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Document 52004DC0709
Report from the Commission - Implementation by Member States of the Convention on the Protection of the European Communities’ financial interests and its protocols Article 10 of the Convention {SEC(2004) 1299}
Relazione della Commissione Applicazione da parte degli Stati membri della convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee e dei relativi protocolli Articolo 10 della convenzione {SEC(2004) 1299}
Relazione della Commissione Applicazione da parte degli Stati membri della convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee e dei relativi protocolli Articolo 10 della convenzione {SEC(2004) 1299}
/* COM/2004/0709 def. */
Relazione della Commissione Applicazione da parte degli Stati membri della convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee e dei relativi protocolli Articolo 10 della convenzione {SEC(2004) 1299} /* COM/2004/0709 def. */
Bruxelles, 25.10.2004 COM(2004) 709 definitivo . RELAZIONE DELLA COMMISSIONE Applicazione da parte degli Stati membri della convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee e dei relativi protocolli Articolo 10 della convenzione {SEC(2004) 1299} 1. INTRODUZIONE La tutela degli interessi finanziari nell’ambito del diritto penale è una delle principali priorità della Comunità europea già dagli anni Settanta, tuttavia i primi strumenti adottati in materia sono stati la convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari (in appresso ‘convenzione TIF’) del 26.7.1995[1], il primo protocollo del 27.9.1996[2], il protocollo della CGE del 29.11.1996[3] e il secondo protocollo del 19.6.1997[4] (in appresso ‘strumenti TIF’). Tutti questi strumenti sono stati adottati a norma del titolo VI del trattato UE. Gli strumenti TIF sono finalizzati alla creazione di una base comune per la tutela penale degli interessi finanziari delle Comunità europee. La convenzione TIF, il primo protocollo e il protocollo della CGE sono entrati in vigore il 17.10.2002, dopo l’avvenuta ratifica degli allora 15 Stati membri. Manca ancora la ratifica del secondo protocollo da parte di Italia, Lussemburgo e Austria. Poiché il Consiglio non ha ancora adottato una posizione comune in merito alla proposta di direttiva relativa alla tutela penale degli interessi finanziari delle Comunità europee sulla base dell’articolo 280 del trattato CE[5], la Commissione ritiene che sia giunto il momento di esaminare le misure d’attuazione nazionali e di considerare l’incidenza degli strumenti TIF. La presente relazione mira a verificare se sia già stato realizzato in tutti gli Stati membri l’obiettivo di una tutela efficace ed equivalente degli interessi finanziari delle Comunità. Grazie all’individuazione di lacune persistenti nell’applicazione degli strumenti TIF sarà possibile contribuire all’avanzamento del processo legislativo riguardante la proposta di direttiva ovvero, se del caso, al ricorso agli strumenti TIF nelle procedure di composizione delle controversie. Attualmente risulta necessaria una relazione sull’applicazione degli strumenti TIF per fare un bilancio dell’evoluzione della tutela degli interessi finanziari attraverso il diritto penale nazionale, sebbene non tutti gli Stati membri abbiano ratificato tutti gli strumenti TIF. Con l’adesione dei nuovi Stati membri si apre una nuova fase del processo di controllo dell’applicazione, a cui si dovrà procedere separatamente dal resto. 