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Document 52015AE6709

    Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Banca centrale europea sulle tappe verso il completamento dell’Unione economica e monetaria» [COM(2015) 600 final] e alla «Decisione (UE) 2015/1937 della Commissione del 21 ottobre 2015 che istituisce un Comitato consultivo indipendente europeo per le finanze pubbliche» [C(2015) 8000 final]

    GU C 177 del 18.5.2016, p. 28–34 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, HR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

    18.5.2016   

    IT

    Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

    C 177/28


    Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Banca centrale europea sulle tappe verso il completamento dell’Unione economica e monetaria»

    [COM(2015) 600 final]

    e alla

    «Decisione (UE) 2015/1937 della Commissione del 21 ottobre 2015 che istituisce un Comitato consultivo indipendente europeo per le finanze pubbliche»

    [C(2015) 8000 final]

    (2016/C 177/05)

    Relatore:

    Carmelo CEDRONE

    La Commissione europea, in data 11 novembre 2015, ha deciso, conformemente al disposto dell’articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

    «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Banca centrale europea sulle tappe verso il completamento dell’Unione economica e monetaria»

    [COM(2015) 600 final]

    e alla

    «Decisione (UE) 2015/1937 della Commissione del 21 ottobre 2015 che istituisce un Comitato consultivo indipendente europeo per le finanze pubbliche»

    [C(2015) 8000 final].

    La sezione specializzata Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 3 marzo 2016.

    Alla sua 515a sessione plenaria, dei giorni 16 e 17 marzo 2016 (seduta del 17 marzo), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 195 voti favorevoli, 4 voti contrari e 4 astensioni.

    1.   Conclusioni e proposte

    1.1.

    Il CESE ritiene che la comunicazione della Commissione su «Le tappe verso il completamento dell’UEM» possa rappresentare una grande opportunità per iniziare un confronto sia a livello politico che a livello di società civile per fare un’«operazione verità» sull’insieme delle tematiche riguardanti l’Eurozona, senza dimenticare quanto avvenuto, sin dai tempi di Maastricht e con la crisi finanziaria ed economica che ha travolto, in particolare, l’Eurozona, per arrivare a formulare proposte risolutive che vadano al di là degli attuali contenuti della comunicazione. Di seguito i punti principali.

    1.2.

    Semestre: sarebbe più utile formulare una proposta per il semestre dentro un accordo complessivo sulla governance economica, superando quanto fatto finora, a partire dalla modifica della macrocondizionalità e dal rafforzamento del ruolo della Conferenza interparlamentare, secondo quanto auspicato già dal CESE.

    1.3.

    Governo economico: una governance economica complessiva dell’Eurozona (macro, micro, monetaria ecc.) deve andare ben al di là di quanto proposto dalla Commissione. Occorre una inversione radicale degli attuali paradigmi economici, in particolare, i comitati nazionali per la competitività dovrebbero tener conto anche delle politiche di coesione, delle conseguenze sociali e dell’occupazione derivanti anche dagli squilibri e dalle divergenze tra paesi cresciute con la crisi (1). La CE e i comitati dovrebbero tener conto anche dei nuovi fattori e dei nuovi parametri su cui è basata e si baserà la competitività e la concorrenza tra i blocchi economici mondiali. Il Comitato consultivo per le finanze pubbliche dovrebbe seguire una procedura più trasparente e democratica sia per la nomina dei suoi membri che per l’utilizzo delle sue indicazioni, che rischiano di rimanere fuori da qualunque controllo democratico.

    1.4.

    Rappresentanza esterna Eurozona: giusta e necessaria la proposta, ma, oltre ai tempi troppo lunghi, si pone il problema del controllo democratico di questa funzione e delle modifiche normative necessarie per riconoscere il ruolo dell’UEM sulle materie inerenti l’Eurozona (2).

    1.5.

    L’Unione finanziaria: positiva la proposta, anche se ha perso slancio politico e temporale. È la scelta più importante, a condizione però che venga realizzata in tempi rapidi e che, attraverso i meccanismi previsti — di risoluzione unico e di garanzia dei depositi (3) — e l’Unione dei mercati dei capitali (4), si dia piena attuazione a sistemi europei di regole comuni in tempi ravvicinati. A questo proposito sarebbe di grande aiuto una proposta della Commissione, già formulata dal CESE sulla questione (5) del debito pubblico e privato per ridurre i rischi e la speculazione sul sistema finanziario dell’Eurozona.

