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Document 52013DC0322
REPORT FROM THE COMMISSION TO THE EUROPEAN PARLIAMENT, THE COUNCIL, THE EUROPEAN ECONOMIC AND SOCIAL COMMITTEE AND THE COMMITTEE OF THE REGIONS Barcelona objectives The development of childcare facilities for young children in Europe with a view to sustainable and inclusive growth
RELAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI Obiettivi di Barcellona Lo sviluppo dei servizi di cura della prima infanzia in Europa per una crescita sostenibile e inclusiva
RELAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI Obiettivi di Barcellona Lo sviluppo dei servizi di cura della prima infanzia in Europa per una crescita sostenibile e inclusiva
/* COM/2013/0322 final */
RELAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI Obiettivi di Barcellona Lo sviluppo dei servizi di cura della prima infanzia in Europa per una crescita sostenibile e inclusiva /* COM/2013/0322 final */
INDICE 1........... Introduzione................................................................................................................... 2 2........... Raggiungere gli obiettivi di
Barcellona: una necessità........................................................ 3 3........... Panoramica.................................................................................................................... 4 4........... Qualità: ancora eterogenea in
Europa............................................................................ 12 5........... Raggiungere gli obiettivi di
Barcellona: un impegno rinnovato nella strategia Europa 2020 14 1. Introduzione La disponibilità di servizi di assistenza per bambini da 0 anni all’età
della scuola dell’obbligo[1],
finanziariamente sostenibili e di qualità, è una priorità dell’Unione europea. Tra questi servizi sono inclusi gli asili collettivi o altri centri
diurni di assistenza, compresi i nidi d’infanzia a domicilio, le assistenti
professionali certificate, l’educazione prescolastica o equivalente, la scuola
dell’obbligo e i servizi al di fuori dell’orario scolastico. Nel 2002 il Consiglio europeo di
Barcellona ha fissato obiettivi in questo ambito: “(…) gli Stati membri dovrebbero rimuovere i
disincentivi alla partecipazione femminile alla forza lavoro e sforzarsi per
fornire, entro il 2010, tenuto conto della domanda e conformemente ai modelli
nazionali di offerta di cure, un’assistenza all’infanzia per almeno il 90% dei
bambini di età compresa fra i 3 anni e l’età dell’obbligo scolastico e per
almeno il 33% dei bambini di età inferiore ai 3 anni”[2]. Da allora il raggiungimento degli “obiettivi di Barcellona” è stato al
centro della strategia di Lisbona e della successiva strategia Europa 2020[3]. La capacità degli Stati membri
di aumentare in modo significativo e sostenibile il tasso di occupazione
dipende anche dalla possibilità per uomini e donne di conciliare la vita
professionale con la vita privata. In tal senso, la disponibilità di servizi di
qualità per la cura della prima infanzia è cruciale e costituisce, insieme all’offerta
di modalità di lavoro flessibili e a un adeguato sistema di congedi per motivi
familiari, la combinazione di misure volta a favorire la conciliazione della
vita professionale con quella privata, promossa a livello europeo. Essa
rappresenta inoltre un investimento fondamentale nello sviluppo dei bambini e
nella lotta all’abbandono scolastico e alla trasmissione delle disuguaglianze[4]. Benché dal 2002 siano stati compiuti passi avanti e nonostante gli
impegni assunti dagli Stati membri mediante due patti europei successivi per la
parità di genere[5],
nel 2010 i servizi di accoglienza per l’infanzia a
livello UE non erano ancora in linea con gli obiettivi dichiarati.
Nel 2011 la situazione sembra addirittura peggiorare per alcuni Stati membri. Appare pertanto opportuno rilanciare il dibattito su questa carenza e
sulle sue cause, proponendo al contempo soluzioni e orientamenti politici per
il raggiungimento degli obiettivi in questione. Questo terzo semestre
europeo rappresenta un’opportunità politica per ribadire l’importanza dei
servizi di accoglienza e del loro contributo agli obiettivi dell’Unione
europea. In questo contesto, e come annunciato nella Strategia per la parità tra
uomini e donne 2010-2015[6],
la presente relazione intende fare il punto sull’attuazione degli obiettivi di
Barcellona negli Stati membri. La relazione mette in evidenza gli ostacoli e le
sfide che gli Stati membri si trovano ad affrontare nello sviluppo di servizi
di accoglienza per la prima infanzia. Sottolinea la necessità di
riaffermare tali obiettivi e ricorda gli impegni della Commissione europea per
sostenere gli Stati membri. Essa costituisce, insieme alle recenti e
complementari iniziative della Commissione, tra le quali la proposta di
direttiva sull’equilibrio di genere nei consigli di amministrazione[7], un reale contributo della
Commissione al raggiungimento degli obiettivi della strategia Europa 2020 e
alla promozione della parità tra uomini e donne. 2. Raggiungere
gli obiettivi di Barcellona: una necessità … per raggiungere gli obiettivi della
strategia Europa 2020 L’obiettivo del tasso di occupazione al 75% entro il 2020 non sarà raggiunto senza il contributo delle donne[8]. Le politiche di conciliazione
