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Document 52020IP0011

Risoluzione del Parlamento europeo del 16 gennaio 2020 sul Burundi, in particolare la libertà di espressione (2020/2502(RSP))

GU C 270 del 7.7.2021, p. 76–82 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, HR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

7.7.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 270/76


P9_TA(2020)0011

Burundi, in particolare la libertà di espressione

Risoluzione del Parlamento europeo del 16 gennaio 2020 sul Burundi, in particolare la libertà di espressione (2020/2502(RSP))

(2021/C 270/07)

Il Parlamento europeo,

viste le sue precedenti risoluzioni sul Burundi, in particolare quelle del 9 luglio 2015 (1), del 17 dicembre 2015 (2), del 19 gennaio 2017 (3), del 6 luglio 2017 (4) e del 5 luglio 2018 (5),

vista la decisione della Commissione, del 30 ottobre 2019, sul finanziamento del programma d'azione annuale 2019 per la Repubblica del Burundi,

vista la dichiarazione rilasciata il 29 novembre 2019 dal vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (VP/AR), a nome dell'UE, sull'adesione di taluni paesi terzi in relazione alle misure restrittive in considerazione della situazione in Burundi,

viste le relazioni del Segretario generale delle Nazioni Unite del 23 febbraio 2017, del 25 gennaio 2018 e del 24 ottobre 2019 sulla situazione in Burundi,

vista la relazione della commissione d'inchiesta sul Burundi del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, del settembre 2019,

vista la lettera, in data 9 dicembre 2019, firmata da 39 deputati al Parlamento europeo dove si chiede il rilascio dei giornalisti del canale di informazioni burundese Iwacu,

vista la dichiarazione rilasciata il 10 dicembre 2019 dal VP/AR, a nome dell'UE, sulla Giornata dei diritti umani,

viste le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite 2248 del 12 novembre 2015 e 2303 del 29 luglio 2016, relative alla situazione in Burundi,

vista la relazione della commissione d'inchiesta sul Burundi presentata al Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite il 15 giugno 2017,

vista la dichiarazione alla stampa rilasciata il 13 marzo 2017 dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sulla situazione in Burundi,

vista la relazione dell'indagine indipendente delle Nazioni Unite sul Burundi (UNIIB), pubblicata il 20 settembre 2016,

visto l'accordo di pace e riconciliazione di Arusha per il Burundi (accordo di Arusha) del 28 agosto 2000,

vista la dichiarazione sul Burundi adottata in occasione del vertice dell'Unione africana del 13 giugno 2015,

vista la risoluzione 36/19 del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, del 29 settembre 2017, sul rinnovo del mandato della commissione d'inchiesta sul Burundi,

visti il regolamento (UE) 2015/1755 del Consiglio, del 1o ottobre 2015 (6), nonché le decisioni (PESC) 2015/1763, del 1o ottobre 2015 (7), (PESC) 2016/1745, del 29 settembre 2016 (8), e (PESC) 2019/1788, del 24 ottobre 2019 (9), del Consiglio, concernenti misure restrittive in considerazione della situazione in Burundi,

vista la dichiarazione, dell'8 maggio 2018, del VP/AR a nome dell'Unione europea sulla situazione politica in Burundi in vista del referendum costituzionale,

visto l'accordo di partenariato tra i membri del gruppo di Stati dell'Africa, dei Carabi e del Pacifico (ACP), da una parte, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altra, firmato a Cotonou il 23 giugno 2000 (accordo di Cotonou),

vista la Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli, adottata il 27 giugno 1981, entrata in vigore il 21 ottobre 1986 e ratificata dal Burundi,

vista la decisione (UE) 2016/394 del Consiglio, del 14 marzo 2016, relativa alla conclusione della procedura di consultazione con la Repubblica del Burundi a norma dell'articolo 96 dell'accordo di partenariato tra i membri del gruppo degli Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico, da un lato, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altro (10),

vista la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo,

vista la sezione sul Burundi contenuta nella relazione annuale 2019 (World Report 2019) di Human Rights Watch,

visto l'indice mondiale della libertà di stampa del 2019 di Reporter senza frontiere,

visti l'articolo 144, paragrafo 5, e l'articolo 132, paragrafo 4, del suo regolamento,

