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Document 52006AE1576
Opinion of the European Economic and Social Committee on the Communication from the Commission to the European Parliament, the Council and the European Economic and Social Committee — Implementing the Partnership for growth and jobs: Making Europe a pole of excellence on corporate social responsibility COM(2006) 136 final
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo — Il partenariato per la crescita e l'occupazione: fare dell'Europa un polo di eccellenza in materia di responsabilità sociale delle imprese COM(2006) 136 def.
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo — Il partenariato per la crescita e l'occupazione: fare dell'Europa un polo di eccellenza in materia di responsabilità sociale delle imprese COM(2006) 136 def.
GU C 325 del 30.12.2006, p. 53–60
(ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, NL, PL, PT, SK, SL, FI, SV)
30.12.2006 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 325/53 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo — Il partenariato per la crescita e l'occupazione: fare dell'Europa un polo di eccellenza in materia di responsabilità sociale delle imprese
COM(2006) 136 def.
(2006/C 325/14)
La Commissione, in data 22 marzo 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.
La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 7 novembre 2006, sulla base del progetto predisposto dalla relatrice PICHENOT.
Il Comitato economico e sociale europeo, in data 14 dicembre 2006, nel corso della 431a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 153 voti favorevoli, 21 voti contrari e 14 astensioni:
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1 |
La responsabilità sociale delle imprese interessa da vicino ciascun cittadino europeo poiché è una componente del modello sociale europeo. Il Comitato economico e sociale europeo si compiace che la Commissione ne tenga conto nella comunicazione in esame, in cui sottolinea fra l'altro che «la RSI riflette i valori fondamentali dell'UE». Di conseguenza il Comitato ritiene che i cittadini europei dovrebbero poter avere accesso a informazioni affidabili e quanto più complete possibile circa le prese di posizione e le pratiche delle imprese e degli enti territoriali perché ciò permetterebbe loro di scegliere con maggiore cognizione di causa in quanto consumatori, risparmiatori e residenti. I prodotti e i servizi che possono offrire un'informazione sociale di qualità e soddisfano un criterio di tracciabilità beneficiano già presso gli investitori, i consumatori e le loro associazioni di un effettivo vantaggio comparato. Tale tendenza si rivelerà sempre più importante nella prospettiva di uno sviluppo sostenibile. |
1.2 |
Un portale d'informazione sulla RSI potrebbe dunque inquadrarsi nel piano d'azione Meglio comunicare l'Europa. Questo portale europeo, raggruppando le informazioni disponibili, permetterebbe di compiere un inventario del numero e del tipo delle imprese, dei temi affrontati e delle parti direttamente interessate. Esso sarebbe utile per sensibilizzare alla RSI i soggetti interessati di tutti gli Stati membri. In particolare, sarebbe molto opportuno se il portale fornisse informazioni sulle buone pratiche delle imprese dei nuovi Stati membri. Il portale costituirebbe uno strumento di valutazione globale in materia di RSI. Questo repertorio, volontario e multilaterale, corredo indispensabile della cosiddetta «Alleanza europea», dovrebbe essere cofinanziato dalla Commissione. La biblioteca sulle prassi (1) in materia di RSI così costituita permetterebbe lo scambio d'informazioni sulle buone pratiche delle imprese e degli enti territoriali. |
1.3 |
Dato che la RSI contribuisce alla realizzazione della strategia di Lisbona (innovazione, competitività, occupabilità e creazione di posti di lavoro), il CESE suggerisce agli Stati membri d'integrarne la promozione nei rispettivi Piani di riforma nazionali e, beninteso, nelle strategie nazionali per lo sviluppo sostenibile. Ricorda che la RSI è praticata su base volontaria, è complementare al rispetto del diritto del lavoro e della legislazione sociale nazionale e rafforza, se necessario, le norme internazionali del lavoro. Il CESE invita le autorità degli Stati membri e dell'UE a favorire l'emergere e la crescita dei nuovi settori d'attività creati o sviluppati dalla politica della RSI. Esorta altresì gli Stati membri e l'UE a stimolare le imprese a tenere un atteggiamento responsabile nel quadro degli appalti pubblici (adottando il criterio del vantaggio sociale e ambientale). |
1.4 |
In tutta l'Europa si applica un gran numero di prassi ispirate allo sviluppo sostenibile o alla RSI. Questa varietà è sì un fattore di dinamismo, ma rende difficile un approccio europeo concertato. Il CESE si compiace del fatto che, conformemente a quanto auspicato nella comunicazione, il gruppo dei rappresentanti nazionali ad alto livello sulla RSI sia stato riattivato come sede di dibattito per migliorare lo scambio di buone pratiche. Prima ancora di cercare una convergenza occorre aggiornare l'inventario delle pratiche nazionali. Questa verifica, che deve includere le politiche pubbliche e le legislazioni esistenti, dovrebbe permettere di evidenziare, nel rispetto della diversità, i risultati ottenuti dalle politiche pubbliche intese a favorire la promozione della RSI. |
1.5 |
