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Document 52009DC0622
Green Paper on a European Citizens' Initiative
Libro Verde - Diritto d'iniziativa dei cittadini europei
Libro Verde - Diritto d'iniziativa dei cittadini europei
/* COM/2009/0622 def. */
Libro Verde - Diritto d'iniziativa dei cittadini europei /* COM/2009/0622 def. */
[pic] | COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE | Bruxelles, 11.11.2009 COM(2009)622 definitivo LIBRO VERDE Diritto d'iniziativa dei cittadini europei LIBRO VERDE Diritto d'iniziativa dei cittadini europei INDICE I. INTRODUZIONE 3 II. TEMI DELLA CONSULTAZIONE 4 1. Numero minimo di Stati membri da cui i cittadini devono provenire 4 2. Numero minimo di firme per Stato membro 5 3. Età minima per sostenere un’iniziativa dei cittadini europei 6 4. Forma e formulazione di un’iniziativa dei cittadini europei 7 5. Requisiti in materia di raccolta, verifica e autenticazione delle firme 8 6. Termine per la raccolta di firme 10 7. Registrazione delle iniziative proposte 11 8. Requisiti che devono soddisfare gli organizzatori - Trasparenza e finanziamento 12 9. Esame di un'iniziativa dei cittadini europei da parte della Commissione 13 10. Iniziative riguardanti il medesimo argomento 14 III COME RISPONDERE 14 I. INTRODUZIONE Il trattato di Lisbona, firmato nella capitale portoghese il 13 dicembre 2007 e che modifica il trattato sull’Unione europea e il trattato che istituisce la Comunità europea, mirava in particolare a rafforzare il tessuto democratico dell’Unione europea. Una delle sue principali innovazioni consiste nell’introduzione per i cittadini europei del diritto di iniziativa. Esso stabilisce infatti che “cittadini dell’Unione, in numero di almeno un milione, che abbiano la cittadinanza di un numero significativo di Stati membri, possono prendere l’iniziativa d’invitare la Commissione europea, nell’ambito delle sue attribuzioni, a presentare una proposta appropriata su materie in merito alle quali tali cittadini ritengono necessario un atto giuridico dell’Unione ai fini dell’attuazione dei trattati”[1]. Il trattato di Lisbona prevede altresì che le procedure e le condizioni necessarie per il diritto di iniziativa dei cittadini europei (detta anche iniziativa popolare), compreso il numero minimo di Stati membri da cui i cittadini che la presentano devono provenire, siano stabilite da un regolamento che il Parlamento europeo e il Consiglio adottano su proposta della Commissione europea. La Commissione europea accoglie con favore l’introduzione del diritto di iniziativa, che consentirà ai cittadini dell’Unione europea di far sentir con maggiore autorevolezza la propria voce, concedendo loro il diritto di chiedere direttamente alla Commissione di presentare nuove iniziative politiche. Tale facoltà conferirà una dimensione nuova alla democrazia europea e verrà ad aggiungersi al complesso di diritti legati alla cittadinanza dell’Unione, intensificando il dibattito pubblico sulla politica europea e contribuendo alla creazione di un autentico spazio pubblico europeo. La sua attuazione rafforzerà la partecipazione dei cittadini e della società civile organizzata all'elaborazione delle politiche comunitarie. La Commissione ritiene che i cittadini europei dovrebbero beneficiare di questo nuovo diritto al più presto dopo l’entrata in vigore del trattato di Lisbona. La sua ambizione consiste quindi nel far sì che il regolamento sull’iniziativa popolare venga adottato entro la fine del primo anno successivo all’entrata in vigore del trattato e confida che il Parlamento europeo e il Consiglio condivideranno tale obiettivo. Tenuto conto dell’importanza della futura proposta, la società civile organizzata, i soggetti istituzionali e le autorità pubbliche degli Stati membri, oltre agli stessi cittadini devono inoltre poter presentare le proprie osservazioni sulle modalità di funzionamento dell’iniziativa. Il presente libro verde intende pertanto raccogliere le opinioni di tutte le parti interessate sui principali temi che daranno forma al futuro regolamento. La Commissione auspica che la consultazione possa raccogliere un’ampia gamma di risposte. L’esperienza dei cittadini, delle parti interessate e delle autorità pubbliche in ordine a un analogo diritto d'iniziativa popolare previsto negli Stati membri risulterebbe estremamente interessante nell’ambito di questa consultazione. La Commissione accoglie altresì favorevolmente la risoluzione del Parlamento europeo sul diritto di iniziativa dei cittadini, adottata nel maggio 2009[2], quale valido contributo al presente dibattito. II. TEMI DELLA CONSULTAZIONE Benché il principio stesso e le caratteristiche principali del diritto di iniziativa dei cittadini siano sanciti dal nuovo trattato, la procedura e le modalità pratiche relative a questo nuovo istituto sollevano problemi giuridici, amministrativi e di ordine pratico. Essi vengono presentati qui di seguito, unitamente a una serie di domande alle quali i cittadini e le parti interessate sono invitati a rispondere. 