A.

considerando che le elezioni presidenziali del 2015 in Burundi hanno provocato tensioni civili, sono state caratterizzate, secondo il giudizio della missione di osservazione elettorale delle Nazioni Unite in Burundi, da un deterioramento delle condizioni essenziali per l'esercizio effettivo del diritto di voto, e sono state boicottate dall'opposizione;

B.

considerando che le emittenti radiofoniche indipendenti continuano a essere chiuse, decine di giornalisti non possono ancora fare ritorno dall'esilio autoimposto e coloro che sono rimasti hanno difficoltà a lavorare liberamente, spesso a causa di vessazioni per mano delle forze di sicurezza, fenomeno incoraggiato da un dibattito ufficiale che associa i media non allineati ai nemici della nazione;

C.

considerando che la situazione in Burundi rimane preoccupante, dal momento che vengono denunciate numerose violazioni delle libertà civili e politiche fondamentali, mentre l'aumento dei prezzi si ripercuote negativamente sui diritti economici e socioculturali, come il diritto a un tenore di vita adeguato, il diritto all'istruzione, i diritti a un'alimentazione adeguata e a non soffrire la fame, i diritti delle donne, il diritto al lavoro e i diritti sindacali;

D.

considerando che lo stallo nel raggiungere una soluzione politica attraverso il dialogo interburundese minaccia seriamente l'organizzazione delle elezioni in programma nel maggio 2020; che, in assenza di un dialogo politico significativo, tali elezioni potrebbero consolidare ulteriormente la degenerazione del paese in una forma di autoritarismo; che persiste l'incertezza circa la partecipazione di tutte le parti interessate al processo, alla luce di uno spazio politico sempre più ristretto e della necessità di creare un ambiente favorevole a elezioni pacifiche, trasparenti e credibili;

E.

considerando che la commissione d'inchiesta sul Burundi incaricata dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite (COIB) ha sottolineato, nella sua relazione del 4 settembre 2019, che a soli pochi mesi dalle elezioni presidenziali e parlamentari del 2020 si è diffuso un sentimento di paura e intimidazione tra coloro che si sono opposti al partito al potere CNDD-FDD, e che, in un clima caratterizzato da un continuo aumento delle tensioni con l'avvicinarsi delle elezioni di maggio 2020, le autorità locali e i membri della nota lega giovanile del partito al potere, gli Imbonerakure, hanno continuato a commettere violenze di matrice politica e gravi violazioni dei diritti umani; che, nonostante le ripetute richieste della COIB, il governo del Burundi ha rifiutato di cooperare con essa;

F.

considerando che l'Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani in Burundi, che ha collaborato con il governo del paese su questioni come il consolidamento della pace, la riforma del settore della sicurezza e del settore della giustizia e ha contribuito a sviluppare la capacità istituzionale e della società civile in materia di diritti umani, è stato chiuso nel marzo 2019 su insistenza del governo del Burundi, che aveva già sospeso ogni forma di cooperazione con l'Ufficio nell'ottobre 2016;

G.

considerando che la Banca mondiale stima per il 2019 una crescita economica del Burundi dell'1,8 %, contro l'1,7 % del 2018; che il bilancio generale dello Stato per il periodo 2019-2020 mostra un disavanzo di 189,3 miliardi di franchi del Burundi (FBu) (14,26 %), mentre nel periodo compreso tra il 2018 e il 2019 il dato ammontava 163,5 miliardi di FBu; che, secondo l'UNHCR, al 30 settembre 2019 si trovavano nei paesi confinanti 369 517 rifugiati burundesi; che, dal settembre 2017, un totale di 78 000 rifugiati sono tornati in Burundi su base volontaria; che al 28 febbraio 2019 vi erano 130 562 persone sfollate all'interno del paese;

H.