La Commissione europea ritiene che le imprese europee dovrebbero tenere un comportamento responsabile ovunque esse operino, rispettando i valori dell'Unione europea e delle norme internazionali riconosciute, segnatamente per quanto riguarda il lavoro dignitoso. Di conseguenza il CESE fa appello alle parti sociali delle società multinazionali di origine europea affinché arricchiscano il dialogo sociale transnazionale negoziando accordi quadro internazionali sulla RSI. Le imprese che hanno sottoscritto questi accordi, quando questi si fondano sul rispetto dei principi della Dichiarazione dell'OIL e delle linee guida dell'OCSE destinate alle società multinazionali, partecipano così alla realizzazione degli obiettivi di sviluppo del Millennio (OSM). |
1.6 |
Il CESE appoggia le iniziative del dialogo sociale settoriale che coinvolge la RSI nella gestione delle trasformazioni economiche. Esso raccomanda ai diversi settori di assicurarsi che tali iniziative includano partecipanti di tutti gli Stati membri. |
1.7 |
Il Comitato afferma che la RSI è esemplare quando fa parte integrante della strategia ed è applicata a tutti i livelli gerarchici dell'impresa. Raccomanda pertanto alle imprese che intendono appoggiare l'Alleanza europea di parteciparvi pienamente e integralmente, coinvolgendo anche i rappresentanti del personale che vorranno farlo e il comitato aziendale europeo laddove esista. |
1.8 |
Pur dichiarandosi favorevole al fatto che la generalizzazione della RSI auspicata dalla Commissione passi per le PMI, il CESE invita tutti i tipi di impresa, incluse quelle dell'economia sociale, a impegnarsi nella RSI, nel rispetto della loro diversità. |
1.9 |
Per migliorare il processo di rating, il Comitato invita le imprese europee a impegnarsi nell'elaborazione e nella revisione dei diversi strumenti di misura e informazione, come le norme EMAS, GRI e ISO 26000. Ricorda che ad ogni modo, la certificazione, quando è fattibile, deve partire dalla volontà dell'impresa e non può essere resa obbligatoria. Per assicurare la legittimità e l'affidabilità delle agenzie di rating e di certificazione è importante che tali agenzie stabiliscano la loro valutazione secondo criteri basati sui testi fondamentali contenuti nell'elenco redatto dal Forum multilaterale del 2004. Il Comitato incoraggia le iniziative di autoregolamentazione del settore delle agenzie. |
1.10 |
Il CESE constata che l'allegato della comunicazione è frutto di un'iniziativa concertata della Commissione e di una parte degli ambienti imprenditoriali, e che le altre parti interessate non sono state contattate. Ritiene quindi che le organizzazioni imprenditoriali abbiano il compito di diffondere l'informazione e di promuovere, a livello nazionale e locale, le attività delle imprese dell'Alleanza europea per la RSI. |
1.11 |
Il CESE invita le parti direttamente interessate esterne ad attivarsi nelle nuove riunioni del Forum europeo multilaterale sulla RSI e a partecipare ai dialoghi avviati con le imprese dell'Alleanza. Raccomanda di istituire sedi per dibattiti nazionali con una composizione multilaterale allo scopo di esaminare le buone pratiche, e in particolare quelle che sono pubblicate nel portale europeo, allo scopo di rispondere per quanto possibile alle attese dei cittadini. |
1.12 |
Il CESE auspica una riflessione approfondita sulla valutazione del livello raggiunto in materia di RSI. Ciò dovrebbe avvenire quanto prima per assicurare la credibilità della nuova iniziativa, la quale ricerca esplicitamente l'eccellenza. Tale riflessione potrebbe intervenire nel quadro dell'esame delle strategie (nazionale e comunitaria) per lo sviluppo sostenibile, dato che entrambi questi aspetti rientrano nella medesima filosofia, fermo restando che la responsabilità delle imprese e degli enti territoriali nei confronti della società si situa al livello micro mentre lo sviluppo sostenibile si pone al livello macro. Questo punto dovrebbe figurare all'ordine del giorno delle prime riunioni (fine 2006) del Forum europeo multilaterale sulla RSI, cui il CESE auspica di essere pienamente associato. |
1.13 |
Il Comitato propone altresì alla Commissione di proclamare uno dei prossimi anni «Anno europeo della RSI». |
2. Motivazione
2.1 Il contesto europeo della RSI dopo il vertice di Lisbona
2.1.1 |
I consigli europei (Lisbona 2000, Göteborg 2001) hanno precisato un approccio europeo alla Responsabilità sociale delle imprese (RSI) che si articola in tre aspetti. A livello europeo la RSI è un'iniziativa a carattere volontario che integra il cosiddetto acquis comunitario, il quale resta il riferimento obbligatorio nei suoi aspetti sociali (diritto del lavoro), «societali», ossia che interessano la società nel suo insieme, (diritto dei consumatori) e ambientali (diritto dell'ambiente). Già erano disponibili strumenti europei volontari relativi all'aspetto ambientale (EMAS, Ecolabel). |
2.1.2 |
Nel luglio 2001 (2) la Commissione europea ha pubblicato il Libro verde Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese che definiva la RSI e in merito al quale il CESE ha emesso un parere nel marzo 2002 (3). Il Libro verde invitava tutti gli Stati membri a dare il loro contributo su questo tema, e quindi — sulla base di tali contributi — nel luglio 2002 la Commissione ha adottato una prima comunicazione sulla responsabilità sociale delle imprese, dal titolo Un contributo delle imprese allo sviluppo sostenibile, titolo che già di per sé evidenziava come la RSI sia l'aspetto microeconomico del concetto macroeconomico di sviluppo sostenibile. |
2.1.3 |