sono essenziali per promuovere l’occupazione femminile. In particolare l’accesso a servizi di
accoglienza per l’infanzia costituisce il principale fattore in grado di
influenzare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro; l’aumento della spesa pubblica per questi servizi è
infatti correlato a un incremento dell’occupazione a tempo pieno[9] delle donne. Migliorare l’accesso delle donne al mercato del lavoro
significa incrementare e diversificare l’offerta di competenze e consentire
alle imprese di dotarsi delle migliori risorse e di essere più competitive,
garantendo al contempo agli Stati un rendimento degli investimenti nell’istruzione. Le politiche di conciliazione, in generale, e l’offerta di
servizi di accoglienza, in particolare, consentono alle donne e agli uomini di
raggiungere l’indipendenza economica e di contribuire al conseguimento di un
altro importante obiettivo della strategia Europa 2020: proteggere almeno 20
milioni di persone dal rischio di povertà e di esclusione sociale. La
maggiore partecipazione dei genitori, e soprattutto delle donne, al mercato del
lavoro riduce il rischio di povertà durante l’intero arco della vita, consente
l’inclusione sociale di tutti i componenti della famiglia e migliora il
ventaglio delle opportunità che si presenteranno ai figli[10]. Ciò è particolarmente
rilevante per i gruppi in situazione di vulnerabilità (famiglie monoparentali,
Rom, migranti). Investire in servizi di assistenza di qualità per la prima
infanzia significa anche contribuire alla costruzione del capitale umano di
domani: vuol dire garantire a ogni bambino migliori condizioni di partenza
nella vita e gettare le basi del suo successo in termini di istruzione,
integrazione sociale, sviluppo personale e successiva occupabilità[11]. Si tratta pertanto di un
investimento sociale ad alto potenziale. La fornitura di servizi di qualità e l’accesso universale a un’istruzione
prescolare di qualità sono stati riconosciuti tra le politiche di prevenzione
dell’abbandono scolastico[12],
come confermato anche dal Consiglio dell’Unione europea[13]. … per raggiungere l’obiettivo della parità
tra uomini e donne La partecipazione delle donne al lavoro retribuito è connessa alla
ripartizione delle responsabilità familiari tra i due sessi. Nelle coppie con
figli sono le donne che continuano ad adattare le proprie modalità di lavoro
prendendo congedi, lavorando a tempo parziale o ritirandosi dal mercato del
lavoro, con conseguenze sulla loro retribuzione e sulla loro pensione di
vecchiaia. Nell’Unione europea la differenza retributiva tra uomini e donne
resta inaccettabile (in media del 16,2% all’ora[14]). Il divario più alto si
riscontra nei paesi in cui è carente l’offerta di servizi di accoglienza della
prima infanzia[15].
La mancata promozione delle politiche di conciliazione della vita professionale
con quella privata, in generale, e l’assenza di servizi di assistenza per l’infanzia,
in particolare, rappresentano un notevole ostacolo all’indipendenza economica
delle donne e alla loro progressione di carriera verso posizioni di
responsabilità[16]. … per affrontare la sfida demografica La disponibilità di servizi di assistenza contribuisce infine alla
realizzazione dei progetti familiari, anche in considerazione del rallentamento
demografico registrato in Europa. Si osserva infatti che gli Stati membri con
il livello di fecondità attualmente più elevato sono quelli che hanno favorito
la conciliazione della vita professionale con quella privata e che presentano
un elevato tasso di occupazione femminile. 3. Panoramica Una prima panoramica[17]
risalente al 2008 aveva già evidenziato che la domanda di sistemi regolamentati
di assistenza per l’infanzia è ben lungi dall’essere soddisfatta, soprattutto
per i bambini di età inferiore a 3 anni. Venivano inoltre sottolineati gli
elevati costi sostenuti dai genitori e gli orari di apertura dei servizi, non
sempre compatibili con un posto di lavoro retribuito a tempo pieno. Cinque anni
dopo, nonostante un sostanziale miglioramento, le sfide restano invariate. Vanno compiuti ulteriori considerevoli
sforzi in termini di disponibilità dei servizi per i bambini di meno di 3 anni
… … Secondo i dati europei[18], nel 2010 solo
dieci Stati membri (DK, SE, NL, FR, ES, PT, SI, BE, LU e UK) hanno raggiunto l’obiettivo
di Barcellona per i bambini di età inferiore a 3 anni. Quindici Stati membri
sono sotto il 25% (figura 2). La disponibilità appare
particolarmente bassa in Polonia, Repubblica ceca e Slovacchia, dove il tasso
di accoglienza è inferiore al 5%. Nella maggior parte dei paesi esiste peraltro
una netta differenza tra le zone urbanizzate e le aree più rurali e/o tra una
regione e l’altra (ad esempio in Germania e in Italia). Tra il 2006 e il 2010 il tasso di accoglienza dei bambini
di età inferiore a 3 anni è leggermente salito … … passando in media nell’UE dal 26% al 29%[19]. Incrementi sostanziali si
riscontrano tuttavia in alcuni Stati membri, segnatamente in Francia dove il
tasso di accoglienza è passato dal 31% nel 2006 al 43% nel 2010: un incremento
che dovrebbe proseguire grazie a un importante piano di sviluppo dell’offerta
volto a creare 200 000 nuove soluzioni di accoglienza tra il 2009 e il
