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Document 52019IE1356

    Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema: «Il “valore d’uso” è tornato: nuove prospettive e sfide per i prodotti e i servizi europei» (parere d’iniziativa)

    EESC 2019/01356

    GU C 97 del 24.3.2020, p. 27–31 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, HR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

    24.3.2020   

    IT

    Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

    C 97/27


    Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema: «Il “valore d’uso” è tornato: nuove prospettive e sfide per i prodotti e i servizi europei»

    (parere d’iniziativa)

    (2020/C 97/04)

    Relatore:

    Dimitris DIMITRIADIS

    Decisione dell’Assemblea plenaria

    24.1.2019

    Base giuridica

    Articolo 32, paragrafo 2, del Regolamento interno

    Sezione competente

    Mercato unico, produzione e consumo

    Adozione in sezione

    19.11.2019

    Adozione in sessione plenaria

    11.12.2019

    Sessione plenaria n.

    548

    Esito della votazione

    (favorevoli/contrari/astenuti)

    191/3/4

    1.   Conclusioni e raccomandazioni

    1.1.

    Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ritiene che la fornitura di prodotti e servizi innovativi e altamente specializzati con caratteristiche essenziali riconosciute e certificate rispondenti alle esigenze dei clienti e ai requisiti di sostenibilità sociale e ambientale possa diventare l’essenza e il fulcro della competitività europea moderna. Il presente parere mira a stabilire un’identità europea in linea con i cambiamenti socioeconomici globali e sistemici.

    1.2.

    Il CESE sostiene che i recenti sviluppi stanno rimettendo il valore d’uso al primo posto nella concorrenza contemporanea. Ciò favorisce una ripresa sostenibile della produzione europea in tutti i settori e in tutte le industrie. In aggiunta al loro impatto socioeconomico ben documentato, le piccole e medie imprese (PMI) europee possono diventare un importante fattore per la ridefinizione della posizione europea nella distribuzione del lavoro contemporanea, in risposta alla domanda mondiale di varietà.

    1.3.

    Il «ritorno del valore d’uso» collima con i caratteri di base dell’Europa, contrassegnata da una significativa diversità socioculturale, geologica e climatica. Ciò sottolinea l’importanza di puntare a prodotti e servizi altamente specializzati: ai fini della competitività, i processi di produzione dovrebbero essere in linea anche con le politiche di sostenibilità sociale e ambientale.

    1.4.

    Se consideriamo le enormi economie di scala nelle economie emergenti e in via di sviluppo, e la negazione della responsabilità sociale e ambientale, nonché il ritorno di un protezionismo aggressivo, in molti dei paesi sviluppati, adottare modelli di produzione specializzati, qualitativi e sostenibili, è probabilmente la migliore (se non l’unica) via di uscita da questa trappola, non solo per l’Europa, ma per il mondo intero.

    1.5.

    In quest’ottica, il CESE raccomanda interventi strategici nelle seguenti direzioni: i) la governance nazionale e dell’Unione dovrebbe utilizzare un mix di politiche orientato al valore d’uso, modulato territorialmente in base alle caratteristiche e ai bisogni locali; ii) sarebbe opportuno sviluppare una politica industriale altrettanto ambiziosa per l’Europa e promuovere la formazione di raggruppamenti (cluster) e il cooperativismo di produttori (semi)autonomi, facendo coincidere la salvaguardia della varietà e vantaggi di scala in segmenti specifici del ciclo di vita del prodotto; iii) occorrerebbe generalizzare il sistema di simbiosi industriale per promuovere l’economia circolare; iv) si dovrebbe migliorare l’accesso alle risorse finanziarie attuando il piano di azione per l’Unione dei mercati dei capitali e la sua promozione di strumenti di microfinanziamento, nonché attraverso approcci bancari verdi e basati sul valore d’uso.

    1.6.

    L’istruzione e la formazione professionale e la formazione permanente offrono un’ottima opportunità per la creazione di reti e per la formazione di cluster al fine di ridurre i costi dello sviluppo umano, nonché un modo per rafforzare le capacità orizzontali fondamentali.