La Commissione ha organizzato un Forum multilaterale (con la partecipazione di diverse parti direttamente interessate) sulla RSI nell'Unione europea, nell'intento di definire raccomandazioni comuni in proposito. Si tratta di un processo inedito di dialogo e di concertazione che ha riunito parti sociali, istituti di ricerca e le parti interessate, un tentativo unico di organizzare un dialogo civile su richiesta della Commissione. Dopo lunghi lavori a livello di comitati ad hoc e quattro sedute plenarie, il 29 giugno 2004 il Forum ha emesso il suo rapporto finale riconoscendo che diverse parti direttamente interessate, e non solo le imprese, hanno un ruolo nello sviluppo sostenibile. Il rapporto contiene nove serie di raccomandazioni rivolte alle imprese, agli operatori e alle parti direttamente interessate, ai pubblici poteri e alle istituzioni dell'Unione europea. Queste raccomandazioni riguardavano la sensibilizzazione e la formazione alla RSI, la sua integrazione nelle azioni di tutti i soggetti, e cercavano di assicurare un contesto propizio alla RSI. L'UNICE ha espresso soddisfazione per i risultati ottenuti, la Confederazione europea dei sindacati (CES) ha accettato il testo del rapporto finale esprimendo però talune riserve e altre parti direttamente interessate hanno manifestato la loro insoddisfazione. Come rammentato nella comunicazione del 22 marzo 2006 oggetto del presente parere, «Il Forum ha permesso ai partecipanti di trovare un certo accordo, ma ha rivelato anche le notevoli differenze d'opinione tra il mondo imprenditoriale e le altre parti». |
2.1.4 |
Nel giugno 2003 la direttiva 2003/51/CE che modifica le direttive relative ai conti annuali e ai conti consolidati di taluni tipi di società, delle banche e altri istituti finanziari e delle imprese di assicurazione ha introdotto la possibilità di pubblicare indicatori non finanziari di prestazione attinenti all'ambiente e al personale. Per contribuire alla promozione della RSI, nel giugno 2005 il CESE ha pubblicato un parere sugli strumenti di misura e d'informazione, appunto, della RSI (4). |
2.1.5 |
Una seconda comunicazione, dal titolo Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo: il partenariato per la crescita e l'occupazione: fare dell'Europa un polo di eccellenza in materia di responsabilità sociale delle imprese (5) è quella che forma oggetto del presente parere e che contiene un allegato dal titolo L'alleanza europea per la RSI. |
2.1.6 |
Nella comunicazione del maggio 2006 Promuovere la possibilità di un lavoro dignitoso per tutti (6), la Commissione «riconosce la funzione importante della RSI, che risulta complementare all'attività legislativa, ai negoziati collettivi ed al controllo delle condizioni di lavoro. Essa ritiene che i codici di condotta e gli altri strumenti della RSI debbano basarsi sugli strumenti concordati a livello internazionale (OCSE, OIL) e invita le imprese, l'Alleanza europea per la RSI e le altre parti in causa a sviluppare iniziative che contribuiscano a promuovere possibilità di lavoro dignitoso per tutti». D'altro canto, negli Orientamenti integrati (OI) per l'attuazione della strategia di Lisbona il Consiglio del giugno 2006 ha raccomandato agli Stati membri di esortare le imprese a sviluppare la loro responsabilità sociale. |
2.1.7 |
Definendo la nuova strategia per lo sviluppo sostenibile (7) nel giugno 2006 il Consiglio prevede, nei suoi principi guida delle politiche, una «partecipazione delle imprese e delle parti sociali» così impostata: «Rafforzare il dialogo sociale, la responsabilità sociale delle imprese ed i partenariati pubblico/privato al fine di favorire la cooperazione e la condivisione di responsabilità riguardo all'attuazione di metodi di produzione e di consumo sostenibili». Al punto 31 della medesima comunicazione precisa poi «I dirigenti delle imprese e altre parti interessate, comprese le organizzazioni dei lavoratori e le organizzazioni non governative, dovrebbero impegnarsi in una riflessione urgente con i leader politici sulle politiche a medio e a lungo termine necessarie per lo sviluppo sostenibile e proporre risposte imprenditoriali ambiziose che vadano oltre gli esistenti requisiti giuridici minimi. La Commissione avanzerà una proposta nel 2007. In linea con l'Alleanza europea per la responsabilità sociale delle imprese (CSR), si dovrebbe accrescere la consapevolezza e la conoscenza della responsabilità sociale e ambientale delle imprese». |
2.2 Sintesi della comunicazione
2.2.1 |
La comunicazione in esame (8), pubblicata nel marzo 2006, si aggiunge all'acquis preesistente e ridà visibilità politica alla RSI. Nel documento la nuova Commissione appoggia la creazione dell'Alleanza europea per la RSI e rilancia gli incontri del Forum europeo multilaterale sulla RSI. In effetti, la Commissione «annuncia (…) il suo sostegno al lancio di un'alleanza europea in materia di RSI, un concetto elaborato sulla base dei contributi di imprese attive nella promozione della RSI» e rilancia gli incontri del Forum multilaterale sulla RSI: «La Commissione continua a dare grandissima importanza al dialogo con e tra le parti interessate e propone di organizzare periodicamente riunioni del forum multilaterale per valutare i progressi compiuti nell'UE in materia di RSI». |
2.2.2 |
La Commissione sottolinea di non avere alcun ruolo attivo nell'Alleanza. Precisa in particolare che questa «non comporta alcun nuovo obbligo finanziario per la Commissione» stessa e che «si tratta (…) non di uno strumento giuridico che deve essere sottoscritto dalle imprese, dalla Commissione o da un'autorità pubblica», bensì di «un quadro politico per le iniziative nuove o esistenti in materia di RSI delle grandi imprese, delle PMI e delle parti interessate». |
2.2.3 |
