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Document 52018IP0101

    Risoluzione del Parlamento europeo del 17 aprile 2018 sulla parità di genere nel settore dei media nell'Unione europea (2017/2210(INI))

    GU C 390 del 18.11.2019, p. 19–27 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, HR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

    18.11.2019   

    IT

    Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

    C 390/19


    P8_TA(2018)0101

    La parità di genere nel settore dei media nell'Unione europea

    Risoluzione del Parlamento europeo del 17 aprile 2018 sulla parità di genere nel settore dei media nell'Unione europea (2017/2210(INI))

    (2019/C 390/03)

    Il Parlamento europeo,

    visti gli articoli 11 e 23 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,

    visti l'articolo 2 e l'articolo 3, paragrafo 3, secondo comma, del trattato sull'Unione europea (TUE), nonché l'articolo 8 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE),

    vista la direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l'attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (1),

    vista la direttiva 2010/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2010, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi (direttiva sui servizi di media audiovisivi) (2),

    vista la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all'equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza e che abroga la direttiva 2010/18/UE del Consiglio, presentata dalla Commissione il 26 aprile 2017 (COM(2017)0253),

    vista la proposta della Commissione relativa al terzo programma di azione comunitaria a medio termine per la parità di opportunità tra donne e uomini (1991-1995) (COM(90)0449),

    vista la risoluzione del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, del 5 ottobre 1995, concernente l'immagine dell'uomo e della donna nella pubblicità e nei mezzi di comunicazione (3),

    vista la comunicazione della Commissione, del 7 giugno 2000, intitolata "Verso una strategia quadro comunitaria per la parità tra donne e uomini (2001-2005)" (COM(2000)0335),

    viste le conclusioni del Consiglio del 9 giugno 2008 sul tema "Eliminare gli stereotipi di genere nella società",

    viste le conclusioni del Consiglio del 24 giugno 2013 sul tema "Migliorare il ruolo delle donne in qualità di decisori nei media",

    visto il patto europeo per la parità di genere (2011-2020) adottato dal Consiglio nel marzo 2011,

    vista la tabella di marcia per la parità tra donne e uomini 2006-2010 del 1o marzo 2006 (COM(2006)0092),

    vista la strategia per la parità tra donne e uomini 2010-2015 del 21 settembre 2010 (COM(2010)0491),

    visto il documento di lavoro dei servizi della Commissione del 3 dicembre 2015 dal titolo "Strategic engagement for gender equality 2016-2019" (Impegno strategico per la parità di genere 2016-2019) (SWD(2015)0278),

    vista la sua risoluzione del 25 luglio 1997 sulla discriminazione della donna nella pubblicità (4),

    vista la sua risoluzione del 3 settembre 2008 sull'impatto del marketing e della pubblicità sulla parità tra donne e uomini (5),

    vista la sua risoluzione del 12 marzo 2013 sull'eliminazione degli stereotipi di genere nell'Unione europea (6),

    vista la sua risoluzione del 28 aprile 2016 sull'uguaglianza di genere e l'emancipazione delle donne nell'era digitale (7),

    vista la sua risoluzione del 13 settembre 2016 sulla creazione di condizioni del mercato del lavoro favorevoli all'equilibrio tra vita privata e vita professionale (8),

    vista la sua risoluzione del 15 settembre 2016 sull'applicazione della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro ("direttiva sulla parità in materia di occupazione") (9),

    vista la sua risoluzione del 14 giugno 2017 sulla necessità di una strategia dell'Unione europea per eliminare e prevenire il divario tra le pensioni degli uomini e delle donne (10),

    vista la sua risoluzione del 4 luglio 2017 sulle condizioni di lavoro e l'occupazione precaria (11),

    vista la sua risoluzione del 3 ottobre 2017 sull'emancipazione economica delle donne nel settore pubblico e privato nell'UE (12),

    vista la sua risoluzione del 26 ottobre 2017 sulla lotta alle molestie e agli abusi sessuali nell'UE (13),

    vista la raccomandazione del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa del 10 luglio 2013 sulla parità di genere e i media,

    vista la raccomandazione 1555 del 24 aprile 2002 dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa sull'immagine della donna nei media,

    vista la raccomandazione 1799 del 26 giugno 2007 dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa sull'immagine della donna nella pubblicità,

    vista la raccomandazione del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa agli Stati membri, del 27 settembre 2017, sulla parità di genere nel settore audiovisivo,

    visto lo studio dell'Istituto europeo per l'uguaglianza di genere (EIGE) del 2013 dal titolo "Review of the implementation of the Beijing Platform for Action in the EU Member States: Women and the Media – Advancing gender equality in decision-making in media organisations" (Esame dell'attuazione della piattaforma d'azione di Pechino negli Stati membri dell'UE: Donne e media - promuovere la parità di genere a livello decisionale nelle organizzazioni mediatiche),

    visti la dichiarazione e la piattaforma d'azione di Pechino e i relativi allegati, adottati in occasione della quarta Conferenza mondiale sulle donne svoltasi nel settembre 1995,

    vista la relazione del 2013, a cura del Consiglio d'Europa, dal titolo "Media and the image of women" (I media e l'immagine della donna),

    visto l'articolo 52 del suo regolamento,

    visti la relazione della commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere e il parere della commissione per l'occupazione e gli affari sociali (A8-0031/2018),

