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Document 52012IE1794

    Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «La pirateria marittima: potenziare la risposta dell'UE» (parere d'iniziativa)

    GU C 76 del 14.3.2013, p. 15–19 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

    14.3.2013   

    IT

    Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

    C 76/15


    Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «La pirateria marittima: potenziare la risposta dell'UE» (parere d'iniziativa)

    2013/C 76/03

    Relatrice: BREDIMA

    Il Comitato economico e sociale europeo, nella sessione plenaria del 12 luglio 2012, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del Regolamento interno, di elaborare un parere d'iniziativa sul tema:

    La pirateria marittima: potenziare la risposta dell'UE.

    La sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha adottato il proprio parere in data 26 novembre 2012.

    Alla sua 486a sessione plenaria, dei giorni 16 e 17 gennaio 2013 (seduta del 16 gennaio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 147 voti favorevoli, 1 voto contrario e 8 astensioni.

    1.   Conclusioni

    1.1

    La gravità del fenomeno della pirateria marittima non è ancora percepita appieno dalla società civile europea. Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) desidera pertanto sensibilizzare maggiormente la società civile e l'opinione pubblica europea su questo tema, al fine di mobilitare gli Stati membri e le istituzioni UE ad un'azione concreta per eliminare il fenomeno alla radice. Nel 2011 la Giornata marittima mondiale è stata dedicata alla lotta contro la pirateria. La natura multiforme di questa piaga richiederà un'azione globale, e non degli interventi slegati, effettuati caso per caso. La pirateria non è un problema lontano, che colpisce qualche zona remota dell'Oceano Indiano e interessa soltanto le navi vittime degli attacchi e i marittimi che vi lavorano. Essa danneggia i consumatori e i contribuenti europei in tanti modi diversi, e non è «un sintomo con cui possiamo convivere».

    Il CESE chiede che le istituzioni UE e gli Stati membri diano prova di una concreta volontà politica per trovare una soluzione definitiva al problema della pirateria.

    1.2

    L'UE dispone di uno straordinario insieme di strumenti, le cui soluzioni vanno dall'aiuto al commercio e allo sviluppo alla presenza militare, dal consolidamento dello Stato alla sua ricostruzione.

    1.3

    Il CESE accoglie con favore le decisioni del Consiglio di sicurezza dell'ONU e dell'UE di prorogare l'operazione UE/Navfor–Atalanta fino al dicembre 2014 e di estendere la zona delle operazioni a Est e a Sud nell'Oceano Indiano e sulla costa somala. Ritiene che l'UE/Navfor dovrebbe disporre di un mandato più forte, con regole d'ingaggio potenziate. Il CESE esorta a mantenere un forte impegno per quanto riguarda il numero delle navi assegnate a quest'operazione dagli Stati membri.

    1.4

    Grande importanza rivestono il recente collegamento dell'accordo di cooperazione regionale sulla lotta alla pirateria e alle rapine a mano armata contro le navi in Asia (ReCAAP) con il codice di condotta di Gibuti, e la conclusione, da parte dell'UE, di accordi bilaterali per perseguire i pirati con il Kenya, le Seychelles, Maurizio e altri paesi.

    1.5

    Il CESE approva il lancio, da parte del Servizio europeo per l'azione esterna (EEAS), di una missione dell'Unione europea per lo sviluppo delle capacità marittime regionali. L'EUCAP Nestor aiuterà i paesi del Corno d'Africa a definire un piano generale per la lotta alla pirateria, a elaborare normative adeguate e a rafforzare le capacità della guardia costiera.

    1.6

    Il CESE chiede agli Stati membri, come pure agli Stati candidati all'adesione o che hanno concluso accordi di associazione con l'UE, di far rispettare le norme contro la pirateria e di reprimerla anche in alto mare, come previsto dall'articolo 105 della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 10 dicembre 1982.

    1.7

    Il CESE incoraggia il settore navale ad applicare le migliori pratiche di gestione rivedute (BMP 4) per quanto riguarda le misure di autoprotezione a bordo delle navi. Il CESE invita gli Stati membri che intendono consentire l'uso di guardie armate private qualificate per la protezione delle navi vulnerabili a conformarsi ai relativi orientamenti dell'Organizzazione marittima internazionale (OMI) e a definire un quadro giuridico rigoroso che, tra le altre cose, stabilisca le condizioni della responsabilità del comandante della nave, in particolare nel caso in cui venga aperto il fuoco. L'impiego di guardie armate private, tuttavia, non costituisce di per sé una soluzione né dovrebbe diventare la regola, ma rappresenta una misura complementare alle BMP. Si incoraggiano gli Stati membri a organizzare convogli scortati da mezzi militari e a fornire unità militari terrestri (Nuclei militari di protezione - VPD) sotto l'egida dell'ONU, in grado di viaggiare sulle navi nelle rotte ad alto rischio.

