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Document 52012DC0635
REPORT FROM THE COMMISSION TO THE EUROPEAN PARLIAMENT AND THE COUNCIL Concerning the application of Directive 2009/22/EC of the European Parliament and of the Council on injunctions for the protection of consumers' interest
RELAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO E AL CONSIGLIO concernente l'applicazione della direttiva 2009/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei consumatori
RELAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO E AL CONSIGLIO concernente l'applicazione della direttiva 2009/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei consumatori
/* COM/2012/0635 final */
RELAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO E AL CONSIGLIO concernente l'applicazione della direttiva 2009/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei consumatori /* COM/2012/0635 final */
RELAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO
EUROPEO E AL CONSIGLIO concernente
l'applicazione della direttiva 2009/22/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei
consumatori INDICE 1........... INTRODUZIONE......................................................................................................... 2 2........... APPLICAZIONE DELLA DIRETTIVA DAL
2008 IN POI......................................... 3 3........... IMPATTO DELLA DIRETTIVA SUI
CONSUMATORI............................................. 7 4........... OSTACOLI ALL'EFFICACIA DEI
PROVVEDIMENTI INIBITORI........................ 11 5........... LE PROSSIME TAPPE............................................................................................... 14 6........... CONCLUSIONI......................................................................................................... 16 1. INTRODUZIONE La direttiva
98/27/CE, del 19 maggio 1998, relativa a provvedimenti inibitori[1] a tutela degli interessi dei
consumatori, ha istituito una procedura di ricorso giudiziario o amministrativo
che consente alle organizzazioni di consumatori e/o alle amministrazioni
pubbliche di chiedere un provvedimento inibitorio volto a porre fine a pratiche
commerciali che violano una serie di direttive UE sulla tutela dei consumatori
(elencate nell'allegato alla direttiva) in tutti gli Stati membri. La direttiva
98/27/CE è stata oggetto di numerose modifiche (all'elenco sono state aggiunte
le nuove direttive). Per motivi di chiarezza, la direttiva è stata codificata
dalla direttiva 2009/22/CE, attualmente in vigore. 1.1. Recepimento della direttiva
da parte degli Stati membri e applicazione fino al 2008. Nella prima
relazione si era concluso che il principale beneficio recato dalla direttiva
sui provvedimenti inibitori era il fatto di istituire una procedura che
consente a determinati enti di proporre provvedimenti inibitori a tutela
dell'interesse collettivo dei consumatori in ogni Stato membro. Tali procedure
si sono rivelate efficaci per le violazioni nazionali, ma il loro impatto sulle
violazioni transfrontaliere è stato molto più limitato. Sia gli Stati membri
che le parti interessate ritengono che lo scarso numero di ricorsi e azioni nei
confronti di soggetti di un altro Stato membro sia dovuto al costo, alla
complessità e alla durata di tali procedimenti se l'azione riguarda un altro
Stato membro. Nella relazione
della Commissione si sottolinea inoltre che all'entrata in vigore del
regolamento (CE) n. 2006/2004 sulla cooperazione tra le autorità nazionali
responsabili dell'esecuzione della normativa che tutela i consumatori
(regolamento CPC)[2]
può essere in parte dovuto il limitato ricorso da parte delle autorità
pubbliche ai provvedimenti inibitori nel caso di violazioni transfrontaliere,
dato che i meccanismi di reciproca assistenza istituiti dal regolamento sono
meno costosi. 1.2. Metodologia e finalità della
presente relazione. L'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva
2009/22/CE relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei
consumatori ("la direttiva") prescrive che ogni tre anni sia adottata
una relazione sull'applicazione della direttiva. Inizialmente prevista per il
2003, la prima relazione è stata adottata nel novembre 2008. Nel marzo 2011, al
fine di preparare la presente seconda relazione, la Commissione ha inviato
questionari sull'applicazione della direttiva alle autorità pubbliche e alle
organizzazioni di consumatori. La Commissione ha ricevuto 58 risposte, 37 delle
quali provenivano da ministeri o altre autorità pubbliche di Stati membri e 21
da organizzazioni di consumatori a livello nazionale o europeo. La Commissione ha
inoltre incaricato consulenti esterni di effettuare uno studio[3] per ottenere ulteriori
informazioni sull'applicazione della direttiva e fornire una panoramica del suo
impatto sui consumatori di nove Stati membri: Austria, Bulgaria, Francia,
Germania, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna, Svezia e Regno Unito. I suddetti
Stati membri sono stati scelti perché, oltre alla procedura relativa ai
provvedimenti inibitori, dispongono di sistemi di ricorso risarcitorio
collettivo in funzione già da alcuni anni. 2. APPLICAZIONE
DELLA DIRETTIVA DAL 2008 IN POI 2.1. Stima del numero di
provvedimenti inibitori. I dati disponibili
sul numero di provvedimenti inibitori a livello nazionale e transfrontaliero
avviati a tutela degli interessi collettivi dei consumatori nei vari Stati
membri sono limitati. Questa mancanza di dati statistici completi e attendibili
è dovuta all'assenza dell'obbligo formale per gli Stati membri di gestire una
base dati centrale sui provvedimenti inibitori avviati nel loro territorio e di
trasmettere le relative informazioni alla Commissione. Per tale motivo è
estremamente difficile stimare il numero di provvedimenti inibitori ed ogni
stima realizzata va considerata con cautela. Si possono segnalare alcuni casi
documentati, ma non significa che questi siano le uniche azioni effettivamente
promosse. Nel questionario
inviato ai soggetti coinvolti si chiedeva di indicare quanti provvedimenti
inibitori avessero avviato dal 2008, a livello sia nazionale che
transfrontaliero. Sono state segnalate complessivamente 5632 azioni avviate. La
stragrande maggioranza riguardava casi a livello nazionale. I rispondenti hanno
segnalato solo circa 70 provvedimenti inibitori a dimensione transfrontaliera
durante il periodo in questione. Suddividendo le cifre per Stato membro, quelli
con il numero più elevato di provvedimenti inibitori segnalati a partire
dal 2008 sono: Germania: pur mancando dati statistici centralizzati e completi,
la Repubblica federale di Germania ha dichiarato che sette enti legittimati
tedeschi avevano promosso oltre 3000 azioni. Questo può essere dovuto al fatto
che, in Germania, la sorveglianza dei mercati dei consumatori è
tradizionalmente soggetta all'applicazione delle norme su istanza privata
(private enforcement). Lettonia: l'ente per la tutela dei consumatori ha
segnalato 956 casi. Regno Unito: l'Office of Fair Trading (OFT) ha segnalato
938 azioni. In Austria lo studio esterno ha individuato oltre 500 azioni ed il
governo di Malta ha segnalato 267 casi. Per quanto riguarda i provvedimenti
inibitori a dimensione transfrontaliera, gli Stati membri con il numero più
elevato di azioni segnalate per il periodo in questione sono: Germania: la
Federazione delle organizzazioni dei consumatori tedesche ha dichiarato di aver
avviato circa 20 provvedimenti inibitori per violazioni transfrontaliere.