    1.6.

    Legittimità democratica: rappresenta il punto più debole della comunicazione, almeno finché questa resta allo stato attuale, in attesa della Fase 2. Se ne parla in modo molto superficiale ed approssimativo quando invece è il cuore di tutto e l’essenza del dibattito e delle preoccupazioni dell’opinione pubblica europea, specialmente negli ultimi mesi: è da qui che passa il futuro dell’Eurozona e dell’UE. La questione del controllo democratico non viene sollevata seriamente in nessuna delle proposte operative avanzate dalla Commissione, come detto in precedenza.

    1.6.1.

    Su questo tema un contributo potrebbe venire dal Dialogo sociale tripartito, a condizione che venga costruito in modo strutturato e resa obbligatoria l’attuazione degli accordi raggiunti tra le parti.

    1.7.

    Fase 2 — Completare l’UEM: una fase prioritaria e basilare per rendere credibili il resto delle proposte già avanzate. Purtroppo questa fase è basata principalmente sulla presentazione di «un libro bianco» alla fine del 2017. Affidare tutto ad un libro bianco, attraverso consultazioni e «dialoghi coi cittadini», senza spiegare come realizzarli e senza attivare nemmeno il CESE, ci sembra molto poco per il tema più importante e centrale della comunicazione, quello della democrazia e della costruzione del pilastro politico dell’Eurozona, pur in «attesa» della Fase 2.

    1.8.

    Il CESE ritiene, inoltre, che anche la tabella di marcia indicata dalla Commissione sia inadeguata rispetto all’importanza dei temi da affrontare ed all’urgenza con cui andrebbero risolti (un rinvio continuo ed un’attesa senza tempo). Pertanto, anche sulla base della propria Tabella di marcia, elaborata da tempo, il CESE si impegna a presentare un proprio piano sulla Fase 2, possibilmente insieme alla Commissione, per discutere tali temi nei paesi UE, a partire da quelli dell’Eurozona.

    1.9.

    Le proposte: il CESE, con alcuni pareri elaborati sin dall’inizio della crisi, ha formulato proposte sui vari aspetti della crisi finanziaria e sui limiti delle politiche economiche che l’UE ha messo in atto. Il CESE, anche attraverso alcuni pareri di iniziativa, ha elaborato proposte specifiche, ad esempio sulla governance economica, finanziaria e monetaria dell’UEM, e sulla governance politica dell’Eurozona, anticipando di molto la stessa Commissione. Perciò, per quanto riguarda le proposte quadro sulle materie oggetto della presente comunicazione, rimanda ai pareri già elaborati (6) ed a quelli in via di elaborazione sulle proposte specifiche della Commissione (7).

    2.   Contesto

    2.1.

    Questo parere vuole rappresentare una visione d’insieme sulla comunicazione della Commissione sull’Eurozona. Gli aspetti specifici vengono affrontati da altri pareri del CESE.

    2.2.

    La comunicazione della Commissione scaturisce dalla necessità di dare attuazione al secondo rapporto dei 5 Presidenti sull’UEM, dato che il primo era stato completamente ignorato dalla Commissione Barroso. I due rapporti avevano lo scopo di porre rimedio ai limiti dell’UEM che la crisi finanziaria ed economica, com’è noto, aveva evidenziato e portato sotto gli occhi di tutti gli europei e non solo. Limiti che hanno facilitato e indirizzato la speculazione sull’euro, per cui sono stati e sono la causa principale della crisi, e del suo perdurare, nell’Eurozona.

    2.3.

    Era la stessa ragione che aveva spinto il CESE, prima della Commissione e degli altri organismi comunitari, a formulare precise proposte in merito, che solo da poco hanno trovato udienza, la giusta considerazione ed il giusto riconoscimento (8). A questo proposito, il Comitato accoglie con favore e sottolinea l’apprezzamento espresso dalla Commissione in una relazione di follow-up su alcuni recenti pareri del CESE, in particolare il fatto che la Commissione ringrazia il Comitato economico e sociale europeo per il suo parere approfondito e completo sul pilastro politico dell’Unione economica e monetaria, il quale non si limita ad analizzare la situazione attuale e le carenze dell’UEM, ma presenta anche proposte molto interessanti per completarla.

    2.4.