2012. Un aumento notevole è stato osservato anche in Slovenia (+8%),
probabilmente in seguito alla modifica nel 2008 della legge sulla scuola dell’infanzia,
che introduce la copertura da parte dello Stato delle spese di custodia a
partire dal secondo figlio. Il sistema francese, diversificato e decentrato, combina modalità di assistenza individuale e collettiva per i bambini da 0 a 3 anni. È preponderante l’accoglienza garantita dagli assistenti per l’infanzia (“assistant(e)s maternel(le)s”). Introdotta nel 1991, questa forma di custodia riguarda circa un terzo dei bambini di età inferiore a tre anni con genitori che lavorano. I genitori che optano per questa modalità di custodia ricevono un sussidio mensile che varia a seconda della posizione e della retribuzione dell’assistente, dell’età del bambino e del reddito familiare. La professione di questi assistenti per l’infanzia è notevolmente evoluta nel corso degli anni. Il numero legale di ore di formazione è raddoppiato e oggi è obbligatorio un contratto di lavoro con i genitori. Vengono inoltre regolarmente effettuati controlli sanitari e di sicurezza. Restano tuttavia da risolvere alcuni problemi: la professione è ancora poco considerata e le famiglie modeste esitano talvolta a ricorrere a questo tipo di custodia. Molti di questi assistenti per l’infanzia andranno inoltre in pensione nei prossimi anni. || Da alcuni anni le autorità francesi incentivano le imprese private a finanziare asili per i dipendenti. Chiamati anche asili aziendali, essi sono creati da imprese private, pubbliche od ospedali per accogliere i figli dei loro dipendenti. Il ricorso ai servizi di assistenza aumenta con l’età dei bambini … Nella categoria dei bambini da 3 anni all’età della scuola dell’obbligo[20], undici Stati membri (BE, ES,
FR, SE, DE, EE, NL, SI, IE, DK e UK) hanno raggiunto nel 2010 l’obiettivo del
90% indipendentemente dal numero di ore di presenza. Nel 2011 l’obiettivo è
stato raggiunto anche dall’Italia, mentre i tassi di accoglienza di Paesi
Bassi, Spagna e Irlanda hanno registrato un netto calo passando sotto la soglia
del 90%. Tredici Stati membri si collocano sotto l’80% e devono ancora compiere
notevoli sforzi. La Polonia e la Croazia sono sotto il 50% (figura 3). Il tasso di accoglienza per i bambini da 3 anni all’età della scuola
dell’obbligo è rimasto praticamente stabile … … passando nell’UE dall’84% nel 2006
all’86% nel 2010[21].
Questo leggerissimo incremento medio nasconde in realtà variazioni più
sostanziali nei paesi che hanno attuato una combinazione di misure. In
Lussemburgo (+22%) sono state istituite nel 2005 le “maisons relais”,
nel 2009 è stato riorganizzato il sistema scolastico (l’anno dei 3 anni, sempre
facoltativo, è stato inserito nel primo ciclo della scuola elementare) e sempre
nel 2009 sono stati introdotti assegni per servizi di accoglienza. In Austria
(+13%) è stato istituito un contributo federale per l’aumento del numero di
posti negli asili (pari a 24 500 nuovi posti per i bambini da 0 a 6 anni
tra il 2008 e il 2010). Inoltre la copertura dei costi di custodia per 20 ore
alla settimana introdotta nel 2009 ha influito positivamente sul tasso di
accoglienza. Tra il 2010 e il 2011 il tasso di accoglienza ha registrato un
netto peggioramento in diversi paesi, in particolare Romania (-25%), Spagna
(-9%), Cipro (-8%) e Irlanda (-8%). In Lussemburgo il 1° marzo 2009
il ministero della Famiglia e dell’integrazione, in collaborazione con i
comuni, ha introdotto il sistema degli assegni per servizi di accoglienza (“chèque-service
accueil”, CSA), che dà diritto a 3 ore gratuite di custodia educativa a
settimana, mentre per le 21 ore successive i genitori pagano una tariffa
fortemente ridotta che non può superare 3 euro all’ora. Il calcolo di questa
tariffa varia in base al reddito familiare e al numero d’ordine del bambino tra
fratelli della stessa famiglia. Il
sistema è stato istituito per offrire un maggiore aiuto ai bambini a rischio di
povertà o di esclusione, garantendo loro più
ore settimanali di assistenza durante l’anno scolastico e nel periodo delle
vacanze. A gennaio 2011 i bambini della fascia d’età
0-12 anni iscritti al sistema rappresentavano il 69,27%[22]. Questa politica
va di pari passo con il costante aumento del numero di posti in centri di
custodia, compresi quelli nelle strutture per bambini in età scolare e fino a
12 anni. Una fotografia della situazione degli Stati
membri nel 2011 rispetto agli obiettivi di Barcellona … ·
Sei Stati membri hanno raggiunto entrambi gli
obiettivi: Svezia, Belgio, Francia, Slovenia, Danimarca e Regno Unito. ·
Un altro gruppo raggruppa Stati membri che hanno
raggiunto uno dei due obiettivi: Portogallo, Spagna, Paesi Bassi e Lussemburgo
per la prima fascia d’età, Germania, Italia ed Estonia per la fascia d’età
maggiore. ·
Tre Stati membri stanno per raggiungere uno dei due
obiettivi: la Finlandia, con un tasso di accoglienza superiore al 25% per la
prima fascia d’età; l’Irlanda e l’Austria con un tasso superiore all’80% per la
seconda fascia. ·
Undici Stati membri devono ancora compiere sforzi
considerevoli, soprattutto Polonia, Bulgaria, Grecia, Romania, Slovacchia,
Repubblica ceca e Croazia. I bambini frequentano i servizi a tempo parziale quasi esclusivamente … … in alcuni paesi che hanno raggiunto l’obiettivo.