    A.

    considerando che la parità tra uomini e donne è un principio fondamentale dell'Unione europea, sancito all'articolo 8 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, dove si afferma che, nelle sue azioni, l'Unione mira ad eliminare le ineguaglianze, nonché a promuovere la parità, tra uomini e donne; che le politiche dell'Unione in materia di promozione della parità di genere hanno contribuito a migliorare la vita di molti cittadini europei;

    B.

    considerando che i media agiscono come un quarto potere, hanno la capacità di influenzare e in definitiva plasmare l'opinione pubblica; che i mezzi di comunicazione sono uno dei cardini delle società democratiche e che, in quanto tali, hanno il dovere di garantire la libertà d'informazione, la diversità di opinione e il pluralismo dei media, di promuovere il rispetto della dignità umana e di lottare contro tutte le forme di discriminazione e di disuguaglianza, anche presentando modelli di ruoli sociali diversificati; che, pertanto, occorre sensibilizzare le organizzazioni nel settore dei media;

    C.

    considerando che la quarta Conferenza mondiale sulle donne, tenutasi a Pechino nel 1995, ha riconosciuto l'importanza del rapporto tra le donne e i media per conseguire la parità tra uomini e donne e ha integrato due obiettivi strategici nella piattaforma d'azione di Pechino:

    a)

    accrescere la partecipazione delle donne e permettere loro di esprimersi e di accedere ai processi decisionali nei media e nelle nuove tecnologie di comunicazione e attraverso di essi;

    b)

    promuovere una rappresentazione equilibrata e non stereotipata delle donne nei media;

    D.

    considerando che l'immagine delle donne e degli uomini nei media può dare l'idea di una rappresentazione iniqua in vari contesti, tra cui quello politico, economico, sociale, accademico, religioso, culturale e sportivo – dove gli uomini ricoprono principalmente dei ruoli sociali attivi mentre le donne sono relegate a ruoli più passivi; che tra i vari stereotipi che caratterizzano l'immagine della donna e dell'uomo un ottimo esempio è la sessualizzazione del corpo femminile, particolarmente evidente nella stampa scandalistica e nella pubblicità; che l'erotizzazione della violenza e l'oggettificazione delle donne nei media si ripercuotono negativamente sulla lotta per l'eliminazione della violenza contro le donne; che gli stereotipi di genere si uniscono spesso ad altri stereotipi che discriminano sulla base di qualsiasi motivazione;

    E.

    considerando che i media hanno un impatto significativo sulle norme culturali di genere e sul modo in cui si formano ed evolvono le rappresentazioni sociali associate sia a donne che a uomini, e influenzano il pubblico con immagini del corpo e idee stereotipate di mascolinità e femminilità; che, per esempio, la rappresentazione delle donne nella pubblicità e il modo in cui i prodotti si rivolgono ai potenziali consumatori tendono a perpetuare le norme di genere tradizionali; che, laddove i media continuano a rappresentare in maniera stereotipata le donne e gli uomini, comprese le persone LGBTI, il pubblico tende molto spesso a considerare tali rappresentazioni come legittime, il che rende difficile o non permette di metterle in discussione;

    F.

    considerando che nelle società contemporanee il settore della pubblicità ricopre un ruolo fondamentale nel contesto mediatico, in quanto comunica utilizzando immagini e idee che fanno leva sulle nostre emozioni e, pertanto, possono modellare i nostri valori e atteggiamenti e la nostra percezione del mondo; che, trasmettendo un'immagine di genere falsata, la pubblicità può ricorrere al sessismo e replicare pratiche discriminatorie; che una pubblicità può essere considerata discriminatoria o sessista qualora ritragga un genere in maniera avvilente e offensiva o lo rappresenti come meno capace, intelligente o inferiore;

    G.

    considerando che le nuove tecnologie stanno trasformando i modelli commerciali tradizionali dei media; che il settore audiovisivo costituisce un settore molto importante di valore economico che, da solo, impiega direttamente oltre un milione di persone nell'UE; che i nuovi sistemi online di comunicazione e multimediali rendono necessario l'adattamento dei meccanismi di supervisione a livello nazionale e dei regimi di autoregolamentazione, senza pregiudicare l'esito dei negoziati sulla direttiva sui servizi di media audiovisivi;

    H.

