EUR-Lex Access to European Union law

Back to EUR-Lex homepage

This document is an excerpt from the EUR-Lex website

Document 52011DC0291

COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO E AL CONSIGLIO Relazione annuale sull'immigrazione e l'asilo (2010) COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO E AL CONSIGLIO Relazione annuale sull'immigrazione e l'asilo (2010)

/* COM/2011/0291 def. */

52011DC0291




I. Introduzione

Uno degli principali obiettivi politici dell’Unione è lo sviluppo di una politica migratoria europea lungimirante e articolata, fondata sulla solidarietà e la responsabilità[1].

Il 4 maggio scorso la Commissione ha presentato una comunicazione sulla migrazione[2] il cui scopo è inserire le proposte politiche recenti e future in un quadro che tenga conto di tutti gli aspetti rilevanti e che permetta all’UE e agli Stati membri di gestire l’asilo, la migrazione e la mobilità dei cittadini di paesi terzi in un modo globale e coerente.

La presente relazione annuale, che risponde alla richiesta formulata dal Consiglio europeo in occasione dell’adozione del Patto europeo sull’immigrazione e l’asilo[3] del 2008, rende conto degli sviluppi del 2010, in ambito nazionale e dell’Unione, nell’attuare il patto e realizzare le pertinenti priorità del programma di Stoccolma[4] adottato nel 2009. La relazione si fonda sui contributi degli Stati membri e su altre informazioni, in particolare le relazioni presentate dai punti di contatto nazionali della rete europea sulle migrazioni.

Oltre a passare sinteticamente in rassegna e valutare gli sviluppi del 2010 su scala nazionale e europea[5], la relazione formula raccomandazioni per gli interventi futuri.

II. Ingresso e soggiorno nell ’UNIONE EUROPEA

Chi arriva in Europa lo fa per motivi e con mezzi diversi. Il canale che segue il cittadino di paese terzo per entrare nell’UE ne condiziona direttamente i diritti, soprattutto in termini di accesso al mercato del lavoro. Detto ciò, indipendentemente dallo status, gli immigrati che soggiornano legalmente nell’Unione vanno integrati nella società ospite, una responsabilità questa che ricade tanto sugli immigrati stessi che sulla società che li riceve.

1. Migrazione regolare: garantire modalità legali di ingresso nell’Unione

1.1 Le sfide demografiche e le carenze di manodopera

La popolazione dell’UE , che nel 2010 ha raggiunto quasi i 501 milioni, dovrebbe salire secondo stime a 520,7 milioni nel 2035, per poi scendere a 505,7 milioni nel 2060. Se nel 2010 il rapporto tra persone in età lavorativa (20-64 anni) e ultrasessantacinquenni è stato di 3,5 a 1, le previsioni per 2060 indicano un rapporto di 1,7 a 1[6].

La migrazione è il principale motore dell’evoluzione demografica dell’Unione; nel 2009 l’immigrazione netta nell’UE è stata di 857 000 persone, ovvero il 63% della crescita della popolazione totale.

Al 1° gennaio 2003 i cittadini di paesi terzi nell’UE-25 erano 16,2 milioni, ovvero il 3,6% della popolazione. Nel 2010, secondo i dati sulla popolazione UE- 27 ripartiti in base alla cittadinanza, i non cittadini UE-27 erano 20,1 milioni (ovvero il 4% della popolazione totale).

Turchi, marocchini e albanesi sono i gruppi di cittadini di paesi terzi più presenti nell’Unione.

Nel 2009 oltre 770 000 persone hanno acquistato la cittadinanza di uno Stato membro UE, il che rappresenta un aumento del 9% rispetto alla media registrata nel periodo 2004-2008.

Nel 2009 sono stati rilasciati a cittadini di paesi terzi nell’Unione due milioni di primi permessi di soggiorno , l’8% in meno rispetto all’anno precedente. Il numero di permessi rilasciati per attività remunerate è sceso al 28%, un dato che riflette gli effetti della crisi economica. Nel 2009 questi permessi hanno rappresentato il 24% dei permessi totali rilasciati, contro il 27% per motivi familiari, il 22% per motivi di studio e il 27% per motivi vari (protezione, soggiorno senza permesso di lavoro, ecc.).

Questa tendenza è confermata dai dati sul flusso delle rimesse (al di fuori dell’UE): rispetto al 2008, nel 2009 le rimesse degli immigrati sono scese al 4%[7].

Questi dati indicano che l’Unione accusa un problema strutturale in termini di sviluppo demografico. Malgrado una disoccupazione del 10% circa che lascia 23 milioni di persone senza lavoro, si riscontra una carenza di competenze assai diffusa. Dall’analisi annuale della crescita 2010[8] risulta che, a fronte di una domanda di manodopera in costante crescita e malgrado gli elevati tassi di disoccupazione, alcuni datori di lavoro non riescono a reperire il personale con le competenze necessarie per ricoprire i posti vacanti. Per sostenere la ripresa economica e garantire la sostenibilità dei sistemi assistenziali europei, l’Unione deve porre urgentemente rimedio agli squilibri tra offerta di competenze e fabbisogno del mercato del lavoro. Questa necessità è sottolineata dalla strategia Europa 2020 e in particolare dagli orientamenti in materia di occupazione e dall’iniziativa faro “Un’agenda per nuove competenze e nuovi posti di lavoro”. La strategia Europa 2020 impegna l’Unione ad portare al 75% il tasso occupazionale entro il 2020 e a garantire una maggiore rispondenza tra le competenze acquisite in ambito scolastico e formativo e il reale fabbisogno del mercato del lavoro.

