EUR-Lex Access to European Union law

Back to EUR-Lex homepage

This document is an excerpt from the EUR-Lex website

Document 52006DC0346

Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo, al Comitato delle regioni e alla Corte di giustizia delle Comunità europee per adattare le disposizioni del titolo IV del trattato che istituisce la Comunità europea relative alle competenze della Corte di giustizia, per una tutela giurisdizionale più effettiva

/* COM/2006/0346 def. */

52006DC0346




[pic] | COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE |

Bruxelles, 28.6.2006

COM(2006) 346 definitivo

COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO, AL COMITATO DELLE REGIONI E ALLA CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE

per adattare le disposizioni del titolo IV del trattato che istituisce la Comunità europea relative alle competenze della Corte di giustizia, per una tutela giurisdizionale più effettiva

COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO, AL COMITATO DELLE REGIONI E ALLA CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE

per adattare le disposizioni del titolo IV del trattato che istituisce la Comunità europea relative alle competenze della Corte di giustizia, per una tutela giurisdizionale più effettiva

Introduzione

Ciascun individuo deve poter beneficiare di una tutela giurisdizionale effettiva dei diritti riconosciutigli dal diritto comunitario [1] . Per questo il trattato ha istituito un sistema completo di rimedi giuridici e di procedimenti, fra i quali svolge un ruolo essenziale la stretta cooperazione tra la Corte di giustizia e le giurisdizioni nazionali nell’ambito del rinvio pregiudiziale di cui all’articolo 234 del trattato che istituisce la Comunità europea (“trattato CE”).

Il trattato di Amsterdam ha posto l’obiettivo della progressiva creazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Materie specifiche che prima facevano parte del titolo VI del trattato sull’Unione europea (il “terzo pilastro”) sono state quindi integrate, a determinate condizioni, nel trattato CE. Nel frattempo, la creazione di questo spazio è diventata una priorità per l’Unione, grazie agli impulsi politici del Consiglio europeo di Tampere del 1999 e del programma dell’Aia del 2004 e alla proficua cooperazione di tutte le istituzioni.

Nello sviluppare lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, occorre garantire un posto centrale al rispetto dei diritti fondamentali, in particolare alla tutela giurisdizionale effettiva di ciascun individuo. In questo spirito, ai sensi dell’articolo 67, paragrafo 2, secondo trattino, del trattato CE, il Consiglio, trascorso il periodo transitorio di cinque anni dall’entrata in vigore del trattato di Amsterdam, deve prendere una decisione al fine di “adattare le disposizioni relative alle competenze della Corte di giustizia” (ossia le disposizioni di cui all’articolo 68 del trattato CE).

Orbene, la Commissione constata che il periodo transitorio è scaduto il 1º maggio 2004 e che il Consiglio non ha ancora avviato i lavori per adempiere tale obbligo giuridico[2].

Scopo della presente comunicazione è contribuire all’adattamento delle disposizioni specifiche dell’articolo 68 del trattato CE relative alle competenze della Corte di giustizia nei settori contemplati dal titolo IV. Secondo la Commissione, l’adattamento dovrebbe consistere nell’allineare tali competenze al regime generale del trattato. Si allega un progetto di decisione del Consiglio.

Per i motivi che andiamo ad esporre, secondo la Commissione il modo appropriato per adattare le disposizioni del titolo IV relative alla Corte è quello di allinearle al regime comune della tutela giurisdizionale del trattato in tutti i settori del titolo IV. Le disposizioni specifiche dell’articolo 68 del trattato CE dovrebbero quindi cessare di applicarsi. Ciò vale innanzitutto per il paragrafo 1 che preclude alle giurisdizioni nazionali diverse da quelle di ultima istanza di adire la Corte con rinvio pregiudiziale, mentre l’articolo 234 del trattato, che istituisce la procedura di cooperazione con le giurisdizioni degli Stati membri, conferisce questa facoltà a tutte le giurisdizioni nazionali. Lo stesso dicasi per la procedura di cui al paragrafo 3[3] che perde la sua ragion d’essere una volta instaurata la procedura pregiudiziale normale. Da ultimo, non sussiste più motivo di mantenere l’incompetenza della Corte per determinate misure prevista al paragrafo 2[4].

