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Dokument 52008DC0639

    Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni relativa ad una raccomandazione della Commissione sul coinvolgimento attivo delle persone escluse dal mercato del lavoro {SEC(2008)2589} {SEC(2008)2590}

    /* COM/2008/0639 def. */

    52008DC0639

    Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni relativa ad una raccomandazione della Commissione sul coinvolgimento attivo delle persone escluse dal mercato del lavoro {SEC(2008)2589} {SEC(2008)2590} /* COM/2008/0639 def. */


    [pic] | COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE |

    Bruxelles, 3.10.2008

    COM(2008) 639 definitivo

    COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL CONSIGLIO, AL PARLAMENTO EUROPEO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI

    relativa ad una raccomandazione della Commissione sul coinvolgimento attivo delle persone escluse dal mercato del lavoro {SEC(2008)2589}{SEC(2008)2590}

    COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL CONSIGLIO, AL PARLAMENTO EUROPEO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI

    relativa ad una raccomandazione della Commissione sul coinvolgimento attivo delle persone escluse dal mercato del lavoro

    1. La lotta all'esclusione e alla povertà: una priorità dell'UE

    Combattere l'esclusione sociale e la povertà è una delle priorità dell'Unione europea; le sue attività in tale ambito si fondano sull'articolo 137 del trattato CE. Per quanto riguarda i diritti sociali fondamentali, quest'ultimo stipula che "la Comunità sostiene e completa le attività degli Stati membri nell' […] integrazione delle persone escluse dal mercato del lavoro". Due raccomandazioni del Consiglio[1] del 1992 esprimono la determinazione degli Stati membri a promuovere il diritto di tutti alle risorse di base e a preservare la qualità dei loro sistemi di protezione sociale. Gli Stati membri hanno attuato tali raccomandazioni progressivamente e più recentemente grazie al sostegno del metodo aperto di coordinamento (OMC sociale) sulla protezione e sull'inserimento sociale connesso alla strategia di Lisbona per la crescita e l'occupazione e alla strategia europea per l'occupazione (SEO).

    Gli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione (ovvero l'orientamento integrato n. 19) sottolineano la necessità di interazione tra le politiche di occupazione, i servizi sociali, la protezione sociale ed i sistemi fiscali anche al fine di mobilitare le persone più lontane dal mercato del lavoro ed in grado di lavorare. Tuttavia i tassi di povertà e di disoccupazione a lungo termine non sono scesi significativamente. Altri indicatori negativi (ad es. numero di abbandoni scolastici prematuri e di persone che vivono in famiglie disoccupate) confermano l'emergere di nuovi rischi sociali connessi ai cambiamenti delle nostre società, come sottolineato dalla rassegna della realtà sociale effettuata dalla Commissione nel 2007[2]. Malgrado i progressi realizzati, le politiche nazionali non hanno sempre individuato le risposte giuste alla crescente complessità dei plurisvantaggi che affliggono le persone vulnerabili e più lontane dal mercato del lavoro.

    A livello comunitario si è prestata maggiore attenzione alla progettazione e all'efficacia dei sistemi in uso negli Stati membri. Questo emerge soprattutto dalle relazioni comuni sulla protezione sociale e sull'inclusione sociale, dall'agenda sociale della Commissione per il 2005-2010, dalle due consultazioni pubbliche avviate dalla Commissione nel 2006 e nel 2007[3], dagli obiettivi comuni sull'inclusione sociale nell'ambito del metodo aperto di coordinamento adottati dal Consiglio europeo del 2005 (e confermati nel 2008), dalle conclusioni del Consiglio EPSCO del dicembre 2007 e dai successivi lavori in seno al comitato per la protezione sociale[4]. Il recente impegno delle parti sociali a negoziare un accordo autonomo per promuovere l'integrazione nelle imprese delle persone più lontane dal mercato del lavoro è anch'esso degno di nota.