    1.7.

    L’accesso ai dati e la capacità di gestione dei dati sono il settore che dovrà essere il prossimo oggetto dell’intervento strategico. Tuttavia, garantire sia la sovranità digitale sia la vita privata delle persone fisiche e giuridiche può essere un compito difficile dal punto di vista tecnico e giuridico. D’altro canto, i produttori di prodotti e servizi devono avere anche la possibilità e la capacità di utilizzare i metodi e i processi necessari, digitalizzati o no. Accanto alla fornitura di un software con codice sorgente aperto (open source), questa discussione ci riconduce alla necessità dell’istruzione e della formazione professionali e dell’apprendimento permanente.

    2.   Contesto del presente parere

    2.1.

    Per «valore d’uso» si intende la risposta alla domanda «a che cosa serve un prodotto o un servizio». In un approccio più ampio e completo, esso comprende tutti i diversi usi, positivi o negativi, direttamente connessi o indirettamente indotti. Il valore d’uso si riferisce a tutti i caratteri qualitativi, oggettivi e/o proiettati a livello soggettivo, di un prodotto o di un servizio durante l’intero ciclo di vita (dalla culla alla tomba). Tutto ciò che ha un valore d’uso, si tratti o no di un bene materiale, costituisce un «bene economico». In un’epoca di «economia commercializzata», il valore di scambio (il prezzo) ha spinto fuori dal quadro del mercato il valore d’uso, per cui nel migliore dei casi si pensava che il secondo fosse rappresentato dal primo.

    2.2.

    Oggigiorno, a causa dell’accelerazione della crescita della produttività del lavoro, si assiste a una trasformazione graduale dei bisogni umani in direzione del soddisfacimento di un desiderio di varietà piuttosto che di quantità, bisogno questo ormai saturato da tempo nei principali mercati mondiali. In generale, le preferenze dei consumatori si stanno spostando verso prodotti e servizi con qualità specializzate, differenziate, certificate. Ciò caratterizza anche i mercati emergenti, per segmenti speciali della domanda locale in funzione dell’età, dell’istruzione, dell’occupazione, del grado di urbanizzazione ecc.

    2.3.

    Non sorprende che i più recenti miglioramenti della tecnologia e dei procedimenti mirino a espandere la produttività, non solo per produrre quantità su vasta scala, bensì soprattutto per produrre qualità differenziate, in modo da migliorare la corrispondenza diretta tra la produzione e le preferenze esistenti.

    2.4.

    Per di più, l’accelerazione del cambiamento tecnico comporta anche che le merci perdano il loro tipico carattere commerciale e che si inneschi un processo di graduale decommercializzazione, anche se in misura differente nei diversi settori. Tutto ciò ricolloca il valore d’uso al centro della concorrenza contemporanea, cosa che potrebbe servire da base per una ripresa sostenibile della produzione europea in tutti i settori.

    2.5.

    Le istituzioni dell’Unione sembrano aver percepito queste mutazioni strutturali. La comunicazione della Commissione COM(2017) 479 verte sull’esigenza di investire in un’industria europea intelligente, innovativa e sostenibile. Il CESE ha risposto alla relativa consultazione con un parere (1) in cui sottolinea l’esigenza di rafforzare le PMI e di stimolare la pertinente innovazione.

    2.6.

    In un più recente parere esplorativo, il CESE ha chiesto un «approccio globale che concili lo stimolo alla crescita e la risposta alle sfide climatiche e ambientali e ai problemi sociali nella progettazione di una transizione equa». Su tale base il Comitato prosegue esortando la Commissione e gli Stati membri «ad adottare una strategia globale e di lungo termine, con una visione organica», in cui «l’attrattiva dell’Europa debba essere un obiettivo prioritario di qualsiasi politica industriale basata sull’innovazione e sulla competitività» (2).

    2.7.

