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Document 52018IP0305

    Risoluzione del Parlamento europeo del 5 luglio 2018 sul Burundi (2018/2785(RSP))

    GU C 118 del 8.4.2020, p. 119–124 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, HR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

    8.4.2020   

    IT

    Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

    C 118/119


    P8_TA(2018)0305

    Burundi

    Risoluzione del Parlamento europeo del 5 luglio 2018 sul Burundi (2018/2785(RSP))

    (2020/C 118/19)

    Il Parlamento europeo,

    viste le sue precedenti risoluzioni sul Burundi, in particolare quelle del 9 luglio 2015 (1), del 17 dicembre 2015 (2), del 19 gennaio 2017 (3) e del 6 luglio 2017 (4),

    visto l'accordo di Cotonou riveduto, in particolare l'articolo 96,

    vista la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo,

    visto il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici del 1966,

    vista la Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli,

    vista la Carta africana sulla democrazia, le elezioni e il buon governo,

    viste le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite n. 2248 (2015), del 12 novembre 2015, e n. 2303 (2016), del 29 luglio 2016, sulla situazione in Burundi,

    visto il resoconto orale presentato dalla commissione d'inchiesta delle Nazioni Unite sul Burundi al Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite in data 27 giugno 2018,

    viste la prima relazione del Segretario generale delle Nazioni Unite sulla situazione in Burundi, pubblicata il 23 febbraio 2017, e la dichiarazione del presidente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sulla situazione politica e le violenze in atto in Burundi, in cui si esorta vivamente il governo e tutte le parti coinvolte a cessare e a rifiutare immediatamente tali violenze,

    vista la dichiarazione alla stampa del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite del 13 marzo 2017 relativa alla situazione in Burundi e la dichiarazione del presidente del Consiglio di sicurezza della Nazioni Unite del 5 aprile 2018, in cui vengono condannati tutti gli abusi e tutte le violazioni dei diritti umani in Burundi,

    vista la relazione dell'indagine indipendente delle Nazioni Unite sul Burundi, pubblicata il 20 settembre 2016,

    vista la risoluzione adottata dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite il 30 settembre 2016 sulla situazione dei diritti umani in Burundi,

    visto l'accordo di pace e riconciliazione di Arusha per il Burundi (accordo di Arusha) del 28 agosto 2000,

    vista la dichiarazione sul Burundi del vertice dell'Unione africana del 13 giugno 2015,

    vista la decisione sulle attività del Consiglio per la pace e la sicurezza e sullo stato della pace e della sicurezza in Africa (Assembly/AU/Dec.598(XXVI)), adottata in occasione della 26a sessione ordinaria dell'assemblea dei capi di Stato e di governo dell'Unione africana, tenutasi il 30 e 31 gennaio 2016 ad Addis Abeba (Etiopia),

    viste le decisioni e le dichiarazioni dell'assemblea dell'Unione africana (Assembly/AU/Dec.605-620 (XXVII)), adottate in occasione della 27a sessione ordinaria dell'assemblea dei capi di Stato e di governo dell'Unione africana, tenutasi il 17 e 18 luglio 2016 a Kigali (Ruanda),

    vista la risoluzione della Commissione africana sui diritti dell'uomo e dei popoli, del 4 novembre 2016, sulla situazione dei diritti umani nella Repubblica del Burundi,

    vista la dichiarazione sul Burundi del vertice della Comunità dell'Africa orientale del 31 maggio 2015,

    vista la decisione (UE) 2016/394 del Consiglio, del 14 marzo 2016, relativa alla conclusione della procedura di consultazione con la Repubblica del Burundi a norma dell'articolo 96 dell'accordo di partenariato tra i membri del gruppo degli Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico, da un lato, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altro (5),

    visti il regolamento (UE) 2015/1755 del Consiglio, del 1o ottobre 2015 (6), nonché le decisioni (PESC) 2015/1763, del 1o ottobre 2015 (7), e (PESC) 2016/1745, del 29 settembre 2016 (8), del Consiglio, concernenti misure restrittive in considerazione della situazione in Burundi,

    viste le conclusioni del Consiglio del 16 marzo, 18 maggio, 22 giugno, 16 novembre 2015 e 15 febbraio 2016 sul Burundi,

    viste le dichiarazioni del vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (VP/AR), Federica Mogherini, in data 28 maggio 2015, 19 dicembre 2015, 21 ottobre 2016 e 27 ottobre 2017,

    vista la dichiarazione, dell'8 giugno 2018, del portavoce del VP/AR sulla situazione in Burundi,

    vista la dichiarazione, dell'8 maggio 2018, del VP/AR a nome dell'Unione europea sulla situazione politica in Burundi in vista del referendum costituzionale,

    vista la dichiarazione, del 6 gennaio 2017, del portavoce del VP/AR sulla messa al bando della Ligue Iteka in Burundi,

    visti l'articolo 135, paragrafo 5, e l'articolo 123, paragrafo 4, del suo regolamento,