    Il risultato di quest'attività è un ampio consenso a conferma del fatto che l'Unione europea può e deve dare nuovo impeto alla lotta contro l'esclusione e la povertà, nel pieno rispetto della sussidiarietà. La raccomandazione del Consiglio del 1992 su risorse e assistenza sociale sufficienti nei sistemi di protezione sociale è sempre un punto di riferimento, a patto che i principi in essa enunciati vengano attuati meglio ed integrati in una strategia più completa, comprendente principi comuni per mercati del lavoro che favoriscano l'inserimento e l'accesso a servizi di qualità rivolti alle situazioni specifiche delle persone escluse dalla società e dal mercato del lavoro. Un approccio olistico con il coinvolgimento di tutte le parti in causa, indicatori, monitoraggio e procedure di valutazione migliori garantiranno che le sinergie tra i tre elementi producano risultati ottimali inserendo nel mondo del lavoro un numero maggiore di persone attualmente escluse.

    Pubblicando la raccomandazione accompagnata dalla presente comunicazione la Commissione dà seguito a quanto annunciato all'avvio della seconda consultazione nel 2007, nella comunicazione del luglio 2008 sull'agenda sociale rinnovata e nella comunicazione sul rafforzamento del metodo aperto di coordinamento (OMC sociale). Il concetto di coinvolgimento attivo che la Commissione sta presentando s'inserisce perfettamente nella strategia di Lisbona e nella strategia integrata raccomandata per l'agenda sociale rinnovata, basata su tre principi: opportunità, accesso e solidarietà. Esso completa anche l'attività della Commissione volta a promuovere la flessicurezza e a rispondere agli sviluppi demografici e alle sfide della globalizzazione agevolando le transizioni per tutti e mobilitando le forze di produzione.

    2. Coinvolgimento attivo: la necessità di ulteriori misure

    2.1. Il contesto socioeconomico: persistenza della povertà e della disoccupazione e crescita delle situazioni di plurisvantaggio

    Per chi può lavorare, la via più sicura per uscire dalla povertà è ottenere un lavoro. Per taluni però l'accesso a tale via sembra restare difficile malgrado la crescita economica e l'aumento dell'occupazione. La disoccupazione a lungo termine rappresenta tuttora circa il 3%. Il 16% della popolazione è a rischio di povertà (cfr. diagramma 1 nell'allegato), una persona su cinque vive in abitazioni di livello carente. L'elemento ancora più preoccupante per il futuro è costituito dal fatto che la percentuale di bambini a rischio di povertà è del 19% circa e quella della dispersione scolastica resta elevata, intorno al 15%. La percentuale di persone che vivono in nuclei familiari dove nessuno lavora è restata stabile attorno al 10% tra il 2000 ed il 2005, prima di scendere di un punto percentuale nel periodo successivo, con quasi nessuna riduzione (0,3 punti percentuali) del numero di famiglie disoccupate con bambini.

    Le difficoltà e gli ostacoli che devono affrontare le persone a rischio di povertà si sommano gli uni agli altri: negli ultimi anni sono emerse nuove sfide sociali, connesse al passaggio all'economia postindustriale, la globalizzazione, i cambiamenti demografici e tendenze sociali quali la maggiore individualizzazione. Le realtà della povertà e dell'esclusione sociale sono diventate ancora più complesse: plurisvantaggi e privazioni, accompagnati da vari fattori di rischio quali la mancanza di risorse di base, problemi familiari, la mancanza della capacità di apprendere e di competenze informatiche, salute precaria, abitazioni inadeguate e mal ubicate, esclusione dalla società dell'informazione, mancanza di sostegno sociale, aggravata in taluni casi da discriminazione etnica.

    2.2. Resta necessario migliorare l'adeguatezza e la copertura dei regimi di reddito minimo

    I regimi di reddito minimo hanno avuto senza dubbio un effetto positivo sulla riduzione della povertà, anche se solo in modo marginale in vari Stati membri. Le cifre dimostrano che i trasferimenti sociali in genere hanno un impatto significativo sulla riduzione del tasso di povertà, con una quota di rischio pre-trasferimento pari al 26%, rispetto ad una quota post-trasferimento del 16% (cfr. diagramma 2 nell'allegato).

    Esse suggeriscono anche che la protezione sociale in paesi privi di un regime di reddito minimo come la Grecia e l'Italia ha una capacità più limitata in termini di riduzione della povertà. Questi fatti confermano che la raccomandazione del Consiglio del 1992 resta pertinente e che la sua attuazione va migliorata.