    Più recentemente, dato il dilemma tra «costi elevati o far fronte all’effetto serra», il parere d’iniziativa del CESE sul tema «Conciliare le politiche in materia di clima e di energia: la prospettiva del settore industriale» (3) esamina la fattibilità tecnica e giuridica delle misure di aggiustamento alle frontiere per il prezzo interno delle emissioni di gas a effetto serra. In tale documento il CESE suggeriva alla Commissione di esaminare più da vicino questa possibilità e altre opzioni strategiche, ad esempio la riforma del sistema di scambio di quote di emissione, il meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere e un’aliquota IVA modulata in funzione dell’intensità di carbonio.

    2.8.

    Il presente parere d’iniziativa si spinge oltre, menzionando ciò che un approccio globale alla politica industriale dovrebbe comprendere, al fine di riposizionare la produzione europea di beni e servizi nel contesto globale, sulla base di un modello di mercato aperto eco-sociale che risponda alla tradizione e al futuro dell’Unione.

    3.   Il livello micro

    3.1.

    I summenzionati mutamenti strutturali aggiornano l’«utilità» delle PMI: al di là del loro ben documentato impatto socioeconomico, che consiste nell’accrescere considerevolmente il valore aggiunto in una società moderna e nel creare nuovi posti di lavoro, le PMI possono diventare il principale fattore del riposizionamento della produzione europea, data la loro capacità di rispondere alle specifiche esigenze di mercati di nicchia e alla crescente domanda mondiale di varietà.

    3.2.

    Il riconoscimento dell’importanza attuale delle PMI non le rende automaticamente meno vulnerabili. Uno degli obiettivi del presente parere è quindi contribuire a trovare nuovi modi per aiutare i piccoli e medi produttori europei a superare gli svantaggi legati alle dimensioni. Il CESE chiede ancora una volta la promozione di nuovi metodi di creazione di reti, formazione di raggruppamenti e cooperativismo, che preservino l’autonomia dei produttori ai fini della realizzazione di beni di qualità differenziata, mentre alcuni segmenti del ciclo di vita della produzione realizzata saranno alimentati congiuntamente utilizzando economie di scala. Ciò potrebbe applicarsi per esempio alla progettazione e alla promozione di beni, alla creazione di incubatori di imprese emergenti e di preincubatori, ai settori dei trasporti e della logistica, all’accesso alle risorse finanziarie, all’accesso ai macrodati (big data) e alle banche dati specializzate e al loro uso, come pure all’interconnettività nel contesto dell’economia circolare.

    3.3.

    Migliorare l’accesso alle risorse e ai servizi finanziari è fondamentale per le imprese europee e in particolare per le PMI. L’attuazione del piano d’azione per l’Unione dei mercati dei capitali è essenziale, perché propone strumenti microfinanziari per l’innovazione, le imprese emergenti e non quotate, nonché metodi per rendere più facile entrare nei mercati e raccogliervi capitale ecc. Inoltre, data l’importanza degli aspetti ambientali e sociali riguardanti i beni e i servizi (direttamente o indirettamente), è opportuno promuovere ulteriormente l’attività bancaria che si basa su principi ecologici e sul valore d’uso. Centri di competenza adeguati potrebbero rivelarsi molto utili per includere i principi di sostenibilità nelle attività di gestione delle PMI.

    3.4.

    Bisognerebbe anche dedicare speciale attenzione alla transizione verso un’economia circolare, incoraggiando i produttori a collaborare e a condividere in modo efficiente le risorse. A tal fine, oltre a sottolineare l’importanza di fornire ai consumatori europei le informazioni più oggettive, il CESE richiama l’attenzione sulla creazione di parchi e distretti eco-industriali. Una comunità di imprese manifatturiere e di servizi può migliorare i risultati economici e ambientali collaborando alla gestione delle questioni ambientali e delle risorse, tra cui l’energia, l’acqua e i materiali. Questa «simbiosi» territoriale promuove la condivisione delle risorse tra entità dello stesso settore o anche di settori differenti.

    3.5.

