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Document 52009DC0673

Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo e al Consiglio - Attuazione dell'articolo 290 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea

/* COM/2009/0673 def. */

52009DC0673




[pic] | COMMISSIONE EUROPEA |

Bruxelles, 9.12.2009

COM(2009)673 definitivo

COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO E AL CONSIGLIO

Attuazione dell'articolo 290 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea

COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO E AL CONSIGLIO

Attuazione dell'articolo 290 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Introduzione

L'articolo 290 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, quale risulta dal trattato firmato a Lisbona il 13 dicembre 2007[1] (qui di seguito denominato "nuovo trattato"), permette al legislatore di delegare alla Commissione il potere di adottare atti non legislativi di portata generale che integrano o modificano determinati elementi non essenziali di un atto legislativo. Gli atti giuridici adottati per questa via dalla Commissione sono, secondo la terminologia del nuovo trattato, "atti delegati" (articolo 290, paragrafo 3).

Detta disposizione non richiede l'adozione di alcun atto giuridico vincolante di diritto derivato per procedere alla sua attuazione; essa è per così dire autosufficiente e contiene tutti gli elementi di cui il legislatore ha bisogno per definire, caso per caso, la sfera d'applicazione, il contenuto e le modalità di una delega di potere. La Commissione ritiene che sia però utile e necessario definire il quadro generale entro cui queste deleghe di potere andrebbero inquadrate. Il Parlamento europeo, pur sottolineando che un'impostazione del genere dovrebbe salvaguardare la libertà del legislatore, è giunto a una conclusione analoga e ha proposto che le istituzioni concordino una formula standard per tali deleghe, che la Commissione inserirebbe regolarmente nel progetto di atto legislativo[2].

Senza infatti rimettere in causa la libertà di cui il Parlamento europeo e il Consiglio godono nel fissare i limiti e le condizioni di una delega di potere all'atto dell'adozione di un testo legislativo, i principi sottesi al miglioramento della legislazione, non meno che il corretto iter del processo interistituzionale, inducono a privilegiare un'impostazione coordinata e coerente. La Commissione, incaricata di predisporre e di adottare gli atti delegati, come pure il Parlamento europeo e il Consiglio, che hanno il compito di controllarli, dovrebbero essere favorevoli all'allestimento di un sistema che presenti la massima omogeneità e prevedibilità.

La presente comunicazione si prefigge di illustrare il punto di vista della Commissione sul campo d'applicazione degli atti delegati, sulla disciplina delle deleghe di potere, sui metodi di lavoro che la Commissione intende seguire per preparare l'adozione degli atti delegati e infine sulle condizioni in cui il legislatore avrebbe la facoltà di controllare l'esercizio dei poteri conferiti alla Commissione.

Campo d'applicazione degli atti delegati

Per delimitare la sfera d'applicazione dell'articolo 290, non basta analizzare attentamente i termini scelti dagli autori del nuovo trattato per definire gli atti delegati, ma occorre altresì collocare quella disposizione nel suo contesto, in particolare prestando attenzione ai suoi collegamenti storici con la procedura di regolamentazione con controllo, nonché ai nessi con l'articolo 291, relativo agli atti di esecuzione. È infatti su entrambi questi articoli che andrà costruito il quadro giuridico destinato a subentrare al cosiddetto sistema di "comitatologia", istituito in applicazione del trattato istitutivo della Comunità europea.

Una delega di potere ai sensi dell'articolo 290 può essere prospettata solo nel quadro di un atto legislativo. Poco rileva invece che detto atto sia stato o no adottato congiuntamente dal Parlamento europeo e dal Consiglio. L'articolo 290 non distingue infatti in alcun modo tra procedura legislativa ordinaria (l'ex-"codecisione") e procedure legislative speciali.

Rapporti con la procedura di regolamentazione con controllo (qui di seguito "PRCC")

La definizione degli atti delegati, quale risulta dal paragrafo 1 dell'articolo 290, sotto il profilo rigorosamente redazionale è molto affine a quella degli atti che, nella decisione 1999/468/CE[3] (relativa alla "comitatologia"), rientrano nella PRCC introdotta il 17 luglio 2006 con decisione 2006/512/CE[4]. In entrambi i casi, infatti, gli atti in questione sono di portata generale e mirano a modificare o a completare determinati elementi non essenziali dell'atto legislativo.

