EUR-Lex Access to European Union law

Back to EUR-Lex homepage

This document is an excerpt from the EUR-Lex website

Document 52014DC0210

COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROOPEO E AL CONSIGLIO concernente gli orientamenti per l'applicazione della direttiva 2003/86/CE relativa al diritto al ricongiungimento

/* COM/2014/0210 final */

52014DC0210

COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROOPEO E AL CONSIGLIO concernente gli orientamenti per l'applicazione della direttiva 2003/86/CE relativa al diritto al ricongiungimento /* COM/2014/0210 final */


1.           Introduzione

La relazione sull'applicazione della direttiva 2003/86/CE, adottata nell'ottobre 2008[1], ha messo in evidenza alcuni problemi trasversali di recepimento non corretto o errata applicazione della direttiva e ha sottolineato che il suo impatto sull'armonizzazione nel campo del ricongiungimento familiare resta limitato.

Nel 2011 la Commissione ha pubblicato un libro verde sul diritto al ricongiungimento familiare[2] al fine di raccogliere contributi per individuare come ottenere norme più efficaci in materia di ricongiungimento familiare a livello dell'Unione e raccogliere informazioni sull'applicazione della direttiva. Sono pervenute 120 risposte (contributi di 24 Stati membri, di organizzazioni internazionali, parti sociali, ONG e privati cittadini)[3]. Tra il 31 maggio e il 1º giugno 2012 la Commissione ha organizzato un'audizione pubblica nel quadro del forum europeo sull'integrazione[4]. Dalla consultazione pubblica è emerso un consenso generale sul fatto che la direttiva non vada messa in discussione, ma che la Commissione debba:

garantire la piena applicazione delle norme esistenti, avviare procedimenti d'infrazione, ove necessario, e elaborare linee guida sulle questioni identificate.

Pertanto, la presente comunicazione fornisce orientamenti agli Stati membri sulle modalità di applicazione della direttiva 2003/86/CE. Tali orientamenti riflettono l'attuale posizione della Commissione e non pregiudicano la giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea (di seguito, "Corte") né la sua evoluzione. Poiché la posizione della Commissione può cambiare in futuro, questo documento è da considerarsi in continua evoluzione e un processo aperto.

La direttiva riconosce il diritto al ricongiungimento familiare e ne fissa le condizioni di esercizio.

Da un lato, la Corte ha ribadito che l'articolo 4, paragrafo 1, della direttiva "impone agli Stati membri obblighi positivi precisi, cui corrispondono diritti soggettivi chiaramente definiti, imponendo loro, nelle ipotesi contemplate dalla direttiva, di autorizzare il ricongiungimento familiare di taluni congiunti del soggiornante senza potersi avvalere di discrezionalità in proposito"[5].

Dall'altro, agli Stati membri è riconosciuta una certa discrezionalità. Essi possono decidere di estendere il diritto al ricongiungimento familiare a familiari diversi dal coniuge e dai figli minorenni. Quando la direttiva lo consente, gli Stati membri possono subordinare l'esercizio del diritto al ricongiungimento familiare al rispetto di determinate condizioni. Essi mantengono una certa discrezionalità nell'esaminare se siano soddisfatte le condizioni fissate dalla direttiva e nel ponderare i concorrenti interessi dell'individuo e della società complessivamente intesa[6] in ogni singola fattispecie concreta.

Tuttavia, essendo l'autorizzazione al ricongiungimento familiare la regola generale, le deroghe devono essere interpretate restrittivamente. La discrezionalità riconosciuta agli Stati membri non dev'essere impiegata dagli stessi in un modo che pregiudicherebbe l'obiettivo della direttiva, che è di favorire il ricongiungimento familiare, e il suo effetto utile[7]. Allo stesso tempo, il diritto al ricongiungimento familiare non è illimitato. I beneficiari sono tenuti a rispettare le leggi del paese ospitante, come stabilito dalla direttiva. In caso di abusi o frodi, è nell'interesse tanto della società quanto dei richiedenti onesti che gli Stati membri prendano misure energiche, come previsto dalla direttiva.

Infine, la direttiva deve essere interpretata e applicata nel rispetto dei diritti fondamentali, in particolare il diritto al rispetto della vita privata e della vita familiare[8], il principio di non discriminazione, i diritti del minore e il diritto a un ricorso effettivo sanciti dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo (di seguito, "CEDU") e dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (di seguito, "Carta").

2.           Campo di applicazione della direttiva

La direttiva si applica esclusivamente al soggiornante cittadino di un paese terzo[9], ossia a chiunque non sia cittadino dell'Unione ai sensi dell'articolo 20, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, soggiorni legalmente in uno Stato membro e chieda, o i cui familiari chiedano, il ricongiungimento familiare (di seguito, "soggiornante"), e ai suoi familiari cittadini di paesi terzi che lo raggiungano al fine di conservare l'unità familiare, indipendentemente dal fatto che il legame familiare sia anteriore[10].

2.1.        Il soggiornante

Ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, della direttiva, dal momento in cui è titolare di un permesso di soggiorno valido per almeno un anno e ha una fondata prospettiva di ottenere il diritto di soggiornare in modo stabile, il soggiornante può presentare domanda di ricongiungimento familiare. Per "permesso di soggiorno" si intende un'autorizzazione rilasciata dalle autorità di uno Stato membro che consente ad un cittadino di un paese terzo di soggiornare legalmente sul proprio territorio, fatta eccezione per:

visti; permessi rilasciati in attesa dell'esame di una domanda d'asilo, una domanda di permesso di soggiorno o una domanda di proroga dello stesso; permessi rilasciati in circostanze eccezionali per la proroga del soggiorno autorizzato di durata massima di un mese; autorizzazioni rilasciate per soggiorni di durata inferiore ai sei mesi da Stati membri che non applicano le disposizioni dell'articolo 21 della convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen[11].

La condizione che il soggiornante abbia "una fondata prospettiva di ottenere il diritto di soggiornare in modo stabile" dovrebbe essere verificata dagli Stati membri caso per caso, tenendo conto delle circostanze individuali, come la natura e il tipo di permesso di soggiorno[12], le prassi amministrative e altri elementi pertinenti relativi alla situazione del soggiornante. La direttiva lascia un'ampia discrezionalità agli Stati membri nel valutare la sussistenza della fondata prospettiva di ottenere il diritto di soggiornare in modo stabile.

La verifica della "fondata prospettiva" comporta una previsione della probabilità che siano soddisfatti i criteri per il soggiorno di lungo periodo, tenuto conto delle normali prassi amministrative e delle circostanze del caso. Pertanto, per ogni singola fattispecie gli Stati membri devono valutare se, in circostanze normali, il permesso ottenuto ai sensi della legislazione nazionale possa essere prorogato oltre il termine richiesto per ottenere il diritto di soggiornare in modo stabile. Perché sussista la "fondata prospettiva" non è necessario che al momento della valutazione siano soddisfatte tutte le condizioni per il diritto di soggiornare in modo stabile: basta che si possa prevedere che verosimilmente lo saranno. Poiché il tipo e la finalità dei permessi di soggiorno variano notevolmente tra gli Stati membri, spetta a questi ultimi determinare quale tipo di permesso di soggiorno sia accettato come sufficiente per ritenere che sussista una fondata prospettiva.

X, specialista informatico con una significativa esperienza professionale, è titolare di un permesso di soggiorno per motivi di lavoro valido per un anno in un determinato Stato membro. Fintantoché X soddisfa le condizioni per tale permesso, questo può essere rinnovato a tempo indeterminato, e dopo cinque anni X avrà il diritto di soggiornare in modo stabile.

X desidera essere raggiunta dal coniuge. Se tutto procede bene, X potrà continuare a lavorare nel mondo della moda: si può quindi presumere che continuerà a soddisfare le condizioni per questo tipo di permesso di soggiorno e che potrà rinnovarlo a tempo indeterminato conformemente alle prassi amministrative e alla legislazione nazionale dello Stato membro. Di conseguenza, X ha una fondata prospettiva di ottenere il diritto di soggiornare in modo stabile e pertanto la direttiva è applicabile.

Tuttavia, il titolare di un permesso di soggiorno rilasciato per una finalità specifica, con validità limitata e non rinnovabile, non può, in linea di principio, essere considerato come avente una fondata prospettiva di ottenere il diritto di soggiornare in modo stabile, ed è pertanto escluso dal campo di applicazione della direttiva. La successiva proroga di un permesso con finalità specifica o con un periodo di validità inferiore a un anno, mirante unicamente ad eludere l'applicabilità della condizione della fondata prospettiva di cui all'articolo 3, paragrafo 1, pregiudicherebbe l'obiettivo della direttiva e il suo effetto utile[13]. Un permesso di soggiorno con validità inferiore a un anno non è sufficiente. Sono quindi escluse le forme di soggiorno temporaneo, come quelle dei lavoratori temporanei o stagionali.

Z è una ragazza alla pari titolare di un permesso di soggiorno valido 24 mesi, non rinnovabile; non ha quindi alcuna prospettiva fondata di soggiornare in modo stabile, per cui la direttiva non è applicabile.

W è un lavoratore stagionale titolare di un permesso di soggiorno valido nove mesi. Poiché il permesso non è valido per almeno un anno, la direttiva non è applicabile.

2.2.        Familiari

L'articolo 4, paragrafo 1, della direttiva stabilisce che i membri della famiglia nucleare, cioè il coniuge e i figli minorenni, hanno in ogni caso diritto al ricongiungimento familiare. Tale articolo impone agli Stati membri obblighi positivi precisi, cui corrispondono diritti soggettivi chiaramente definiti, imponendo loro, nelle ipotesi contemplate dalla direttiva, di autorizzare il ricongiungimento familiare di taluni congiunti del soggiornante senza potersi avvalere di discrezionalità in proposito[14]. Anche i figli minorenni, compresi quelli adottati, del soggiornante o del coniuge hanno diritto al ricongiungimento familiare, a condizione che il soggiornante o il coniuge, rispettivamente, sia titolare dell'affidamento e responsabile del loro mantenimento.

Ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 1, lettere c) e d), seconda frase, nel caso di figli affidati ad entrambi i genitori gli Stati membri possono autorizzare il ricongiungimento soltanto a condizione che l'altro titolare dell'affidamento abbia dato il suo consenso. Il concetto di "affidamento" va inteso come l'insieme di diritti e doveri concernenti la cura della persona di un minore, in particolare il diritto di intervenire nella decisione riguardo al suo luogo di residenza. L'affidamento si considera esercitato congiuntamente da entrambi i genitori quando uno dei titolari della responsabilità genitoriale non può, conformemente ad una decisione o al diritto nazionale, decidere il luogo di residenza del minore senza il consenso dell'altro titolare della responsabilità genitoriale[15].

In generale, l'accordo dei genitori sull'affidamento deve essere dimostrato ed essere in linea con il diritto di famiglia degli Stati membri e, se del caso, il diritto internazionale privato. Tuttavia, nei casi particolari in cui si crea uno stallo[16] spetta agli Stati membri stabilire come risolvere la situazione. La decisione deve comunque essere presa nell'interesse superiore del minore, conformemente all'articolo 5, paragrafo 5[17], e su base individuale, tenendo conto dei motivi per cui non è stato possibile raggiungere un accordo e delle altre circostanze specifiche del caso.

L'articolo 4, paragrafi 2 e 3, contiene disposizioni facoltative che consentono agli Stati membri di autorizzare l'ingresso e il soggiorno di altri familiari, come gli ascendenti di primo grado del soggiornante o del suo coniuge, i figli adulti non coniugati, il partner non coniugato che abbia una relazione duratura con il soggiornante e il partner legato da una relazione formalmente registrata. Negli Stati membri che hanno scelto di autorizzare il ricongiungimento familiare di tutti i familiari elencati in tali paragrafi, la direttiva è integralmente applicabile. La disposizione facoltativa di cui all'articolo 4, paragrafo 2, lettera a), consente il ricongiungimento degli ascendenti diretti di primo grado del soggiornante o del suo coniuge, a condizione che (1) siano a carico di questi ultimi e (2) non dispongano di un adeguato sostegno familiare nel paese d'origine.

È stato riconosciuto che la nozione di "persona a carico" (o "dipendenza") ha un significato autonomo in forza del diritto dell'Unione. Sebbene la Corte sia giunta a questa conclusione nella giurisprudenza relativa alla direttiva 2004/38/CE[18] (di seguito, "direttiva sulla libera circolazione")[19], la scelta della lingua usata dalla Corte non indica che le sue conclusioni siano limitate a tale direttiva. Senza dimenticare che il contesto e le finalità delle due direttive non sono gli stessi[20], tuttavia i criteri utilizzati dalla Corte per valutare la dipendenza possono, mutatis mutandis, servire da guida per gli Stati membri nello stabilire i criteri per valutare la natura e la durata della dipendenza dell'interessato nel contesto dell'articolo 4, paragrafo 2, lettera a).

