale prodotto dalle stesse.

1.8.

Il Comitato raccomanda un approccio coordinato tra gli Stati membri per la commercializzazione dei prodotti che subiscono le ripercussioni della crisi in Ucraina. La crisi causata dall'aggressione della Russia ha creato enormi restrizioni dell'offerta.

1.9.

Il CESE raccomanda di adottare misure politiche nazionali più efficaci e di fornire incentivi alla mobilità, ponendo l'accento sulle politiche attive del mercato del lavoro, come le prestazioni collegate all'esercizio di un'attività lavorativa per i lavoratori dell'UE.

1.10.

Pur riconoscendo la complessità del progetto dell'Unione dei mercati dei capitali (UMC), il CESE osserva che nell'UE vi sono ancora 27 mercati finanziari e dei capitali che non funzionano in modo unitario, limitando quindi il potenziale del mercato unico.

1.11.

In questo momento di grande incertezza è necessario garantire una politica della concorrenza particolarmente orientata a realizzare le transizioni per le quali l'UE si è impegnata. Inoltre, non deve essere consentita alcuna forma di dumping commerciale, sociale, normativo, fiscale o ambientale che generi una distorsione della concorrenza.

1.12.

Infine, il CESE è dell'avviso che si debba adottare una «autonomia strategica aperta», soprattutto nei settori chiave, per contribuire a creare resilienza, diversificazione e un'agenda ambiziosa per il commercio.

2.   Contesto

2.1.   Obiettivo del mercato unico

2.1.1.

L'obiettivo del mercato unico dell'UE consisteva nell'eliminare gli ostacoli alla circolazione di beni, servizi, capitali e persone al fine di aumentare la produttività e la competitività in tutta l'UE.

2.2.   Responsabilità condivisa del mercato unico

2.2.1.

Il funzionamento del mercato unico è una responsabilità condivisa tra l'UE e gli Stati membri. Tuttavia, allo stato attuale, esistono ancora molte differenze nell'interpretazione e nell'applicazione del diritto dell'UE. In molti casi tali differenze possono essere considerate ingiustificate o sproporzionate e, in ogni caso, rappresentano un ostacolo alla libera circolazione di persone, beni e servizi.

2.3.   Responsabilità degli Stati membri

2.3.1.

Alla base delle divergenze tra gli Stati membri potrebbero esservi validi motivi oggettivi; tuttavia, gli Stati membri non sempre forniscono tali giustificazioni e talvolta non cercano di bilanciare le motivazioni nazionali con i possibili impatti negativi sul mercato unico. Di conseguenza, all'interno dell'UE esistono ancora numerosi ostacoli normativi e non normativi che rendono il mercato unico «incompleto» e frammentato, tra cui:

una normativa nazionale giustificata dal presupposto che si applica il principio di sussidiarietà;

la mancata osservanza del principio del riconoscimento presumibilmente reciproco;

il proliferare di recepimenti mediante regolamentazioni eccessive, fenomeno noto come «gold plating», e recepimenti non conformi, poiché governi e parlamenti nazionali recepiscono mediante sovraregolamentazione i testi giuridici dell'UE approvati a livello europeo. In effetti, diversi ostacoli al mercato unico derivano da un'applicazione errata o incompleta della legislazione dell'UE e dal fatto che gli Stati membri applicano norme nazionali contrarie agli obiettivi del mercato unico. Pertanto, un'attuazione imprecisa o errata ad opera degli Stati membri e la mancata applicazione da parte della Commissione producono conseguenze dannose a livello sia dell'UE sia degli Stati membri per i cittadini e le imprese;

l'applicazione a livello nazionale di misure europee di prossima adozione, poiché governi e parlamenti cercano di anticipare l'applicazione delle politiche dell'UE anteponendo i loro interessi nazionali, nonostante tali politiche siano ancora in fase di elaborazione da parte della Commissione. Un esempio è la politica dell'UE sull'economia circolare;

il prevalere degli interessi nazionali su questioni strategiche per gli ecosistemi europei.