    Nella maggior parte degli Stati membri e per la maggioranza dei tipi di famiglie, l'assistenza sociale non basta, da sola, a far uscire i beneficiari dalla povertà. Come risulta dal diagramma 3 dell'allegato, il Regno Unito è l'unico Stato membro in cui, tenendo conto dei sussidi abitativi, il reddito netto dei beneficiari dell'assistenza sociale per tutti i tipi di nuclei familiari è superiore alla soglia di povertà secondo la definizione dell'UE, ovvero il 60% del reddito medio familiare. Solo in Danimarca, nei Paesi Bassi, in Svezia e in Irlanda le persone sole che beneficiano di assistenza sociale contano su un reddito superiore alla soglia di povertà. In tutti gli altri Stati membri esse restano ad un livello decisamente inferiore.

    L'efficacia dei regimi di reddito minimo dipende non solo dall'importo concesso, ma anche dalla loro impostazione specifica e dalle disposizioni di erogazione. Una percentuale significativa delle persone cui si rivolgono tali regimi non può beneficiarne effettivamente, o perché non ne fa richiesta o per altri motivi (non ammissibilità, calcolo erroneo degli importi, termini di pagamento, penali e sospensioni, detrazioni di sussidi per il rimborso di debiti).

    In UK, FR, DE e NL le stime della percentuale di utilizzo dell'assistenza sociale variano tra il 40% e l'80%[5]. La media dell'UE evidenzia però una realtà molto più preoccupante: solo il 18% della popolazione non attiva a rischio di povertà beneficia di assistenza sociale (anche tale cifra va precisata: non tiene conto di chi riceve altri tipi di sussidi[6]).

    2.3. Serve maggiore coerenza con le politiche che agiscono sul mercato del lavoro e l'accesso a servizi di qualità

    La raccomandazione del Consiglio del 1992 ha sottolineato che i regimi di reddito minimo devono essere coerenti con gli incentivi a lavorare. Inoltre, per combattere la povertà in modo efficace, tali regimi devono essere integrati in una strategia più ampia, volta a garantire che i beneficiari abbiano accesso alla formazione e al sostegno nella ricerca di lavoro e che possano godere di sostegno sociale. La realtà dimostra che in questi tre settori persistono grandi lacune, anche se vari Stati membri stanno attuando profonde riforme strutturali.

    Lavorare non sempre conviene

    La concezione dei regimi fiscali e di sussidi continua a creare disincentivi ad entrare nel mercato del lavoro per taluni suoi segmenti, quali ad esempio quello dei lavoratori non qualificati con basse prospettive di guadagno. Taluni Stati membri stanno attuando riforme volte a rendere il lavoro economicamente più interessante rispetto all'assistenza sociale, ma è necessario fare di più.

    I recenti risultati OCSE mostrano che il reddito supplementare (comparato ai sussidi di disoccupazione) che un disoccupato può ottenere accettando un nuovo lavoro viene ridotto notevolmente, di una percentuale media effettiva superiore al 60%, in quasi tutti i paesi e per quasi tutti i tipi di famiglie esaminati (cfr. tabella 1 dell'allegato). Questo è dovuto al fatto che quando le persone iniziano a lavorare non solo devono pagare tasse sulla loro retribuzione, ma perdono anche i sussidi ai quali prima avevano diritto. Gli ultimi interventi politici relativi ai regimi di reddito minimo cercano di affrontare questo disincentivo al lavoro, ad esempio combinando un sostegno adeguato di disoccupazione con misure a favore di chi lavora, quali il credito fiscale per le famiglie che lavorano (working families' tax credit) nel Regno Unito e la prevista adozione del reddito di solidarietà attiva ( revenu de solidarité active ) in Francia.

    Le persone più escluse dal mercato del lavoro necessitano di percorsi più personalizzati per accedere all'occupazione

    Le persone prive di capacità di apprendimento di base o disoccupate da lungo tempo non beneficiano facilmente di formazione standard o di sistemi di riconversione professionale. Inoltre, anche se riescono ad ottenere un lavoro, continuano a trovarsi in una situazione vulnerabile se non dispongono di un contesto che le sostiene. Secondo gli studi sui passaggi dalla disoccupazione al lavoro, compresi i contratti a tempo determinato, vi sono persone in età lavorativa che restano disoccupate e che rischiano sempre di più di restare disoccupate con l'aumento dell'età[7].