Austria: la Camera federale per il lavoro ha dichiarato di aver promosso 8
azioni inibitorie transfrontaliere. Gli enti legittimati, nonché gli avvocati
specializzati in legislazione sulla tutela del consumatore, tendono ad
intervenire solo nei casi in cui è garantita la ricevibilità da parte dei
tribunali austriaci. Il tasso di successo delle azioni avviate è,
di solito, elevato. Tuttavia questo è in parte dovuto al fatto che, considerati
i rischi di costo connessi alla controversia, gli enti legittimati avviano
procedimenti relativi a provvedimenti inibitori solo se sono sicuri di vincere. 2.2. Settori economici
maggiormente interessati I provvedimenti inibitori segnalati riguardano
una vasta gamma di settori economici, ma la maggior parte delle azioni inibitorie
si concentra su un numero limitato di settori. I settori economici menzionati più spesso dai
rispondenti come i più colpiti dai provvedimenti inibitori sono: (1)
telecomunicazioni (2)
attività bancarie e di investimento (3)
turismo e viaggi tutto compreso Altri settori indicati da vari rispondenti
sono la vendita a distanza, le assicurazioni, l'energia, i beni di consumo non
alimentari e il trasporto passeggeri. Pochi rispondenti hanno segnalato il
settore immobiliare e delle riparazioni domestiche, oppure quello dei prestiti
erogati da istituti non bancari (definiti "quick loans"). 2.3. Violazioni più comuni della
normativa a tutela del consumatore I provvedimenti
inibitori hanno riguardato numerosi tipi di violazioni della legislazione a
tutela dei consumatori. Inoltre taluni Stati membri hanno esteso il campo
d'applicazione dei provvedimenti inibitori al di là dell'elenco di cui
all'allegato della direttiva. Tale estensione costituisce un vantaggio per i
consumatori. Tuttavia sarebbe opportuno fare riferimento in modo adeguato alla
legislazione di cui all'allegato della direttiva, al fine di garantire la
certezza del diritto. Tra gli Stati in cui il campo d'applicazione dei
provvedimenti inibitori è molto più ampio dell'elenco di atti legislativi
allegato alla direttiva figurano Germania, Austria, Portogallo, Spagna,
Bulgaria e Paesi Bassi. La maggior parte delle azioni inibitorie è stata
tuttavia avviata per porre fine solo ad un numero limitato di pratiche illecite
e lesive degli interessi comuni dei consumatori. Esaminando le
risposte al questionario, le seguenti pratiche illecite lesive degli interessi
collettivi dei consumatori sono più spesso oggetto di provvedimenti inibitori. (1)
Clausole abusive. Si tratta chiaramente del tipo di
pratica che ha dato più spesso origine ad azioni inibitorie. (2)
Allo stesso livello si colloca la pubblicità
ingannevole. Altre violazioni
dei diritti dei consumatori che, anche se in misura molto minore, hanno dato
origine a provvedimenti inibitori sono quelle relative alle disposizioni sulle
norme di garanzia, ai regolamenti sull'indicazione del prezzo oppure all'invio
di email non richiesti. Alcuni Stati membri, in particolare la Spagna,
segnalano anche un gruppo di provvedimenti inibitori riguardanti l'applicazione
della direttiva sul credito al consumo. In taluni degli Stati membri in cui i
provvedimenti inibitori hanno un campo d'applicazione più ampio le azioni hanno
riguardato l'interruzione di servizi essenziali (quali la fornitura di energia
elettrica). In tal caso il provvedimento inibitorio può perfettamente imporre
di uniformarsi alla normativa sui diritti dei consumatori secondo la quale una
parte deve compiere una determinata azione. I casi di interruzione di servizi
in Spagna costituiscono un ottimo esempio di provvedimenti inibitori che
intimano di compiere una determinata azione. 2.4. Enti legittimati: situazione
legale nei vari Stati membri. Nell'ultimo elenco di enti legittimati[4] ne figurano in totale 313. Il
numero e le caratteristiche di tali enti variano sensibilmente da uno Stato
membro all'altro. Mentre vari Stati membri hanno designato solo un ente
legittimato (Irlanda, Lettonia, Lituania, Paesi Bassi, Romania e Svezia), altri
ne hanno designato più di 70 (Germania e Grecia). La Spagna, l'Italia e la
Francia si trovano in una situazione intermedia, con più di 15 e meno di 30
enti legittimati designati. In generale, quando gli Stati membri hanno
designato un unico ente legittimato, di solito si tratta di un'autorità
pubblica responsabile della tutela dei consumatori, anche se vi sono eccezioni,
come i Paesi Bassi. Negli Stati membri che hanno designato vari
enti legittimati esiste normalmente una serie di autorità pubbliche
responsabili delle questioni relative ai consumatori a livello locale,
regionale e nazionale, oltre alle organizzazioni di consumatori più
rappresentative. Gli enti legittimati elencati nell'allegato della direttiva
sono autorizzati a chiedere provvedimenti inibitori in un altro Stato membro,
ma in molti Stati membri taluni soggetti giuridici non compresi nell'elenco
sono legittimati a presentare provvedimenti inibitori a livello nazionale.
Talune organizzazioni di consumatori criticano l'eccessivo margine di
discrezionalità con cui viene deciso quali enti legittimati inserire
nell'elenco, che può essere causa di decisioni prive di equità e arbitrarie.
Altri affermano anche che le organizzazioni di consumatori dovrebbero avere la
legittimazione a presentare provvedimenti inibitori in tutti gli Stati membri,
sia per casi nazionali che per casi transfrontalieri. Dallo studio risulta inoltre che il fatto di
avvalersi effettivamente di provvedimenti inibitori dipende dalla conoscenza e
dalle capacità dei giuristi incaricati. L'esperienza dimostra che, anche negli
Stati membri in cui numerosi enti sono legittimati a chiedere provvedimenti
inibitori, solo una piccola parte di essi si avvale di tale possibilità. 2.5. Provvedimenti inibitori a
dimensione transfrontaliera: impostazione della direttiva e situazione sul
terreno. Per poter valutare
adeguatamente l'utilizzo dei provvedimenti inibitori nell'UE, è necessario
chiarire il concetto di controversia transfrontaliera. Risulta che i
provvedimenti inibitori a carattere transfrontaliero, ovvero i procedimenti
inibitori che comprendono un elemento transfrontaliero, possono assumere varie
forme. La direttiva è
stata concepita per consentire ad enti legittimati dello Stato membro A di
perseguire operatori commerciali nello Stato membro B qualora questi ultimi,
nell'ambito di relazioni commerciali con consumatori nello Stato membro A,
commettano una violazione della legislazione sulla tutela dei consumatori.