La Corte ha dichiarato che lo status di familiare "a carico" risulta da una situazione di fatto caratterizzata dalla circostanza che il sostegno giuridico, economico, emotivo o materiale del familiare è garantito dal soggiornante o dal suo coniuge/partner[21]. Nell'esaminare la situazione personale del richiedente, l'autorità competente deve tener conto dei vari fattori che possono risultare pertinenti a seconda dei casi, quali il grado di dipendenza economica o fisica e il grado di parentela tra il soggiornante e il familiare[22]. Di conseguenza, la "dipendenza" può variare in funzione della situazione e del singolo familiare interessato.

Per determinare se il familiare sia a carico, gli Stati membri devono valutare se, tenuto conto delle sue condizioni economiche e sociali, abbia bisogno di sostegno materiale per sopperire ai suoi bisogni essenziali nel paese d'origine o di provenienza al momento in cui chiede di ricongiungersi con il soggiornante[23]. Non esistono condizioni sull'importo del sostegno materiale, né è fissato un determinato livello di vita per determinare la necessità di sostegno economico da parte del soggiornante[24]. La condizione di familiare a carico non presuppone neppure l'esistenza di un diritto agli alimenti[25]. Gli Stati membri possono imporre requisiti particolari riguardo alla natura o alla durata della dipendenza, al fine di assicurarsi che detta situazione sia reale e stabile e non sia stata determinata dal solo scopo di ottenere l'ingresso e il soggiorno nel loro territorio. È necessario, tuttavia, che tali requisiti siano conformi al significato comune dei termini relativi alla dipendenza utilizzati all'articolo 4 della direttiva e non privino tale disposizione del suo effetto utile[26].

Il concetto di "adeguato sostegno familiare", in riferimento agli ascendenti diretti di primo grado, di cui all'articolo 4, paragrafo 2, lettera a), non dovrebbe essere considerato esclusivamente in senso materiale e lascia discrezionalità agli Stati membri quanto al livello di sostegno ritenuto adeguato. La condizione è soddisfatta se nessun altro familiare nel paese d'origine fornisce, per legge o de facto, sostegno all'interessato, ossia nessun altro potrebbe sostituire il soggiornante o il suo coniuge nei doveri di assistenza quotidiana. La situazione dovrebbe essere valutata alla luce delle circostanze del caso.

Tutte le disposizioni di questa sezione devono essere applicate nel rispetto del principio di non discriminazione sancito, in particolare, dall'articolo 21 della Carta, come precisato nel considerando 5.

2.3.        Età minima del coniuge

Ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 5, della direttiva gli Stati membri possono imporre un limite minimo di età per il soggiornante e il coniuge perché il ricongiungimento familiare possa aver luogo. Il limite minimo di età non può essere superiore a 21 anni. Tale facoltà può essere utilizzata solo per assicurare una migliore integrazione ed evitare i matrimoni forzati. Di conseguenza, gli Stati membri possono imporre un limite minimo età soltanto a tal fine e non in un modo che pregiudicherebbe l'obiettivo della direttiva e il suo effetto utile[27].

L'articolo 5, paragrafo 5, e l'articolo 17 fanno obbligo agli Stati membri di tenere nella dovuta considerazione l'interesse superiore del minore e di condurre un esame individuale delle domande di ricongiungimento familiare. Se uno Stato membro impone un'età minima, deve comunque essere effettuata una valutazione, caso per caso, di tutte le circostanze pertinenti della singola domanda. Il livello minimo di età può servire da riferimento, ma non può essere usato come soglia generale al di sotto della quale tutte le domande sono respinte sistematicamente, a prescindere dall'esame concreto della situazione del richiedente[28]. La condizione dell'età minima è solo uno degli elementi che gli Stati membri devono prendere in considerazione nell'esaminare la domanda[29].

Se dalla valutazione individuale risulta che la giustificazione per applicare l'articolo 4, paragrafo 5, ossia garantire una migliore integrazione ed evitare i matrimoni forzati, non è applicabile, gli Stati membri devono prevedere un'eccezione e di conseguenza permettere il ricongiungimento familiare nei casi in cui la condizione dell'età minima non è soddisfatta, ad esempio quando risulta chiaro dalla valutazione individuale che non vi è abuso, come nel caso di un figlio comune.

Y, soggiornante trentenne, intende ricongiungersi con la moglie ventenne che ha sposato due anni prima e con i loro due figli comuni. La moglie ha una conoscenza di base della lingua dello Stato membro. Quest'ultimo prevede una condizione di età minima di 21 anni.

In questo caso, l'età minima può valere soltanto come riferimento, quindi è solo uno degli elementi di cui tenere conto nella valutazione individuale della situazione. Il fatto che Y e sua moglie abbiano due figli in comune è un indice dell'improbabilità di un matrimonio forzato; inoltre, dev'essere preso in considerazione l'interesse dei figli minorenni.

La formulazione degli articoli 4, 7 e 8 indica chiaramente il momento in cui il richiedente o il soggiornante deve soddisfare le condizioni. L'articolo 7 si apre con l'espressione "[a]l momento della presentazione della domanda di ricongiungimento familiare", mentre gli articoli 4 e 8 precisano, rispettivamente, "perché il ricongiungimento familiare possa aver luogo" e "prima di farsi raggiungere dai suoi familiari". Pertanto, la condizione dell'età minima deve essere soddisfatta al momento dell'effettivo ricongiungimento familiare e non al momento della presentazione della domanda. Di conseguenza, le domande dovrebbero poter essere presentate ed esaminate prima che la condizione dell'età minima sia soddisfatta, soprattutto in considerazione dei tempi di trattamento, che possono arrivare fino a nove mesi. Tuttavia, gli Stati membri possono rimandare l'effettivo ricongiungimento familiare al compimento dell'età minima.

3.           Presentazione ed esame della domanda

3.1.        Presentazione della domanda

Ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 1, gli Stati membri devono determinare se la domanda di ingresso e di soggiorno debba essere presentata dal soggiornante oppure dal familiare o dai familiari. L'articolo 5, paragrafo 3, fissa la regola generale secondo cui la domanda è presentata ed esaminata quando i familiari soggiornano all'esterno del territorio dello Stato membro nel cui territorio risiede il soggiornante.

Come anticipato al considerando 7 e disposto all'articolo 5, paragrafo 3, secondo comma, in determinate circostanze gli Stati membri possono derogare alla regola generale del primo comma e applicare la direttiva in situazioni in cui l'unità familiare può essere conservata fin dall'inizio del soggiorno del soggiornante[30]. Pertanto, in determinate circostanze gli Stati membri possono accettare che le domande siano presentate quando i familiari si trovano già nel loro territorio. Gli Stati membri dispongono di un'ampia discrezionalità nel determinare l'adeguatezza delle circostanze[31].

Gli Stati membri possono subordinare la presentazione delle domande di ricongiungimento familiare al pagamento di contributi amministrativi ragionevoli e proporzionati, e nel fissarne l'importo dispongono di un margine discrezionale limitato, in quanto non devono compromettere la realizzazione degli obiettivi della direttiva e privarla del suo effetto utile[32]. L'importo però non deve avere né per scopo né per effetto di creare un ostacolo all'esercizio del diritto al ricongiungimento familiare. Contributi aventi un'incidenza finanziaria considerevole per i cittadini di paesi terzi che soddisfano le condizioni previste dalla direttiva potrebbero privare tali cittadini della possibilità di esercitare i diritti conferiti dalla direttiva e pertanto sarebbero di per sé eccessivi e sproporzionati[33]. Per valutarne la proporzionalità, i contributi esigibili dai cittadini di paesi terzi e dai loro familiari ai sensi della direttiva 2003/86/CE potrebbero essere confrontati con quelli riscossi dai cittadini nazionali per il rilascio di documenti analoghi, tenendo conto del fatto le situazioni di tali persone non sono identiche[34]. Al fine di promuovere l'interesse superiore del minore, la Commissione incoraggia gli Stati membri a esentare dai contributi amministrativi le domande presentate da minori. Qualora in uno Stato membro sia richiesto il visto d'ingresso, le condizioni per il rilascio del visto dovrebbero essere agevolate e il visto dovrebbe essere concesso senza ulteriori spese amministrative.

3.2.        Documenti a corredo della domanda

Ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 2, della direttiva la domanda di ricongiungimento familiare deve essere corredata:

a) dei documenti che comprovano i vincoli familiari;

b) dei documenti che comprovano il rispetto delle condizioni previste dagli articoli 4 e 6 e, nel caso siano applicabili, dagli articoli 7 e 8;

c) di copie autenticate dei documenti di viaggio del familiare o dei familiari.

Gli Stati membri dispongono di una certa discrezionalità nel decidere sull'opportunità e necessità di verificare i documenti che comprovano i vincoli familiari tramite colloqui o altre indagini, compreso l'esame del DNA. In base ai criteri dell'opportunità e della necessità, tali indagini non sono ammesse se sussistono altri mezzi idonei meno restrittivi per accertare l'esistenza dei vincoli familiari. La domanda, i documenti che la corredano e l'opportunità e la necessità di colloqui e altre indagini devono essere valutati caso per caso.

Oltre a elementi quali figli in comune, precedente coabitazione e relazione formalmente registrata, i vincoli familiari tra partner non sposati possono essere provati con qualsiasi mezzo di prova affidabile che dimostri il carattere stabile e a lungo termine della relazione, ad esempio corrispondenza, fatture e conti bancari comuni o comproprietà di beni immobili, ecc.

3.3.        Termini per l'esame della domanda

L'articolo 5, paragrafo 4, fa obbligo agli Stati membri di comunicare per iscritto, non appena possibile, la decisione sulla domanda. Il considerando 13 precisa che le regole procedurali che disciplinano l'esame della domanda devono essere efficaci e gestibili rispetto al normale carico di lavoro delle amministrazioni degli Stati membri.

Pertanto, come regola generale, quando il carico di lavoro è normale, una domanda standard dovrebbe essere trattata prontamente, senza inutili ritardi. Se, in via eccezionale, il carico di lavoro supera la capacità amministrativa o se la domanda richiede un ulteriore esame, può giustificarsi il termine massimo di nove mesi. Il termine di nove mesi decorre dalla data di presentazione della domanda, non dalla data di comunicazione del ricevimento della domanda da parte dello Stato membro.

La proroga eccezionale del termine di nove mesi ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 4, secondo comma, si giustifica solo in circostanze eccezionali dovute alla complessità della domanda da esaminare. Tale deroga dovrebbe essere interpretata restrittivamente[35] e su base individuale. L'amministrazione di uno Stato membro che intenda avvalersi di questa possibilità deve giustificare la proroga dimostrando che la complessità eccezionale del caso di specie è dovuta a circostanze eccezionali. Eventuali problemi di capacità amministrativa non possono in alcun modo giustificare una proroga eccezionale, che andrebbe comunque limitata allo stretto necessario per prendere una decisione. Esempi di circostanze eccezionali dovute alla complessità del caso sono la necessità di valutare i vincoli familiari nell'ambito di più unità familiari, una grave crisi nel paese d'origine che impedisce di accedere ai dati amministrativi, difficoltà nell'organizzare audizioni dei familiari nel paese d'origine a causa della scarsa sicurezza, difficoltà di accesso alle rappresentanze diplomatiche, la necessità di stabilire quale sia il titolare del diritto all'affidamento in caso di genitori separati.

L'articolo 5, paragrafo 4, prescrive che la decisione sia comunicata per iscritto e che, se negativa, sia debitamente motivata in fatto e in diritto al fine di consentire al richiedente l'effettivo esercizio del diritto a proporre impugnativa[36].

4.           Condizioni richieste per l'esercizio del diritto al ricongiungimento familiare

4.1.        Ordine pubblico, sicurezza pubblica e sanità pubblica

L'articolo 6, paragrafi 1 e 2, consente agli Stati membri di respingere una domanda oppure di revocare o rifiutare di rinnovare il permesso di soggiorno di un familiare per ragioni di ordine pubblico, di sicurezza pubblica o di sanità pubblica. Il considerando 14 fornisce alcune indicazioni sulla portata di tali nozioni. La persona che desideri ottenere la riunificazione della famiglia non dovrebbe costituire una minaccia per l'ordine pubblico e la sicurezza interna. Nella nozione di ordine pubblico può rientrare una condanna per aver commesso un reato grave. Nel concetto di ordine pubblico e di sicurezza pubblica rientrano i casi in cui un cittadino di un paese terzo fa parte di un'organizzazione che sostiene il terrorismo internazionale, sostiene una siffatta organizzazione o nutre aspirazioni estremistiche.