    considerando che occorre tenere in eguale considerazione il punto di vista delle donne e quello degli uomini al fine di ottenere un quadro completo e diversificato di ogni aspetto della realtà sociale; che è importante non perdere il potenziale e le capacità delle donne di comunicare informazioni, fatti e opinioni sulle sfide affrontate dalle donne nei media, pur riconoscendo che le donne non possono essere considerate come un gruppo omogeneo;

    I.

    considerando che occorre cambiare la persistente proiezione di immagini negative e degradanti delle donne nei mezzi di comunicazione (mezzi in formato elettronico, cartaceo, visivo e audio); che le disparità di genere si costruiscono e si riproducono anche a partire dal linguaggio e dalle immagini diffuse dai mezzi di comunicazione; che i bambini si trovano ad affrontare disuguaglianze di genere fin dalla più tenera età in quanto sono esposti a modelli di ruolo promossi da serie e programmi televisivi, discussioni, giochi, videogiochi e pubblicità; che i ruoli di genere prendono forma per lo più durante l'infanzia e l'adolescenza, con un impatto lungo tutto l'arco della vita; che l'istruzione e la formazione dei professionisti dei mezzi di comunicazione costituiscono potenti strumenti per combattere ed eradicare gli stereotipi e promuovere l'uguaglianza e sensibilizzare in tal senso;

    J.

    considerando che nel 2015 le donne costituivano il 68 % dei laureati in giornalismo e informazione nell'UE-28, mentre i dati sull'occupazione per l'UE-28 nel periodo 2008-2015 (14) mostrano che la percentuale di donne occupate nel settore dei media continua a rimanere ferma mediamente intorno al 40 %;

    K.

    considerando che, inoltre, nel 2015 la percentuale di donne nei processi decisionali del settore dei media nell'UE-28 era ancora al di sotto della fascia dell'equilibrio di genere (40-60 %), ossia pari solo al 32 %, mentre la percentuale di donne presidenti di consigli di amministrazione si attestava a solo il 22 % (15);

    L.

    considerando che il divario retributivo e pensionistico di genere è un problema persistente nell'UE ed è evidente in diversi settori economici, compresi i media, dove il divario retributivo di genere è pari al 17 %;

    M.

    considerando che le donne continuano ad affrontare il cosiddetto "soffitto di cristallo" nel settore dei media e potrebbero non avere pari opportunità a livello di promozione o avanzamento di carriera a causa di vari fattori, tra cui le procedure di una cultura organizzativa che spesso non favorisce l'equilibrio tra lavoro e vita privata con un ambiente competitivo, caratterizzato da stress, scadenze inflessibili e lunghi orari di lavoro; che le donne hanno meno potere per decidere le notizie di attualità in ragione della loro insufficiente rappresentanza nelle posizioni direttive di alto livello;

    N.

    considerando che le organizzazioni mediatiche negli Stati membri possono stabilire le proprie politiche per la parità, il che porta a un ampio spettro di pratiche nell'UE: da quadri politici molto esaustivi che disciplinano il contenuto dei media e prevedono una rappresentanza equilibrata di uomini e donne negli organi decisionali alla totale assenza di una politica al riguardo;

    O.

    considerando che dalle ricerche emerge che soltanto il 4 % delle notizie è contrario a una rappresentazione stereotipata; che le donne costituiscono solo il 24 % delle persone di cui si sente o si legge nelle notizie (16); che il 37 % circa delle storie provenienti da fonti di informazione online e offline è riportato da donne, una situazione che non ha mostrato prospettive di miglioramento negli ultimi dieci anni (17); che le donne sono per lo più invitate a fornire un'opinione popolare (41 %) o un'esperienza personale (38 %) e sono raramente citate in qualità di esperti (soltanto nel 17 % delle notizie); che le ricerche hanno altresì evidenziato che meno di un esperto o commentatore su cinque è una donna (18 %) (18);

    P.

    considerando che le donne sono sottorappresentate in misura sproporzionata nei mezzi di informazione e sono ancora meno visibili nei settori dello sport, della politica, dell'economia e delle finanze, nonostante la varietà dei mezzi di comunicazione negli Stati membri; che le figure storiche femminili sono quasi del tutto assenti dai pertinenti contenuti mediatici, quali i documentari biografici;

    Q.

    considerando che è essenziale che le donne contribuiscano su un piano paritario con gli uomini a riportare i contenuti e a fungere da fonti d'informazione, non solo per motivi di rappresentanza ma anche per motivi di pari opportunità e ai fini del pieno riconoscimento delle loro competenze e conoscenze; che nel panorama europeo dei mezzi di comunicazione esistono ostacoli nel perseguire un approccio responsabile alla parità di genere a causa delle restrizioni finanziarie e delle condizioni di lavoro, in particolare la precarietà lavorativa e i livelli di esperienza professionale, unitamente alla velocità crescente dell'informazione e delle considerazioni d'ordine commerciale;

    R.