    1.8

    Il CESE si oppone alle restrizioni al pagamento di riscatti, poiché ritiene che esse avrebbero effetti controproducenti e metterebbero ancora più a rischio la vita degli ostaggi. Per il momento, i riscatti restano uno strumento per garantire un ritorno sicuro dei marinai, che vengono usati come scudi umani. Il CESE condanna la prassi dei pirati di uccidere o torturare i marinai come mezzo di pressione per ottenere il pagamento del riscatto.

    1.9

    Il CESE ritiene che la chiave per risolvere il problema della pirateria consista nel rintracciare e intercettare i flussi finanziari connessi. Approva l'idea di puntare ai finanziatori e di coordinare le banche dati per migliorare la comprensione del «modello imprenditoriale» della pirateria. L'UE dovrebbe redigere una «lista nera» degli istituti finanziari coinvolti nel riciclaggio del denaro proveniente dalla pirateria. Europol ed Eurojust svolgono un ruolo importante in questo campo.

    1.10

    Il CESE esorta le istituzioni dell'UE ad affrontare il problema dell'aumento delle rapine a mano armata in mare e dei furti di petrolio al largo dell'Africa occidentale e nel Golfo di Guinea. Dato che il modus operandi utilizzato in queste rapine è molto diverso da quello che caratterizza i pirati somali, si dovrebbero prevedere misure specifiche per questa regione. Tre milioni di barili di petrolio e il 50 % del traffico internazionale di container attraversano quotidianamente le zone infestate dai pirati nell'Oceano Indiano.

    1.11

    Il CESE sottolinea l'urgenza di liberare i 218 marittimi attualmente tenuti in ostaggio e incoraggia la formazione professionale antipirateria per i marittimi e la creazione di centri sanitari per le vittime dei rapimenti. Tre convenzioni internazionali - la convenzione del 2010 sulle norme per l'addestramento, l'abilitazione e il servizio di guardia (STCW), il codice internazionale del 2004 per la sicurezza delle navi e dei porti (ISPS) e la convenzione del 2006 sul lavoro marittimo (MLC) - forniscono una base giuridica in termini di formazione pre-imbarco, prove ed esercitazioni a bordo, rimpatrio, compensazione, creazione di legami familiari e assistenza dei marinai rapiti dopo il rilascio. Il CESE esorta l'UE a rafforzare queste convenzioni e a formulare nuovi orientamenti globali per il benessere dei marittimi che sono stati vittime della pirateria o rischiano di esserlo e delle loro famiglie. L'UE dovrebbe svolgere un ruolo guida nel modificare le suddette convenzioni internazionali per includervi misure destinate ai marittimi tenuti in ostaggio.

    1.12

    Le elezioni del 20 agosto 2012 hanno segnato una tappa cruciale nella storia del dissestato Stato somalo. Il CESE si impegna a partecipare alle future azioni dell'UE, sostenendo il processo di creazione della società civile sul modello di azioni analoghe condotte in altri Stati africani.

    1.13

    Il CESE chiede un'azione coordinata dell'UE per destinare una parte degli aiuti allo sviluppo o delle altre risorse a programmi di formazione per giovani alla professione di pescatore, alla promozione dell'agricoltura sostenibile e dell'imprenditoria. Garantire ai giovani somali condizioni di vita dignitose potrebbe rendere meno interessante la «carriera» di pirata.

    2.   La pirateria: un problema multiforme

    2.1   La complessità del fenomeno

    2.1.1

    Dopo cinque anni di continuo aumento degli attacchi di pirati alle navi mercantili nel Golfo di Aden, nel bacino somalo, nel Mar Arabico e nell'Oceano Indiano, il calo che emerge dai dati statistici più recenti è un dato che può risultare fuorviante, facendo pensare ad un contenimento di questo fenomeno. Si rischia infatti di ignorare l'effetto di imitazione e l'aumento costante di tali aggressioni nell'Africa occidentale. Il problema della pirateria, purtroppo, è diffuso a livello mondiale e si riscontra anche in Indonesia, negli Stretti di Malacca e Singapore, nel Mar Cinese meridionale e in America Latina. Secondo i dati disponibili al 24 settembre 2012, 50 episodi di pirateria hanno avuto luogo in Somalia, 34 nel Golfo di Guinea e 51 in Indonesia.