1. Numero minimo di Stati membri da cui i cittadini devono provenire Il trattato indica che i firmatari di un’iniziativa popolare devono provenire da “un numero significativo di Stati membri” e prevede che il regolamento stabilisca “il numero minimo di Stati membri da cui i cittadini devono provenire”. È opportuno formulare una serie di considerazioni per stabilire quale dovrebbe essere la soglia adeguata. Innanzi tutto, il fatto che i firmatari debbano provenire da un “numero significativo di Stati membri” intende garantire che un’iniziativa risulti sufficientemente rappresentativa di un interesse dell’Unione. Pur garantendo una rappresentatività sufficiente dell’iniziativa, una soglia elevata finirebbe tuttavia con l’appesantire la procedura. D’altro canto, una soglia bassa renderebbe il diritto di iniziativa più accessibile ma meno rappresentativo. Occorre quindi trovare il giusto equilibrio tra questi due aspetti. In secondo luogo, la soglia andrebbe determinata sulla base di criteri obbiettivi, soprattutto alla luce di altre disposizioni del trattato, onde evitare interpretazioni contrastanti. Si potrebbe richiedere, in prima ipotesi, che la soglia consista nella maggioranza degli Stati membri. Poiché l’Unione europea conta 27 Stati membri, la maggioranza sarebbe attualmente di 14 Stati. Sebbene il trattato non escluda un’impostazione del genere, l’uso del termine “numero significativo” sembra indicare che il ricorso alla maggioranza non fosse nelle intenzioni. Inoltre, la maggioranza parrebbe esageratamente elevata. Un’altra ipotesi, all’estremo opposto, consisterebbe nel fissare la soglia a un quarto degli Stati membri, ossia attualmente sette Stati. Si tratta della soglia proposta dal Parlamento europeo nella sua risoluzione sul diritto di iniziativa dei cittadini, per analogia con l’articolo 76 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, che prevede che gli atti riguardanti la cooperazione giudiziaria in materia penale o la cooperazione di polizia possano essere adottati su iniziativa di un quarto degli Stati membri. La Commissione europea non ritiene che questo precedente presenti una analogia valida con il diritto di iniziativa popolare, poiché riguarda settori estremamente specifici ed è dettato da una logica diversa. Inoltre, la Commissione è dell’avviso che un quarto degli Stati membri costituirebbe una soglia troppo bassa per garantire che l’interesse dell’Unione sia adeguatamente rispecchiato. Una terza possibilità consisterebbe nel fissare la soglia a un terzo degli Stati membri, quindi attualmente a nove Stati. Tale cifra rispecchierebbe una serie di disposizioni del trattato di natura più generale. Si tratta della soglia stabilita dalle disposizioni relative alla “cooperazione rafforzata”, che prevedono la partecipazione di “almeno nove Stati membri”[3]. Un terzo rappresenta altresì la soglia fissata con riferimento al numero di parlamenti nazionali richiesto per avviare la procedura di sussidiarietà di cui all’articolo 7, paragrafo 2, del protocollo sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato ai trattati. La soglia di un terzo riveste importanza anche in alcuni sistemi nazionali. La costituzione federale austriaca stabilisce che l'iniziativa popolare deve essere sostenuta da 100 000 elettori, o da un sesto degli elettori in almeno tre Länder (ossia un terzo dei nove Länder che il paese conta). Al di fuori dell’UE, anche la soglia fissata dalla Svizzera quanto al numero di cantoni necessario per un referendum facoltativo si avvicina a un terzo. La Commissione ritiene che una soglia di un terzo rappresenterebbe il giusto equilibrio tra la necessità di garantire una rappresentatività adeguata, da un lato, e quella di agevolare il ricorso allo strumento, dall’altro. Domande Un terzo del numero complessivo di Stati membri rappresenterebbe un “numero significativo di Stati membri”, come richiede il trattato? In caso contrario, quale soglia sarebbe adeguata e perché? 