    considerando che vi sono donne nel settore dei media che occupano posizioni di alto livello, ad esempio famose cineaste, giornaliste e croniste che, anche se raggiungono i medesimi risultati degli uomini, sono più esposte a violenze di genere e a discriminazioni sul luogo di lavoro e rischiano di non ottenere lo stesso livello di apprezzamento dei loro omologhi di sesso maschile;

    S.

    considerando che le donne attive sui media sociali sono sempre più esposte a molestie; che tali molestie potrebbero mettere a tacere la voce delle donne e indeboliscono la loro partecipazione alla società; che dai dati raccolti a livello mondiale emerge che metà delle donne impiegate nel settore dei media ha subito abusi sessuali, un quarto di esse è stato oggetto di violenza fisica e tre quarti hanno subito intimidazioni, minacce o abusi (19); che vi è una crescente preoccupazione riguardo alla violenza online contro donne e ragazze e si stima che nell'UE una donna su dieci sia stata vittima di una qualche forma di violenza online dopo il compimento di 15 anni di età1; che a livello dell'UE mancano dati e ricerche sulla violenza online contro donne e ragazze; che le molestie psicologiche e sessuali costituiscono violazioni dei diritti umani; che i media e le autorità di regolamentazione nazionali e internazionali dovrebbero stabilire norme, ivi comprese sanzioni da applicare alle organizzazioni mediatiche, al fine di gestire tali questioni;

    T.

    considerando che in particolare le giornaliste d'inchiesta subiscono spesso violenze e attacchi mortali, come dimostrano i casi di Veronica Guerin o Daphne Caruana Galizia;

    U.

    considerando che dallo studio dell'European Women's Audiovisual Network (EWA) (20) emerge che nei sette paesi europei esaminati soltanto un film su cinque è diretto da una donna e che la grande maggioranza dei finanziamenti è destinata a pellicole non dirette da donne, nonostante circa la metà dei laureati delle scuole di cinema siano donne;

    V.

    considerando che le imprese operanti nel settore dei media dovrebbero adottare sistemi di autoregolamentazione e codici di condotta comprendenti norme e criteri procedurali relativi alla carriera professionale e alla copertura mediatica che tutelino e promuovano la parità di genere; che tali sistemi di autoregolamentazione e codici di condotta andrebbero elaborati in collaborazione con le organizzazioni sindacali del settore, perseguendo una chiara politica in materia di parità di genere;

    Presenza delle donne nei media

    1.

    sottolinea che, sebbene in questo settore le donne con titolo di studio universitario costituiscano una forza lavoro considerevole, esse sono sottorappresentate nelle posizioni dirigenziali e di vertice; ritiene che i servizi dei media sia pubblici che privati abbiano la responsabilità di garantire la parità tra uomini e donne e impedire qualsiasi discriminazione; invita gli Stati membri a sviluppare incentivi politici per ridurre le barriere che ostacolano l'accesso delle donne alle posizioni dirigenziali e di vertice nelle organizzazioni mediatiche;

    2.

    deplora il fatto che la rappresentanza delle donne nei mezzi di comunicazione pubblici dell'UE sia mediamente bassa, sia nelle posizioni strategiche e operative di alto livello che nei consigli di amministrazione (nel 2017: 35,8 % degli incarichi dirigenziali, 37,7 % degli incarichi non dirigenziali e 33,3 % come membri di consigli di amministrazione) (21);

    3.

    ricorda che, in vista del monitoraggio delle aree critiche della piattaforma d'azione di Pechino riguardante le donne nei media, l'EIGE ha elaborato i seguenti indicatori:

    la percentuale di donne e uomini in posizioni decisionali e nei consigli di amministrazione delle organizzazioni nel settore dei media nell'UE;

    la percentuale di donne e uomini presenti nei consigli di amministrazione delle organizzazioni nel settore dei media nell'UE;

    politiche per la promozione della parità di genere nelle organizzazioni nel settore dei media;

    4.

    rammenta che la direttiva sui servizi di media audiovisivi, sebbene affermi che i propri obiettivi "non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque […] essere realizzati meglio a livello dell'Unione", non contiene nessun riferimento a una rappresentanza paritaria nelle organizzazioni nel settore dei media;

    5.

    osserva che, pur non essendovi per il momento rappresentate in modo sufficiente, le donne continuano ad avere maggiori probabilità di essere assunte o promosse a posizioni di alto livello nei mezzi di comunicazione del servizio pubblico rispetto alle organizzazioni mediatiche private (22);

    6.

    invita gli Stati membri e le organizzazioni del settore dei media a sostenere e sviluppare misure, tra cui quote, che incentivino la pari rappresentanza di donne e uomini nelle posizioni decisionali, e chiede che sia dato maggiore rilievo in tali organizzazioni al controllo efficace di tali attività; invita la Commissione a intensificare i propri sforzi per sbloccare la direttiva sulle donne nei consigli di amministrazione, in sospeso al Consiglio dal 2013;

    7.