    I vantaggi della simbiosi industriale possono essere percepiti a tutti i livelli di sostenibilità: l’ampliamento di collegamenti a monte e a valle nei parchi industriali e nei distretti produttivi converte il costo dello smaltimento e del trattamento dei rifiuti in un centro di profitto, riducendo il costo delle materie prime, massimizzando l’uso di risorse e strutture sottoutilizzate, ripartendo il costo delle nuove infrastrutture e investendo in collaborazione con parti interessate dello stesso settore o anche di altri settori.

    3.6.

    Inoltre, la gestione delle risorse diventa una fonte di innovazione, poiché aggiunge valore a risorse «inutili» o «non sfruttabili» e dischiude nuove opportunità d’affari, rendendo possibile nel contempo conformarsi alle normative ed eliminando del pari il rischio di sanzioni pecuniarie. Altrettanto importanti sono i benefici ambientali: grazie alla simbiosi industriale, l’uso di materie prime, la produzione netta di rifiuti e le emissioni di carbonio diminuiscono senza pregiudizio per l’attività economica. Questi fattori possono fungere da base per una certificazione globale riconoscibile della produzione finale, al fine di segnalare ulteriormente la qualità dei prodotti e dei servizi europei.

    3.7.

    Migliorare la capacità delle imprese europee, e specialmente dei piccoli e medi produttori, di gestire in modo efficiente tutti i dati e le informazioni pertinenti (un nuovo termine pertinente è servizio informazioni aziendale) aumenta le loro possibilità di sopravvivenza, ma anche la loro capacità di adattarsi a un mercato globale in evoluzione:

    un uso più intelligente delle risorse, sotto forma di dati in tempo reale sullo stato di prodotti quali i veicoli e altri macchinari, consente alle imprese di individuare possibili guasti e di pianificare di conseguenza la manutenzione predittiva e le riparazioni, prolungando così la durata di vita dei prodotti;

    una maggiore sicurezza di approvvigionamento, derivante dalla transizione in corso verso l’economia circolare, ossia da una minore dipendenza da risorse «vergini,» e da un maggiore uso di beni riciclati, comporta per le imprese in una minore esposizione alla volatilità dei prezzi delle materie prime, e un conseguente aumento della loro resilienza;

    se i prodotti sono forniti come servizi, utilizzando sensori per controllarne l’uso, i consumatori possono pagare dei canoni in base al consumo, mentre le imprese mantengono la proprietà del prodotto, cosa che consente un uso più prolungato dei prodotti e permette ai clienti di pagare solo per ciò che utilizzano effettivamente;

    più flessibilità e competitività grazie a una risposta adeguata a sfide quali la maggiore volatilità, l’interazione con i clienti e la fidelizzazione, e la costosa questione dello smaltimento dei rifiuti;

    nuove modalità di interazione creativa con i clienti, per permettere alle imprese di instaurare con essi relazioni di servizio più ravvicinate, e un più efficace adattamento di prodotti e servizi.

    3.8.

    Non da ultimo, il tema della creazione di reti e della formazione di raggruppamenti riguarda anche lo sviluppo delle competenze richieste ai dipendenti. Il Cedefop ha sottolineato la necessità di una maggiore cooperazione, specie in materia di apprendimento sul lavoro, tra istituti di istruzione e formazione professionale, università, centri di ricerca ed imprese. Bisognerebbe rafforzare le competenze orizzontali, mediante processi di apprendimento iniziale e permanente, per dar vita a processi di fabbricazione più flessibili e stimolare la creatività e l’innovazione, anche in rapporto alla trasformazione digitale ecc.

    4.   Il livello macro

    4.1.

    La reindustrializzazione, nel senso di ricostruzione di una struttura di produzione multisettoriale in Europa è emersa con forza, al termine di un periodo di deindustrializzazione e di un aumento dell’esternalizzazione verso altre regioni, per lo più non europee. È riconosciuto che il ripristino di un «ecosistema» diversificato, produttivo e sostenibile ha molteplici effetti positivi sullo sviluppo socioeconomico. Tale processo, infatti: i) crea collegamenti produttivi a monte e a valle; ii) rafforza i mercati locali; iii) riduce il grado di dipendenza produttiva, promuovendo così la resilienza dell’economia locale; iv) incoraggia attività interdisciplinari di ricerca e sviluppo, che intensificano l’innovazione dei processi produttivi e con riferimento alle caratteristiche dei prodotti e dei servizi offerti.