Affinché questo sia possibile, gli enti legittimati sono stati dotati della
legittimazione necessaria per agire presso tribunali stranieri. Il tribunale dello
Stato membro B, che riceve una richiesta di emettere un provvedimento
inibitorio nei confronti di un operatore commerciale stabilito all'interno
della sua giurisdizione, dovrebbe esaminare il caso e pronunciarsi in merito
senza mettere in discussione la legittimazione dell'ente legittimato dello
Stato membro A. Tuttavia, uno dei
principali elementi evidenziati dallo studio è che la definizione di "caso
transfrontaliero" prevista dalla direttiva è solo una delle due forme
possibili di procedimento inibitorio a dimensione transfrontaliera, ed è
utilizzata raramente. La seconda forma
di "caso transfrontaliero", più comune, si presenta nella stessa
situazione di scambio commerciale dallo Stato membro B verso lo Stato membro A.
Tuttavia, contrariamente a quanto previsto dagli autori della direttiva, l'ente
legittimato nello Stato membro A intenta un'azione presso un tribunale dello
Stato membro A; l'operatore commerciale, anche se stabilito all'estero, viene
perseguito nel paese verso il quale orienta la propria attività commerciale.
Questa modalità d'intervento presenta il vantaggio che l'ente legittimato può
intentare una causa nella propria giurisdizione, che egli già conosce e che
applica le norme procedurali a lui più familiari. Se, oltre a ciò, il diritto
applicabile è quello dello Stato membro A (il principio lex loci damni
di cui all'articolo 6 di "Roma II"[5])
ed il problema della notifica degli atti giudiziari all'estero può essere
risolto, questa seconda possibilità di azione inibitoria costituisce la scelta
più semplice. Tale possibilità consente anche di chiedere provvedimenti
ingiuntivi nei confronti di operatori commerciali in paesi terzi. Un'azione "transfrontaliera" di tipo
particolare è stata intentata nel maggio 2009 dalla DECO[6], in collaborazione con
l'UFC-Que choisir francese e con Test Achats del Belgio. L'"azione
coordinata" ha riguardato le condizioni generali di trasporto delle
compagnie aeree (direttiva 93/13/CEE). È stata pronunciata una sentenza
riguardante il Belgio, in seguito alla quale tre compagnie aeree devono cessare
il ricorso ad una serie di clausole contrattuali considerate abusive. Ogni
passo delle organizzazioni dei consumatori è stato coordinato, comprese le
azioni pubblicitarie quali i comunicati stampa. Questa forma di azione
coordinata costituisce un tipo particolare di collaborazione transfrontaliera,
pur non potendo essere considerata formalmente come controversia
transfrontaliera. 2.6. Interazione con il
regolamento CPC sulle violazioni transfrontaliere. Il regolamento CPC
istituisce un quadro di assistenza reciproca per le autorità nazionali
responsabili dell'esecuzione, che consente loro di cooperare, ottenere e
fornire assistenza nella fase di indagine e/o di esecuzione, per porre fine a
pratiche non conformi alla legislazione elencata nell'allegato del regolamento.
Il regolamento CPC intende tutelare gli interessi economici collettivi del
consumatore e non trattare reclami individuali. Dalla relazione
del 2008 sulla direttiva relativa a provvedimenti inibitori è emerso che il
regolamento CPC ha avuto un impatto sull'utilizzo dei provvedimenti inibitori;
in particolare l'esperienza ha dimostrato che, dall'entrata in vigore del
regolamento CPC, la maggior parte delle autorità pubbliche ha scelto di
avvalersi dei suoi meccanismi di assistenza reciproca per contrastare le
pratiche illecite di un operatore commerciale in un altro Stato membro, anziché
chiedere direttamente un provvedimento inibitorio ai tribunali di tale Stato
membro, dato che la prima possibilità comportava costi inferiori per le
autorità. Le risposte al questionario del 2011 confermano tale tendenza, anche
se un'autorità pubblica di uno Stato membro ha sottolineato che per le autorità
pubbliche i provvedimenti inibitori restano uno strumento utile, del quale
potrebbero avvalersi qualora i meccanismi CPC non dovessero raggiungere i
risultati attesi. Infine, numerosi
rispondenti hanno segnalato che l'elenco di atti legislativi contenuto
nell'allegato della direttiva sui provvedimenti inibitori dovrebbe essere
allineato a quello dell'allegato del regolamento CPC. 3. IMPATTO
DELLA DIRETTIVA SUI CONSUMATORI. Le risposte al questionario e i risultati
dello studio dimostrano che i provvedimenti inibitori costituiscono un efficace
strumento di sorveglianza dei mercati, soprattutto al fine di garantire
clausole contrattuali eque. Da questo punto di vista tali provvedimenti hanno
costituito notevoli vantaggi per tutti i consumatori. Il loro impatto però, più
che servire a rimediare danni subiti, è progettato verso il futuro ed è molto
difficile quantificarlo in termini monetari. Anche se i provvedimenti inibitori non
forniscono, in quanto tali, una riparazione di danni già subiti, la possibilità
di ricorrere a tali provvedimenti può essere utile. Da parte delle amministrazioni,
tali provvedimenti possono fungere da deterrente senza dover essere emessi dal
tribunale. Un'altra conclusione importante indica che i
provvedimenti inibitori funzionano particolarmente bene con gli operatori che,
in una certa misura, rispettano la legge. Nei confronti di operatori senza
scrupoli o di soggetti criminali, le azioni inibitorie non sono sempre un
meccanismo adeguato a porre fine a pratiche illecite. Numerosi intervistati
affermano che, in tali situazioni, per garantire il rispetto della legislazione
sulla protezione del consumatore possono servire sanzioni penali e
amministrative nonché l'imposizione di specifiche limitazioni allo svolgimento
di attività commerciali. 3.1. Riduzione del numero di
violazioni della normativa sulla protezione del consumatore La maggior parte dei rispondenti e degli
esperti intervistati ha dichiarato che l'effetto dei provvedimenti inibitori
non può essere misurato solo in base al numero di casi portati di fronte al
tribunale; i provvedimenti costituiscono anche un utile strumento per
convincere le imprese a porre fine volontariamente alle violazioni. Per
numerose parti interessate, la possibilità di intentare azioni inibitorie
produce un effetto deterrente nelle negoziazioni con chi viola la legge. In taluni
casi, dall'altro lato, se un'azione inibitoria ha successo e una determinata
pratica di un operatore commerciale è dichiarata illecita, altri operatori