2.4.   Costo economico delle restrizioni al mercato unico

2.4.1.

Gli esempi citati in precedenza illustrano i costi principali della non Europa; diversi studi hanno infatti evidenziato gli enormi benefici economici che deriverebbero da un mercato unico «completo». La relazione di sintesi del Parlamento europeo ha mostrato che tali benefici variano da 650 miliardi a 1 100 miliardi di EUR all'anno, pari a una percentuale compresa tra il 5 e l'8,6 % del PIL dell'UE (3).

2.4.2.

Lo stesso studio di RAND Europe realizzato per il Parlamento europeo ha analizzato l'impatto economico della riduzione delle barriere commerciali sul mercato unico. Secondo lo studio, il miglioramento dei flussi commerciali, la crescita economica e la creazione di posti di lavoro dovuti alla riduzione delle barriere commerciali produrrebbero benefici economici compresi tra 183 e 269 miliardi di EUR all'anno (4).

2.4.3.

In termini di mancati guadagni potenziali, è significativa anche la stima effettuata dalla Commissione europea in relazione a un mercato unico digitale dell'UE pienamente integrato. Secondo la Commissione, tale mercato promuoverebbe l'innovazione, apporterebbe ogni anno 415 miliardi di EUR all'economia dell'UE e creerebbe centinaia di migliaia di nuovi posti di lavoro (5).

2.4.4.

Tutte queste considerazioni evidenziano i notevoli benefici economici potenziali (e i vantaggi collegati in termini di benessere) che un mercato unico più completo avrebbe apportato. In altre parole, ciò rappresenta il costo economico totale o la perdita di valore aggiunto e bene pubblico collettivo della non Europa.

2.4.5.

Nonostante le limitazioni, il mercato interno ha finora contribuito a preservare e a promuovere la prosperità economica dell'UE. Tuttavia, la competitività e la resilienza dell'economia dell'Unione devono essere rafforzate attraverso ulteriori riforme del mercato unico e affrontando le dipendenze strategiche. È inoltre necessario promuovere una cultura imprenditoriale nell'UE, in cui le imprese innovative di qualsiasi dimensione, in particolare le micro, piccole e medie imprese (MPMI) e le start-up, ricevano un sostegno più efficace e possano prosperare per contribuire a società più resilienti e coese. Fattore altrettanto importante, un mercato unico ben funzionante favorirà la visione di un'Europa più sociale, che ponga il benessere dei cittadini ai vertici dell'agenda politica e contribuisca a evitare un livellamento sociale verso il basso.

3.   Restrizioni

3.1.

Fra le attuali restrizioni vi sono quelle associate alla regolamentazione, alle leggi nazionali, alle questioni fiscali, alla logistica e agli approvvigionamenti, come pure ad altre differenze più sfumate tra gli Stati membri dell'UE, che rendono ancora difficoltosi gli scambi commerciali all'interno dell'Unione.

3.2.

Le restrizioni frenano anche settori economici essenziali come i servizi, che rimangono frammentati su base nazionale, come di seguito illustrato:

norme nazionali storicamente restrittive, spesso giustificate dal principio di sussidiarietà;

attuazione e applicazione non corrette della direttiva sui servizi, che ostacolano la libertà di stabilimento, la libera circolazione dei servizi e la libera prestazione dei servizi;

leggi nazionali sul commercio che ostacolano le imprese nel loro modo di operare. Spesso queste leggi limitano la competitività del settore, sono protezionistiche e compromettono gli investimenti di imprese affidabili e legittime in altri Stati membri;

requisiti nazionali che ostacolano la libera circolazione delle merci. Spesso gli Stati membri non notificano i nuovi requisiti tecnici nazionali secondo la procedura prevista dalla direttiva (UE) 2015/1535 del Parlamento europeo e del Consiglio (6) e non applicano il principio del riconoscimento reciproco nelle attività non armonizzate, come nel caso della sovraregolamentazione delle direttive ecc.

3.3.