Oltre a quanto esposto, la definizione di tali nozioni è in gran parte lasciata alla discrezionalità degli Stati membri, fatto salvo il rispetto della pertinente giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo e della Corte. Sebbene non riguardi direttamente i cittadini di paesi terzi, la pertinente giurisprudenza della Corte può, mutatis mutandis, servire da base per definire le nozioni in questione per analogia[37].

Nel valutare la domanda gli Stati membri dovrebbero applicare il principio di proporzionalità. Ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 2, secondo comma, nell'adottare la decisione gli Stati membri devono tener conto delle circostanze particolari del caso di specie (articolo 17), della gravità o del tipo di reato contro l'ordine pubblico o la sicurezza pubblica o dei pericoli rappresentati dal richiedente. Il considerando 14 precisa che il ricongiungimento familiare può essere rifiutato solo per motivi debitamente giustificati.

La condizione della sanità pubblica può essere fatta valere solo in presenza di una minaccia per il grande pubblico che non può essere facilmente evitata con misure di salvaguardia della salute. Ai fini della definizione della sanità pubblica nel contesto del ricongiungimento familiare possono essere d'aiuto le disposizioni analoghe della direttiva sui soggiornanti di lungo periodo, dal momento che tali disposizioni si applicano a situazioni analoghe, riguardano anch'esse cittadini di paesi terzi e hanno lo stesso scopo[38].

In quanto tali, le sole malattie che possono essere considerate una minaccia per la sanità pubblica sono quelle definite dagli strumenti pertinenti dell'Organizzazione mondiale della sanità, nonché altre malattie infettive o parassitarie contagiose che nel paese ospitante siano oggetto di disposizioni di protezione per i cittadini nazionali. Gli Stati membri possono prescrivere una visita medica al fine di accertare che il familiare non soffra di tali malattie. Tali visite mediche non devono tuttavia essere svolte sistematicamente.

4.2.        Condizione dell'alloggio

Conformemente all'articolo 7, paragrafo 1, lettera a), gli Stati membri possono chiedere di dimostrare che il soggiornante dispone di un alloggio considerato normale per una famiglia analoga nella stessa regione e che corrisponda alle norme generali di sicurezza e di salubrità in vigore nello Stato membro interessato. La valutazione della natura dell'alloggio spetta agli Stati membri, ma i criteri adottati non possono essere discriminatori e il richiamato articolo fissa il massimo di ciò che può essere richiesto. I criteri relativi alla dimensione o alle norme sanitarie e di sicurezza non possono essere più severi di quelli relativi a un'abitazione situata nella stessa regione e destinata a una famiglia paragonabile dal punto di vista del numero delle persone e della situazione sociale. La "stessa regione" dovrebbe comprendere unità geografiche tra le quali possono esistere norme differenti, ad esempio a livello regionale o comunale. I criteri adottati dagli Stati membri dovrebbero essere trasparenti e chiaramente specificati nella legislazione nazionale.

Lo scopo di questa disposizione è garantire un alloggio adeguato al soggiornante e ai suoi familiari. Pertanto, il rispetto di questa condizione può essere valutato in base alla situazione in cui si trova il soggiornante all'atto della presentazione della domanda o in base a una ragionevole previsione dell'alloggio di cui disporrà il soggiornante quando sarà raggiunto dal familiare o dai familiari.

Un contratto di acquisto o di locazione, ad esempio, può servire da prova. Un contratto di locazione di durata limitata può essere ritenuto insufficiente. Qualora il periodo di attesa e i tempi di esame della domanda siano lunghi, esigere che tale condizione sia soddisfatta al momento della presentazione della domanda può essere sproporzionato e pregiudicare l'obiettivo e l'effetto utile della direttiva, in quanto il soggiornante potrebbe dover sopportare notevoli oneri finanziari e amministrativi aggiuntivi. In tali circostanze specifiche, la Commissione incoraggia gli Stati membri a una certa flessibilità, ad esempio accettando come prova un contratto di locazione sottoposto a condizione sospensiva secondo cui il contratto entrerà in vigore una volta che sia stato accordato il ricongiungimento familiare e che i familiari abbiano effettivamente fatto ingresso nello Stato membro in questione.

4.3.        Condizione dell'assicurazione malattia

Conformemente all'articolo 7, paragrafo 1, lettera b), gli Stati membri possono chiedere di dimostrare che il soggiornante dispone di un'assicurazione contro le malattie che copra tutti i rischi di norma coperti per i cittadini dello Stato membro interessato, per se stesso e per i suoi familiari.

Se lo Stato membro in questione dispone di un sistema di assicurazione sanitaria obbligatoria e universale che è anche a disposizione e obbligatoria per i soggiornanti cittadini di paesi terzi, si deve presumere che tale condizione sia soddisfatta. La Commissione ritiene che la richiesta di un'assicurazione sanitaria privata aggiuntiva costituirebbe un onere inutile e pregiudicherebbe l'obiettivo e l'effetto utile della direttiva. Se lo Stato membro dispone di un sistema contributivo volontario, tale condizione può essere soddisfatta attraverso:

a) un sistema di assicurazione sanitaria sottoposta a condizione sospensiva, per cui la copertura sanitaria è subordinata all'accettazione della domanda di ricongiungimento familiare di un familiare, oppure

b) un'assicurazione sanitaria privata che copra i rischi di norma coperti da un'assicurazione sanitaria per i cittadini dello Stato membro.

4.4.        Condizione delle risorse sufficienti

Conformemente all'articolo 7, paragrafo 1, lettera c), gli Stati membri possono chiedere di dimostrare che il soggiornante dispone di risorse stabili e regolari sufficienti per mantenere se stesso e i suoi familiari senza ricorrere al sistema di assistenza sociale dello Stato membro interessato. Nella causa Chakroun, la Corte ha giudicato che, dato che l'autorizzazione del ricongiungimento familiare costituisce la regola generale, tale facoltà deve essere interpretata restrittivamente. Pertanto, la discrezionalità riconosciuta agli Stati membri non dev'essere impiegata dagli stessi in un modo che pregiudicherebbe l'obiettivo della direttiva e il suo effetto utile[39]. La Corte ha specificato che tale facoltà deve essere esercitata alla luce dell'articolo 7 e dell'articolo 24, paragrafi 2 e 3, della Carta, i quali impongono agli Stati membri di esaminare le domande di ricongiungimento nell'interesse dei minori di cui trattasi e nell'ottica di favorire la vita familiare[40].

La valutazione della stabilità e della regolarità delle risorse deve basarsi sulla previsione che le risorse possano essere ragionevolmente disponibili nel prossimo futuro, in modo che il richiedente non necessiti di ricorrere al sistema di assistenza sociale. A tal fine, il richiedente può dimostrare che dispone di un certo livello di risorse che dovrebbero rimanere disponibili su base regolare. Di conseguenza, in generale, un contratto di lavoro a tempo indeterminato dovrebbe essere considerato una prova sufficiente.

Gli Stati membri sono invitati a tener conto delle realtà del mercato del lavoro, in cui i contratti di lavoro a tempo indeterminato possono essere sempre più inusuali, soprattutto all'inizio di un rapporto di lavoro. Se il richiedente fornisce la prova di un altro tipo di contratto di lavoro, ad esempio un contratto temporaneo prorogabile, gli Stati membri sono incoraggiati a non respingere automaticamente la domanda soltanto in base alla natura del contratto. In tali casi, è necessaria una valutazione di tutte le circostanze pertinenti della fattispecie.

In determinati settori, ad esempio in alcuni settori creativi, delle tecnologie dell'informazione o dei media, i contratti di lavoro temporaneo possono costituire la prassi abituale, ma le risorse possono essere stabili e regolarmente disponibili. Altri elementi pertinenti per la valutazione della disponibilità di risorse possono essere, ad esempio, le qualifiche e le competenze del soggiornante, i posti vacanti strutturali nel settore del soggiornante o la situazione del mercato del lavoro nello Stato membro. Il precedente accesso a determinate somme per un certo periodo di tempo può sicuramente costituire un elemento di prova, ma non deve essere imposto come condizione, in quanto si introdurrebbero una condizione aggiuntiva e un periodo di attesa non previsti dalla direttiva, soprattutto se il soggiornante è all'inizio della sua carriera.

Per quanto riguarda la natura delle risorse, queste possono consistere in redditi da lavoro dipendente, ma anche in altri mezzi, quali redditi da lavoro autonomo, mezzi privati a disposizione del soggiornante, pagamenti basati su diritti maturati mediante contributi precedenti del soggiornante o del familiare (ad esempio, pensioni di anzianità o invalidità).

Inoltre, per valutare se le risorse siano sufficienti, l'espressione "risorse stabili e regolari sufficienti" contrapposta a "senza ricorrere al sistema di assistenza sociale" indica che il fatto di non ricorrere al sistema di assistenza sociale è un criterio fondamentale per valutare il rispetto di tale condizione. Per "assistenza sociale" s'intende l'assistenza elargita dalle autorità pubbliche a livello nazionale, regionale o locale, a cui può ricorrere un soggetto, nel caso di specie il soggiornante, che non disponga di risorse stabili e regolari sufficienti per mantenere se stesso e i suoi familiari e che, per questo, rischia di diventare, durante il proprio soggiorno, un onere per l'assistenza sociale dello Stato membro ospitante[41]. Si tratta di una nozione autonoma del diritto dell'Unione, che non può essere definita facendo riferimento a nozioni di diritto nazionale[42]. La Corte ha precisato che tale nozione dev'essere interpretata come finalizzata all'assistenza che supplisce una mancanza di risorse stabili, regolari e sufficienti e non come l'assistenza che consentirebbe di far fronte a necessità straordinarie o impreviste[43]. Pertanto, il riferimento al "ricorrere al sistema di assistenza sociale" non consente ad uno Stato membro di negare il ricongiungimento familiare a un soggiornante che dimostri di disporre di risorse stabili e regolari sufficienti per mantenere se stesso e i suoi familiari, ma che, alla luce del livello del suo reddito, potrà nondimeno ricorrere all'assistenza speciale per provvedere a spese di sostentamento particolari e individualmente stabilite, a sgravi fiscali accordati da amministrazioni locali sulla base del reddito o a provvedimenti di sostegno del reddito[44].

Nel valutare le risorse del soggiornante e determinare il livello dell'assistenza sociale, gli Stati membri possono tener conto della soglia minima delle retribuzioni e delle pensioni nazionali, nonché del numero di familiari. Nella sentenza Chakroun la Corte ha sottolineato che tale facoltà dev'essere interpretata restrittivamente ed esercitata evitando di pregiudicare l'obiettivo della direttiva e il suo effetto utile[45]. Di conseguenza, la soglia minima delle retribuzioni nazionali deve essere considerata come il limite massimo di ciò che gli Stati membri possono richiedere, tranne se gli Stati membri scelgono di tenere conto del numero di familiari.

Inoltre, gli Stati membri possono indicare una certa somma come importo di riferimento, ma poiché i bisogni possono variare molto a seconda degli individui, essi non possono imporre un importo di reddito minimo al di sotto del quale qualsiasi ricongiungimento familiare sarebbe respinto a prescindere da un esame concreto della situazione di ciascun richiedente in conformità dell'articolo 17[46]. Pertanto, una domanda non può essere respinta per il solo motivo che le risorse del richiedente non raggiungono l'importo di riferimento. Prima di prendere una decisione sulla domanda, deve essere effettuata una valutazione individuale di tutti gli elementi del caso di specie.

La Corte ha sottolineato che sono, in linea di principio, le risorse del soggiornante ad essere oggetto dell'esame individualizzato delle domande di ricongiungimento prescritto dalla direttiva 2003/86 e non le risorse del cittadino di un paese terzo per il quale è richiesto un diritto di soggiorno ai fini del ricongiungimento familiare[47]. Allo stesso tempo, utilizzando l'espressione "in linea di principio" la Corte suggerisce che gli Stati membri possono scegliere di tener conto delle risorse dei familiari o che le deroghe a questa regola possono essere concesse in singoli casi giustificati da circostanze particolari[48].

Infine, la Corte ha precisato che la legislazione nazionale che applica questo requisito non è autorizzata a operare una distinzione tra i vincoli familiari sorti prima e quelli sorti dopo l'ingresso del soggiornante nel territorio dello Stato membro. La capacità del soggiornante di disporre di risorse regolari e sufficienti per mantenere se stesso e i suoi familiari non può dipendere in alcun modo dal momento in cui egli ha costituito la sua famiglia[49].