    prende atto della lunga tradizione di assumere sia personale permanente sia liberi professionisti che esiste nel settore dei media e prende altresì atto della continua digitalizzazione di questo settore, che ha portato a una diminuzione dei proventi tradizionali generati dalla circolazione e dalla pubblicità, incidendo sul tipo di contratti di lavoro offerti nel settore; rileva inoltre che in tutto il mercato del lavoro le donne sono sovrarappresentate in molte forme di lavoro atipico; osserva che è probabile che le crescenti pressioni esercitate sul settore dei media per preservarne la redditività economica portino a un aumento di tali tipi di contratti;

    8.

    ritiene che gli stereotipi possano generare un contesto sociale negativo per le donne e contribuire alla discriminazione di genere sul luogo di lavoro; osserva che un contesto sociale positivo è importante per aiutare i lavoratori ad affrontare elevati livelli di intensità di lavoro;

    9.

    ricorda che le organizzazioni mediatiche sono libere di stabilire i ruoli per i loro dipendenti, sia uomini che donne, ma le esorta a farlo nel massimo rispetto della dignità personale e della qualità professionale; osserva, in tale contesto, casi preoccupanti di croniste ritenute più adatte al giornalismo televisivo per l'attrattiva esercitata sul pubblico e successivamente, con l'avanzare degli anni, sostituite da colleghe più giovani;

    10.

    condanna inoltre le diffuse molestie sessuali e altre tipologie di abusi, in particolare nei giochi online e nei social media, e incoraggia le società di media a creare ambienti sicuri che rispondano a qualunque caso di molestia; chiede pertanto l'adozione di diverse misure, tra cui campagne di sensibilizzazione, norme interne sulle sanzioni disciplinari per i trasgressori, nonché assistenza psicologica e/o legale per le vittime di tali pratiche, al fine di prevenire e combattere il bullismo e le molestie sessuali sul luogo di lavoro e negli ambienti online;

    11.

    condanna fermamente gli attacchi contro le giornaliste che si occupano intrepidamente di questioni politiche e criminali di primaria importanza e invita ad adoperarsi al massimo per garantire la tutela e la sicurezza di tutti i giornalisti;

    12.

    sollecita le organizzazioni mediatiche pubbliche e private ad adottare politiche interne, ad esempio in materia di diversità e di pari opportunità, che includano misure contro le molestie, regimi di congedo di maternità o parentale, modalità di lavoro flessibili a sostegno dell'equilibrio tra vita professionale e vita privata che consentano alle donne e agli uomini di usufruire nella stessa misura del congedo parentale e incoraggino gli uomini ad avvalersi del congedo di paternità, garantendo un'equa distribuzione dell'assistenza all'infanzia, nonché programmi di assistenza e formazione manageriale, l'utilizzo del telelavoro e modalità di lavoro flessibili per le donne e gli uomini su base volontaria e senza pregiudicare le possibilità di avanzamento di carriera;

    13.

    invita i media a rispettare il diritto delle donne e degli uomini a usufruire di un congedo di maternità, di paternità o parentale; rammenta che una donna incinta non dovrebbe subire alcuna discriminazione a causa del suo stato e che non si dovrebbe rifiutare l'assunzione a una donna adducendo come motivo la possibilità che lei decida di avere una gravidanza; incoraggia le organizzazioni del settore dei media e le autorità di regolamentazione a rendere pubblico il divario retributivo di genere, a introdurre obblighi di trasparenza retributiva e ad applicare mediante misure vincolanti il principio della parità di retribuzione per lavoro di pari valore;

    14.

    propone che le organizzazioni mediatiche creino banche dati di esperti di sesso femminile in una serie di settori, in particolare quelli in cui le donne sono sottorappresentate, in modo da poter avvalersene, se del caso; incoraggia inoltre la raccolta di dati disaggregati per genere in tutti i possibili contenuti dei mezzi di comunicazione;

    15.

    invita la Commissione e gli Stati membri ad accrescere la partecipazione delle donne e a permettere loro di esprimersi e di accedere ai processi decisionali attraverso i media e le nuove tecnologie di comunicazione;

    16.

    ritiene che tutti i lavoratori del settore dei media potrebbero trarre vantaggio dal miglioramento generale delle condizioni delle donne sul luogo di lavoro; reputa tuttavia che tale miglioramento non sia sufficiente e che permangano disparità; pone in evidenza la necessità che gli Stati membri e la Commissione promuovano e garantiscano il principio della parità di retribuzione conformemente all'articolo 157 TFUE, in particolare combattendo il divario retributivo e pensionistico di genere, riducendo il lavoro precario (23), assicurando l'accessibilità a un'assistenza per l'infanzia economicamente sostenibile e di qualità nonché politiche migliori in materia di equilibrio tra vita privata e vita professionale, e garantendo i diritti di contrattazione collettiva;

    17.