Nelle sezioni che seguono sono esposti i ragionamenti su cui si fonda la posizione della Commissione. In particolare, l’allineamento al diritto comune delle norme relative alle competenze della Corte nel titolo IV:

- garantirà l’applicazione e l’interpretazione uniformi del diritto comunitario in questo settore e in tutti gli altri (infra, sub a));

- permetterà di rafforzare la tutela giurisdizionale nei settori particolarmente sensibili in termini di diritti fondamentali (infra, sub b));

- correggerà il paradossale regresso di tutela giurisdizionale indotto dal trattato di Amsterdam nelle materie civili contemplate dall’articolo 65 del trattato CE (infra, sub c));

- consentirà al sistema giudiziario comunitario di operare normalmente, senza che si debbano temere problemi operativi in questo settore (infra, sub d)).

a) Garantire l’applicazione e l’interpretazione uniformi del diritto comunitario

Dall’entrata in vigore del trattato di Amsterdam, l’Unione europea persegue un importante programma legislativo, avviato dal Consiglio europeo di Tampere e ribadito dal programma dell’Aia, nei settori della cooperazione in materia civile, dell’asilo, dell’immigrazione, dei visti e della libera circolazione delle persone. In risposta alle aspettative dei cittadini europei e di quanti risiedono nell’Unione, che chiedono di vivere in un autentico spazio di libertà, sicurezza e giustizia, va costituendosi un impressionante corpus di diritto comunitario.

Tale corpus normativo, come il resto del diritto comunitario, richiede un’interpretazione e un’applicazione uniformi in tutta l’Unione, di cui è garante la Corte di giustizia. Poiché questo corpus si sta espandendo, sia dal punto di vista quantitativo sia per l’importanza dei diritti conferiti, è imperativo assicurarne un’applicazione omogenea in tutta l’Unione.

Ebbene, la procedura per eccellenza che permette alla Corte di garantire l’unità del diritto comunitario è il rinvio pregiudiziale di cui all’articolo 234 del trattato CE. Questa procedura, che organizza una stretta cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali, è il cardine della costruzione dell’ordinamento giuridico comunitario. Elemento basilare del rinvio pregiudiziale è il principio secondo cui qualsiasi giurisdizione nazionale può dialogare con la Corte.

Il persistere di qualunque deroga a tale principio impedisce alla Corte di adempiere la missione di garantire l’unità del diritto comunitario a beneficio di tutti i soggetti di diritto. Per questo motivo, già nel 1995 la Corte aveva avvertito che “ limitare la possibilità di adire la Corte significherebbe mettere in discussione l’applicazione e l’interpretazione uniformi del diritto comunitario in tutta l’Unione, rischiando così di privare i singoli di una tutela giurisdizionale effettiva e di pregiudicare l’unità della giurisprudenza (…) Il sistema del rinvio pregiudiziale costituisce la vera chiave di volta del funzionamento del mercato interno, in quanto è essenziale per preservare il carattere comunitario del diritto istituito dai trattati ed è diretto a garantire che tale diritto produca sempre lo stesso effetto in tutti gli Stati membri (…) Una delle missioni essenziali della Corte è proprio quella di garantire un’interpretazione uniforme, ed è rispondendo alle questioni dei tribunali nazionali che la Corte assolve tale compito” [5].

La Corte ha successivamente ribadito questo punto, esprimendo delusione per lo sviluppo, dal passaggio delle Comunità europee all’Unione europea nel 1993, di “ disparità nel controllo giurisdizionale esistente all’interno dell’Unione” e raccomandando di “uniformare il sistema di tutela giurisdizionale sulla base del modello comunitario” , essendo questa “la via migliore per garantire il rispetto del diritto in tutto l’ambito dell’Unione europea” [6].

La Commissione rileva che un elemento essenziale dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia è la coerenza. Perché vi sia coerenza è indispensabile un’interpretazione uniforme del corpus normativo costituitosi nel frattempo. È evidente, per esempio, che nel settore dell’immigrazione e dell’asilo l’applicazione omogenea dell’ acquis contribuirà notevolmente a limitare i movimenti secondari fra Stati membri, che sono fonte di costante preoccupazione sin dalla creazione dello spazio. Anche l’esperienza in materia di cooperazione civile è eloquente: dal 1971 la Corte ha potuto fare della convenzione “Bruxelles I” uno strumento estremamente efficace a servizio dei soggetti di diritto (cfr. infra, sub c)); al contrario, per quanto riguarda la Convenzione di Roma del 1980 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali[7], la Corte non ha potuto svolgere il compito di uniformare i concetti, e di conseguenza le disposizioni della convenzione sono interpretate in modo assai diverso da un Stato membro all’altro.