2. ANTEFATTI 2.1. Obiettivo La presente relazione mira principalmente alla valutazione del metodo di applicazione degli strumenti TIF adottato dagli Stati membri, ma rappresenta anche lo strumento più adatto ad appurare la necessità di mettere in atto la procedura di composizione delle controversie a norma dell’articolo 8 della convenzione TIF. Sebbene siano inseriti nel terzo pilastro, gli strumenti TIF perseguono obiettivi indicati anche all’articolo 280 del trattato CE: - Le misure a norma dell’articolo 280, paragrafo 1, del trattato CE e degli strumenti TIF, sono dissuasive e tali da permettere una protezione efficace degli interessi finanziari della Comunità negli Stati membri. - L’articolo 280, paragrafo 2, del trattato CE impone agli Stati membri di adottare, per combattere contro la frode che lede gli interessi finanziari della Comunità, le stesse misure che essi adottano per combattere la frode che lede i loro interessi finanziari. È proprio a questo principio di assimilazione che ci si è ispirati nell’elaborazione degli strumenti TIF. - Sia l’articolo 280, paragrafo 3, del trattato CE, che gli strumenti TIF promuovono la cooperazione tra gli Stati membri, oltre che con la Commissione. - Gli strumenti TIF intervengono nei settori della prevenzione e della lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari della Comunità, al fine di pervenire a una protezione efficace ed equivalente in tutti gli Stati membri, ai sensi dell’articolo 280, paragrafo 4, del trattato CE. Gli strumenti TIF contribuiscono a realizzare il principio di equivalenza . L’articolo 10 della convenzione TIF prevede che gli Stati membri trasmettano alla Commissione il testo delle disposizioni di recepimento nell’ordinamento giuridico nazionale degli strumenti TIF. In tale contesto, la presente relazione serve anche per diffondere le informazioni ricevute[6]. 2.2. Metodo La relazione si concentra innanzitutto sui 15 Stati membri dell’Unione, prima delle nuove adesioni del 1° maggio 2004, quindi sulle disposizioni degli strumenti TIF relative al diritto penale o al diritto processuale, senza invece considerare le disposizioni che non hanno bisogno di essere recepite, come ad esempio quelle relative alla cooperazione e alla protezione dei dati. Essendo stato ratificato dalla maggioranza degli Stati membri, è legittimo esaminare l’applicazione del secondo protocollo. Sono oramai trascorsi sette anni dalla sua adozione. Austria e Lussemburgo stanno preparando il progetto di legge per applicare le disposizioni in materia di responsabilità delle persone giuridiche. L’Italia ha già promulgato la maggior parte delle relative misure di attuazione. Le componenti principali, quali il riciclaggio e il sequestro di proventi di attività illecite, sono strettamente legate all’ acquis esistente. Per valutare l’applicazione degli strumenti TIF, è opportuno tener conto degli stessi criteri di valutazione fissati per valutare l’applicazione delle direttive del primo pilastro e le decisioni quadro del terzo. Tuttavia, i criteri di valutazione sono innanzitutto le disposizioni degli stessi strumenti TIF. Onde valutare il grado di tutela penale degli interessi finanziari delle Comunità europee assicurato attraverso le misure nazionali, è essenziale verificare l’applicazione di ciascun articolo in ogni Stato membro attraverso un’analisi di diritto comparato. Si riporta in appresso una sintesi della valutazione; la valutazione integrale è contenuta in documento di lavoro dei servizi della Commissione associato alla presente relazione. 3. VALUTAZIONE 3.1. Reati Frode ai danni degli interessi finanziari della Comunità (articoli 1 e 2 della convenzione TIF) L’obiettivo originale della convenzione TIF consisteva nell’eliminare tutte le lacune e le incompatibilità relative alla frode ai danni degli interessi finanziari delle Comunità europee. In virtù del principio di equivalenza (che è anche indicato all’articolo 280, paragrafo 4, del trattato CE), l’incriminazione della condotta fraudolenta presenta caratteristiche sempre più simili nell’Unione europea. Tuttavia, per quanto concerne la frode ai danni delle spese comunitarie, soltanto Danimarca, Grecia, Spagna e Irlanda si sono conformate completamente alle disposizioni in materia. La normativa in Italia e Paesi Bassi sembra evitare lacune e scappatoie che potrebbero consentire che le frodi ai danni delle spese rimangano impunite. La normativa di Belgio, Germania, Lussemburgo, Austria, Portogallo, Finlandia e Svezia potrebbe non essere completamente conforme alla definizione di frode, in quanto per alcune tipologie di frode