    Per affrontare tale problema taluni Stati membri (ad es. i Paesi Bassi) hanno cominciato a ristrutturare completamente le loro politiche di reinserimento e di riconversione professionale. Altri stanno elaborando politiche mirate di fornitura di lavoro per raggiungere le persone più escluse attraverso strumenti quali i microprestiti o incentivi per l'economia sociale. Queste positive innovazioni richiedono in generale una fornitura di servizi integrati.

    Accesso al sostegno sociale: l'anello mancante

    L'assenza di servizi per l'infanzia a prezzo accessibile è un chiaro esempio degli ostacoli che devono affrontare le persone più escluse dal mercato del lavoro, soprattutto i genitori soli. Secondo le stime OCSE, i costi netti sostenuti dal genitore per la custodia dei bambini rappresentano il 12% del reddito netto di un genitore solo con due bambini nella metà degli Stati membri per i quali si dispone di stime. Quest'importo è molto vicino al vantaggio netto ottenuto passando dalla disoccupazione all'occupazione retribuita se si tiene conto delle detrazioni fiscali per i genitori soli; la situazione costituisce un disincentivo al lavoro ed una trappola della povertà.

    Un requisito importante per la partecipazione al mercato del lavoro è la salute. Chi soffre di problemi di salute cronici non riesce ad inserirsi bene in un'occupazione permanente[8] o seguire una formazione che lo prepari ad un lavoro. In questa situazione si trovano molte persone a rischio di povertà, che soffrono oltre la media di salute cagionevole e hanno minore accesso all'assistenza sanitaria (cfr. tabella 2 dell'allegato).

    Anche un alloggio dignitoso, fisso e indipendente può essere una condizione importante per mantenere l'occupazione. Anche se è difficile ottenere dati sulle persone prive di alloggio o con alloggi non dignitosi, vi sono segnali dell'aumento di tale fenomeno, in particolare tra i giovani adulti, colpiti più spesso della media dalla disoccupazione o attivi con contratti di lavoro temporaneo o a tempo determinato. Molte ONG nell'UE aiutano le persone prive di alloggio, anche sostenendole nella ricerca di un'occupazione stabile. Anche queste organizzazioni riferiscono che si viene a creare un circolo vizioso in quanto tale sostegno spesso resta privo di risultati a causa dell'impossibilità di accedere ad alloggi dignitosi e finanziabili[9].

    3. Verso una strategia integrata per il coinvolgimento attivo basata su principi comuni

    3.1. Strategia integrata per il coinvolgimento attivo

    Concezione della strategia integrata

    L'analisi precedente suggerisce che il coinvolgimento attivo delle persone escluse dal mercato del lavoro richiede la progettazione e l'attuazione di una strategia completa, che integri un sostegno al reddito adeguato, mercati del lavoro che favoriscono l'inserimento e l'accesso a servizi di qualità. Le iniziative politiche devono definire una combinazione efficace dei tre elementi della strategia per il coinvolgimento attivo, tenere conto del loro impatto comune sull'integrazione sociale ed economica delle persone svantaggiate e delle loro eventuali interrelazioni, comprese le sinergie e le eventuali compensazioni.

    Le politiche del coinvolgimento attivo devono garantire coerenza con gli obiettivi seguenti: 1) sostenere l'attuazione dei diritti fondamentali; 2) promuovere la parità fra uomini e donne e la parità di opportunità; 3) affrontare le complessità dei plurisvantaggi e le situazioni ed esigenze specifiche dei vari gruppi vulnerabili; 4) migliorare la coesione territoriale tenendo conto delle circostanze locali e regionali; 5) essere coerenti con una strategia di ciclo di vita per la politica sociale e occupazionale, affinché esse sostengano la solidarietà tra generazioni e pongano fine alla trasmissione di povertà da una generazione all'altra.

    Affinché tale strategia integrata sia efficace va migliorato il coordinamento tra le agenzie ed i servizi pubblici. Inoltre anche le autorità locali, regionali, nazionali e comunitarie, con i loro ruoli specifici, le loro competenze e le loro priorità specifiche, devono cooperare più assiduamente. Anche altre parti in causa, comprese le vittime della povertà e dell'esclusione sociale, le parti sociali, le ONG e i fornitori di servizi devono partecipare attivamente all'elaborazione, all'attuazione e alla valutazione di strategie.