considerando che il Burundi occupa il 159o posto su 180 nell'indice sulla libertà di stampa nel mondo stilato da Reporter senza frontiere per il 2019; che la libertà di espressione e di parola sono fondamentali per garantire elezioni libere e informate; che il giornalismo libero, indipendente e non parziale rappresenta un'estensione del diritto umano fondamentale alla libertà di parola; che i mezzi d'informazione tradizionali controllati dallo Stato, quali la radio e i giornali, restano le fonti d'informazione dominanti; che il rafforzamento dell'alfabetizzazione mediatica e dell'accesso a Internet e ai media sociali è necessario per consentire l'accesso alle informazioni, potenziare la stabilità sociale e politica e il dialogo e assicurare così elezioni libere, informate e giuste;

I.

considerando che il Burundi è uno dei paesi più poveri al mondo, poiché il 74,7 % della sua popolazione vive in condizioni di povertà, e che il paese si colloca alla 185a posizione su 189 per quanto concerne l'indice di sviluppo umano; che oltre il 50 % della popolazione burundese vive in condizioni di insicurezza alimentare cronica, che quasi la metà della popolazione ha meno di 15 anni, e che, solo nel 2019, oltre otto milioni di persone hanno contratto la malaria, 3 000 delle quali hanno perso la vita; che la povertà, la scarsa qualità dei servizi sociali, l'elevata disoccupazione giovanile e la mancanza di opportunità continuano ad alimentare violenze nel paese;

J.

considerando che il 27 settembre 2018 il Consiglio di sicurezza nazionale del Burundi ha annunciato una sospensione di tre mesi delle organizzazioni non governative internazionali (ONG), pregiudicando dunque in maniera grave le operazioni di circa 130 ONG internazionali, alcune delle quali stavano fornendo aiuti per la sopravvivenza;

K.

considerando che il 18 luglio 2019 il governo ha adottato due decreti che istituiscono un comitato interministeriale incaricato di monitorare e valutare le ONG operanti in Burundi;

L.

considerando che, dalla chiusura dell'Ufficio dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani (OHCHR) in Burundi il 28 febbraio 2019, il governo si è rifiutato di riconoscere eventuali violazioni dei diritti umani e non ha dato prova di un impegno a mantenere una qualsivoglia forma di cooperazione con l'Ufficio; che la COIB è attualmente l'unico meccanismo internazionale indipendente che indaga sulle violazioni dei diritti umani e sugli abusi commessi in Burundi;

M.

considerando che le autorità del Burundi hanno continuato a respingere in modo totale e sistematico il lavoro della COIB e si sono rifiutate di concederle l'accesso al paese, ritenendola politicamente faziosa, senza fornire alcun elemento di prova a sostegno delle loro accuse;

N.

considerando che nell'ottobre 2017 il Burundi si è ritirato dallo Statuto di Roma che istituisce la Corte penale internazionale; che, malgrado l'appello della comunità internazionale ad avviare una procedura per aderire nuovamente allo Statuto di Roma, il governo del Burundi non ha intrapreso alcuna azione in tal senso;

O.

considerando che nel 2019 la Tanzania e il Burundi hanno firmato un accordo per riportare nel proprio paese, su base volontaria o meno ed entro il 31 dicembre 2019, i 180 000 rifugiati burundesi che si trovavano Tanzania; che nell'agosto 2019 l'UNHCR ha riferito che le condizioni in Burundi non erano favorevoli a promuovere i rimpatri in quanto rimpatriati risultano tra le principali vittime di violazioni dei diritti umani;

P.

considerando che il 30 dicembre 2019 il procuratore generale del Burundi ha chiesto una condanna a 15 anni per quattro giornalisti di Iwacu Press Group, Christine Kamikazi, Agnès Ndirubusa, Térence Mpozenzi, Egide Harerimana e il loro autista Adolphe Masabarakiza, che sono stati arrestati il 22 ottobre 2019 nel comune di Musigati, nella provincia di Bubanza, mentre stavano documentando gli scontri tra i ribelli e le forze governative nel Burundi nord-occidentale, con l'accusa di complicità nell'indebolimento della sicurezza interna dello Stato;