sono necessari ulteriori elementi. In Francia e nel Regno Unito sussisterebbe il rischio che talune tipologie di frode relative alle spese comunitarie non siano soggette ad incriminazione. In Francia, ad esempio, la frode commessa attraverso la mancata comunicazione di un’informazione va sottoposta a ulteriore esame, mentre nel Regno Unito la normativa può presentare gravi incertezze per quanto attiene alla distrazione di fondi. Il quadro complessivo migliora per quanto concerne la frode a danno delle entrate comunitarie, in quanto Germania, Spagna, Italia, Paesi Bassi, Austria, Portogallo e Finlandia si sono conformati alla convenzione TIF. Non è invece del tutto evidente il campo di applicazione della tutela penale delle risorse proprie dell’imposta sul valore aggiunto in Danimarca, Grecia, Francia, Irlanda e Lussemburgo. Sulla base di più approfondite analisi della pratica giuridica dei tribunali, sembrano necessarie delle modifiche legislative per far fronte, in Svezia e Regno Unito, a potenziali lacune per talune tipologie di frode riguardanti l’applicazione erronea di benefici ottenuti legalmente e, in Belgio, per l’elemento dell’inganno nell’ambito della legislazione doganale. Sembra, infine, che nel Regno Unito sia prevista l’incriminazione soltanto per la frode ai danni delle autorità nazionali, mentre per la frode relativa all’imposta sul valore aggiunto o ai dazi doganali sarebbero necessari ulteriori elementi soggettivi, vale a dire la consapevolezza di essere coinvolto nell’evasione fraudolenta o dell’intraprendere azioni a tal fine. In Belgio, Francia e Austria, le pene previste per talune tipologie di frode fiscale non sarebbero proporzionate e dissuasive, data la mancanza di adeguate sanzioni privative della libertà. Il fatto che continui a mancare una definizione comune negli Stati membri per ciò che costituisce frode ai danni degli interessi finanziari della Comunità può rendere difficili gli sforzi di repressione delle frodi e di cooperazione a livello di Unione. L’incriminazione della predisposizione intenzionale di dichiarazioni false, inesatte o incomplete di cui all’articolo 1, paragrafo 3, della convenzione TIF, sarebbe presente in Danimarca, Grecia, Spagna, Italia, Irlanda, Paesi Bassi e Svezia. Per quanto riguarda invece gli altri Stati membri, a tutt’oggi non è possibile trarre conclusioni definitive. Corruzione (articoli 2-5 del primo protocollo) In termini generali, l’attuazione relativa alla corruzione attiva o passiva si trova in fase più avanzata, anche in virtù di obblighi analoghi imposti agli Stati membri da altre convenzioni internazionali. Apparentemente tutti gli Stati membri prevedono il reato di corruzione. In Germania, Grecia, Irlanda, Austria e Svezia il campo di applicazione specifico della normativa esistente può essere tuttavia restrittivo. Spagna, Svezia e Regno Unito non hanno sostenuto argomentazioni convincenti secondo cui le violazioni si potrebbero applicare anche ai funzionari comunitari. Per quanto concerne l’assimilazione dei membri delle istituzioni europee, in Belgio, Danimarca, Spagna, Paesi Bassi e Portogallo il completo adeguamento sarebbe subordinato all’interpretazione delle leggi pertinenti fornita dai giudici. Riciclaggio di proventi di attività illecite (articolo 2 del secondo protocollo) Il bilancio relativo all’adeguamento degli Stati membri al secondo protocollo in relazione al riciclaggio di proventi di attività illecite è alquanto soddisfacente: sembra infatti che vi si siano pienamente conformati Belgio, Danimarca, Francia, Irlanda, Italia, Paesi Bassi, Portogallo, Finlandia, Regno Unito e Spagna, quest’ultima solo in relazione alle cosiddette forme gravi di frode. Per quanto riguarda la Svezia, non è sicuro che la frode fiscale e doganale siano reati presupposto. In Lussemburgo, la frode è un reato presupposto solo se perpetrata da un’organizzazione criminale. In Germania e Austria, i reati presupposto comprendono la frode fiscale solo se perpetrata da un’organizzazione. In Grecia, le frodi in materia di imposta sul valore aggiunto non sarebbero menzionate come reato presupposto. 