    ribadisce che i media devono attuare con urgenza la politica della parità di retribuzione a parità di lavoro svolto, compresi obblighi di trasparenza salariale, consentendo inoltre alle donne di usufruire delle stesse opportunità di promozione e formazione o di qualunque altro beneficio supplementare in condizioni di parità con gli uomini;

    18.

    prende atto del ruolo positivo dei consigli delle donne e dei responsabili in materia di parità delle donne sul luogo di lavoro; invita a promuovere nei media la parità di genere in quanto politica trasversale in materia di risorse umane; è dell'opinione che per conseguire la parità delle donne nei media a tutti i livelli, segnatamente a livello decisionale, sia necessario garantire una cultura orientata ai dipendenti e un gruppo di alti dirigenti sensibili alle questioni di genere; raccomanda agli organismi di regolamentazione nazionali e alle organizzazioni mediatiche di seguire la raccomandazione 2014/124/UE della Commissione sul potenziamento del principio della parità retributiva tra donne e uomini (24), di elaborare orientamenti su procedure di selezione eque, di definire esaurienti politiche per la parità, che disciplinino i contenuti mediatici e prevedano l'avanzamento delle donne all'interno degli organi decisionali, nonché di elaborare procedure interne per affrontare le molestie sul posto di lavoro; invita la Commissione a continuare a vigilare sulla corretta applicazione e attuazione della direttiva 2006/54/CE, che inverte l'onere della prova in caso di discriminazione basata sul sesso;

    Contenuti mediatici e donne

    19.

    sottolinea il ruolo dei media quale fattore di cambiamento sociale e la relativa influenza nella definizione dell'opinione pubblica e invita gli Stati membri a promuovere contenuti sulla parità di genere nei media pubblici; rileva che qualsiasi azione normativa finora intrapresa in materia di sessismo e rappresentazioni di genere stereotipate nei contenuti mediatici è stata di competenza degli Stati membri; rammenta il divieto della discriminazione basata sul genere nei media conformemente alla direttiva sui servizi audiovisivi; sottolinea inoltre che, sebbene un'azione normativa sia soggetta alla debita considerazione del principio della libertà di espressione, la libertà editoriale non dovrebbe in alcun caso servire a incoraggiare o legittimare immagini degradanti delle donne e delle persone LGBTI; esorta gli Stati membri, nel salvaguardare le libertà summenzionate, a regolamentare l'accesso ai videogiochi con contenuti online nocivi e alla pornografia su Internet;

    20.

    evidenzia che le motivazioni economiche non possono essere una scusa per il persistere degli stereotipi di genere nei contenuti mediatici;

    21.

    sottolinea che i contenuti mediatici violenti e sessisti si ripercuotono negativamente sulle donne e sulla loro partecipazione alla società; esprime la propria preoccupazione per certi contenuti audiovisivi commerciali che arrecano un danno psicologico o fisico ai bambini e ai giovani; esorta le parti interessate e le autorità ad affrontare la questione relativa alla pubblicità che incoraggia in maniera indiretta i disturbi alimentari, quali l'anoressia, e ad adottare altre misure volte a tutelare le persone particolarmente vulnerabili, comprese le ragazze e le giovani donne, da questo tipo di contenuti;

    22.

    insiste affinché i contenuti mediatici, compresa la pubblicità, relativi a pianificazione familiare, diritti sessuali e riproduttivi, salute materna e infantile così come istruzione siano diretti tanto agli uomini quanto alle donne;

    23.

    pone l'accento sull'importanza di promuovere l'alfabetizzazione mediatica e di mettere a disposizione delle parti interessate iniziative di educazione ai media sensibili alle specificità di genere, in modo da incoraggiare i giovani a sviluppare capacità di riflessione critica e aiutarli a individuare e denunciare le rappresentazioni e le discriminazioni sessiste, la violenza di genere, il bullismo online, l'incitamento all'odio e la violenza motivata dal genere, dall'identità di genere, dall'espressione di genere, dall'orientamento sessuale o dalle caratteristiche sessuali di una persona; sottolinea la necessità di misure preventive, compresi sistemi di cifratura e controllo parentale, al fine di garantire un uso più sicuro di Internet e l'alfabetizzazione digitale e mediatica; richiama l'attenzione sul fatto che gli stereotipi nella pubblicità e negli altri prodotti mediatici hanno un potenziale impatto sulla socializzazione dei bambini e, di conseguenza, sul modo in cui essi vedono se stessi, i propri familiari e il mondo esterno; evidenzia che la pubblicità può rivelarsi uno strumento efficace per mettere in discussione gli stereotipi, come gli stereotipi di genere e gli stereotipi sulle persone LGBTI; chiede pertanto di porre maggiore attenzione sulla formazione professionale e sulle attività di istruzione quale mezzo per combattere la discriminazione e promuovere la parità di genere e la parità delle persone LGBTI;

    24.