    2.1.2

    L'impiego di «navi madre» ha permesso ai pirati di portare a termine le loro operazioni con maggiore successo. Il continuo cambiamento delle tattiche e delle attrezzature che facilitano l'individuazione degli obiettivi, così come gli strumenti per penetrare nelle camere di sicurezza blindate delle navi, hanno reso i pirati più aggressivi, capaci e violenti, il che in alcuni casi ha portato alla morte di marinai che lavoravano sulle navi.

    2.1.3

    La pirateria nasce come un problema marittimo che si estende poi anche al piano umanitario, commerciale e dell'economia globale, e interessa i consumatori di tutto il mondo. I suoi costi potrebbero salire alle stelle in caso di interruzione della catena dell'approvvigionamento di merci ed energia, qualora la comunità internazionale non combattesse in modo efficace le attività dei pirati o le associazioni di lavoratori marittimi si rifiutassero di navigare nelle zone infestate. Diciottomila navi percorrono queste rotte ogni anno. La pirateria nel Golfo di Aden/Corno d'Africa rappresenta una minaccia strategica per l'UE poiché colpisce il traffico nel principale corridoio Europa-Asia. Per evitare il canale di Suez, infatti, sempre più spesso le compagnie scelgono di circumnavigare il Capo di Buona Speranza. Inoltre, la pirateria è diventata un'attività criminale molto redditizia e si prospetta come una «carriera» attraente per i giovani di quella regione del mondo. I costi che comporta sono sproporzionati rispetto al numero di pirati in azione (in Somalia sono circa 1 500). La pirateria impedisce la consegna degli aiuti alimentari dell'UE quando le vittime della siccità in Africa ne hanno più bisogno. La presenza di forze navali nell'Oceano Indiano è stata paragonata al «pattugliamento del territorio europeo con 20 auto della polizia».

    2.1.4

    È intollerabile che gli atti di pirateria restino impuniti e che vengano messi a repentaglio il diritto e l'ordine internazionale (convenzione Unclos 1982), e l'UE deve dare prova di una forte volontà politica per sradicare questo fenomeno. Il gruppo di contatto dell'ONU contro la pirateria al largo delle coste somale ha promosso la creazione di una strategia globale, comprendente misure sia preventive che dissuasive e orientamenti operativi per migliorare la cooperazione tra le forze navali, perseguire i pirati e rintracciare le loro risorse finanziarie.

    2.1.5

    L'UE, che controlla il 40 % della navigazione mondiale, non può permettersi un aumento incontrollabile del fenomeno della pirateria. Come ha dichiarato il commissario per i trasporti Kallas, «la pirateria sui mari è un'autentica minaccia alla politica dei trasporti dell'UE». Inoltre, sono a rischio il commercio estero, l'approvvigionamento e la sicurezza energetica dell'UE, nonché il benessere dei marittimi e la consegna degli aiuti umanitari.

    2.2   I costi umani della pirateria

    2.2.1

    Nel 2011 almeno sette marinai sono stati assassinati e 39 feriti dai pirati. Alla data del 24 settembre 2012, nel mondo sono stati uccisi sei marinai e 448 tenuti in ostaggio, in seguito a 225 attacchi e 24 dirottamenti. Il 30 giugno 2012 in Somalia i pirati hanno catturato 11 navi prendendo in ostaggio 218 marinai. Dal 2007 oltre 43 marittimi sono stati uccisi e 2 653 sono stati presi in ostaggio nel corso di atti di pirateria al largo delle coste somale.

    2.2.2

    Le associazioni internazionali di armatori e lavoratori marittimi (ad es. la Camera internazionale della marina mercantile - ICS, l'Associazione degli armatori della Comunità europea - ECSA, la Federazione europea dei lavoratori dei trasporti - ETF, il Forum degli armatori asiatici - ASF, l'associazione SOS Save Our Seafarers, composta di 31 organizzazioni internazionali del settore marittimo) si sono unite per lanciare, attraverso i media, un'azione di sensibilizzazione sui costi umani ed economici della pirateria, entrando in contatto con esponenti politici e operatori del settore al massimo livello. L'ASF (24 maggio 2012) ha rivelato che, negli ultimi sette anni, 62 marinai sono deceduti a seguito di azioni di pirateria e 4 000 sono stati tenuti in ostaggio sulle circa 200 navi dirottate da pirati somali. Mentre, per la prima volta in cinque anni (2007-2012), si è registrato un calo degli atti di pirateria nell'Oceano Indiano, negli ultimi due anni il numero di marittimi uccisi è triplicato (fonte: il sultano Ahmed bin Sulayem, presidente di DP World, 30 giugno 2012). Non può quindi esservi alcuno spazio per la tolleranza.