Nell'allegato alla comunicazione, il quale non ha lo stesso peso e portata del testo di quest'ultima, l'Alleanza viene presentata come un'iniziativa del mondo imprenditoriale basata sul partenariato: «… la Commissione europea sostiene i rappresentanti del mondo imprenditoriale che gettano le basi di un'alleanza europea per la RSI. Quest'alleanza è aperta alle imprese che condividono la stessa ambizione: fare dell'Europa un polo di eccellenza in materia di RSI per sostenere un'economia di mercato e d'impresa competitiva e sostenibile. L'elemento fondamentale di quest'iniziativa è il partenariato …». Essa è destinata ad aprirsi a tutte le imprese europee, di ogni dimensione, che vi possono partecipare su base volontaria. Nell'autunno 2006 il sito dell'UNICE elencava un centinaio d'imprese. |
2.2.4 |
A giudizio della Commissione, «poiché la RSI è fondamentalmente un comportamento volontario delle imprese, un approccio che imponga alle imprese nuovi obblighi ed esigenze amministrative rischia di essere controproducente e sarebbe contrario ai principi di miglioramento della regolamentazione». Appare indubbiamente poco compatibile con il carattere volontario della RSI imporre nuove regole cogenti, fermo restando che la partecipazione di un'impresa alla RSI implica di per sé un rigoroso rispetto della lettera e dello spirito della legge, assoggettato al controllo delle autorità competenti. |
2.2.5 |
La Commissione punta sul fatto che il suo sostegno all'Alleanza consentirà di generalizzare la RSI nelle imprese europee, ma è altresì consapevole che la fiducia, elemento chiave di questo processo, non è automatica, ma può essere garantita solo dalla qualità della governance dell'impresa. |
2.2.6 |
La partecipazione delle imprese all'Alleanza è puramente dichiarativa e non comporta alcun impegno formale. La semplicità di questa procedura dovrebbe facilitare il rapido aumento delle imprese aderenti. |
2.2.7 |
La Commissione «riconosce che la RSI non potrà svilupparsi senza il sostegno attivo e la critica costruttiva del mondo non imprenditoriale». Essa trae dunque arricchimento dal sostegno attivo e dalla critica costruttiva dei soggetti interessati che non appartengono al mondo imprenditoriale. |
2.2.8 |
L'esistenza dell'Alleanza non si sostituisce al dialogo con e fra tutte le parti interessate. Per favorirlo la Commissione «propone di organizzare periodicamente riunioni del forum multilaterale per valutare i progressi compiuti nell'UE in materia di RSI». Queste riunioni permetteranno di fare il punto della situazione: «Fra un anno, la Commissione esaminerà l'evoluzione della RSI in seguito a discussioni in seno al forum multilaterale». Il presente parere cerca di tracciare il percorso da seguire per la preparazione della prossima scadenza, sottolineando i punti che meritano raccomandazioni. |
2.3 Alcuni punti salienti della comunicazione
2.3.1 Le imprese nella strategia di Lisbona
2.3.1.1 |
La Commissione ritiene che le imprese, creatrici di ricchezza e di occupazione, propongano beni e servizi che offrono un valore aggiunto alla società e invita le imprese europee «a impegnarsi maggiormente per la RSI». Il CESE approva l'idea della Commissione secondo cui, se parteciperanno volontariamente alla RSI, le imprese contribuiranno alla realizzazione degli obiettivi della strategia di Lisbona riveduta. In particolare, queste pratiche volontarie di RSI possono aiutare i pubblici poteri a realizzare taluni Orientamenti integrati (OI) riguardanti l'integrazione sociale, l'apprendimento lungo tutto l'arco della vita, l'innovazione e lo sviluppo dell'imprenditorialità, ad esempio mediante la lotta contro le discriminazioni e per la diversità, in particolare per quanto riguarda le persone con disabilità, l'anticipazione dell'evoluzione delle qualifiche, la ricerca di personale nei quartieri svantaggiati, il sostegno da parte delle camere di commercio e dell'industria ai giovani imprenditori (comprese le giovani imprenditrici o le persone immigrate di recente), ecc. |
2.3.1.2 |
In un recente parere (9) il Comitato ha affermato che «il modello sociale europeo deve trasmettere l'idea di una zona di benessere democratica, rispettosa dell'ambiente, competitiva e in grado di assicurare l'integrazione sociale a tutti i cittadini europei». Esso si compiace dunque del fatto che la Commissione esorti le imprese europee a promuovere iniziative a favore della RSI che, pur non offrendo loro un ritorno finanziario immediato, migliorano la competitività globale dell'Europa e concorrono a realizzare gli obiettivi di sviluppo del Millennio, ad esempio l'assunzione di personale fra i gruppi svantaggiati, la riduzione dei livelli d'inquinamento e un maggior rispetto dei diritti fondamentali nei paesi in via di sviluppo. |
2.3.1.3 |
Il CESE approva il collegamento compiuto fra la strategia di Lisbona, lo sviluppo sostenibile e la RSI. Tuttavia, come ha affermato in un recente parere (10), ritiene che sarebbe opportuno precisare e chiarire le articolazioni fra la strategia di Lisbona e la strategia dello sviluppo sostenibile. Per attuare queste strategie rimane essenziale l'intervento dei pubblici poteri, i quali devono definire un quadro ottimale per la crescita e l'innovazione a livello macroeconomico (piani nazionali di riforma, strategie nazionali per lo sviluppo sostenibile). Le imprese responsabili s'iscrivono in tale quadro operando a livello microeconomico. Ne consegue che la RSI attuata dalle imprese attraverso l'espansione dei processi innovatori e lo sviluppo di strategie di gestione responsabile, concorre allo sviluppo sostenibile a livello europeo e mondiale. |
2.3.2 Generalizzazione: la RSI per tutte le imprese che lo desiderino
2.3.2.1 |
La comunicazione del marzo 2006 invita le imprese europee, di qualunque dimensione, a impegnarsi nella RSI. Il CESE è convinto che per generalizzare la RSI sia anche indispensabile promuoverla presso le PMI. Strumenti specifici sperimentati in questi ultimi due anni offrono una piattaforma di esperienze che merita uno studio d'impatto che consenta di seguire l'evoluzione di queste pratiche. |