2. Numero minimo di firme per Stato membro Poiché il trattato prevede che un’iniziativa popolare sia sostenuta da almeno un milione di cittadini provenienti da un numero significativo di Stati membri, la Commissione reputa che si debba stabilire un numero minimo di cittadini promotori di un’iniziativa in ciascuno Stato membro interessato. Il riferimento a un “numero significativo di Stati membri” è stato introdotto per garantire che un’iniziativa dei cittadini europei avesse effettivamente un carattere europeo. Ne consegue, a sua volta, che occorre un numero minimo di cittadini partecipanti nel numero minimo di Stati membri previsto per assicurare che venga rispecchiata una percentuale ragionevole dell’opinione pubblica. Sarebbe contrario allo spirito del trattato se un’iniziativa potesse essere presentata da un gruppo consistente di cittadini di un unico Stato membro e soltanto da un numero meramente simbolico di cittadini provenienti da altri Stati membri. Questa condizione relativa a un numero minimo di cittadini per Stato membro riguarderebbe soltanto, ovviamente, il numero minimo di Stati membri dai quali devono provenire i cittadini che promuovono un’iniziativa popolare. Per determinare il numero minimo di cittadini per Stato membro si potrebbe, ad esempio, stabilire un numero fisso di cittadini partecipanti per tutti gli Stati membri. Questa soluzione avrebbe il vantaggio di essere chiara e semplice. Tuttavia, tenuto conto delle enormi differenze che esistono tra gli Stati membri in termini di popolazione (dai 410 000 abitanti di Malta agli 82 milioni della Germania), questa cifra fissa penalizzerebbe i cittadini provenienti dagli Stati membri più piccoli. Un’altra possibilità, più equa, consisterebbe nel fissare come soglia una percentuale della popolazione di ciascuno Stato membro. Si potrebbe procedere per analogia con la percentuale di cittadini dell’Unione richiesta per presentare un’iniziativa popolare. Attualmente, la popolazione dell’Unione è di poco inferiore a 500 milioni. Pertanto, un milione su 500 milioni rappresenta lo 0,2% della popolazione dell’Unione. Lo 0,2% della popolazione di ciascuno Stato membro in cui vengono raccolte le firme potrebbe quindi essere preso come il numero minimo di cittadini richiesto per quello Stato[4]. Si tratterebbe attualmente di 160 000 persone per un paese come la Germania o di 20 000 per un paese come il Belgio. Vale la pena rilevare che nella maggior parte degli Stati membri in cui esiste un siffatto strumento, la percentuale di cittadini richiesta a sostegno di un’iniziativa popolare è nettamente superiore allo 0,2%. In Austria e in Spagna, ad esempio, tale livello è fissato all’1,2% circa della popolazione, in Lituania a quasi l’1,5% e in Lettonia al 10%. Anche Ungheria, Polonia, Portogallo e Slovenia prevedono soglie superiori allo 0,2% della popolazione. Domande Lo 0,2% della popolazione complessiva di ciascuno Stato membro rappresenterebbe una soglia adeguata? In caso contrario, quali altre soluzioni garantirebbero che un’iniziativa popolare sia effettivamente rappresentativa di un interesse dell’Unione? 3. Età minima per sostenere un’iniziativa dei cittadini europei La disposizione del trattato si applica a tutti i cittadini dell’Unione. Pare tuttavia ragionevole fissare un’età minima per l’adesione a un’iniziativa dei cittadini europei, come avviene in tutti gli Stati membri in cui tale istituto è previsto. Esistono due possibilità. Una prima ipotesi potrebbe prevedere che, per poter sostenere un’iniziativa dei cittadini europei, gli eventuali promotori debbano aver raggiunto l’età per il diritto di voto stabilita per le elezioni europee nello Stato membro di residenza[5]. Si tratta della prassi generale negli Stati membri: per sostenere un’iniziativa popolare, i cittadini devono avere il diritto di voto. Tale età è di 18 anni in tutti gli Stati membri, ad eccezione dell’Austria, dove gli elettori devono avere 16 anni. Questa impostazione permetterebbe ai cittadini austriaci di godere prima degli altri del diritto di sostenere un’iniziativa dei cittadini europei, ma rispecchierebbe nel contempo la prassi esistente per l’elezione dei membri del Parlamento europeo. La seconda possibilità consisterebbe nel fissare nel regolamento stesso l’età minima per aderire a un’iniziativa, ad esempio 16 o 18 anni. Se l’età minima venisse fissata a 18 anni, ci si allineerebbe con l’età del voto in tutti gli Stati membri salvo uno, e risulterebbero esclusi quei cittadini che hanno già raggiunto l’età per votare (16 anni) in Austria. Fissare l’età minima a 16 anni comporterebbe un notevole onere amministrativo, giacché ci si allontanerebbe dai sistemi vigenti per l’iscrizione degli elettori nelle liste. Domande L’età minima richiesta per sostenere un’iniziativa dei cittadini europei dovrebbe essere legata all’età minima per la partecipazione alle elezioni europee in ciascuno Stato membro? In caso contrario, quali altre ipotesi sarebbero adeguate e perché? 