Q.

considerando che il reporter del gruppo Iwacu, Jean Bigirimana, è scomparso dal 22 luglio 2016 che e, in base a quanto riferito, sarebbe stato visto per l'ultima volta nelle mani dei membri del servizio segreto nazionale (SNR) a Muramvya, a 45 km ad est della capitale Bujumbura; che le autorità del Burundi non hanno mai riferito nulla in merito alla sua scomparsa;

R.

considerando che il 13 ottobre 2015 il giornalista Christophe Nkezabahizi, sua moglie e i suoi due figli sono stati assassinati nella loro casa a Bujumbura; che le autorità non hanno profuso sforzi reali per indagare su questo crimine violento e consegnare alla giustizia i responsabili;

S.

considerando che l'articolo 31 della costituzione del Burundi garantisce la libertà di espressione, compresa la libertà di stampa; che il Burundi è altresì firmatario della Carta africana per i diritti dell'uomo e dei popoli, che garantisce a ogni cittadini burundese il diritto a ricevere e diffondere informazioni; che il governo del Burundi ha la responsabilità di promuovere e tutelare i diritti alla libertà di espressione e di associazione sanciti dal Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici (ICCPR), di cui il Burundi è parte;

T.

considerando che negli ultimi anni lo spazio per la società civile e i media è diventato molto più limitato e che molti attivisti della società civile e giornalisti indipendenti restano in esilio; che molti di coloro che sono rimasti in Burundi subiscono intimidazioni, incarcerazioni o processi sulla base di accuse infondate;

U.

considerando che il governo e i membri dell'ala giovanile del partito al potere, gli Imbonerakure, hanno orchestrato una campagna nazionale volta a raccogliere contributi «volontari» dalla popolazione per contribuire a finanziare le elezioni del 2020; che la relazione del 6 dicembre 2019 di Human Rights Watch ha rilevato che, a tal fine, i membri degli Imbonerakure e i funzionari pubblici locali hanno spesso fatto ricorso alla violenza e all'intimidazione e hanno limitato la circolazione e l'accesso ai servizi pubblici, picchiando chi si rifiutava di obbedire;

V.

considerando che l'attivista per i diritti umani Germain Rukuki, membro dell'Azione dei cristiani per l'abolizione della tortura (ACAT), è stato condannato a 32 anni di reclusione nell'aprile 2019, con l'accusa di ribellione e minaccia per la sicurezza dello Stato, partecipazione a un movimento insurrezionale e attacchi ai danni del capo dello Stato; che nell'agosto 2018 l'attivista Nestor Nibitanga, osservatore dell'Associazione per la protezione dei diritti umani e dei detenuti (APRODH), è stato condannato a cinque anni di carcere per aver minacciato la sicurezza dello Stato;

W.

considerando che alla BBC e a Voice of America (VOA) è vietato trasmettere in Burundi dal maggio 2019, quando sono state sospese le loro licenze, inizialmente per un periodo di sei mesi, come riferito al tempo dal Comitato per la protezione dei giornalisti; che il 29 marzo 2019 l'organo di regolamentazione dei media, il Consiglio nazionale delle comunicazioni (CNC), ha annunciato di aver ritirato la licenza di esercizio alla BBC e di aver rinnovato la sospensione di VOA; che il CNC ha inoltre proibito a qualsiasi giornalista in Burundi di «fornire direttamente o indirettamente informazioni che possano essere trasmesse» dalla BBC o da VOA;

X.

considerando che il 24 ottobre 2019 il Consiglio ha prorogato fino al 24 ottobre 2020 le misure restrittive dell'UE nei confronti del Burundi;

Y.

considerando che tali misure consistono nel divieto di viaggio e nel congelamento dei beni nei confronti di quattro persone le cui attività sono state ritenute tali da compromettere la democrazia o ostacolare la ricerca di una soluzione politica alla crisi in Burundi;