Il CESE sottolinea che le procedure di infrazione sono lunghe, costose e dall'esito incerto. Per le imprese, ciò rappresenta un costo troppo elevato e le dissuade dall'ampliare la loro attività o dall'investire altrove nell'UE. Inoltre, queste restrizioni privano i consumatori di più ampie possibilità di scelta, di un servizio migliore e di prezzi più bassi. Il CESE chiede inoltre che la Commissione agisca con maggiore fermezza nell'applicazione delle procedure di infrazione.

3.4.

Questo costo si ripercuote sull'economia in generale, limitando la competitività, il potenziale di crescita e l'ulteriore sviluppo dell'economia di mercato.

3.5.

Come ogni economia, anche l'UE subisce l'impatto degli shock esterni, ma la risposta a questi shock e il modo in cui i mercati reagiscono sono essenzialmente determinati dalle politiche interne dei singoli Stati membri e dalle misure adottate per stimolare i comportamenti economici. La guerra in Ucraina ha messo in luce la dipendenza dell'UE dalle catene del valore globali. È probabile che la crisi in atto colpisca i settori in modo diverso, ma non c'è dubbio che le falle nella corazza del mercato unico siano state messe a nudo, in particolare le restrizioni alla libera circolazione di beni e servizi e di materie prime essenziali.

3.6.

Infine, occorre notare che circa l'82 % dei prodotti commerciati nel mercato unico è soggetto a norme armonizzate e che il 18 % degli scambi intracomunitari di merci è soggetto al riconoscimento reciproco. Tuttavia, vi sono ancora nuovi casi di norme tecniche nazionali che sembrano essere in contrasto con il diritto dell'UE. Inoltre, in molti Stati membri si è assistito di recente all'aumento dei requisiti nazionali di etichettatura dei prodotti alimentari e delle bevande, giustificati dalla protezione dei consumatori e dell'ambiente. Nel contempo, il principio del riconoscimento reciproco non funziona correttamente. Prova ne è che il 71 % delle PMI che hanno fatto domanda per l'attuale sistema di riconoscimento reciproco per i prodotti non armonizzati si è visto opporre una decisione di diniego di accesso al mercato.

4.   Affrontare le restrizioni

4.1.

Le misure indicate di seguito contribuirebbero a sbloccare alcuni dei potenziali vantaggi economici derivanti dal mercato unico.

4.2.   Utilizzare in modo più efficace gli strumenti esistenti

4.2.1.

Il CESE ritiene che i progetti di testi nazionali potenzialmente d'ostacolo al mercato interno debbano essere notificati alla Commissione europea e debbano essere commentati e valutati. Senza l'impegno degli Stati membri a notificare e commentare/valutare, queste procedure rimangono inefficaci. Occorre quindi una sorveglianza più efficace a sostegno dell'armonizzazione della regolamentazione del mercato dei prodotti negli Stati membri dell'UE. Ad esempio, il settore della vendita al dettaglio ha recentemente registrato un aumento delle restrizioni nazionali attraverso autorizzazioni e requisiti di contenuto locale. Ciò è in contrasto con gli articoli 28 e 30 del Trattato, e spesso gli acquisti di prodotti già legalmente immessi nel mercato unico vengono sottoposti a nuove prove a livello nazionale. Per quanto riguarda i servizi, il CESE ritiene inoltre che la procedura di notifica di cui alla direttiva «servizi» non funzioni come previsto. Per quanto riguarda la libertà di stabilimento, il Comitato constata con rammarico che gli Stati membri non hanno raggiunto un compromesso sulla proposta della cosiddetta «direttiva sulle notifiche». Questo testo avrebbe rafforzato l'obbligo per gli Stati membri di notificare alla Commissione i progetti di leggi o regolamentazioni sui regimi di autorizzazione per i servizi (e quindi per l'urbanistica) (7). Il CESE esorta inoltre la Commissione europea e gli Stati membri a fornire informazioni più dettagliate sulla motivazione e sulla proporzionalità applicate quando gli Stati membri notificano le norme tecniche. È altresì importante garantire che i requisiti notificati siano sottoposti a un esame adeguato, indipendentemente dalla procedura di notifica utilizzata (8). Per affrontare il problema alla radice, il CESE ritiene che sarebbe necessario un ulteriore passaggio legislativo dall'armonizzazione minima all'armonizzazione massima.