    4.2.

    Per mettere a segno una ripresa della produzione europea e trarre vantaggio dall’attuale tendenza globale al rientro delle attività produttive, occorre riaffermare la competitività europea nel quadro dei mercati internazionalizzati contemporanei. Le catene del valore globali subiscono importanti cambiamenti: i) continua contrazione, dalla crisi finanziaria globale in poi; ii) «regionalizzazione» come strategia per avvicinarsi ai principali mercati al consumo; iii) ristrutturazione della distribuzione territoriale delle catene di produzione.

    4.3.

    L’attribuzione della priorità alla qualità, oltre che al prezzo, e la perdita del carattere tipico commerciale delle merci sono legate alle caratteristiche di base dell’Europa, un’area che si caratterizza per la diversità socioculturale, geologica e climatica e dove, allo stesso tempo, o forse proprio per questo, le PMI continuano a svolgere un ruolo significativo come «intensificatori» nell’economia. Pertanto la fornitura di prodotti e servizi innovativi e altamente specializzati, con caratteristiche essenziali riconosciute e certificate, che soddisfano le esigenze dei clienti e la sostenibilità sociale e ambientale, può diventare l’essenza e il fulcro della competitività europea moderna.

    4.4.

    Questo argomento è ancora più convincente se consideriamo il mondo bipolare che sta prendendo forma: grandi economie di scala nelle economie emergenti e in via di sviluppo e il rifiuto della responsabilità sociale e ambientale insieme al ritorno del protezionismo aggressivo in molti dei paesi sviluppati, e l’Europa presa nel mezzo tra i due campi (interessata, per esempio, dalla guerra commerciale tra gli Stati Uniti e la Cina). Spettacolari cambiamenti tecnologici, sociali e demografici provocano profonde trasformazioni nella natura e nella struttura dell’economia globale, mentre emergono nuovi mercati locali e nuovi bisogni. Una via di uscita, non solo per l’Europa ma per il mondo intero, potrebbe consistere nell’adattamento agli sviluppi sistemici e nell’adozione delle caratteristiche summenzionate di una produzione specializzata, qualitativa e sostenibile.

    5.   Proposta strategica pertinente a livello locale, nazionale e di Unione

    5.1.

    Per far fronte a tutte le sfide connesse al consolidamento di un’identità europea e alla riaffermazione del ruolo dei prodotti e dei servizi europei nell’economia globale, l’Unione e i suoi Stati membri devono investire risorse molto maggiori in ricerca e sviluppo, istruzione, infrastrutture, commercializzazione e tecnologie innovative. A tal fine, come sostengono le parti sociali, la società civile e altre parti in causa europee, è necessaria una politica industriale ambiziosa per l’Europa, incentrata sull’innovazione, la regolamentazione intelligente, il partenariato sociale, il libero scambio e la responsabilità sociale e ambientale.

    5.2.

    Data la rapida trasformazione e intensificazione della concorrenza a livello mondiale, è inevitabile disporre di una politica commerciale. Inoltre, essa è indispensabile per ovviare alle carenze del mercato interno. Tuttavia, piuttosto che restare intrappolata in una spirale protezionistica, la governance nazionale e dell’Unione dovrebbe sviluppare e applicare un mix di politiche orientato al valore d’uso, modulato territorialmente in funzione delle caratteristiche e delle esigenze locali: i) misure di standardizzazione e certificazione per la protezione nazionale e la promozione dei marchi europei all’estero; ii) diplomazia economica (pro)attiva che sfrutti i legami internazionali a livello politico, culturale e socioeconomico; iii) uso degli appalti pubblici come strumento per applicare norme qualitative sui mercati europei; iv) promozione degli investimenti infrastrutturali necessari e delle disposizioni istituzionali che rafforzino ulteriormente la competitività della produzione locale.