Z.

considerando che gli sforzi della Comunità dell'Africa orientale (EAC) intesi a trovare una soluzione mediata alla crisi politica scatenata dalla decisione presa nel 2015 dal Presidente di candidarsi per un terzo mandato sono rimasti in una fase di stallo; che il Presidente Pierre Nkurunziza ha ribadito in varie occasioni che non si candiderà per un nuovo mandato, ma il partito al potere deve ancora designare il proprio candidato per le prossime elezioni presidenziali;

1.

condanna con forza le attuali limitazioni della libertà di espressione in Burundi, compreso l'insieme più ampio delle limitazioni delle libertà pubbliche, nonché le violazioni su vasta scala dei diritti umani, le intimidazioni e gli arresti arbitrari di giornalisti e i divieti di trasmissione che hanno aggravato il clima di paura per i media del Burundi, hanno aumentato i vincoli sull'informazione e hanno impedito la copertura mediatica adeguata, in particolare in vista delle elezioni del 2020;

2.

rimane profondamente preoccupato per la situazione dei diritti umani in Burundi, che compromette qualunque iniziativa di riconciliazione, pace e giustizia, in particolare per il persistere di arresti arbitrari ed esecuzioni extragiudiziali;

3.

condanna profondamente il costante deteriorarsi della situazione dei diritti umani nel paese, in particolare per i reali sostenitori dell'opposizione e coloro che sono sospettati di esserlo, anche per i burundesi che rientrano dall'estero; ricorda che il Burundi è vincolato dalla clausola relativa ai diritti umani dell'accordo di Cotonou; esorta le autorità burundesi a invertire immediatamente tale tendenza agli abusi e a rispettare gli obblighi del paese in materia di diritti umani, compresi quelli sanciti dalla Carta africana per i diritti dell'uomo e dei popoli, dall'ICCPR e da altri meccanismi internazionali ratificati dal governo;

4.

ricorda al governo del Burundi che le condizioni per lo svolgimento di elezioni inclusive, credibili, pacifiche e trasparenti implicano il diritto alla libertà di espressione, l'accesso alle informazioni, la libertà di stampa, la libertà dei media e l'esistenza di uno spazio libero in cui i difensori dei diritti umani possano esprimersi senza intimidazioni o paura di ritorsioni; esorta pertanto le autorità burundesi a revocare le misure che limitano o ostacolano il lavoro della società civile e che limitano l'accesso ai media indipendenti tradizionali e moderni e la libertà degli stessi;

5.

invita le autorità burundesi a ritirare le accuse nei confronti dei giornalisti dell'Iwacu recentemente incarcerati e di tutte le altre persone arrestate per aver esercitato i propri diritti fondamentali, e a rilasciarli immediatamente e senza condizioni;

6.

sottolinea il ruolo essenziale svolto dalla società civile e dai giornalisti in una società democratica, in particolare nel contesto delle prossime elezioni, e invita le autorità burundesi a porre fine alle intimidazioni, alle vessazioni e agli arresti arbitrari di giornalisti, attivisti per i diritti umani e membri dell'opposizione; invita inoltre le autorità a consentire agli attivisti per i diritti umani e ai giornalisti di svolgere il loro dovere legittimo di indagare e di informare senza impedimenti in merito alle violazioni dei diritti umani;

7.

rileva con grande preoccupazione l'aumento del numero di sfollati interni dal Burundi e dai paesi limitrofi; invita l'UE ad aumentare i finanziamenti e a potenziare gli altri sforzi umanitari per i burundesi che sono sfollati interni o rifugiati;

8.

invita le autorità burundesi a porre fine alle estorsioni a danno dei cittadini e a garantire che a nessun individuo sia impedito l'accesso a beni e servizi pubblici quali l'assistenza sanitaria, il cibo, l'acqua e l'istruzione, nonché a consentire agli attori umanitari di operare in modo indipendente e di fornire assistenza sulla base del dovere di rispondere ai bisogni più urgenti;

9.