4.2.2.

Un altro aspetto preoccupante è l'attuazione di misure che anticipano la prevista regolamentazione dell'UE, come la certificazione nazionale, applicata con l'obiettivo esplicito di fornire un certo livello di protezione, soprattutto nel settore agroalimentare. Secondo il CESE tali restrizioni sono palesemente protezionistiche, ma una volta portate alla luce, il processo di revoca è spesso lento e oneroso, e di conseguenza le restrizioni per i dettaglianti vengono mantenute troppo a lungo. Per evitare che ciò accada, il CESE ritiene che gli Stati membri potrebbero invece impegnarsi ad adottare misure nazionali meno restrittive seguendo la strada della «cooperazione rafforzata», autorizzata dal Trattato. Il CESE fa inoltre riferimento al prodotto pensionistico individuale paneuropeo, da considerare come un quadro standard a sostegno del mercato unico che potrebbe essere applicato in altri settori.

4.2.3.

Inoltre secondo il CESE, qualora gli impegni assunti in rapporto alle raccomandazioni specifiche per paese (RSP) non vengano rispettati, il semestre europeo potrebbe rappresentare uno strumento efficace per affrontare problemi di questo tipo, specialmente tramite un'azione proporzionata della Commissione europea che potrebbe anche consistere in una sospensione dei fondi dell'UE. Un approccio di questo tipo è in linea con la guida che la Commissione ha elaborato per gli Stati membri in merito ai piani per la ripresa e la resilienza e in cui si pone l'accento non solo sull'eliminazione degli ostacoli normativi e non normativi al mercato interno, ma anche sulle condizioni che gli Stati membri devono soddisfare per rispettare i requisiti del semestre europeo.

4.2.4.

Infine, il CESE chiede un'efficace attuazione e applicazione delle direttive già negoziate e votate. A tale proposito, la Commissione europea e gli Stati membri dovrebbero impegnarsi ad attuare il pacchetto «Legiferare meglio» che prevede valutazioni d'impatto di alta qualità.

4.3.   Liberare il potenziale del mercato unico digitale

4.3.1.

Il CESE ritiene che l'ascesa dell'economia digitale in Europa offra opportunità di crescita economica e che i potenziali vantaggi economici si realizzeranno attraverso una maggiore integrazione dei servizi digitali tra gli Stati membri.

4.3.2.

In quest'ottica, il CESE ritiene che la legge sui servizi digitali (Digital Services Act, DSA) e la legge sui mercati digitali (Digital Markets Act, DMA) rappresentino un passo avanti fondamentale per raggiungere la parità di condizioni tra gli operatori nei mercati digitali. Entrambe le leggi, incentrate su servizi specifici indipendentemente dall'ubicazione del fornitore o dalla legge applicabile alla prestazione, affrontano in modo costruttivo la questione della parità di trattamento tra gli operatori online europei e quelli globali. Inoltre, il CESE considera assolutamente prioritario evitare che il moltiplicarsi delle legislazioni nazionali frammenti ulteriormente il mercato interno.

4.3.3.

Anche il maggiore ricorso ai servizi online e il miglioramento dell'infrastruttura digitale all'interno dell'UE potrebbero comportare significativi benefici economici. In questo contesto, la Commissione raccomanda il passaggio a un regime pienamente funzionale in materia di appalti elettronici e fatturazione elettronica. Le stime indicano che una transizione completa verso gli appalti elettronici potrebbe generare cifre sorprendenti, da 50 a 75 miliardi di EUR all'anno (9).

4.3.4.