    5.3.

    Le summenzionate regolamentazioni sul commercio intelligente dovrebbero andare di pari passo con politiche industriali dell’Unione e nazionali intelligenti: i) digitalizzazione, cibernetizzazione e applicazioni di intelligenza artificiale nella produzione; ii) investimento nello sviluppo di prodotti e servizi più profondamente differenziati e altamente specializzati; iii) investimento nella capacità tecnica di produrre in modo efficiente varietà differenziate; iv) promozione della formazione di raggruppamenti e del cooperativismo per quanto riguarda i produttori (semi)autonomi, laddove preservare la varietà corrisponde ai vantaggi di scala in specifici segmenti, attentamente scelti, del ciclo di vita dei prodotti; v) generalizzazione del sistema di simbiosi industriale per promuovere l’economia circolare; vi) ulteriore rafforzamento dei legami tra produzione da un lato e ricerca e sviluppo dall’altro, anche in campi scientifici meno applicati (vedere la pertinente discussione per il nuovo programma Orizzonte Europa 2020-2025).

    5.4.

    In particolare per quanto riguarda la suddetta promozione della formazione mirata di raggruppamenti e della simbiosi industriale, saranno necessari degli studi regionali settoriali per individuare i segmenti della produzione locale in cui si potrebbero istituire diversi tipi di creazione di reti e di cooperativismo.

    5.5.

    Come già detto, l’istruzione e la formazione professionale e l’apprendimento permanente costituiscono sia strumenti per la creazione di reti e per la formazione di raggruppamenti al fine di ottenere benefici in termini di scala per quanto riguarda i costi dello sviluppo umano che devono essere sostenuti dai datori di lavoro, sia un modo per rafforzare le capacità fondamentali per stimolare la creatività, l’innovazione e la adattabilità nel processo di produzione. La futura politica europea in materia di istruzione e formazione professionale e di apprendimento permanente dovrà dare priorità a queste competenze orizzontali a tutti i livelli in vari modi, compresi nuovi metodi di apprendimento, l’utilizzo di tecnologie aggiornate e nuovi meccanismi di finanziamento, aiutando in tal modo le unità di produzione ad adottare i risultati più recenti e utilizzarli nello sviluppo di nuovi prodotti differenziati.

    5.6.

    L’accesso ai dati e la capacità di gestione dei dati sono il prossimo settore di intervento strategico che si riferisce all’obiettivo di aiutare i produttori e i prestatori di servizi europei a rispondere all’evoluzione contemporanea dei mercati globalizzati e a utilizzare il loro vantaggio comparativo in beni e servizi altamente specializzati. Ciò è particolarmente importante per le PMI. Tuttavia, la liberalizzazione dell’accesso ai dati va di pari passo con un rischio crescente di abusi dei dati. Garantire sia la sovranità digitale sia la vita privata delle persone fisiche e giuridiche può essere un compito difficile dal punto di vista tecnico e giuridico, ma è al tempo stesso essenziale.

    5.7.

    Infine, accanto al già più facile accesso a una quantità di dati in crescita esponenziale, i produttori di prodotti e servizi devono avere la possibilità e la capacità di utilizzare il necessario strumentario per la gestione dei dati, costituito da metodi e da processi, digitalizzati o non digitalizzati. L’intelligenza aziendale è un termine relativamente nuovo nella letteratura pertinente e descrive con precisione la capacità di utilizzare le informazioni e le serie di dati. Accanto agli interventi tecnici e legali per fornire il software open source, questa discussione ci conduce nuovamente alle pertinenti competenze orizzontali che devono essere sviluppate attraverso l’istruzione e la formazione professionale e l’apprendimento permanente.

    Bruxelles, 11 dicembre 2019

    Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

    Luca JAHIER


    (1)  GU C 227 del 28.6.2018, pag. 70

    (2)  GU C 197 dell’8.6.2018, pag. 10

    (3)  GU C 353 del 18.10.2019, pag. 59


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