Gli orari di frequenza dei servizi di custodia variano notevolmente da un paese
all’altro. In diversi paesi questi servizi sono utilizzati a tempo parziale e
non coprono una settimana di lavoro completa. Nel Regno Unito, nei Paesi Bassi
e in Irlanda l’uso è prevalentemente a tempo parziale, indipendentemente dalla
fascia d’età. Si noti che in alcuni casi la durata della frequenza è di gran
lunga inferiore alle 30 ore settimanali. Nel Regno Unito, ad esempio, un
elevato numero di posti è destinato per meno di 20 ore ai bambini più piccoli.
È importante sapere se il ricorso ai servizi a tempo parziale è frutto di una
scelta o di restrizioni. In quest’ultimo caso la mancanza di servizi a tempo
pieno potrebbe rappresentare un ostacolo all’occupazione a tempo pieno, in
particolare per le madri sole. Strategie alternative per la custodia dei bambini … …in tenera età possono essere attuate. Il tasso di accoglienza relativamente
basso di alcuni paesi non è quindi necessariamente legato a una carenza di
servizi di custodia. Sulla domanda di servizi di assistenza per la prima
infanzia possono ad esempio influire i diritti ai congedi per motivi familiari.
Nei paesi nordici e in Slovenia accade spesso che il bambino sia tenuto dai
genitori durante il primo anno, al termine del quale il bambino gode del
diritto a un’accoglienza collettiva. In altri paesi i congedi garantiti solo
molto più lunghi e, unitamente a una carenza di servizi di assistenza, possono
ostacolare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Appare quindi
essenziale offrire ai padri la possibilità di prendere congedi per motivi
familiari, oltre a fornire servizi di assistenza senza soluzione di continuità
con i congedi parentali. Il ricorso alla custodia non regolamentata[23] (garantita per lo più dai
nonni) è frequente per le due fasce d’età ma nella maggior parte dei casi è a
tempo parziale e non costituisce una soluzione sufficiente per consentire ai
genitori di lavorare a tempo pieno. Per giunta, la tendenza all’allungamento
della vita attiva potrebbe complicare la possibilità di ricorrere all’aiuto dei
nonni. Nella maggior parte dei paesi gli atteggiamenti variano a
seconda dell’età del bambino … … Gli asili e gli altri servizi regolamentati sono di norma
valutati positivamente per i “bambini più grandi” ma questa percezione positiva
è minore per i bambini più piccoli, sebbene i vantaggi dei servizi di
assistenza di qualità per lo sviluppo dei bambini (soprattutto quelli
provenienti da contesti disagiati) siano stati ampiamente dimostrati[24]. La figura 6 mostra una certa
reciprocità tra il grado di approvazione del fatto che donne con figli lavorino
a tempo pieno, da un lato, e il tasso di accoglienza dei bambini di età
inferiore a tre anni nei servizi di assistenza e il livello di occupazione
delle madri, dall’altro: DK, FI, SE e SI combinano un alto grado di
approvazione con tassi di accoglienza nei servizi di assistenza e livelli di
occupazione femminile elevati. La figura 6 mostra inoltre livelli di
disapprovazione superiori al 50% nei Paesi Bassi, in Austria e in Estonia.