tendono a rinunciare a pratiche simili, anche se non sono legalmente tenuti a
farlo dalla sentenza. Tenendo conto dei risultati dello studio e
delle risposte al questionario, a nostro avviso la direttiva è riuscita a
migliorare la situazione in determinati settori economici per quanto riguarda
il rispetto della legislazione sulla protezione dei consumatori da parte degli
operatori economici, anche se i dati disponibili non consentono di elaborare
una stima, in percentuale, della riduzione del numero di violazioni. 3.2. Riduzione del danno ai
consumatori Un elemento importante individuato dallo
studio è che la direttiva ha portato vantaggi qualitativi diretti per i
consumatori, anche se non è stato sempre possibile esprimere tali vantaggi in
termini monetari. Questo è dovuto al fatto che, in molti casi, non è possibile
stabilire il numero esatto di consumatori che potenzialmente subiscono danni in
conseguenza di pratiche illecite. Inoltre, molte clausole dichiarate illecite
in seguito ad un provvedimento inibitorio non sono connesse al prezzo che i
consumatori devono pagare. Per valutare i possibili effetti dei
provvedimenti inibitori in termini di riduzione del danno per i consumatori, è
necessario esaminare con particolare attenzione le clausole abusive che possono
avere un effetto immediato e diretto sugli obblighi dei consumatori derivanti
dal contratto. Se un tribunale dichiara nulla una determinata
clausola, l'operatore non può più applicarla nei propri contratti. Questo
divieto costituisce un vantaggio per il consumatore, in particolare se la
clausola in questione disciplina gli aumenti di prezzo o altri elementi
finanziari; in tal caso il vantaggio può essere valutato in termini monetari,
dato che per molti consumatori la conseguenza diretta del provvedimento
inibitorio sarà una riduzione dei loro pagamenti futuri. Ad esempio, i casi di
"arrotondamento" in Spagna hanno determinato il divieto di nuovi
oneri illeciti in una serie di settori (bancario, telecomunicazioni,
parcheggi). Un altro esempio è fornito dall'Austria, dove
è stata avviata un'azione ingiuntiva riguardante clausole abusive dei contratti
di una banca austriaca. Nell'agosto 2009 la banca aveva informato i suoi
clienti negli estratti conto che le commissioni per i conti correnti sarebbero
aumentate a partire dal 1° ottobre, in linea con l'aumento dell'indice dei
prezzi al consumo nel 2008, pari al 3,2%. La banca faceva riferimento alla
clausola relativa all'indice contenuta nel contratto di conto, che consentiva
all'istituto di aumentare automaticamente i prezzi dei suoi servizi una volta
l'anno, conformemente all'aumento dell'indice dei prezzi al consumo. Il
provvedimento inibitorio ha avuto un impatto significativo sui consumatori,
perché nella primavera del 2011 la maggior parte delle altre banche, che
avevano applicato clausole analoghe, hanno rinunciato ad aumentare
automaticamente le commissioni e questa decisione è stata vantaggiosa per vari
milioni di clienti di banche austriache. Si tratta di un chiaro esempio di
provvedimento inibitorio coronato da successo, che produce un effetto tangibile
in termini di rispetto della normativa, non solo nei confronti del convenuto,
ma per l'intero settore economico. Inoltre il vantaggio per i consumatori
poteva essere facilmente quantificabile in termini monetari. Un altro caso in cui il successo del
procedimento e le sue conseguenze positive per il consumatore sono stati
calcolati in termini monetari è quello relativo a Foxton, nel Regno Unito[7] (clausole abusive in contratti
di locazione con consumatori proprietari). L'analisi dell'equità delle pratiche
di Foxton ha riguardato a) clausola sulla commissione di rinnovo, b)
commissione sulla vendita della proprietà e c) commissione sul rinnovo del
terzo. Il tribunale ha dichiarato ufficialmente che determinate clausole dei
contratti di Foxton erano abusive e ha emesso nei confronti di Foxton un provvedimento
ingiuntivo secondo il quale la società deve rinunciare alle suddette clausole o
a clausole analoghe e ad inserirle in contratti futuri. Secondo l'OFT, il
vantaggio per i consumatori ammonta a 4,4 milioni di sterline, anche se secondo
uno degli intervistati l'effetto positivo potrebbe facilmente rivelarsi da
dieci a venti volte superiore. 3.3. Effetti dei provvedimenti
inibitori su singoli consumatori danneggiati da violazioni: possibilità di
ricorso nei vari Stati membri. In linea di massima, la procedura di ricorso
introdotta dalla direttiva non consente ai consumatori di ottenere un
indennizzo per i danni causati da una pratica illecita. Tuttavia, le
possibilità di ricorso per i consumatori danneggiati da pratiche degli
operatori commerciali dichiarate illecite a seguito di un provvedimento
inibitorio variano da Stato membro a Stato membro. In taluni Stati membri
l'impatto del provvedimento viene trasmesso, in una certa misura, ai
consumatori danneggiati. Molti fra i rispondenti al questionario e gli
intervistati hanno sottolineato l'importanza di estendere gli effetti delle
azioni ingiuntive per comprendere singoli consumatori, consentendo loro di
ottenere un indennizzo adeguato per il danno subito. Qui di seguito sono
descritte talune possibilità di ricorso, sia a livello individuale che
collettivo, disponibili ai consumatori nei vari Stati membri. a) Ricorso individuale Nella maggior parte degli Stati membri
l'azione ingiuntiva non è connessa alla concessione di un indennizzo ai
consumatori per il danno subito a causa di pratiche illecite. Di conseguenza, i
consumatori che hanno subito una violazione dei loro diritti, devono farli
valere presentando ricorso presso il tribunale, a titolo individuale o
collettivo, negli Stati membri in cui esistono meccanismi di ricorso
collettivo. Inoltre, in molti Stati membri, i tribunali che trattano i
procedimenti avviati dai consumatori per ottenere un risarcimento non sono
vincolati dalla precedente sentenza inibitoria. I consumatori che intendono
ottenere un indennizzo dovranno fornire prove della violazione, del danno
subito e del nesso causale tra i due. In altri Stati membri la situazione è tuttavia
diversa. Ad esempio, secondo la commissione bulgara per la tutela dei
consumatori questi ultimi, presentando una domanda di risarcimento, possono
fare valere una decisione giurisdizionale esecutiva riguardante una domanda di
provvedimenti ingiuntivi e devono quindi solo fornire prove relative