    A.

    considerando che il Burundi sta attraversando una crisi politica, umanitaria e dei diritti umani dall'aprile 2015, quando il presidente Nkurunziza ha annunciato che si sarebbe candidato per un controverso terzo mandato, cui hanno fatto seguito mesi di sanguinosi disordini in cui hanno perso la vita 593 persone, secondo la Corte penale internazionale (CPI), e che hanno causato, secondo l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), la fuga di 413 000 persone e lo sfollamento di altre 169 000 all'interno del paese; che 3,6 milioni di persone nel paese necessitano di assistenza umanitaria, secondo l'Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA);

    B.

    considerando che le modifiche costituzionali votate in occasione del referendum includono l'espansione dei poteri presidenziali, la riduzione dei poteri del vicepresidente, la nomina del primo ministro da parte del presidente, l'introduzione di una procedura a maggioranza semplice per l'approvazione o la modifica della legislazione in parlamento, la possibilità di rivedere le quote introdotte dall'accordo di Arusha e il divieto per i partiti politici con meno del 5 % dei voti di partecipare al governo, tutti elementi che compromettono l'accordo di Arusha;

    C.

    considerando che la violenza e le intimidazioni nei confronti degli oppositori politici in tutto il paese si sono inasprite prima del referendum costituzionale del 17 maggio 2018, con la sparizione forzata e l'intimidazione degli oppositori della suddetta revisione costituzionale; che il referendum costituzionale consente altresì la soppressione delle disposizioni negoziate dell'accordo di Arusha, il che può ridurre l'inclusività e comportare ulteriori conseguenze gravi per la stabilità politica in Burundi; che, nonostante le modifiche apportate alla costituzione, il presidente Nkurunziza ha annunciato di non candidarsi alle elezioni del 2020;

    D.

    considerando che, secondo Amnesty International, durante il periodo ufficiale della campagna elettorale vi sono state frequenti segnalazioni di arresti, pestaggi e intimidazioni nei confronti di coloro che si battevano a favore del «no»; che il referendum ha avuto luogo in un contesto di repressione continua, inducendo i vescovi cattolici del Burundi ad affermare che molti cittadini vivono nella paura, al punto tale che alcuni non osano esprimere il proprio pensiero per paura di ritorsioni;

    E.

    considerando che la commissione d'inchiesta delle Nazioni Unite ha rilevato che la violenza politica, gli arresti arbitrari, le esecuzioni extragiudiziali, i pestaggi, l'incitamento all'odio e vari altri abusi continuano ad affliggere la popolazione; che Imbonerakure, la lega giovanile del partito politico al governo, continua a commettere violazioni dei diritti umani e a utilizzare varie tattiche di intimidazione, quali la creazione di blocchi stradali e posti di controllo in alcune province, l'estorsione di denaro, le molestie a danni dei passanti e l'arresto di persone sospettate di avere legami con l'opposizione, molte delle quali sono state detenute, violentate, picchiate e torturate e alcune hanno perso la vita a causa di tali violenze;

    F.

    considerando che durante il periodo del referendum nel 2018, le organizzazioni di difesa dei diritti hanno segnalato casi di riduzione dello spazio civico e di deterioramento dello spazio mediatico, sia a livello nazionale che locale; che dal 2015 le ONG locali e i difensori dei diritti umani sono sempre più oggetto di minacce e di attacchi da parte del governo, mentre la libertà di stampa e le condizioni in cui operano i giornalisti sono in costante peggioramento; che i media privati e i giornalisti hanno già pagato un prezzo elevato nella battaglia con il governo, essendo, ad esempio, vittime di arresti, di esecuzioni sommarie e di sparizioni forzate o venendo a volte etichettati dal governo come criminali o persino terroristi;

    G.

    considerando che il Burundi occupa il 159o posto su 180 nell'indice sulla libertà di stampa nel mondo stilato da Reporter senza frontiere per il 2018;