Infine, il CESE ritiene che la libera circolazione dei dati sia fondamentale per l'innovazione europea, per la crescita delle imprese di qualsiasi dimensione, per la creazione di posti di lavoro e per la realizzazione di un mercato unico digitale. A sostegno della libera circolazione dei dati è già in vigore una normativa. Tuttavia, andrebbero evitati gli obblighi ingiustificati in materia di localizzazione dei dati.

4.4.   Sbloccare le restrizioni dell'offerta

4.4.1.

Il CESE osserva che i regolamenti del 2018 in materia di blocchi geografici hanno contribuito a facilitare il commercio all'interno dell'UE. Tuttavia, i consumatori europei sono ancora soggetti ai geoblocchi di beni e servizi. Il CESE sottolinea infatti il persistere di restrizioni territoriali dell'offerta, che possono concretizzarsi in pratiche diverse come il rifiuto di rifornire o la minaccia di smettere di rifornire un determinato distributore, la limitazione delle quantità disponibili per la vendita da parte degli Stati membri, le differenze inspiegabili nelle gamme di prodotti e nei prezzi tra gli Stati membri o la limitazione delle opzioni linguistiche per l'imballaggio dei prodotti. Il CESE sottolinea che tali restrizioni territoriali dell'offerta ostacolano lo sviluppo del mercato unico e i suoi potenziali benefici per i consumatori e invita la Commissione ad affrontare l'effetto anticoncorrenziale prodotto dalle stesse al fine di realizzare un mercato unico pienamente funzionante.

4.4.2.

L'invasione russa dell'Ucraina ha portato alla luce rischi enormi per la sicurezza energetica e alimentare che richiedono un approccio strategico unitario da parte dell'UE. Il CESE ritiene che un mercato unico ben funzionante possa sostenere questa strategia e allentare nel contempo alcune delle pressioni sui prezzi che stanno rapidamente erodendo il potere d'acquisto nell'UE. A tale proposito, il CESE accoglie con favore gli sforzi compiuti a livello europeo per cooperare nell'acquisto congiunto di gas (su base volontaria) nel tentativo di allentare le pressioni sui prezzi dell'energia.

4.4.3.

Tuttavia, si rammarica che finora non sia stato tentato un approccio coordinato tra gli Stati membri per altri prodotti che subiscono le ripercussioni della crisi in Ucraina.

4.5.   Rafforzare la mobilità transfrontaliera dei lavoratori e dei professionisti

4.5.1.

La mobilità transfrontaliera dei lavoratori e dei professionisti in tutta l'UE rimane una sfida che limita l'offerta e provoca squilibri in settori come le tecnologie dell'informazione e l'industria ad alta tecnologia, nonostante le politiche dell'UE volte a facilitare la libera circolazione delle persone. I dati europei e nazionali indicano che il livello di mobilità sia tra i paesi che al loro interno rimane basso anche se raffrontato a livello internazionale.

4.5.2.

In particolare, il CESE raccomanda di adottare misure politiche nazionali più efficaci che incentivino la mobilità, ponendo l'accento sulle politiche attive del mercato del lavoro, come le prestazioni collegate all'esercizio di un'attività lavorativa per i lavoratori dell'UE e quelli dei paesi terzi aventi lo status di rifugiato. Il CESE ritiene al riguardo che l'offerta, da parte degli stati ospitanti alle persone in cerca di lavoro, di incentivi finanziari per accettare un impiego in un altro Stato membro o in un'altra regione incoraggerebbe ulteriormente la mobilità. Inoltre, si dovrebbero compiere ulteriori sforzi per migliorare l'informazione sui posti di lavoro in altri paesi dell'UE, nonché per fornire assistenza alla ricollocazione per quanto concerne la logistica del trasferimento — ad esempio, la ricerca di un alloggio, la registrazione fiscale, la ricerca di una scuola per i propri figli, l'eventuale assistenza nella ricerca di un lavoro per i partner ecc. Il CESE avverte tuttavia che la mobilità del lavoro nell'UE è stata vittima dell'approccio frammentario adottato finora. Occorre evitare ulteriori politiche disarticolate, soprattutto a livello nazionale.