Infine, benché l’occupazione a tempo pieno delle giovani madri sia generalmente
approvata in paesi come la Polonia e Cipro, la disponibilità dei servizi di
assistenza va ancora sviluppata per consentire alle madri di realizzare i loro
progetti sul mercato del lavoro. Il costo resta un ostacolo per molti
genitori … … I servizi regolamentati di custodia per la
prima infanzia rappresentano un mezzo per consentire ai genitori di entrare e/o
restare sul mercato del lavoro soltanto a condizione di essere finanziariamente
sostenibili. Ebbene, il 53% delle madri che dichiara di non lavorare o di
lavorare a tempo parziale per motivi legati ai servizi regolamentati di
custodia[25]
considera il prezzo un ostacolo. Questa percentuale è superiore al 70% in
Irlanda, Paesi Bassi, Romania e Regno Unito. I governi della maggior parte degli Stati membri finanziano i servizi
regolamentati di custodia (sotto forma di sussidi diretti, assegni parentali
soggetti a condizioni di reddito, riduzione della pressione fiscale,
assegni-servizi). La figura 7 mostra che i costi a carico delle famiglie
restano elevati, soprattutto nel Regno Unito e in Irlanda dove rappresentano
oltre il 41% del reddito netto di una famiglia in cui lavorano entrambi i
genitori. Inoltre il costo di questi servizi deve essere considerato in
relazione alle altre politiche sociali e fiscali che influiscono sul reddito
familiare, perché anche con servizi di custodia fortemente sovvenzionati i
genitori, e in particolare il genitore che costituisce la seconda fonte di
reddito, possono ritenere poco vantaggiosa un’attività lavorativa se questa è
fortemente tassata. Il costo dei servizi di assistenza non influisce allo stesso modo sulle
famiglie a basso e ad alto reddito … … e l’entità delle differenze è sorprendente. Ad esempio, in Francia il
64% delle famiglie nel quintile di reddito superiore ricorre a servizi di
assistenza, contro soltanto il 15% delle famiglie del quintile inferiore. La
situazione è simile in altri paesi con un alto tasso di accoglienza, quali
Belgio, Finlandia e Irlanda, ma anche in paesi con un tasso di accoglienza più
ridotto. Al contrario, in Danimarca il tasso di accoglienza è particolarmente
elevato tra le famiglie del quintile inferiore mentre in Svezia, Slovenia e
Germania l’uso è equivalente in tutte le famiglie[26]. Gli obiettivi di Barcellona
non potranno essere raggiunti senza garantire l’accessibilità dei servizi di
assistenza a tutti i gruppi sociali, anche in termini finanziari. I criteri di priorità possono anche rappresentare un impedimento … … soprattutto per i genitori inattivi o disoccupati, in caso di offerta
insufficiente, se la priorità di accesso viene garantita ai genitori occupati e
soprattutto alle famiglie a doppio reddito, impedendo di fatto la ripresa dell’attività
del genitore che costituisce la seconda fonte di reddito. In Belgio (Fiandre) la domanda di
posti nei servizi di assistenza è superiore all’offerta e per aumentare l’accessibilità
di questi servizi sono state introdotte nella Comunità fiamminga misure
strutturali. Da un lato, è stato istituito un sistema di partecipazione
finanziaria dei genitori basato sul reddito per la custodia (non) sovvenzionata
collettiva e familiare, che già esisteva nel settore sovvenzionato. Dall’altro,
è stato introdotto un sistema di priorità ufficiale nelle strutture di custodia
che operano con il sistema della partecipazione finanziaria dei genitori: ciò
significa che il 20% dei posti è riservato alle famiglie monoparentali e alle
famiglie a basso reddito (che in entrambi i casi sono in situazione di
disoccupazione o di inserimento professionale, ecc.). 4. Qualità:
ancora eterogenea in Europa La qualità percepita resta un
elemento preponderante nella scelta dei genitori … … pur non essendo tra i primi fattori a dissuadere i
genitori dal ricorrere ai servizi regolamentati di assistenza della prima
infanzia. Essa rappresenta un punto critico mediamente per il 27% delle persone
in Europa, dopo i costi (59%), la disponibilità (58%) e l’accesso in termini di
orari di apertura o distanza (41%)[27].
Misurare la qualità: un vasto campo di studi … … Sono in corso numerosi lavori sulla qualità dei servizi
educativi e di assistenza della prima infanzia (Early Childhood Education
and Care – ECEC) nell’UE. Nella sua comunicazione sull’ECEC[28], la Commissione europea
ha ribadito la necessità di migliorare ulteriormente l’accesso e di offrire
servizi universali. Ha enunciato gli ambiti chiave in materia di qualità come i
programmi di studio, il personale, la direzione e il finanziamento, dove la
cooperazione politica a livello europeo potrebbe contribuire a migliorare l’accessibilità
e la qualità dei servizi di custodia. Su invito dei ministri della pubblica
istruzione[29],
la Commissione ha recentemente introdotto, nell’ambito del metodo di
coordinamento aperto, un gruppo di lavoro tematico di responsabili politici,
universitari e operatori dell’ECEC con l’obiettivo di definire un quadro
europeo della qualità dell’ECEC. Tra le caratteristiche strutturali dei servizi, la
dimensione del gruppo di bambini oscilla in media tra 10 e 14 per la fascia d’età
0-3-anni e tra 20 e 25 per la fascia 3-6-anni[30],
mentre il rapporto bambini/personale è di circa 15:1 nella maggior parte degli
Stati membri, passando da 6:1 dell’Estonia a 21,5:1 della Francia nell’istruzione
prescolare[31].
Nel settore operano ancora molte persone non qualificate
… … Il livello d’istruzione del personale dei servizi ECEC varia
notevolmente da un paese all’altro e i requisiti di competenza per gli
ausiliari o gli assistenti (che rappresentano fino al 40-50% dell’organico)
sono spesso trascurati, mentre la ricerca e i documenti politici internazionali
raccomandano che almeno il 60% del personale abbia una laurea triennale di
primo livello[32].