    raccomanda che nelle organizzazioni mediatiche sia data ancora più importanza a misure non vincolanti quali piani o orientamenti sulla parità di genere e suggerisce che tali protocolli stabiliscano le norme per una rappresentazione positiva delle donne nella pubblicità, nelle notizie, nella cronaca, nella produzione o nella trasmissione radiotelevisiva e disciplinino tutti i contenuti sensibili, quali la rappresentazione del potere e dell'autorità, le competenze, i processi decisionali, la sessualità, la violenza, la diversità dei ruoli e l'utilizzo di un linguaggio non sessista; incoraggia inoltre i media pubblici e privati a integrare la parità di genere in tutti i loro contenuti e ad adottare piani per la parità onde riflettere la diversità sociale;

    25.

    raccomanda che le disposizioni regolamentari emanate dalle autorità competenti per i media e le comunicazioni stabiliscano i criteri per garantire una rappresentazione senza stereotipi di donne e ragazze e includano la possibilità di rimuovere o sospendere i contenuti offensivi; raccomanda altresì che le organizzazioni specializzate, quali gli enti nazionali per le pari opportunità e le ONG di donne, siano coinvolte nel monitoraggio dell'attuazione di tali disposizioni;

    26.

    osserva che gli Stati membri sono tenuti a garantire, con tutti i mezzi idonei, che i media, compresi quelli online e sociali e la pubblicità, non contengano alcuna istigazione alla violenza o all'odio nei confronti di una persona o di un gruppo di persone; sottolinea la necessità di raccogliere dati ripartiti per genere e di condurre ricerche, in cooperazione con l'EIGE, per contrastare la violenza online, le molestie sessuali, le minacce, i commenti sessisti e l'incitamento all'odio online ai danni di donne e ragazze, incluse quelle LGBTI; evidenzia che occorre prestare un'attenzione particolare alla formazione relativa al modo in cui i mezzi di comunicazione presentano gli episodi di violenza di genere, inclusa la violenza nei confronti delle persone LGBTI; propone di mettere a disposizione dei professionisti nel settore mediatico, anche di chi occupa posizioni dirigenziali, una formazione continua in materia di rappresentazioni di genere nei contenuti dei media; raccomanda di integrare la parità di genere nei moduli di insegnamento dei programmi di studio universitari e post-universitari in giornalismo e comunicazione;

    27.

    chiede agli Stati membri e alla Commissione di promuovere l'autoregolamentazione e la coregolamentazione nei media tramite codici di condotta;

    Esempi di buone pratiche

    28.

    prende atto con entusiasmo dei vari esempi di buone pratiche che possono essere osservati in tutti gli Stati membri, tra cui: campagne mediatiche, legislazione specifica, premi o anti-premi per la pubblicità stereotipata e sessista, banche dati di esperte, corsi di formazione per professionisti del settore e piani per la parità nelle organizzazioni mediatiche, codici di condotta e politiche per le pari opportunità e la diversità nonché la fissazione di soglie minime di rappresentanza per ciascun sesso negli organi di amministrazione delle autorità di regolamentazione dei media;

    29.

    incoraggia gli Stati membri a sostenere campagne quali, ad esempio, lo strumento belga Expertalia, i premi cechi "Sexist Piggy" o l'iniziativa svedese #TackaNej ("No grazie"); invita gli Stati membri a realizzare regolarmente campagne d'informazione e sensibilizzazione sui contenuti discriminatori basati sul genere presenti nei media, nonché a presentare relazioni periodiche sull'evoluzione della parità di genere nel settore dei media; invita la Commissione ad assegnare risorse speciali ai sottoprogrammi incentrati sull'avanzamento delle donne nel settore dei media e a sostenere le associazioni e le reti mediatiche nella realizzazione di campagne di sensibilizzazione pubbliche e settoriali; incoraggia la Commissione a istituire un premio europeo destinato agli studenti del settore dei media per lavori concernenti il tema della parità di genere;

    30.

    invita le organizzazioni della società civile a elaborare strategie di comunicazione, non solo per i media tradizionali, ma anche per quelli online, in modo da aumentare lo spettro di possibilità per influenzare e monitorare l'agenda mediatica;

    Altre raccomandazioni

    31.

    invita gli Stati membri, congiuntamente agli organismi per le pari opportunità, ad attuare integralmente la legislazione vigente in materia di parità di genere e a incoraggiare gli organismi di regolamentazione a prestare attenzione alla presenza e alla promozione delle donne nonché ai contenuti mediatici non stereotipati; incoraggia gli Stati membri a procedere a regolari valutazioni dei settori summenzionati e a elaborare, qualora ciò non sia ancora stato fatto, una legislazione incentrata sui contenuti mediatici non stereotipati; pone in evidenza il ruolo degli Stati membri nel migliorare l'utilizzo delle risorse esistenti nei media rientranti nella loro sfera di competenza, così che questi possano assolvere al loro ruolo di servizio pubblico e riflettere nel contempo una società più democratica ed equilibrata sotto il profilo di genere;

    32.