Per porre rimedio alla mancanza di competenze, la maggior parte degli Stati membri ha dato una prima risposta politica riqualificando ai fini dell’impiego la forza lavoro nazionale , potenziando l’istruzione e la formazione, intensificando l’occupazione di donne, lavoratori più anziani, cittadini con un passato di immigrazione e cittadini di paesi terzi in posizione regolare, e puntando sul principio della preferenza unionale. Tuttavia, dati i gravi squilibri tra competenze e mercato del lavoro europeo e tenuto conto degli sviluppi demografici irreversibili[9], una politica di immigrazione legale e integrazione ben concepita, in linea con il programma di Stoccolma e sostenuta dagli strumenti giuridici dell’Unione illustrati di seguito, svolge un ruolo centrale nel garantire la competitività dell’Unione nel lungo termine e, in ultima analisi, il futuro del modello sociale europeo.

Il contributo degli immigrati alle economie dell’Unione europea è notevole. Nel periodo 2000–2005, i cittadini di paesi terzi immigrati nell’UE hanno contribuito a oltre un quarto dell’aumento generale dell’occupazione e al 21% della crescita media del PIL nell’UE-15. Questa crescente percentuale di manodopera immigrata è andata a coprire sia impieghi altamente qualificati in settori economici in espansione che molti posti per i quali era necessaria una combinazione di competenze minori. Risulta quindi evidente che, per raggiungere gli obiettivi occupazionali della strategia Europa 2020, occorre gestire in modo efficace l’immigrazione e promuovere la reale partecipazione e inclusione nel mondo del lavoro e nella società dei numerosi immigrati che soggiornano legalmente nell’Unione.

In quest’ottica, la Commissione sta predisponendo una serie di strumenti intesi a compensare gli squilibri tra offerta e domanda di competenze, si pensi alla panoramica europea delle competenze che sarà disponibile dal 2012, all’osservatorio europeo dei posti di lavoro vacanti, al bollettino europeo per la mobilità professionale, alle previsioni del CEDEFOP sulla domanda e l’offerta di competenze nel lungo termine. Entro il 2012 la Commissione presenterà un libro verde che passerà in rassegna queste problematiche.

È fondamentale assicurare che gli immigrati in posizione regolare nell’UE possano accedere senza essere discriminati al mercato del lavoro in funzione delle competenze e delle esperienze che vantano e abbiano la possibilità di partecipare pienamente alla vita socio-economica, politica e culturale della società ospite. In tal senso, per raggiungere gli obiettivi della strategia Europa 2020 sono essenziali misure che garantiscano il riconoscimento delle capacità e delle competenze acquisite e l’accesso non discriminatorio ai servizi sociali e occupazionali, assicurando al tempo stesso uno stretto coordinamento tra politiche di integrazione e di inclusione. Attualmente non esistono metodi concordati nell’ambito dell’Unione che consentano di valutare specifiche carenze negli Stati membri in termini di manodopera o competenze e di stabilire se la forza lavoro proveniente da paesi terzi vanta le competenze e le qualifiche necessarie per colmarle. Non tutti gli Stati membri sono dotati di sistemi che permettono loro (o ai datori di lavoro che operano sul territorio nazionale) di individuare (future) carenze di competenze e/o se queste possono essere colmate da lavoratori immigrati debitamente qualificati. La natura e la portata delle (future) carenze di competenze può variare da uno Stato membro all’altro, ma la necessità pressante di farvi fronte è comunemente risentita in tutta l’Unione.

Per quanto riguarda il settore sanitario, ad esempio, come già annunciato nella comunicazione “Un’agenda per nuove competenze e per l’occupazione”[10], entro il 2012 la Commissione intende proporre un piano di azione contro la carenza di personale sanitario all’interno dell’Unione. L’azione congiunta finalizzata alla pianificazione della forza lavoro, annunciata nella stessa comunicazione, aiuterà ad individuare le carenze di manodopera e competenze nel settore sanitario degli Stati membri. È necessario tener conto del ruolo che l’immigrazione di cittadini di paesi terzi qualificati può svolgere per colmare le suddette carenze.

Misure efficaci in questo ambito produrranno effetti benefici per tutti gli interessati: riduzione delle carenze di manodopera per gli Stati membri; possibilità per immigrati e immigrate di mettere pienamente a frutto le rispettive competenze e qualifiche; opportunità per l’Unione di sviluppare un mercato del lavoro attraente agli occhi dei migranti. La Commissione è pronta a sostenere pienamente l’impegno degli Stati membri in questo processo e proporrà una serie di strumenti a tal fine.

- È necessario che gli Stati membri pongano rimedio allo squilibrio esistente tra fabbisogno del mercato del lavoro e offerta di competenze , con il pieno sostegno della Commissione. Per soddisfare tale fabbisogno, l’immigrazione controllata dei cittadini di paesi terzi qualificati è chiamata a svolgere un ruolo centrale.