4. Forma e formulazione di un’iniziativa dei cittadini europei Il testo del trattato non precisa quale forma dovrebbe assumere un’iniziativa popolare, ma si limita a indicare che essa dovrebbe invitare “la Commissione europea, nell’ambito delle sue attribuzioni, a presentare una proposta appropriata su materie in merito alle quali tali cittadini ritengono necessario un atto giuridico dell’Unione ai fini dell’attuazione dei trattati”[6] . Risulta però necessario stabilire quale forma un’iniziativa dovrebbe assumere, soprattutto affinché i cittadini e la Commissione siano in grado di individuarne chiaramente l’oggetto e le finalità. Si potrebbe prospettare, ad esempio, che un’iniziativa popolare assuma la forma di un progetto di atto giuridico con disposizioni normative chiaramente riconoscibili. In alcuni Stati membri (Austria, Italia, Polonia e Spagna), il diritto di iniziativa deve effettivamente basarsi su disegni di legge. Tale requisito risulta però inutilmente restrittivo e gravoso. Inoltre, dal disposto del trattato non si evince che la forma richiesta sia quella di un progetto di strumento giuridico. D’altro canto, un testo poco chiaro o non abbastanza dettagliato potrebbe risultare fuorviante per i firmatari e rendere più difficile per la Commissione fornire una risposta precisa e motivata. Si potrebbe allora disporre che un’iniziativa popolare dichiari chiaramente l’oggetto e le finalità della proposta che esorta la Commissione ad agire. Questa soluzione non impedirebbe ai cittadini di allegare, per comodità, un progetto di atto giuridico. Domande Sarebbe sufficiente e opportuno disporre che un’iniziativa enunci chiaramente l’oggetto e le finalità della proposta che esorta la Commissione ad agire? Quali altri requisiti bisognerebbe eventualmente definire circa la forma e la formulazione di un’iniziativa dei popolare? 5. Requisiti in materia di raccolta, verifica e autenticazione delle firme Per garantire la legittimità e la credibilità di un'iniziativa dei cittadini europei, bisognerà adottare provvedimenti volti a garantire una verifica e un’autenticazione adeguate delle firme, in conformità della pertinente normativa nazionale, europea o internazionale in materia di diritti fondamentali, diritti umani e protezione dei dati personali. Dato che, a livello di Unione europea, non esiste un organismo che disponga delle competenze o delle informazioni necessarie per controllare la validità delle firme e verificare se un dato cittadino dell’Unione possieda di fatto i requisiti per sostenere un’iniziativa popolare, questo compito dovrà essere svolto dalle autorità nazionali degli Stati membri[7], cui spetterà pertanto verificare e certificare l’esito dell’operazione di raccolta delle firme nel proprio paese. Due interrogativi inducono però ad alcune considerazioni: come procedere alla verifica negli Stati membri e in quale misura si dovrebbero definire requisiti comuni a livello di Unione europea? Tutti gli Stati membri dispongono di procedure e meccanismi per verificare l’idoneità degli elettori e molti di essi hanno già predisposto procedure di verifica e autenticazione per un'iniziativa popolare a livello nazionale. Queste procedure di verifica e autenticazione variano però notevolmente da uno Stato membro all’altro: in alcuni le procedure di raccolta delle firme sono soggette a condizioni piuttosto rigide. In certi casi, ad esempio, i cittadini possono firmare le iniziative soltanto presso centri ufficialmente designati, oppure è richiesta la presenza di un funzionario pubblico o di un notaio incaricati di autenticare tutte le firme al momento della raccolta, ovvero ciascun firmatario dev’essere in possesso di un certificato d’iscrizione nelle liste elettorali. Altri Stati membri, invece, dispongono di sistemi più elastici, che non impongono condizioni specifiche per la raccolta delle firme ma richiedono in generale che le autorità procedano a una verifica a posteriori delle firme raccolte per verificarne la validità e accertarne il numero. Sembra chiaro che l’obiettivo delle disposizioni comunitarie al riguardo dovrebbe essere, in definitiva, quello di permettere agli Stati membri di garantire una verifica adeguata, all’interno del loro paese, della validità delle firme raccolte per un’iniziativa dei cittadini europei, senza imporre condizioni troppo restrittive ai cittadini o inutili oneri amministrativi. Per conseguire tale obiettivo si potrebbero invitare gli Stati membri a predisporre le opportune misure, lasciando però loro la facoltà di decidere come regolamentare tali procedure, eventualmente ricorrendo alle disposizioni già in vigore per l'iniziativa popolare a livello