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Document 52006DC0844

    Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento Europeo - Programma indicativo per il settore nucleare Presentato, per parere, al Comitato economico e sociale europeo ai sensi dell’articolo 40 del trattato Euratom {SEC(2006) 1717} {SEC(2006) 1718} {SEC(2007) 12}

    /* COM/2006/0844 def. */

    52006DC0844

    Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento Europeo - Programma indicativo per il settore nucleare Presentato, per parere, al Comitato economico e sociale europeo ai sensi dell’articolo 40 del trattato Euratom {SEC(2006) 1717} {SEC(2006) 1718} {SEC(2007) 12} /* COM/2006/0844 def. */


    [pic] | COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE |

    Bruxelles, 10.1.2007

    COM(2006) 844 definitivo

    COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL CONSIGLIO E AL PARLAMENTO EUROPEO

    Programma indicativo per il settore nucleare Presentato, per parere, al Comitato economico e sociale europeo ai sensi dell’articolo 40 del trattato Euratom

    {SEC(2006) 1717}{SEC(2006) 1718}{SEC(2007) 12}

    Indice

    1. Introduzione 3

    2. Il mercato mondiale dell’energia 3

    2.1. Le spinte del mercato 3

    2.2. Prospettive mondiali e mercato dell’UE a 27 4

    2.3. Il Libro verde sulla strategia europea per un’energia sostenibile, competitiva e sicura e il ruolo dell’energia nucleare 5

    3. Gli investimenti dell’UE nel settore nucleare 6

    3.1. Le centrali nucleari, nell’UE e nel resto del mondo 6

    3.2. Notifiche di investimenti 7

    3.3. Prospettive di sviluppo e d’investimento 7

    4. L’impatto dell’energia nucleare sulla sicurezza di approvvigionamento, la competitività e la protezione dell’ambiente 10

    4.1. Il ruolo svolto dal nucleare nella sicurezza dell’approvvigionamento 10

    4.2. Energia nucleare e competitività 12

    4.3. Aspetti economici delle centrali nucleari 14

    4.4. Energia nucleare e cambiamenti climatici 16

    5. Condizioni di accettabilità dell’energia nucleare 18

    5.1. Accettazione da parte dell’opinione pubblica 18

    5.2. Sicurezza nucleare 18

    5.3. Smaltimento dei rifiuti radioattivi 20

    5.4. Disattivazione 21

    5.5. Radioprotezione 21

    6. Azioni a livello dell’UE 22

    6.1. Il quadro normativo (trattato Euratom) 22

    6.2. Le proposte della Commissione in materia di sicurezza nucleare 23

    6.3. Programma europeo di protezione delle infrastrutture critiche 24

    6.4. Ricerca Euratom 24

    6.5. Orientamenti per il futuro 24

    7. Conclusioni 25

    INTRODUZIONE

    L’articolo 40, Titolo II, Capo 4 del trattato Euratom dispone che la Commissione “ pubblica periodicamente dei programmi a carattere indicativo, riguardanti in particolare obiettivi di produzione di energia nucleare e gli investimenti di qualsiasi natura richiesti dalla loro realizzazione ”. Dal 1958 sono stati pubblicati quattro programmi indicativi ed un aggiornamento[1].

    Il presente programma indicativo per il settore nucleare illustra la situazione attuale del nucleare nell’Unione europea e gli scenari possibili per il futuro, nella prospettiva di una strategia energetica di più vasto respiro. Il programma fornisce una base per la discussione dell’opzione nucleare nell’ambito del dibattito in corso sulla politica energetica dell’UE. Le grandi linee della politica energetica europea sono state definite dalla Commissione europea in un recente Libro verde[2] e nel Riesame strategico della politica energetica[3]. In questo contesto, il programma indicativo per il settore nucleare intende presentare altresì un’analisi fattuale del ruolo che il settore nucleare potrebbe svolgere a fronte delle crescenti preoccupazioni concernenti la sicurezza dell’approvvigionamento di energia e le emissioni di CO2, mantenendo la sicurezza e la protezione nucleare al centro del processo decisionale. Indipendentemente dalle scelte operate dagli Stati membri nel settore dell’energia, l'UE deve intraprendere un’azione coerente nel settore della sicurezza nucleare, della disattivazione degli impianti e della gestione dei rifiuti.

    Le centrali nucleari producono attualmente circa un terzo dell’energia elettrica e il 15% dell’energia consumata nell’Unione europea (EU)[4]. Il nucleare rappresenta attualmente in Europa la maggiore fonte di energia senza emissioni di carbonio (CO2).

    IL MERCATO MONDIALE DELL’ENERGIA

    Le spinte del mercato

    La domanda mondiale d’energia dovrebbe aumentare del 60% entro il 2030. Il consumo di petrolio, ad esempio, è aumentato del 24% nel corso degli ultimi dieci anni e, stando alle proiezioni, la domanda mondiale aumenterà dell’1,6% all’anno[5].

    La dipendenza dell’UE dalle importazioni è in aumento. Sulla base delle tendenze attuali, nei prossimi 20-30 anni le importazioni copriranno il 65% circa del fabbisogno energetico dell’Unione, a fronte dell’attuale 50%; in parte, l’energia importata proverrà da regioni del mondo la cui stabilità politica desta preoccupazione[6]. Le riserve di fonti energetiche primarie sono concentrate in un numero limitato di paesi. Circa la metà del gas utilizzato nell’UE proviene da Russia, Norvegia e Algeria. Se si confermano le tendenze attuali, il consumo mondiale di gas aumenterà del 92% nel corso dei prossimi 25 anni4.

    Il prezzo del gas e del petrolio è quasi raddoppiato negli ultimi due anni, con il conseguente rincaro delle tariffe dell’energia elettrica. Nonostante i prezzi elevati, la domanda mondiale d’energia continua a crescere; nel 2004 è aumentata del 4,3%, trainata soprattutto dai paesi in via di sviluppo. La Cina ha generato, da sola, il 75% dell’aumento della domanda di carbone. Il fabbisogno energetico pro capite in Asia, in Africa e in Sudamerica è attualmente soltanto una frazione di quello dei cittadini dell’UE. Tuttavia, la domanda di energia delle economie emergenti di Cina e India è destinata senza dubbio ad aumentare e questi due paesi incideranno, da soli, sull’equilibrio energetico del prossimo futuro.

    Nell’UE, nonostante i continui sforzi volti a migliorare l’efficienza energetica, la domanda ha registrato un incremento dello 0,8% all’anno, mentre le più recenti previsioni indicano un aumento del fabbisogno di energia elettrica nell'UE dell'1,5% circa, a scenario immutato. Di conseguenza, in mancanza di provvedimenti adottati sulla base del Riesame strategico della politica energetica, le emissioni di gas a effetto serra potrebbero aumentare di un ulteriore 5% entro il 2012, in evidente contrasto con l’obiettivo stabilito nel protocollo di Kyoto, ovvero una riduzione dell’8% delle emissioni nel medesimo arco temporale.

    Il ricorso ai combustibili fossili comporta un aumento delle emissioni di CO2 e di altre sostanze nell’ambiente. Il clima mondiale si sta riscaldando. Secondo il Gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici, le emissioni di gas a effetto serra hanno già portato all’innalzamento dello 0,6 °C della temperatura mondiale media[7].

    Prospettive mondiali e mercato dell’UE a 27

    Nel 2005, l’UE era il principale produttore di energia elettrica da fonte nucleare[8] al mondo (944,2 TWh(e)). L’Unione dispone di un’industria nucleare matura che copre l’intero ciclo del combustibile e può vantare una base tecnologica e competenze proprie. Gli aspetti della sicurezza delle installazioni nucleari e sulla protezione della popolazione sono sempre stati seguiti attentamente. La recente liberalizzazione dei mercati dell’energia elettrica ha sensibilmente modificato gli scenari d’investimento rispetto agli anni 1970 e 1980, periodo nel quale è stata costruita la maggior parte delle centrali nucleari.

    La Comunità ha rafforzato le sue relazioni internazionali mediante accordi che facilitano il commercio delle materie e delle tecnologie nucleari, perseguendo una politica di diversificazione degli approvvigionamenti e di più stretta cooperazione nel settore del trasferimento di tecnologia e degli scambi con i paesi non comunitari[9]. Inoltre l’UE ha continuato a promuovere la ricerca e lo sviluppo nel settore della sicurezza nucleare, della riduzione e del trattamento dei rifiuti radioattivi, dello stoccaggio definitivo dei rifiuti e delle tecnologie nucleari innovative. Nel maggio 2006 Euratom è diventato membro a pieno titolo del Forum Generazione IV, che studia nuovi progetti per potenziali reattori futuri capaci di rendere più economica e più sicura la produzione di energia elettrica, migliorare la sicurezza, ridurre i problemi connessi con la proliferazione di armi nucleari e produrre meno rifiuti.

    Le economie emergenti o consolidate dell’Asia, quali Giappone, Corea del Sud, Cina e India, così come la Russia e gli Stati Uniti, stanno progettando di aumentare la loro capacità di produzione nucleare, in modo da accrescere la percentuale dei loro crescenti fabbisogni di energia coperta dal nucleare. La situazione internazionale richiede un’attenzione costante e politiche coerenti con gli sviluppi nucleari in altre regioni del mondo, in considerazione delle potenziali implicazioni geopolitiche mondiali per la sicurezza, la salute, l’industria e l’opinione pubblica.

    Nell’Unione europea, Finlandia e Francia hanno deciso di costruire nuovi reattori nucleari. Altri Stati membri, compresi Paesi Bassi, Polonia, Svezia, Repubblica ceca, Lituania (in collaborazione con Estonia e Lettonia), Slovacchia, Regno Unito nonché Bulgaria e Romania, hanno riaperto il dibattito sulla loro politica nucleare, con la possibile conseguenza di un incremento della potenza e dell’estensione della vita utile delle centrali esistenti, oppure di un ulteriore discussione concernente la loro sostituzione o la pianificazione di nuove centrali. Germania, Spagna e Belgio proseguono per il momento le loro politiche di abbandono progressivo del nucleare.

    Il Libro verde sulla strategia europea per un’energia sostenibile, competitiva e sicura e il ruolo dell’energia nucleare

    Si è probabilmente conclusa l’epoca dell’energia a basso prezzo, soprattutto a causa di una forte domanda mondiale e dell’insufficienza di investimenti nelle capacità di produzione, di distribuzione e di trasporto nel corso degli ultimi decenni. In questo contesto, il Riesame strategico della politica energetica e il Libro verde del 2006 sulla strategia europea per un’energia sostenibile, competitiva e sicura sottolineano la necessità di procedere ad ingenti investimenti nell’UE nei prossimi vent’anni per sostituire gli impianti superati di produzione d’energia elettrica. I documenti caldeggiano anche il ricorso ad un mix energetico più sostenibile, efficace e differenziato.

    Benché gli Stati membri e i produttori d’energia siano liberi di scegliere il proprio mix energetico, le scelte nazionali in materia d’energia nucleare possono avere ripercussioni sugli altri Stati sotto il profilo degli scambi di energia elettrica, della dipendenza globale dell’UE dalle importazioni di combustibile fossile, delle emissioni di CO2, della competitività e della protezione dell’ambiente.