- Un miglior riconoscimento a livello dell’Unione di competenze e qualifiche acquisite in paesi terzi permetterebbe agli immigrati di mettere pienamente a frutto le proprie potenzialità professionali. Mercati del lavoro geograficamente più flessibili consentirebbero agli immigrati di cambiare più facilmente datore di lavoro, spostandosi preferibilmente in un altro Stato membro. Una tale mobilità, che dovrebbe tutelare il diritto di soggiorno, potrebbe favorire l’incontro tra domanda e offerta di manodopera.

- Gli Stati membri e l’Unione dovrebbero tener conto del ruolo che la strategia Europa 2020 riconosce all’immigrazione per colmare le carenze di manodopera e competenze.

1.2 Il quadro normativo dell’Unione

A livello europeo, la decisione degli Stati membri di dar vita ad una politica comune in materia di immigrazione risale al 1999[11]; l’ambito quindi è relativamente nuovo. Con l’entrata in vigore del trattato di Lisbona, le decisioni sulla politica di immigrazione vengono oramai adottate con procedura legislativa ordinaria.

Nel 2010 lo sviluppo di una politica di immigrazione legale ha continuato a risentire degli effetti della crisi economica, che ha reso più faticoso l’iter legislativo delle proposte dell’Unione, facendo progredire molto a rilento le relative discussioni. Questa tendenza si riscontra da luglio 2010, quando la Commissione ha presentato le proposte di direttiva sui lavoratori stagionali[12] e sui trasferimenti intrasocietari[13]. Inoltre diversi pareri inviati dai parlamenti nazionali contestano il rispetto del principio di sussidiarietà. D’altro canto sono proseguite le discussioni sulla proposta di direttiva sul “permesso unico” e sui diritti degli immigrati in materia di occupazione, anche se il Parlamento europeo e il Consiglio non hanno ancora trovato un accordo.

L’Unione ha bisogno di un sistema di immigrazione con regole di ammissione flessibili, che garantisca norme comuni sulle condizioni di ingresso e soggiorno e un’adeguata tutela dei diritti degli immigrati. È per questo che bisogna raggiungere un accordo sulla proposta di “permesso unico”, in mancanza del quale i diritti dei lavoratori migranti regolari non saranno garantiti a livello dell’Unione e le formalità amministrative e la semplificazione continueranno a improntarsi all’attuale approccio frammentario. Le proposte di direttiva sui lavoratori stagionali e sui trasferimenti intrasocietari sono anch’esse indispensabili per definire il quadro normativo europeo in materia di immigrazione legale. Lo scopo della direttiva sui trasferimenti intrasocietari è favorire lo sviluppo nell’Unione di un’economia innovativa basata sulla conoscenza, attraendo gli investimenti delle società multinazionali e rendendo l’UE economicamente più competitiva. La direttiva sui lavoratori stagionali intende, dal canto suo, prevenire lo sfruttamento di gruppi di immigrati particolarmente vulnerabili definendo un quadro comune semplice e immediato che consenta ai lavoratori stagionali di recarsi nell’Unione per periodi di tempo limitati.

La situazione è tutt’altro che soddisfacente anche per quanto riguarda il recepimento della direttiva sulla “carta blu UE”, che dovrebbe concludersi entro giugno 2011. Allo stato attuale, solo pochi Stati membri hanno notificato alla Commissione le relative disposizioni di attuazione. Per attrarre verso l’Unione manodopera altamente qualificata, il regime della carta blu UE introduce un interessante pacchetto di misure che vanno dalla parità di trattamento rispetto ai lavoratori nazionali a condizioni favorevoli per il ricongiungimento familiare e la mobilità all’interno dell’Unione. La Commissione ha continuato a valutare il recepimento delle direttive esistenti (residenti di lunga durata, studenti e ricercatori) e presenterà i relativi resoconti negli ultimi mesi del 2011. Per quanto riguarda il ricongiungimento familiare, alcuni Stati membri hanno avvertito la necessità di porre rimedio a ciò che viene avvertito come un abuso delle procedure nazionali e hanno cominciato ad introdurre modifiche legislative. Sulla scia della relazione del 2008 sulla direttiva relativa al diritto al ricongiungimento familiare[14], la Commissione lancerà una consultazione pubblicando un libro verde entro fine anno.

Nell’intento di sviluppare il quadro normativo in materia di migrazione legale, la Commissione avverte la necessità di intensificare le discussioni con tutti i soggetti interessati, comprese le parti sociali.

- Entro giugno 2011 gli Stati membri devono procedere al pieno e tempestivo recepimento della direttiva sulla carta blu UE .

- Occorre raggiungere quanto prima un accordo sul progetto di direttiva sul “permesso unico” e, nei prossimi mesi, bisogna far avanzare significativamente le discussioni sulle proposte di direttive sui lavoratori stagionali e sui trasferimenti intrasocietari .

- La Commissione continuerà a valutare il recepimento delle direttive esistenti nell’intento di individuare eventuali problemi in fase di attuazione e favorire il miglioramento della normativa esistente o l’individuazione di eventuali necessità di consolidamento dell’acquis .