Gli assistenti (che spesso si occupano della cura e dei contatti con i
genitori) possono aver ricevuto una formazione iniziale limitata, se non
addirittura inesistente, e avere un accesso limitato alla formazione continua,
a differenza degli educatori (responsabili del lavoro con i bambini), spesso
altamente qualificati, che beneficiano di queste opportunità[33]. Le condizioni di lavoro del settore restano precarie … … nella maggior parte dei paesi. Gli elevati tassi di
rotazione, dovuti a contratti a tempo parziale o atipici, influiscono
negativamente sulla qualità dei servizi. Le possibilità di carriera sono
peraltro molto limitate e l’immagine è quella di un settore che non offre posti
di lavoro di qualità[34]. Il settore è caratterizzato da una manodopera
essenzialmente femminile … … con una presenza maschile limitata al 2-3%
degli effettivi, ad eccezione della Danimarca (8%). Gli esperti concordano nell’affermare
che, per lottare contro gli stereotipi di genere[35], il numero degli uomini
operanti nel settore dovrebbe passare al 10%. La Danimarca, dove i servizi ECEC
sono integrati nel sistema di protezione sociale, è pioniera nello sviluppo
delle competenze per i professionisti del settore (pædagoguddannelsen). L’approccio generico[36]
(che prepara gli studenti a lavorare in contesti educativi diversi, consentendo
anche una maggiore mobilità professionale) e il riconoscimento dell’esperienza
pregressa hanno contribuito in Danimarca ad attirare un maggior numero di
uomini nel settore dell’ECEC rispetto agli altri Stati membri dell’UE. Il finanziamento pubblico diretto dei servizi consente una gestione più
efficace … … delle economie di scala da parte delle autorità pubbliche, oltre a
una migliore qualità a livello nazionale, una formazione più valida degli
educatori e un accesso più equo rispetto ai sistemi basati sul versamento di
aiuti ai genitori[37]. Nel
2009 la quota di spesa destinata all’ECEC, in percentuale sul PIL, era
particolarmente elevata in Danimarca, Svezia, Regno Unito e Francia, che
superano la soglia dell’1% raccomandata dagli esperti[38]. Questa quota di spesa
differisce tuttavia nella forma e non si ripercuote allo stesso modo sullo
sviluppo e sulla qualità dei servizi. I sistemi integrati sembrano offrire una maggiore coerenza … … tra le strutture di cura e il resto del
sistema educativo, più risorse per i bambini di età inferiore a 3 anni e una
migliore formazione del personale[39]. Il modello
suddiviso, in cui l’assistenza alla prima infanzia (bambini di meno di tre
anni) e l’istruzione prescolare (fino all’età della scuola dell’obbligo) sono
separate, è il più diffuso in Europa. In altri Stati, invece, i responsabili
politici si sono orientati verso un sistema in cui l’offerta di servizi
per la prima infanzia è integrata nel sistema educativo – come in
Lettonia, Slovenia, Inghilterra, Scozia e Svezia – o nel “sistema pedagogico”
più ampio, come nel caso della Finlandia. Solo in alcuni paesi questi due
modelli coesistono (Danimarca, Grecia, Spagna, Cipro e Lituania). L’inserimento
dei servizi di assistenza in un sistema ampio presuppone una struttura unitaria
e un approccio condiviso in materia di accesso, sussidi, programmi e personale,
con una conseguente maggiore efficacia finanziaria[40]. Appare
necessario favorire l’interazione tra la cura e l’istruzione dei bambini anche
nel sistema suddiviso con l’obiettivo di soddisfare tutte le esigenze
(cognitive, sociali, emotive e fisiche)[41]. La responsabilità della definizione di politiche di ECEC
è condivisa … … in molti paesi tra il governo e le amministrazioni locali. Uno degli
effetti positivi del decentramento è stato l’inserimento dei servizi educativi
e di assistenza della prima infanzia a livello locale e una migliore
considerazione delle esigenze locali. Il decentramento non è tuttavia esente da
rischi, perché la delega dei poteri e delle responsabilità può accentuare le
differenze di accesso e di qualità tra le regioni[42]. È opportuno adottare un
approccio sistematico e più integrato dei servizi ECEC a livello locale,
regionale e nazionale, che coinvolga tutte le parti interessate, comprese le
famiglie, e instaurare una stretta collaborazione intersettoriale tra i vari
settori, quali l’istruzione, la cultura, gli affari sociali, l’occupazione, la sanità
e la giustizia[43]. 5. Raggiungere
gli obiettivi di Barcellona: un impegno rinnovato nella strategia Europa 2020 A oltre dieci anni dalla loro adozione, gli
obiettivi di Barcellona non sono ancora stati raggiunti dalla maggior parte
degli Stati membri. La situazione è addirittura in peggioramento in diversi
Stati membri. Molti sforzi devono ancora essere compiuti per raggiungere
livelli di disponibilità soddisfacenti, soprattutto per i bambini di età
inferiore a 3 anni. Per giunta il costo di questi servizi resta un notevole
ostacolo per i genitori, così come gli orari di apertura, non sempre
compatibili con le loro esigenze professionali. Devono pertanto proseguire gli
investimenti in servizi educativi e di assistenza che siano di qualità,
universali e accessibili a tutti. Questi sforzi, cui la Commissione
contribuisce in vari modi, devono essere in gran parte intrapresi a livello dei
singoli Stati membri. Lo sviluppo
di servizi di assistenza sotto osservazione nell’ambito del semestre europeo… Agevolare la partecipazione al mercato del
lavoro e l’accesso all’occupazione per le persone che costituiscono la seconda
fonte di reddito familiare attraverso incentivi fiscali adeguati e l’offerta di
strutture per l’infanzia accessibili e di qualità[44] è una priorità riconosciuta nell’analisi
annuale della crescita. A nove Stati membri (AT, CZ, DE, HU, IT, MT, PL, SK,
UK) è stata trasmessa una raccomandazione sull’occupazione femminile e sulla
disponibilità e la qualità dei servizi di custodia nel 2012. A sette di questi
paesi era già stata destinata una raccomandazione nel 2011 mentre a Malta e
alla Slovacchia è stata trasmessa per la prima volta nel 2012. I fondi strutturali costituiscono una leva
importante … Si stima che 2,6 miliardi di euro del Fondo
sociale europeo siano stati destinati nel periodo 2007-13 ad azioni volte a
promuovere l’occupazione e la partecipazione duratura delle donne al mercato
del lavoro e la conciliazione tra lavoro e vita privata, comprese misure tese
ad agevolare l’accesso ai servizi di cura e custodia per le persone dipendenti.
