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Document 52001IE0244
Opinion of the Economic and Social Committee on the "Common Fisheries Policy"
Parere del Comitato economico e sociale in merito alla "Politica comune della pesca"
Parere del Comitato economico e sociale in merito alla "Politica comune della pesca"
GU C 139 del 11.5.2001, p. 96–102
(ES, DA, DE, EL, EN, FR, IT, NL, PT, FI, SV)
Parere del Comitato economico e sociale in merito alla "Politica comune della pesca"
Gazzetta ufficiale n. C 139 del 11/05/2001 pag. 0096 - 0102
Parere del Comitato economico e sociale in merito alla "Politica comune della pesca" (2001/C 139/18) Il Comitato economico e sociale ha deciso, in data 13 luglio 2000, in conformità dell'articolo 23, secondo paragrafo del Regolamento interno, di elaborare un supplemento di parere in merito alla "Politica comune della pesca". La Sezione "Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente" incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia ha formulato il parere il 1o febbraio 2001, sulla base del rapporto introduttivo del relatore Chagas. Il Comitato economico e sociale ha adottato il 1o marzo 2001, nel corso della 379a sessione plenaria, con 57 voti favorevoli, 5 voti contrari e 1 astensione, il seguente parere. 1. Introduzione 1.1. Non è inutile ribadire che il successo della Politica Comune della Pesca dipende dall'equilibrio tra le risorse e lo sforzo di pesca, da una grande trasparenza nella definizione e attuazione delle politiche, da una certa flessibilità nell'applicazione delle misure, da una maggiore efficacia dei controlli, dall'effettiva partecipazione delle parti interessate e infine dalla risoluzione dei problemi sociali legati alla ristrutturazione del settore e alla riduzione delle capacità. 1.2. Giova tener sempre presente che l'obiettivo principale della Politica Comune della Pesca è garantire la sostenibilità del settore e migliorare i redditi di coloro che vi lavorano, il che è possibile solo attraverso misure che garantiscano la continuità delle attività di pesca. 2. Politica razionale e sostenuta di conservazione e gestione delle risorse a) Date le condizioni generali delle risorse, il loro eccessivo sfruttamento e la necessità di proteggere le specie che maggiormente rischiano di scomparire, la conservazione delle risorse ittiche nelle acque degli Stati membri dell'Unione europea non è più un obiettivo ma costituisce una priorità assoluta. Essa deve pertanto essere considerata da tutte le parti interessate, vale a dire le istituzioni comunitarie, gli Stati membri e l'intero settore della pesca, come il punto di partenza per la stabilità e la continuità delle attività di pesca nonché per la sopravvivenza di un'attività economica importante per numerose regioni della Comunità. b) Nel fare riferimento allo stato di deterioramento in cui versano le risorse ittiche, è necessario sottolineare l'importanza che riveste anche il settore della pesca non destinata all'alimentazione umana. Più di un terzo delle catture mondiali (pari a 30 milioni di tonnellate di pesce) viene infatti trasformato in farina. Queste industrie sono inoltre responsabili dell'attuale diminuzione generale delle risorse. Il fatto che nell'UE l'impatto di tale attività sia distinto e minore, in quanto localizzato in una zona specifica, solleva legittimi interrogativi quanto alle sue effettive ripercussioni sulle altre specie che popolano la stessa regione. La Commissione dovrebbe riflettere su questo problema, facendo in tale contesto ricorso agli ambienti scientifici. 2.1. Limite di 12 miglia 2.1.1. Si tratta effettivamente di una questione centrale nell'ambito della riforma della Politica Comune della Pesca che va definita con chiarezza per delimitare l'ambito giuridico e i parametri su cui si baserà lo sviluppo del settore. Come ha sottolineato il Comitato(1), la deroga alla libertà di accesso alla fascia costiera delle 12 miglia è in vigore dal 1972 ed è stata successivamente prorogata nel quadro di un vastissimo consenso delineatosi tra gli Stati membri e nello stesso settore della pesca. 