    H.

    considerando che molti attivisti per i diritti umani hanno scontato lunghe pene detentive, in particolare Germain Rukuki, che lavora per l'associazione dei giuristi cattolici del Burundi ed è stato condannato a 32 anni di detenzione, o sono in carcere in attesa di processo, come Nestor Nibitanga; che sono state approvate leggi restrittive atte a controllare le ONG locali e internazionali; che alcuni organizzazioni sono state costrette a sospendere le loro attività e altre a chiudere definitivamente, come la Ligue ITEKA, FOCODE e ACAT; che molti leader e difensori dei diritti umani sono stati esiliati, mentre coloro che si trovano ancora nel paese sono sotto costante pressione o sono stati arrestati; che Emmanuel Nshimirimana, Aimé Constant Gatore e Marius Nizigama sono stati condannati a pene detentive tra i 10 e i 32 anni, mentre Nestor Nibitanga potrebbe dover scontare 20 anni di carcere; che il giornalista Jean Bigirimana è scomparso da ormai quasi due anni ed è una delle numerose vittime delle sparizioni forzate nel contesto della crisi;

    I.

    considerando che, nell'ottobre 2017, i giudici della CPI hanno autorizzato il procuratore della stessa ad avviare un'indagine sui reati rientranti nella giurisdizione della Corte commessi presumibilmente in Burundi o da cittadini del Burundi al di fuori del paese tra il 26 aprile 2015 e il 26 ottobre 2017; che, con effetto dal 27 ottobre 2017, il Burundi è stato il primo paese a ritirarsi dalla CPI in seguito alla decisione della Corte, dell'aprile 2016, di avviare un'indagine preliminare sulle violenze, gli abusi dei diritti umani e i possibili crimini contro l'umanità avvenuti in Burundi, mentre il regime continua a uccidere impunemente nel paese;

    J.

    considerando che la presenza di soldati burundesi nelle missioni di mantenimento della pace consente al regime del presidente Nkurunziza di nascondere la realtà dei problemi interni e di presentare il Burundi come un fattore di stabilizzazione in altri paesi in crisi, in un momento in cui il Burundi stesso sta attraversando una crisi senza precedenti caratterizzata da gravi violazioni dei diritti umani; che, agendo in tal modo, il Burundi guadagna ingenti somme di denaro, che non vengono ridistribuite a favore della popolazione; che non sarà possibile svolgere elezioni pacifiche, libere, democratiche e indipendenti fino a quando la milizia Imbonerakure non sarà stata sciolta;

    K.

    considerando che il Burundi si trova in uno stato di costante deterioramento socio-economico nonché all'ultimo posto della classifica del PIL pro capite a livello mondiale; che circa 3,6 milioni di cittadini burundesi (il 30 % della popolazione) necessitano di assistenza e 1,7 milioni restano in condizioni di insicurezza alimentare; che tale situazione di povertà è aggravata dall'introduzione di un contributo «volontario» per le elezioni del 2020, che spesso viene riscosso coercitivamente dagli appartenenti alla lega Imbonerakure e che corrisponde a circa il 10 % o più dello stipendio mensile di un dipendente pubblico;

    L.

    considerando che, in occasione del 30o vertice dell'Unione africana e del 19o vertice della Comunità dell'Africa orientale, l'Unione africana e la Comunità dell'Africa orientale hanno espresso rispettivamente il loro impegno a favore di una soluzione pacifica della situazione politica in Burundi attraverso un dialogo inclusivo sulla base dell'accordo di Arusha del 28 agosto 2000;

    M.

    considerando che una serie di partner bilaterali e multilaterali hanno sospeso la loro assistenza finanziaria e tecnica al governo del Burundi a causa della situazione nel paese; che l'UE ha sospeso il sostegno finanziario diretto a favore all'amministrazione burundese, incluso il sostegno al bilancio, ma mantiene il sostegno alla popolazione e l'assistenza umanitaria;

    N.

    considerando che l'Unione e gli Stati Uniti hanno adottato sanzioni mirate e individuali contro il Burundi; che il 23 ottobre 2017 il Consiglio ha rinnovato le misure restrittive dell'UE contro il Burundi, prorogandole fino al 31 ottobre 2018; che tali misure consistono nel divieto di viaggio e nel congelamento dei beni nei confronti di persone specifiche le cui attività sono state ritenute tali da compromettere la democrazia o ostacolare la ricerca di una soluzione politica alla crisi in Burundi;