3.2. Concetti generali di diritto penale Responsabilità penale dei dirigenti delle imprese (articolo 3 della convenzione TIF) L’articolo 3 della convenzione TIF prevede la responsabilità penale dei dirigenti delle imprese in casi di frode, corruzione o riciclaggio di proventi di attività illecite ai danni degli interessi finanziari della Comunità, quando tali atti sono commessi da una persona soggetta alla loro autorità per conto dell’impresa. In apparenza, soltanto i Paesi Bassi prevedono esplicitamente la responsabilità penale dei dirigenti delle imprese. Il campo d’applicazione della responsabilità penale dei dirigenti delle imprese resta incerto in Belgio, Danimarca, Germania, Italia, Lussemburgo, Austria e Svezia, dove si ricorre alle norme generali in materia di partecipazione per negare la necessità di norme specifiche. Non esistono certezze circa la piena efficacia delle norme sulla partecipazione. Urgono ulteriori chiarimenti per valutare se sia effettivamente garantito l’obiettivo di cui all’articolo 3 della convenzione TIF, ad esempio mediante esempi della giurisprudenza costante (Francia). L’Irlanda non avrebbe introdotto il concetto di responsabilità penale dei dirigenti delle imprese, stabilendo l’applicazione indiscriminata del concetto di ‘ mens rea ’. La Commissione rileva che gli Stati membri si sono dimostrati alquanto riluttanti ad esaminare in maniera accurata e approfondita i rispettivi ordinamenti nazionali in rapporto al concetto di responsabilità penale dei dirigenti delle imprese. Sarà necessario un ulteriore riscontro, dato che gli Stati membri si affidano esclusivamente alla rispettiva normativa nazionale. La Commissione dubita che sia sufficiente il riferimento alle disposizioni nazionali esistenti e ritiene che continuino ad esservi incompatibilità per il fatto che il responsabile delle decisioni può essere chiamato a rispondere del proprio operato in circostanze diverse, a seconda del paese. Urgono pertanto azioni legislative negli Stati membri per introdurre norme specifiche sulla responsabilità penale dei dirigenti delle imprese. Responsabilità delle persone giuridiche (articoli 3 e 4 del secondo protocollo) Ad eccezione di Lussemburgo e Austria, gli Stati membri contemplano la responsabilità delle persone giuridiche. Tre di essi non contemplerebbero la responsabilità delle persone giuridiche per tutti i reati indicati negli strumenti TIF: a titolo esemplificativo, vengono omesse la corruzione attiva e il riciclaggio di proventi di attività illecite (Portogallo), la frode fiscale e doganale (Francia) o la frode non ritenuta ‘grave’ (Spagna). Per quanto concerne Belgio, Danimarca, Irlanda, Svezia e Regno Unito, non è certo che essi prevedano la responsabilità nei casi in cui la mancanza di vigilanza o di controllo abbiano consentito di commettere il reato, ovvero il reato sia stato commesso da un dipendente. Per quanto riguarda la convergenza del trattamento uniforme di imprese o singoli individui rei del medesimo comportamento criminale, l’analisi evidenzia un netto progresso degli Stati membri. Finanche Lussemburgo[7] e Austria[8], che a tutt’oggi non hanno ratificato il secondo protocollo, sembrano disposti ad accettare la responsabilità delle persone giuridiche. La Commissione osserva inoltre che il concetto di responsabilità delle persone giuridiche è diventato nel frattempo un requisito sempre più diffuso dei più recenti strumenti comunitari e internazionali. Confisca (articolo 5 del secondo protocollo) In merito alla disposizione sulla confisca, gli strumenti comunitari e internazionali in vigore che contemplano misure analoghe hanno indubbiamente contribuito al raggiungimento di risultati positivi. Belgio, Danimarca, Germania, Irlanda, Paesi Bassi, Portogallo e Finlandia sarebbero conformi all’articolo 5 del secondo protocollo, mentre gli altri Stati membri non contemplerebbero disposizioni sul sequestro e la confisca, o sulla revoca degli strumenti (Regno Unito), o sulle proprietà di valore corrispondente (Spagna), ovvero avrebbero palesemente tralasciato la frode fiscale (Grecia e Svezia) o altre tipologie di frode (Francia). 