    Il futuro dell’energia nucleare nell’UE dipende in primo luogo dai vantaggi economici che offre, dalla sua capacità di fornire energia elettrica in modo affidabile e conveniente in termini di costi per contribuire alla realizzazione degli obiettivi di Lisbona, dal contributo al conseguimento degli obiettivi della politica energetica comune, dalle garanzie di sicurezza, dall’impatto sull’ambiente e dall’accettazione da parte dell’opinione pubblica. La produzione di energia dal nucleare può contribuire agli obiettivi del Riesame strategico della politica energetica e, in particolare, alle principali priorità definite nel Libro verde[10]: sicurezza dell’approvvigionamento, competitività e sviluppo sostenibile. Inoltre, la sicurezza nucleare, la disattivazione dei reattori nucleari al termine del ciclo di vita, la gestione, il trasporto e lo smaltimento definitivo dei rifiuti radioattivi e la non proliferazione sono questioni importanti che devono continuare ad essere affrontate attivamente.

    GLI INVESTIMENTI DELL’UE NEL SETTORE NUCLEARE

    Le centrali nucleari, nell’UE e nel resto del mondo

    Ad oggi esistono nel mondo, in 31 paesi, 443[11] reattori nucleari per la produzione di energia elettrica a fini commerciali, con una potenza totale di 368 Gwe, che forniscono il 15% dell’energia elettrica mondiale. Inoltre, 56 paesi dispongono di un totale di 284 reattori di ricerca a fini scientifici. Altri 220 reattori nucleari sono utilizzati per la propulsione di navi militari. Attualmente nel mondo sono in fase di costruzione 28 reattori nucleari, altri 35 sono oggetto di progetti già confermati, con una potenza installata pari al 6% e al 10%, rispettivamente[12].

    Poche sono le centrali nucleari costruite dopo gli anni 1980, ma quelle in esercizio producono fino al 20% di energia elettrica in più, a seguito di interventi di aumento della potenza e di un maggiore tasso di utilizzo (periodi di chiusura più brevi e minor numero di incidenti). Dal 1990 al 2004, la potenza installata mondiale è aumentata di 39 GWe (pari al 12%, considerando sia le nuove centrali sia le operazioni di aumento di potenza di alcuni impianti esistenti), e la produzione d’energia elettrica è aumentata di 718 miliardi di KWh (38%). Le centrali superate chiuderanno nel giro dei prossimi 10-20 anni, con la conseguente diminuzione della parte del nucleare nella produzione totale di energia elettrica[13]. L’Agenzia internazionale dell’energia calcola, nello scenario di riferimento presentato nelle sue prospettive mondiali dell’energia nel 2006 basate sull'ipotesi del mantenimento delle politiche attuali, che la parte dell’energia nucleare passerà dal 15% odierno a meno dell’8% nel 2030.

    Un quarto dei reattori nel mondo ha un fattore di carico[14] superiore al 90%, e circa i due terzi superano il 75%. Queste cifre indicano un tasso d’utilizzo vicino al massimo, dato che la maggior parte dei reattori deve essere chiusa ogni 18-24 mesi per la ricarica del combustibile.

    Nell’EU a 27[15] si contano 152 reattori nucleari di produzione di energia elettrica in 15 Stati membri. La media dell’età dei reattori si aggira sui 25 anni[16]. Nel caso della Francia, che possiede il parco di reattori più numeroso (59) dal quale riceve l’80% della sua energia elettrica, e della Lituania, in cui una sola centrale nucleare garantisce il 70% della produzione d’energia elettrica, la media dell’età dei reattori è di 20 anni. Il parco di 23 centrali nel Regno Unito ha una media d’età attorno ai 30 anni, mentre l’età media del parco tedesco (17 centrali) è di 25 anni.

    Atteso che il nucleare soddisfa un terzo del fabbisogno dell’Unione di energia elettrica, e che una centrale è generalmente progettata per una durata di 40 anni, si impongono alcune decisioni sull’estensione della vita utile di alcune centrali, laddove è garantita la sicurezza, o su nuovi investimenti per soddisfare la domanda prevista e sostituire le infrastrutture invecchiate nei prossimi venti anni. In considerazione del mix energetico attuale dell’UE, nell’ipotesi che sia mantenuta la politica d’abbandono progressivo perseguita da alcuni Stati membri dell’UE, e senza prolungare la durata di vita delle centrali né costruirne di nuove, la parte del nucleare nella produzione d’energia elettrica si ridurrà sensibilmente. Tenendo conto che generalmente sono necessari dieci anni per costruire una nuova centrale nucleare[17], è indispensabile prendere delle decisioni se si vogliono sostituire le centrali nucleari esistenti con centrali nuove, anche solo per mantenere la parte attuale del nucleare nella produzione di energia elettrica.

    Notifiche di investimenti

    Ai sensi dell’articolo 41 del trattato Euratom, i progetti d’investimento concernenti il ciclo del combustibile nucleare nell’UE devono essere notificati alla Commissione prima della stipulazione dei contratti con i fornitori, o, se i lavori devono essere realizzati con i mezzi propri dell’impresa, tre mesi prima dell’inizio di questi.

    Dal 1997, in totale sono stati notificati alla Commissione diciannove progetti. Dieci progetti riguardavano impianti in Francia, di cui 7 destinati a sostituire generatori di vapore in centrali nucleari, uno per la costruzione di un centro di trattamento e di stoccaggio di rifiuti radioattivi (CEDRA) a Cadarache, uno per la costruzione di un nuovo impianto di arricchimento dell’uranio (Georges Besse II) a Tricastin, che utilizza la tecnologia della centrifugazione, e infine uno per la costruzione di una nuova centrale EPR nel sito di Flamanville.

    Nel 2004, la Finlandia ha notificato alla Commissione un progetto di costruzione di una nuova centrale nucleare a Olkiluoto, la prima ad essere costruita nell’UE da oltre un decennio. Vanno menzionate anche le operazioni di modernizzazione e d’aumento delle capacità nei tre impianti di arricchimento (Urenco) in Germania, nei Paesi Bassi e nel Regno Unito, la costruzione di un impianto di vetrificazione dei rifiuti di alta attività (VEK) a Karlsruhe in Germania, nonché la sostituzione dei generatori di vapore nella centrale di Tihange, in Belgio.

    Prospettive di sviluppo e d’investimento

    La presente sezione illustra sinteticamente la situazione nei diversi paesi che producono attualmente energia nucleare. Maggiori dettagli sono disponibili nell’Allegato II.

    A metà 2004 il Belgio ha annunciato uno studio concernente una nuova politica energetica che contemplava la possibilità di un’uscita progressiva dal nucleare entro il 2030 e prevedeva la chiusura della prima installazione verso il 2015. La legislazione in vigore impone la chiusura definitiva delle centrali nucleari dopo 40 anni di esercizio commerciale, ma sono previste deroghe per ragioni inerenti alla sicurezza di approvvigionamento. Nel giugno 2006, il governo federale ha scelto Dessel come centro di stoccaggio in superficie dei rifiuti di bassa e media attività a vita breve, che dovrebbe entrare in servizio tra il 2015 e il 2020.

    In Bulgaria , la centrale di Kozloduy comprendeva quattro unità alla fine del 2006. Due unità sono state chiuse, conformemente agli impegni assunti in occasione dei negoziati d’adesione. Le operazioni di disattivazione di queste unità sono sostenute mediante fondi comunitari. Per compensare la chiusura delle due unità e far fronte alla crescente domanda d’energia elettrica nella regione, due reattori supplementari sono in fase avanzata di progettazione nel sito di Belene.

    České energetické závody (ČEZ), esercente delle due centrali nucleari della Repubblica ceca , Dukovany e Temelín, ha iniziato nel 2003 un ambizioso programma di modernizzazione delle sue centrali, intesa non solo a migliorarne la competitività e la sicurezza, ma anche a prorogare le licenze di esercizio da 30 a 40 anni. Benché la chiusura dell’ultima miniera d’uranio ancora utilizzata nella Repubblica ceca (Dolní Rožinka), la cui produzione in passato era considerevole, sia stata programmata nel 2005, l’aumento dei prezzi dell’uranio spinge le autorità ceche a considerare la possibilità di mantenerla in attività.

    L’autorizzazione per la costruzione della quinta centrale nucleare della Finlandia , un reattore europeo ad acqua pressurizzata (EPR) di una potenza di 1600 Mw, a Olkiluoto, è stata rilasciata alla società Teollisuuden Voima Oy (TVO) nel febbraio 2005. I lavori sono già cominciati e l’entrata in servizio è prevista per il 2009-2010. Secondo TVO, a motivo dei ritardi nella costruzione, l’entrata in servizio sarà rinviata al 2010-11. Le unità di Olkiluoto 1 e Olkiluoto 2 sono passate a 860 Mw di potenza per una durata di esercizio di 60 anni.

    Posiva Oy sta costruendo un impianto sotterraneo sperimentale (Onkalo) nella base rocciosa di Olkiluoto, al fine di acquisire le informazioni necessarie per la richiesta dell’autorizzazione di costruire un deposito sotterraneo, da sottoporre alle autorità finlandesi nel 2012. Il deposito, una volta chiuso, non richiederà alcuna sorveglianza. Le autorità hanno tuttavia deciso che uno dei presupposti è la possibilità di recuperare i rifiuti. Esistono progetti d’ampliamento dei centri di stoccaggio dei rifiuti di bassa e media attività nei siti di Olkiluoto e Loviisa (in cui i rifiuti radioattivi sono conservati in caverne e sili scavati nella base rocciosa nei pressi delle centrali) affinché possano accogliere rifiuti derivanti dalla disattivazione. I costi stimati del centro di stoccaggio e delle altre attività di gestione dei rifiuti sono inclusi nel prezzo dell’energia elettrica d’origine nucleare, percepiti dai produttori d’energia elettrica e depositati nel fondo pubblico per la gestione dei rifiuti nucleari.

    Nel 2003, prima che il governo presentasse la legge sull’energia, era stata avviata in Francia una consultazione nazionale sui problemi energetici. Dalla consultazione è emerso che il nucleare doveva continuare a rappresentare una parte preponderante nel mix energetico francese. Due delle questioni affrontate nel corso del dibattito riguardavano la sostituzione del parco di centrali in esercizio, a partire dal 2020, e il riscaldamento globale. La nuova legge mantiene l’opzione nucleare, ma prevede anche impegni volti alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra. Dopo l’adozione della legge il governo ha accolto la richiesta di Electricité de France (EdF) per la costruzione di un reattore EPR, il secondo nell’UE, che dovrebbe entrare in servizio nel 2012.