all'importo del danno subito. In Lussemburgo il consumatore può far valere la
decisione inibitoria del tribunale per chiedere il risarcimento dei danni al
"juge de paix". In Irlanda è il tribunale a dover imporre
all'operatore commerciale di risarcire il consumatore che ha subito danni
conseguenti alle azioni dell'operatore commerciale. A Malta, nell'ambito del
procedimento amministrativo, può essere imposta la restituzione di eventuali
importi monetari o proprietà che il consumatore aveva dovuto cedere. In altri Stati membri, i consumatori
danneggiati da pratiche illecite possono ottenere un indennizzo attraverso
l'esecuzione di una sentenza e il tribunale può stabilire le modalità di tale
indennizzo, ad esempio obbligando l'operatore commerciale a restituire gli
importi non dovuti. Nei Paesi Bassi un tribunale ha accettato che
l'illiceità delle pratiche di una società fosse dichiarata anche in relazione
al singolo ricorrente, in quanto appartenente al gruppo indicato nella
dichiarazione. Questo significa che la dichiarazione dell'illiceità delle
pratiche in un procedimento collettivo può fungere da punto di partenza per
un'azione successiva. Il procedimento ingiuntivo ha quindi aiutato un singolo
ricorrente a far dichiarare illecite le pratiche del convenuto. b) Ricorso collettivo In alcuni Stati membri che ammettono il ricorso
collettivo, oltre ai consueti effetti già illustrati al punto precedente,
l'ottenimento di un provvedimento inibitorio può avere conseguenze su azioni
collettive avviate dai consumatori danneggiati per ottenere un risarcimento dei
danni risultanti dalla pratica illecita. In Spagna, al provvedimento inibitorio può
essere allegata una domanda di restituzione degli importi ricevuti dai
consumatori a seguito di una pratica illecita e la sentenza che dichiara
illecita una determinata pratica stabilirà anche, in tal caso, l'importo dei
danni che l'operatore commerciale sarà tenuto a risarcire. Se i consumatori
danneggiati sono stati identificati, il tribunale stabilirà l'importo da
versare ad ognuno. Vi sono però alcuni ostacoli procedurali, che rendono in pratica
difficile combinare il provvedimento inibitorio e la domanda di risarcimento. Nei Paesi Bassi, le parti che agiscono a nome
dei consumatori danneggiati possono chiedere una sentenza dichiarativa che
stabilisca che la parte che ha causato il danno ha commesso una violazione. La
sentenza dichiarativa è considerata un incentivo per le parti a raggiungere un
accordo e a renderlo vincolante attraverso il ricorso alla legge olandese sulle
azioni collettive (Wcam[8]).
Secondo la legge sul risarcimento collettivo dei danni del 2005, la corte
d'appello di Amsterdam ha la facoltà di rendere vincolante per tutti gli
appartenenti al gruppo una transazione giudiziaria sui danni collettivi tra un
soggetto che rappresenta gli interessi collettivi e la o le persone causa del
danno. Il punto di partenza è un accordo che cerca di risarcire i danni
collettivi. Le parti che hanno raggiunto l'accordo presentano una domanda
congiunta alla corte di Amsterdam affinché sia dichiarato vincolante. Ai fini
della Wcam è fondamentale il fatto che l'intero gruppo di danneggiati sia
vincolato dall'accordo dopo che la corte lo ha dichiarato vincolante. È
tuttavia prevista la possibilità di "opt-out". Uno dei limiti di tale
sistema è che funziona solo se le parti raggiungono un accordo, e nemmeno una
decisione che stabilisce l'illiceità delle azioni è sempre sufficiente a
garantire il raggiungimento di un accordo. In Bulgaria la domanda di indennizzo delle
parti lese può essere presentata contemporaneamente all'azione ingiuntiva. Il
tribunale fissa una scadenza entro la quale le parti lese possono dichiarare
l'intenzione di partecipare al procedimento. Dopo aver deciso, il tribunale può
stabilire che le parti lese debbano essere risarcite. La sentenza del tribunale
è vincolante per l'autore della violazione, i ricorrenti e tutte le persone
danneggiate dalla stessa violazione che non hanno dichiarato di voler
presentare un ricorso individuale. L'azione ingiuntiva precede quella
risarcitoria. Se l'azione ingiuntiva ha successo, un gruppo di consumatori può
intentare un'azione risarcitoria. In
questa (nuova) azione i consumatori non dovranno fornire prove della violazione
della normativa (pratica illecita o clausola abusiva); dovranno unicamente
provare l'importo del danno subito. Anche se l'azione di interesse collettivo
(representative action) può essere presa in considerazione nello stesso
procedimento dell'azione ingiuntiva, oppure in un procedimento separato, i
tribunali spesso dividono le due azioni in procedimenti diversi. In Svezia un ruolo fondamentale
nell'esecuzione collettiva della legislazione a tutela dei consumatori è svolto
anche dall'ombudsman dei consumatori, che può intentare un'azione collettiva
per danni a nome di vari consumatori in procedimenti ingiuntivi. Tuttavia, a
tale possibilità è stato fatto ricorso solo in un numero limitato di casi. 4. OSTACOLI
ALL'EFFICACIA DEI PROVVEDIMENTI INIBITORI Gli ostacoli che impediscono ai provvedimenti
inibitori di essere efficaci possono essere suddivisi nei gruppi seguenti:
rischi finanziari, durata dei procedimenti, complessità dei procedimenti,
effetti giuridici limitati delle sentenze ed esecuzione delle sentenze. 4.1. Rischi finanziari connessi ai
procedimenti I costi dei procedimenti sono indicati quali
uno degli ostacoli principali ad un utilizzo più ampio dei provvedimenti
inibitori. Anche se le spese processuali sono generalmente basse e gli onorari
degli avvocati non sono elevati in tutti i paesi, i costi restano uno dei
principali deterrenti, soprattutto a causa del principio secondo il quale il
perdente paga. Per limitare il rischio di dover pagare le spese e sostenere i
costi della controparte, solo i casi in cui la vincita è sicura vengono
sottoposti al tribunale. Tuttavia, gli enti legittimati che dispongono di
maggiori risorse finanziarie sono occasionalmente disposti a sottoporre un caso
al tribunale, accettando il rischio di perdere, se si tratta di una questione
di principio. Anche la vincita di una causa non evita agli enti legittimati di
assumere rischi finanziari: gli interessati hanno segnalato anche il rischio
relativo al fatto che le spese processuali non siano rimborsate anche se il
ricorrente vince la causa, perché il convenuto non è in grado di pagarle.