    O.

    considerando che il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite ha adottato i risultati della revisione periodica universale concernente il Burundi il 28 giugno 2018 nel corso della sua 38a sessione; che il Burundi ha accettato 125 delle 242 raccomandazioni contenute nella revisione, respingendo in particolare quelle che chiedono misure concrete per migliorare la situazione dei diritti umani nel paese;

    P.

    considerando che la Corte costituzionale ha confermato il risultato del referendum del 17 maggio 2018 e ha respinto una petizione presentata dall'opposizione che denunciava intimidazioni e abusi;

    1.

    esprime profonda preoccupazione per l'impunità endemica e le violazioni dei diritti umani, tra cui le esecuzioni sommarie, le torture, le sparizioni forzate e le detenzioni arbitrarie; ricorda al Burundi il suo obbligo, in qualità di membro del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, di riprendere e garantire la piena cooperazione con la commissione d'inchiesta dell'ONU sul Burundi e la squadra di tre esperti delle Nazioni Unite, e di concedere al relatore speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei difensori dei diritti umani l'accesso al paese;

    2.

    invita il governo del Burundi a rispettare pienamente l'accordo di Arusha quale principale strumento per la pace e la stabilità nel paese; invita il governo del Burundi a rispettare i suoi obblighi giuridici internazionali per quanto riguarda i diritti umani e civili, nonché a promuovere e tutelare il diritto alla libertà di espressione e il diritto di associazione sanciti dal Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, di cui il Burundi è parte;

    3.

    denuncia, ancora una volta, le intimidazioni, le repressioni, le violenze e le molestie nei confronti di giornalisti, sostenitori dell'opposizione e difensori dei diritti umani; invita le autorità del Burundi a rispettare lo Stato di diritto e i diritti umani fondamentali, come la libertà di espressione e la libertà dei media, e a rilasciare immediatamente e senza condizioni Germain Rukuki, Nestor Nibitanga, Emmanuel Nshimirimana, Aimé Constant Gatore e Marius Nizigama, cinque difensori dei diritti umani che sono stati arrestati solo per la loro attività a favore dei diritti umani, ma che sono accusati dalle autorità di minare la sicurezza interna del paese; chiede che le autorità burundesi avviino indagini riguardo alla situazione del giornalista Jean Bigirimana;

    4.

    condanna la decisione del Burundi di ritirarsi dalla CPI; sostiene il proseguimento delle indagini preliminari della CPI sui gravi crimini e gli atti di repressione perpetrati nel paese; invita l'UE a continuare a promuovere l'assunzione di responsabilità per i crimini commessi in Burundi; si attende che il paese riprenda e prosegua la cooperazione con la CPI, in considerazione del fatto che la lotta contro l'impunità, il perseguimento di tutte le violazioni dei diritti umani e l'assunzione di responsabilità rimangono passi necessari per risolvere la crisi e pervenire a una soluzione pacifica duratura;

    5.

    accoglie con favore il resoconto orale della commissione d'inchiesta dell'ONU sul Burundi e plaude al suo lavoro fondamentale nel documentare l'attuale crisi dei diritti umani nel paese;

    6.

    sottolinea la sua preoccupazione per la situazione umanitaria, che è caratterizzata da 169 000 sfollati interni, 1,67 milioni di persone bisognose di assistenza umanitaria e oltre 410 000 burundesi che cercano rifugio nei paesi vicini; elogia i paesi ospitanti per i loro sforzi e invita i governi della regione a garantire che il rimpatrio dei rifugiati sia volontario, basato su decisioni informate e svolto in condizioni di sicurezza e dignità;

    7.

    deplora tuttavia la lentezza dei progressi del dialogo inter-burundese guidato dalla Comunità dell'Africa orientale e la mancanza di impegno da parte del governo del Burundi al riguardo e invita tutte le parti, in particolare le autorità burundesi, ad impegnarsi a riprendere urgentemente il dialogo inter-burundese, che dovrebbe essere organizzato nell'ambito di un contesto realmente inclusivo e senza precondizioni;

    8.