3.3. Aspetti complementari relativi alla procedura penale Giurisdizione (articolo 4 della convenzione TIF e articolo 6 del primo protocollo) Tutti gli Stati membri dispongono, in termini generali, di competenza basata sul principio di territorialità per frode, corruzione o riciclaggio di proventi di attività illecite. In apparenza, Francia, Austria e Regno Unito non contemplano la piena competenza territoriale per quanto concerne la frode fiscale, la partecipazione alla stessa o il tentativo commesso solo parzialmente entro i propri confini nazionali ma di competenza di un altro Stato membro. Il Belgio non garantirebbe la competenza per alcune tipologie di partecipazione alla frode o al riciclaggio di proventi di attività illecite perpetrate all’estero, mentre nel Regno Unito si registrerebbero difficoltà procedurali che rendono praticamente impossibile perseguire reati commessi al di fuori dei confini nazionali: la Scozia, ad esempio, potrebbe non avere la competenza per la partecipazione ed istigazione ad una frode compiuta all’estero. Gli Stati membri si sono avvalsi della possibilità conferita dagli strumenti TIF di presentare riserve sull’applicazione del principio della personalità per stabilire la competenza giurisdizionale, con la conseguenza che le differenze che continuano a sussistere potrebbero far sì che alcuni reati restino impuniti, come anche che non sia adeguatamente disciplinato il carattere transnazionale di molte attività illecite di cui sono oggetto gli interessi finanziari dell’Unione. ‘ Ne bis in idem ’ (articolo 7 della convenzione TIF) Sembra sia riconosciuto il principio ‘ ne bis in idem’ . Apparentemente esso è applicato in Danimarca, Italia, Portogallo, Austria e Svezia. Tuttavia, data la mancanza di informazioni, non è stato possibile procedere in questa fase ad una valutazione relativa agli altri Stati membri. 3.4. Valutazione generale L’esame delle disposizioni nazionali adottate negli Stati membri mette subito in evidenza un aumento del grado di tutela penale effettiva relativa agli interessi finanziari delle Comunità europee. Per quanto concerne la definizione dei reati, si registra un ravvicinamento dei sistemi nazionali, mentre le sanzioni vengono solitamente fissate ad un livello sufficientemente elevato in modo da non ostacolare la reciproca assistenza. Il principio di assimilazione (che è anche indicato all’articolo 280, paragrafo 2, del trattato CE) viene parzialmente riconosciuto dagli Stati membri. In particolare, gli strumenti TIF hanno fatto sì che gli Stati membri adottassero, in generale, gli stessi provvedimenti per contrastare la frode ai danni degli interessi finanziari delle Comunità europee che essi adottano per contrastare la frode ai danni dei rispettivi interessi finanziari nazionali. La Commissione conclude tuttavia, nella sua analisi, che nessuno degli Stati membri esaminati avrebbe adottato tutte le misure necessarie a conformarsi integralmente agli strumenti TIF. Non si può escludere che le leggi comportino lacune e scappatoie che consentirebbero ad alcuni reati di restare impuniti. Non è possibile contemplare separatamente l’insieme delle norme contenute negli strumenti TIF dato che la mancata o solo parziale applicazione di un articolo ha ripercussioni anche sulle disposizioni che, considerate singolarmente, potrebbero sembrare conformi agli strumenti TIF. Considerate le notevoli differenze tra gli Stati membri per quanto riguarda le sanzioni penali, sussistono inoltre dubbi sul fatto che le sanzioni imposte siano sempre efficaci, proporzionate e dissuasive e dunque conformi ai criteri della Corte di giustizia[9]. Dato che l’obiettivo di armonizzazione non è stato ancora completamente raggiunto, la Commissione continua a ritenere che il grado di tutela non sia sufficientemente avanzato da escludere qualsiasi rischio