2.1.2. L'applicazione, a partire dal 2002, del principio della parità di accesso alle acque avrebbe effetti gravissimi e conseguenze imprevedibili dal punto di vista sia politico che economico e sociale. 2.1.3. Se una tale misura fosse adottata, ne risulterebbe seriamente turbato il tessuto economico e sociale di talune regioni costiere dell'UE, specie quelle maggiormente dipendenti dalla pesca. Il Comitato raccomanda pertanto di mantenere le limitazioni di accesso alla zona delle 12 miglia e di prorogare a tempo indeterminato l'attuale deroga, per creare una zona di protezione per le attività di pesca tradizionali delle popolazioni costiere. 2.2. Mare del Nord In virtù degli accordi di adesione, le limitazioni di accesso scadono il 31 dicembre 2002. Dato che l'accesso alla maggior parte delle risorse è definito e regolamentato, i pescherecci spagnoli, finlandesi, portoghesi e svedesi avranno libero accesso, a parità di condizioni rispetto agli altri paesi comunitari, al Mare del Nord. 2.3. TAC e quote 2.3.1. Nonostante i suoi limiti, non vi sono alternative credibili all'attuale modello di gestione dello sforzo di pesca, che si concretizza nel regime di contingentamento delle catture (TAC) e nella loro ripartizione successiva tra gli Stati membri sotto forma di quote. 2.3.2. Il Comitato ribadisce la sua posizione favorevole al mantenimento, seppur con alcuni miglioramenti, del regime di TAC e di quote che rappresenta un completamento della politica volta ad adeguare le capacità di pesca alle risorse disponibili. È opportuno assicurare il rispetto del TAC e delle quote stabilite. 2.3.3. In tal senso, un approccio pluriennale nella fissazione del TAC potrà garantire una maggiore stabilità nella gestione dello sforzo di pesca anche se, come si evince dalla proposta di TAC e quote presentata dalla Commissione per il 2001, è auspicabile un più rigoroso controllo dello stato delle risorse onde evitare la necessità di stabilire sensibili riduzioni del TAC con le conseguenze economiche e sociali che una misura del genere comporta. 2.3.4. La conoscenza del livello e dell'evoluzione delle singole specie pescate nelle acque comunitarie è importantissima e costituisce un elemento fondamentale della volontà politica di gestire le risorse della pesca. 2.3.5. Il valore dei pareri elaborati dal Comitato Scientifico, Tecnico ed Economico per la Pesca e delle raccomandazioni formulate dagli organismi internazionali dipenderà dal loro rigore scientifico e dalla presa in considerazione di un'analisi degli aspetti biologici, economici e sociali, che sono fondamentali per la fissazione del TAC. D'altro canto, i pareri del CSTEP saranno sempre di portata limitata se il Consiglio introdurrà "miglioramenti e adeguamenti" oppure presenterà altre "riflessioni" tendenti a modificare i dati del problema. 2.3.6. A queste condizioni, i livelli del TAC rispecchieranno preoccupazioni di natura più politica che scientifica. 2.3.7. Il Comitato non condivide questo modo di procedere. Ritiene addirittura che gli stanziamenti destinati alla ricerca per migliorare questo tipo di conoscenze debbano aumentare considerata l'importanza che la ricerca assume per la sostenibilità della pesca comunitaria. 2.3.8. Una gestione adeguata e razionale delle risorse dovrà inoltre prevedere misure che permettano di tener conto della possibilità che lo sforzo di pesca si orienti alle specie non soggette a quote, limitando lo sforzo di pesca in eccesso. 2.4. Stabilità relativa 2.4.1. È indispensabile garantire il principio di una ripartizione razionale delle risorse disponibili, in modo da assicurare lo sfruttamento equilibrato delle risorse e la stabilità delle attività dei pescatori di ciascuno Stato membro. 2.4.2. Il Comitato ribadisce la necessità di mantenere tale principio, con le modifiche e gli adeguamenti eventualmente imposti dall'evolversi della situazione dal 1983. 2.5. Misure strutturali 2.5.1. Alla luce della sovraccapacità ancora evidente, le misure che compongono la politica strutturale non sembrano aver dato buoni risultati. 