    invita la Commissione a effettuare ulteriori ricerche sulla partecipazione delle donne a posizioni apicali nei media; si congratula con l'EIGE per il lavoro svolto sul campo e lo invita a continuare a sviluppare e monitorare la serie di indicatori pertinenti, che comprendono, tra l'altro, la presenza delle donne nel processo decisionale, le loro condizioni di lavoro e la parità di genere nei contenuti mediatici, estendendo nel contempo l'attenzione alle nuove tecnologie dei media sociali al fine di sviluppare metodologie volte a prevenire la violenza e le molestie di genere nei media sociali;

    33.

    invita la Commissione e gli Stati membri a sostenere e promuovere le organizzazioni delle donne attive nel campo della promozione della parità di genere nei media, in particolare le organizzazioni che offrono sostegno alle donne e alle ragazze vittime di violenza basata sul genere, di discriminazione intersettoriale o di molestie sessuali;

    34.

    invita gli Stati membri ad attuare programmi di azione che assicurino il coinvolgimento delle donne nella progettazione e nell'attuazione di politiche e programmi che tengano conto in maniera efficace ed efficiente della dimensione di genere nelle organizzazioni del settore dei media;

    35.

    invita gli Stati membri a elaborare programmi tesi a migliorare le competenze delle donne nel settore delle scienze, della tecnologia, dell'ingegneria e della matematica (le discipline STEM), importanti per le professioni nel settore dei media con un'impostazione più tecnica, come nel caso dei tecnici audiovisivi e del suono; sottolinea l'importanza dell'insegnamento e della formazione professionali nella diversificazione delle scelte di carriera e nel proporre a donne e uomini opportunità di carriera non tradizionali, in modo da superare l'esclusione orizzontale e verticale;

    o

    o o

    36.

    incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione.

    (1)  GU L 204 del 26.7.2006, pag. 23.

    (2)  GU L 95 del 15.4.2010, pag. 1.

    (3)  GU C 296 del 10.11.1995, pag. 15.

    (4)  GU C 304 del 6.10.1997, pag. 60.

    (5)  GU C 295E del 4.12.2009, pag. 43.

    (6)  GU C 36 del 29.1.2016, pag. 18.

    (7)  GU C 66 del 21.2.2018, pag. 44.

    (8)  Testi approvati, P8_TA(2016)0338.

    (9)  Testi approvati, P8_TA(2016)0360.

    (10)  Testi approvati, P8_TA(2017)0260.

    (11)  Testi approvati, P8_TA(2017)0290.

    (12)  Testi approvati, P8_TA(2017)0364.

    (13)  Testi approvati, P8_TA(2017)0417.

    (14)  Raccolta congiunta di dati UNESCO/OCSE/Eurostat (UOE), disponibile all'indirizzo: http://eige.europa.eu/gender-statistics/dgs/indicator/ta_educ_part_grad__educ_uoe_grad02

    (15)  EIGE, Indice sull'uguaglianza di genere 2017

    (16)  https://www.womenlobby.org/IMG/pdf/factsheet_women_and_media.pdf

    (17)  Lenka Vochocová, audizione pubblica FEMM sul tema "Parità di genere nel settore dei media nell'Unione europea", 26 giugno 2017, registrazione disponibile all'indirizzo http://www.europarl.europa.eu/ep-live/it/committees/video?event=20170626-1500-COMMITTEE-FEMM

    (18)  Progetto di monitoraggio mondiale dei media (Global Media Monitoring), relazione regionale per l'Europa (2015), disponibile all'indirizzo http://cdn.agilitycms.com/who-makes-the-news/Imported/reports_2015/regional/Europe.pdf

    (19)  Campagna della Federazione internazionale dei giornalisti sulla violenza di genere sul lavoro https://www.ifj-stop-gender-based-violence.org/

    (20)  Where are the women directors in European films? Gender equality report on female directors (2006-2013) with best practice and policy recommendations (Dove sono le registe nel cinema europeo? Relazione sulla parità di genere relativa alle registe (2006-2013) comprendente migliori pratiche e raccomandazioni strategiche) http://www.ewawomen.com/en/research-.html

    (21)  La parità di genere nell'esercizio del potere e nei processi decisionali. Esame dell'attuazione della piattaforma d'azione di Pechino negli Stati membri dell'UE, 2017. (Fonte: Banca dati delle statistiche di genere EIGE - Donne e uomini nel processo decisionale).

    (22)  Istituto europeo per l'uguaglianza di genere (EIGE): Esame dell'attuazione della piattaforma d'azione di Pechino negli Stati membri dell'UE: Donne e media - promuovere la parità di genere a livello decisionale nelle organizzazioni mediatiche (2013).

    (23)  Cfr. risoluzione del Parlamento europeo del 4 luglio 2017 sulle condizioni di lavoro e l'occupazione precaria.

    (24)  GU L 69 dell'8.3.2014, pag. 112.


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