2.3.2.2 |
Nelle conclusioni del Forum multilaterale si è precisato che le raccomandazioni erano rivolte a tutti i tipi d'impresa (incluse le PMI e le imprese dell'economia sociale), nel rispetto della loro diversità. Il CESE condivide l'idea che le PMI e le microimprese abbiano un loro ruolo in una strategia di RSI, con strumenti adeguati. Precisa inoltre che sono interessati, in pari misura, tutti i diversi tipi d'impresa: non solo le società di capitali, ma anche le imprese individuali e le società di persone, le imprese pubbliche, le mutue, le cooperative artigianali, industriali e agricole, le istituzioni paritetiche, le associazioni dell'economia sociale, ecc. Il Comitato invita dunque tutte queste forme d'impresa a impegnarsi nell'Alleanza europea in materia di RSI e fa presente l'opportunità di provvedere a misure di RSI fin dal momento della creazione di qualsiasi tipo di azienda. |
2.3.3 Il ruolo delle parti direttamente interessate «interne»
2.3.3.1 |
La comunicazione menziona l'efficacia del dialogo sociale in materia di RSI e l'utilità dei comitati aziendali europei nella definizione delle buone pratiche. Il Comitato si rammarica pertanto del fatto che le organizzazioni rappresentative del dialogo sociale a livello sia interprofessionale che settoriale non siano state interpellate al momento di lanciare l'Alleanza. |
2.3.3.2 |
Per il CESE (11)«il modello europeo di economia sociale di mercato vede l'impresa non solo come una società di capitali o un intreccio di contratti, ma anche, anzi soprattutto, come una collettività che funga idealmente da sede di dialogo sociale». Anche se spesso l'iniziativa di adottare disposizioni di RSI viene dai vertici dell'impresa, le buone pratiche non possono dipendere unicamente dalla direzione. A giudizio del CESE, il modello europeo della RSI non è il frutto di decisioni filantropiche, bensì il risultato del dialogo con tutte le forze vive dell'impresa a qualsiasi livello gerarchico. In effetti, la RSI tocca da vicino non solo i dirigenti, ma anche i quadri e tutti i dipendenti, e si attua attraverso il dialogo con le parti terze direttamente interessate. Il Comitato è convinto che una RSI degna di questo nome debba essere integrata nella strategia dell'impresa e attuata da tutti i soggetti attivi nell'impresa. La RSI è, per definizione, una pratica volontaria che si aggiunge alle legislazioni in vigore, e al tempo stesso include e oltrepassa le norme cogenti. |
2.3.3.3 |
Per questo motivo gli accordi quadro internazionali (ACI) sulla RSI rivestono grande interesse: essi sono negoziati e firmati, da un lato, dalla direzione dell'impresa o dalle direzioni delle imprese del gruppo e, d'altro lato, dalle rappresentanze dei dipendenti, ossia federazioni settoriali internazionali o europee, oppure federazioni sindacali nazionali e il comitato aziendale europeo. Con la firma le due parti sociali s'impegnano ad applicare i principi della RSI nelle relazioni dell'impresa con le parti direttamente interessate esterne, in particolare i subfornitori e gli enti territoriali. |
2.3.3.4 |
Il CESE approva il brano della comunicazione in cui si afferma che «I lavoratori dipendenti, i loro rappresentanti e i sindacati devono svolgere un ruolo più attivo nello sviluppo e nell'applicazione» dei principi della RSI. Il Comitato invita le imprese che intendono appoggiare l'Alleanza a parteciparvi pienamente, anche coinvolgendovi i rappresentanti del personale che lo desiderino. Laddove esiste anche il comitato aziendale europeo, ha un ruolo da svolgere. |
2.3.3.4.1 |
In un recente parere (12) il CESE si è espresso nei seguenti termini: «Il CESE sostiene la dimensione sociale dell'impresa nell'Unione europea e il ruolo che i CAE (NdT: comitati aziendali europei) svolgono. Il dibattito europeo ha focalizzato nello sviluppo sostenibile e nel modello sociale europeo le peculiarità dell'Unione. La responsabilità sociale d'impresa nell'economia globale rappresenta una delle risposte europee ai problemi posti dalla globalizzazione, i cui effetti negativi potrebbero essere attenuati se tutti gli Stati aderenti all'Organizzazione mondiale del commercio rispettassero le norme fondamentali dell'OIL.» Ha inoltre affermato: «Il modello sociale europeo, oltre che per le tutele offerte ai più deboli e per il welfare, si caratterizza per il rispetto dei diritti costitutivi della dignità della persona, in ogni sede e in ogni circostanza. I diritti di cittadinanza, nell'Europa moderna, si devono infatti poter esercitare ovunque, compresi i luoghi di lavoro e in particolare nell'ambito transnazionale dell'impresa». |
2.3.3.5 |
Il CESE incoraggia le imprese e gli istituti di formazione professionale a prevedere nei loro programmi d'insegnamento anche una formazione allo sviluppo sostenibile e alla RSI. |
2.3.4 Le iniziative settoriali
2.3.4.1 |
La Commissione continuerà ad appoggiare le azioni varate in materia di RSI dalle parti interessate, e in particolare dalle parti sociali e dalle ONG, soprattutto a livello settoriale. Essa sottolinea il ruolo importante dei comitati di dialogo sociale settoriale. Per parte sua il CESE apporta il suo sostegno a queste iniziative e invita i vari settori a fare in modo che comprendano partecipanti di tutti gli Stati membri. |
2.3.5 Fare dell'Europa un polo di eccellenza in materia di RSI
2.3.5.1 |