La Commissione ritiene pertanto che sia giunto il momento di applicare l’articolo 234 del trattato a tutta questa materia, oggetto di una legiferazione tanto intensa. Più si sviluppa l’ acquis comunitario nei settori contemplati dal titolo IV, grazie soprattutto all’estensione della maggioranza qualificata e della procedura di codecisione stabilita nel dicembre 2004, più appaiono ingiustificati i limiti alle competenze della Corte, previsti in origine per un periodo transitorio di soli cinque anni. La Commissione ha già evidenziato questo punto nella dichiarazione del dicembre 2004[8].

b) Rafforzare la tutela giurisdizionale

Il principio della tutela giurisdizionale effettiva fa parte dei principi generali del diritto comunitario ed è uno dei diritti fondamentali cui si informa la nozione stessa di Stato di diritto. La deroga a questo principio, introdotta dall’articolo 68 del trattato CE, concerne politiche molto sensibili in termini di diritti fondamentali e relative alla tutela di persone particolarmente vulnerabili.

La limitazione del diritto di adire la Corte, prevista dall’articolo 68, paragrafo 1 , del trattato CE, solleva problemi di tutela giurisdizionale in due casi.

Primo, nelle controversie nazionali su diritti soggettivi posti in essere dalla normativa adottata ai sensi del titolo IV, i giudici nazionali di primo grado e di appello non possono chiedere alla Corte di interpretare il diritto comunitario applicabile. Per ottenere una pronuncia pregiudiziale che chiarisca i loro diritti, le parti possono quindi essere costrette ad esperire tutti i mezzi di impugnazione nazionali fino all’ultimo grado.

Secondo, in caso di pretesa lesione di diritti fondamentali da parte di un atto comunitario adottato in base al titolo IV, le parti interessate non beneficiano di nessuna tutela giurisdizionale finché non hanno esperito tutti i rimedi giudiziari nazionali. Solo la Corte infatti è competente a pronunciarsi sull’invalidità di un atto comunitario[9]. Di conseguenza, un giudice nazionale di primo grado o di appello, anche se convinto dell’illegittimità dell’atto in causa, sarebbe comunque obbligato dall’articolo 68, paragrafo 1, del trattato CE ad applicare l’atto senza poter presentare la questione alla Corte. Inoltre, fatto ancor più grave, non potrebbe nemmeno accordare una tutela cautelare poiché la sospensione provvisoria dell’applicazione di un atto comunitario è ammessa solo se viene contemporaneamente disposto un rinvio pregiudiziale sulla validità dell’atto[10].

In entrambe le fattispecie, la limitazione delle competenze della Corte ai sensi dell’articolo 68, paragrafo 1, del trattato CE rischia, nella pratica, di privare i soggetti interessati di una tutela giurisdizionale effettiva, tanto più che nelle materie in questione tali soggetti spesso non dispongono dei mezzi finanziari necessari per esperire tutti i rimedi nazionali, oppure hanno bisogno di un intervento giudiziario rapido. Tra i soggetti tutelati dal titolo IV figurano infatti i richiedenti asilo o il ricongiungimento familiare ai sensi delle direttive 2003/86/CE, 2004/83/CE e 2005/85/CE, i cittadini di paesi terzi che si oppongono a provvedimenti di espulsione o a trattamenti discriminatori, ma anche i minori coinvolti in controversie sulle obbligazioni alimentari o, in particolare, sulla responsabilità genitoriale nel senso ampio del regolamento (CE) n. 2201/2003[11]. In materia civile e commerciale poi, disciplinata dai regolamenti (CE) n. 44/2001, (CE) n. 1348/2000, (CE) n. 1206/2001 e (CE) n. 805/2004, il ricorso al giudice può facilmente diventare illusorio o troppo costoso per le piccole e medie imprese, che devono arrivare fino alla suprema corte nazionale prima che la Corte di giustizia possa pronunciarsi sui loro diritti.