    In Germania è in vigore una legge relativa al progressivo abbandono del nucleare (“ Atomausstiegsgesetz ”) in base alla quale i produttori di energia nucleare e il governo federale hanno stabilito la quantità totale di energia nucleare da produrre in un tempo determinato - 32 anni - sulla base delle stime delle quote di produzione. Gli esercenti hanno anche convenuto di cessare i trasferimenti di combustibile esaurito, ai fini del ritrattamento, a partire dal 2005. Per evitare i trasporti verso il centro di stoccaggio provvisorio di Gorleben, è stato necessario costruire impianti di stoccaggio in molte centrali. Due centrali sono state chiuse: Stade nel 2003 e Obrigheim nel 2005; 17 centrali restano in esercizio. L’autorizzazione per la disattivazione è stata rilasciata nel luglio 2004 per la centrale di Mülheim-Kärlich. La fase finale di espansione dell’impianto di arricchimento di Urenco a Gronau è stata approvata ed è stata rilasciata l’autorizzazione per l’aumento di capacità dell’impianto di fabbricazione del combustibile della società Advanced Nuclear Fuels a Lingen.

    Le quattro unità della centrale di Paks in Ungheria (tutte reattori VVER-440/213 di seconda generazione) sono state fornite dalla società russa Atomenergoexport. Un programma di modernizzazione ha successivamente permesso di aumentarne la potenza nominale. Negli ultimi cinque anni sono stati svolti importanti lavori in vista della proroga di altri 20 anni della loro licenza di esercizio. Paks progetta inoltre di aumentare la potenza elettrica di ciascuna unità di un ulteriore 10%. Un fondo centrale è stato costituito per il finanziamento della gestione dei rifiuti e delle attività di disattivazione nel sito di Paks. Gli studi per la selezione di una località adeguata per un nuovo centro di stoccaggio di rifiuti di bassa e media attività hanno individuato il comune di Bátaapáti che, nel 2005, aveva votato a favore del progetto.

    La Lituania che si era impegnata, in occasione dei negoziati d’adesione all’UE, a chiudere i due reattori di progettazione russa della centrale di Ignalina, la cui modernizzazione non era stata ritenuta economicamente vantaggiosa, ha deciso di conservare l’opzione nucleare. Un protocollo d’accordo è stato firmato nel marzo 2006 con l’Estonia e la Lettonia sui preparativi in vista della costruzione di un nuovo reattore nucleare. A seguito di uno studio di fattibilità inteso a promuovere, nei paesi baltici, le attività a favore della sicurezza energetica, i governi dei tre Stati baltici hanno siglato un accordo di principio riguardante la costruzione di una nuova centrale nucleare in Lituania. Il governo lituano dovrebbe adottare nel 2007 la legislazione che permette di ratificare questa decisione.

    Il governo dei Paesi Bassi e la società Elektriciteits Produktiemaatschappij Zuid (EPZ), proprietario della centrale di Borssele, hanno firmato un accordo relativo ad una nuova proroga della sua durata di esercizio. A condizione che siano garantite le condizioni di sicurezza e rimanga economicamente vantaggiosa, questa centrale continuerà a produrre energia elettrica fino al 2033. Il governo intende rivedere le disposizioni legislative e regolamentari allo scopo di precisare le condizioni applicabili alla costruzione di nuove centrali nucleari, con particolare considerazione alla questione dei rifiuti radioattivi e alle misure da adottare per prevenire il rischio di attacchi terroristici.

    La Romania dispone di una centrale nucleare (Cernavoda 1). Una seconda unità è in costruzione in questo sito e dovrebbe entrare in servizio nel 2007. I preparativi per la costruzione di due nuove unità cominceranno nel 2007. La Romania prevede di raddoppiare la produzione di energia elettrica entro il 2009, e di triplicarla entro il 2015.

    Nel febbraio 2005, il Ministro dell’economia slovacco ha autorizzato la cessione del 66% di Slovenské Elektrárne, l’esercente nucleare nazionale, alla società italiana Enel S.p.A. la Slovacchia si è impegnata, tra le condizione di adesione all’UE, a chiudere due dei suoi sei reattori di progettazione russa, Bohunice 1 e 2, la cui modernizzazione non era stata ritenuta economicamente vantaggiosa.

    La Slovenia è comproprietaria della centrale di Krsko assieme alla Croazia. Nel 1990 sono cessate le attività di estrazione dell’uranio dalla miniera di Zirovski VRH, che è in fase di disattivazione.

    In Spagna , la politica attuale del governo in materia di energia nucleare consiste nella riduzione progressiva della sua partecipazione nella produzione nucleare, ma senza compromettere in nessun caso la sicurezza dell’approvvigionamento elettrico. La centrale di Jose Cabrera (Zorita), la più piccola e la più vecchia centrale nucleare del parco spagnolo, è stata definitivamente dismessa nell’aprile 2006, dopo 38 anni di esercizio. Le attività di disattivazione di questa centrale cominceranno nel 2009. La strategia principale definita dal VI Piano generale per i rifiuti radioattivi, approvato dal governo il 23 giugno 2006, è fondata sulla disponibilità, entro il 2010, di un impianto di stoccaggio temporaneo centralizzato.

    Gli esercenti dei 10 reattori nucleari della Svezia hanno tutti annunciato programmi di modernizzazione, che comporteranno aumenti notevoli di potenza. In risposta a questi progetti, l’autorità di sicurezza ha emanato nuove norme riguardanti il ricondizionamento dei reattori superati ai fini della loro conformità alle nuove norme di sicurezza. La società svedese di gestione del combustibile e dei rifiuti nucleari (SKB), costituita dagli esercenti nucleari, dovrebbe depositare nel 2006 una domanda d’autorizzazione per un impianto di condizionamento dei rifiuti che dovrebbe essere installato nei pressi del centro di stoccaggio provvisorio di Oskarshamn. La richiesta di autorizzazione per il deposito di profondità è programmata per il 2008.

    Il 1º aprile 2006, la Nuclear Decommissioning Authority (NDA) del Regno Unito ha acquisito la proprietà della maggior parte dei siti nucleari civili ed è responsabile della gestione di tutti i rifiuti esistenti nel paese. Questo trasferimento comprende l’intera passibilità nucleare civile del settore pubblico detenuto dall’Autorità dell’energia atomica (UKAEA) e gran parte della passività di British Nuclear Fuels plc. BNFL, assieme ai corrispondenti attivi di BNFL. Il Regno Unito dispone in totale di 39 reattori e di 5 impianti di ritrattamento del combustibile, ai quali si aggiungono altri impianti di ricerca o relativi al ciclo del combustibile, distribuiti in 20 siti, compresi i vecchi reattori Magnox che dovrebbero essere tutti chiusi entro il 2010.

    Quando la NDA è entrata in funzione, UKAEA e BNFL hanno continuato a gestire la maggior parte dei loro vecchi impianti sulla base di un contratto stipulato con la NDA. Il progetto tuttavia prevede che si tratti di un accordo temporaneo. A partire dal 2008, la NDA indirà gare d’appalto per i contratti di gestione; BNFL e la UKAEA si troveranno allora in concorrenza con altre società, comprese quelle americane. L’analisi della situazione energetica nel Regno Unito, nel luglio 2006, sottolineava che l’energia nucleare sarà una componente importante nel mix energetico futuro del Regno Unito destinato alla produzione di energia elettrica, assieme ad altre opzioni che comportano ridotte emissioni di carbonio.

    L’IMPATTO DELL’ENERGIA NUCLEARE SULLA SICUREZZA DI APPROVVIGIONAMENTO, LA COMPETITIVITÀ E LA PROTEZIONE DELL’AMBIENTE

    La presente sezione analizza il ruolo dell’energia nucleare rispetto alle tre principali priorità del Libro verde del 2006: la sicurezza dell’approvvigionamento, la competitività rispetto agli altri modi di produzione d’energia secondaria, e il contributo alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra.

    Il ruolo svolto dal nucleare nella sicurezza dell’approvvigionamento

    Prima della liberalizzazione del settore energetico, spettava alle autorità pubbliche tenere conto della sicurezza dell’approvvigionamento nella pianificazione dei loro sistemi energetici, mirando a costituire un portafoglio differenziato e sicuro di fonti d’approvvigionamento. Dall’entrata in vigore della legislazione relativa alla liberalizzazione, il ruolo dei governi è evoluto e consiste ora nella creazione di adeguate condizioni che garantiscano la concorrenza. Nei mercati liberalizzati, le decisioni d’investimento sono prese dagli investitori e non dalle autorità pubbliche.

    L’energia nucleare può contribuire alla diversificazione e alla sicurezza a lungo termine dell’approvvigionamento energetico, per le ragioni seguenti:

    - Limitata importanza della materia prima (l’uranio naturale) e sua disponibilità

    Le installazioni nucleari sono molto poco sensibili alle variazioni del prezzo del combustibile, contrariamente ad altri tipi di centrali. Il combustibile nucleare, comprese l’estrazione dell’uranio, l’arricchimento e la fabbricazione del combustibile, rappresenta circa 10-15% del costo totale della produzione di energia elettrica. Inoltre, il mantenimento di stock strategici, sufficienti a coprire diversi anni di consumo, è facilmente realizzabile senza rappresentare un onere finanziario significativo per gli utenti.

    Non è prevista alcuna penuria d’uranio nel prossimo futuro. L’aumento del prezzo dell’uranio ha portato a una maggiore prospezione e produzione, ma ha avuto una debole incidenza sul costo dell’energia elettrica di origine nucleare[18]. Nella prospettiva del prossimo decennio, il mercato probabilmente aumenterà in misura modesta, senza considerevoli conseguenze sui costi di produzione[19]. Le riserve d’uranio conosciute, ragionevolmente sicure e utilizzabili a prezzi competitivi possono sopperire al fabbisogno dell’industria nucleare per almeno 85 anni[20] all’attuale livello dei consumi.

    La produzione primaria d’uranio (nuova estrazione) è inferiore alle necessità dei reattori dal 1985. La differenza è stata colmata dalle fonti secondarie (stock, combustibile riciclato e diluizione dell’uranio fortemente arricchito di provenienza militare). Si prevede che le fonti secondarie saranno esaurite entro il 2020 e pertanto è necessario intensificare le prospezioni minerarie. Le imprese europee quali Areva detengono partecipazioni nelle miniere del Canada e del Niger. La Finlandia, la Slovacchia e la Romania studiano la possibilità di estrarre uranio.

    Il trattato Euratom dispone che tutti gli utilizzatori della Comunità devono fruire di un regolare ed equo approvvigionamento in minerali e combustibili nucleari . Stabilisce una politica comune d’approvvigionamento secondo il principio dell’uguale accesso alle fonti di approvvigionamento e il divieto di pratiche volte ad assicurare una posizione di privilegio a determinati utilizzatori. L’attuazione delle citate disposizioni è di competenza dell’Agenzia di approvvigionamento dell'Euratom (ESA)[21]. Il mandato dell’Agenzia di approvvigionamento contempla inoltre l’obbligo di assicurare che le importazioni e le esportazioni da e verso la Comunità siano conformi alle politiche dell’UE in materia di sicurezza di approvvigionamento e di protezione degli interessi degli utenti.

    - Ripartizione geopolitica delle risorse, dei produttori e dei fornitori d’uranio

    La ripartizione geopolitica delle risorse d’uranio è molto ampia[22]; per la maggior parte tali risorse sono ubicate in regioni del mondo politicamente stabili. L’Australia ed il Canada soddisfanno il 45% del fabbisogno di uranio dell’UE.