La comunicazione vuol «fare dell'Europa un polo di eccellenza in materia di responsabilità sociale delle imprese» ma nulla dice dei modi per accertare il livello di qualità raggiunto. Tuttavia, per poter affermare che ci si situa a un livello di eccellenza, bisognerà ben poter misurare in qualche modo la qualità della RSI raggiunta dall'Europa. Al di là delle relazioni effettuate dalle singole imprese, l'Europa dovrebbe potersi comparare agli altri poli regionali in materia di RSI. In un primo tempo, un portale che raggruppi l'informazione disponibile permetterebbe di censire il numero e il tipo delle imprese, i temi sul tappeto e le parti direttamente interessate. |
2.3.5.2 |
Per fare dell'Europa un polo d'eccellenza in materia di RSI, l'Alleanza europea dovrebbe contemplare un lavoro sugli strumenti più idonei. I prodotti e i servizi che possono offrire un'informazione sociale di qualità e soddisfano un criterio di tracciabilità beneficiano già presso gli investitori, i consumatori e le loro associazioni di un effettivo vantaggio comparato. Tale tendenza si rivelerà sempre più importante nella prospettiva di uno sviluppo sostenibile. |
2.3.5.3 |
Il CESE auspica una riflessione approfondita sulla valutazione del livello raggiunto in materia di RSI, cosa peraltro urgente per assicurare la credibilità della nuova iniziativa, che mira esplicitamente all'eccellenza. Questo punto dovrebbe essere all'ordine del giorno delle prime riunioni del Forum multilaterale, previste per la fine del 2006. Nel corso del Forum multilaterale, tenutosi a Bruxelles il 7 dicembre 2006, la Commissione ha presentato il «Compendium» delle iniziative finora realizzate nel campo della responsabilità sociale delle imprese, una sorta di inventario. Il CESE si dichiara disponibile ad analizzare quanto è stato fatto su alcune specifiche materie e ad instaurare una collaborazione istituzionale con la Commissione, anche per quanto riguarda la gestione del portale della CSR. |
2.3.5.4 |
I concetti non sono chiariti in modo definitivo e gli strumenti non raccolgono il consenso generale. Ciò non toglie che taluni Stati membri attuino politiche miranti a una maggiore trasparenza delle imprese in materia di RSI. Una conoscenza più approfondita delle politiche degli Stati membri a livello nazionale permetterebbe una proficua interazione reciproca. La decisione di riattivare il gruppo dei rappresentanti nazionali ad alto livello sulla RSI è positiva, tanto più che i nuovi Stati membri e quelli futuri vi parteciperanno attivamente. Inoltre, il bilancio della strategia europea (al livello dell'Unione e degli Stati membri) sullo sviluppo sostenibile previsto per il 2007 dovrebbe includere un consuntivo delle politiche dei pubblici poteri a favore della RSI. |
2.3.6 Informazione e trasparenza
2.3.6.1 |
Il CESE prende atto con interesse della volontà della Commissione di accrescere la trasparenza e l'informazione dei consumatori. Fa tuttavia presente che questa trasparenza e l'informazione sulla RSI non devono limitarsi alle esigenze di salute pubblica relative ai beni di consumo. I consumatori possono svolgere un ruolo di stimolo alla produzione responsabile di beni e servizi, ma a tal fine devono sapere non solo se i beni che consumano rispondano ai requisiti di sanità pubblica, ma anche se siano prodotti nel rispetto delle norme sociali e ambientali. Occorre inoltre estendere lo sforzo di trasparenza a tutti i settori economici. È auspicabile che i consumatori sappiano se i beni che consumano sono prodotti in condizioni socialmente responsabili; è opportuno che gli investitori e i risparmiatori sappiano se le imprese in cui investono operano in maniera socialmente responsabile; è desiderabile che i residenti sappiano se le attrezzature, le infrastrutture, ecc. della loro zona sono costruite in maniera socialmente responsabile, e in particolare se soddisfano a criteri ecologici. Già ora gli operatori finanziari s'interessano all'informazione extrafinanziaria sulle imprese attraverso i fondi d'investimento socialmente responsabili. Insieme alle agenzie di rating non finanziario costituiscono attori privilegiati nella promozione della RSI. Taluni settori industriali, ad esempio il settore edilizio ad elevata qualità ambientale, si organizzano per definire standard professionali. Inoltre, settori molto interessati da queste problematiche come quelli dell'alluminio, del petrolio e della carta si preoccupano dell'impatto ambientale delle loro attività. Per parte sua il CESE giudica che sarebbe utile se tali iniziative di autoregolamentazione si diffondessero. |
2.3.6.2 |
Per valutare la propria sostenibilità finanziaria le imprese utilizzano tecniche diverse (natura e trasparenza degli investimenti, contabilità e controlli) e i risultati che conseguono sul fronte sociale e ambientale (condizioni di lavoro, protezione della natura e dei territori nella «catena del valore»). Nella loro diversità e complementarità tali tecniche devono offrire una sinergia. |
2.3.6.3 |