Va aggiunto che l’obbligo di portare una controversia fino all’ultimo grado al solo scopo di adire la Corte dopo mesi o anni di processo è contrario anche all’economia procedurale. Il rischio infatti è che vengano sprecate inutilmente le risorse delle giurisdizioni nazionali, che in altri settori possono invece valutare liberamente quando sia il momento più opportuno per un rinvio pregiudiziale. Soprattutto in materia di diritti fondamentali, un intervento tempestivo della Corte di giustizia ai sensi dell’articolo 234 del trattato CE può permettere di risolvere i problemi a monte ed evitare che importanti questioni giuridiche debbano essere sottoposte a varie istanze nazionali o addirittura alla Corte europea dei diritti dell’uomo.

L’articolo 68, paragrafo 2 , del trattato CE esclude la competenza della Corte di giustizia a “pronunciarsi sulle misure o decisioni adottate a norma dell’articolo 62, punto 1, in materia di mantenimento dell’ordine pubblico e di salvaguardia della sicurezza interna”[12].

Dalla lettera di questo paragrafo sembrerebbe escluso qualsiasi controllo della Corte sulle misure comunitarie adottate dal legislatore in virtù dell’articolo 62, punto 1, del trattato CE in materia di mantenimento dell’ordine pubblico e di salvaguardia della sicurezza interna. Si tratta, in concreto, delle disposizioni comunitarie dirette ad abolire i controlli delle persone alle frontiere interne dell’Unione o a reintrodurli temporaneamente in via eccezionale. Siccome, per definizione, neppure le giurisdizioni nazionali possono pronunciarsi sulla validità di tali disposizioni comunitarie[13], il risultato è l’esclusione totale di qualsiasi controllo giurisdizionale sulle stesse, cosa difficilmente sostenibile in uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia.

L’esclusione della competenza della Corte per le misure di ordine pubblico manca altresì di coerenza con il resto del trattato. La missione della Corte è infatti, sin dalle origini della Comunità, quella di pronunciarsi sulla conformità con il diritto comunitario delle misure nazionali adottate nei settori di applicazione dei trattati per mantenere l’ordine pubblico e la sicurezza interna: si pensi alle normative nazionali, e relative disposizioni amministrative di attuazione, che possono limitare la libera circolazione delle merci e dei capitali, ma anche dei cittadini dell’Unione, potendo addirittura prevederne l’espulsione dallo Stato membro “ospite” verso lo Stato d’origine per motivi di tutela dell’ordine pubblico[14]. Da sempre la Corte ha verificato la proporzionalità e tutte le altre garanzie[15] che limitano l’esercizio di questi poteri degli Stati membri; il suo controllo ha tenuto pienamente conto della sensibilità delle esigenze di ordine pubblico, lasciando agli Stati membri un margine di valutazione adeguato[16]. Nell’ambito stesso del titolo IV gli Stati membri sono ugualmente tenuti ad adottare diverse altre misure nell’interesse dell’ordine pubblico, che rientrano a pieno titolo tra le competenze della Corte. In ogni caso, la tutela dell’ordine pubblico, in una comunità di diritto, deve essere perseguita adottando misure sostanziali, normative ed esecutive, e non limitando il diritto a un ricorso davanti a un giudice.

La Commissione s’interroga infine sulle eventuali conseguenze di una totale assenza di adattamento delle disposizioni dell’articolo 68 del trattato CE in relazione alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Da un lato, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha affermato che gli Stati membri sono collettivamente responsabili di qualsiasi violazione della Convenzione che derivi direttamente dal diritto comunitario primario[17]. Dall’altro, la stessa Corte ha ritenuto, per quanto riguarda gli atti delle istituzioni, che la tutela dei diritti fondamentali offerta dal diritto comunitario è “equivalente” a quella garantita dal meccanismo della Convenzione; ma la Corte europea è giunta a questa constatazione di equivalenza in base al regime di diritto comune del trattato relativo alle competenze della Corte di giustizia[18].

Riassumendo, la Commissione ritiene che data la necessità di rafforzare la tutela giurisdizionale urga porre fine all’applicazione dell’articolo 68, paragrafi 1 e 2, del trattato CE ed instaurare il regime comune del trattato.

c) Correggere il regresso di tutela giurisdizionale nella cooperazione in materia civile

Tra il 1971 e il 2002, anno in cui è entrato in vigore il regolamento (CE) n. 44/2001, la Corte era competente a rispondere alle questioni pregiudiziali sull’interpretazione della convenzione “Bruxelles I” del 1968[19], poste dalle giurisdizioni di ultimo grado degli Stati membri, sia dalle giurisdizioni che giudicavano in grado di appello [20] . Per trent’anni la Corte ha potuto così fornire ai giudici d’appello nazionali -e quindi ai cittadini e alle imprese attive nelle materie civili e commerciali- molte interpretazioni preziose di questa convenzione che ha segnato una tappa fondamentale dell’integrazione europea.