    - Capacità di produzione [23]

    La sicurezza dell'approvvigionamento varia nelle diverse fasi del ciclo del combustibile. Alcune fasi, in particolare la fabbricazione e il trasporto, sono garantite da un’ampia gamma di fornitori in buone condizioni di sicurezza ed a prezzi competitivi. Per altre fasi, quali l’arricchimento, il numero di fornitori è più limitato, ma oltre il 70% del fabbisogno dell’UE a 25 è coperto da fornitori dell’UE.

    Il sistema di garanzie internazionali volto ad impedire la proliferazione delle armi nucleari impone specifici vincoli ai mercati del combustibile nucleare, sotto forma di dichiarazioni, controlli e verifiche degli utilizzi pacifici delle materie nucleari. Il quadro normativo istituito dal trattato Euratom e dall’Agenzia internazionale dell’energia atomica (AIEA) costituisce un corpus di disposizioni ben definite. In questo contesto, le materie nucleari per uso pacifico possono essere oggetto di libero scambio tra i paesi e tra gli operatori del settore.

    Energia nucleare e competitività

    I rischi relativi ai costi e agli investimenti sono aspetti importanti da valutare in occasione della pianificazione di nuove centrali nucleari. La costruzione di una nuova centrale nucleare rappresenta oggi un investimento che va dai 2 ai 3,5 miliardi di euro (per una potenza installata, rispettivamente, di 1000 MWe e 1600 MWe). Oggi, tenuto conto degli obiettivi definiti nel protocollo di Kyoto, la politica pubblica ha motivi validi e imperiosi per dare una netta preferenza alle tecnologie pulite. È fondamentale capire se il nucleare ha bisogno di tali interventi politici per risultare economicamente competitivo. Gli investimenti nella costruzione di impianti nucleari richiedono un quadro legislativo e politico stabile in considerazione del lungo periodo che intercorre tra l’investimento iniziale e i primi profitti effettivi. Giacché i mercati liberalizzati non sono in grado di garantire la stabilità dei prezzi a lungo termine, l’IEA osserva che affinché il settore privato investa in nuovi progetti nucleari i governi potrebbero dover adottare misure volte a ridurre i rischi per gli investimenti.

    - La competitività dell’energia elettrica da fonte nucleare sull'odierno mercato dell’energia

    I costi e i ricavi dell'intero ciclo di vita di una centrale nucleare devono essere confrontati con il rendimento del capitale investito in altre fonti per il medesimo periodo. È tuttavia molto difficile prevedere i ricavi e i costi su un lunghissimo periodo, a motivo della volatilità dei prezzi del petrolio e del gas così come delle tariffe dell’energia elettrica. Poiché da oltre dieci anni non sono state costruite nuove centrali nell’UE o negli Stati Uniti, non sono disponibili dati certi sui costi relativi alle centrali di nuova generazione.

    Le analisi effettuate dall’Agenzia internazionale dell’energia (IEA)[24] e dall’Agenzia dell’energia nucleare (NEA)[25], sulla base di dati provenienti da 130 diverse tipologie di centrali di produzione d’energia elettrica, ivi comprese centrali a carbone, gas, nucleari, energie eoliche e solari e biomassa, in 19 Stati membri e 3 paesi non membri dell’OCSE, indicano che nella maggior parte dei paesi industrializzati, le nuove centrali nucleari sono in grado di produrre energia elettrica di base a condizioni redditizie, a partire da un determinato livello dei prezzi del gas e del petrolio. Queste conclusioni sono confermate dall’industria[26]. Secondo l’IEA e la NEA, l’energia elettrica da fonte nucleare costituisce un’opzione competitiva, in cui i costi e la competitività variano in funzione del progetto[27]. La relazione del WNA conferma queste conclusioni e osserva che i dati utilizzati sono stati raccolti prima dell’aumento dei prezzi dei combustibili fossili, il che rafforza ulteriormente l’analisi.

    L’energia nucleare presenta di solito una combinazione di costi elevati di costruzione e di costi di gestione inferiori a quelli dell’energia elettrica prodotta a partire da combustibili fossili, che ha costi di capitale inferiori ma costi di gestione più elevati e più sensibili alla variazione dei prezzi del combustibile.

    - La competitività economica dell’energia elettrica da fonte nucleare dipende da molti fattori: i tempi di costruzione, il costo del capitale, lo smaltimento dei rifiuti, le attività di disattivazione e il tasso d’utilizzo della capacità sono gli aspetti determinanti.

    - Le procedure d’autorizzazione sono state semplificate. Sebbene siano, e debbano essere, applicate rigorose norme di sicurezza e di qualità, i parametri tecnici e i tempi prevedibili, dalla progettazione fino alla certificazione, passando per la costruzione e l'esercizio, così come la diminuzione dei costi relativi alla regolamentazione, hanno permesso di ridurre il costo complessivo di finanziamento.

    - I costi di gestione sono scesi costantemente nel corso degli ultimi 20 anni, a fronte di un incremento dei tassi d’utilizzo delle capacità. Il basso costo marginale dell’energia elettrica dal nucleare ha indotto i proprietari di centrali a chiedere l’estensione delle licenze di esercizio. Benché i prezzi dell’uranio siano sensibilmente aumentati dal 2004, l’impatto sul costo dell’energia elettrica è stato relativamente modesto, poiché il prezzo dell’uranio costituisce soltanto una minima parte del costo totale del KWh (5% circa).

    - In molti paesi dell’UE, l’industria nucleare applica un supplemento ai prezzi dell’energia elettrica per finanziare la gestione e lo smaltimento dei rifiuti nucleari e le attività di disattivazione. Il metodo di gestione finanziaria e la disponibilità dei fondi variano tuttavia da uno Stato membro all’altro[28].

    - I produttori di energia elettrica in tutto il mondo progettano di prolungare la vita utile dei reattori[29]. La Svezia ha approvato proroghe di 10 anni, con possibilità di estenderle a 20 anni a condizione che siano rispettate le norme di sicurezza.

    - L’aumento spettacolare del prezzo degli altri combustibili ha anche rafforzato la competitività economica dell’energia nucleare in questo circostanze.

    L’IEA conclude la sua analisi per il 2006[30] osservando che le nuove centrali nucleari potrebbero produrre energia elettrica ad un costo inferiore a 5 centesimi di dollaro USA per KWh, sempre che i rischi relativi alla costruzione e all'esercizio siano adeguatamente gestiti dai rispettivi responsabili. A questo livello di costo, l’energia elettrica da fonte nucleare sarebbe meno costosa dell’energia elettrica prodotta dalle centrali a gas, se i prezzi del gas sono superiori a 4,70 dollari US per MBtu. L’energia elettrica dal nucleare resterebbe tuttavia più costosa di quella prodotta dalle centrali convenzionali a carbone, con un prezzo del carbone pari a 70 dollari USA la tonnellata. La redditività dell’energia nucleare aumenterebbe se si tenesse conto anche dei costi delle emissioni di CO2.

    - Il ruolo degli aiuti di Stato

    Le nuove centrali nucleari sono generalmente costruite senza sovvenzioni e ciò è indicativo del fatto che l’energia nucleare è sempre più percepita come competitiva. La tendenza è stata invertita rispetto a quanto avveniva in passato in diversi Stati membri dell’UE. La nuova centrale nucleare progettata in Finlandia, ad esempio, è finanziata dal settore privato[31]. Analogamente, il governo britannico ha annunciato che spetta al settore privato progettare, finanziare, costruire e mettere in esercizio nuove centrali nucleari.

    Aspetti economici delle centrali nucleari

    Le incertezze relative ai prezzi futuri dell’energia elettrica, la struttura e le condizioni del mercato e le politiche nel settore dell'energia e dei cambiamenti climatici rappresentano rischi considerevoli per gli investimenti a lungo termine nel settore energetico. Ciò è particolarmente vero nel caso del nucleare, a motivo dell'ingente investimento di capitale necessario per la costruzione di una nuova centrale e i tempi relativamente lunghi prima di ricavarne i primi profitti. È pertanto necessario cercare di instaurare politiche stabili e ben definite affinché vi siano condizioni chiare e prevedibili per i nuovi investimenti.

    La costruzione della nuova centrale in Finlandia, benché non fruisca di sovvenzioni pubbliche, dipende da un investimento sicuro a lunga scadenza che sarà assicurato mediante un accordo tra gli azionisti che garantiscono un prezzo fisso dell’energia per i proprietari/investitori, che sono principalmente azionisti dell’industria della carta.

    Per avere una visione del futuro economico dell’energia nucleare, occorre anche comprendere il collegamento tra la sua redditività commerciale e le strutture del mercato dell’energia elettrica[32]. Gli investitori preferiscono ottenere rendimenti in tempi rapidi, il che rende più attraenti gli investimenti che richiedono tempi di costruzione inferiori. I tempi per la messa in esercizio delle centrali nucleari (cinque anni nel migliore dei casi) sono superiori, per ragioni tecniche ed amministrative, rispetto alle turbine a gas a ciclo combinato o alle energie rinnovabili, che sono realizzabili in un periodo di soli due anni, se non meno.

    I costi di costruzione di una centrale nucleare sono da due a quattro volte superiori ad una centrale a gas a ciclo combinato. Una delle tre principali componenti del costo dell’energia elettrica da fonte nucleare - le attrezzature - (le altre due sono il combustibile e le spese di esercizio e di manutenzione) rappresentano approssimativamente il 60% del totale, contro il 20% circa nel caso di una centrale a ciclo combinato.

    I rischi economici del nucleare sono legati all’importanza dell’investimento iniziale e necessitano, successivamente, di un funzionamento praticamente senza intoppi per i primi 15-20 anni, su una durata dai 40 ai 60 anni, per recuperare il capitale iniziale. Inoltre, la disattivazione e la gestione dei rifiuti costringono ad accantonare risorse finanziarie per un periodo da 50 a 100 anni successivo alla chiusura del reattore.

    La mancanza di esperienza recente nella costruzione di nuove centrali rende difficile la stima precisa dei costi dell’ultima generazione di reattori. In passato, le controversie relative alla concessione delle licenze, all’opposizione locale e alle sorgenti d’acqua di raffreddamento, hanno ritardato la costruzione e la messa in esercizio delle centrali nucleari tanto negli Stati Uniti che in Europa[33]. Giacché i medesimi fattori hanno comportato ritardi anche in progetti più recenti d’investimento in sistemi energetici, ad esempio le interconnessioni, è possibile che tali ritardi si verifichino anche nella costruzione di nuove centrali nucleari.

    Le maggiori dimensioni delle centrali nucleari espongono gli investitori a rischi più ingenti, atteso che nel corso del prossimo decennio dovrebbero essere costruite soltanto centrali di potenza superiore a 500 MW. Nei mercati liberalizzati dell’energia elettrica, le incertezze inerenti al prezzo dell’energia elettrica incoraggiano la costruzione di piccole unità modulari, poiché i tempi d’entrata in servizio sono determinanti ai fini della redditività di un investimento. Per ragioni d’ingegneria industriale, le economie di scala sono considerevoli nel caso delle centrali nucleari e ridurre la dimensione delle unità non sembra una scelta economicamente valida, sulla base delle tecnologie attuali[34].