2. Asilo: garantire protezione internazionale e la solidarietà

Le domande di asilo ricevute dagli Stati membri sono passate da 266 400 nel 2009 a 257 815 nel 2010, registrando un lieve calo del 3%. Nello stesso anno, i richiedenti asilo ammessi in Polonia, Italia, Ungheria e Malta sono diminuiti rispetto al 2009 e aumentati significativamente in Germania, Belgio e Svezia. Nel 2010, i richiedenti asilo nell’UE provenivano principalmente, in ordine di importanza, dall’Afghanistan (20 580), dalla Russia (18 500), dalla Serbia (17 715, Kosovo[15] escluso) dall’Iraq (15 800) e dalla Somalia (14 350). Nel 2010, 55 095 richiedenti asilo hanno ottenuto uno status di protezione nell’Unione in primo grado (rifugiati, protezione sussidiaria o umanitaria), il che implica che la protezione è stata concessa nel 25% delle decisioni prese in primo grado. Nel 2009, 7 147 rifugiati sono stati reinsediati nell’UE da paesi terzi. Per il 2010 [fino al terzo trimestre] la cifra ammonta a 3 848. |

In materia di asilo l’iter legislativo ha proceduto a rilento e con difficoltà nel 2010. I colegislatori hanno concordato di estendere il campo di applicazione della direttiva sui soggiornanti di lungo periodo ai beneficiari di protezione internazionale e sono stati fatti timidi progressi per quanto riguarda i regolamenti Dublino e Eurodac e la direttiva “qualifiche”. Quanto alle direttive “accoglienza” e “procedure”, per rilanciare i negoziati entrati in una fase di stallo, la Commissione conta di adottare a giugno 2011 le rispettive proposte modificate.

L’adozione nel 2010 del regolamento che istituisce l’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo ha segnato un importante passo avanti. La Commissione è attivamente impegnata a rendere l’ufficio operativo entro giugno per rilanciare la cooperazione pratica.

La solidarietà tra gli Stati membri è una componente essenziale del sistema europeo comune di asilo. È attualmente in corso un progetto pilota per ricollocare da Malta verso dieci Stati membri circa 250 beneficiari di protezione internazionale; la durata originaria del progetto verrà estesa per agevolare la ricollocazione degli immigrati arrivati di recente bisognosi di protezione internazionale.

Dopo aver presentato alla Commissione europea un piano d’azione ad agosto 2010, la Grecia ha intrapreso una profonda revisione del sistema nazionale di immigrazione e asilo, avvalendosi del sostegno della Commissione, degli Stati membri, della Norvegia, dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati e di altri partner dell’Unione. Nel paese sono stati istituiti gruppi di esperti di asilo coordinati dall’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo. La Grecia ha già adottato nel 2010 nuove importanti leggi, attualmente in fase di attuazione.

Sono stati portati avanti i programmi di protezione regionale già in corso in Tanzania e in Europa orientale e a settembre è stato avviato un nuovo programma di protezione regionale nella regione del Corno d’Africa, in stretta collaborazione con l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Proseguono inoltre i lavori per l’elaborazione di un altro programma di protezione nella regione africana nord-orientale (Egitto, Libia e Tunisia).

Il reinsediamento è altrettanto importante in questo ambito. È necessario condurre in porto in modo operativo i negoziati per l’istituzione di un programma comune di reinsediamento UE e occorre delineare un approccio strategico e definire un indirizzo politico che regolino il ricorso al reinsediamento.

- Entro la scadenza del 2012 andranno conclusi i negoziati su tutte le proposte legislative in materia di asilo .

- I recenti avvenimenti nel Mediterraneo e la necessità di riordinare i sistemi di asilo di alcuni Stati membri confermano la necessità di definire una procedura comune e uno status uniforme a livello dell’Unione . A tal fine è necessario migliorare la legislazione dell’Unione , potenziare la cooperazione pratica sotto il coordinamento dell’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo, sottoscrivere un impegno concreto e molteplice in termini di solidarietà e un maggior investimento nella cooperazione con i paesi terzi .

- Il Parlamento europeo e il Consiglio devono trovare un accordo sul programma comune di reinsediamento UE .

- Il progetto pilota di ricollocazione condotto dall ’Unione europea a Malta, le riforme legislative adottate dalla Grecia e l’attuale sostegno ricevuto dalla Grecia nell’attuare il piano d’azione sono altrettanti esempi concreti di come la creazione del sistema europeo comune di asilo si fondi sulla responsabilità e la solidarietà.

3. Integrazione: un elemento centrale per immigrati e società ospiti

Le questioni connesse all’integrazione hanno avuto nel 2010 un posto centrale nell’agenda politica europea. Da un lato, i leader europei riconoscono sempre più l’importanza di politiche di immigrazione e di integrazione coerenti e degli sforzi che gli immigrati in posizione regolare e le società ospiti sono chiamati a fare per garantire la partecipazione economica, sociale, culturale e politica dei primi. D’altro canto, parte della popolazione europea assume atteggiamenti nei confronti dell’immigrazione e dell’integrazione che rischiano di alimentare la discriminazione e il razzismo, anche se il sentimento di rifiuto dell’immigrazione non trova spesso riscontro nella realtà degli immigrati e nel loro apporto all’economia.