    Il secondo rapporto dei 5 presidenti, e di conseguenza la comunicazione della Commissione, che dovrebbe attuarlo, è più debole e meno coraggioso del primo, già insufficiente, forse a causa della diminuzione della tensione sulla crisi dell’Eurozona o per le difficoltà degli Stati a condividere la sovranità, e questo non è un bene.

    2.5.

    Inoltre, la questione degli immigrati, dei rifugiati e della sicurezza, a seguito degli attentati terroristici di matrice islamica, hanno gettato nel panico i cittadini e la classe politica europea; hanno accentuato le divisioni tra gli Stati, il ritorno ai nazionalismi; stanno causando la chiusura dei confini ecc. Così l’urgenza del piano per completare l’UEM è passata in secondo ordine, o è stata messa nel cassetto; è scomparsa dal dibattito politico e dei «media», forse con buona pace di tanti politici, non solo degli avversari dell’UE, per lo «scampato pericolo».

    2.6.

    Tutto ciò invece, secondo il CESE, rende più evidente la necessità di agire, di riprendere l’iniziativa, resa ancora più urgente, per migliorare l’Europa, recuperando i principi ed i valori ispiratori (pace, prosperità, coesione sociale) presenti nel trattato. Tutto ciò nell’interesse comune e di ognuno, perché i paesi europei ed i loro cittadini devono tornare al senso di responsabilità comune, recuperare una fiducia reciproca e non possono permettersi di dividersi nuovamente, come è sempre stato nel passato. Sarebbe una china pericolosa.

    3.   Osservazioni generali

    3.1.

    La comunicazione, purtroppo, si muove in una logica dell’esistente, sia nel linguaggio che nelle proposte; potrebbe rimanere, com’è successo tante volte nel passato, solo una dichiarazione di buone intenzioni e trasformarsi così in un «boomerang». La gran parte del contenuto si muove nella logica delle politiche attuate dopo la crisi, di cui si chiede il consolidamento, pur sapendo che alcune di queste sono state la causa dell’aggravamento della situazione economica e sociale di molti paesi dell’UEM. Vengono ignorate le ragioni del fallimento di tutti i tentativi fatti finora per realizzare una reale UEM (dal rapporto Werner del 1970 fino al rapporto dei 4 Presidenti del 2012). Tentativi basati, come questo, su un gradualismo burocratico.

    3.2.    I punti di forza

    3.2.1.

    È positivo, comunque, il fatto che la Commissione, nonostante la debolezza del rapporto dei 5 Presidenti, per giunta privo di una vera e propria tabella di marcia, abbia deciso di uscire allo scoperto, cominciandone l’attuazione, in un quadro che vede molti Stati membri praticamente contrari. Un atteggiamento grave e pericoloso, per cui il CESE rivolge un appello agli Stati membri, a partire da quelli dell’Eurozona, affinché cambino atteggiamento e sostengano l’iniziativa della Commissione, migliorando i punti di debolezza indicati nel presente parere, secondo le proposte contenute negli altri suoi pareri.

    3.2.2.

    Positiva anche l’attenzione data nel documento della Commissione all’Unione finanziaria, nelle sue diverse articolazioni. È questa, certamente, la scelta più importante, unitamente al completamento dell’Unione bancaria, scaturita dalla crisi, a condizione però che venga realizzata in tempi rapidi e che, attraverso i meccanismi previsti — di risoluzione unico e di garanzia dei depositi — e l’Unione dei mercati dei capitali, si dia piena attuazione a sistemi europei di regole comuni che riducano i rischi per i risparmiatori/correntisti e per i contribuenti di finanziare i debiti del settore bancario e per gli investitori e le imprese di continuare ad operare in mercati finanziari poco trasparenti e poco diversificati nelle fonti di finanziamento. In tale ottica sarebbe stato opportuno prevedere, come sostenuto dal CESE, la separazione tra le banche commerciali e le banche di investimento (prevedendo nel frattempo una bad bank per le situazioni pregresse).

    3.2.3.

    Importante, ma limitata, la proposta di dare vita «alla rappresentanza esterna unificata» dell’UEM, anche se ne rinvia l’attuazione nel lungo periodo, entro il 2025 (9), mentre nell’immediato è auspicato solo un rafforzamento delle modalità di coordinamento, introdotte già a partire dal 2007, tra i rappresentanti della zona euro ed il Fondo monetario internazionale.