nazionale. Questa scelta avrebbe il vantaggio di permettere agli Stati membri un'applicazione molto flessibile della disposizione. Per gli Stati membri che hanno già disciplinato il diritto di iniziativa popolare ne deriverebbe una notevole semplificazione. Una medesima iniziativa finirebbe tuttavia coll'essere soggetta a procedure notevolmente diverse nei vari Stati membri, col risultato che la raccolta delle firme potrebbe risultare più facile in alcuni e più difficile in altri. Una conseguenza involontaria sarebbe che in alcuni Stati membri i cittadini riuscirebbero a far sentire più facilmente la propria voce che in altri. All’estremo opposto, si potrebbero armonizzare rigorosamente i requisiti procedurali nell'intera Unione. In pratica, tutti i requisiti procedurali sarebbero fissati da un regolamento UE e gli Stati membri non potrebbero derogarvi né imporre requisiti nazionali aggiuntivi. Ciò avrebbe il vantaggio di garantire condizioni identiche nell'intera Unione in ordine alle procedure da seguire per preparare un’iniziativa popolare. Per gli Stati membri che hanno già predisposto le necessarie procedure questa soluzione comporterebbe tuttavia un ulteriore onere amministrativo e regolamentare. Inoltre, è improbabile che un regolamento dell’Unione possa tenere pienamente conto delle peculiarità dei sistemi e delle procedure nazionali. Una soluzione più razionale potrebbe quindi consistere nello stabilire una serie di disposizioni fondamentali a livello comunitario, compresi, da un lato, alcuni requisiti minimi per la verifica e l’autenticazione delle firme, dall’altro, l’obbligo per gli Stati membri di agevolare il processo di raccolta e di eliminare condizioni eccessivamente restrittive. In questa ipotesi gli Stati membri potrebbero adottare misure aggiuntive soltanto all'interno dei requisiti fissati dall'Unione. Si otterrebbe il vantaggio di permettere agli Stati membri un certo livello di flessibilità, garantendo al tempo stesso il rispetto di procedure comuni nell’intera Unione. Ne risulterebbe salvaguardato il carattere europeo del diritto di iniziativa popolare e agevolata la raccolta simultanea di firme in diversi Stati membri. A tal fine, si dovrebbe valutare attentamente il ricorso a strumenti in linea certificati e protetti. Quale che sia l’impostazione scelta, essa dovrebbe consentire altresì ai cittadini dell’Unione che risiedono in un paese diverso da quello d’origine di aderire a iniziative popolari. Gli Stati membri possono attingere alla propria esperienza di gestione del diritto di voto per tali cittadini alle elezioni europee. Resta da valutare una serie di importanti questioni relative al grado di regolamentazione della raccolta di firme e alla natura dei requisiti di verifica e autenticazione, in particolare: - se occorra imporre condizioni circa il luogo in cui le firme possono essere raccolte e le relative modalità (ad esempio mediante la diffusione di liste da compilare e firmare, per posta, presso centri ufficialmente designati, ecc.); - quali requisiti specifici per la verifica e l’autenticazione e quali caratteristiche di sicurezza risultino necessari ove le firme vengano raccolte in linea; - se la dichiarazione di sostegno di un cittadino a una determinata iniziativa debba essere verificata nello Stato membro del quale ha la cittadinanza o in quello di residenza; - quali misure di protezione dei dati personali vadano predisposte per la raccolta e l’elaborazione dei dati. Domande A livello dell'Unione, andrebbe fissata una serie comune di requisiti procedurali applicabili per la raccolta, verifica e autenticazione delle firme da parte delle autorità degli Stati membri? In quale misura gli Stati membri dovrebbero poter emanare disposizioni specifiche a livello nazionale? Occorrono procedure specifiche per garantire che i cittadini dell’Unione possano sostenere un’iniziativa popolare a prescindere dal paese di residenza? I cittadini dovrebbero poter sostenere un’iniziativa popolare in linea? In caso affermativo, quali criteri di sicurezza e di autenticazione andrebbero previsti? 