sottolinea che per consentire elezioni credibili sono necessari notevoli miglioramenti della situazione politica e dei diritti umani, in particolare riguardo a libertà fondamentali quali la libertà di espressione, la libertà di stampa e la libertà di riunione e di associazione, nonché progressi in merito alla riconciliazione; invita il governo del Burundi ad assicurare che si indaghi in modo imparziale sulle violazioni di tali diritti e che i responsabili siano sottoposti a processi che rispettino le norme internazionali;

10.

esorta le autorità a condurre indagini complete e trasparenti per assicurare alla giustizia, con processi equi e credibili, tutti i presunti autori di omicidi, sparizioni, estorsioni, pestaggi, arresti arbitrari, minacce, vessazioni o altri tipi di abusi; esprime profonda preoccupazione per il perdurare dell'impunità dei responsabili delle violazioni dei diritti umani commesse dagli Imbonerakure; esorta le autorità burundesi ad avviare un'indagine indipendente sui casi dei giornalisti Jean Bigirimana, scomparso dal 22 luglio 2016, e Christophe Nkezabahizi, assassinato insieme a sua moglie e ai suoi due figli il 13 ottobre 2015;

11.

riconosce il ruolo chiave della regione, segnatamente dell'EAC e dell'Unione africana (UA), nel conseguire una soluzione sostenibile della crisi politica in Burundi e sottolinea la necessità di un approccio più attivo e di maggiori sforzi intesi a porre fine alla crisi e a proteggere la popolazione burundese, onde evitare un'ulteriore escalation regionale; invita l'UA a inviare urgentemente i suoi osservatori dei diritti umani in Burundi e a garantire che abbiano libero accesso a tutto il paese per poter svolgere il loro mandato;

12.

esprime rammarico per il fatto che l'attuazione dell'accordo di Arusha si trovi in stallo ed esorta i garanti dell'accordo ad adoperarsi per una riconciliazione; esprime il proprio impegno per il dialogo interburundese; invita il VP/AR a sostenere l'EAC nella facilitazione del dialogo interburundese; esorta tutti i partecipanti a tale dialogo a collaborare in modo costruttivo e a consentire la partecipazione senza impedimenti dell'opposizione, dei difensori dei diritti umani e delle organizzazioni della società civile;

13.

esorta il Burundi a fare riferimento agli ordini del giorno delle riunioni della comunità regionale e internazionale al fine di concordare un compromesso per l'attuazione delle decisioni esistenti a livello di ONU e di UA, segnatamente l'attuazione della risoluzione 2303, la firma del memorandum d'intesa con gli osservatori dell'UA e la ripresa della cooperazione con l'OHCHR;

14.

si rammarica che il Burundi abbia continuato a rifiutarsi di cooperare con la commissione d'inchiesta dell'ONU e di consentire la ripresa delle attività dell'ufficio locale dell'Alto Commissariato per i diritti umani delle Nazioni Unite;

15.

invita l'ONU a proseguire le indagini imparziali su tutte le presunte violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario, comprese quelle commesse da agenti statali e dalla lega giovanile degli Imbonerakure, e a perseguire adeguatamente i responsabili; sottolinea che i criminali e gli assassini devono essere assicurati alla giustizia, a prescindere dal gruppo cui appartengono, e che devono essere forniti risarcimenti adeguati per le vittime e i sopravvissuti a seguito di gravi violazioni dei diritti umani in Burundi;

16.

esorta gli Stati membri dell'UE a fornire un sostegno finanziario flessibile e diretto alle organizzazioni della società civile e dei media, comprese le organizzazioni femminili, che lavorano ancora sul campo, ma anche a quelle in esilio, in particolare quelle che operano per la promozione e la tutela dei diritti politici, civili, economici, sociali e dei media;

17.