4.5.3.

Il riconoscimento dei diplomi e delle qualifiche, essenziale per coprire i posti vacanti laddove persista una carenza di manodopera, rimane un problema in tutta l'UE. Il CESE ritiene che il sistema attuale dipenda ancora troppo dai singoli governi, poiché gli Stati membri sono liberi di applicare le loro norme. La Commissione dovrebbe garantire l'applicazione in tutti gli Stati membri di un approccio più armonizzato al riconoscimento dei diplomi e di altri titoli.

4.5.4.

Infine, l'aumento della mobilità dei lavoratori e dei professionisti dell'UE può avvenire solo migliorando l'applicazione delle disposizioni esistenti, l'accesso alle informazioni e la cooperazione tra gli Stati membri. Il CESE osserva che i singoli Stati membri possono mostrarsi reticenti nei confronti di ulteriori riforme del mercato unico per il timore che ciò possa comportare una potenziale diminuzione di posti di lavoro a breve termine e perdite settoriali, in particolare nei paesi che sono già in ritardo e nei paesi/settori a bassa produttività. In teoria, la libera circolazione della manodopera aiuterebbe a risolvere questo problema, ma da un punto di vista nazionale ciò potrebbe comportare, nel frattempo, una perdita di risorse e una potenziale fuga di cervelli e competenze.

4.6.   Rafforzare i flussi di capitali e i servizi finanziari nell'UE

4.6.1.

Lo stesso discorso vale per i mercati dei capitali dell'UE. Il CESE riconosce che l'Unione dei mercati dei capitali (UMC) è un progetto complesso che mira ad approfondire e integrare ulteriormente i mercati dei capitali degli Stati membri dell'UE. L'UMC richiede l'adozione di misure e modifiche normative in un'ampia gamma di settori e comporta responsabilità non solo a livello dell'UE, ma anche a livello di singolo Stato membro. Il CESE osserva che, nel 2022, il completamento dell'UMC è ancora un obiettivo lontano. Nonostante alcuni progressi, in particolare con il pacchetto dell'UE per la ripresa dei mercati dei capitali, nell'Unione vi sono ancora 27 mercati dei capitali che non funzionano in modo unitario. La finanza europea è ancora fortemente segmentata su base nazionale, con risparmiatori e investitori che dipendono in larga misura dai contesti nazionali. Questo vale anche per i servizi finanziari in generale, compresi i servizi finanziari al dettaglio e il risparmio a livello nazionale.

4.6.2.

Secondo il CESE, questa situazione limita sia la ripresa economica che il buon funzionamento del mercato unico. I vantaggi economici dell'UMC sono evidenti, ma il suo completamento richiede l'adesione politica dei singoli Stati membri e l'adozione effettiva delle iniziative promosse dalla Commissione, comprese quelle volte a rafforzare il ruolo internazionale dell'euro. Inoltre, non va sottovalutato il ruolo della digitalizzazione nel facilitare l'UMC.

4.7.   Rafforzare notevolmente la volontà politica di eliminare le restrizioni al mercato unico

4.7.1.

In questo momento di grande incertezza, il CESE auspica una politica di concorrenza particolarmente orientata a realizzare le transizioni intraprese dall'UE stessa. Tali transizioni richiederanno politiche commerciali e di investimento ambiziose, investimenti pubblici e privati straordinari, innovazione, maggiori progressi sociali, economici e ambientali, nonché un mercato unico ben funzionante. Tutto questo deve essere supportato da un quadro giuridico e finanziario che garantisca condizioni di parità sul mercato per tutte le parti interessate, tutte le regioni e tutti i cittadini dell'UE. A tale proposito, è fondamentale garantire l'integrità del nostro mercato interno ed evitarne la frammentazione. Un mercato unico che funzioni correttamente e una politica della concorrenza che consenta alle imprese e ai consumatori l'accesso a un'ampia concorrenza di mercato in condizioni di parità sono essenziali, poiché promuovono l'efficienza e l'innovazione e forniscono un ambiente favorevole allo sviluppo di imprese di successo.