L'analogia dei criteri non significa peraltro che la loro attuazione sarà identica; in un contesto istituzionale nuovo, il campo d'applicazione degli atti delegati non sarà necessariamente la copia conforme di quello della PRCC. Andrà pertanto evitato qualsiasi calco meccanico.

Rapporti con gli atti di esecuzione

Prima di essere esaminato in modo indipendente, il concetto di atto delegato va valutato alla luce di quello di atto di esecuzione, quale emerge dall'articolo 291.

È chiaro, anzitutto, che un medesimo atto non può avere una duplice accezione. Un atto disciplinato dall'articolo 290 è escluso per antonomasia dal campo d'applicazione dell'articolo 291, e viceversa. È palese che per gli ideatori del nuovo trattato questi due articoli si escludevano a vicenda. Gli atti che ne derivano portano non a caso denominazioni giuridiche differenti.

In secondo luogo, va rilevato che gli autori del nuovo trattato non si sono collocati sullo stesso terreno per definire i rispettivi ambiti d'applicazione dei due articoli. Il concetto di atto delegato è definito nella sua portata e nei suoi effetti – atto di portata generale che integra o modifica elementi non essenziali -, mentre quello di atto di esecuzione, mai precisato esplicitamente, discende dalla sua ragion d'essere – necessità di condizioni uniformi di esecuzione. Si tratta di un divario riconducibile alla natura e alla portata molto diverse dei poteri che ciascuna delle due disposizioni conferisce alla Commissione.

Con il conferimento del potere di adottare atti delegati, per effetto dell'articolo 290, la Commissione è autorizzata a integrare o modificare il lavoro del legislatore. Una delega del genere è sempre facoltativa: è a fini di maggiore efficacia che alla Commissione vengono delegati poteri che competono al legislatore. Nel sistema istituito dall'articolo 291, la Commissione non esercita alcuna prerogativa di natura "quasi legislativa"; il suo è un mero potere esecutivo. L'attuazione degli atti giuridicamente vincolanti dell'Unione compete "naturalmente" agli Stati membri ma, non appena si rendono necessarie condizioni uniformi di esecuzione, la Commissione deve esercitare la propria competenza esecutiva. Il suo intervento cessa di essere facoltativo, ove siano riunite le condizioni previste dall'articolo 291, e diventa obbligatorio.

Da ultimo, sembra opportuno insistere sul fatto che la portata generale degli atti adottati dalla Commissione non costituisce un reagente che da solo basta a innescare l'applicazione del regime giuridico degli atti delegati, piuttosto che quello degli atti di esecuzione. L'articolo 291 consente infatti alla Commissione anche di adottare provvedimenti esecutivi di portata generale. Onde garantire l'uniforme esecuzione di un atto giuridicamente vincolante dell'Unione, la Commissione potrà di fatto ricorrere a singoli provvedimenti o a dati di portata generale. Si evince invece con chiarezza dall'enunciato dell'articolo 290 che la Commissione mai avrà la facoltà di adottare un atto delegato che verta su una misura di carattere individuale.

Criteri di attuazione dell'articolo 290

Spetta al legislatore, e a lui solo, applicare i criteri definiti dall'articolo 290, laddove occorre precisare che tali criteri sono cumulativi: non solo l'atto deve essere di portata generale, ma deve altresì modificare o integrare determinati elementi non essenziali dello strumento legislativo. L'assenza di una di queste due condizioni preclude la possibilità di applicare l'articolo 290.

Non è negli intendimenti della Commissione addentrarsi in una interpretazione astratta di questi criteri; l'amplissima gamma di misure prospettabili in una data situazione vieta a priori vani tentativi classificatori. La Commissione tiene tuttavia a formulare due osservazioni.

Anzitutto, essa è del parere che, scegliendo il verbo "modificare", gli autori del nuovo trattato hanno voluto coprire i casi in cui alla Commissione viene conferito il potere di modificare formalmente un atto di base. Questa modifica formale può investire il testo di uno o più articoli del dispositivo o ancora il testo di un allegato, che giuridicamente è parte integrante dello strumento legislativo. Poco importa che l'allegato comporti misure meramente tecniche; non appena alla Commissione viene conferito il potere di modificare un allegato contenente misure di portata generale, scatta l'applicazione del regime degli atti delegati.

La Commissione tiene inoltre a sottolineare la rilevanza che va attribuita al verbo "integrare", il cui senso e la cui portata risultano meno espliciti di quelli del verbo "modificare".