6. Termine per la raccolta di firme Benché il trattato non preveda un termine per la raccolta delle firme, nei paesi europei in cui è contemplato il diritto di iniziativa popolare solitamente vige un termine, il quale varia da alcuni giorni (ad esempio, trenta giorni in Lettonia e sessanta in Slovenia) a diversi mesi (ad esempio, sei mesi in Spagna e diciotto in Svizzera). Inoltre, nel caso di un'iniziativa dei cittadini europei, l’introduzione di un termine sarebbe giustificata da svariate ragioni: spesso vi è un nesso con particolari questioni d’attualità e l'iniziativa può riguardare problemi che, in assenza di termini o in presenza di termini troppo lunghi, perdono rilevanza; inoltre, se il periodo è troppo lungo, può cambiare il contesto nel quale le persone manifestano il proprio sostegno (ad esempio se, nel frattempo viene modificata o adottata una normativa europea sullo stesso argomento). Se tuttavia viene imposto un termine, esso deve essere ragionevole e abbastanza lungo da consentire lo svolgimento di una campagna che tenga conto della maggiore complessità che una campagna d'azione su scala europea comporta. Tale obiettivo potrebbe essere conseguito prevedendo, ad esempio, un periodo di un anno[8]. Domande Si dovrebbe fissare un termine per la raccolta delle firme? In caso affermativo, il termine di un anno risulterebbe adeguato? 7. Registrazione delle iniziative proposte A prescindere dalla durata del termine, bisognerebbe fissarne la data di inizio e di fine. Nella maggior parte degli Stati membri, il termine decorre generalmente dall’avvenuto espletamento delle necessarie formalità di pubblicazione o di registrazione; in alcuni casi, tuttavia, esso è determinato dalla data di presentazione delle firme. La Commissione ritiene che qualora venga effettivamente stabilito un termine, si dovrebbe richiedere una forma di registrazione dell’iniziativa proposta prima che inizi la raccolta delle firme. Questa registrazione potrebbe essere effettuata dagli organizzatori dell’iniziativa su un apposito sito Internet messo a disposizione dalla Commissione. Essi dovrebbero caricare sul sito tutte le informazioni pertinenti (titolo, oggetto, obiettivi, contesto, ecc. dell’iniziativa proposta), mettendole così a disposizione del pubblico. Il sistema fornirebbe quindi all’organizzatore la conferma della registrazione, la data e un numero di registrazione, sulla cui base la campagna di raccolta delle firme potrà essere avviata. Oltre a segnare l'avvio del conto alla rovescia, la registrazione garantirebbe la trasparenza delle iniziative popolari oggetto di una campagna di mobilizzazione. La Commissione non ritiene tuttavia che il processo di registrazione debba comportare una sua decisione in merito all'ammissibilità dell’iniziativa proposta, e comunque un'eventuale verifica formale delle iniziative proposte non sarebbe opportuna prima della raccolta delle eventuali firme[9]. Un’impostazione del genere potrebbe provocare una certa confusione, dando l’impressione che la Commissione abbia avvallato in qualche modo le iniziative proposte sulla base di criteri non esclusivamente procedurali. Ne conseguirebbe la necessità di controlli che ritarderebbero l’inizio della raccolta delle firme. Dato, inoltre, che la ricevibilità e la sostanza delle iniziative non possono essere considerate disgiuntamente, non sarebbe opportuno procedere all’esame nella fase iniziale della registrazione. La Commissione riconosce che potrebbe esservi una certa riluttanza ad avviare un’iniziativa a livello dell'Unione, col rischio che in definitiva possa venire respinta in quanto non ammissibile. Si noti però che il criterio di dirimente – la proposta con cui si invita la Commissione ad agire dovrebbe rientrare nell’ambito delle sue attribuzioni – è sufficientemente chiaro e noto a livello UE. In ogni caso, in generale ci si può attendere che prima di varare un’iniziativa gli organizzatori abbiano valutato attentamente se essa rientri, sotto il profilo giuridico, nel novero delle competenze della Commissione. Domande È da ritenersi necessario un sistema obbligatorio di registrazione delle iniziative proposte? In caso affermativo, è accettabile che tale registrazione possa avvenire utilizzando un apposito sito Internet messo a disposizione dalla Commissione europea? 8. Requisiti che devono soddisfare gli organizzatori - Trasparenza e finanziamento Nella maggior parte dei casi, il lancio e l’organizzazione di una campagna relativa a un’iniziativa proposta dai cittadini europei richiederà il sostegno di organizzazioni o finanziamenti. La Commissione ritiene che, per garantire la trasparenza e un controllo democratico, gli organizzatori delle iniziative dovrebbero essere tenuti a fornire alcune informazioni essenziali, soprattutto in ordine alle organizzazioni promotrici e alle modalità di finanziamento presente o futuro. Oltre a essere nell’interesse dei cittadini intenzionati a dare il proprio sostegno, questa impostazione sarebbe conforme all’iniziativa europea per la trasparenza promossa dalla Commissione[10]. Qualora si optasse per il sistema prospettato di registrazione, le informazioni potrebbero venire fornite nel registro messo a disposizione dalla Commissione. Il regolamento potrebbe disporre