    3.3.    I punti critici (di debolezza)

    3.3.1.

    Permanenza della stessa logica perseguita durante tutto lo svolgimento della crisi, tant’è che leggendo il testo sembra di averlo letto già tante volte. Infatti sugli stessi contenuti il CESE si è già pronunciato in diverse occasioni, facendo proposte diverse da quelle della Commissione e degli Stati membri. Invece si continua a perseverare e a far credere, ad esempio, che: a) il problema della permanenza nell’UEM sia solo una questione di rispetto delle regole di «contabilità»; b) la governance economica si risolva solo con un «coordinamento»; c) la sostenibilità macroeconomica e finanziaria dell’Eurozona sia solo un problema di trasparenza; d) la gravissima questione della disoccupazione possa essere affrontata con proposte solo «formali» come si fa da anni. Il CESE ritiene che su questi temi, come su altri, la Commissione debba esercitare a pieno e con più convinzione il suo potere di iniziativa.

    3.3.2.

    Lo stesso vale per quanto riguarda le gravi conseguenze sociali provocate dalla disoccupazione in molti paesi dell’Eurozona; un tema che dovrebbe essere prioritario per l’UEM, come la competitività e la governance economica e politica. Infatti non si fanno proposte concrete, non viene proposto nessuno strumento di solidarietà e non si capisce che cosa si voglia intendere per «pilastro europeo» dei diritti sociali (forse quelli già esistenti nei singoli paesi?).

    3.3.3.

    Per il semestre si prosegue sulla base di quanto deciso finora senza apportare modiche significative, anche nel metodo, come il CESE aveva auspicato, a cominciare dalla modifica della macro condizionalità e dal rafforzamento della Conferenza interparlamentare, per cui gli stessi bilanci degli Stati rischiano così di rimanere al di fuori di qualunque controllo democratico.

    3.3.4.

    Viene evocato «un bilancio» dell’UEM quando si parla della sua stabilizzazione; in realtà si tratta della somma e/o dei bilanci dei singoli Stati, che nulla ha a che vedere con un vero e proprio bilancio dell’Eurozona, né si fa alcun riferimento al debito sovrano esistente o ad un eventuale debito sovrano comune, se necessario, o ad una tassazione europea per affrontare le spese per l’immigrazione, i rifugiati, la sicurezza. Comunque la mancanza di proposte per la legittimità democratica rappresenta il vero «vulnus» di tutta la comunicazione proposta (punto 6) (10).

    3.3.5.

    Vengono largamente ignorati i «corpi intermedi» della società come punti di riferimento per la fase di consultazione, a partire da quelli rappresentati nel CESE, per non parlare della «politica», praticamente assente o appena evocata, come fosse un aspetto residuale.

    3.3.6.

    Il CESE valuta positivamente il coinvolgimento delle parti sociali sulle altre politiche evocato dalla Commissione. Ritiene però necessario un salto di qualità politico e procedurale, per passare da una partecipazione «formale» ad una sostanziale nel dialogo sociale tripartito che va, pertanto, regolamentato, al fine di dare efficacia agli accordi raggiunti. Ciò, inoltre, favorirebbe la fiducia reciproca ed aumenterebbe la responsabilità di ognuno.

    3.3.7.

    La preparazione della Fase 2 (Completare l’UEM), una fase prioritaria e basilare per rendere credibili il resto delle proposte, è basata tutta sulla presentazione di «un libro bianco», previe consultazioni e «dialoghi coi cittadini», senza spiegare come realizzarli, escludendo anche le parti rappresentate nel CESE. Una condizione insufficiente. Andrebbero coinvolti, ad esempio, anche i parlamenti nazionali, insieme a quello europeo.

    3.4.    I rischi

    3.4.1.

    Le intenzioni della Commissione sono senz’altro buone, ma l’approccio è poco credibile, anche se ancora mancano le proposte per la Fase 2. La comunicazione non rappresenta una svolta vera, alla luce del trattato attuale, per recuperare, almeno in parte, il «deficit» di Maastricht. Manca un «progetto» d’insieme, che dia il segno del cambiamento ed un’idea di futuro per l’Eurozona e per i cittadini dell’UE.

    3.4.2.

    È negativo continuare sulla scia di quanto fatto finora sia per le politiche economiche che sociali; non si può considerare solo il mercato del lavoro ed i salari come l’unica variabile di sistema, tralasciando o sottovalutando la questione della domanda interna, degli squilibri macro e micro economici, degli squilibri sociali e delle partite correnti.