La Commissione è del parere che per stabilire se una misura "integri" l'atto di base, il legislatore dovrebbe valutare se il futuro provvedimento aggiunga in concreto nuove norme non essenziali che modificano il quadro dell'atto legislativo, lasciando alla Commissione un margine di valutazione. In caso affermativo, sarebbe possibile considerare che la misura "integri" l'atto di base. Viceversa, misure che si propongano meramente di dare applicazione a norme esistenti dell'atto di base non dovrebbero potersi assimilare a misure integrative.

Il legislatore ha la facoltà di regolamentare in forma piena e integrale un ambito d'azione affidando alla Commissione il compito di garantirne l'attuazione armonizzata attraverso l'adozione di provvedimenti attuativi; parimenti, il legislatore può scegliere di regolamentare solo in parte un dato settore, lasciando in tal caso alla Commissione la responsabilità di integrare la normativa attraverso atti delegati.

disciplina delle deleghe di potere

Quando il legislatore conferisce dei poteri alla Commissione, spetta a lui disciplinarne l'esercizio nei singoli atti legislativi. L'articolo 290, paragrafo 1, secondo comma del nuovo trattato impone al legislatore di delimitare espressamente gli obiettivi, il contenuto, la portata e la durata della delega. Esso definisce in tal modo due tipi di limiti alla delega di potere: limiti sostanziali e limiti temporali.

Limiti sostanziali

La delega deve essere chiara, precisa e circostanziata. Il legislatore determina gli obiettivi che l'adozione degli atti delegati deve permettere di conseguire nonché, se del caso, i limiti che tali atti non possono travalicare.

Nell'ipotesi, ad esempio, in cui desideri conferire alla Commissione il potere di modificare l'allegato di un regolamento, il legislatore dovrebbe precisare che, attraverso un atto delegato, la Commissione può emendare detto allegato, interamente o in parte, in presenza di determinate condizioni – progressi scientifici o tecnici, nuovo evento, trascorrimento di un determinato lasso di tempo, ecc. Analogamente, alla Commissione potrebbero essere fissati limiti nell'ambito di tale modifica di un allegato; se ad esempio l'allegato verte sulla fissazione di valori quantitativi, il legislatore potrebbe imporre alla Commissione l'obbligo di non superare determinare soglie.

Limiti temporali

L'articolo 290 dispone che la durata della delega di potere venga stabilita dal legislatore. La Commissione è del parere che una disposizione del genere non sancisca la pratica delle cosiddette "clausole di estinzione" ("sunset clauses") le quali, se figurano in un atto legislativo, pongono automaticamente un termine ai poteri conferiti alla Commissione, obbligandola in pratica a presentare una nuova proposta legislativa non appena il termine fissato dal legislatore sia giunto a scadenza. L’articolo 290 esige anzitutto che i poteri delegati vengano disciplinati in modo chiaro e prevedibile; esso non impone invece che la Commissione sia soggetta a "termini ultimativi". Il legislatore deve riuscire a trovare un giusto equilibrio fra la necessità di disciplinare i poteri delegati e quella di garantire la continuità nell'adozione degli atti giuridici essenziali per attuare le politiche dell'Unione. Costringere la Commissione, a intervalli regolari, a presentare nuove proposte legislative per ottenere il rinnovo di una delega sarebbe contrario agli obiettivi di efficacia e di rapidità che giustificano per l'appunto il ricorso agli atti delegati.

La Commissione ritiene preferibile non appesantire il compito delle istituzioni ponendo in essere un sistema vincolante di deleghe precarie. Le deleghe di potere dovrebbero quindi, di massima, avere durata indeterminata. Una prassi del genere sarebbe del resto in piena coerenza con la situazione attuale. L'esperienza dimostra infatti che il legislatore, in linea generale, non auspica limitare nel tempo i poteri conferiti alla Commissione, neppure quando le affida l'adozione di misure di tipo quasi legislativo.

Ciò non significa peraltro che le deleghe di potere debbano essere immutabili. In proposito è importante rammentare che, in applicazione del paragrafo 2, lettera a) dell'articolo 209, il legislatore può prevedere nell'atto di base la facoltà di revocare la delega. Giuridicamente, una revoca genera effetti identici a quelli di una clausola di estinzione; entrambe pongono un termine ai poteri conferiti alla Commissione, alla quale spetta – ove ciò risulti utile e necessario – presentare in un secondo tempo una proposta legislativa. In altre parole, se in determinati settori il legislatore reputa necessario evitare che la delega di potere si trasformi in mandato perpetuo, può riservarsi il diritto di revoca, il quale peraltro può rivelarsi molto più elastico, in sede di applicazione, di una clausola di estinzione automatica.