    3.2. Principi comuni per il coinvolgimento attivo

    Mentre le politiche di coinvolgimento attivo devono riflettere le varie situazioni nazionali, gli Stati membri dell'UE affrontano problemi analoghi a quelli esposti nella sezione 2. Per tale motivo risulta opportuno raggingere un consenso a livello dell'UE su una serie di principi comuni per il coinvolgimento attivo. La base di detti principi è stata preparata dai risultati delle consultazioni pubbliche della Commissione e degli intensi dibattiti con e fra gli Stati membri in seno al comitato per la protezione sociale e dal contributo attivo del comitato per l'occupazione. Tali principi, specifici per ognuno dei tre elementi del coinvolgimento attivo, possono aiutare gli Stati membri ad elaborare e attuare le loro strategie integrate di coinvolgimento attivo, per renderle più efficienti ed efficaci. Come segnalato in luglio nell'agedoa sociale rinnovata, la Commissione ritiene che una raccomandazione sul coinvolgimento attivo possa contribuire a orientare gli Stati membri enll'elaborazione e nell'attuazione delle loro strategie integrate di coinvolgimento attivo.

    3.3. Attuazione e monitoraggio dei principi comuni a livello dell'UE

    Per poter raggiungere risultati positivi, l'attuazione delle strategie per il coinvolgimento attivo deve essere coordinata e sorvegliata adeguatamente a livello nazionale e comunitario. A tal fine la Commissione ritiene positivo il lavoro svolto in seno al comitato per la protezione sociale e propone agli Stati membri di adottare entro la fine dell'anno conclusioni del Consiglio basate sulla raccomandazione allegata, che definisce una serie di principi comuni. Tali principi possono fungere da base delle attività comuni di coordinamento e di monitoraggio svolte dalla Commissione e dagli Stati membri nell'ambito del metodo aperto di coordinamento in campo sociale, in collaborazione con il comitato per la protezione sociale ed il comitato per l'occupazione.

    I progressi registrati nell'attuazione delle strategie di coinvolgimento attivo vanno presentati nelle relazioni comuni sulla protezione sociale e sull'integrazione sociale nonché nel quadro della strategia di Lisbona. Inoltre la Commissione è disposta ad adottare i provvedimenti necessari a migliorare o consolidare gli indicatori per il monitoraggio quantitativo. La rete degli osservatori delle autorità locali, che sarà finanziata dal programma Progress, fornirà anche un'analisi dello sviluppo e dell'attuazione delle strategie per il coinvolgimento attivo a livello locale e promuoverà l'apprendimento reciproco.

    [1] Raccomandazione 92/441/CEE del Consiglio (GU L 245 del 26.8.1992, pag. 46) e raccomandazione 92/442/CEE del Consiglio (GU L 245 del 26.8.1992, pag. 49).

    [2] SEC(2008) 1896.

    [3] COM(2006) 44; COM(2007) 620.

    [4] Conclusioni del Consiglio 16139/07 e nota orientativa del comitato per la protezione sociale sul coinvolgimento attivo del 3 luglio 2008.

    [5] Hernanz et al. (2004) Take-up of welfare benefits in OECD Countries:a review of the evidence; (Utilizzo dei sussidi sociali nei paesi OCSE, rassegna della situazione); doc. di lavoro n. 17 OECD Social, employment and migration.

    [6] Studio Ecorys 2008 richiesto dalla Commissione sul coinvolgimento attivo e Immervoll et al. (2004) Benefit coverage rates and household typologies: scope and limitations of tax-benefit indicators (Tassi di copertura dei sussidi e tipologie familiari: portata e limiti degli indicatori dei vantaggi fiscali), doc. di lavoro n. 20 OECD Social, employment and migration.

    [7] Occupazione in Europa 2004 , cap. 4.

    [8] Occupazione in Europa 2005 , cap. 5.

    [9] Relazione FEANTSA per il Parlamento europeo, 2008, e "Manifesto per l'inclusione sociale" del FNARS, 2007.

    Op