4.5.        Misure di integrazione

La Commissione riconosce che gli Stati membri godono di una discrezionalità nel decidere se chiedere ai cittadini di paesi terzi di soddisfare le misure di integrazione e nello sviluppare le misure più appropriate nel loro contesto nazionale[50]; sottolinea tuttavia che tali misure sono intese ad agevolare l'integrazione dei familiari e sono ammissibili se corrispondono a tale scopo e se rispettano il principio di proporzionalità. Pertanto, la loro ammissibilità dipende dalla loro accessibilità e dalle modalità in cui sono elaborate e organizzate, e dal fatto che le misure stesse o il loro impatto non rispondano a finalità diverse dall'integrazione. Se, in realtà, sono usate per limitare il ricongiungimento familiare, le misure di integrazione si traducono in un'ulteriore condizione per il ricongiungimento familiare. Ciò pregiudicherebbe l'obiettivo della direttiva, che è di favorire il ricongiungimento familiare, e il suo effetto utile[51].

Pertanto, gli Stati membri possono chiedere ai familiari di soddisfare le misure di integrazione ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 2, ma ciò non può costituire una condizione assoluta a cui è subordinato il diritto al ricongiungimento familiare. La natura delle misure di integrazione di cui all'articolo 7, paragrafo 2, è diversa da quella delle condizioni previste dall'articolo 4, paragrafo 1, e dall'articolo 7, paragrafo 1. In primo luogo, l'articolo 4, paragrafo 1 — in quanto clausola di tipo sospensivo soltanto[52] — permette agli Stati membri, prima di autorizzarne l'ingresso e il soggiorno, di esaminare se il minore che abbia superato i dodici anni e giunga indipendentemente dal resto della famiglia soddisfi le condizioni per la sua integrazione[53]. In secondo luogo, a norma dell'articolo 7, paragrafo 1, gli Stati membri possono chiedere di dimostrare che le condizioni previste in tale articolo sono soddisfatte o possono essere soddisfatte in base a una previsione ragionevole. Queste possono quindi considerarsi condizioni preliminari di cui gli Stati membri possono chiedere il rispetto da parte del soggiornante prima di autorizzare l'ingresso e il soggiorno dei familiari.

Al contrario, l'articolo 7, paragrafo 2, consente agli Stati membri di chiedere ai cittadini di paesi terzi di soddisfare le misure di integrazione. Gli Stati membri possono chiedere ai familiari un certo sforzo per dimostrare la loro volontà di integrarsi, ad esempio esigendo la partecipazione a corsi di lingua o di integrazione, prima o dopo il loro arrivo. Poiché queste misure sono destinate ad agevolare il processo di integrazione, ne discende che il modo in cui gli Stati membri si avvalgono di tale facoltà non può essere illimitato.

L'articolo 7, paragrafo 2, permette agli Stati membri di chiedere a un immigrato di compiere gli sforzi necessari per poter vivere la quotidianità nella società in cui deve integrarsi, e di verificare che tale persona dimostri la volontà richiesta di integrarsi nel suo nuovo ambiente. La verifica della volontà di integrarsi può consistere in un esame delle competenze di base ritenute necessarie per l'integrazione. Tale esame dovrebbe essere sensibile alle specificità di genere per tener conto della situazione specifica di alcune donne il cui livello di istruzione, ad esempio, potrebbe essere scarso. Il livello di difficoltà dell'esame, i costi di partecipazione, l'accessibilità del materiale didattico necessario per prepararsi all'esame o l'accessibilità dell'esame stesso non devono, infatti, costituire ostacoli che complichino il raggiungimento di tale scopo[54]. In altre parole, le misure di integrazione che uno Stato membro può esigere non possono risultare in un obbligo di adempimento, che rappresenta in realtà una misura che limita la possibilità di ricongiungimento familiare. Le misure devono, al contrario, contribuire al successo del ricongiungimento familiare.

Inoltre, le misure di integrazione devono essere proporzionate e applicate con la necessaria flessibilità per garantire che, in singoli casi e alla luce delle specifiche circostanze della fattispecie, il ricongiungimento familiare possa essere accordato anche se non sono soddisfatte le condizioni per l'integrazione[55]. Pertanto gli Stati membri dovrebbero prevedere l'effettiva possibilità di una deroga, un rinvio o altre forme di misure di integrazione in presenza di determinati aspetti specifici o circostanze personali dell'immigrato in questione.

Le specifiche circostanze individuali che possono essere prese in considerazione sono, ad esempio, le capacità cognitive, la posizione vulnerabile dell'interessato, casi particolari di inaccessibilità delle strutture di insegnamento o di esame, o altre situazioni di grave disagio. È opportuno prestare particolare attenzione al fatto che in varie parti del mondo le donne e le ragazze hanno meno possibilità di accedere all'istruzione e potrebbero avere un livello di alfabetizzazione inferiore a quello degli uomini. Pertanto, gli Stati membri non possono rifiutare l'ingresso e il soggiorno nel loro territorio di un familiare di cui all'articolo 4, paragrafo 1, per il solo motivo che, ancora all'estero, non ha superato l'esame di integrazione previsto dalla legislazione dello Stato membro[56].

La Commissione ritiene che gli Stati membri debbano prevedere le misure di integrazione necessarie affinché i familiari conoscano il loro nuovo paese di residenza e acquisiscano le competenze linguistiche che possono facilitarne l'integrazione. Pertanto, i corsi di lingua e di integrazione dovrebbero essere offerti in modo accessibile (disponibilità in diversi luoghi), essere gratuiti o almeno alla portata di tutti e tenere conto delle esigenze individuali, comprese quelle di genere (ad esempio, con strutture di assistenza all'infanzia). Sebbene le misure di integrazione prima della partenza possano contribuire a preparare i migranti alla loro nuova vita nel paese ospitante fornendo informazioni e formazione prima della migrazione, spesso le misure di integrazione possono essere più efficaci nel paese ospitante.

4.6.        Periodo di attesa

L'articolo 8 della direttiva mantiene un margine di discrezionalità limitato a favore degli Stati membri, consentendo loro di esigere che il soggiornante, prima di farsi raggiungere dai suoi familiari, abbia soggiornato legalmente nel loro territorio per un periodo non superiore a due anni. Lo Stato membro che scelga di avvalersi di tale facoltà non può imporre un periodo di attesa generale e globale applicabile allo stesso modo a tutti i richiedenti a prescindere dalle particolari circostanze dei singoli specifici casi e dall'interesse superiore dei figli minorenni[57]. La Corte ha sottolineato che la durata della residenza nello Stato membro costituisce solo uno degli elementi che devono essere presi in considerazione dallo Stato medesimo nell'ambito dell'esame di una domanda e che non si può imporre un periodo di attesa senza tener conto, nei casi specifici, del complesso degli elementi pertinenti e dell'interesse superiore dei figli minorenni[58].

Lo scopo di questa disposizione è consentire agli Stati membri di assicurarsi che il ricongiungimento familiare abbia luogo in condizioni favorevoli, dopo un periodo di soggiorno sufficientemente lungo nello Stato membro ospitante da parte del soggiornante perché si possa presumere un insediamento stabile e un certo livello di integrazione[59]. Il periodo di attesa e la relativa durata sono ammissibili ai sensi della direttiva solo se rispondono a tale scopo e se rispettano il principio di proporzionalità. Per evitare un impatto sproporzionato sulla vita familiare, la Commissione incoraggia gli Stati membri a limitare la durata del periodo di attesa allo stretto necessario per conseguire lo scopo della disposizione, in particolare nei casi che coinvolgono figli minorenni.

La Commissione è del parere che per determinare la durata del "soggiorno legale" del soggiornante si debba tener conto di tutti i periodi in cui l'interessato ha soggiornato nel territorio dello Stato membro conformemente alla legislazione nazionale, a decorrere dal primo giorno. Può trattarsi di un soggiorno basato su un permesso di soggiorno o su qualunque altro titolo che consenta giuridicamente il soggiorno. Dovrebbero tuttavia essere esclusi i soggiorni irregolari, compresi i periodi di tolleranza e i periodi in cui il rimpatrio è stato posticipato.

Gli Stati membri possono esigere che il soggiorno legale sia continuo, dato che lo scopo della disposizione è raggiungere un certo livello di stabilità e integrazione. Tuttavia, possono essere ammesse le interruzioni che non compromettono tale scopo, ad esempio le assenze temporanee (come i viaggi d'affari, le vacanze o le visite a familiari nel paese di origine, ecc.) o brevi periodi di soggiorno irregolare (ad esempio, scadenza della carta di soggiorno per ritardo nella presentazione della domanda di proroga o per ritardi nel suo trattamento). Ai fini della durata del soggiorno legale dovrebbero essere computati anche i periodi di soggiorno legale effettuati prima dell'ottenimento da parte del soggiornante di un permesso di soggiorno valido per almeno un anno, come richiesto dall'articolo 3, paragrafo 1.

X è un cittadino di un paese terzo che soggiorna legalmente in uno Stato membro da nove mesi, ininterrottamente. Oggi X ha ottenuto un permesso di soggiorno con validità di un anno e rinnovabile a tempo indeterminato. X intende farsi raggiungere dalla moglie, cittadina di un paese terzo, e presenta domanda di ricongiungimento familiare; si chiede quando la consorte potrà raggiungerlo.

Lo Stato membro esige un periodo di attesa e, nella fattispecie di X, ritiene che la durata massima di due anni di soggiorno legale sia proporzionata affinché il ricongiungimento familiare possa effettuarsi in condizioni favorevoli. In questo caso, la moglie potrà raggiungere X alla fine del rimanente periodo di attesa, ossia dopo altri 15 mesi.

A giudizio della Commissione, il periodo di attesa non comprende il periodo necessario agli Stati membri per esaminare la domanda ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 4[60]. Questi due periodi possono iniziare e terminare in momenti diversi e possono sovrapporsi o meno, a seconda dei casi. La Commissione ritiene che la domanda possa essere presentata a partire dal momento in cui il soggiornante è titolare di un permesso di soggiorno valido almeno un anno e ha una fondata prospettiva di ottenere il diritto di soggiornare in modo stabile[61], ma gli Stati membri possono rinviare la concessione del ricongiungimento familiare ("prima di farsi raggiungere dai suoi familiari") fino alla scadenza del periodo di attesa stabilito dalla loro legislazione nazionale.

Y, cittadina di un paese terzo, è appena giunta in uno Stato membro e ha ricevuto immediatamente un permesso di soggiorno con validità di due anni e rinnovabile. Y desidera essere raggiunta dal marito e dai due figli minorenni, e presenta domanda di ricongiungimento familiare.

Nel caso di Y, lo Stato membro ritiene che Y e il marito abbiano già mostrato un livello di integrazione elevato. Nell'interesse dei figli, lo Stato membro decide che il periodo di attesa non è necessario. Tuttavia, a causa di vincoli amministrativi, il trattamento della domanda ha subito ritardi e lo Stato membro ha potuto prendere tale decisione solo dopo nove mesi. Nella fattispecie, Y può essere raggiunta dal marito e dai figli a partire dal momento in cui riceve la comunicazione della decisione.

La Corte ha statuito che le norme della direttiva, ad eccezione dell'articolo 9, paragrafo 2, si applicano al matrimonio contratto dal soggiornante tanto prima del trasferimento nello Stato membro quanto successivamente[62]; di conseguenza non può essere fatta alcuna distinzione tra le due situazioni sotto il profilo del periodo di attesa. La Commissione condivide le preoccupazioni degli Stati membri circa eventuali usi scorretti del diritto al ricongiungimento familiare, ma precisa che la facoltà di esigere un periodo di attesa non può essere utilizzata al solo scopo di prevenire usi scorretti. L'unico scopo dell'articolo 8 è esigere un soggiorno stabile di una certa durata e una certa integrazione onde garantire che il ricongiungimento familiare avvenga in condizioni favorevoli. Per prevenire i matrimoni fittizi sono disponibili mezzi più adeguati, ad esempio la valutazione individuale dei casi.

Z, cittadina di un paese terzo, soggiorna legalmente in uno Stato membro quattro anni per motivi di studio. Dopo la laurea, Z accetta un'offerta di lavoro e ottiene un nuovo permesso di soggiorno, valido un anno e rinnovabile a tempo indeterminato. Nel frattempo, Z incontra D, un cittadino di un paese terzo con cui stringe un legame affettivo; 13 mesi dopo lo sposa e chiede il ricongiungimento familiare affinché D la possa raggiungere.

Nel caso di Z, il potenziale periodo di attesa massimo di due anni di soggiorno legale è già trascorso, quindi D potrà raggiungere Z non appena questa avrà ricevuto la comunicazione della decisione.