Malgrado gli sforzi, gli immigrati incontrano tuttora ostacoli che ne impediscono la partecipazione alle società europee. Per far fronte a questi problemi, nel 2010 i ministri responsabili, riuniti a Saragozza, hanno ribadito l’impegno verso “l’integrazione considerata un motore per lo sviluppo e la coesione sociale”[16]. La Commissione ha varato un progetto pilota volto ad individuare indicatori che consentano di monitorare i risultati delle politiche di integrazione e ha cominciato ad elaborare i cosiddetti “moduli europei” a sostegno di politiche e prassi nazionali e locali in materia di integrazione. Si sono inoltre tenute due riunioni del forum europeo sull’integrazione, è stato ulteriormente sviluppato il sito web europeo sull’integrazione ed è stato pubblicato il terzo manuale sull’integrazione.

A livello nazionale, la maggior parte degli Stati membri ha elaborato piani per l’integrazione e/o istituito organi di consultazione in materia. In alcuni casi la normativa nazionale è stata modificata per introdurre test volti a stabilire il grado di integrazione dei cittadini di paesi terzi. Alcuni Stati membri hanno continuato ad avvalersi di “contratti di ammissione e integrazione” per formalizzare i diritti e i doveri dei nuovi immigrati. Molti Stati membri hanno posto l’accento sulla necessità di apprendere la lingua del posto e di ridurre il crescente tasso di disoccupazione degli immigrati, adottando misure volte a favorire l’accesso all’occupazione. Buona parte degli Stati ha continuato a sviluppare strategie globali e sistemi di monitoraggio per verificarne i risultati .

Per raggiungere un’integrazione più efficace sono necessari ulteriori sforzi. L’Unione deve riconoscere e sostenere il contributo degli immigrati alla crescita economica, garantendo al tempo stesso la coesione sociale. Solo garantendo progressivamente un’effettiva integrazione sociale e economica dei cittadini di paesi terzi in posizione regolare, l’Unione potrà pervenire ad una maggiore accettazione dell’immigrazione, promuovendo al tempo stesso i valori fondamentali dell’Europa. Per dare una risposta politica globale e adeguata occorre favorire le sinergie tra iniziative di mirate di politica dell’immigrazione e la gamma di iniziative politiche orizzontali. Per la Commissione, il miglior modo per raggiungere questo obiettivo è un approccio “dal basso” che faccia leva su una governance ben gestita a livello locale e/o regionale. La Commissione intende incentivare e sostenere questo tipo di azioni. La visione della Commissione in questo ambito sarà delineata da una comunicazione dal titolo “Agenda europea per l’integrazione dei cittadini di paesi terzi”, e dall’allegato documento di lavoro, di prossima adozione.

- Per valorizzare a pieno il potenziale dell’immigrazione, della crescita e della coesione, l’Unione deve progressivamente garantire un’ effettiva integrazione sociale e economica dei cittadini e delle cittadine di paesi terzi in posizione regolare.

- L ’Unione può coniugare il contributo degli immigrati alla crescita economica con la coesione sociale . Saranno possibili risultati tangibili solo se gli Stati membri incorporeranno in tutti gli opportuni settori d’intervento le questioni legate all’integrazione e all’inclusione. Il miglior modo per raggiungere questo obiettivo è un approccio “dal basso” che faccia leva su una governance ben gestita a livello locale e/o regionale.

- Per favorire una percezione quanto più positiva possibile dell’immigrazione, occorrerà elaborare una strategia proattiva di informazione e comunicazione a livello dell’Unione e in ambito nazionale e locale.

III. AFFRONTARE IL PROBLEMA DELL’IMMIGRAZIONE IRREGOLARE PER FACILITARE LA MIGRAZIONE REGOLARE

Nel 2009 i cittadini di paesi terzi in posizione irregolare fermati nell’UE-27 sono stati circa 570 000 (il 7% in meno del 2008) e gli Stati membri hanno rimpatriato circa 253 000 cittadini di paesi terzi (il 4,7% in più rispetto al 2008). Nel 2010, il 63% dei casi di attraversamento illegale delle frontiere dell’Unione (circa 20 000 individuati) è stato riscontrato nel terzo trimestre dell’anno alla frontiera terreste tra Grecia e Turchia. |

Misure efficaci volte a prevenire l’immigrazione irregolare e a garantire la sicurezza delle frontiere sono una componente essenziale di una politica dell’Unione coerente e credibile in materia di immigrazione, ma una tale politica dovrà essere equa e garantire il rispetto dei diritti umani.

1. Strumenti di lotta contro l’immigrazione irregolare

I due principali strumenti giuridici adottati di recente, la direttiva 2008/115/CE sui rimpatri e la direttiva 2009/52/CE sulle sanzioni ai datori di lavoro, sono attualmente in vigore, sebbene il loro recepimento sia tutt’altro che soddisfacente, soprattutto per quanto riguarda la direttiva “rimpatri”, il cui termine d’attuazione è scaduto il 24 dicembre 2010. Per questo motivo è essenziale garantirne il recepimento pieno e tempestivo. Queste disposizioni, che conferiscono direttamente diritti agli immigrati, possono essere invocate, come già accade, nei procedimenti davanti ai tribunali degli Stati membri e sono direttamente applicate a livello nazionale, indipendentemente dall’adozione o meno di leggi di attuazione.