altresì che gli organizzatori rendano pubbliche tutte le informazioni pertinenti su finanziamenti e aiuti nel corso della campagna. Per quanto riguarda la questione del finanziamento, si osservi che, fatte salve altre forme di cooperazione e sostegno alle organizzazioni della società civile, non è previsto alcun finanziamento pubblico specifico per le iniziative dei cittadini. Le disposizioni proposte ne tutelerebbero pertanto, l’indipendenza e il carattere popolare. A prescindere dalle condizioni imposte agli organizzatori in materia di trasparenza, è opportuno sottolineare che in numerosi sistemi nazionali vigono norme in merito a chi, di fatto, può agire in veste di organizzatore di un referendum d'iniziativa popolare. Tali disposizioni richiedono in generale che un’iniziativa venga presentata da cittadini o da comitati costituiti da un certo numero di cittadini. Poiché reputa che un requisito del genere potrebbe risultare troppo gravoso a livello di Unione europea, la Commissione preferirebbe non imporre restrizioni relative ai promotori di un’iniziativa; gli organizzatori potrebbero quindi essere singoli cittadini o organizzazioni. Il caso delle petizioni presentate al Parlamento europeo offre al riguardo un’utile analogia. Il trattato riconosce infatti a qualsiasi cittadino dell’Unione, nonché a ogni persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro, il diritto di presentare una petizione al Parlamento europeo[11]. Inoltre, gli organizzatori dovrebbero rispettare gli obblighi in materia di protezione dei dati personali in conformità della pertinente normativa nazionale che recepisce la legislazione comunitaria sulla protezione dei dati. Domande Quali condizioni specifiche andrebbero imposte agli organizzatori di un’iniziativa per garantire la trasparenza e un controllo democratico? È auspicabile che gli organizzatori siano tenuti a fornire informazioni sugli aiuti e sul finanziamento ricevuti per un’iniziativa? 9. Esame di un'iniziativa dei cittadini europei da parte della Commissione Una volta raccolto il numero di firme richiesto per un’iniziativa popolare e dopo la loro convalida da parte delle autorità competenti degli Stati membri, l’organizzatore può presentarla formalmente alla Commissione. Il trattato di Lisbona non fissa un termine entro il quale la Commissione è chiamata a occuparsi di un’iniziativa dei cittadini una volta che questa sia stata regolarmente presentata. Ciò potrebbe essere dovuto, in parte, al fatto che un’iniziativa può vertere su temi complesse e in tal caso la Commissione avrebbe bisogno di tempo per vagliarla attentamente prima di decidere quale azione intenda avviare; in alcuni casi, potrebbe risultare necessaria un’analisi dei meriti e dei limiti di un’iniziativa politica proposta. Si osservi che non è previsto alcun termine specifico neppure per l’esame delle petizioni da parte del Parlamento europeo. Fissare un termine sembra tuttavia conforme a buona prassi amministrativa, anche per evitare che la risposta della Commissione resti troppo a lungo nell’incertezza. In tal caso, il termine dovrebbe essere abbastanza lungo da consentire alla Commissione un'attenta disamina del contenuto dell’iniziativa presentata. D’altro canto, esso dovrebbe garantire che i sostenitori di un’iniziativa vengano informati entro un lasso di tempo ragionevole delle intenzioni della Commissione. Gli ordinamenti nazionali seguono criteri diversi con riferimento ai termini per l’esame dell'iniziativa popolare. Alcuni impongono termini compresi tra poche settimane e vari mesi, altri invece non fissano un termine specifico alle autorità. Si potrebbe quindi prevedere che la Commissione sia tenuta a esaminare un’iniziativa dei cittadini entro un termine ragionevole non superiore a sei mesi. Un’impostazione del genere comporterebbe una scadenza, lasciando al tempo stesso alla Commissione tempo suficiente per esaminare adeguatamente un'iniziativa, in funzione dell'eventuale complessità. La data d’inizio del periodo di esame coinciderebbe con la data di presentazione formale dell’iniziativa alla Commissione. L'informazione potrebbe essere notificata sull'apposito sito Internet di cui al punto 7. Durante questo periodo, la Commissione valuterebbe tanto l'ammissibilità di un’iniziativa (ossia se la richiesta rientri nell’ambito delle sue attribuzioni), quanto se la questione di fondo meriti ulteriori azioni da parte sua[12]. Dopo aver esaminato un’iniziativa, la Commissione dovrebbe illustrare le sue conclusioni in merito all’azione che intende avviare in una comunicazione da pubblicare e notificare al Parlamento europeo e al Consiglio. L’azione esposta nella comunicazione potrebbe comportare, all’occorrenza, eventuali studi e valutazioni di impatto in previsione di possibili proposte politiche. Domande Andrebbe previsto un termine per l’esame di un’iniziativa dei cittadini da parte della Commissione? 