Inoltre, in taluni Stati membri quali l'Austria, la parte che chiede il
provvedimento inibitorio ha l'obbligo di pagare i danni se la decisione
raggiunta nel procedimento sommario non viene mantenuta nel procedimento
principale. In taluni Stati membri il rischio finanziario
connesso ai provvedimenti inibitori è attenuato in quanto le organizzazioni che
difendono interessi collettivi sono esonerate dalle spese processuali e possono
addirittura chiedere una sovvenzione nel quadro del sistema generale di
assistenza giuridica. Questo sistema è in vigore, ad esempio, in Spagna ed è
attualmente esaminato nei Paesi Bassi. In Spagna il diritto all'assistenza
giuridica comprende gli onorari degli avvocati e dei solicitor, la
pubblicazione di annunci o disposizioni, copie, certificati, ecc. Tuttavia,
anche negli Stati membri in cui le organizzazioni dei consumatori si avvalgono
di sistemi di assistenza giuridica, il pagamento degli annunci sui mezzi di
comunicazione, necessari se le organizzazioni di consumatori presentano domande
di risarcimento collettive, oltre al provvedimento inibitorio, è uno dei
problemi principali che esse devono affrontare, dato che i relativi costi non
sono rimborsati. In Bulgaria le organizzazioni di consumatori
non ricevono sovvenzioni per azioni legali, ma vengono finanziate in base alle
attività svolte a favore dei consumatori nell'anno precedente. Uno dei criteri
applicati per concedere aiuti pubblici alle organizzazioni di consumatori è il
numero di azioni ingiuntive presentate ai tribunali durante l'anno precedente.
In Bulgaria sono inoltre applicati ulteriori criteri stabiliti dal Codice di
procedura civile e riguardanti l'ammissibilità del ricorso, per la quale gli
enti legittimati devono provare la loro capacità di assumere gli oneri relativi
allo svolgimento della causa, compresi i costi. 4.2. Durata del procedimento Il secondo ostacolo è la durata del
procedimento. Il concetto di durata accettabile varia da Stato membro a
Stato membro. È opportuno sottolineare che la durata del procedimento non è
connessa al meccanismo ingiuntivo, ma alla lentezza intrinseca del procedimento
presso i tribunali nazionali. In Svezia esiste un tribunale speciale che
tratta prevalentemente procedimenti inibitori per la tutela di interessi
collettivi dei consumatori e, in tali casi, questo garantisce procedimenti
relativamente veloci. La durata media dei procedimenti di fronte a tale
tribunale speciale si aggira comunque sugli 11-12 mesi. In altri Stati membri
la durata dell'intera procedura su tre udienze può anche superare cinque anni,
in taluni casi complessi. Un altro ostacolo relativo alla durata del
procedimento si presenta quando può essere richiesto un provvedimento
esecutivo. Ad esempio, in Spagna, anche se la legge prevede una norma generale
per l'esecuzione provvisoria di qualsiasi sentenza e non esistono regole
speciali per le domande collettive che la contraddicono, in linea di massima i
tribunali decidono di non concedere l'esecuzione in considerazione della natura
provvisoria delle sentenze e gli enti legittimati sono quindi obbligati ad
aspettare la decisione definitiva. In Bulgaria, con l'entrata in vigore delle
disposizioni del nuovo Codice di procedura civile nel 2008, le decisioni del
tribunale relative ad azioni ingiuntive, in caso di ricorso, possono essere
eseguite solo dopo la decisione della terza istanza. 4.3. Complessità del procedimento La maggior parte delle parti in causa e degli
esperti ritiene che un altro grave deterrente ad un uso più ampio dei
provvedimenti inibitori sia la complessità, reale o percepita, del
procedimento. La situazione è aggravata nei casi transfrontalieri, dato che in
altri Stati membri non sono note le regole procedurali e sostanziali dello
Stato membro della controparte. Una delle difficoltà di questo tipo segnalata
dalle parti in causa e dagli esperti è la difficoltà ad applicare le regole del
diritto internazionale privato, in particolare quelle riguardanti la competenza
giurisdizionale (regolamento 44/2001 concernente la competenza giurisdizionale,
il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale,
"Bruxelles I"[9])
e la normativa applicabile (regolamento 864/2007 sulla legge applicabile alle
obbligazioni extracontrattuali "Roma II"[10]). Dalle informazioni fornite
dalle parti in causa è difficile concludere se questo sia dovuto a mancanza di
conoscenza, di esperienza o a lacune della legge. L'armonizzazione delle norme
del diritto internazionale privato a livello dell'Unione ha senz'altro
migliorato la certezza del diritto rispetto ad alcuni anni fa, quando ogni
Stato membro applicava le proprie norme. Tuttavia, benché le norme siano state
armonizzate, in attesa di ulteriori indicazioni della CGE in merito
all'applicazione, persistono dubbi sulla loro interpretazione, soprattutto per
quanto concerne il regolamento sulla legge applicabile alle obbligazioni
extracontrattuali "Roma II", di recente applicazione nell'Unione. La complessità dei provvedimenti inibitori nei
casi transfrontalieri consiste anche in altri problemi di genere più pratico,
quali gli ostacoli linguistici e la difficoltà ad accedere ad informazioni
sulla società all'estero. Uno dei problemi risiede nell'identificare
l'operatore commerciale straniero e trovare il suo indirizzo. Questo rende più
difficile l'invio di ammonimenti e l'avvio di un'azione legale. Anche se
l'operatore viene identificato, notificare avvisi a ditte straniere può durare
a lungo ed essere di difficile esecuzione, soprattutto se l'operatore fornisce
solo un numero di casella postale o indirizzi fasulli[11]. 4.4. Effetto limitato delle
sentenze In molti Stati
membri la sentenza è obbligatoria solo nei confronti della causa e delle parti
coinvolte. In alcuni Stati membri questo principio è
applicato meno rigorosamente, soprattutto per quanto riguarda la nullità delle
clausole abusive. La Francia è un perfetto esempio di applicazione rigorosa del
principio, dato che l'annullamento di clausole abusive riguarda solo i
contratti futuri dell'operatore, e rende quindi inutili le azioni legali contro
le clausole abusive se la clausola in questione non viene più proposta dall'operatore
ai consumatori. In Spagna, se una clausola è dichiarata
abusiva, di conseguenza diventa nulla e priva di effetto ex tunc, ovvero
si ritorna allo status quo precedente e sorge l'obbligo di restituire ai
consumatori danneggiati gli importi pagati indebitamente in applicazione della