È quindi un paradosso che il trattato di Amsterdam, “comunitarizzando” questa materia e dando al legislatore la possibilità di convertire le convenzioni anteriori in regolamenti, abbia nello stesso tempo, con l’articolo 68, paragrafo 1, del trattato CE, limitato notevolmente la competenza della Corte a interpretare quei regolamenti, precludendo alle giurisdizioni di appello il ricorso pregiudiziale e riservandolo alle sole giurisdizioni di ultimo grado.

Se una tale restrizione del controllo esercitato dalle giurisdizioni nazionali fosse stata in vigore tra il 1971 e il 2002, è indubbio che buona parte della giurisprudenza della Corte in materia civile e commerciale[21] non avrebbe mai visto la luce, oppure che i cittadini e agli operatori economici ne avrebbero tratto profitto solo con ritardi e spese aggiuntive. Non c’è ragione per cui questi cittadini e operatori debbano disporre oggi di una tutela giurisdizionale più limitata rispetto a quella di cui hanno goduto per trent’anni.

Poiché il periodo transitorio è scaduto, è giunto il momento che il Consiglio ricorra all’articolo 67, paragrafo 2, secondo trattino, del trattato CE per correggere questo regresso di tutela, e instauri il regime comune dell’articolo 234 del trattato CE in materia di cooperazione giudiziaria civile.

d) Avere fiducia nel buon funzionamento della Corte di giustizia

L’articolo 68, paragrafo 1, del trattato CE sembra spiegarsi, da un lato, con la necessità di evitare che la Corte venga sovraccaricata da un afflusso massiccio di rinvii pregiudiziali nelle materie di cui al titolo IV, e, dall’altro, con il timore che in alcuni settori come il diritto d’asilo il procedimento pregiudiziale possa ritardare i procedimenti giudiziari nazionali.

La Commissione ritiene che si debba aver fiducia nella Corte, nell’efficacia dei mezzi di organizzazione interna di cui già dispone e nelle nuove possibilità venutesi a creare con il trattato di Nizza. La Corte può attualmente rivendicare una netta riduzione dei tempi medi dei procedimenti pregiudiziali[22]. Inoltre, grazie alla nuova procedura accelerata, ha già dato prova di poter rispondere più rapidamente alle questioni pregiudiziali se necessario. Peraltro, in caso di bisogno, potrebbero essere inserite nello statuto della Corte di giustizia -grazie alla nuova base giuridica dell’articolo 245, comma 2, introdotta dal trattato di Nizza - e nel suo regolamento di procedura disposizioni speciali per trattare immediatamente le cause particolarmente urgenti.

Del resto, in altri settori in cui i procedimenti nazionali sono altrettanto urgenti, come in materia penale, i trattati non hanno limitato la possibilità di adire la Corte alle sole giurisdizioni nazionali di ultimo grado. Si assiste così alla situazione paradossale per cui sebbene da un lato la tutela giurisdizionale nel titolo VI del trattato UE sia assolutamente insufficiente in quanto presuppone, all’articolo 35, paragrafo 2, una dichiarazione di accettazione (“ opt-in ”) degli Stati membri, che solo 14 hanno espresso, dall’altro gli Stati membri che si sono avvalsi di questa possibilità sono liberi di permettere a tutte le loro giurisdizioni di chiedere alla Corte di pronunciarsi in via pregiudiziale, cosa che invece non è possibile nel titolo IV.

In ogni caso, la Commissione ritiene che, allo stato attuale dello sviluppo dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, non basti addurre argomenti sul carico di lavoro dei giudici per giustificare il mantenimento di una disposizione che può pregiudicare la tutela giurisdizionale effettiva e l’unità del diritto comunitario.