    2.2.3

    Per eliminare la pirateria occorre innanzitutto prevenire il reato, e non impedire i pagamenti che assicurano la liberazione delle vittime. La morte dei marittimi non dovrebbe essere accettata come un «danno collaterale» nella lotta alla pirateria (Nautilus International).

    2.3   I costi economici della pirateria

    2.3.1

    È opportuno segnalare qui due relazioni sugli aspetti economici della pirateria:

    2.3.2

    The Economic Cost of Maritime Piracy («Costi economici della pirateria marittima») (dicembre 2010), che analizza i costi diretti: riscatti, premi assicurativi, deviazione della rotta delle navi intorno al Capo di Buona Speranza, misure di sicurezza di tipo dissuasivo, guardie armate, svolgimento di tre missioni navali, azioni giudiziarie, finanziamento di organizzazioni antipirateria, costi umanitari. La relazione stima che il costo complessivo annuale vada dai 7 ai 12 miliardi di dollari USA (USD). Inoltre, la One Earth Foundation ha stimato il costo dei riscatti per il 2009-2010 in 830 milioni di USD e il costo annuo delle attrezzature di dissuasione e delle guardie armate private tra i 360 milioni e i 2,5 miliardi USD.

    2.3.3

    The Economics of Piracy («Economia della pirateria») (maggio 2011), che analizza la «catena del valore» della pirateria tra pirati, finanziatori, contabili, fornitori di armi. Essa dimostra come la pirateria possa essere una scelta molto remunerativa tenuto conto del PIL/pro capite della Somalia (il reddito di un pirata può essere 67-157 volte superiore al reddito medio in Somalia). La relazione è incentrata sulla necessità di una tracciatura del denaro trasferito mediante il sistema informale noto come «hawala», e stima che i costi annuali vadano da 4,9 a 8,3 miliardi di dollari USA.

    3.   L'azione dell'UE

    3.1   Istituzioni europee

    3.1.1

    Nella dichiarazione congiunta su un partenariato per combattere la pirateria marittima e le rapine a mano armata nell'Oceano Indiano occidentale (Londra, 15 maggio 2012), l'Unione europea e l'Organizzazione marittima internazionale (OMI) hanno ribadito la loro determinazione ad aumentare la capacità di combattere la pirateria marittima e le rapine a mano armata e a migliorare la governance marittima nell'Oceano Indiano occidentale. Il codice di condotta di Gibuti è diventato uno strumento chiave, consentendo a 18 Stati dell'Africa orientale di formulare una risposta a livello regionale al problema della pirateria. Inoltre l'UE ha dato un sostegno finanziario all'Ufficio marittimo internazionale (IMB) per un periodo di tre anni relativamente alle attività dell'Osservatorio sulla pirateria, intese a eradicare questo fenomeno e a far cessare le rapine a mano armata contro le navi.

    3.1.2

    Il gruppo di contatto sulla pirateria internazionale sta esaminando delle modalità per colpire i beneficiari, poiché le somme pagate come riscatto - del valore di 300-500 milioni di euro - vanno ai capi somali delle relative reti criminali, i quali le depositano, forse, anche in banche dell'UE. Il CESE esorta a rintracciare e confiscare tali somme, in modo che la pirateria non costituisca più un'attività remunerativa.

    3.1.3

    A seguito dell'adozione del quadro strategico per il Corno d'Africa, la nomina di un rappresentante speciale incaricato di coordinare le azioni dell'UE nella regione costituisce un passo avanti nella giusta direzione.

    3.1.4

    Il CESE accoglie con favore la risoluzione del Parlamento europeo sulla pirateria marittima (10 maggio 2012), intesa a promuovere un migliore coordinamento tra le istituzioni UE per potenziare la lotta ai pirati e ricostruire la Somalia come uno Stato sovrano.

    3.1.5

    In un nutrito gruppo di prendenti pareri, sin dal 2008 il CESE ha espresso la propria preoccupazione circa la proliferazione di episodi di rapina a mano armata e pirateria nel Sud-Est asiatico e in Africa (1). Il CESE ha esortato la Commissione europea a promuovere la definizione di competenze giurisdizionali chiare per far fronte all'attuale impunità dei pirati e si è categoricamente opposto all'idea di armare i marittimi. Il CESE ha raccomandato alla Commissione di esaminare, con gli Stati membri, le attività di formazione antipirateria rivolte ai lavoratori marittimi.

    3.1.6

    Nel convegno che ha ospitato il 7 marzo 2012 sul tema Capacità di attrazione delle professioni marittime, il CESE ha individuato nella pirateria uno dei fattori che disincentivano i giovani a intraprendere la professione marittima e vanificano le campagne volte a renderla più attraente.