2.5.2. Sarà opportuno proseguire su questa strada, senza perdere di vista la necessità di rinnovare e modernizzare ulteriormente la flotta comunitaria, per mantenere la qualità delle condizioni di lavorazione della materia prima, garantire migliori condizioni di vita a bordo nonché una maggiore sicurezza degli equipaggi. Occorrerà per questo ridefinire il concetto di capacità, per far sì che invece di considerare unicamente il tonnellaggio totale della flotta e la potenza dei motori si possa tener conto anche della distinzione tra la capacità attiva, che è generatrice dello sforzo di pesca, e la capacità passiva, che non ha ripercussioni su questo aspetto(2). Questo nuovo approccio potrebbe garantire non solo un più elevato valore aggiunto per quanto concerne il miglioramento e la qualità delle condizioni di vita a bordo, ma anche notevoli progressi in materia di sicurezza. 2.6. Programmi pluriennali di orientamento (PPO) 2.6.1. I PPO fanno parte, insieme a TAC e quote, delle misure volte a limitare gli effetti di un eccessivo sforzo di pesca e i rischi di estinzione di certe specie. Le misure attuate per continuare a ridurre lo sforzo di pesca non sembrano aver avuto il successo auspicato nell'ambito del programma attualmente in vigore, come è possibile dedurre dalla relazione intermedia presentata dalla Commissione(3). La ragione principale sembra essere dovuta al fatto che, all'interno del quarto PPO, in alcuni Stati membri l'effettiva riduzione delle capacità si è rivelata poco soddisfacente. Occorrerà trovare un approccio più adeguato e un quadro di riferimento preciso per definire misure coerenti, applicabili da parte di tutti, che possano realmente dare efficacia al programma in quanto strumento di gestione. Dovranno inoltre essere istituite sanzioni realmente dissuasive in caso di mancata osservanza. 2.6.2. L'intensivo sfruttamento delle risorse e le perdite sostanziali che questo potrebbe causare sia agli armatori sia ai pescatori sono noti a tutti. Pertanto, le misure di sostegno socioeconomico sono del tutto giustificate quando si tratta di adeguare o ridurre la flotta. 2.7. Misure tecniche 2.7.1. Nonostante le difficoltà che comporta la regolamentazione delle misure tecniche, esiste ancora un margine di progresso da sfruttare in questo campo, a condizione che ci sia la volontà politica di agire e si dia il dovuto sostegno ad una ricerca orientata, ad esempio, ad una maggiore selettività degli attrezzi da pesca. 2.7.2. Gli operatori del settore, soprattutto quelli con più esperienza, che vantano una profonda conoscenza del settore della pesca e dei suoi metodi, possono essere di grande aiuto in questo contesto. 2.8. Controllo 2.8.1. Per quanto perfetto possa essere, il quadro istituzionale e legislativo dev'essere sempre controllato a livello di applicazione pratica. Gli strumenti giuridici a disposizione per far fronte ai problemi della pesca non sono di nessuna utilità se non vengono utilizzati. Il controllo delle attività regolamentate è la soluzione che assicura un'adeguata politica di conservazione delle risorse. Fino a quando non sarà risolta l'incongruenza di avere, da un lato, una regolamentazione e una struttura giuridica comunitarie e, dall'altro, un controllo affidato alle autorità nazionali, la Politica Comune della Pesca continuerà ad avere i suoi limiti. 2.8.2. In effetti, nonostante gli sforzi intrapresi finora, sussistono disparità tra gli Stati membri sia sul piano legislativo, sia in materia di controllo. C'è inoltre il problema, ormai vecchio, delle differenze tra gli Stati membri relative sia alle sanzioni in quanto tali, sia alla loro applicazione. 2.8.3. I poteri di controllo attribuiti alla Commissione sono ancora troppo limitati per assicurare una maggiore efficacia e un'applicazione non discriminante delle norme comunitarie. 2.8.4. Risulta difficile applicare la politica di controllo senza una normativa comunitaria che armonizzi le sanzioni e i criteri per la loro applicazione. Il Comitato ritiene che in questo campo occorra dare alla Commissione gli appositi mezzi d'intervento. 2.9. Ricerca e sviluppo 2.9.1. Una politica di gestione delle risorse ittiche può rivelarsi efficace solo se sostenuta da una profonda conoscenza del livello e dell'evoluzione delle specie pescate nelle acque comunitarie. 