Il controllo di frontiera potenziato e la maggiore cooperazione con i paesi terzi, in particolare tramite accordi di riammissione, si sono rivelati efficaci, come si evince dalle relazioni di alcuni Stati membri che ne evocano l’effetto deterrente e sottolineano il miglior funzionamento dei dispositivi di rimpatrio. C’è comunque modo di rendere più efficaci gli accordi di riammissione a livello dell’Unione, come indicato nella comunicazione della Commissione sulla valutazione degli accordi di riammissione dell’UE (COM(2011) 76). I numerosi voli di rimpatrio congiunti coordinati da Frontex nel 2010 sono stati un successo inequivocabile, che è valso all’agenzia ulteriore sostegno e maggiori mezzi finanziari. Attualmente vengono inoltre attuate le 29 misure convenute dal Consiglio per intensificare la protezione delle frontiere esterne e lottare contro l’immigrazione illegale. Nel documento di lavoro[17] sulla realizzazione delle 29 misure, la Commissione rende conto nel dettaglio dei progressi raggiunti per ciascuna di esse, evidenziando in particolare il ruolo svolto da Frontex, lo sviluppo del sistema EUROSUR e il dialogo sulla migrazione intavolato con i principali paesi di origine e di transito, quali elementi di attuazione dell’approccio globale. Occorre ora velocizzare e dare priorità a queste misure.

Con la direttiva sulla prevenzione e la repressione della tratta degli esseri umani e la protezione delle vittime, il coordinatore antitratta dell’Unione istituito dalla Commissione e il sito web sulla lotta contro la tratta di esseri umani[18] creato nel 2010, l’UE si è dotata di nuovi poteri e modalità di lotta contro questa forma moderna di schiavitù. La relazione adottata di recente sull’applicazione della direttiva 2004/81/CE riguardante il titolo di soggiorno da rilasciare alle vittime della tratta[19] fa anch’essa appello ad una protezione più efficace, che dovrebbe contribuire peraltro a smantellare le reti di trafficanti.

- Entro luglio 2011 gli Stati membri devono provvedere al pieno recepimento della direttiva sulle sanzioni ai datori di lavoro , elemento essenziale nella lotta contro l’immigrazione irregolare in grado di dare credibilità alla migrazione legale.

- Gli Stati membri devono intensificare le misure contro la tratta di esseri umani, anche per quanto riguarda l’assistenza alle vittime ai sensi della direttiva 2004/81/CE, al fine di smantellare le reti di trafficanti e tutelare maggiormente i diritti delle vittime.

- Gli Stati membri devono recepire e attuare pienamente la direttiva “rimpatri” e dovrebbero cogliere l’opportunità che quella offre di promuovere le partenze volontarie quale opzione di rimpatrio da prediligere.

- Bisogna continuare a ricorrere ai voli di rimpatrio congiunti , sfruttando a pieno il Fondo europeo per i rimpatri e il coordinamento di Frontex e prevedendo autorità di monitoraggio del rimpatrio forzato , come previsto dalla direttiva “rimpatri”.

- Gli Stati membri dovrebbero introdurre sistematicamente nel SIS i divieti di ingresso, emessi ai sensi della direttiva “rimpatri”, per renderne pienamente effettiva la dimensione europea.

2. Efficacia dei controlli alle frontiere

Nel 2010 la Commissione ha presentato una proposta di regolamento che istituisce un meccanismo di valutazione per monitorare l’applicazione dell’acquis di Schengen. Le recenti esperienze mostrano quanto l’adozione di questo regolamento sia prioritaria affinché l’Unione sia meglio attrezzata per garantire un’applicazione uniforme delle normative e prendere i provvedimenti necessari ove ciò non si verifichi. La messa a punto del sistema d’informazione visti (VIS) è proseguita con il completamento della seconda e della terza fase di collaudo sulle quattro principali previste. È stato inoltre raggiunto un accordo finale sulle specifiche tecniche per l’interazione del SIS II con i sistemi nazionali. Negli Stati membri sono proseguiti, in linea con la tabella di marcia, i preparativi per l’istituzione del sistema EUROSUR, destinato a introdurre progressivamente un dispositivo che permetterà alle autorità nazionali preposte alla sorveglianza di frontiera di cooperare e condividere informazioni operative tra di loro e con Frontex; l’intento è potenziare i controlli alle frontiere esterne dello spazio Schengen, soprattutto quelle marittime meridionali e quelle terrestri orientali, e intensificare la lotta all’immigrazione irregolare e alla criminalità transnazionale. Lo scorso anno si sono verificate situazioni critiche alle frontiere dell’Unione e l’UE ha dovuto tener testa a forti flussi di immigrazione irregolare. A fronte di questa situazione, che è e continuerà a rappresentare un banco di prova per testare la capacità dell’UE di intervenire in modo pronto e efficace, gli Stati membri più direttamente interessati dai flussi migratori hanno chiesto assistenza in uno spirito di solidarietà. Le realizzazioni di Frontex sono oggi ampiamente riconosciute e vi è un vasto consenso sulla necessità di ampliarne il ruolo per accrescerne l’efficienza.