Non per questo la revoca, in quanto tale, può intendersi come mero "sostituto" delle clausole di estinzione. Come verrà illustrato più oltre (si veda il punto 5.2), la revoca può rispondere ad altri obiettivi. Non si può tuttavia non rilevare che un meccanismo del genere presenta un'efficacia comparabile a quella di una clausola di estinzione.

In casi specifici potrebbe però risultare opportuno, per il legislatore, fissare una scadenza precisa alla delega di potere. In casi del genere, e nell'intento di non obbligare le istituzioni a legiferare per rinnovare la delega, è preferibile instaurare un meccanismo di tacita riconduzione, sulla scorta di una relazione stilata dalla Commissione, ferma restando per il legislatore la facoltà di impedire un rinnovo automatico del genere.

Processo di adozione degli atti delegati

Autonomia della Commissione

L'articolo 290 non comporta disposizioni di sorta che facciano diretto o indiretto riferimento all'iter di adozione degli atti delegati. Avendo ricevuto in delega i poteri conferitile dal legislatore, la Commissione adotta gli atti necessari per conseguire gli obiettivi definiti nell'atto di base.

Il primo paragrafo dell'articolo 290, relativo alla disciplina della delega di potere, impone alla Commissione di rispettare i limiti sostanziali e temporali della delega, i quali in un certo qual senso costituiscono l'essenza del "mandato" impartito dal legislatore. Questo primo paragrafo interviene quindi a monte, addirittura prima che la Commissione inizi a preparare un atto delegato.

Quanto al secondo paragrafo dell'articolo 290, dedicato al controllo che il legislatore può esercitare, esso scatta a valle, dopo che il mandato è stato eseguito, agendo sulla delega medesima, che il legislatore può revocare ove consideri che sia stata usata male, oppure sugli atti delegati, che possono formare oggetto di obiezioni una volta adottati, vietando in tal modo la loro entrata in vigore.

Nessuna di queste due disposizioni interferisce comunque sul processo con cui la Commissione adotta un atto delegato. Ne risulta che la Commissione dispone in quest'ambito di grande autonomia.

Lavori preparatori per l'adozione degli atti delegati

La Commissione intende condurre a buon fine il lavoro preparatorio che riterrà necessario per garantire, da un lato che gli atti delegati, sotto il profilo tecnico e giuridico, rispondano perfettamente agli obiettivi stabiliti dall'atto di base, dall'altro che tutti gli elementi siano riuniti, a livello politico e istituzionale, per evitare che il Parlamento europeo o il Consiglio possano sollevare obiezioni.

Se si escludono i casi in cui questo lavoro preparatorio non richiederebbe nuove competenze tecniche, la Commissione intende consultare sistematicamente gli esperti delle singole autorità nazionali cui spetterà attuare gli atti delegati dopo la loro adozione. Una consultazione del genere avverrà per tempo, onde dar modo agli esperti di fornire alla Commissione un contributo utile ed efficace. Al riguardo la Commissione potrà costituire gruppi di esperti[5] o avvalersi di gruppi già insediati.

La Commissione annette la massima importanza a questi lavori che permetteranno di istituire, a livello tecnico, un fattivo partenariato con gli esperti delle autorità nazionali. Occorre comunque precisare che nell'iter decisionale il ruolo degli esperti sarà consultivo e non istituzionale. Al termine delle consultazioni la Commissione informerà gli esperti delle conclusioni che ritiene di dover trarre dalle discussioni delle sue reazioni preliminari e del modo in cui intende procedere.

Nel settore specifico dei servizi finanziari, la Commissione si è peraltro impegnata a continuare a consultare gli esperti designati dagli Stati membri in sede di elaborazione dei propri progetti di atti delegati, conformemente a una prassi costante (si veda la dichiarazione n. 39 allegato all'atto finale della conferenza intergovernativa che ha adottato il trattato di Lisbona[6]).

Inoltre, ove ciò risulti necessario, la Commissione procederà a ogni tipo di studio, analisi, audizione e consultazione utile, nelle forme più idonee in funzione dei singoli settori e dei termini stabiliti.