    3.2   Parti sociali europee (ECSA/ETF)

    3.2.1

    In una dichiarazione congiunta del 31 luglio 2012 l'Associazione degli armatori della Comunità europea (ECSA) e la Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) hanno espresso la loro preoccupazione per il fatto che, nonostante l'efficacia delle azioni europee e internazionali, gli atti di pirateria continuano. Hanno quindi posto l'eliminazione di questo fenomeno tra le principali priorità del comitato settoriale per il dialogo sociale sul trasporto marittimo (SSDC).

    4.   Una risposta più coordinata da parte dell'UE

    4.1

    Dato il suo carattere complesso e multiforme, il problema della pirateria può essere risolto solo tramite un approccio globale e coordinato sia in mare che sulla terraferma. L'UE si trova in una posizione unica per mettere a punto un approccio di questo tipo, poiché gode di un grande rispetto nella regione, sul piano diplomatico, commerciale, militare e dei trasporti così come dal punto di vista umanitario.

    4.2

    I marittimi continuano a pagare un prezzo molto alto: tutti gli sforzi devono essere tesi ad evitare che venga messa a repentaglio la loro integrità fisica, mentale e psicologica. La Camera internazionale della marina mercantile (ICS) ha redatto degli orientamenti in materia di buone pratiche per le compagnie di navigazione, in modo che queste ultime possano assistere i marittimi interessati e le loro famiglie.

    4.3

    Poiché le cause che sono alla radice della pirateria esigono di trovare soluzioni a lungo termine sulla terraferma, la costruzione di capacità in Somalia è di vitale importanza per metter fine all'impunità e ripristinare lo Stato di diritto. È necessario un maggiore impegno da parte degli Stati di bandiera dell'UE per garantire un più stretto coordinamento tra le forze navali e assicurare che i pirati vengano perseguiti.

    4.4

    Data la recrudescenza degli atti di pirateria sin dal 2007, è adesso necessaria una volontà politica di porre questo problema in cima all'agenda politica dell'UE e mettere a disposizione maggiori risorse per aumentare il numero di aerei e navi militari nella regione. L'EEAS e la Commissione dovrebbero collaborare con il Consiglio europeo al fine di individuare i settori di rispettiva competenza per intervenire nella lotta alla pirateria e nella costruzione di capacità in Somalia. La Banca mondiale, Interpol ed Europol possono essere di aiuto per rintracciare le somme pagate come riscatto.

    4.5

    Occorre aggiornare le normative antipirateria degli Stati membri dell'UE:

    dato che in alcuni paesi la pirateria non costituisce più reato, occorre creare un quadro giuridico più chiaro per quanto riguarda le giurisdizioni responsabili della repressione di tale fenomeno;

    per quanto concerne le proposte di vietare il pagamento dei riscatti, una tale interdizione potrebbe avere effetti indesiderati e mettere ancora più a rischio le vite dei marittimi: tutto considerato, nell'UE il pagamento dei riscatti dovrebbe essere consentito;

    negli Stati membri dovrebbe essere consentito l'impiego di guardie armate private debitamente accreditate, a condizione di adottare un quadro giuridico rigoroso che, tra le altre cose, ponga la formazione di tali guardie sotto la responsabilità dello Stato membro di stabilimento e definisca le condizioni della responsabilità del comandante della nave, in particolare nel caso in cui venga aperto il fuoco;

    l'UE dovrebbe studiare, insieme ai paesi costieri delle regione, i problemi posti dal transito di navi con guardie armate a bordo.

    Bruxelles, 16 gennaio 2013

    Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

    Staffan NILSSON


    (1)  Parere CESE Una politica marittima integrata per l'Unione, GU C 211 del 19.8.2008, pag. 31.

    Parere CESE Obiettivi strategici e raccomandazioni per la politica UE dei trasporti marittimi fino al 2018, GU C 255 del 22.9.2010, pag. 103.

    Parere CESE Verso l'integrazione della sorveglianza marittima: un sistema comune per la condivisione delle informazioni sul settore marittimo dell'UE, GU C 44 dell'11.2.2011, pag. 173.

    Parere CESE Partenariato Unione europea-Africa — Collegare l'Africa e l'Europa: verso un rafforzamento della cooperazione in materia di trasporti, GU C 18 del 19.01.2011, pag. 69.

    Parere CESE Requisiti minimi di formazione per la gente di mare, GU C 43 del 15.2.2012, pag. 69.

    Parere CESE Convenzione sul lavoro marittimo/Le responsabilità dello Stato di bandiera e dello Stato di approdo, GU C 299 del 4.10.2012, pag. 153.


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