Sempre tra il 2007 e il 2013 il Fondo europeo di sviluppo regionale ha messo a
disposizione degli Stati membri circa 616 milioni di euro per il finanziamento
di strutture di custodia per l’infanzia[45].
Quasi tutti gli Stati membri hanno destinato risorse a servizi di custodia per
l’infanzia. Tuttavia la spesa totale varia notevolmente da uno Stato membro all’altro
in base alla dotazione di bilancio disponibile all’interno dei fondi
strutturali e allo stato attuale dell’offerta di servizi. Il FSE svolge
un ruolo importante nell’introduzione e nel funzionamento di servizi
istituzionali di custodia per l’infanzia in Polonia, nell’ambito del
Programma operativo capitale umano (POKL). Dal 2012 una
misura con una dotazione di 46 milioni di euro consente il cofinanziamento (per
l’85%) di progetti di: - sostegno all’istituzione e
al funzionamento di asili e centri per l’infanzia, compresa la copertura delle
spese di custodia dei bambini di età inferiore a 3 anni, se almeno uno dei
genitori torna sul mercato del lavoro dopo un’interruzione legata al parto o
all’educazione dei figli; - sostegno ai servizi forniti
da un assistente per l’infanzia. Il primo invito
a presentare progetti consentirà l’apertura di 171 asili, 23 centri per l’infanzia
e la sottoscrizione di 7 accordi per la fornitura di servizi da parte di un
assistente per l’infanzia. Questa misura s’inserisce in una più ampia
iniziativa di riforma normativa e di ampliamento del tipo e della quantità dell’offerta
di servizi di custodia (programma “Malush”). È previsto un
provvedimento simile, con una dotazione di 369 milioni di euro, per il
cofinanziamento di progetti relativi all’istruzione prescolare per i bambini di
3-5 anni. La Commissione prosegue la collaborazione con le parti sociali … … che rivestono un ruolo chiave nella conciliazione della vita
professionale con quella privata in complementarità con le autorità pubbliche. La Commissione potenzierà altresì la collaborazione tra i suoi servizi
… … incaricati delle politiche pertinenti per l’ECEC (come giustizia,
diritti fondamentali e cittadinanza, istruzione e cultura, occupazione e
politiche sociali, salute, ecc.). La Commissione continuerà a tenere sotto osservazione gli obiettivi di
Barcellona … … aiutando gli Stati membri a sviluppare le proprie capacità
statistiche, migliorando la raccolta dei dati e affinando la misurazione del
ricorso ai servizi di assistenza nell’ambito dell’indagine EU-SILC, in
particolare raccogliendo informazioni paragonabili sulle barriere all’accesso a
questi servizi (costo, domanda non soddisfatta, ecc.). La Commissione continuerà ad appoggiare gli Stati membri … ·
Ogni qualvolta sarà necessario, nel corso dei
semestri europei, la Commissione continuerà ad adottare raccomandazioni specifiche
invitando gli Stati membri a realizzare gli obiettivi di Barcellona e a
mantenere l’investimento pubblico nonostante la crisi. ·
Nella programmazione dei fondi europei la
Commissione lavorerà di concerto con gli Stati membri per sfruttare appieno le
possibilità di cofinanziamento offerte dai fondi strutturali e dagli altri
programmi comunitari quali “Erasmus per tutti”, anche durante il prossimo
periodo di programmazione, per garantire lo sviluppo dei servizi di ECEC e
destinati alle altre persone dipendenti, la formazione del personale e il
miglioramento della qualità dei servizi. Limitarsi a sviluppare servizi di assistenza per bambini in
età prescolare non basta a permettere a donne e uomini di scegliere liberamente
come conciliare vita professionale e vita privata e non tiene conto delle
difficoltà incontrate nelle diverse fasi della vita. La Commissione deve
pertanto agire: ·
promuovendo una combinazione di misure volte a
conciliare vita professionale e vita privata, basata su modalità di lavoro
flessibili, su un sistema di congedi per motivi familiari e sulla disponibilità di servizi di assistenza accessibili e di qualità per i
bambini in età prescolare ma anche per i bambini e i preadolescenti