clausola abusiva. Inoltre, in taluni casi i tribunali hanno sentenziato che gli
effetti della nullità debbano essere estesi ad altre imprese che utilizzano le
stesse clausole. Un altro problema è costituito dal fatto che
il campo d'applicazione dei provvedimenti inibitori non è paneuropeo, ovvero un
operatore disonesto si può spostare da uno Stato membro all'altro per ripetere
le proprie attività. Una parte in causa ha anche segnalato che, in molte
giurisdizioni, non possono essere notificati ordini nei confronti di singole
persone. Nel Regno Unito l'OFT può intervenire per pubblicità fuorviante nei
confronti di "qualsiasi persona" coinvolta nella diffusione di
messaggi pubblicitari (quali ad esempio direttori e amministratori delegati di
imprese). 4.5. Esecuzione delle sentenze Le difficoltà sottolineate nelle sezioni
precedenti riguardavano prevalentemente la fase dichiarativa dei procedimenti
ingiuntivi. Si potrebbe quindi pensare che, dopo aver superato gli ostacoli e se
l'ente qualificato ottiene una decisione giudiziaria favorevole, il caso sia
risolto. Le cose però non stanno necessariamente così, dato che molto spesso la
decisione favorevole non viene effettivamente applicata, né si pone fine alla
violazione. Molte parti in causa hanno evidenziato la difficoltà di garantire
l'applicazione delle decisioni adottate, soprattutto nei casi in cui il
venditore o il fornitore di servizi ignora la decisione, a prescindere dalle
sanzioni applicate. Dall'esperienza risulta che le violazioni possono essere
affrontate con efficacia solo se le sanzioni nei confronti degli operatori sono
sufficientemente dissuasive ed effettivamente applicate. Se la sanzione non è
sufficientemente dissuasiva, molti operatori accettano il costo dei procedimenti
giudiziari, limitato rispetto ai profitti ottenuti. Le sanzioni applicate per mancato rispetto
delle sentenze inibitorie variano da uno Stato membro all'altro, ma sono
generalmente ritenute non abbastanza dissuasive. Nei Paesi Bassi si può imporre
il pagamento di un importo forfettario se la decisione del tribunale non viene
rispettata. Se questo succede e viene imposto il pagamento di un importo
forfettario, il denaro viene versato alla controparte. In Svezia i
provvedimenti inibitori prevedono l'applicazione di una sanzione in caso di
mancato rispetto. In Bulgaria chiunque ometta di conformarsi ad un
provvedimento inibitorio viene punito con sanzioni pecuniarie comprese tra 5000
e 23 000 BGN[12].
In Spagna si applica una sanzione giornaliera compresa tra 600 e 60 000
EUR per giorno di ritardo di attuazione della decisione giudiziaria. In teoria,
in Spagna chiunque continui a rifiutare di conformarsi ad una decisione del
tribunale può essere oggetto di sanzioni penali, ma secondo le informazioni a nostra
disposizione, questo non è mai successo in cause riguardanti provvedimenti
inibitori. 5. LE
PROSSIME TAPPE 5.1. Introduzione Malgrado i loro limiti, le azioni ingiuntive
sono considerate dalla stragrande maggioranza delle parti in causa e degli esperti
uno strumento utile, con un notevole potenziale a patto di identificare i suoi
punti deboli. Nella risoluzione
del Parlamento europeo del 2 febbraio 2012 "Verso un approccio europeo
coerente in materia di ricorsi collettivi", il Parlamento ritiene che "anche
i provvedimenti ingiuntivi svolgano un ruolo importante nella salvaguardia dei
diritti di cui godono i cittadini e le imprese in virtù della legislazione
dell'UE e ritiene che i meccanismi introdotti dal regolamento (CE) n. 2006/2004
sulla cooperazione per la tutela dei consumatori nonché dalla direttiva
2009/22/CE relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei
consumatori possano essere notevolmente migliorati in modo da favorire la
cooperazione e i provvedimenti ingiuntivi in situazioni transfrontaliere". Le parti in causa
hanno suggerito provvedimenti atti a migliorare l'efficacia dei provvedimenti
inibitori. a) Misure non legislative Possono essere adottate misure atte ad
incrementare l'utilizzo dei provvedimenti inibitori e la loro efficacia senza
modificare il quadro giuridico, né a livello europeo, né a livello nazionale.
Una misura realizzabile fra quelle di questo tipo riguarda l'organizzazione di azioni
di sensibilizzazione e di formazione per gli enti legittimati sull'utilizzo
dei provvedimenti inibitori, dato che molti di essi non dispongono di
conoscenze sufficienti per poter farvi ricorso. In tale contesto, talune parti
in causa suggeriscono di introdurre meccanismi (ad esempio un sito web)
che pubblicizzino i casi di provvedimenti inibitori in tutta l'Europa. Tale
sito potrebbe contenere anche informazioni sul campo d'applicazione dei
provvedimenti inibitori e sulle norme procedurali nei vari Stati membri,
tradotte in tutte le lingue ufficiali dell'UE. b) Possibili modifiche del quadro legale La maggior parte dei soggetti coinvolti
ritiene che la direttiva sia un atto legislativo diretto e ben concepito.
Risulta tuttavia che il livello di utilizzo e di efficacia dei provvedimenti
inibitori varia da uno Stato membro all'altro in misura superiore a quanto
auspicabile. La direttiva contiene talune disposizioni fondamentali, ma lascia
notevole spazio di manovra agli Stati membri per delineare le caratteristiche
dei provvedimenti inibitori, comprese le norme procedurali, nonché la portata e
gli effetti. I diversi livelli di efficacia dei provvedimenti inibitori nei
vari Stati membri deriva in ampia misura da differenze nelle modalità di
attuazione della direttiva nel diritto nazionale degli Stati membri e da
differenze nei vari diritti procedurali e sostanziali. Numerosi rispondenti,
comprese talune autorità pubbliche di Stati membri, chiedono una più ampia
armonizzazione (rispetto alle scadenze per l'avvio di un'azione, per
l'ottenimento di una decisione del tribunale e relativamente ai costi) delle
procedure ingiuntive dei vari Stati membri, almeno per i casi transfrontalieri.
Sarebbe infatti utile che le disposizioni utilizzate in taluni Stati membri e
particolarmente atte a rendere più efficaci i provvedimenti inibitori fossero
introdotte negli altri Stati membri. Le parti interessate hanno suggerito una serie
di misure realizzabili per garantire che i provvedimenti inibitori siano
maggiormente utilizzati e più efficaci. È stato suggerito di introdurre a
livello europeo alcune misure esistenti in taluni Stati membri. Tra le
principali ricordiamo le seguenti. 1. Estensione del campo
d'applicazione della direttiva a tutte le regole di tutela dei consumatori.