L’azione concertata a livello dell’Unione per far fronte alle crisi alle frontiere ha avuto risultati discontinui. Da un lato, gli Stati membri hanno dimostrato di essere capaci di rispondere con determinazione alle sfide specifiche cui deve far fronte un singolo Stato membro, controllandone efficacemente le frontiere esterne. Per la prima volta è stato fatto ricorso alle squadre di intervento rapido alle frontiere (RABIT) coordinate da Frontex, su richiesta della Grecia chiamata a tener testa alle pressioni alle frontiere terrestri con la Turchia. Il pronto intervento delle squadre, con il forte sostegno degli Stati membri partecipanti, ha permesso di stabilizzare la situazione e ridurre il numero di arrivi rispetto ai picchi del 2010. Di recente anche Malta ha chiesto l’intervento delle squadre (RABIT), vista la situazione nel Sud del Mediterraneo.

D’altro canto, i recenti avvenimenti hanno anche insegnato come, ai fini di una maggiore cooperazione e dell’applicazione uniforme dell’acquis, sia necessario l’impegno più profondo e efficace di tutti gli Stati membri. L’azione coordinata e preventiva dell’Unione nei confronti dei paesi di origine è ancora lenta e carente.

- Il Parlamento europeo e il Consiglio devono raggiungere quanto prima un accordo sulla proposta di modifica del regolamento FRONTEX , onde garantire un’adeguata base giuridica per potenziare il funzionamento dell’agenzia.

- Come previsto dal codice frontiere Schengen, è necessario dotare tutti i valichi di frontiera Schengen delle necessarie apparecchiature , garantire un’adeguata sorveglianza di frontiera e istruire le guardie di frontiera all’uso dei nuovi strumenti informatici.

- Bisogna adottare la proposta di meccanismo di valutazione Schengen per favorire un clima di fiducia reciproca tra gli Stati membri e le istituzioni dell’Unione sull’applicazione corretta, uniforme e coerente dell’acquis di Schengen.

- Occorre valutare la fattibilità di istituire un sistema europeo di guardie di frontiera.

- È necessario sfruttare a pieno la cooperazione locale Schengen per garantire una procedura di rilascio dei visti pienamente armonizzata e semplificata, soprattutto a beneficio di chi viaggia in buona fede.

- In vista della creazione nell ’Unione di un sistema di controlli alle frontiere pienamente affidabile, gli Stati membri dovranno continuare a predisporre quanto necessario alla creazione di EUROSUR e esplorare l’opportunità di un sistema ingressi/uscite e di un programma per viaggiatori registrati.

- Per coordinare meglio i controlli alle frontiere esterne, la Commissione intende presentare nel 2012 una serie di proposte volte a migliorare la cooperazione interservizi tra FRONTEX, EUROPOL e le autorità doganali e di polizia nazionali.

IV. MINORI NON ACCOMPAGNATI: UNA SFIDA PARTICOLARE

Quella dei minori non accompagnati è una problematica che merita particolare attenzione. Sebbene in molti casi si tratti di minori richiedenti asilo che, in quanto tali, sono protetti da apposite leggi, vi sono anche quelli che arrivano irregolarmente nel territorio dell’Unione e che costituiscono una categoria particolarmente vulnerabile.

Negli ultimi anni, la maggior parte degli Stati membri ha registrato un afflusso crescente di minori non accompagnati nel territorio nazionale ed è andata affermandosi la necessità di un’azione a livello dell’Unione. In risposta a questa necessità, nel 2010 la Commissione ha adottato un piano d’azione sui minori non accompagnati (2010 – 2014)[20], in base al quale il Consiglio ha adottato a giugno le proprie conclusioni[21]. Il piano d’azione propone un approccio comune dell’Unione imperniato sul principio dell’interesse superiore del minore e prospetta diverse linee d’azione principali, tra cui la prevenzione, l’accoglienza e l’identificazione di soluzioni durature. Il piano riconosce inoltre che una protezione reale dei minori non accompagnati necessita una più stretta collaborazione tra Stati membri, Ufficio europeo di sostegno per l’asilo, istituzioni dell’Unione e soggetti interessati.

È attualmente in corso l’attuazione del piano d’azione. Nel 2010 il seminario “ Unaccompanied Minors: children crossing the external borders of the EU in search of protection ” organizzato dalla presidenza belga ha individuato un ampio corpus di raccomandazioni che sottolineano, tra le altre cose, l’importanza di procedure atte a garantire la pronta identificazione dei minori non accompagnati alle frontiere. Le relazioni presentate nel 2010 dagli Stati membri dipingono un quadro molto variegato circa il numero di minori non accompagnati che giungono nei territori nazionali, che oscilla da poche a 6 000 unità. Alcuni Stati membri hanno condotto campagne d’informazione mirate nei paesi d’origine per far conoscere i pericoli della migrazione irregolare di minori non accompagnati, mentre altri hanno elaborato dispositivi per stabilire l’età dei minori non accompagnati.

- L’Unione e gli Stati membri devono continuare ad attuare il piano d’azione sui minori non accompagnati.