    invita a un approccio rinnovato e coordinato tra l'Unione africana, l'UE, la Commissione economica per l'Africa (ECA) delle Nazioni Unite e le Nazioni Unite nel complesso; si rammarica del fatto che il governo del Burundi non tenga in considerazione le relazioni del Segretario generale delle Nazioni Unite, le risoluzioni del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite a Ginevra, la decisione dell'Unione africana del gennaio 2018 né gli sforzi di mediazione dell'ECA; incoraggia i partner bilaterali e multilaterali e il governo del Burundi a proseguire il dialogo affinché il governo del Burundi crei condizioni favorevoli alla ripresa dell'assistenza; invita tutte le parti interessate burundesi a partecipare attivamente a tale processo; ribadisce il proprio sostegno al processo di mediazione con il sostegno dell'Unione africana e del rappresentante speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite;

    9.

    si compiace per l'assistenza fornita da partner bilaterali e multilaterali al fine di alleviare la situazione umanitaria e invita la comunità internazionale a continuare a fornire sostegno per rispondere alle esigenze umanitarie nel paese; incoraggia la Commissione a fornire ulteriore sostegno diretto alla popolazione nel 2018; sottolinea che il ritorno alle classiche modalità di cooperazione richiede il ripristino dello Stato di diritto e della democrazia, comprese la lotta contro l'impunità e la protezione dei cittadini del Burundi;

    10.

    è preoccupato che l'attuale crisi politica possa trasformarsi in un conflitto etnico mediante il ricorso alla propaganda, a dichiarazioni che incitano all'odio o alla violenza ed equiparano gli oppositori, i membri della società civile, i giornalisti e i tutsi a «nemici del regime» da eliminare; esorta tutte le parti in Burundi ad astenersi da qualsiasi comportamento o dichiarazione che possa aggravare ulteriormente la violenza, approfondire la crisi o pregiudicare la stabilità regionale a lungo termine;

    11.

    resta profondamente preoccupato per il fatto che la nuova costituzione adottata mediante referendum il 17 maggio 2018 potrebbe iniziare a smantellare le disposizioni attentamente negoziate, contenute nell'accordo di Arusha, che hanno contribuito a porre fine alla guerra civile in Burundi;

    12.

    conferma il proprio sostegno alla decisione dell'UE, in seguito alla consultazione con le autorità burundesi a norma dell'articolo 96 dell'accordo di Cotonou, di sospendere il sostegno finanziario diretto al governo del Burundi e plaude all'introduzione di restrizioni di viaggio e misure di congelamento dei beni da parte dell'UE nei confronti di coloro che cercano di compromettere gli sforzi di pace o il rispetto dei diritti umani;

    13.

    chiede di porre fine a qualsiasi ulteriore pagamento alle truppe del Burundi e ai vari contingenti provenienti dal Burundi impegnati in missioni di mantenimento della pace delle Nazioni Unite e dell'Unione africana; prende atto della dichiarazione del presidente Nkurunziza secondo cui non si candiderà per un nuovo mandato nel 2020; invita la comunità internazionale a seguire da vicino la situazione in Burundi, a prescindere dalla dichiarazione del presidente Nkurunziza circa le elezioni del 2020;

    14.

    ricorda l'incisiva dichiarazione del VP/AR, dell'8 maggio 2018, sull'avvio della fase preparatoria finale per il referendum costituzionale del 17 maggio 2018; deplora la mancanza di un approccio consensuale tra i vari gruppi sociali e politici in Burundi, la mancanza di informazioni pubbliche ufficiali sugli elementi fondamentali del progetto di Costituzione, nonché il rigido controllo dei giornalisti e dei media;

    15.

    ricorda al governo del Burundi che le condizioni per lo svolgimento di elezioni inclusive, credibili e trasparenti nel 2020 implicano il diritto alla libertà di espressione, l'accesso alle informazioni e la creazione di uno spazio libero in cui i difensori dei diritti umani possano esprimersi senza intimidazioni o paura di ritorsioni;

    16.

    incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al governo e al parlamento del Burundi, al Consiglio dei ministri ACP-UE, alla Commissione, al Consiglio, al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri dell'Unione europea, ai paesi membri e alle istituzioni dell'Unione africana nonché al Segretario generale delle Nazioni Unite.

    (1)  GU C 265 dell'11.8.2017, pag. 137.

    (2)  GU C 399 del 24.11.2017, pag. 190.

    (3)  Testi approvati, P8_TA(2017)0004.

    (4)  Testi approvati, P8_TA(2017)0310.

    (5)  GU L 73 del 18.3.2016, pag. 90.

    (6)  GU L 257 del 2.10.2015, pag. 1.

    (7)  GU L 257 del 2.10.2015, pag. 37.

    (8)  GU L 264 del 30.9.2016, pag. 29.


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