Numerosi soggetti interessati ritengono sia utile estendere il campo d'applicazione
dei provvedimenti inibitori oltre l'elenco di cui all'allegato, come già
avviene in taluni Stati membri. Ad esempio, le leggi sulla tutela della privacy
e sui dati personali sono sempre più spesso considerate "leggi sui
consumatori". 2. Estensione degli effetti
delle decisioni. La maggioranza delle parti in causa ritiene che i
consumatori debbano beneficiare direttamente della sentenza successiva ad una
causa conclusasi positivamente, anziché essere obbligati ad avviare un nuovo
procedimento per far valere i loro diritti. Nella direttiva dovrebbero essere
introdotte disposizioni chiare sulla possibilità di risarcire i consumatori e
sulle modalità per farlo. Inoltre, il periodo di limitazione dei ricorsi dei
consumatori danneggiati dalla violazione della legge deve essere sospeso
durante il procedimento ingiuntivo. Se una clausola contrattuale viene
dichiarata illecita, l'effetto di tale decisione dovrebbe essere esteso a tutti
i contratti simili in corso e futuri (come già succede in taluni Stati membri).
3. Procedimento rapido
per misure provvisorie. Vari soggetti interessati erano a favore di una
disposizione che renda obbligatorio il ricorso ad un procedimento rapido per
tutte le azioni ingiuntive, e non solo "se del caso", come stabilito
dall'articolo 2 della direttiva. Tuttavia, poiché le diverse legislazioni
nazionali non attribuiscono lo stesso significato al concetto di
"procedimento rapido", la direttiva dovrebbe comprendere prescrizioni
relative a tale tipo di procedimento, ad esempio sulle scadenze entro le quali
il tribunale deve decidere in merito al provvedimento inibitorio. 4. Diritto all’informazione. Secondo
molti soggetti interessati gli enti legittimati dovrebbero avere il diritto di
accesso ai nomi e agli indirizzi delle sedi delle imprese coinvolte in pratiche
illecite. Le imprese dovrebbero essere tenute a mettere a disposizione i
modelli di contratto che utilizzano, come succede in Spagna, dove i modelli di
clausole contrattuali devono essere iscritti nel "Registro de Condiciones
generales de la Contrataciòn". La maggior parte delle persone coinvolte
ritiene anche che le decisioni debbano essere rese pubbliche, in modo da
informare i consumatori e dissuadere gli operatori commerciali. Questo avviene
già in taluni Stati membri. 5. Finanziamenti. La
maggior parte dei soggetti interessati ritiene che il principio del "chi
perde paga" debba continuare ad essere applicato nelle azioni ingiuntive.
Alcuni hanno comunque riconosciuto che tale principio dovrebbe essere applicato
con una flessibilità a favore degli enti legittimati, come succede in taluni
Stati membri. 6. L'attuazione delle
decisioni deve essere migliorata. A tal fine numerosi soggetti interessati
ritengono che gli Stati membri debbano essere tenuti ad applicare sanzioni dissuasive
per il mancato rispetto dei provvedimenti inibitori, al fine di garantire che
le pratiche commerciali inique non siano vantaggiose per gli operatori. Infine numerose parti in causa, comprese le
autorità pubbliche di taluni Stati membri, hanno dichiarato che occorrerebbe
introdurre a livello europeo un meccanismo di ricorso collettivo per i
consumatori, oltre che eventualmente migliorare i provvedimenti inibitori. 6. CONCLUSIONI Sulla base dei
risultati esposti, la Commissione formula le seguenti conclusioni relative
all'applicazione della direttiva. Malgrado i loro limiti, le azioni ingiuntive costituiscono uno
strumento utile di tutela degli interessi collettivi dei consumatori. Gli enti
legittimati stanno rendendosi conto delle possibilità che la direttiva offre
loro e stanno accumulando esperienza nell'avvalersene. Tuttavia, tra gli
Stati membri sussistono disparità a livello di utilizzo ed efficacia degli
strumenti offerti. Anche negli Stati membri in cui i provvedimenti inibitori
sono considerati piuttosto efficaci ed ampiamente usati, il loro potenziale non
è interamente sfruttato a causa di una serie di lacune identificate dalla
presente relazione. Le più importanti sono: i costi elevati connessi ai
procedimenti, la durata dei procedimenti, la complessità delle
procedure, gli effetti relativamente limitati delle sentenze relative a
provvedimenti inibitori e la difficoltà di eseguirle. Tali difficoltà sono
ancora più presenti nei provvedimenti inibitori a dimensione transfrontaliera. La Commissione prende atto delle tematiche sollevate dai soggetti
interessati e dei loro suggerimenti per affrontarle. La Commissione continuerà
a monitorare l'applicazione della direttiva negli Stati membri. Valuterà
ulteriormente come affrontare in modo ottimale, unitamente agli Stati membri,
le questioni individuate e come ottenere miglioramenti nell'ambito del quadro
giuridico attuale. La Commissione ritiene che, nella fase attuale, non sembrano
esservi ragioni sufficienti per proporre emendamenti della direttiva ed
esaminerà nuovamente la situazione elaborando la prossima relazione sulla sua
applicazione. [1] Il testo della direttiva (GU L 110, dell'1.5.2009, pagg.
30-36) è disponibile all'indirizzo seguente:
http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:32009L0022:IT:NOT. [2] (GU L 364 del 9.12.2004, pagg. 1-11) [3] Studio sull'applicazione della direttiva 2009/22/CE
relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei consumatori,
effettuato da IBF International Consulting. [4] GU C 97 del 31.3.2012. [5] Regolamento (CE) n. 864/2007 del Parlamento europeo e
del Consiglio, dell'11 luglio 2007, sulla legge applicabile alle
obbligazioni extracontrattuali («Roma II») (GU L 199 del 31.7.2007, pagg.
40-49). [6] Associação Portuguesa para a Defesa do Consumidor
(Associazione portoghese di difesa del consumatore). [7] http://www.oft.gov.uk/OFTwork/consumer-enforcement/consumer-enforcement-completed/foxtons [8] Wet collectieve afwikkeling massaschade (legge
sul risarcimento collettivo di danni) [9] GU L 12 del 16.1.2001, pagg. 1-23. [10] GU L 199 del 31.7.2007, pagg. 40-49. [11] I regolamenti (CE) n. 1393/2007 e 1206/2001 hanno
incrementato la rapidità e la certezza giuridica della notificazione
transfrontaliera di documenti e dell'assunzione transfrontaliera di prove. [12] Ovvero da 2 556 a 11 759 EUR, secondo il tasso
di cambio del 21 giugno 2012.