Per assicurare la legittimità e l'affidabilità delle agenzie di rating e di certificazione, è indispensabile che i principi siano trasparenti. Le imprese infatti devono conoscere il quadro di riferimento in base al quale viene espresso il rating. In questo senso il Comitato accoglie con piacere la pubblicazione dei Principi dell'investimento socialmente responsabile (13). È importante che tali agenzie facciano la loro valutazione su criteri basati sui testi fondamentali contenuti nell'elenco redatto dal Forum multilaterale del 2004. Le agenzie devono garantire il massimo di trasparenza possibile. Un tentativo di autoregolamentazione della professione è stato compiuto con lo standard CSRR-QS. Il Comitato invita a proseguire su questa strada. In un recente parere (14), il Comitato ha esortato le imprese europee a impegnarsi nell'elaborazione e nella revisione dei diversi strumenti di misura e di valutazione, in particolare le norme EMAS, GRI e ISO 26000. Il CESE sottolinea la necessità di evitare che le norme internazionali ridefiniscano il concetto di Responsabilità sociale dell'impresa, riducendola alla semplice applicazione di obblighi giuridici, mentre essa, per natura, consiste in iniziative volontarie delle imprese al di là di quanto previsto dalle leggi. Raccomanda alle rappresentanze nazionali che elaborano le linee guida ISO 26000 di promuovere la definizione europea della RSI, che incorpori la legge ma, allo stesso tempo, la superi. Indipendentemente dall' importanza del lavoro svolto dalle agenzie di rating, le imprese non devono essere obbligate a sottostare a norme private la cui verifica è onerosa per le PMI. Quando gli strumenti si prestano alla certificazione, quest'ultima parte dalla volontà dell'impresa e non deve in alcun caso essere resa obbligatoria. |
2.3.6.4 |
La comunicazione sottolinea che «Le parti interessate esterne, in particolare le ONG, i consumatori e gli investitori dovranno impegnarsi maggiormente per incoraggiare e ricompensare il comportamento responsabile delle imprese» o per assolvere il loro ruolo di vigilanza. Ciò implica che questi soggetti dovranno essere ben informati. La comunicazione incoraggia le imprese che sostengono l'Alleanza a comunicare informazioni sulla RSI a tutti gli interessati, e in particolare ai consumatori, agli investitori e al pubblico, e invita le grandi imprese a presentare le loro strategie e le loro iniziative nel campo della RSI, nonché i loro risultati e migliori pratiche in maniera agevolmente accessibile al pubblico. Circa l'informazione sulla RSI il CESE rammenta la sua proposta (15) di creare un portale informativo europeo sulle pratiche delle grandi imprese al riguardo. Ritenendo che l'analisi da parte di un terzo consenta di migliorare l'informazione e garantisca la trasparenza, il CESE prevedeva che i dati provenienti dalle stesse imprese fossero analizzati da un terzo di fiducia, ad esempio un osservatore istituzionale europeo. Quest'analisi potrebbe essere compiuta in un secondo tempo, utilizzando i dati del portale europeo. |
2.3.6.5 |
D'altro canto, la comunicazione precisa che non ci sono formalità da espletare per dichiarare il proprio sostegno all'Alleanza e che la Commissione europea non terrà alcun elenco delle imprese che la sosterranno. Attualmente, sette mesi dopo il varo dell'Alleanza, questa viene presentata solo dai siti web dell'UNICE, della rete CSR Europe e di talune organizzazioni imprenditoriali a livello nazionale. Il CESE si rammarica del fatto che le informazioni non siano accessibile e che non vengano presentate in forma aggregata e messe a disposizione degli interessati. |
2.3.7 Competitività e sviluppo sostenibile
2.3.7.1 |
L'impresa responsabile può ottenere un vantaggio competitivo in termini d'immagine; ciò interessa particolarmente le imprese del settore dei beni di consumo. |
2.3.7.2 |
Le imprese responsabili offrono un terreno favorevole all'innovazione e alla creatività. Agli occhi dei clienti i loro prodotti e servizi sono sinonimo di maggiore qualità e valore, e ciò può rappresentare un vantaggio comparato. |
2.3.7.3 |
Prevedendo i rischi, l'instaurazione di un processo integrato di RSI permette di gestire meglio le crisi, o persino di ovviare a quelle incognite cui l'impresa è esposta: malversazione, rischi industriali e tecnologici. Ad esempio, gli infortuni diminuiscono con il miglioramento della sicurezza del personale, grazie a un'adeguata formazione e perché sono stati effettuati investimenti utili. Ne consegue che le pratiche di RSI possono tradursi in una sensibile riduzione dei rischi constatati o prevedibili. Il CESE rileva con interesse che talune compagnie di assicurazioni ne tengono conto nelle loro tariffe e invita l'intero settore finanziario a seguire questo esempio. |
2.3.7.4 |
L'applicazione dei principi di RSI induce le imprese a migliorare i loro processi decisionali e la loro governance, migliorando quindi i suoi risultati nel lungo periodo. Una gestione delle risorse umane che comporti l'apprendimento lungo tutta l'arco della vita e il mantenimento al lavoro dei lavoratori anziani consente di ottimizzare il capitale umano nell'impresa e contribuisce all'invecchiamento attivo. Il CESE prende atto con interesse delle iniziative intraprese dagli ambienti europei degli esperti contabili per promuovere il management responsabile, attraverso la qualità delle informazioni sui problemi ambientali e alle questioni del personale in quanto elementi dell'analisi strategica dell'impresa. |
2.3.7.5 |
Il CESE rammenta che spesso i miglioramenti della competitività a lungo termine sono ottenuti con iniziative comportanti un costo a breve termine e invita le imprese a non concentrarsi unicamente sulla redditività immediata. |
2.3.7.6 |
Invita gli Stati membri e l'UE a stimolare un atteggiamento responsabile delle imprese nel quadro degli appalti pubblici (politica del vantaggio per la società e l'ambiente). |
2.3.7.7 |
A livello macroeconomico la risoluzione dei problemi sociali o ambientali comporta la creazione o lo sviluppo di nuovi settori d'attività, schiudendo opportunità per la crescita economica e per la creazione di posti di lavoro: basti pensare all'eco-efficacia, ai servizi alla persona, ai rapporti che intercorrono fra urbanistica e trasporti. Il CESE fa appello alle autorità degli Stati membri e dell'UE affinché favoriscano l'emergere e lo sviluppo di questi settori. |
2.3.8 I nuovi Stati membri
2.3.8.1 |