    Alcuni rischi finanziari ed ambientali rimangono a carico delle autorità pubbliche in alcuni Stati membri, in particolare la responsabilità degli impianti per lo smaltimento e la gestione a lungo termine dei rifiuti. Sebbene gli esercenti possano costituire, nel corso della vita utile della centrale, riserve di fondi a tal fine, e pertanto lo smaltimento e la gestione dei rifiuti sarebbero finanziati dal settore privato e dai consumatori, i fondi disponibili possono comunque rivelarsi insufficienti. Spetta alle autorità pubbliche e ai produttori di energia elettrica mettere a punto meccanismi innovativi per risolvere i problemi e fare fronte alle sfide future. Rimane fondamentale costituire riserve sufficienti per finanziare le attività di disattivazione e la gestione dei rifiuti.

    La costruzione di un gran numero di reattori della stessa famiglia di progettazione (costituzione di un parco omogeneo) presenta potenziali vantaggi. Gli investitori privati potrebbero essere incoraggiati a collaborare per trarre vantaggio dalle economie di scala realizzabili. I fornitori nucleari indicano che i risparmi per gli impianti successivi potrebbero ammontare dal 10% al 40% rispetto al prezzo della prima centrale, il che costituisce un ottimo incentivo a costituire un parco omogeneo. Le economie previste sono tra l’altro dovute agli elementi seguenti:

    - Costi iniziali relativi alla realizzazione di un nuovo progetto (prototipo).

    - La costituzione di un parco di centrali della stessa famiglia permette di distribuire i costi incorsi per l'ottenimento delle licenze di esercizio.

    - L’esistenza di un parco omogeneo permette di studiare una soluzione uniforme di decommissioning.

    - Il numero limitato di professionisti potrebbe lavorare in modo più efficiente, evitando la potenziale carenza di sbocchi per le loro competenze.

    - Nel caso dell'impegno ad acquistare un certo numero di reattori, potrebbero essere proposti contratti chiave in mano più vantaggiosi[35].

    La formula del parco omogeneo non è tuttavia esente da rischi commerciali, ad esempio se dovesse risultare necessario, a seguito di un incidente o dell’individuazione di una disfunzione generica, riprogettare gli impianti.

    Energia nucleare e cambiamenti climatici

    La politica nel settore climatico è incentrata soprattutto sulle riduzioni di emissioni a breve termine per conformarsi agli obiettivi stabiliti dal protocollo di Kyoto[36]. L’energia elettrica d’origine nucleare garantisce un approvvigionamento di base su grande scala che permette di sopperire alla domanda delle industrie ad alta intensità energetica e alle necessità delle famiglie, con ridotte emissioni. Le centrali nucleari soddisfano il 38% della domanda mondiale d’energia elettrica, in costante aumento dal 1973. Supponendo che altrimenti l'energia necessaria sarebbe stata prodotta da centrali a combustibile fossile, è evidente che l’energia nucleare ha contribuito considerevolmente alla riduzione delle emissioni di CO2, il principale gas a effetto serra[37]. La produzione di un milione di KWh dal carbone rilascia 230 tonnellate di carbonio nell’atmosfera, 190 tonnellate nel caso del petrolio, e 150 tonnellate nel caso del gas. In normali condizioni operative, una centrale nucleare produce lo stesso numero di KWh praticamente senza alcuna emissione di carbonio. Nel raffronto non sono state prese in considerazione le emissioni dovute alle attività di estrazione e di fabbricazione dei vari tipi di combustibile.

    Nel 2000 la NEA[38] ha esaminato il ruolo dell’energia nucleare nella riduzione dei rischi connessi ai cambiamenti climatici mondiali ed ha fornito una base quantitativa per la valutazione della riduzione delle emissioni di gas a effetto serra indotta da vari scenari di sviluppo del nucleare. L’analisi studia gli effetti economici, finanziari, industriali e, potenzialmente, ambientali di tre scenari alternativi di sviluppo dell’energia nucleare (“varianti nucleari”): prosecuzione della crescita del nucleare, uscita dal nucleare, o periodo di stasi seguito da un rilancio del nucleare. Ciascuna delle tre alternative porrebbe delle sfide al settore nucleare, ma tutte sarebbero realizzabili in termini di: ritmo di costruzione; finanziamento; selezione dei siti, domanda di terreni e di risorse naturali. La NEA conclude che l’energia nucleare è un’opzione disponibile atta a ridurre il rischio di cambiamenti climatici mondiali e che il mantenimento di quest’opzione favorirebbe anche lo sviluppo di applicazioni diverse dalla produzione d’energia elettrica, come la produzione di energia termica, di acqua potabile e di idrogeno, aumentando in tal modo il contributo di questo settore alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra. Conseguentemente, è necessario continuare a tenere conto del ruolo del nucleare nelle discussioni in materia di sistema di scambio dei diritti di emissione dell'UE.

    Uno studio[39] commissionato dalla Commissione presenta proiezioni dettagliate dei fabbisogni energetici e delle conseguenze, sulla base dei diversi scenari relativi alle diverse scelte in materia di produzione d’energia elettrica per l’UE fino al 2030. Lo studio rivela che, a medio termine, l’opzione sostenibile per il mix energetico consisterebbe nel combinare le fonti rinnovabili, l’investimento nella produzione nucleare e gli sforzi volti a migliorare l’efficienza energetica.

    L’energia nucleare costituisce pertanto una delle opzioni disponibili per ridurre le emissioni di CO2. Il nucleare è attualmente la maggiore fonte d’energia che non produce CO2 in Europa e rientra nello scenario di riduzione del carbonio previsto dalla Commissione. Le prospettive energetiche mondiali per il 2006 dell’IEA citano, a proposito dell’UE, l’estensione della durata di vita delle centrali (148 milioni di tonnellate di emissioni di CO2 in meno) e il maggiore utilizzo delle fonti rinnovabili per la produzione d’energia elettrica (141 milioni di tonnellate di emissioni di CO2 in meno). Per mantenere questa opzione nucleare e realizzare il potenziale che offre, i governi e le industrie devono adottare diverse decisioni e prendere diversi provvedimenti.

    Condizioni di accettabilità dell ’ENERGIA NUCLEARE

    Accettazione da parte dell ’opinione pubblica

    Un elemento che deve essere preso in considerazione, e che influenza il dibattito sul futuro delle centrali nucleari, è la questione dell’opinione pubblica, a motivo dell’impatto che può esercitare sulle decisioni politiche da adottare e del legittimo diritto delle popolazioni di partecipare al processo decisionale. Le preoccupazioni che influenzano l’opinione pubblica sono quelle esistenti in materia di sicurezza delle centrali, gestione dei rifiuti radioattivi, protezione delle installazioni, proliferazione e terrorismo.

    Il sondaggio effettuato nel 2005 dall’Eurobarometro rivela che la popolazione dell’UE è male informata sulle questioni nucleari, ivi compresi i possibili benefici sulla riduzione dei cambiamenti climatici e i rischi inerenti alle diverse categorie di rifiuti radioattivi. L’Eurobarometro indica inoltre che, nella maggioranza della popolazione che chiede precisazioni sul nucleare, il 40% degli oppositori all’energia nucleare cambierebbe opinione se fossero trovate soluzioni ai problemi inerenti ai rifiuti nucleari. Pertanto tali questioni devono essere risolte affinché l’energia nucleare sia considerata accettabile.

    L’opinione e la percezione pubblica di tutti gli aspetti dell’energia nucleare sono determinanti per il futuro di questo settore. È fondamentale che il pubblico abbia accesso ad informazioni affidabili e possa partecipare ad un processo decisionale trasparente. L’UE esaminerà in che modo migliorare l’accesso alle informazioni disponibili, creando una base dati accessibile ai privati. L’impegno dell’UE è totale per quanto riguarda i controlli di sicurezza, la non proliferazione e la sicurezza delle materie nucleari, il miglioramento della protezione degli impianti nucleari, le capacità d’individuazione, la gestione e il trasporto sicuri delle sorgenti radioattive, la disattivazione delle installazioni e la radioprotezione dei lavoratori e della popolazione. A tal fine, la Commissione intensificherà la cooperazione con l’AIEA, gli Stati membri e gli esercenti, per migliorarne l’efficacia e garantire la salute, la sicurezza e la protezione della popolazione.

    Sicurezza nucleare

    La Comunità europea ha riconosciuto fin dall’inizio l’importanza della sicurezza nucleare, come si evince dal trattato Euratom e successivamente da un atto del Consiglio[40]. Le prestazioni delle centrali nucleari dell’UE in materia di sicurezza e di affidabilità sono state fino ad oggi eccellenti. Due incidenti nucleari, a Three Mile Island (1979), negli Stati Uniti, ed a Chernobyl (1986), in Ucraina, hanno indotto la comunità internazionale ad intensificare gli sforzi volti a rendere più elevati i livelli di sicurezza. Da allora, il settore è stato oggetto di esami approfonditi che hanno portato a migliorare la sicurezza nucleare ovunque nel mondo. Importanti insegnamenti sono stati tratti per tutte le installazioni nucleari. Una risoluzione del Consiglio relativa ai problemi tecnologici di sicurezza nucleare, pubblicata nel 1992, ha ribadito gli obiettivi della risoluzione del 1975 estendendoli ai paesi non comunitari, in particolare quelli dell’Europa centrale e orientale, nonché alle repubbliche dell’ex-Unione Sovietica[41].

    Nell’Europa a 15 la responsabilità in caso d’incidente nucleare è disciplinata dalla convenzione di Parigi del 1960, che ha creato un sistema internazionale armonizzato di responsabilità in caso d’incidente nucleare, in base al quale la responsabilità degli esercenti in caso d’incidente nucleare è attualmente limitata a circa 700 milioni di USD. La convenzione di Vienna, altro accordo nella stessa materia ma collegato alla convenzione di Parigi mediante un protocollo comune del 1988 (che instaura un regime comune di reciproco riconoscimento delle due convenzioni) trova applicazione nella maggioranza dei dieci nuovi Stati membri. La Commissione intende armonizzare le norme che disciplinano la responsabilità nucleare nella Comunità. A tal fine, sarà avviata nel 2007 una valutazione dell’impatto.

    La sicurezza nucleare riveste tuttora importanza fondamentale nel contesto dei recenti allargamenti dell’UE. Quattro installazioni nucleari (Ignalina 1 e 2 in Lituania e Bohunice 1 e 2 in Slovacchia) con reattori di progettazione sovietica di prima generazione sono in corso di chiusura secondo fasi prestabilite in applicazione del trattato d’adesione del 2004[42]. L’UE fornisce assistenza finanziaria, a determinate condizioni, a diversi progetti di disattivazione e di costruzione di impianti sostitutivi per la produzione di energia elettrica. Accordi analoghi sono stati conclusi con riferimento a quattro dei sei reattori della centrale di Kozloduy, dei quali due sono già stati dimessi e gli altri due sono stati chiusi a fine 2006, in applicazione del trattato d’adesione della Bulgaria all’UE. La Commissione ha adottato due proposte di regolamento[43] che prorogano l’assistenza finanziaria a favore della Lituania e della Slovacchia fino al 2013, garantendo il mantenimento di un livello di finanziamento pari almeno a quello convenuto per il periodo 2004-2006.