che non tutti i comportamenti che ledono gli interessi finanziari delle Comunità europee, e che dovrebbero pertanto essere incriminati, restino impuniti o che non si agisca sugli stessi comportamenti per sortire un effetto deterrente. Gli Stati membri non si sono completamente conformati all’obbligo di impegnarsi per porre freno a questo genere di reato. Secondo la Commissione, molte delle ragioni che l’hanno spinta a presentare una proposta di direttiva sulla tutela penale degli interessi finanziari delle Comunità europee sarebbero ancora valide. Essa ritiene pertanto utile riavviare, in seno al Consiglio, i negoziati sulla proposta modificata in vista di una posizione comune. In questo contesto, la Commissione osserva che gli strumenti TIF, elaborati sulla base di quanto disposto dal trattato di Maastricht, non soddisfano efficacemente il fabbisogno specifico di tutela penale degli interessi finanziari delle Comunità europee. La Commissione intende pertanto proseguire l’esame di eventuali metodi consentiti dalle successive modifiche del trattato, come nel caso della direttiva proposta, basata sull’articolo 280 del trattato CE, nonché degli strumenti previsti nel progetto di trattato costituzionale, compresa l’ipotesi ultima di istituire una procura finanziaria europea. 4. RACCOMANDAZIONI In considerazione di quanto predetto, la Commissione raccomanda al Consiglio di: - invitare gli Stati membri a: - intensificare i rispettivi interventi per rafforzare la normativa penale nazionale al fine di tutelare gli interessi finanziari delle Comunità europee, in particolare per quanto concerne la totale incriminazione della condotta fraudolenta e la responsabilità penale in un contesto societario; - rivedere le proprie riserve al momento di ratificare gli strumenti TIF; - (per coloro che non lo hanno fatto) applicare e ratificare il secondo protocollo senza ulteriori indugi, considerando che sono già trascorsi oltre sette anni dalla firma; - elevare a obiettivo prioritario la piena applicazione degli strumenti TIF in modo da evitare l’avvio dei procedimenti di cui all’articolo 8 della convenzione TIF; - adoperarsi per adottare una posizione comune sulla proposta modificata di direttiva sulla tutela penale degli interessi finanziari delle Comunità europee sulla base dell’articolo 280 del trattato CE. Non appena tutti gli Stati membri avranno notificato la loro ratifica degli strumenti TIF e/o l’adesione agli stessi, la Commissione presenterà una relazione di verifica sull’applicazione nei nuovi Stati membri dell’Unione e sull’applicazione del secondo protocollo da parte di Italia, Lussemburgo e Austria. [1] Convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee,GU C 316 del 27.11.1995, pag. 49. [2] Protocollo della convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee,GU C 313 del 23.10.1996, pag. 2. [3] Protocollo concernente l’interpretazione, in via pregiudiziale, da parte della Corte di giustizia delle Comunità europee, della convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee, GU C 151 del 20.5.1997, pag. 2. [4] Secondo Protocollo della convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee, GU C 221 del 19.7.1997, pag. 12. [5] COM(2001) 272 def. del 23.5.2001: GU C 240 E del 28.8.2001, pag. 125, modificato daCOM(2002) 577 def. del 16.10.2002: GU C 71 E del 25.3.2003, pag. 1. [6] Il punto 4.1.1 della relazione annuale 2002 sulla tutela degli interessi finanziari delle Comunità,COM(2003) 445 def. del 4.12.2003, prevede di analizzare il modo in cui gli Stati membri hanno adempiuto agli obblighi scaturenti dagli strumenti relativi alla tutela degli interessi finanziari. [7] Nella relazione esplicativa del progetto di legge n. 5262, il Lussemburgo ha annunciato un progetto di legge per introdurre la responsabilità penale delle persone giuridiche. [8] Il ministero federale della Giustizia ha elaborato di recente un progetto di legge sulla responsabilità penale delle persone giuridiche. [9] Ai sensi del caso 68/88 Commissione/Grecia [1989], Racc. 2965.