Conclusioni

Lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, come l’Europa in generale, si costruisce per tappe. Dall’entrata in vigore del trattato di Amsterdam e dal Consiglio europeo di Tampere, il titolo IV ha permesso di creare un corpus normativo impressionante, di cui beneficiano i cittadini europei e tutti coloro che risiedono nell’Unione sotto vari aspetti della vita quotidiana.

Essendo scaduto il periodo transitorio, diventa ormai urgente che il Consiglio adempia l’obbligo di cui all’articolo 67 del trattato CE e restituisca alla Corte la totalità delle sue competenze a pronunciarsi in via pregiudiziale sulla normativa adottata, in modo da garantire pienamente il diritto fondamentale alla tutela giurisdizionale effettiva e l’uniformità del diritto comunitario, e da colmare una lacuna non più giustificabile in uno “spazio di giustizia” degno di questo nome.

ALLEGATO

PROGETTO DI DECISIONE DEL CONSIGLIO

che adatta le disposizioni relative alla Corte di giustizia nei settori contemplati al titolo IV della parte terza del trattato che istituisce la Comunità europea

IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 67, paragrafo 2, secondo trattino,

visto il parere del Parlamento europeo,

considerando quanto segue:

1. In conformità dell’articolo 68, paragrafo 1, del trattato, l’articolo 234 del trattato si applica alla titolo IV della parte terza del trattato nelle circostanze e alle condizioni particolari previste in quella disposizione. Ai sensi dell’articolo 68, paragrafo 2, la Corte di giustizia non è comunque competente a pronunciarsi sulle misure o decisioni adottate a norma dell’articolo 62, punto 1, in materia di mantenimento dell’ordine pubblico o di salvaguardia della sicurezza interna. Analogamente, l’articolo 2, paragrafo 1, terzo comma, del protocollo sull’integrazione dell’ acquis di Schengen nell’ambito dell’Unione europea esclude la competenza della Corte di giustizia a pronunciarsi sulle misure o decisioni adottate nel quadro dell’ acquis di Schengen relative al mantenimento dell’ordine pubblico e alla salvaguardia della sicurezza interna. In conformità dell’articolo 68, paragrafo 3, del trattato, il Consiglio, la Commissione o uno Stato membro possono chiedere alla Corte di giustizia di pronunciarsi sull’interpretazione del titolo IV o degli atti delle istituzioni della Comunità fondati su tale titolo. La decisione pronunciata dalla Corte di giustizia in risposta a siffatta richiesta non si applica alle sentenze degli organi giurisdizionali degli Stati membri passate in giudicato.

2. Ai sensi dell’articolo 67, paragrafo 2, secondo trattino, del trattato, trascorso il periodo transitorio di cinque anni dall’entrata in vigore del trattato di Amsterdam, il Consiglio, deliberando all’unanimità previa consultazione del Parlamento europeo, prende una decisione al fine di adattare le disposizioni relative alle competenze della Corte di giustizia.

3. È opportuno procedere a tale adattamento allineando le disposizioni specifiche esistenti nei settori contemplati dal titolo IV al regime comune del trattato. Queste disposizioni specifiche dovrebbero pertanto cessare di applicarsi e dovrebbero applicarsi invece le disposizioni generali del trattato, in particolare l’articolo 234.

4. La Danimarca, conformemente agli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull’Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, non partecipa all’adozione della presente decisione e non ne è pertanto vincolata né è soggetta alla sua applicazione,

DECIDE:

Articolo unico

1. A decorrere dal [1º gennaio 2007] si applica l’articolo 234 a qualsiasi domanda presentata da una giurisdizione nazionale alla Corte di giustizia affinché si pronunci su una questione relativa all’interpretazione del titolo IV della parte terza del trattato, o sulla validità e sull’interpretazione degli atti adottati dalle istituzioni della Comunità in base a tale titolo, incluse le domande presentate prima del [1º gennaio 2007] sulle quali la Corte di giustizia non si sia ancora pronunciata a quella data.

2. A decorrere dal [1º gennaio 2007] l’articolo 2, paragrafo 1, terzo comma, seconda frase, del protocollo sull’integrazione dell’ acquis di Schengen nell’ambito dell’Unione europea cessa di applicarsi alle materie disciplinate dal diritto comunitario.

3. A decorrere dal [1º gennaio 2007] cessa di applicarsi l’articolo 68 del trattato.

Fatto a Bruxelles, il […].