5.           Ingresso e soggiorno dei familiari

5.1.        Ingresso, visti per soggiorno di lunga durata e permessi di soggiorno

Ai sensi dell'articolo 13, paragrafo 1, della direttiva una volta accettata la domanda di ricongiungimento familiare, lo Stato membro interessato deve agevolare il rilascio dei visti necessari per i familiari. Ciò implica che, quando la domanda viene accettata, gli Stati membri dovrebbero assicurare una rapida procedura di rilascio del visto, ridurre al minimo gli oneri amministrativi aggiuntivi ed evitare i doppi controlli del rispetto delle condizioni per il ricongiungimento familiare. Poiché il soggiorno nel quadro del ricongiungimento familiare è di lunga durata, il visto rilasciato non dovrebbe essere un visto per soggiorni di breve durata.

Se l'accesso ai documenti di viaggio e ai visti è particolarmente difficile o pericoloso e, di conseguenza, può costituire un rischio sproporzionato o un ostacolo pratico all'effettivo esercizio del diritto al ricongiungimento familiare, gli Stati membri sono incoraggiati a tener conto delle specificità del caso e delle condizioni nel paese d'origine. In circostanze eccezionali, ad esempio il collasso di uno Stato o un paese con rischi di sicurezza interna elevati, gli Stati membri sono invitati ad accettare documenti di viaggio provvisori emessi dal Comitato internazionale della Croce rossa (CICR), emettere lasciapassare nazionali validi per un viaggio di sola andata oppure offrire ai familiari la possibilità di ottenere il visto all'arrivo nello Stato membro.

I contributi amministrativi per il rilascio del visto sono ammessi, ma non devono essere eccessivi o sproporzionati, né devono avere lo scopo o l'effetto di creare un ostacolo all'ottenimento dei diritti conferiti dalla direttiva e, pertanto, privarla del suo effetto utile[63].

L'articolo 13, paragrafo 2, fa obbligo agli Stati membri di rilasciare ai familiari un primo permesso di soggiorno con un periodo di validità di almeno un anno e rinnovabile. Conformemente all'articolo 13, paragrafo 3, il periodo di validità del permesso di soggiorno del familiare non può, in linea di principio, andare oltre la data di scadenza del permesso di soggiorno del soggiornante. Pertanto, per sincronizzare la data di scadenza dei permessi di soggiorno del soggiornante e dei familiari, gli Stati membri possono rilasciare permessi di soggiorno con un periodo di validità inferiore a un anno. Sono tuttavia ammesse eccezioni a tale regola, ad esempio quando il permesso di soggiorno del soggiornante ha un periodo di validità inferiore a un anno ma sicuramente sarà prorogato.

5.2.        Accesso ad un'attività lavorativa

I familiari del soggiornante hanno diritto, come il soggiornante, all'accesso ad un'attività lavorativa dipendente o autonoma, fatte salve le restrizioni facoltative di cui all'articolo 14, paragrafi 2 e 3. Per un periodo non superiore a 12 mesi, gli Stati membri possono fissare le condizioni alle quali i familiari possono esercitare un'attività lavorativa dipendente o autonoma. Durante questo periodo gli Stati membri possono anche limitare l'accesso al mercato del lavoro nazionale e valutare la situazione del proprio mercato del lavoro. Una volta trascorsi i 12 mesi, gli Stati membri sono tenuti ad autorizzare i familiari a esercitare un'attività lavorativa dipendente o autonoma, a condizione che anche il soggiornante abbia tale autorizzazione.

Gli Stati membri hanno la facoltà di limitare l'accesso ad un'attività lavorativa dipendente o ad un'attività autonoma da parte degli ascendenti di primo grado e dei figli maggiorenni non coniugati, ma non degli altri familiari ammessi in virtù della direttiva. L'accesso all'occupazione dei familiari ammessi al di fuori del campo di applicazione della direttiva è interamente di competenza nazionale. Allo scopo di incoraggiare l'integrazione dei familiari[64], evitarne la dequalificazione e combattere le trappole della povertà, la Commissione raccomanda di limitare all'indispensabile le restrizioni dell'accesso al mercato del lavoro per i familiari, in particolare le donne migranti.

5.3.        Permesso di soggiorno autonomo

L'articolo 15, paragrafo 1, dispone che, trascorso un periodo massimo di cinque anni di soggiorno e sempre che al familiare non sia stato rilasciato un permesso di soggiorno per motivi diversi dal ricongiungimento familiare, gli Stati membri devono rilasciare, previa domanda, al coniuge o al partner non coniugato e al figlio diventato maggiorenne un permesso di soggiorno autonomo, indipendente da quello del soggiornante. Il soggiorno dovrebbe essere inteso come soggiorno legale, e la Commissione sottolinea che gli Stati membri possono rilasciare il permesso prima. In caso di rottura del vincolo familiare, il diritto al permesso di soggiorno autonomo deve in ogni caso essere riconosciuto al coniuge o al partner non sposato, ma gli Stati membri possono escluderlo per i figli adulti. Sebbene l'articolo 15, paragrafo 4, disponga che i requisiti devono essere stabiliti dalla legislazione nazionale, il paragrafo 3 dello stesso articolo indica che la rottura può essere intesa come comprensiva di vedovanza, separazione, divorzio, decesso, ecc.

L'articolo 15, paragrafo 2, e l'articolo 15, paragrafo 3, prima frase, consentono agli Stati membri di concedere in qualsiasi momento un permesso di soggiorno autonomo ai figli adulti e agli ascendenti di primo grado di cui all'articolo 4, paragrafo 2, e, previa domanda, alle persone entrate in virtù del ricongiungimento familiare in caso di vedovanza, divorzio, separazione o decesso di ascendenti o discendenti di primo grado.

L'articolo 15, paragrafo 3, seconda frase, dispone che, quando situazioni particolarmente difficili lo richiedano, gli Stati membri devono rilasciare un permesso di soggiorno autonomo alle persone entrate in virtù del ricongiungimento familiare. Gli Stati membri sono tenuti a stabilire le disposizioni legislative nazionali necessarie a tal fine. Le situazioni particolarmente difficili devono dipendere dalla situazione familiare o dalla rottura del vincolo familiare, non da altre cause. Esempi di situazioni particolarmente difficili sono i casi di violenza domestica contro le donne e i bambini, alcuni casi di matrimonio forzato, il rischio di mutilazioni genitali femminili o i casi in cui l'interessato si troverebbe in una situazione familiare particolarmente difficile se fosse costretto a tornare nel paese di origine.

6.           Ricongiungimento familiare dei beneficiari di protezione internazionale

6.1.        Rifugiati

Il capo V della direttiva contempla varie deroghe agli articoli 4, 5, 7 e 8, creando condizioni più favorevoli per il ricongiungimento familiare dei rifugiati. Tali deroghe impongono agli Stati membri obblighi positivi precisi, cui corrispondono diritti soggettivi chiaramente definiti, imponendo loro, nell'ambito di queste condizioni più favorevoli, di autorizzare il ricongiungimento familiare di taluni congiunti del rifugiato senza potersi avvalere di discrezionalità in proposito[65].

Allo stesso tempo, la direttiva consente agli Stati membri di limitare l'applicazione di queste condizioni più favorevoli:

1) ai vincoli familiari anteriori all'ingresso (articolo 9, paragrafo 2),

2) alle domande presentate entro tre mesi dalla concessione dello status di rifugiato (articolo 12, paragrafo 1, terzo comma), e

3) alle famiglie per le quali il ricongiungimento familiare è impossibile in un paese terzo con il quale il soggiornante/familiare ha legami particolari (articolo 12, paragrafo 1, secondo comma).

Tuttavia, gli Stati membri non devono impiegare questa discrezionalità in un modo che pregiudicherebbe l'obiettivo della direttiva e il suo effetto utile[66]. Gli Stati membri devono recepire e applicare tali disposizioni prestando un'attenzione speciale alla situazione particolare dei rifugiati che sono stati costretti a fuggire dal loro paese e per i quali è impossibile vivere in quel paese una normale vita familiare[67]. La Commissione incoraggia l'esempio di un certo numero di Stati membri che non applicano le limitazioni facoltative, o consentono una maggiore indulgenza nel riconoscere la situazione particolare dei rifugiati e le difficoltà che spesso questi incontrano nel presentare domanda di ricongiungimento familiare[68].

Ai sensi dell'articolo 12, paragrafo 1, gli Stati membri non possono chiedere al rifugiato, ad un suo familiare o ai suoi familiari di fornire la prova[69] che il rifugiato soddisfa le condizioni stabilite all'articolo 7, ossia le condizioni relative all'alloggio, all'assicurazione contro le malattie, alle risorse sufficienti e alle misure di integrazione. Tuttavia, le misure di integrazione possono essere applicate dopo che alle persone interessate sia stato accordato il ricongiungimento familiare (articolo 7, paragrafo 2, secondo comma). Poiché tale norma fa parte delle disposizioni generali e non del capo V, essa prevale sull'articolo 9, paragrafo 2, che consente agli Stati membri di limitare l'applicazione delle disposizioni più favorevoli ai rifugiati i cui vincoli familiari siano anteriori al loro ingresso. Di conseguenza, per quanto riguarda la famiglia nucleare costituita dopo l'ingresso del rifugiato soggiornante, il capo V non si applica e le misure di integrazione possono essere applicate soltanto dopo che sia stato accordato il ricongiungimento familiare.

La Commissione sottolinea che le disposizioni del capo V devono essere lette alla luce dei principi di cui all'articolo 5, paragrafo 5, e all'articolo 17. Pertanto, nell'esaminare le domande di ricongiungimento familiare dei rifugiati, gli Stati membri devono procedere, in ogni singola fattispecie, a una valutazione equilibrata e ragionevole di tutti gli interessi in gioco, tenendo nella dovuta considerazione l'interesse superiore dei figli minorenni[70]. Nessun elemento preso separatamente può portare automaticamente a una decisione; ciascuno va considerato solo come uno degli elementi pertinenti[71].

6.1.1.     Familiari

Conformemente all'articolo 10, paragrafo 1, la definizione di "familiari" di cui all'articolo 4 è usata per definire i familiari dei rifugiati, con la conseguente esclusione di qualunque definizione più rigorosa o di condizioni aggiuntive. Si applicano anche tutte le limitazioni obbligatorie e facoltative di cui all'articolo 4, quali l'esclusione di matrimoni poligami, con l'eccezione del terzo comma del paragrafo 1 di tale articolo che non si applica ai figli dei rifugiati.

L'articolo 10, paragrafo 2, autorizza esplicitamente gli Stati membri ad estendere il campo di applicazione, consentendo loro di autorizzare il ricongiungimento di altri familiari non previsti all'articolo 4, qualora essi siano a carico del rifugiato. Gli Stati membri sono incoraggiati a utilizzare la discrezionalità nel modo più umanitario, dato che l'articolo 10, paragrafo 2, non prevede nessuna limitazione riguardo al grado di parentela degli "altri familiari". La Commissione invita gli Stati membri a prendere in considerazione anche le persone che non sono biologicamente imparentate ma che sono accudite all'interno dell'unità familiare, come i bambini in affido, anche se gli Stati membri mantengono la piena discrezionalità al riguardo. L'elemento determinante è la nozione di dipendenza.

6.1.2.     Assenza di documentali probatori ufficiali

Ai sensi dell'articolo 11, per quanto concerne la presentazione e l'esame delle domande si applicano le disposizioni dell'articolo 5, fatta salva la deroga relativa ai documentali probatori ufficiali di cui all'articolo 11, paragrafo 2. Pertanto, in linea con l'articolo 5, paragrafo 2, gli Stati membri possono prevedere che la domanda sia corredata dei documenti che comprovano i vincoli familiari, e che possano essere effettuati colloqui e altre indagini, se opportuno e necessario.

Tuttavia, per i rifugiati che sono stati costretti a fuggire dal loro paese, e per i loro familiari, è spesso impossibile o pericoloso produrre documenti ufficiali o mettersi in contatto con le autorità consolari o diplomatiche del loro paese di origine.

L'articolo 11, paragrafo 2, è esplicito: senza lasciare alcuna discrezionalità, dispone che l'assenza di documenti probatori non può essere l'unico motivo del rigetto della domanda, e fa obbligo agli Stati membri, in tali casi, di tener "conto anche di altri mezzi idonei a provare" l'esistenza di tali vincoli. Poiché tali "altri mezzi idonei a provare" devono essere valutati conformemente al diritto nazionale, gli Stati membri dispongono di un certo margine di discrezionalità; tuttavia dovrebbero adottare norme chiare che disciplinino tali condizioni in materia di prove. Esempi di "altri mezzi idonei a provare" l'esistenza dei vincoli familiari sono le dichiarazioni orali o scritte dei richiedenti, i colloqui con i familiari o le indagini sulla situazione all'estero. Tali dichiarazioni possono poi, ad esempio, essere corroborate da elementi di prova, quali documenti, materiale audiovisivo, eventuali documenti o prove materiali (come diplomi, la prova di trasferimenti di denaro, ecc.) o la conoscenza di fatti specifici.