In linea generale, la Commissione intende porre in essere un sistema di "allerta precoce" (“early warning”), onde consentire al Parlamento europeo e al Consiglio di pianificare meglio l'esercizio delle proprie prerogative entro due mesi dall'adozione degli atti delegati; questo termine può essere prorogato di un mese su chiesta del Parlamento europeo o del Consiglio (si veda oltre; punto 5.3.1). Nei settori ritenuti più sensibili, la Commissione baderà peraltro a fornire al Parlamento europeo e al Consiglio informazioni supplementari sugli atti delegati che si propone di adottare.

Controllo degli atti delegati

Considerazioni di ordine generale

L’artic olo 290, paragrafo 2 del nuovo trattato definisce le due condizioni alle quali il legislatore può subordinare la delega: il diritto di revoca, da un lato, il diritto di sollevare obiezioni – ovvero il diritto di opposizione –, dall'altro. Mentre l'opposizione costituisce una "censura specifica" rivolta contro un preciso atto delegato, la revoca priva in maniera generale e assoluta la Commissione dei suoi potere delegati. L'opposizione va quindi vista come il metodo di controllo di "diritto comune" che il legislatore esercita su tutti gli atti delegati, mentre la revoca appare come un provvedimento più eccezionale, motivato ad esempio dal sopraggiungere di elementi tali da rimettere in causa il fondamento medesimo della delega.

Il legislatore non è tenuto a imporre entrambe queste condizioni, che sono indipendenti l'una dall'altra. Potrebbe ad esempio considerare che non sempre risulti necessario prevedere la possibilità di revocare la delega di potere, in quanto tale prerogativa, nel caso di un atto soggetto alla procedura legislativa ordinaria, conferisce a uno dei due rami del potere legislativo la prerogativa unilaterale di rendere inoperante una disposizione adottata congiuntamente. Parimenti, il diritto d'opposizione talvolta potrebbe rivelarsi di difficile applicazione, in particolare ove il legislatore desideri conferire alla Commissione il potere di adottare atti delegati entro termini e a un ritmo particolarmente stingenti (si veda oltre, punti 5.2 e 5.3.1).

Per esercitare l'uno o l'altro dei poteri di controllo riconosciutigli dal trattato, il Parlamento europeo delibera a maggioranza dei membri che lo compongono, il Consiglio a maggioranza qualificata, ai sensi dell'articolo 290, paragrafo 2, secondo comma.

Diritto di revoca

Il diritto di revoca potrebbe prospettarsi in particolare ove il legislatore desideri disporre della facoltà di riprendere, in qualsiasi momento, i poteri conferiti alla Commissione, per tener conto di nuove circostanze che giustifichino un intervento legislativo.

Il legislatore potrebbe altresì voler disporre di un diritto di revoca ove reputi inutile o malagevole disporre di un diritto di opposizione. Ciò potrebbe avvenire in particolare qualora la Commissione sia tenuta ad adottare atti delegati conformandosi a vincoli temporali incompatibili con l'esercizio di un diritto d'opposizione da parte del legislatore. In assenza della possibilità di esercitare un controllo su ciascuno degli atti adottati, a causa della loro frequenza, il legislatore manterrebbe un controllo complessivo della delega, attraverso il diritto di revoca.

Ove sia contemplato dall'atto legislativo, l'esercizio del diritto di revoca dovrebbe essere soggetto a un obbligo di motivazione e preceduto da uno scambio di informazioni tra le istituzioni. Occorrerebbe altresì prevederne gli effetti giuridici.

Sarebbe opportuno che l'istituzione che intenda ritirare alla Commissione la propria fiducia ne illustri le ragioni. L'interesse sarebbe duplice. Anzitutto ciò permetterebbe all'istituzione che non esercita il diritto di revoca di comprendere per quali motivi l'altra istituzione ha deciso di modificare unilateralmente l'atto di base. Inoltre vi sarebbe un effetto preventivo del ricorso alla revoca: illustrando i motivi della propria decisione, il Parlamento europeo o il Consiglio indicherebbero chiaramente alla Commissione ciò che essa dovrebbe fare o non fare per evitare in futuro altre revoche.

L'istituzione che intende procedere a una revoca dovrebbe informare della propria intenzione non solo la Commissione, ma anche l'istituzione che del proprio diritto di revoca non si avvale. Ciò renderebbe possibile intavolare un dialogo interistituzionale preliminare a una decisione di revoca. Sarebbe inoltre opportuno che l'istituzione che assume l'iniziativa della revoca precisi espressamente quali poteri delegati chiede di revocare. Occorre infatti prevedere l'ipotesi in cui il Parlamento europeo o il Consiglio intenda revocare solo una parte dei poteri delegati alla Commissione. In altre parole, dovrebbe essere possibile una "revoca parziale".