    3.4.3.

    Il rinvio ad una fase successiva dell’agenda politica, invece di cominciare da questa, o, quanto meno, agendo in parallelo, viste le emergenze, vecchie e nuove, in atto, dimostra, da parte degli Stati membri, un eccesso di timori e convenienze politiche che portano ad affossare l’Europa, invece di migliorarla, offrendo una speranza per il futuro.

    3.4.4.

    È sintomatico il modo superficiale con cui si parla della legittimità democratica del semestre, di altre politiche dell’UEM o degli strumenti proposti. Sono solo parole timide, vista la posizione dei vari paesi; un semplice surrogato della democrazia. Rappresenta forse il punto più debole di tutta la proposta, almeno finché questa resta allo stato attuale, in attesa della Fase 2 che va costruita con iniziative di sollecitazione e di accompagnamento da parte della società civile e politica.

    3.4.5.

    È quanto meno superficiale ed illusorio pensare di risolvere il problema della democrazia dell’Eurozona con il «dialogo coi cittadini» senza specificarne le modalità attuative, le procedure di coinvolgimento e gli strumenti da attivare, sia a livello europeo che nazionale. Occorre invece trovare un modo più concreto per sensibilizzare l’interesse e la partecipazione della popolazione europea ai temi del completamento dell’euro, attraverso delle grandi assemblee pubbliche in tutte le città o attraverso la votazione di proposte, anche alternative, nei parlamenti nazionali.

    3.5.    Le opportunità

    3.5.1.

    Approfittare dell’uscita di questa comunicazione, cogliere l’occasione per fare un’«operazione verità» verso i cittadini europei, sia su quanto è rimasto inattuato del trattato attuale e il suo potenziale, sia su quanto avvenuto sin dalla nascita dell’euro. Valutare cosa è avvenuto con la crisi, gli errori commessi sia a livello di UE che da parte degli Stati membri, che si dovrebbero attivare maggiormente con politiche che tengano conto del valore delle persone; considerare le opportunità mancate e i reali rischi che i cittadini europei, non una fantomatica «Europa», corrono se si continua con la prassi attuale da parte di alcuni paesi.

    3.5.2.

    Questa «operazione verità» è resa più urgente e può essere facilitata dalla necessità di dare una risposta adeguata all’aggravarsi di altri due fenomeni che stanno mettendo a repentaglio la sicurezza di tutti i cittadini europei, cioè l’emergenza immigrati-rifugiati e la minaccia del terrorismo islamico e il problema della sicurezza.

    3.5.3.

    Approfittare per iniziare una riflessione, non formale e retorica, sui valori comuni (civili, etici, religiosi) che sono alla base della nostra identità e che abbiamo timore a manifestare e a difendere: la vera base per la rinascita dell’Eurozona, e/o dei paesi che lo vogliono. Una esperienza unica di integrazione aperta non solo ai 19 paesi membri, ma a tutti gli altri paesi dell’UE, compresi i nuovi, che desiderano far parte di un nucleo politico, destinato man mano a crescere, come è avvenuto con la prima Comunità economica europea (1957), composta dai sei paesi fondatori, dei veri e propri temerari all’epoca, senza i quali, oggi, non staremmo a parlare di Europa e non ci sarebbero nemmeno i 28!

    3.5.4.

    Molto utile, a questo fine, può essere il coinvolgimento dei corpi intermedi della società, in particolare le parti sociali e civili, favorendo un forte rilancio del Dialogo sociale e civile, a livello europeo e dei singoli paesi. Potrebbero essere questi i terminali che, con l’aiuto del CESE e della Commissione, aprono un confronto informativo e di discussione sui rischi e pericoli di quando sta avvenendo, sulle opportunità offerte dal cambiamento reale di alcune politiche UE e sulla necessità dello stare insieme, migliorando le fondamenta della casa comune, costruendo il tetto mancante, non demolendo quello che abbiamo già costruito finora.

    4.   Comitato consultivo europeo per le finanze pubbliche (decisione della Commissione)

    4.1.