Nonostante l'impegno profuso nei nuovi Stati membri, le imprese che affermano di essere all'avanguardia della RSI appartengono soprattutto ai vecchi Stati membri. |
2.3.8.2 |
Il CESE giudica indispensabile far conoscere e valorizzare le buone pratiche instaurate dalle imprese, e in particolare dalle PMI, dei nuovi Stati membri. |
2.3.8.3 |
Date le differenze del contesto economico e culturale, le imprese dei nuovi Stati membri hanno indubbiamente molto da imparare dall'esperienza di aziende di regioni con caratteristiche simili alle loro. In effetti, quando un paese privo di una lunga esperienza dell'economia sociale di mercato intraprende iniziative socialmente responsabili, può offrire un'ispirazione più diretta ai responsabili dei paesi con una storia analoga. |
2.3.8.4 |
È quindi molto importante che l'informazione sulle buone pratiche delle imprese dei nuovi Stati membri venga resa nota ai loro omologhi di tutti gli Stati membri e dei paesi che aderiranno in futuro. |
2.3.8.5 |
Occorre inoltre incentivare l'informazione dell'opinione pubblica, come dei diversi gruppi d'interesse, sulle questioni di un'attività economica responsabile, poiché dal loro dinamismo e dalla partecipazione di diverse parti interessate dipende in gran parte la rapidità e la qualità dell'attuazione dei principi della responsabilità sociale delle imprese. |
2.3.9 La dimensione internazionale della RSI
2.3.9.1 |
Il CESE approva la posizione assunta dalla Commissione, la quale intende continuare a promuovere la RSI a livello mondiale per massimizzare il contributo delle imprese alla realizzazione degli obiettivi di sviluppo del Millennio dell'ONU. Il Comitato appoggia altresì le intenzioni della Commissione per quanto riguarda i criteri di riferimento internazionali sul comportamento responsabile delle imprese, vale a dire incoraggiare l'attuazione della Dichiarazione tripartita dell'OIL sui principi concernenti le imprese multinazionali e la politica sociale, dei principi guida dell'OCSE per le società multinazionali, del Patto mondiale delle imprese (Global Compact) e dei principi delle Nazioni Unite per investimenti socialmente responsabili e degli altri strumenti e iniziative di riferimento; dare impulso alla promozione di norme ambientali rigorose; tener conto dello sviluppo sostenibile negli accordi bilaterali in materia di scambi e cooperazione; incoraggiare con incentivi commerciali il rispetto dei grandi principi internazionali in materia di diritti umani e del lavoro, di protezione dell'ambiente e di governance; intensificare la cooperazione con l'OIL sul lavoro dignitoso; promuovere la RSI nel quadro della nuova strategia per l'Africa, seguire le iniziative internazionali connesse (lavori del rappresentante speciale delle Nazioni Unite, linee guida ISO, certificazione del processo di Kimberley). Tale azione di stimolo riveste un'importanza ancor maggiore per il fatto che per alcuni paesi essi possono rappresentare una tappa verso un effettivo diritto sociale. |
2.3.9.2 |
Il CESE ritiene che le zone franche di esportazione, istituite per creare un clima propizio agli investimenti, non dovrebbero in alcun caso operare al di fuori dei limiti fissati dalle legislazioni nazionali del lavoro. Mostrare un interesse per l'applicazione della RSI in queste zone non può sostituire il rispetto del corpus delle convenzioni fondamentali dell'OIL. |
Bruxelles, 14 dicembre 2006
Il Presidente
del Comitato economico e sociale europeo
Dimitris DIMITRIADIS
(1) Il termine «prassi» (di origine greca) significa «azione» e designa tutte le attività umane in grado di trasformare l'ambiente naturale o di modificare i rapporti sociali.
(2) COM(2001) 366 def.
(3) Parere del CESE del 20.3.2002 sul tema Libro verde — Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese (relatrice: HORNUNG-DRAUS, correlatrice: ENGELEN-KEFER, correlatore HOFFELT — GU C 125 del 27.5.2002).
(4) Parere del CESE, dell'8.6.2005, sul tema Strumenti di misura e di informazione sulla responsabilità sociale delle imprese in un'economia globalizzata (relatrice: PICHENOT — GU C 286 del 17.11.2005).
(5) COM(2006) 136 def.
(6) COM(2006) 249 def.
(7) Comunicazione 10117/06
(8) COM(2006) 136 def.
(9) Parere del CESE, del 6.7.2006, sul tema Coesione sociale: dare un contenuto al modello sociale europeo (CESE 973/2006 — relatore: EHNMARK).
(10) Parere del CESE, del 17.5.2006, in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sul riesame della strategia per lo sviluppo sostenibile — Una piattaforma d'azione (CESE 736/2006 — relatore: RIBBE).
(11) Parere del CESE, dell'8.6.2005, sul tema Strumenti di misura e di informazione sulla responsabilità sociale delle imprese in un'economia globalizzata (relatrice: PICHENOT — GU C 286 del 17.11.2005).
(12) Parere del CESE, del 13.9.2006, sul tema I comitati aziendali europei: un nuovo ruolo per promuovere l'integrazione europea (relatore: IOZIA — GU C 318 del 23.12.2006), punti 1.11 e 1.13.
(13) Cfr. sito dei principi dell'investimento socialmente responsabile in francese
(14) http://www.unpri.org/principles/french.html o in inglese http://www.unpri.org/principles/ Voluntary Quality Standard for Corporate Sustainability and Responsibility Research — Quality Standard for SRI Research (Standard volontario di qualità per la ricerca in materia di sostenibilità e responsabilità d'impresa).
(15) Parere del CESE, dell'8.6.2005, sul tema Strumenti di misura e di informazione sulla responsabilità sociale delle imprese in un'economia globalizzata (relatrice PICHENOT — GU C 286 del 17.11.2005), punti 4.4.1 e 4.4.2. Ibidem, punto 4.4.3. Business network for corporate social responsibility (Rete europea per la responsabilità sociale delle imprese).