In definitiva, gli effetti della revoca andrebbero esplicitamente contemplati nell'atto di base. Si potrebbe ad esempio precisare che la decisione di revoca pone fine alla delega di potere, indicando espressamente quali competenze delegate vengono revocate, senza che però ciò incida sugli atti delegati in vigore.

Diritto di opposizione

Qualora fosse previsto dall'atto legislativo, il diritto di opposizione dovrebbe rispondere a determinati requisiti circa la procedura da seguire. Dopo aver adottato un atto delegato, la Commissione ne darà notifica al legislatore – simultaneamente al Parlamento europeo e al Consiglio ove l'atto di base fosse disciplinato dalla procedura legislativa ordinaria. A quel punto scatterà un diritto di opposizione che funzionerà come condizione sospensiva: l'entrata in vigore dell'atto delegato adottato dalla Commissione verrà sospesa per una durata fissata dall'atto legislativo, nell'arco della quale il legislatore avrà la facoltà di opporsi.

La Commissione prenderà inoltre tutti i provvedimenti necessari affinché gli atti delegati vengano resi pubblici fin dalla loro adozione.

Termini

Il termine di cui il legislatore disporrà per esaminare l'atto delegato verrà fissato nell'atto di base. Il legislatore potrà liberamente determinare la durata che gli parrà necessaria caso per caso. La Commissione è tuttavia del parere che occorra evitare di fissare limiti temporali completamente diversi nei vari settori, salvo ove ciò risulti giustificato per l'urgenza delle misure da varare – necessità di stabilire termini ridotti – o, viceversa, per l'estrema complessità degli atti che incombe alla Commissione adottare – e che rende auspicabile disporre di più tempo per esaminare il testo.

Il termine di opposizione decorrerebbe dal momento in cui la Commissione trasmette l'atto delegato adottato in tutte le lingue ufficiali dell'Unione.

L'esperienza acquisita con la PRAC mostra che il termine di tre mesi normalmente previsto per esercitare il diritto di opposizione è superiore al necessario, giacché spesso il Parlamento e il Consiglio riescono a individuare più rapidamente se l'atto in questione rischi di generare difficoltà. Nella maggior parte dei casi, il termine di tre mesi diventa in tal modo un semplice termine procedurale che ritarda l'entrata in vigore dell'atto senza determinare un effettivo valore aggiunto.

La Commissione preferirebbe pertanto fissare il termine di opposizione a due mesi, lasso di tempo che verrebbe tuttavia automaticamente prorogato di un mese su richiesta del Parlamento europeo o del Consiglio. Un meccanismo del genere permetterebbe di accrescere l'efficacia delle procedure senza rimettere in discussione il principio di un termine complessivo di tre mesi. In casi specifici, nei quali per la complessità o sensibilità delle materie demandate alla Commissione il termine di due mesi risultasse insufficiente per permettere al Parlamento europeo e al Consiglio di esercitare le proprie prerogative, potrebbe essere opportuno prevedere un termine fisso di tre mesi.

Va inoltre prevista la possibilità che entrambe le istituzioni decidano di informare la Commissione, addirittura prima che il termine legale sia scaduto, che non si opporranno all'atto delegato, nel qual caso l'atto dovrebbe poter entrare in vigore immediatamente.

È pacifico che tale dispositivo standard non sarà adeguato a tutti i campi d'azione. Determinate politiche richiedono un intervento molto rapido della Commissione, anche al di fuori dai casi di urgenza. In situazioni del genere, il legislatore potrebbe essere invitato a ridurre notevolmente i tempi di controllo, o addirittura a rinunciarvi, stante che comunque dispone di un diritto di revoca (si veda in precedenza il punto 5.2).

Motivi

L'articolo 290 TFUE non elenca i motivi in base ai quali il legislatore può opporsi a un atto delegato. Il diritto di esprimere obiezioni, che per il legislatore costituisce il controllo di "diritto comune" sulla delega di potere, in teoria rientrerebbe quindi nel potere discrezionale del Parlamento europeo e del Consiglio.