La valutazione individuale di cui all'articolo 17 esige che, nell'esaminare le prove fornite dal richiedente, gli Stati membri tengano conto di tutti gli elementi pertinenti, tra cui l'età, il genere, il livello d'istruzione, l'origine familiare e lo status sociale, nonché specifici aspetti culturali. La Commissione ritiene che se, nonostante l'esame di altri tipi di prova, permangono seri dubbi o se esistono forti indizi di intenzioni fraudolente, si può ricorrere all'esame del DNA come ultima ratio[72]. In tali casi, gli Stati membri dovrebbero osservare i principi dell'UNHCR sull'esame del DNA[73].

La direttiva non impedisce agli Stati membri di far sostenere ai rifugiati o ai richiedenti i costi dell'esame del DNA o di altri esami. Tuttavia il contributo richiesto non deve essere eccessivo o sproporzionato al punto da avere l'effetto di creare un ostacolo all'ottenimento dei diritti conferiti dalla direttiva e, pertanto, privarla del suo effetto utile[74]. La Commissione ritiene che, nel fissare i potenziali contributi, gli Stati membri debbano tener conto della situazione particolare dei rifugiati, e li incoraggia a sostenere i costi dell'esame del DNA, soprattutto quando questo è effettuato sul rifugiato o sui suoi familiari.

6.1.3.     Eccezioni alle disposizioni più favorevoli del capo V

L'articolo 12, paragrafo 1, secondo comma, autorizza gli Stati membri a non applicare le condizioni più favorevoli se è possibile il ricongiungimento familiare in un paese terzo con il quale il soggiornante/familiare ha legami particolari. Questa facoltà richiede che il paese terzo rappresenti un'alternativa realistica e, di conseguenza, sia un paese sicuro per il soggiornante e i familiari. L'onere della prova circa la possibilità di ricongiungimento familiare in un paese terzo incombe allo Stato membro, non al richiedente. In particolare, il trasferimento in tale paese terzo non dovrebbe comportare il rischio che il rifugiato e/o i suoi familiari siano perseguitati o oggetto di respingimento[75], e il rifugiato dovrebbe avere la possibilità di ricevere protezione in tale paese conformemente alla convenzione del 1951 relativa allo status dei rifugiati. Con "legami particolari" si intendono i legami familiari, culturali o sociali che il soggiornante e/o familiare ha con il paese terzo[76].

L'articolo 12, paragrafo 1, terzo comma, autorizza gli Stati membri a chiedere che il rifugiato soddisfi le condizioni di cui all'articolo 7, paragrafo 1, se la domanda di ricongiungimento familiare non è presentata entro tre mesi dalla concessione dello status di rifugiato. Spesso in tale arco di tempo i rifugiati incontrano difficoltà operative, che possono costituire un ostacolo pratico al ricongiungimento familiare. Pertanto, la Commissione ritiene che la scelta fatta dalla maggior parte degli Stati membri di non applicare tale limitazione sia la soluzione più appropriata.

Tuttavia, se gli Stati membri scelgono di applicare questa disposizione, la Commissione ritiene che nel valutare le singole domande debbano tener conto, tra i vari elementi, anche degli ostacoli pratici oggettivi cui il richiedente è confrontato. Inoltre, conformemente all'articolo 11 e all'articolo 5, paragrafo 1, gli Stati membri sono liberi di determinare se la domanda debba essere presentata dal soggiornante o dal familiare, ma la situazione specifica dei rifugiati e dei loro familiari può rendere tale obbligo particolarmente difficile o impossibile.

La Commissione è pertanto del parere che gli Stati membri, soprattutto quando applicano un termine, dovrebbero consentire al soggiornante di presentare la domanda nel territorio dello Stato membro al fine di garantire l'effettività del diritto al ricongiungimento familiare. Infine, secondo la Commissione, se il richiedente incontra ostacoli pratici oggettivi a rispettare il termine di tre mesi, gli Stati membri dovrebbero consentirgli di presentare una domanda parziale, da completare non appena i documenti diventano disponibili o è stata rintracciata la persona. La Commissione esorta inoltre gli Stati membri a fornire informazioni chiare sul ricongiungimento familiare dei rifugiati, in maniera tempestiva e comprensibile (ad esempio, quando è concesso lo status di rifugiato).

6.1.4.     Documenti di viaggio e visti per soggiorno di lunga durata

L'ottenimento dei documenti di viaggio e visti necessari per un soggiorno di lunga durata può essere particolarmente impegnativo per i rifugiati e i loro familiari e può costituire un ostacolo pratico al ricongiungimento familiare. La Commissione ritiene pertanto che gli Stati membri debbano prestare la dovuta attenzione a questa situazione particolare e agevolare l'ottenimento dei documenti di viaggio e visti per soggiorno di lunga durata affinché i rifugiati possano esercitare effettivamente il diritto al ricongiungimento familiare. Nei casi in cui ai rifugiati e ai loro familiari sia impossibile ottenere i documenti di viaggio nazionali e i visti per soggiorno di lunga durata, gli Stati membri sono incoraggiati a riconoscere e accettare i documenti di viaggio provvisori emessi dal Comitato internazionale della Croce rossa e i documenti di viaggio in conformità alla convenzione[77], a rilasciare lasciapassare validi per un viaggio di sola andata e ad offrire ai familiari la possibilità di ottenere il visto all'arrivo nello Stato membro.

6.2.        Beneficiari della protezione sussidiaria

L'articolo 3, paragrafo 2, esclude l'applicazione della direttiva, e quindi le condizioni più favorevoli per i rifugiati, quando il soggiornante:

a)  chiede il riconoscimento dello status di rifugiato ma non gli è stata ancora comunicata la decisione definitiva,

oppure è beneficiario di

b)  protezione temporanea o

c)   protezione sussidiaria,

oppure chiede il riconoscimento di tali status.

La Commissione sottolinea che la direttiva non dovrebbe essere interpretata nel senso che obbliga gli Stati membri a negare ai beneficiari di protezione temporanea o sussidiaria il diritto al ricongiungimento familiare[78]: ritenendo che le esigenze di protezione umanitaria dei beneficiari di protezione sussidiaria non differiscano da quelle dei rifugiati, la Commissione incoraggia gli Stati membri ad adottare norme che riconoscano diritti analoghi ai rifugiati e ai beneficiari di protezione temporanea o sussidiaria. La convergenza dei due status di protezione è confermata anche nel testo rifuso della direttiva 2011/95/UE (direttiva qualifiche)[79], nell'ambito del pacchetto asilo dell'UE[80]. In ogni caso, anche se una situazione non rientra nel campo di applicazione del diritto dell'Unione, gli Stati membri sono comunque tenuti a rispettare gli articoli 8 e 14 della CEDU[81].

7.           Principi generali

7.1.        Disponibilità delle informazioni

La direttiva invita gli Stati membri a stabilire un sistema di regole procedurali che disciplinino l'esame della domanda di ricongiungimento familiare, che dovrebbero essere efficaci e gestibili nonché trasparenti ed eque al fine di offrire agli interessati un livello adeguato di certezza del diritto[82]. Per soddisfare questi criteri, gli Stati membri dovrebbero elaborare guide pratiche contenenti informazioni dettagliate, accurate e chiare per i richiedenti, e comunicare eventuali evoluzioni in modo chiaro e rapido. Tali guide pratiche dovrebbero essere rese ampiamente disponibili, anche sul web[83] e nei luoghi in cui vengono presentate le domande (nei consolati o altrove). La Commissione raccomanda che queste guide siano consultabili nella lingua dello Stato membro, in quella del luogo in cui è presentata la domanda e in inglese.

7.2.        Interesse superiore dei minori

La clausola orizzontale di cui all'articolo 5, paragrafo 5, dispone che, in tutti gli atti relativi ai minori, l'interesse superiore del minore debba essere considerato preminente[84]. Gli Stati membri devono quindi tener conto del benessere del minore e della situazione familiare in conformità con il principio del rispetto della vita familiare, riconosciuto dalla convenzione sui diritti del fanciullo e dalla Carta.

La Corte ha statuito che dal tenore del considerando 2 e dell'articolo 5, paragrafo 5, risulta che quando un'amministrazione nazionale esamina una domanda, in particolare per stabilire se le condizioni di cui all'articolo 7, paragrafo 1, sono soddisfatte, la direttiva deve essere interpretata e applicata in funzione del rispetto della vita privata e della vita familiare[85] e dei diritti del minore[86] sanciti della Carta[87]. La Corte ha inoltre riconosciuto[88] che il minore deve poter crescere, ai fini di un armonioso sviluppo della propria personalità, nell'ambiente familiare[89], che gli Stati membri devono provvedere affinché il minore non venga separato dai genitori contro la loro volontà[90], e che qualsiasi richiesta effettuata da un minore o dai genitori al fine di fare ingresso in uno Stato membro o di lasciare il medesimo ai fini del ricongiungimento familiare dev'essere considerata dagli Stati membri, in uno spirito positivo, con umanità e diligenza[91].

Inoltre, la Corte ha riconosciuto[92] che il diritto al rispetto della vita privata o familiare dev'essere letto in correlazione con l'obbligo di prendere in considerazione il superiore interesse del minore[93], tenendo conto parimenti della necessità per il minore di intrattenere regolarmente rapporti personali con i due genitori[94]. Di conseguenza, nell'esaminare la domanda, lo Stato membro deve garantire che il minore non venga separato dai genitori contro la loro volontà, a meno che lo Stato membro stesso appuri che la separazione è nell'interesse superiore del minore conformemente alla normativa e alle procedure consolidate. I motivi di tale decisione devono essere comunicati al fine di garantire l'effettivo controllo giurisdizionale.

7.3.        Abusi e frodi

La Commissione ritiene indispensabile adottare misure contro gli abusi e le frodi riguardanti i diritti conferiti dalla direttiva. Nell'interesse della società e dei richiedenti onesti, la Commissione incoraggia gli Stati membri ad adottare misure energiche in linea con le disposizioni dell'articolo 16, paragrafi 2 e 4.

L'articolo 16, paragrafo 2, prevede che gli Stati membri possano respingere la domanda, oppure ritirare o rifiutare il rinnovo del permesso di soggiorno dei familiari se è accertato che:

a) sono state utilizzate informazioni false o ingannevoli, sono stati utilizzati documenti falsi o falsificati, ovvero è stato fatto ricorso alla frode o ad altri mezzi illeciti, oppure

b) il matrimonio, la relazione stabile o l'adozione hanno avuto luogo allo scopo esclusivo di permettere all'interessato di entrare o soggiornare in uno Stato membro ("matrimoni o vincoli fittizi", "false dichiarazioni di paternità o maternità").

In particolare, nel valutare tali casi gli Stati membri sono autorizzati a tenere in considerazione il fatto che il contratto di matrimonio, relazione stabile o adozione sia stato stipulato successivamente al rilascio del permesso di soggiorno al soggiornante.

L'articolo 16, paragrafo 4, consente agli Stati membri di procedere a controlli e ispezioni specifici qualora esista una fondata presunzione di frode o di matrimonio, relazione stabile, o adozione fittizi. Non sono tuttavia ammessi controlli e ispezioni generali di specifiche categorie di matrimonio, relazione stabile o adozione.

I matrimoni fittizi possono essere matrimoni di cittadini di paesi terzi con:

a) altri cittadini di paesi terzi che risiedono nell'UE,

b) cittadini dell'Unione che hanno esercitato il diritto alla libera circolazione, oppure

c) cittadini dello Stato membro interessato.

Sebbene in questi casi i diritti e le norme giuridiche applicabili al ricongiungimento familiare siano diversi, le principali definizioni e tecniche di indagine e individuazione sono le stesse. Per questo motivo, per ottenere indicazioni sulle definizioni si può far riferimento, mutatis mutandis, alla sezione 4.2 degli orientamenti del 2009 concernenti la direttiva sulla libera circolazione[95].