2.9.2. La politica di ricerca e di sviluppo globale dovrà fare da sostegno ad uno sfruttamento razionale, più efficace e coerente delle risorse. 2.9.3. Occorre quindi aumentare i mezzi assegnati alla ricerca perché siano all'altezza dell'importanza che la ricerca stessa ha per il futuro, la vitalità e la sostenibilità della Politica Comune della Pesca. 2.10. Conservazione dell'ambiente marino 2.10.1. Aumenta sempre di più la consapevolezza che il mare è vulnerabile e che la qualità dell'ambiente marino è un elemento fondamentale per la stabilità non solo delle attività di pesca ma di tutte le attività economiche che vedono protagonista il mare. 2.10.2. La pesca dipende da una realtà biologica fortemente influenzata da elementi ambientali. Per quanto concerne tale attività, oggi è assodato che la qualità dell'ambiente condiziona direttamente la capacità degli organismi viventi di svilupparsi e di servire per l'alimentazione umana. Il contenuto di ossigeno dissolto e di elementi nutritivi, la presenza di sostanze chimiche inquinanti, di rifiuti nucleari o di microrganismi patogeni in grande quantità, e infine talune pratiche dannose in materia di gestione ambientale del litorale influiscono enormemente sugli ecosistemi e sulla qualità delle acque. Vi sono purtroppo numerosi esempi che illustrano come il mare sia oramai considerato una pattumiera nel quale si concentrano rifiuti di ogni tipo. Anche all'interno dell'UE sussistono atteggiamenti e pratiche che penalizzano l'ambiente marino e mettono in pericolo le specie che vi vivono. Il principio "chi inquina paga" dovrebbe anche venire applicato per risarcire coloro che subiscono i danni. 2.10.3. È dunque necessario perfezionare la ricerca e gli studi sugli effetti che l'inquinamento, il clima e la qualità dell'aria presentano sull'ambiente marino e realizzare progressi sostanziali a favore di una gestione integrata delle zone costiere, di modo che le buone pratiche ecologiche e ambientali diventino una realtà. 3. Sostenibilità economica 3.1. Coesione economica e sociale 3.1.1. Per rendere possibile l'adozione di nuovi approcci in termini di aumento della produttività, miglioramento delle condizioni di vita dei pescatori o di qualsiasi altro aspetto relativo a questo settore, è necessario mettere fine all'attuale squilibrio tra le risorse disponibili e la capacità prevista. 3.1.2. La pesca e tutte le altre attività economiche ad essa collegate a monte e a valle, rivestono per le regioni interessate un'importanza che va ben al di là del peso in termini di PIL. 3.1.3. La pesca costituisce il perno intorno al quale gravitano una serie di comunità che svolgono un ruolo significativo sotto il profilo dell'equilibrio sociale e della gestione territoriale, difficile da quantificare in termini economici. 3.1.4. La revisione e le proposte di adeguamento della Politica Comune della Pesca dovrebbero essere sempre supportate da studi e analisi approfondite che tengano conto dell'impatto di tale politica sulla realtà del settore in tutti gli Stati membri, ma specialmente nelle regioni maggiormente dipendenti dalla pesca. Le regioni più colpite dovrebbero ricevere un sostegno al fine di promuovere nuove opportunità occupazionali o preparare la riconversione del settore. 3.1.5. La Politica Comune della Pesca deve dare il proprio pieno contributo allo sforzo volto a garantire la coesione economica e sociale, predisponendo gli adeguamenti necessari per poter salvaguardare tali serbatoi occupazionali, incrementare lo sviluppo della produzione locale e il tenore di vita delle popolazioni e garantire gli approvvigionamenti. 3.1.6. La Politica Comune della Pesca deve dare maggiore sostegno alla pesca costiera, che in fin dei conti è quella con un carattere sociale più evidente e che garantisce e rafforza lo sviluppo delle economie locali e delle zone costiere. 3.2. Politica sociale 3.2.1. Le necessarie ristrutturazioni e i sacrifici che s'impongono in tutti gli Stati membri per adeguare le flotte allo stato reale delle risorse dovranno essere affiancati da un'attiva politica sociale. 