    Inoltre, la Comunità ha aderito alla Convenzione sulla sicurezza nucleare[44] e alla Convenzione comune sulla sicurezza della gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi[45]. Una dichiarazione modificata sulle competenze in relazione con la Convenzione sulla sicurezza nucleare è stata depositata presso l’AIEA nel maggio 2004[46]. Le due convenzioni mirano a rafforzare le disposizioni nazionali e la cooperazione internazionale nel settore della sicurezza.

    Al di fuori della Comunità, l’UE ha apportato un contributo significativo al miglioramento della sicurezza nucleare nei paesi della CSI, nell’ambito del programma TACIS, stanziando un importo di 1,3 miliardi di euro tra il 1991 e il 2006. Tale assistenza finanziaria sarà mantenuta nell’ambito del nuovo strumento per la sicurezza e la cooperazione nucleare, che non è più limitato ai paesi della CSI e permette quindi, in linea di massima, di assistere altri paesi.

    Prestiti Euratom sono stati concessi a favore delle unità 5 e 6 della centrale di Kozloduy in Bulgaria (212,5 milioni di euro nel 2000), Cernavoda 2 in Romania (223,5 milioni di euro nel 2004) e Khmelnitzky 2 e Rovno 4 in Ucraina (83 milioni di euro nel 2004), allo scopo di migliorarne le condizioni di sicurezza e/o la costruzione.

    Smaltimento dei rifiuti radioattivi

    L’UE produce, nel suo insieme, circa 40.000 m³ di rifiuti radioattivi all’anno. La grande maggioranza di questi rifiuti proviene dalle attività quotidiane delle centrali e di altri impianti nucleari, e rientra nella categoria di rifiuti di bassa attività a vita breve. Il combustibile esaurito costituisce circa 500 m³ di rifiuti di alta attività all’anno, sotto forma di combustibile irraggiato o di rifiuti vetrificati a seguito di condizionamento.

    Per i rifiuti di bassa attività a vita breve sono attuate strategie su scala industriale in quasi tutti gli Stati membri dotati di installazioni nucleari. In totale, circa 2 milioni di m³ di questi rifiuti sono stato smaltiti nell’UE finora, per lo più in depositi di superficie o poco profondi. Nel caso dei rifiuti di alta attività a vita lunga, benché siano stati attuati molti elementi di una strategia di gestione, nessun paese ha ancora attuato la soluzione definitiva proposta. Il deposito geologico di profondità in una formazione rocciosa stabile è l’opzione preferita dagli esercenti nucleari, mentre altri sono maggiormente a favore di uno stoccaggio in superficie o poco profondo che ne faciliterebbe la sorveglianza e l’eventuale recupero in futuro, se necessario. Alcuni dei principali fattori che ostacolano la realizzazione di quest’ultima fase del ciclo del combustibile sono di natura socio-politica piuttosto che tecnica. A questo proposito, la Finlandia ha conseguito dei progressi scegliendo un sito di smaltimento di concerto con la popolazione locale e con l’approvazione del Parlamento nazionale. Il diritto finlandese esclude ogni possibilità di esportazione o importazione di rifiuti nucleari da e verso la Finlandia. Anche in Svezia e in Francia si registrano significativi progressi nella selezione dei siti di smaltimento. Tuttavia, in molti paesi è proprio la questione della scelta del sito il principale ostacolo all’opzione di stoccaggio definitivo.

    Altre tecniche di trattamento dei rifiuti, volte principalmente a ridurre o il volume o il componente a vita lunga, sono in via di sviluppo nel quadro dei programmi di ricerca. Questi lavori sono raccolti sotto la voce “separazione e trasmutazione”. Sebbene permetterebbero di ridurre la tossicità a lungo termine dei rifiuti, tali tecniche non possono in nessun caso eliminare totalmente la necessità di isolare i rifiuti dall’ambiente (ad esempio in depositi geologici di profondità). Questo approccio che consiste nel “concentrare e confinare” consente di ridurre al minimo l’impatto ambientale.

    In molti casi, la stima della percentuale dei costi attribuibile alla gestione dei rifiuti e alla disattivazione degli impianti è aggiunta alle tariffe dell’energia elettrica nell’UE e le corrispondenti entrate sono versate su appositi fondi. Tuttavia, a motivo delle difficoltà di prevedere i costi futuri, i sistemi di finanziamento devono essere oggetto di verifiche periodiche al fine di garantire che al momento opportuno saranno disponibili risorse adeguate. Le modalità di gestione di questi fondi variano da uno Stato membro all’altro.

    L’elemento determinante per conseguire dei progressi in materia è l’accettazione del pubblico e il suo coinvolgimento nel processo decisionale. Fondamentalmente, i rifiuti costituiscono un problema per l’ambiente e per la salute; di conseguenza, la gestione e lo smaltimento dei rifiuti radioattivi devono essere soggetti ai medesimi controlli applicati a tutti i progetti tali da comportare conseguenze per la salute umana e per l’ambiente.

    La sicurezza rimane anche un aspetto fondamentale nelle attività di ricerca della Comunità (Euratom) in diversi settori. Un riconosciuto elevato livello di sicurezza è applicato nell’esercizio di tutte le installazioni che attualmente formano il parco nucleare in Europa. Il mantenimento di tale livello e il suo miglioramento, ove possibile, sono oggetto di attività di ricerca e sviluppo concertate e a lungo termine. Il programma quadro di ricerca Euratom svolge una funzione determinante a tale proposito.

    Disattivazione

    La disattivazione è la fase finale del ciclo di vita di un impianto nucleare. Rientra in una strategia generale di risanamento dell’ambiente al termine delle attività industriali.

    Attualmente, oltre 110 impianti nucleari nell’Unione si trovano in diverse fasi di disattivazione. Si prevede che almeno un terzo delle 152 centrali nucleari attualmente in esercizio nell’Unione europea allargata dovrà essere disattivato entro il 2025 (se non si tiene conto delle eventuali estensioni della loro durata di vita). La disattivazione è un’operazione complessa sul piano tecnico che richiede ingenti risorse finanziarie. Gli importi necessari per il ripristino del sito di una centrale nucleare sono attualmente stimate al 10-15% del costo dell’investimento iniziale per ciascun reattore da disattivare.

    All’atto della definizione delle condizioni del mercato interno dell’energia elettrica[47], i sistemi di finanziamento della disattivazione delle installazioni nucleari formano l’oggetto di discussioni tra il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione. La dichiarazione interistituzionale[48] che ne è risultata sottolineava la necessità di accantonare risorse finanziarie sufficienti per le attività di disattivazione e di gestione dei rifiuti, e di gestirle in piena trasparenza. La Commissione ha successivamente proposto due progetti di direttive sulla sicurezza nucleare e sul finanziamento delle attività di disattivazione e della gestione del combustibile esaurito, che non sono ancora state adottate dal Consiglio.

    Per garantire la disponibilità di risorse finanziarie adeguate, la Commissione ha adottato nell’ottobre 2006 una raccomandazione che pone l’accento sulla costruzione di nuove centrali nucleari[49]. Propone la creazione di organismi nazionali che dispongano di un potere decisionale indipendente dai contribuenti ai fondi per la disattivazione. Il sistema dei fondi separati, con gestione esterna o interna, sottoposti a idonei controlli circa il loro utilizzo, che è già l’opzione preferita da tutte le installazioni esistenti, è espressamente raccomandata per qualsiasi nuovo impianto. Gli esercenti devono sostenere interamente i costi effettivi delle attività di disattivazione, anche se eccedono le stime attuali.

    Radioprotezione

    Il capitolo relativo alla “Protezione sanitaria” del trattato Euratom ha dato origine a un considerevole corpus di norme di diritto derivato relativo alla tutela della salute dei lavoratori e della popolazione. Le norme di base sono state aggiornate nel 1996 ed integrate da una nuova direttiva per la protezione dei pazienti nelle applicazioni mediche[50] (terapie e diagnosi). L’utilizzo delle sorgenti di radiazioni in medicina è in aumento e le nuove tecnologie espongono i pazienti a dosi sempre crescenti. L’esposizione della popolazione potrebbe essere sensibilmente ridotta nel settore medico e con riferimento alle sorgenti naturali di radiazioni (radon nelle abitazioni, industrie di trattamento dei minerali con elevato contenuto di uranio e torio).

    Per contro, l’esposizione dei lavoratori nell’industria nucleare registra una netta tendenza alla diminuzione, in applicazione della regolamentazione, che impone di mantenere tutte le dosi “ai livelli più bassi ragionevolmente possibili” (principio ALARA). Anche gli scarichi di effluenti (aerei e liquidi) derivanti dalle industrie nucleari, in particolare gli impianti di ritrattamento, sono fortemente diminuiti nel corso degli ultimi decenni[51].

    Le ricerche condotte nell’ambito del programma quadro della Commissione hanno permesso di comprendere meglio gli effetti biologici delle radiazioni, ed hanno confermato la validità dell’approccio prudente adottato a livello internazionale. Benché si possa pertanto ritenere che gli impianti nucleari siano veramente sicuri nel corso del loro normale funzionamento, non può essere totalmente esclusa la possibilità di un incidente grave: la normativa comunitaria adottata a seguito dell’incidente di Chernobyl ha indotto significativi progressi nella preparazione alle situazioni di emergenza, lo scambio di informazioni e i controlli sui prodotti alimentari.

    La Commissione sostiene anche misure volte a rafforzare il controllo delle sorgenti radioattive per prevenirne la distrazione o la perdita ed eliminare i rischi d’esposizione della popolazione a seguito di atti terroristici radiologici o nucleari.

    AZIONI A LIVELLO DELL’UE

    Il quadro normativo (trattato Euratom)

    Il trattato Euratom è un trattato autonomo che conferisce alla Comunità competenze ampie. Infatti, l’articolo 2 dispone che la Comunità debba: sviluppare le ricerche, stabilire norme di sicurezza uniformi per la protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori, agevolare gli investimenti, curare il regolare ed equo approvvigionamento di tutti gli utilizzatori della Comunità in minerali e combustibili nucleari, garantire che le materie nucleari non vengano distolte dalle finalità cui sono destinate, esercitare il diritto di proprietà che le è riconosciuto sulle materie fissili speciali, garantire la creazione di un mercato comune dei materiali e delle attrezzature specializzati, stabilire con gli altri paesi e con le organizzazioni internazionali tutti i collegamenti idonei a promuovere il progresso nell’utilizzazione pacifica dell’energia nucleare.

    Il trattato (articoli 31 e 32) fornisce la base giuridica per le iniziative comunitarie nel settore della sicurezza nucleare. Tale base giuridica è stata confermata dalla Corte di giustizia nel dicembre 2002[52]. Ai sensi dell’articolo 35 del trattato, gli Stati membri sono tenuti a provvedere agli impianti necessari per effettuare il controllo permanente del grado di radioattività dell’atmosfera, delle acque e del suolo, come anche al controllo sull’osservanza delle norme fondamentali. La Commissione ha proceduto a 26 controlli in loco tra il gennaio 1999 e il giugno 2006. Dal 2004, la priorità è stata attribuita ai nuovi Stati membri dell’UE (centrale di Ignalina in Lituania, di Temelin nella Repubblica ceca), oltre ad installazioni quali gli impianti di ritrattamento di Sellafield nel Regno Unito e di Le Hague in Francia.