Nella comunicazione del 25 novembre 2013 sulla libera circolazione dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari[96], la Commissione ha annunciato che aiuterà le autorità ad attuare la normativa dell'UE che permette loro di lottare contro il potenziale abuso del diritto di libera circolazione, tramite la stesura di un manuale sul modo in cui contrastare i matrimoni simulati (azione 1). Il manuale tratterà il problema dei matrimoni fittizi tra cittadini dell'Unione e cittadini di paesi terzi nel contesto della libera circolazione dei cittadini dell'Unione (direttiva 2004/38/CE) e non tra due cittadini di paesi terzi nel contesto della direttiva 2003/86/CE. Tuttavia, dato il parallelismo con gli aspetti operativi della lotta contro i potenziali abusi e frodi del diritto al ricongiungimento familiare, può essere fatto riferimento, se del caso e mutatis mutandis, a questo manuale, in particolare per quanto riguarda gli strumenti e le tecniche di indagine e la cooperazione transfrontaliera.

Dato il coinvolgimento della criminalità organizzata, per affrontare efficacemente il problema dei matrimoni fittizi è necessaria una risposta operativa che implica la cooperazione di polizia e la condivisione delle migliori pratiche tra autorità nazionali competenti nelle appropriate sedi per l'attività di contrasto. A tal fine, nel ciclo programmatico dell'UE per contrastare la criminalità organizzata e le forme gravi di criminalità internazionale è stato incluso, nel quadro della priorità relativa al "favoreggiamento dell'immigrazione clandestina"[97], un obiettivo strategico specifico (obiettivo 4) relativo ai matrimoni fittizi. Le priorità del ciclo programmatico sono attuate in modo multidisciplinare attraverso le azioni congiunte delle autorità nazionali e delle agenzie della Commissione, quali Europol, al fine di incentivare gli scambi operativi tra gli Stati membri sui diversi aspetti del problema più ampio dei matrimoni fittizi collegati alla criminalità organizzata.

7.4.        Valutazione individuale

La Corte ha statuito che gli Stati membri sono tenuti, in sede di attuazione della direttiva 2003/86 e dell'esame delle domande di ricongiungimento familiare, a procedere a una valutazione equilibrata e ragionevole di tutti gli interessi in gioco[98]. Ha inoltre dichiarato che l'articolo 17 impone agli Stati membri di effettuare in ogni singolo caso una valutazione globale di tutti gli elementi pertinenti. Tale obbligo si applica anche quando gli Stati membri si sono avvalsi della possibilità di chiedere che sia dimostrato il rispetto di alcune condizioni (quali l'alloggio, l'assicurazione contro le malattie e le risorse di cui all'articolo 7), quando esaminano se un minore che abbia superato i dodici anni e giunga in uno Stato membro indipendentemente dal resto della sua famiglia soddisfi le condizioni per la sua integrazione (articolo 4, paragrafo 1, ultimo comma), quando la domanda è presentata da un minore dopo il compimento del quindicesimo anno di età (articolo 4, paragrafo 6) o quando è imposto un limite minimo di età per i coniugi (articolo 4, paragrafo 5). Nessuno di questi elementi preso separatamente può portare automaticamente a una decisione: ciascuno va considerato come uno degli elementi pertinenti[99].

Esempi di altri elementi pertinenti sono la natura e la solidità dei vincoli familiari della persona, la durata del suo soggiorno nello Stato membro, l'esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo paese d'origine, le condizioni di vita paese d'origine, l'età del minore in questione, il fatto che il familiare sia nato e/o cresciuto nello Stato membro, i legami economici, culturali o sociali con lo Stato membro, i familiari a carico, la protezione del matrimonio e/o del legame familiare.

Gli Stati membri godono di un'ampia discrezionalità nel tenere debitamente conto degli elementi pertinenti nei singoli casi. Tuttavia, sono limitati dai principi di cui all'articolo 8 della CEDU, all'articolo 7 della Carta in materia di protezione della famiglia e rispetto della vita familiare, e alla pertinente giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo e della Corte. Occorre rispettare i seguenti principi: devono essere individuate tutte le circostanze individuali della fattispecie, e la ponderazione degli interessi dell'individuo e della società deve essere analoga a quella in casi comparabili. Inoltre, l'equilibrio dei pertinenti interessi dell'individuo e della società deve apparire ragionevole e proporzionato. Gli Stati membri dovrebbero indicare esplicitamente i motivi delle decisioni di rifiuto della domanda[100].

X, cittadina di un paese terzo, risiede in uno Stato membro con la figlia minorenne. X intende farsi raggiungere dal coniuge, cittadino di un paese terzo, ma il suo reddito non soddisfa la soglia di reddito richiesta nello Stato membro. Lo Stato membro è tenuto a esaminare il caso nel merito?

Sì, lo Stato membro deve valutare tutti gli elementi pertinenti della fattispecie, tra cui la condizione del reddito. Lo Stato membro può chiedere che X dimostri di disporre di risorse stabili e regolari sufficienti per mantenere se stessa e i suoi familiari; tuttavia deve esaminare la domanda di ricongiungimento familiare nell'interesse della figlia minorenne oltre che nell'ottica di favorire la vita familiare, nonché evitando di pregiudicare sia l'obiettivo di tale direttiva sia il suo effetto utile[101].

7.5.        Diritto a proporre impugnativa

A norma dell'articolo 18, gli Stati membri sono tenuti ad accordare mezzi di ricorso effettivi contro le decisioni delle autorità nazionali. La Commissione sottolinea che, nell'attuare il diritto dell'Unione, gli Stati membri devono rispettare le disposizioni della Carta e pertanto applicare le disposizioni della direttiva sui mezzi di ricorso in conformità con il diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale, di cui all'articolo 47 della Carta e alla pertinente giurisprudenza della Corte[102].

Ciò implica che deve essere disponibile un completo controllo giurisdizionale di merito e di legittimità. Pertanto, le decisioni possono essere impugnate non solo per motivi di diritto, ma anche per motivi di fatto. Il ricorrente ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. L'articolo 47 della Carta conferisce il diritto a un giudice imparziale e un ricorso effettivo dinanzi a un giudice; di conseguenza, un ricorso quasi giudiziario o amministrativo può non essere adeguato.

La direttiva conferisce esplicitamente il diritto a proporre impugnativa soltanto contro quattro possibili decisioni[103]. Tuttavia, la giurisprudenza della Corte prevede che i mezzi di ricorso effettivo debbano essere concessi anche contro qualunque altra decisione che limiti i diritti soggettivi conferiti dalla direttiva. L'articolo 47 della Carta si applica a tutti i diritti previsti dalla direttiva, incluse, ad esempio, le decisioni che limitano il diritto all'esercizio di un'attività lavorativa[104] o la concessione del permesso di soggiorno autonomo[105]. Eventuali conseguenze della mancata decisione da parte di uno Stato membro in merito alla domanda di ricongiungimento familiare allo scadere del termine previsto, siano esse l'ammissione automatica o l'effettiva impugnazione del rigetto automatico, devono essere disciplinate dalla legislazione nazionale dello Stato membro interessato[106]. La legislazione nazionale deve garantire una procedura effettiva di riparazione in caso di mancata decisione amministrativa tramite una procedura di reclamo amministrativo o, in mancanza di questa, una procedura giudiziaria.

La Commissione incoraggia gli Stati membri ad accordare il diritto a proporre impugnativa tanto al soggiornante quanto al suo familiare o ai suoi familiari al fine di permettere l'esercizio effettivo di tale diritto.

[1]       Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sull'applicazione della direttiva 2003/86/CE relativa al diritto al ricongiungimento familiare, COM(2008) 610 def.

[2]       Libro verde sul diritto al ricongiungimento familiare per i cittadini di paesi terzi che vivono nell'Unione europea (direttiva 2003/86/CE), COM(2011) 735 definitivo.

[3]       http://ec.europa.eu/dgs/home-affairs/what-is-new/public-consultation/2012/consulting_0023_en.htm.

[4]       Settima riunione del forum europeo sull'integrazione: Public Hearing on the Right to Family Reunification of Third-Country Nationals living in the EU, Bruxelles, 31 maggio – 1º giugno 2012, http://ec.europa.eu/ewsi/en/policy/legal.cfm#; relazione di sintesi http://ec.europa.eu/ewsi/UDRW/images/items/static_38_597214446.pdf.

[5]       Sentenza del 27 giugno 2006 nella causa C-540/03, Parlamento europeo/Consiglio dell'Unione europea, punto 60.

[6]       Con riferimento per analogia alla sentenza del 27 giugno 2006 nella causa C-540/03, Parlamento europeo/Consiglio dell'Unione europea, punti 54, 59, 61-62.

[7]       Sentenza del 4 marzo 2010 nella causa C-578/08, Chakroun, punto 43.

[8]       Sentenza del 4 marzo 2010 nella causa C-578/08, Chakroun, punto 44.

[9]       Per "cittadino di un paese terzo" si intende chiunque non sia cittadino dell'Unione e non sia beneficiario del diritto alla libera circolazione a norma del diritto dell'Unione.

[10]     Articolo 2, lettere da a) a d).

[11]     Articolo 2, lettera e), della direttiva e articolo 1, paragrafo 2, lettera a), del regolamento (CE) n. 1030/2002 del Consiglio, del 13 giugno 2002, che istituisce un modello uniforme per i permessi di soggiorno rilasciati a cittadini di paesi terzi, modificato dal regolamento (CE) n. 380/2008 del Consiglio del 18 aprile 2008.

[12]     Ad esempio, se il permesso di soggiorno è collegato a un'attività lavorativa, la valutazione deve tener conto di tutte le circostanze della fattispecie, quali la natura dell'attività lavorativa, la situazione economica del settore in questione e le intenzioni del datore di lavoro e del lavoratore, senza limitarsi a prendere in considerazione solo il contratto di lavoro, potenzialmente rinnovabile.

[13]     Con riferimento per analogia alla sentenza del 4 marzo 2010 nella causa C-578/08, Chakroun, punto 43.

[14]     Sentenza del 27 giugno 2006 nella causa C-540/03, Parlamento europeo/Consiglio dell'Unione europea, punto 60.

[15]     Cfr. l'articolo 2, punto 9 e punto 11, lettera b), del regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000.

[16]     Ad esempio, quando il soggiornante o il coniuge non ha l'affidamento esclusivo e l'altro titolare dell'affidamento rifiuta di dare il consenso o è irreperibile.

[17]     Cfr. il documento del Consiglio 6504/00, pagina 5, nota 7.

[18]     Direttiva 2004/38/CE, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri (GU L 158 del 30.4.2004, pag. 77).

[19]     Cfr., nel contesto della direttiva sulla libera circolazione, la sentenza del 18 gennaio 1984 nella causa C-327/82, Ekro, punto 11, la sentenza del 18 giugno 1987 nella causa C-316/85, Lebon, punto 21, la sentenza del 6 marzo 2008 nella causa C-98/07, Nordania Finans e BG Factoring, punto 17, la sentenza del 2 aprile 2009 nella causa C-523/07, A, punto 34, e la sentenza del 5 settembre 2012 nella causa C-83/11, Rahman e altri, punto 24.

[20]     Nel quadro della direttiva sulla libera circolazione gli Stati membri hanno l'obbligo di promuovere il ricongiungimento con gli ascendenti, mentre nel quadro della direttiva sul ricongiungimento familiare il ricongiungimento con gli ascendenti costituisce una deroga, ammessa solo se sono soddisfatte determinate condizioni.

[21]     Con riferimento per analogia alla sentenza del 18 giugno 1987 nella causa C-316/85, Lebon, punti 21-22, alla sentenza del 9 ottobre 2004 nella causa C-200/02, Zhu e Chen, punto 43, alla sentenza del 9 gennaio 2007 nella causa C-1/05, Jia, punti 36-37, alla sentenza del 5 settembre 2012 nella causa C-83/11, Rahman e altri, punti 18-45, e alla sentenza del 6 dicembre 2012 nelle cause riunite C-356/11 e C-357/11, O. & S., punto 56.

[22]     Con riferimento per analogia alla sentenza del 5 settembre 2012 nella causa C-83/11, Rahman e altri, punto 23.

[23]     Con riferimento per analogia alla sentenza del 9 gennaio 2007 nella causa C-1/05, Jia, punto 37.

[24]     La verifica della dipendenza dovrebbe consistere anzitutto nello stabilire se, alla luce delle circostanze personali, i mezzi economici del familiare consentano a quest'ultimo di raggiungere il livello minimo di sussistenza nel paese in cui risiede permanentemente (conclusioni dell'avvocato generale Geelhoed, del 27 aprile 2006, nella causa C-1/05 Jia, punto 96).

[25]     Con riferimento per analogia alla sentenza del 18 giugno 1987 nella causa C-316/85, Lebon, punti 21-22.

[26]     Con riferimento per analogia alla sentenza del 5 settembre 2012 nella causa C-83/11, Rahman e altri, punti 36-40.