Per il Consiglio Il presidente

[1] Cfr., in particolare, le sentenze della Corte di giustizia nelle cause 294/83, Les Verts/Parlamento, Racc. pag. 1339, punto 23; 222/84, Johnston, Racc. 1986, pag. 1651, punto 18; C-50/00 P, Unión de pequeños agricultores, Racc. 2002, pag. I-6677, punti 38 - 40.

[2] Conformemente all’articolo 67, paragrafo 2, secondo trattino, del trattato CE, il Consiglio ha deciso di estendere l’applicazione della procedura di codecisione (cfr. la decisione 2004/927/CE del Consiglio del 22 dicembre 2004, GU L 396 del 31.12.2004, pag. 45). In quell’occasione la Commissione ha fatto mettere agli atti la seguente dichiarazione: “ La Commissione desidera ricordare che l’articolo 67, paragrafo 2 prevede una decisione del Consiglio che non solo assoggetti i settori alla procedura di codecisione, ma adatti anche le disposizioni relative alle competenze della Corte di giustizia. Il passaggio di una maggioranza di settori di cui al titolo IV presentati in tale decisione alla procedura di codecisione contribuisce notevolmente ad aumentare la legittimità democratica degli strumenti adottati nell’ambito di tale titolo e la Commissione può pertanto accogliere con favore la decisione. Ciò premesso, è inaccettabile che la decisione non preveda alcun adattamento delle competenze della Corte, perpetuando così una situazione in cui l’accesso alla Corte di giustizia rimane limitato. La Commissione è assolutamente convinta che, in questo settore che riguarda così da vicino i diritti dei cittadini, un maggiore accesso alla giustizia sia altresì essenziale a rafforzare la legittimità”. La stessa posizione è stata espressa dal Parlamento europeo nella relazione Bourlanges adottata il 16 dicembre 2004.

[3] Ai sensi di questo paragrafo, “il Consiglio, la Commissione o uno Stato membro possono chiedere alla Corte di giustizia di pronunciarsi sull’interpretazione del presente titolo o degli atti delle istituzioni della Comunità fondati sul presente titolo. (…)” .

[4] Ai sensi di questo paragrafo, “(…) la Corte di giustizia non è comunque competente a pronunciarsi sulle misure o decisioni adottate a norma dell’articolo 62, punto 1, in materia di mantenimento dell’ordine pubblico o di salvaguardia della sicurezza interna”.

[5] Cfr. la relazione della Corte di giustizia su alcuni aspetti dell’applicazione del TUE, 1995, pagg. 5 e 6.

[6] Cfr. l’intervento del presidente Rodríguez Iglesias nell’ambito dei lavori della convenzione europea, CONV 572/03 del 20 febbraio 2003. Cfr. anche il documento di riflessione della Corte “Avvenire del sistema giurisdizionale dell’Unione europea” del 2002, pagg. 31-33, in cui la Corte, pur rilevando la deroga prevista dall’articolo 68 del trattato CE, ribadisce il principio generale per sottolineare che “ sembra necessario che la possibilità di adire la Corte resti aperta a tutte le giurisdizioni”, e far notare che “ l’applicazione uniforme del diritto comunitario spesso dipende dal fatto che la risposta alle questioni d’interpretazione sollevate davanti alle giurisdizioni non rimanga sospesa fino all’appello o al ricorso in Cassazione, ma venga data immediatamente dalla Corte, di modo che si possa fissare quanto prima una giurisprudenza negli Stati membri dell’Unione” .

[7] La Commissione ha recentemente proposto un regolamento per comunitarizzare la convenzione (proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I) (COM(2005) 650 definitivo)).

[8] Cfr. l’ultima nota a pagina 2.

[9] Causa 314/85, Foto-Frost, Racc. 1987, pag. 4199.

[10] Cause riunite C-143/88 e C-92/89, Zuckerfabrik Süderdithmarschen, Racc. 1991, pag. I-415; causa C-465/93, Atlanta, Racc. 1995, pag. I-3761. I principi fondamentali sanciti dalla giurisprudenza Foto-Frost, Zuckerfabrik e Atlanta dovrebbero verosimilmente applicarsi anche al titolo IV. C’è chi sostiene che si dovrebbe effettuare una deroga e riconoscere eccezionalmente in questo settore, ai giudici nazionali, il potere di disapplicare gli atti comunitari ritenuti contrari al trattato, in modo da evitare i problemi di tutela giurisdizionale evidenziati nella presente comunicazione. Questa posizione, tuttavia, comprometterebbe seriamente l’autonomia e l’uniformità del diritto comunitario.