    L’articolo 37 fa anche obbligo agli Stati membri di trasmettere alla Commissione i dati generali di qualsiasi progetto relativo allo smaltimento di rifiuti radioattivi, per consentirle di determinare se la realizzazione di tale progetto possa provocare una contaminazione radioattiva dell’ambiente di un altro paese dell’UE. In totale sono stati sottoposti alla Commissione 66 progetti, principalmente da Francia, Germania e Regno Unito, nel corso degli ultimi sei anni. Di questi, 23 progetti riguardavano lo smantellamento e la disattivazione di impianti, e 23 modifiche di un impianto esistente. In tutti i pareri espressi, la Commissione ha concluso che i rifiuti di effluenti radioattivi non erano tali da comportare una contaminazione radioattiva significativa sotto l’aspetto sanitario del territorio di un altro Stato membro.

    I controlli di sicurezza Euratom, ai sensi degli articoli da 77 a 79 del trattato, nonché gli ampi poteri conferiti alla Commissione dagli articoli da 81 a 83, sono fondamentali ai fini dell’utilizzo sicuro delle materie nucleari e sono obbligatori ai fini del mantenimento e dello sviluppo dell’industria nucleare. Gli oltre 150 ispettori della Commissione hanno consegnato 3400 relazioni dettagliate nel corso del periodo 2004-2005. Sulla base di queste relazioni, la Commissione ha trasmesso oltre 200 richieste di chiarimenti o di misure correttive in relazione a casi di non conformità, divergenze o carenze a vari livelli nei sistemi di contabilità nucleare degli esercenti. Non è stato trovato alcun elemento che potesse far ipotizzare una distrazione di materie nucleari dalle finalità cui erano destinate. Tuttavia, come già indicato, sono stati individuati alcuni punti deboli nei sistemi, che sono stati corretti dagli esercenti interessati[53].

    Le proposte della Commissione in materia di sicurezza nucleare

    Una maggiore armonizzazione delle disposizioni relative alla sicurezza applicabili agli impianti nucleari nell’UE costituisce una condizione preliminare per lo sviluppo futuro dell’energia nucleare. A più riprese negli ultimi anni la Commissione ha proposto direttive intese ad istituire un quadro comunitario per la sicurezza degli impianti nucleari e la gestione dei rifiuti nucleari (proposte note all’epoca come “pacchetto nucleare”). Tali proposte non sono state ancora adottate, ma hanno avviato un processo di maggiore sensibilizzazione alla necessità di instaurare un quadro comunitario in modo da raccordare i lavori delle autorità nazionali di sicurezza. Nell’ambito dei lavori in corso, il Consiglio ha preparato una relazione che formula raccomandazioni atte a rilanciare il dibattito.

    A livello tecnico, l’Associazione delle autorità di regolamentazione nucleare dell’Europa occidentale (WENRA)[54] sta contribuendo in misura significativa agli sforzi di armonizzazione, stabilendo i “livelli di sicurezza di riferimento”, l’88% dei quali è già stato attuato. Partire dai lavori già effettuati ed integrarli in un quadro comunitario apporterebbe un valore aggiunto agli approcci nazionali. È necessario rilanciare, sulla base del consenso tecnico raggiunto fino ad oggi in ambito WENRA, un dibattito sul ruolo degli operatori che, a vario titolo, sono coinvolti nella sicurezza nucleare.

    Programma europeo di protezione delle infrastrutture critiche

    La sicurezza e l’economia dell’Unione europea, così come il benessere dei cittadini europei, sono legati ad alcune infrastrutture e ai servizi che offrono. Per migliorare la protezione di dette infrastrutture, comprese le installazioni nucleari, e prevenirne la distruzione o i guasti, la Commissione propone un programma europeo per la protezione delle infrastrutture critiche (EPCIP).

    Ricerca Euratom

    Attualmente, la ricerca europea nel settore nucleare rientra nel Settimo programma quadro Euratom (7PQ). È soprattutto in questo contesto che sono affrontate le fondamentali questioni politiche e sociali inerenti ai rifiuti radioattivi e alla sicurezza dei reattori in servizio, oltre ai problemi energetici a lungo termine quali i cicli del combustibile ed i reattori innovativi. L’istruzione e la formazione assieme alle infrastrutture di ricerca rappresentano settori trasversali d’importanza cruciale che ricevono sostegno comunitario. Queste attività di ricerca strutturano e catalizzano i programmi di ricerca e sviluppo negli Stati membri, contribuendo in tal modo alla realizzazione dello “Spazio europeo della ricerca” (SER) nel settore della fissione nucleare. Il SER è stato avviato dalla Commissione europea nel 2000 per coordinare più strettamente le attività di ricerca e fare convergere le politiche nazionali e comunitarie. Esso rientra tra le iniziative dell’Agenda di Lisbona, intesa a costruire un’Europa più dinamica e competitiva. Questa strategia comunitaria di ricerca è cominciata con il 6PQ Euratom e sarà consolidata e rafforzata nel corso del 7PQ Euratom, in particolare mediante la realizzazione di piattaforme tecnologiche per la piena attuazione del SER nel settore della scienza e della tecnologia nucleare.

    È fondamentale che l’UE preservi le competenze acquisite in materia di radioprotezione e tecnologia nucleare, tanto nell’industria nucleare che nel settore medico, e che garantisca la sicurezza e la protezione dell’ambiente, segnatamente mediante un maggiore impegno nelle attività di ricerca nel settore della fissione nucleare e delle tecnologie innovative per i reattori. Tale impegno deve essere sostenuto. In collaborazione con iniziative intraprese a livello mondiale quali il GIF, le attuali attività di ricerca Euratom in questo settore vertono principalmente sulla validità degli innovativi sistemi e cicli del combustibile proposti. In tal modo la ricerca contribuisce al dibattito sull’approvvigionamento energetico futuro e facilita le decisioni strategiche sui sistemi e i vettori energetici.

    Orientamenti per il futuro

    Come annunciato nel Libro verde per un’energia sostenibile, competitiva e sicura, la Commissione ha proceduto ad un Riesame strategico della politica energetica dell’UE che offre una cornice europea per le decisioni nazionali relative al mix energetico. Il riesame facilita anche un dibattito trasparente ed oggettivo sul ruolo futuro dell’energia nucleare nel mix energetico dell’UE, per gli Stati membri interessati.

    Per portare a termine e migliorare le proposte già fatte, la discussione dovrebbe essere incentrata soprattutto sui seguenti aspetti:

    - riconoscere livelli di riferimento comuni di sicurezza in vista della loro attuazione nell’UE, sulla base della vasta esperienza e competenza delle autorità nazionali di sicurezza nucleare degli Stati membri;

    - creare un Gruppo ad alto livello sulla sicurezza nucleare, incaricato di elaborare progressivamente una visione comune e, in futuro, norme europee supplementari applicabili alla sicurezza nucleare;

    - assicurare che gli Stati membri attuino piani nazionali di gestione dei rifiuti radioattivi;

    - nel corso della prima fase del 7PQ, realizzare piattaforme tecnologiche per un miglior coordinamento della ricerca nei programmi nazionali, industriali e comunitari nei settori della fissione nucleare sostenibile e dei depositi geologici;

    - monitorare l’attuazione della raccomandazione sull’armonizzazione degli approcci nazionali per la gestione dei fondi per la disattivazione, al fine di garantire la disponibilità di risorse finanziarie adeguate;

    - semplificare e armonizzare le procedure di autorizzazione, sulla base di un più stretto coordinamento tra le autorità nazionali di regolamentazione, al fine di mantenere le più elevate norme di sicurezza;

    - assicurare una maggiore disponibilità dei prestiti Euratom, a condizione che i relativi massimali siano aggiornati in funzione delle necessità del mercato, come già proposto dalla Commissione;

    - elaborare un regime armonizzato di responsabilità e meccanismi atti a garantire la disponibilità di fondi in caso di danni provocati da un incidente nucleare;

    - dare nuovo slancio alla cooperazione internazionale, segnatamente mediante una collaborazione più stretta con l’AIEA e la NEA, agli accordi bilaterali con i paesi terzi e alla rinnovata assistenza a favore dei paesi limitrofi.

    CONCLUSIONI

    L’energia nucleare rappresenta già un componente importante del mix energetico dell’UE e contribuisce in tal modo ad alleviare le preoccupazioni inerenti a possibili carenze future nell’erogazione dell’energia elettrica. Infatti, la sensibilità dei costi della produzione nucleare alle fluttuazioni del costo delle importazioni delle fonti d’energia primaria (uranio) è limitata e, come sottolineato dall’Agenzia internazionale dell’energia, il nucleare costituisce un’opzione economicamente valida per la produzione d’energia elettrica, a condizione di tenere debitamente conto delle preoccupazioni ambientali e sociali).

    L’energia nucleare, praticamente priva di emissioni CO2, contribuisce anche considerevolmente a ridurre i cambiamenti climatici globali connessi alle emissioni di gas a effetto serra.

    Spetta agli Stati membri decidere se vogliono fare ricorso all’energia nucleare. I Governi degli Stati dell’UE che decidono di mantenere o avviare una produzione nucleare devono prendere le necessarie decisioni. Un numero piuttosto elevato di centrali dovrà infatti chiudere nel corso dei prossimi venti anni. Si dovranno costruire nuove centrali e/o prolungare la durata di esercizio delle installazioni in servizio se gli Stati membri decidono di mantenere l’attuale parte dell’energia nucleare nel mix energetico globale.

    Su scala mondiale, la domanda di energia nucleare aumenta. L’UE vanta una delle principali industrie al mondo nel settore energetico nucleare. Tale posizione di avanguardia crea opportunità per le imprese europee e vantaggi potenziali per l’economia dell’UE, e contribuisce pertanto alla realizzazione dell’Agenda di Lisbona. Pertanto, almeno adeguate condizioni d’investimento ed un idoneo quadro legislativo sono necessari per permettere la realizzazione di questo potenziale.

    La Comunità deve rafforzare la cooperazione con le istituzioni internazionali come l’AIEA e la NEA, e restare coerente a tutte le sue obbligazioni internazionali, compreso in materia di non proliferazione delle materie e delle tecnologie nucleari, protezione sanitaria e sicurezza dei lavoratori e della popolazione, protezione nucleare e ambiente.

    La Comunità ritiene che la sicurezza nucleare debba rimanere un aspetto centrale nelle decisioni degli Stati membri sull’opportunità di continuare ad utilizzare l’energia nucleare. Per gli Stati membri che scelgono la via del nucleare, anche l’accettabilità da parte dell’opinione pubblica sarà un elemento importante. La Comunità ha un ruolo importante nel garantire che l’industria nucleare si sviluppi in piena sicurezza. A tale riguardo, la Commissione ritiene prioritaria l’adozione da parte della Comunità di un quadro giuridico applicabile alla sicurezza nucleare che faciliti l’armonizzazione e il rispetto di norme accettabili a livello internazionale, e garantisca la disponibilità di congrue risorse finanziarie per la disattivazione delle centrali nucleari al termine della loro vita utile, nonché l’adozione dei piani nazionali di gestione dei rifiuti radioattivi.