[27]     Con riferimento per analogia alla sentenza del 4 marzo 2010 nella causa C-578/08, Chakroun, punto 43.

[28]     Con riferimento per analogia alla sentenza del 4 marzo 2010 nella causa C-578/08, Chakroun, punto 48.

[29]     Con riferimento per analogia alla sentenza del 27 giugno 2006 nella causa C-540/03, Parlamento europeo/Consiglio dell'Unione europea, punti 99-101.

[30]     L'articolo 3, paragrafo 5, prevede esplicitamente che gli Stati membri possano adottare o mantenere in vigore condizioni più favorevoli.

[31]     Gli Stati membri possono prevedere, ad esempio, deroghe per i neonati, i cittadini di paesi terzi che non sono soggetti all'obbligo del visto, le situazioni in cui il ricongiungimento familiare è nell'interesse superiore del figlio minorenne, le relazioni anteriori all'ingresso e in cui i partner hanno vissuto insieme per un certo tempo, motivi umanitari, ecc. Questi esempi non sono esaustivi e vanno sempre considerati in funzione del singolo caso.

[32]     Con riferimento per analogia alla sentenza del 26 aprile 2012 nella causa C-508/10, Commissione europea/Regno dei Paesi Bassi, punti 62, 64-65.

[33]     Con riferimento per analogia alla sentenza del 26 aprile 2012 nella causa C-508/10, Commissione europea/Regno dei Paesi Bassi, punti 69-70, 74 e 79.

[34]     Con riferimento per analogia alla sentenza del 26 aprile 2012 nella causa C-508/10, Commissione europea/Regno dei Paesi Bassi, punto 77.

[35]     Con riferimento per analogia alla sentenza del 4 marzo 2010 nella causa C-578/08, Chakroun, punto 43.

[36]     Cfr. l'articolo 18.

[37]     Malgrado la diversità del contesto, dello scopo e del regime giuridico della direttiva 2004/38/CE, la giurisprudenza richiamata alla sezione 3 degli orientamenti del 2009 concernenti la direttiva sulla libera circolazione (COM(2009) 313 definitivo, pagg. 10-14) può, mutatis mutandis, servire da base per gli Stati membri e i giudici nazionali.

[38]     Articolo 18 della direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo.

[39]     Sentenza del 4 marzo 2010 nella causa C-578/08, Chakroun, punto 43; sentenza del 6 dicembre 2012 nelle cause riunite C-356/11 e C-357/11, O. & S., punto 74.

[40]     Sentenza del 6 dicembre 2012 nelle cause riunite C-356/11 e C-357/11, O. & S., punto 82.

[41]     Sentenza del 4 marzo 2010 nella causa C-578/08, Chakroun, punto 46; cfr. per analogia, la sentenza del 19 settembre 2013 nella causa C-140/12, Brey, punto 61.

[42]     Sentenza del 4 marzo 2010 nella causa C-578/08, Chakroun, punto 45.

[43]     Sentenza del 4 marzo 2010 nella causa C-578/08, Chakroun, punto 49.

[44]     Sentenza del 6 dicembre 2012 nelle cause riunite C-356/11 e C-357/11, O. & S., punto 73; sentenza del 4 marzo 2010 nella causa C-578/08, Chakroun, punto 52.

[45]     Sentenza del 4 marzo 2010 nella causa C-578/08, Chakroun, punti 43 e 47.

[46]     Sentenza del 4 marzo 2010 nella causa C-578/08, Chakroun, punto 48.

[47]     Sentenza del 6 dicembre 2012 nelle cause riunite C-356/11 e C-357/11, O. & S., punto 72.

[48]     Per contro, al momento del rinnovo del permesso di soggiorno, l'articolo 16, paragrafo 1, lettera a), fa obbligo agli Stati membri di tener conto del contributo dei familiari al reddito familiare qualora il soggiornante non abbia risorse sufficienti che gli consentano di non ricorrere al sistema di assistenza sociale. Poiché non vi è alcuna disposizione esplicita che lo vieti, gli Stati membri possono tener conto del contributo dei familiari anche al momento della presentazione della domanda del primo permesso di soggiorno.

[49]     Sentenza del 4 marzo 2010 nella causa C-578/08, Chakroun, punti 64-66.

[50]     Per quanto riguarda l'integrazione, si vedano i principi fondamentali comuni della politica di integrazione degli immigrati nell'Unione europea, approvati dal Consiglio dell'Unione europea nella 2618ª sessione del Consiglio Giustizia e affari interni del 19 novembre 2004, documento 14615/04 (Presse 321), e la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni, del 20 luglio 2011, "Agenda europea per l'integrazione dei cittadini di paesi terzi", COM(2011) 455 definitivo.

[51]     Sentenza del 4 marzo 2010 nella causa C-578/08, Chakroun, punto 43.

[52]     Lo scopo di questa clausola di tipo sospensivo è di tener conto della capacità di integrazione dei minori nei primi anni di vita (considerando 12).

[53]     La legittimità di tale distinzione tra diverse categorie di persone è stata confermata dalla Corte nella sentenza del 27 giugno 2006 nella causa C-540/03, Parlamento europeo/Consiglio dell'Unione europea, punto 75.

[54]     Le statistiche e le valutazioni d'impatto delle politiche qualitative possono fornire indicazioni del fatto che determinate misure costituiscono ostacoli fattuali al ricongiungimento familiare.

[55]     Il rifiuto automatico del ricongiungimento familiare a seguito del mancato superamento dell'esame di integrazione potrebbe costituire una violazione dell'articolo 17, dell'articolo 5, paragrafo 5, e dell'articolo 8 della CEDU.

[56]     L'unica situazione in cui i problemi di integrazione possono tradursi in un rifiuto è quella contemplata all'articolo 4, paragrafo 1, ultimo comma, qualora lo Stato membro abbia accertato il mancato rispetto di una condizione per l'integrazione.

[57]     Articolo 17 e articolo 5, paragrafo 5.

[58]     Sentenza del 27 giugno 2006 nella causa C-540/03, Parlamento europeo/Consiglio dell'Unione europea, punti 99-101.

[59]     Sentenza del 27 giugno 2006 nella causa C-540/03, Parlamento europeo/Consiglio dell'Unione europea, punti 97-98.

[60]     Il "periodo di attesa" è una condizione facoltativa per l'esercizio del diritto al ricongiungimento familiare, mentre il "periodo di esame" è un arco di tempo previsto per consentire agli Stati membri di trattare ed esaminare le domande.

[61]     Articolo 3, paragrafo 1.

[62]     Sentenza del 4 marzo 2010 nella causa C-578/08, Chakroun, punti 59-64.

[63]     Con riferimento per analogia alla sentenza del 26 aprile 2012 nella causa C-508/10, Commissione europea/Regno dei Paesi Bassi, punti 69 e 79.

[64]     Cfr. il considerando 15.

[65]     Con riferimento per analogia alla sentenza del 27 giugno 2006 nella causa C-540/03, Parlamento europeo/Consiglio dell'Unione europea, punto 60.

[66]     Con riferimento per analogia alla sentenza del 4 marzo 2010 nella causa C-578/08, Chakroun, punto 43.

[67]     Cfr. il considerando 8.

[68]     Difficoltà quali i tempi lunghi per rintracciare i familiari, fornire la documentazione e ottenere i documenti ufficiali, trattare con le autorità (potenzialmente ostili) nel paese di origine, ecc., in un arco di tempo limitato.

[69]     In merito alle domande relative ai familiari di cui all'articolo 4, paragrafo 1.

[70]     Con riferimento per analogia alla sentenza del 6 dicembre 2012 nelle cause riunite C-356/11 e C-357/11, O. & S., punto 81, e alla sentenza del 27 giugno 2006 nella causa C-540/03, Parlamento europeo/Consiglio dell'Unione europea, punti 62-64.

[71]     Con riferimento per analogia alla sentenza del 27 giugno 2006 nella causa C-540/03, Parlamento europeo/Consiglio dell'Unione europea, punti 66, 88, 99 e 100.

[72]     Non va dimenticato che l'esame del DNA non può dimostrare il matrimonio e la condizione di familiare a carico o indiretto, in particolare l'adozione, non è sempre economicamente sostenibile o disponibile nei luoghi accessibili ai rifugiati o ai loro familiari, e in alcuni casi può causare notevoli ritardi.

[73]     Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), UNHCR Note on DNA Testing to Establish Family Relationships in the Refugee Context, giugno 2008, consultabile all'indirizzo: http://www.refworld.org/docid/48620c2d2.html.

[74]     Con riferimento per analogia alla sentenza del 26 aprile 2012 nella causa C-508/10, Commissione europea/Regno dei Paesi Bassi, punti 69 e 79.

[75]     Rinvio da parte di uno Stato, con qualunque modalità, di una persona nel territorio di un altro Stato in cui questa potrebbe essere perseguitata per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un particolare gruppo sociale o opinioni politiche, o in cui esiste il serio rischio che sia sottoposta a pena di morte, tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti.

[76]     Cfr. l'articolo 17.

[77]     In conformità all'articolo 28 della convenzione del 1951 relativa allo status dei rifugiati.

[78]     La direttiva 2001/55/CE del Consiglio conferisce espressamente ai beneficiari di protezione temporanea il diritto di ricongiungersi ai propri familiari.

[79]     Direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta (GU L 337 del 20.12.2011, pag. 9).

[80]     Sistema europeo comune di asilo.

[81]     Sentenza del 15 novembre 2011 nella causa C-256/11, Dereci, punto 72; sentenza del 25 luglio 2008 nella causa C-127/08, Chakroun, punto 79.

[82]     Cfr. il considerando 13.

[83]     Sul portale europeo dell'immigrazione della Commissione europea e sui siti web degli Stati membri.

[84]     Articolo 24, paragrafo 2, della Carta.

[85]     Articolo 7 della Carta.

[86]     Articolo 24, paragrafi 2 e 3, della Carta.

[87]     Sentenza del 6 dicembre 2012 nelle cause riunite C-356/11 e C-357/11, O. & S., punto 80.

[88]     Sentenza del 27 giugno 2006 nella causa C-540/03, Parlamento europeo/Consiglio dell'Unione europea, punto 57.

[89]     Sesto considerando del preambolo della convenzione sui diritti del fanciullo.

[90]     Articolo 9, paragrafo 1, della convenzione sui diritti del fanciullo.

[91]     Articolo 10, paragrafo 1, della convenzione sui diritti del fanciullo.

[92]     Sentenza del 27 giugno 2006 nella causa C-540/03, Parlamento europeo/Consiglio dell'Unione europea, punto 58.

[93]     Articolo 24, paragrafo 2, della Carta.

[94]     Articolo 24, paragrafo 3, della Carta.

[95]     Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio, del 2 luglio 2009, concernente gli orientamenti per un migliore recepimento e una migliore applicazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente sul territorio degli Stati membri, COM(2009) 313 definitivo, pagg. 15-17.

[96]     Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, del 25 novembre 2013, "Libera circolazione dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari: cinque azioni fanno la differenza", COM(2013) 837 final.

[97]     Attuazione del ciclo programmatico dell'UE per contrastare la criminalità organizzata e le forme gravi di criminalità internazionale: piano strategico pluriennale connesso alla priorità dell'Unione in materia di criminalità "immigrazione clandestina".

[98]     Sentenza del 6 dicembre 2012 nelle cause riunite C-356/11 e C-357/11, O. & S., punto 81.

[99]     Sentenza del 27 giugno 2006 nella causa C-540/03, Parlamento europeo/Consiglio dell'Unione europea, punti 66, 87, 88, 99 e 100.

[100]    Articolo 5, paragrafo 4, terzo comma.

[101]    Sentenza del 6 dicembre 2012 nelle cause riunite C-356/11 e C-357/11, O. & S., punto 82.

[102]    Articolo 51, paragrafo 1, della Carta; sentenza del 27 giugno 2006 nella causa C-540/03, Parlamento europeo/Consiglio dell'Unione europea, punto 105; sentenza del 3 settembre 2008 nelle cause riunite C-402/05 P e C-415/05 P, Kadi e Al Barakaat; relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sull'applicazione della Direttiva 2003/86/CE relativa al diritto al ricongiungimento familiare, COM(2008) 610 def.

[103]    Rigetto della domanda di ricongiungimento familiare, mancato rinnovo del permesso di soggiorno, ritiro del permesso di soggiorno, adozione di una misura di allontanamento dal territorio di uno Stato membro.

[104]    Articolo 14, paragrafo 2.

[105]    Articolo 15.

[106]    Articolo 5, paragrafo 4, terzo comma, seconda frase.

Top