    Relativamente all’istituzione di tale Comitato (11), con il compito di fornire una valutazione dell’attuazione del quadro di bilancio dell’UE, specie per quanto riguarda la coerenza orizzontale delle decisioni in materia di sorveglianza di bilancio, la decisione della Commissione non fornisce elementi utili a spiegarne le ragioni; l’istituzione del Comitato europeo rappresenta una duplicazione di funzioni e responsabilità che vengono già svolte dalla stessa Commissione nell’ambito delle nuove attribuzioni previste dalla governance europea.

    4.2.

    Non è chiaro, infatti, quale sarebbe il «valore aggiunto» di questo organismo, composto da 5 esperti esterni, a cui verrebbe domandato di svolgere una più attenta attività di analisi delle politiche di bilancio sia a livello nazionale che a livello euro. Si ha l’impressione che si tratti di un ennesimo Comitato europeo di sorveglianza che fornisce consulenze sui bilanci di entrambe le istituzioni, quelle dell’UE e quelle dei paesi dell’euro, senza effettivi poteri di intervento nei casi di inosservanza o inadeguatezza delle politiche di bilancio e a livello nazionale e a livello della zona euro.

    4.3.

    Il CESE è sorpreso delle modalità di nomina dei componenti del Comitato consultivo. Basti ricordare che, su un totale di 5 membri, tre sono indicati dal presidente designato, senza alcun coinvolgimento del Parlamento europeo, come questo fa giustamente rilevare nella sua risoluzione (12). Perciò non sembra un Comitato per sostenere la Commissione nelle sue scelte, quanto piuttosto una sorta di «commissariamento» da parte del Consiglio, di una funzione oggi delegata alla stessa Commissione. Ciò potrebbe portare ad un aggravio della situazione attuale, già oggi basata su equilibri molto precari.

    4.4.

    Nella comunicazione della Commissione si fa, inoltre, riferimento ad un possibile collegamento tra il Comitato consultivo europeo sulle politiche di bilancio e i Consigli nazionali per le finanze pubbliche, senza che vengano esplicitati gli obiettivi che si intendono perseguire, definiti i rispettivi ambiti di intervento e delineate le responsabilità e le aree di collaborazione tra le due istituzioni.

    Bruxelles, 17 marzo 2016

    Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

    Georges DASSIS


    (1)  Parere del CESE Comitati nazionali per la competitività, cfr. pag. 35 della GU.

    (2)  Parere del CESE Rappresentanza esterna della zona euro, cfr. pag. 16 della GU.

    (3)  Parere del CESE Sistema europeo di assicurazione dei depositi, cfr. pag. 21 della GU.

    (4)  Parere del CESE Libro verde — Costruire un’Unione dei mercati dei capitali (GU C 383 del 17.11.2015, pag. 64) e parere del CESE Piano di azione per l’Unione dei mercati dei capitali (GU C 133 del 14.4.2016, pag. 17).

    (5)  Parere del CESE Crescita e debito pubblico nell’UE: due proposte innovative (GU C 143 del 22.5.2012, pag. 10).

    (6)  Parere del CESE Completare l’Unione economica e monetaria — La prossima legislatura europea, GU C 451 del 16.12.2014, pag. 10; parere del CESE Completare l’UEM: il pilastro politico (GU C 332 dell’8.10.2015, pag. 8); parere del CESE Un’UEM democratica e sociale grazie al metodo comunitario (GU C 13 del 15.1.2016, pag. 33).

    (7)  Parere del CESE Rappresentanza esterna della zona euro; parere del CESE Sistema europeo di assicurazione dei depositi; parere del CESE Comitati nazionali per la competitività e parere del CESE Politica economica della zona euro (2016), cfr. pag. 16 della GU.

    (8)  Parere del CESE Dopo 10 anni, dove va l’euro? (GU C 271 del 19.9.2013, pag. 8); parere del CESE Completare l’Unione economica e monetaria — La prossima legislatura europea, (GU C 451 del 16.12.2014, pag. 10); parere del CESE Completare l’UEM: il pilastro politico, (GU C 332 dell’8.10.2015, pag. 8).

    (9)  COM(2015) 603 — 2015/0250 (NLE).

    (10)  Parere del CESE Un’UEM democratica e sociale grazie al metodo comunitario, (GU C 13 del 15.1.2016, pag. 33).

    (11)  C(2015) 8000 final.

    (12)  Risoluzione del Parlamento europeo del 17 dicembre 2015 sul completamento dell’Unione economica e monetaria dell’Europa [2015/2936(RSP)].


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