invita i diplomatici dell'UE e degli Stati membri dell'UE in Burundi a garantire la piena attuazione degli orientamenti dell'UE sui difensori dei diritti umani, anche, in particolare, partecipando alle udienze dei processi di tutti i giornalisti, i prigionieri politici e i difensori dei diritti umani in Burundi, soprattutto i giornalisti dell'Iwacu, nonché facendo visita ai difensori dei diritti umani, agli attivisti e ai giornalisti in carcere;

18.

chiede l'estensione delle sanzioni mirate dell'UE ed esorta il Consiglio di sicurezza dell'ONU a imporre anch'esso sanzioni mirate, compresi divieto di viaggio e congelamento dei beni, nei confronti di persone responsabili di gravi e persistenti violazioni dei diritti umani in Burundi; invita il VP/AR a elaborare con urgenza un elenco ampliato di nomi dei responsabili della pianificazione, dell'organizzazione e dell'esecuzione di violazioni dei diritti umani, al fine di aggiungerli all'elenco dei funzionari burundesi già sottoposti alle sanzioni dell'UE;

19.

si rammarica profondamente del fatto che non sia stata intrapresa alcuna azione da parte del Burundi per aderire nuovamente allo Statuto di Roma; esorta il governo burundese ad avviare immediatamente tale procedura; invita l'UE a sostenere tutti gli sforzi compiuti dalla Corte penale internazionale per indagare sui reati commessi in Burundi e per assicurare alla giustizia i responsabili;

20.

si rammarica della persistente penuria di risorse finanziarie per affrontare la crisi dei rifugiati burundesi, che incide pesantemente sulla sicurezza e sul benessere dei rifugiati; invita la comunità internazionale e le agenzie umanitarie a rafforzare la loro assistenza a favore di tutti coloro che sono attualmente rifugiati o sfollati a causa del conflitto; esorta l'UE e gli Stati membri, come raccomandato dalla commissione d'inchiesta delle Nazioni Unite sul Burundi, a concedere lo status di rifugiati ai richiedenti asilo del Burundi e a seguire da vicino la situazione in Burundi in relazione alle elezioni del 2020;

21.

esprime profonda preoccupazione in merito alle notizie relative a un aumento delle pressioni esercitate sui rifugiati burundesi affinché facciano ritorno a casa prima delle elezioni del 2020; invita i governi della regione a garantire che il rimpatrio dei rifugiati sia volontario, basato su decisioni informate ed effettuato in condizioni di sicurezza e dignità; rammenta che l'UNHCR ritiene che non siano state soddisfatte le condizioni per rimpatri sicuri, dignitosi e volontari;

22.

invita il governo del Burundi a consentire agli oppositori politici in esilio di rimpatriare e di svolgere la propria campagna elettorale liberamente e senza intimidazioni, arresti e violenze, e a permettere a osservatori esterni di seguire i preparativi delle elezioni, nonché le procedure di voto e di spoglio;

23.

ribadisce che un dialogo politico inclusivo in un quadro di mediazione internazionale e nel rispetto dell'accordo di Arusha e della costituzione del Burundi rimane l'unico modo per assicurare una pace duratura in Burundi; invita dunque l'EAC, in qualità di coordinatore chiave del dialogo interburundese, ad adottare misure appropriate per coinvolgere il governo burundese, con fermezza e senza indugio, in un dialogo inclusivo per una soluzione pacifica e duratura dell'attuale crisi;

24.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, al Presidente della Repubblica del Burundi, al presidente del parlamento del Burundi, all'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE nonché all'Unione africana e alle sue istituzioni.

(1)  GU C 265 dell'11.8.2017, pag. 137.

(2)  GU C 399 del 24.11.2017, pag. 190.

(3)  GU C 242 del 10.7.2018, pag. 10.

(4)  GU C 334 del 19.9.2018, pag. 146.

(5)  Testi approvati, P8_TA(2018)0305.

(6)  GU L 257 del 2.10.2015, pag. 1.

(7)  GU L 257 del 2.10.2015, pag. 37.

(8)  GU L 264 del 30.9.2016, pag. 29.

(9)  GU L 272 del 25.10.2019, pag. 147.

(10)  GU L 73 del 18.3.2016, pag. 90.


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