scolarizzati fuori dall’orario scolastico e per le altre persone dipendenti; ·
incentivando altresì gli Stati membri a rimuovere
gli ostacoli (anche di natura fiscale) all’attività professionale delle donne e
a sollecitare i padri ad assumere maggiori responsabilità familiari, in
particolare prendendo congedi per motivi familiari alla stregua delle donne. La presente relazione testimonia l’impegno
della Commissione, nell’ambito delle proprie competenze, a favorire il
raggiungimento degli obiettivi di Barcellona e lo sviluppo di servizi di
assistenza per l’infanzia accessibili, a costi ragionevoli e di qualità al fine
di rimuovere gli ostacoli all’occupazione dei genitori, favorire l’inclusione
sociale e promuovere la parità di genere. [1] I termini “servizi di assistenza”, “servizi di
accoglienza” e “servizi educativi e di accoglienza della prima infanzia” (Early
Childhood Education and Care – ECEC), impiegati nella presente relazione,
sono intercambiabili. [2] http://www.consilium.europa.eu/ueDocs/cms_Data/docs/pressData/it/ec/71065.pdf. [3] COM(2010) 2020. [4] COM(2013) 83. [5] 2011/C 155/02. [6] COM(2010) 491. [7] COM(2012) 614. [8] Tra il 1998 e il 2008 l’occupazione femminile (nella
fascia d’età 20-64 anni) è salita del 7,2% contro il 2,4% per gli uomini. [9] OCSE
(2012) “Inégalités hommes-femmes, il est temps d’agir”. [10] COM(2013) 778. [11] COM(2011) 66. [12] COM(2011) 18. [13] 2011/C 191/01. [14] Eurostat, 2011 tsdsc340. [15] OCSE
(2012) “Inégalités hommes-femmes, il est temps d’agir”. [16] COM(2012) 615. [17] COM(2008) 638. [18] L’indicatore misura la proporzione di bambini accolti nei
servizi regolamentati quali elencati nell’introduzione. [19] EU25. Nel 2011 il tasso di accoglienza è in media del 30%
nell’UE25 e nell’UE27. [20] L’età della scuola dell’obbligo è di 4, 5, 6 o 7 anni a
seconda dello Stato membro. [21] EU25. Nel 2011 il tasso di accoglienza è in media dell’86%
nell’UE25 e dell’83% nell’UE27. [22] Ministero per le Pari opportunità, 2011. [23] Si
tratta della custodia dei bambini da parte di un assistente per l’infanzia (non
controllato da una struttura organizzata) presso il domicilio del bambino o
dell’assistente, oppure da parte di nonni, altri componenti del nucleo familiare
(esclusi i genitori), parenti, amici o vicini. [24] OCSE
(2012) “Starting strong” III. [25] Fonte: Indagine sulle forze di lavoro - modulo ad hoc
2010: “Reconciliation between work and family life”. Il 23% e il 18% delle
madri, il cui figlio più piccolo ha rispettivamente meno di 3 anni e tra 3 anni
e l’età della scuola dell’obbligo, lavora a tempo parziale o non lavora per
motivi legati alla custodia dei figli. [26] EU-SILC, 2010. [27] Eurofound, 3a indagine europea sulla qualità
della vita (EQLS) nel 2012. [28] COM(2011) 66. [29] (2011/C 175/03). [30] Rete europea di esperti su parità di genere e occupazione
(EGGE) 2009. [31] SWD(2012) 373. [32] Classificazione internazionale tipo dell’istruzione
(ISCED) di livello 5. [33] Studio CoRe per CE/DG EAC 2011. [34] Eurofound 2012. [35] Studio CoRe per CE/DG EAC 2011. [36] In opposizione all’approccio specialistico dove gli
operatori sono formati e qualificati per lavorare con specifici gruppi d’età in
alcuni ambienti istituzionali (ad esempio asilo, scuola materna). Studio
CoRe per CE/DG EAC 2011. [37] OCSE
2011 “Améliorer le bien-être des familles”. [38] Rete per la custodia dei bambini della Commissione europea
1996 – La qualità dei servizi per la prima infanzia. [39] Kaga Y., Bennett J. e Moss P.
(2010), “Caring and Learning Together. A cross-national study of integration of
early childhood care and education within education”, Parigi, UNESCO. [40] Eurydice 2009 – “Educazione e cura della prima infanzia in
Europa: ridurre le disuguaglianze sociali e culturali”. [41] COM(2011)
66. [42] OCSE
“Petite enfance, grands défis” - volume II. [43] Conclusioni del Consiglio sull’educazione e la cura della
prima infanzia: 2011/C 175/03. [44] COM(2012) 750. [45] A fine 2011 il 74% di questi fondi è stato destinato a
progetti selezionati.