[11] Data la necessità di garantire una tutela costante ed efficace dei minori, le controversie sulla responsabilità genitoriale quale definita dal regolamento (CE) n. 2201/2003, devono essere risolte in tempi brevi. Sebbene siano spesso oggetto di impugnazione, le decisioni adottate in virtù del regolamento (CE) n. 2201/2003 giungono in ultimo grado solo in casi isolati.

[12] L’articolo 2, paragrafo 1, terzo comma, del protocollo sull’integrazione dell’ acquis di Schengen nell’ambito dell’Unione europea contiene una disposizione che esclude la competenza della Corte di giustizia che, per quanto riguarda le parti dell’ acquis di Schengen integrate nel diritto comunitario, è parallela alla disposizione dell’articolo 68, paragrafo 2, del trattato CE e dovrà pertanto essere “adattata” parallelamente a quest’ultima.

[13] La Commissione ritiene che, contrariamente a quanto viene talvolta sostenuto, questo paragrafo non può applicarsi a misure nazionali in materia di mantenimento dell’ordine pubblico e di salvaguardia della sicurezza interna. Lo si deduce dalla lettera stessa del paragrafo 2. In effetti, la Corte di giustizia non “si pronuncia” mai, né nella procedura di cui all’articolo 226 del trattato CE, né in quella prevista dall’articolo 234 del medesimo trattato, “su” misure o decisioni nazionali e tali misure non sono “adottate a norma dell’articolo 62, punto 1” del trattato CE.

[14] Queste misure si basano in particolare sull’articolo 39, paragrafo 3, e sull’articolo 46 del trattato CE e devono rispettare le garanzie della direttiva 64/221/CEE per il coordinamento dei provvedimenti speciali riguardanti il trasferimento e il soggiorno degli stranieri, giustificati da motivi d’ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica (GU 56 del 4.4.1964, pag. 850). Con effetto a decorrere dal 30 aprile 2006, questa direttiva è sostituita dalla direttiva 2004/38/CE del 29 aprile 2004.

[15] Cfr. la precitata direttiva 64/221/CEE.

[16] Cfr. la causa C-100/2001, Olazábal, 2002, I-10981.

[17] Cfr. la sentenza del 18 febbraio 1999, Matthews/ Regno Unito (richiesta n. 24833/94).

[18] Cfr. la sentenza del 30 giugno 2005, Bosphorus/ Irlanda (richiesta n. 45036/98), punti 96 - 99 e 160 - 165. La Corte europea è giunta alla conclusione che l’adempimento di obblighi imposti da atti di diritto derivato gode di una “presunzione di conformità” con la Convenzione.

[19] Convenzione del 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale.

[20] Articolo 2 del protocollo del 3 giugno 1971 relativo all’interpretazione da parte della Corte di giustizia della convenzione del 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale. Nei casi di applicazione dell’articolo 37 della convenzione di Bruxelles, avevano diritto di adire la Corte di giustizia anche le giurisdizioni di primo grado.

[21] È particolarmente significativo osservare che sentenze d’importanza fondamentale per l’applicazione della convenzione di Bruxelles e, di conseguenza, per il regolamento (CE) n. 44/2001 sono state pronunciate dalla Corte a seguito di un rinvio pregiudiziale delle corti d’appello. È il caso, ad esempio, delle sentenze “Bier Mines de Potasse d’Alsace” (causa 21-76), “De Bloos” (causa 14-76), “Tessili” (causa 12/76), “Denilauler” (causa 125/79), “Mund-Fester” (causa C-398-92), “Reichert” (causa C-261-90), o ancora della sentenza “Group Josi” (causa C-412/98) che ha chiarito l’applicabilità della convenzione anche se l’attore è domiciliato in un paese terzo. Lo stesso vale per la sentenza “Owuzu-Jackson” (causa C-281-02), di importanza capitale per l’ambito di applicazione della convenzione di Bruxelles.

[22] Cfr., da ultimo, il comunicato stampa della Corte n. 14/06, del 13 febbraio 2006, “Corte di giustizia: statistiche giudiziarie 2005 i progressi constatati nel 2004 si consolidano e continuano”.

Top