3.2.2. Attraverso misure socioeconomiche di accompagnamento, tale politica dovrà essere di sostegno in caso di ritiro delle navi dall'attività o di riduzione del personale ma dovrà anche preparare l'ingresso di nuovi pescatori, più giovani, che sostituiranno i lavoratori in pensionamento anticipato. 3.2.3. Il Programma "PESCA" non ha avuto, nella pratica, il successo auspicato. Tuttavia, per il Comitato è ancora importante disporre di uno strumento specifico adeguato alla politica sociale nel settore. 3.3. Salute e sicurezza 3.3.1. Condizioni di lavoro 3.3.1.1. La normativa comunitaria relativa alle condizioni e all'ambiente di lavoro è applicabile solo in minima parte alla pesca che è nondimeno una delle attività più pericolose in Europa. 3.3.1.2. Il Comitato ritiene che bisognerà definire degli standard minimi relativi alle condizioni di lavoro e di vita a bordo dei pescherecci, relativi ai livelli di rumore, alle vibrazioni, all'alloggio e all'uso adeguato degli attrezzi di pesca. 3.3.2. Costruzione e attrezzatura dei pescherecci L'introduzione di standard fondamentali di sicurezza applicabili a tutti i pescherecci e di dispositivi minimi di sicurezza contribuirà a ridurre notevolmente il numero di incidenti in questo settore. Il Comitato raccomanda pertanto che tutti gli Stati membri ratifichino il Protocollo di Torremolinos del 1997 e che sia adottata una normativa comunitaria che, sulla base di tale Protocollo, possa essere applicata a tutti i pescherecci, a prescindere dalle loro dimensioni. 3.3.3. Formazione e certificazione 3.3.3.1. L'assenza di standard minimi di formazione per la sicurezza di tutti i membri dell'equipaggio dei pescherecci è un'altra fonte di numerosi incidenti, che potrebbero essere evitati grazie ad una migliore formazione in materia di sistemi e di procedure di sicurezza. 3.3.3.2. Il Comitato giudica l'introduzione di questa componente formativa nell'Unione europea una questione della massima urgenza. La ratifica e l'applicazione da parte di tutti gli Stati membri della Convenzione STCW-F (1995)(4) sugli standard minimi di formazione dovrebbe pertanto essere prioritaria. 3.3.4. Ricerca di personale e occupazione 3.3.4.1. In numerose regioni dipendenti dalla pesca che vantano antiche tradizioni in questo settore, il reclutamento di giovani pescatori si scontra con sempre maggiori difficoltà. Il Comitato ritiene che per rendere la pesca più attrattiva agli occhi dei giovani pescatori occorrerà non solo insistere sull'elemento retribuzione, ma anche sulla capacità di investire sul fronte della sicurezza, dell'osservanza delle norme internazionali e della garanzia di migliori condizioni di vita e di lavoro a bordo. Gli aiuti e gli incentivi alla modernizzazione della flotta devono poter contribuire al conseguimento di questo obiettivo. 3.3.4.2. La recente crisi provocata dall'eccezionale aumento del prezzo dei prodotti petroliferi è servita anche ad evidenziare la necessità di una riflessione su alcune forme di retribuzione delle attività di pesca, in quanto costituisce un'altra fonte di disincentivazione. In effetti, alcune pratiche retributive, ampiamente utilizzate nel settore, fanno ricadere questo aumento direttamente sul calcolo della retribuzione, con gravi ripercussioni sui redditi di molti pescatori. 3.3.4.3. Il Comitato raccomanda alle parti sociali, soprattutto a livello nazionale, di cercare di risolvere il problema garantendo una maggiore stabilità retributiva, cosa che avrà effetti positivi anche sulla capacità di far leva sui giovani pescatori. 3.4. Organizzazione comune dei mercati 3.4.1. L'OCM è uno strumento della Politica Comune della Pesca destinato ad evolversi in linea con gli altri aspetti di tale politica in una prospettiva di sviluppo integrato del settore. 3.4.2. Come ha più volte affermato il Comitato, assicurare la vitalità di questo settore, fondamentale per l'economia e il dinamismo di talune regioni e delle loro popolazioni, significa altresì garantire la sopravvivenza e la competitività di un prodotto che, per le sue caratteristiche nutrizionali, è sempre più raccomandato come parte di una corretta e adeguata dieta alimentare. 