Tuttavia, l'istituzione che si oppone dovrebbe chiarire le ragioni che motivano la sua decisione. Tali ragioni andrebbero esposte nella decisione del Consiglio o nella risoluzione del Parlamento europeo che formalizza l'obiezione. Una pratica del genere eviterà alla Commissione di perseverare nella via che ha indotto il Parlamento europeo e il Consiglio a muovere obiezioni. Se l'una o l'altra istituzione spiega ad esempio esplicitamente che la Commissione ha travalicato l'ambito della delega, ciò permetterà alla Commissione di optare, se del caso, per la via legislativa.

Effetti dell'opposizione

Un atto delegato al quale il Parlamento europeo o il Consiglio si sia opposto non può entrare in vigore. La Commissione ha a quel punto la possibilità di adottare un nuovo atto delegato, modificato eventualmente per tener conto delle obiezioni formulate, o di presentare una proposta legislativa in conformità dei trattati, qualora le obiezioni fossero fondate su un travalicamento dei poteri delegati. È possibile altresì ipotizzare che la Commissione rinunci totalmente ad agire.

Procedura d'urgenza

La Commission e ritiene che, in determinati casi, l'adozione e l'entrata in vigore di un atto delegato soggetto al diritto di opposizione potrebbero rivelarsi particolarmente urgenti. All'apice della crisi finanziaria, nell'autunno 2008, è risultato ad esempio necessario modificare con la massima celerità determinate norme contabili. I tempi della PRAC, d'applicazione nel caso di specie, hanno dovuto essere notevolmente compressi per consentire senza indugio l'adozione e l'attuazione dei provvedimenti necessari.

Il normale esercizio del diritto d'opposizione può quindi risultare incompatibile con l'urgenza di una determinata situazione. Ecco perché la Commissione reputa essenziale porre in essere una procedura d'urgenza la cui attivazione potrebbe essere disciplinata dal legislatore.

Esistono vari modi per organizzare una procedura del genere. Uno consisterebbe nel ridurre al minimo indispensabile la durata del termine per l'opposizione. Per ragioni tassative di urgenza, un atto delegato adottato dalla Commissione potrebbe ad esempio entrare in vigore otto giorni dopo la trasmissione al Parlamento europeo e al Consiglio. Questa impostazione offre il vantaggio di essere semplice e di non modificare il tradizionale iter procedurale. Essa rischia, tuttavia, di rendere perfettamente illusorio il diritto di opposizione del legislatore, che in tempi così ridotti avrà grandi difficoltà a muovere obiezioni.

Per questo la Commissione desidera privilegiare un'impostazione diversa, che le permetterebbe di adottare, far entrare in vigore e applicare immediatamente un atto delegato, il quale resterebbe comunque soggetto al diritto di opposizione. L'atto verrebbe notificato senza indugio al legislatore e resterebbe d'applicazione fino all'eventuale obiezione formulata dal Parlamento europeo o dal Consiglio entro un termine che si potrebbe fissare a sei settimane. Nell'eventualità in cui venissero formulate obiezioni, l'atto delegato decadrebbe.

CONCLUSIONE

La presente comunicazione tiene conto dei contatti esplorativi intervenuti con i servizi del Parlamento europeo e delle discussioni avute col Consiglio nelle settimane che hanno preceduto la sua adozione. La Commissione è del parere che la presente comunicazione permetterà alle tre istituzioni di organizzare con la massima armonicità le deleghe di potere conferite nel quadro dell'articolo 290 del nuovo trattato.

Conformemente agli orientamenti espressi nella presente comunicazione, la Commissione acclude in allegato alcuni modelli di articoli per i futuri atti legislativi che la abiliteranno ad adottare atti delegati.

ALLEGATO

Modelli

I presenti modelli mirano a standardizzare la formulazione degli articoli di un atto di base nei quali il legislatore definisce i limiti della delega di potere e fissa le condizioni cui la delega stessa è soggetta. Non riguardano di per sé gli atti delegati, ma la Commissione desidererebbe chiarire fin d'ora che questi ultimi conterranno specifici considerando intesi a illustrarne la ragion d'essere. Gli atti delegati saranno accompagnati altresì da una relazione che esporrà con maggiori dettagli i fondamenti dell'atto e fornirà informazioni sul lavoro preparatorio svolto dalla Commissione, ove ciò risulti pertinente.

Considerando

La Commission e dovrebbe avere la facoltà di adottare atti delegati ai sensi dell'articolo 290 del trattato, con riferimento […].