10. Iniziative riguardanti il medesimo argomento Non è possibile escludere a priori che vengano presentate diverse iniziative riguardanti il medesimo argomento. Il sistema di registrazione prospettato, tuttavia, assicurerebbe la necessaria trasparenza e permetterebbe quindi di evitare il rischio di doppioni. Permane comunque il rischio potenziale che la stessa richiesta venga presentata più volte, il che comporterebbe un onere eccessivo per il sistema e, col tempo, potrebbe comprometterne la reputazione di strumento serio di espressione democratica. Bisognerebbe valutare pertanto l’opportunità di ricorrere ad alcuni meccanismi dissuasivi o a termini tassativi per limitare la possibilità di ripresentare un’iniziativa (ad esempio, un’iniziativa popolare respinta non potrebbe essere ripresentata prima che sia trascorso un certo periodo di tempo). Non bisogna comunque dimenticare che, seppure alcune iniziative possono riguardare la stessa questione e contenere elementi simili, esse potrebbero non essere identiche. È inoltre probabile che le risorse operative e finanziarie richieste per lanciare un’iniziativa popolare nell'intera Unione europea finiscano col limitare ripetizioni e doppioni. Domande È opportuno introdurre norme volte a evitare che iniziative dei cittadini vengano rispettivamente presentate sul medesimo tema? In caso affermativo, il modo migliore per evitare questo rischio consisterebbe nell’introdurre meccanismi dissuasivi o termini tassativi? III COME RISPONDERE I contributi relativi al presente processo di consultazione vanno trasmessi alla Commissione entro il 31 gennaio 2010, via e-mail all’indirizzo "ECI-Consultation@ec.europa.eu" oppure per posta al seguente indirizzo: Commissione europea Segretariato generale Direzione E - Migliore regolamentazione e affari istituzionali Unità E.1 - Questioni istituzionali B - 1049 Bruxelles I contributi pervenuti saranno pubblicati su Internet salvo opposizione dell’autore, motivata dal fatto che la pubblicazione dei dati personali lederebbe i suoi legittimi interessi. In tal caso il contributo potrebbe essere pubblicato in forma anonima. Si incoraggiano le organizzazioni professionali che desiderano reagire al presente libro verde a iscriversi, ove non lo avessero già fatto, al registro dei rappresentanti d’interessi presso la Commissione (http://ec.europa.eu/transparency/regrin). Il registro è stato creato nell’ambito dell’iniziativa europea per la trasparenza, onde fornire alla Commissione e all’opinione pubblica informazioni sugli obiettivi, i finanziamenti e le strutture dei rappresentanti d’interessi. La Commissione potrebbe invitare quanti hanno inviato il proprio contributo a un’audizione pubblica sull'argomento del presente libro verde. [1] Articolo 11, paragrafo 4, del trattato sull’Unione europea. [2] Risoluzione del Parlamento europeo del 7 maggio 2009 recante richiesta alla Commissione di presentare una proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio per l’attuazione del diritto di iniziativa dei cittadini - P6_TA(2009)0389. [3] Articolo 20 del trattato sull’Unione europea. [4] Si tratta dell’opzione sostenuta dal Parlamento europeo nella sua risoluzione sul diritto di iniziativa dei cittadini. [5] Questa è la proposta presentata dal Parlamento europeo nella risoluzione sul diritto di iniziativa dei cittadini. [6] Articolo 11, paragrafo 4, del trattato sull’Unione europea. [7] Come riconosce altresì il Parlamento europeo nella sua risoluzione sul diritto di iniziativa dei cittadini. [8] Il termine di un anno è quello suggerito dal Parlamento europeo nella sua risoluzione sul diritto di iniziativa dei cittadini. [9] Nella sua risoluzione, il Parlamento europeo era piuttosto dell’avviso che si dovesse procedere a una verifica ex ante dell'ammissibilità . [10] Nella sua risoluzione, il Parlamento europeo ritiene che, ai fini della trasparenza, i promotori di un’iniziativa popolare debbano impegnarsi pubblicamente a dare conto del suo finanziamento e delle fonti da cui proviene. [11] Articolo 227 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea. [12] Nella sua risoluzione sul diritto di iniziativa dei cittadini, il Parlamento europeo ha suggerito un’impostazione in due fasi: la Commissione disporrebbe anzitutto di due mesi per verificare la rappresentatività di un’iniziativa e successivamente di altri tre mesi per esaminare l’iniziativa e prendere una decisione nel merito.