4.7.2.

Il CESE ritiene che l'armonizzazione e la rimozione degli ostacoli alla libera circolazione sul territorio consentano di sviluppare la concorrenza, l'innovazione e la produttività. Non deve essere consentita alcuna forma di dumping commerciale, sociale, normativo, fiscale o ambientale che generi una distorsione della concorrenza. Il CESE si attende che tutti gli Stati membri applichino questo principio e che i partner esterni rispettino i nostri valori e diritti fondamentali, sia in ambito sociale che in campo commerciale e ambientale.

4.7.3.

Il CESE avverte che il mercato unico non dovrebbe più essere considerato una versione sublimata di un accordo commerciale globale le cui caratteristiche possono essere modificate in sede negoziale. Il mercato unico è molto di più. Implica anche un aumento del benessere tramite una convergenza sociale ed economica volta a ridurre le disuguaglianze e a garantire che il peggioramento degli squilibri sociali e l'aumento generale della povertà non finiscano per ostacolare seriamente l'integrazione europea. In quest'ottica, il CESE pone l'accento sui diritti sociali fondamentali dei lavoratori in termini di salari e condizioni di lavoro dignitosi, non solo nella loro interazione con le libertà economiche, ma anche in relazione al mercato interno e del lavoro, alla concorrenza e a qualsiasi altra misura politica dell'Unione, compresi, ma non solo, settori quali la governance economica, il commercio, la digitalizzazione e l'ambiente. Il protocollo mira inoltre a salvaguardare e rafforzare l'autonomia delle parti sociali, stabilendo un chiaro legame con il rispetto e la promozione dei diritti sociali collettivi. È altresì essenziale garantire che i diritti fondamentali siano pienamente protetti e tutelati nei trattati.

4.7.4.

Il CESE riconosce che il mercato unico deve rispondere continuamente ai cambiamenti tecnologici, alla globalizzazione, agli sviluppi dell'istruzione, dei mercati del lavoro e dei capitali, e non da ultimo alle crisi e ai conflitti globali. Allo stato attuale non vi è spazio per proposte volte a mantenere lo status quo: la situazione di crisi odierna e le mutate circostanze devono essere tenute in considerazione nel proporre la legislazione.

4.7.5.

Il CESE è anche dell'avviso che si debba adottare una «autonomia strategica aperta», soprattutto nei settori chiave. Ciò contribuirebbe a creare resilienza attraverso l'apertura, un'agenda commerciale ambiziosa, cooperazione con partner affini e diversificazione, e ad evitare il protezionismo.

4.7.6.

Infine, il CESE osserva con dispiacere che, alla vigilia del 30o anniversario del mercato unico europeo, il mercato interno è tuttora incompleto.

Bruxelles, 13 luglio 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  COM(2020) 825 final (GU C 286 del 16.7.2021, pag. 70).

(2)  COM(2020) 842 final (GU C 286 del 16.7.2021, pag. 64).

(3)  https://www.rand.org/blog/2017/11/why-the-eu-single-market-has-still-not-reached-its.html

(4)  https://www.rand.org/blog/2017/11/why-the-eu-single-market-has-still-not-reached-its.html

(5)  https://www.rand.org/blog/2017/11/why-the-eu-single-market-has-still-not-reached-its.html

(6)  Direttiva (UE) 2015/1535 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 settembre 2015, che prevede una procedura d'informazione nel settore delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione (codificazione) (GU L 241 del 17.9.2015, pag. 1).

(7)  2016/0398(COD); https://eur-lex.europa.eu/procedure/IT/2016_398.

(8)  Studio sulla valutazione della proporzionalità da parte degli Stati membri nell'adozione dei requisiti relativi allo stabilimento dei punti vendita al dettaglio ai sensi della direttiva 2006/123/CE.

(9)  https://www.rand.org/blog/2017/11/why-the-eu-single-market-has-still-not-reached-its.html


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