Articoli che demandano poteri

( Una o più disposizioni nell'atto di base demandano poteri alla Commissione. Tali disposizioni fissano gli obiettivi, il contenuto e la portata dei poteri delegati e rimandano all'articolo A.)

Articolo A Esercizio della delega

1. Il potere di adottare gli atti delegati di cui agli articoli [ specificare l'articolo o gli articoli che delegano poteri ] è conferito alla Commissione per

Ipotesi 1

una durata indeterminata.

Ipotesi 2

un periodo di [X] anni dopo l'entrata in vigore di […]. La Commissione presenta una relazione sui poteri delegati non oltre [X] mesi prima che giunga a scadenza il periodo di [X] anni. La delega di potere è automaticamente prorogata per periodi di identica durata, tranne in caso di revoca da parte del Parlamento europeo o del Consiglio ai sensi dell'articolo B.

2. Non appena adotta un atto delegato, la Commissione lo notifica simultaneamente al Parlamento europeo e al Consiglio.

3. Il potere conferito alla Commissione di adottare atti delegati è soggetto alle condizioni stabilite dagli articoli [B] [e] [C]. [Ove ragioni tassative di urgenza lo richiedano, è d'applicazione l'articolo D.][7]

Articolo B Revoca della delega

1. La delega di cui agli articoli [ indicare l'articolo o gli articoli che sanciscono una delega di poteri ] può essere revocata dal Parlamento europeo o dal Consiglio.

2. L'istituzione che ha avviato una procedura interna per decidere l'eventuale revoca della delega informa l'altro organo legislativo e la Commissione, al massimo un mese prima di prendere una decisione definitiva, specificando i poteri delegati che potrebbero essere oggetto di revoca e le relative motivazioni.

3. La decisione di revoca pone fine alla delega dei poteri specificati nella decisione medesima. Questa prende effetto immediatamente o a una data ulteriore da precisare. La decisione di revoca non incide sulla validità degli atti delegati già in vigore. Essa viene pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.

Articolo C Obiezioni agli atti delegati

1. Il Parlamento europeo e il Consiglio possono muovere obiezioni all'atto delegato

Ipotesi 1

entro due mesi dalla data di notifica. Su iniziativa del Parlamento europeo o del Consiglio, detto termine viene prorogato di un mese.

Ipotesi 2

entro tre mesi dalla data di notifica.

2. Se allo scadere di tale termine né il Parlamento europeo né il Consiglio hanno mosso obiezioni all'atto delegato, ovvero se, anteriormente a tale data, il Parlamento europeo e il Consiglio hanno entrambi informato la Commissione della propria decisione di non muovere obiezioni, l'atto delegato entra in vigore alla data fissata nell'atto medesimo.

3. Se il Parlamento europeo o il Consiglio muovono obiezioni all'atto delegato, quest'ultimo non entra in vigore. L'istituzione che muove obiezioni all'atto delegato ne illustra le ragioni.

Articolo D Procedura d'urgenza[8]

1. Un atto delegato adottato con procedura d'urgenza entra in vigore senza indugio e resta d'applicazione fintanto che non venga mossa alcuna obiezione ai sensi del paragrafo 2. La notifica dell'atto al Parlamento europeo e al Consiglio illustra i motivi del ricorso alla procedura d'urgenza.

2. Il Parlamento europeo e il Consiglio, entro un termine di [sei settimane] dalla data di notifica, possono muovere obiezioni all'atto delegato. In tal caso, l'atto cessa di essere d'applicazione. L'istituzione che muove obiezioni all'atto delegato ne illustra le ragioni.

[1] GU C del 17.12.2007.

[2] Risoluzione del Parlamento europeo, del 7 maggio 2009, sulle nuove competenze e prerogative del Parlamento nell'applicazione del trattato di Lisbona.

[3] GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. Versione consolidata, quale notificata dalla decisione 2006/512/CE, pubblicata su G U C 255 del 21.10.2006, pag. 4.

[4] GU L 200 del 22.7.2006, pag. 11.

[5] Come per tutti i gruppi di esperti, le informazioni utili relative alla loro costituzione verranno messe a disposizione del pubblico attraverso il registro dei gruppi di esperti.

[6] GU C 115 del 9.5.2008, pag. 350

[7] Quest'ultima frase viene inserita solo negli atti di base che contemplano una procedura d'urgenza.

[8] Le disposizioni che rimandano al presente articolo comportano un esplicito riferimento alle "ragioni tassative di urgenza".

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