    Lo sviluppo dell’energia nucleare dovrà conformarsi all’intera politica energetica dell’UE, nel rispetto del principio di sussidiarietà, basarsi sulla competitività propria della tecnologia ed essere uno dei componenti del mix energetico. Le scelte degli Stati membri nel settore dell’energia nucleare hanno evidenti ripercussioni per l’UE nel suo insieme, benché la scelta del mix energetico nazionale spetti a ciascuno Stato membro. Al fine di un aggiornamento più regolare della situazione energetica nell’UE, la Commissione - ai sensi dell’articolo 40 del trattato Euratom - aumenterà la frequenza di pubblicazione dei programmi a carattere indicativo nel settore nucleare.

    [1] Nel 1966, 1972, 1984, 1990 e l'ultima volta dieci anni fa, nel 1997.

    [2] Una strategia europea per un'energia sostenibile, competitiva e sicura: COM(2006) 105 def., 8.3.2006.

    [3] COM (2007) 1, 10.1.2007

    [4] Allegato 1: Si vedano le Figure 1 e 2 che rappresentano il consumo di elettricità e di energia nell’UE.

    [5] Agenzia internazionale dell'energia (IEA): World Energy Outlook (prospettive mondiali dell'energia) 2006.

    [6] Allegato 1: Si veda la Figura 3 con le previsioni di produzione e di consumo di energia.

    [7] www.IPCC.ch: Intergovernmental Panel on Climate Change – Relazione 2001.

    [8] Fonte: IAEA (International Atomic Energy Agency), 2005.

    [9] Accordi sono stati conclusi con Australia, Canada, Stati Uniti e, più recentemente, Giappone, Kazachstan e Ucraina.

    [10] Il Libro verde enuncia sei priorità: competitività e mercato interno dell'energia, diversificazione del mix energetico interno, solidarietà nella Comunità, sviluppo sostenibile, innovazione e tecnologia, politiche esterne.

    [11] IEA World Energy Outlook 2006.

    [12] Allegato 1, Tabella 1 e Figura 4: Elenco di reattori, produzione d'elettricità e fabbisogno di uranio.

    [13] Allegato 1: Si veda la Figura 5 per un raffronto tra due possibili scenari.

    [14] Si intende per "fattore di carico" la relazione tra il carico medio ed il picco di carico in un determinato arco temporale.

    [15] Allegato 2: Dati per paese sulle attività attuali nel ciclo del combustibile nucleare.

    [16] Allegato 1: Si vedano le Figure 6 e 7, che rappresentano le centrali per età e la ripartizione delle età tra i paesi.

    [17] Nel caso della centrale di Olkiluoto in Finlandia, il progetto è stato presentato nel 2000, ha ricevuto l'approvazione dalle autorità nel 2002 e l'autorizzazione per la costruzione è stata rilasciata nel 2004. La costruzione è iniziata nel 2005. La messa in esercizio della centrale è prevista per il 2010.

    [18] “Uranium 2005: Resources, Production and Demand”, Agenzia dell’energia nucleare.

    [19] Allegato 1: si veda la Figura 8 per l'impatto, sulla produzione d'elettricità, di un aumento del 50% del prezzo del combustibile da varie fonti.

    [20] “Forty Years of Uranium Resources Production and Demand in Perspective – The Red Book Retrospective”, OCSE, 2006.

    [21] Il trattato Euratom conferisce all'Agenzia il diritto d'opzione sui minerali, materie grezze e materie fissili speciali prodotte sui territori degli Stati membri, come anche un diritto esclusivo di concludere contratti relativi alla fornitura di minerali, materie grezze o materie fissili speciali provenienti dall'interno o dall'esterno della Comunità. Per essere validi, i contratti d'approvvigionamento devono essere presentati all'Agenzia prima della loro firma.

    [22] Allegato 1: Cfr. Grafico 9. Ripartizione geografica del gas importato e delle risorse d'uranio.

    [23] Allegato 1: Si vedano le Figure 10.1 e 10.2. Disponibilità delle risorse di uranio.

    [24] International Energy Agency, World Energy Outlook 2006, pag. 43.

    [25] Projected Costs of Generating Electricity (2005) – Nuclear Energy Agency Study, March 2005.

    [26] The New Economics of Nuclear Power – World Nuclear Association, Dicembre 2005: http://www.world-nuclear.org/economics.pdf.

    [27] Allegato 1: Si vedano le Figure 11a 11b. Stime dell'OCSE sulla competitività relativa della produzione d'elettricità.

    [28] C(2006) 3672 def. adottato il 24.10.2006.

    [29] La Commissione di regolamentazione nucleare degli Stati Uniti ha recentemente accordato a 30 centrali un'estensione di esercizio di 20 anni, portando in tal modo la durata di vita dei reattori statunitensi a 60 anni.

    [30] World Energy Outlook, 2006, pag. 43.

    [31] La procedura d'autorizzazione dell'investimento ai sensi degli articoli da 41 a 43 del trattato Euratom è stata esperita debitamente senza che fosse sollevata alcuna obiezione. Per quanto riguarda la garanzia del credito all'esportazione concessa per una parte del progetto, che è conforme alle norme dell'OCSE in materia di credito all'esportazione, la Commissione ha avviato un procedimento volto a determinare se essa costituisce un aiuto di Stato ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 1, del trattato CE e, in caso affermativo, se detto aiuto è compatibile con il mercato comune. Il procedimento è tuttora in corso al momento della redazione della presente comunicazione.

    [32] International Energy Agency (2005): “Projected costs of generating electricity, 2005 update”, pubblicazione OCSE, Parigi.

    [33] Ludwigson, J. et al. (2004): “Buying an option to build: regulatory uncertainty and the development of new electricity generation”, IAEE Newsletter, Secondo Trimestre 2004, pp. 17-21.

    [34] Gollier, C. et al. (2005) “Choice of nuclear power investments under price uncertainty: valuing modularity”, Energy Economics 27(4): 667-685. Questo studio compara i vantaggi di un progetto di grande centrale nucleare a quelli di una serie di unità più piccole (300 MWe), modulari, costruite nello stesso sito. Il profitto della modularità è equivalente, in termini di redditività, ad una riduzione del costo dell'elettricità di solo un millesimo di euro per KWh.

    [35] Secondo EDF, il suo progetto di costruzione di un nuovo reattore EPR a Flamanville dovrebbe costare circa 3 miliardi di euro, con un costo iniziale di produzione dell'elettricità di circa 43¬ / MWh, destinato a passare a 35¬ /MWh sulla base di un contratto per la costruzione di una serie di 10 centrali della stessa famigliadi di euro, con un costo iniziale di produzione dell'elettricità di circa 43€/ MWh, destinato a passare a 35€/MWh sulla base di un contratto per la costruzione di una serie di 10 centrali della stessa famiglia. Tali costi sono simili a quelli previsti per la centrale di Olkiluoto, in Finlandia.

    [36] Il protocollo di Kyoto è un emendamento alla convenzione-quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che è stato aperto alla firma l'11 dicembre 1997 ed è entrato in vigore il 16 febbraio 2005. Nel febbraio 2006,162 paesi, fra cui gli Stati membri dell'UE, erano firmatari del protocollo.

    [37] Secondo il Forum nucleare internazionale, nel 1995 le emissioni di CO2 dei produttori d'energia elettrica del mondo erano inferiori del 32% alla quantità che sarebbe stata rilasciata nell'atmosfera se fossero stati utilizzati combustibili fossili al posto del nucleare. Le emissioni di diossido di zolfo e di ossido d'azoto erano inferiori, rispettivamente, del 35% e 31%.

    [38] La NEA dell'OCSE è un organismo intergovernativo il cui obiettivo è di aiutare gli Stati membri (28, di cui tutti gli Stati membri dell'UE dotati di impianti nucleari) a mantenere e sviluppare, nell'ambito di una cooperazione internazionale, la base scientifica, tecnologica e giuridica necessaria ai fini dell'utilizzo sicuro, rispettoso dell'ambiente ed economicamente valido dell'energia nucleare a scopi pacifici.

    [39] “European Energy and Transport Scenarios on Key Drivers.” Commission publication (September 2004) produced by the National Technical University of Athens, E3M-Lab, Greece. Pubblicazione della Commissione (settembre 2004) prodotta dall'università tecnica nazionale di Atene (E3m-Lab), in Grecia. Questo studio presenta i risultati dell'applicazione del modello PRIMES per lo studio di diversi scenari energetici futuri per l'UE a 25, diversi dallo scenario di riferimento risultante dalle tendenze e politiche attuali. Questo studio è servito da base per la pubblicazione della Commissione "Energia e trasporti – tendenze per il 2030”.

    [40] Risoluzione del Consiglio, del 22 luglio 1975, sui problemi tecnologici di sicurezza nucleare finalizzata alla progressiva armonizzazione dei requisiti e dei criteri di sicurezza al fine di assicurare un livello equivalente e soddisfacente di protezione delle popolazioni contro i rischi di radiazione derivanti da attività nucleari senza provocare una diminuzione del livello di sicurezza già raggiunto.

    [41] Risoluzione del Consiglio, del 18 giugno 1992, GU C 172 dell'8.7.1992, pag. 2.

    [42] GU L 236 del 23.9.2003.

    [43] COM(2004) 624 def. del 29.9.2004.

    [44] Decisione 1999/819/Euratom della Commissione, del 16 novembre 1999, GU L 318 dell'11.12.1999, pag. 20.

    [45] Decisione 2005/510/Euratom della Commissione, del 14 giugno 2005, GU L 185 del 16.7.2005, pag. 33.

    [46] Nel dicembre 2002, la Corte di giustizia delle Comunità europee ha annullato il terzo paragrafo della dichiarazione allegata alla decisione del Consiglio del 7 dicembre 1998 che approva l'adesione di Euratom alla convenzione sulla sicurezza nucleare, poiché il paragrafo non indicava che la Comunità era competente nei settori coperti dagli articoli 7, 14, 16, paragrafi 1 e 3,17 e 19, della convenzione.

    [47] Direttiva 2003/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2003, relativa a norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica e che abroga la direttiva 96/92/CE.

    [48] GU L 176 del 15.7.2003.

    [49] GU L 330 del 28.11.2006.

    [50] Direttive 96/29/Euratom e 97/43/Euratom.

    [51] Si veda, ad esempio, “Radioactivity in food and the environment”, UK Environment Agency et alia, Ottobre 2006, ISSN 1365-6414.

    [52] Sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee nella causa C29/99 del 10.12.2002

    [53] COM(2006) 395 def.

    [54] Relazione disponibile all'indirizzo www.wenra.org assieme alla dichiarazione delle autorità nazionali di sicurezza sulla sicurezza nucleare (dicembre 2005).

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