V. LA DIMENSIONE ESTERNA DELLA POLITICA MIGRATORIA DELL’UNIONE: L’APPROCCIO GLOBALE

Nel 2010 la dimensione esterna della politica migratoria dell’Unione è andata sviluppandosi grazie a un ricorso più vasto e generalizzato agli strumenti attualmente contemplati dall’approccio globale in materia di migrazione. Si nota in particolare il crescente interesse per i partenariati per la mobilità: diversi Stati membri hanno riferito di partecipare a tali partenariati oppure di volerne avviare di nuovi. Nel 2010 è continuata la cooperazione con la Repubblica di Moldova, Capo Verde e la Georgia nel quadro dei partenariati per la mobilità e sono state avviate le discussioni per la creazione di nuovi partenariati con l’Armenia e il Ghana. Nel prossimo futuro, la Commissione intende inoltre intavolare il dialogo per la conclusione di partenariati per la mobilità con i paesi del Sud del Mediterraneo.

Seppur impegnati a perseguire la cooperazione sul piano bilaterale, gli Stati membri hanno agito sempre più di concerto partecipando a iniziative comuni a livello dell’Unione. A seguito della revisione dell’accordo di Cotonou, è stato varato un dialogo in materia di migrazione con i paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP) e ad ottobre 2010 è stato inaugurato l’Osservatorio ACP sulla migrazione. A novembre, in occasione del 3° vertice Africa-UE di Tripoli, è stato adottato un nuovo piano d’azione per il periodo 2011-2013 nell’ambito del partenariato Africa-UE in materia di migrazione, mobilità e occupazione. Negli ultimi mesi del 2010 sono stati avviati i lavori sul futuro orientamento del processo di Praga (Instaurare partenariati in materia di migrazione). È proseguito inoltre il dialogo strutturato tra l’UE e i paesi dell’America Latina sulla migrazione ed è stata varata la piattaforma UE-USA per la cooperazione sulla questioni in materia di migrazione e di rifugiati. A ottobre 2010 si è tenuta in India una riunione del dialogo sulla migrazione. Per quanto riguarda il processo di allargamento, è necessaria una stretta collaborazione con i paesi candidati che permetta di allineare le loro politiche e pratiche in materia di migrazione e asilo con le norme dell’Unione.

L’importanza di una politica migratoria esterna più incisiva va man mano affermandosi. Il trattato di Lisbona e la creazione del servizio europeo per l’azione esterna aprono nuove prospettive e inducono a ripensare il ruolo dell’approccio globale in materia di migrazione nel più vasto contesto delle relazioni esterne dell’Unione. La dimensione esterna della politica migratoria dell’Unione deve inoltre riflettere il processo tramite il quale l’UE crea le condizioni per modernizzare il mercato del lavoro in linea con la strategia Europa 2020. L’approccio globale dovrebbe quindi incorporare meglio gli obiettivi strategici dell’Unione, tanto interni che esterni, sul fronte della migrazione.

- La dimensione esterna della politica migratoria dell’Unione deve riflettere le priorità del mercato del lavoro dell’UE e il ruolo dell’immigrazione, in linea con la strategia Europa 2020 .

- Per realizzare le priorità geografiche e tematiche dell’UE, l’approccio globale in materia di migrazione dovrà trasformarsi in un quadro strategico di più lungo respiro, equilibrato e sostenibile.

- Gli Stati membri, le istituzioni e gli organi e le agenzie dell’Unione interessate dovranno inoltre cooperare in modo più efficace per anticipare e prevenire improvvisi flussi migratori di massa , mettendo a punto un dispositivo affidabile, basato sul principio della solidarietà , e in partenariato con i paesi terzi .

- L’Unione proporrà ai paesi partner, in particolare a quelli del Sud del Mediterraneo, un dialogo strutturato in materia di migrazione, mobilità e sicurezza mirato a istituire altrettanti partenariati per la mobilità , che contempleranno iniziative in materia di migrazione legale e facilitazione dei visti.

[1] Programma di Stoccolma del 2 dicembre 2009, documento n. 17024/09 del Consiglio dell’Unione europea.

[2] COM(2011) 248/3.

[3] http://register.consilium.europa.eu/pdf/it/08/st13/st13440.it08.pdf.

[4] http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:C:2010:115:0001:0038:IT:PDF.

[5] Illustrati in dettaglio in un documento di lavoro della Commissione.

[6] Se non altrimenti specificato, i dati nel testo sono dati Eurostat.

[7] Eurostat Statistics in focus, 40/2010.

[8] Growth Report, MEMO/11/11, p. 3.

[9] Eurostat, Statistics in Focus, 72/2008 “Ageing characterises the demographic perspectives of the European societies”.

[10] http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2010:0682:FIN:IT:PDF.

[11] Conclusioni del Consiglio europeo di Tampere.

[12] COM(2010) 379 definitivo.

[13] COM(2010) 378 definitivo.

[14] 2003/86/CE.

[15] *Ai sensi della risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite del 1999.

[16] http://register.consilium.europa.eu/pdf/it/10/st09/st09248.it10.pdf.

[17] SEC(2010) 1480 definitivo del 26.11.2010.

[18] http://ec.europa.eu/anti-trafficking/index.action.

[19] COM(2010) 493.

[20] COM(2010) 213. La rete europea sulle migrazioni ha pubblicato uno studio UE sui minori non accompagnati (http://emn.intrasoft-intl.com/html/index.html).

[21] http://register.consilium.europa.eu/pdf/it/10/st10/st10630-re01.it10.pdf.

Top