3.4.3. Una maggiore attenzione va attribuita alla flessibilizzazione dei meccanismi di mercato, puntando su una politica di qualità e sui fattori in grado di costituire un vero e proprio valore aggiunto per i prodotti della pesca. 3.4.4. Per colmare il deficit di prodotti ittici, l'approvvigionamento del mercato comunitario deve essere effettuato nelle migliori condizioni, in modo da evitare gravi pregiudizi ai consumatori e ad un settore importante dell'industria della pesca. 3.4.5. Tuttavia, la garanzia dell'approvvigionamento attraverso fonti esterne e l'importazione di pesce non può avvenire senza il rispetto della normativa comunitaria, delle norme internazionali applicabili e delle buone pratiche in vigore nell'esercizio di questa attività. 3.4.6. I prodotti dei paesi terzi che giungono sul mercato comunitario non sempre rispettano le disposizioni giuridiche. Per quanto concerne le importazioni e gli sbarchi di pescherecci di paesi terzi o battenti bandiera di comodo, il Comitato ribadisce la necessità di un maggior rigore in tutta l'Unione nel controllo dell'applicazione delle disposizioni vigenti. 3.4.7. L'istituzione di un'etichetta per i prodotti ittici, sinonimo di buone pratiche nell'attività di pesca e nell'osservanza della legislazione igienico-sanitaria vigente, può rivelarsi interessante in quanto garantisce al consumatore di trovarsi dinanzi ad un prodotto sano e pescato nel rispetto delle norme. 4. Dimensione internazionale 4.1. Accordi di pesca con paesi terzi 4.1.1. Attraverso gli accordi di pesca, l'Unione europea può attenuare il proprio deficit cronico di prodotti ittici, assicurando al tempo stesso il mantenimento delle attività tradizionali delle flotte comunitarie. 4.1.2. In questo modo, è stato possibile garantire in linea di massima l'equilibrio del mercato interno e, in una certa misura, l'indispensabile stabilità dei redditi dei pescatori. 4.1.3. Bisognerà tuttavia riflettere attentamente, alla luce dei recenti sviluppi, sul rinnovo degli accordi. Gli accordi esistenti, ad esempio quello con il Regno del Marocco, andranno rinnovati. Parallelamente, occorrerà concludere nuovi accordi per completare il corpus vigente. 4.1.4. In ogni caso, sia in materia di occupazione sia per quanto riguarda l'approvvigionamento del mercato comunitario, occorrerà dare priorità, nei limiti del possibile, ai cosiddetti accordi della prima generazione. 4.1.5. L'UE dovrà inoltre garantire che gli accordi con i paesi terzi, e soprattutto i cosiddetti accordi della seconda generazione, promuovano lo sviluppo economico e sociale dei pescatori e delle popolazioni dei paesi in questione. La Convenzione dell'OIL sui diritti sindacali fondamentali dovrà essere parte integrante di ogni nuovo accordo. 4.2. Pesca illegale, non regolamentata e non dichiarata 4.2.1. Varie organizzazioni internazionali si stanno occupando della pesca illegale, non regolamentata e non dichiarata. Il risultato del loro lavoro è stata l'approvazione di diversi codici e la conclusione di accordi internazionali da parte delle Nazioni Unite e della FAO. 4.2.2. Il Comitato ritiene che l'applicazione di detti accordi sia un passo fondamentale per un'adeguata gestione delle risorse ittiche e raccomanda alla Commissione di promuoverne l'adozione a tutti i livelli. 4.2.3. A parere del Comitato, inoltre, l'attività di controllo dovrebbe comprendere anche gli aspetti inerenti alla sicurezza e alla formazione definiti dal Protocollo di Torremolinos del 1997 e dalla Convenzione STCW-F, l'osservanza della normativa comunitaria relativa alla gestione delle risorse, nonché i codici e gli accordi internazionali. 4.3. Rappresentazione dell'UE nelle organizzazioni regionali della pesca 4.3.1. È necessario assegnare alla Commissione un ruolo più importante in questo campo e rafforzare i mezzi a sua disposizione. 4.3.2. Si potrebbe altresì prevedere una maggiore partecipazione degli operatori del settore e degli interlocutori socioeconomici, coinvolgendoli soprattutto nella preparazione di tali incontri. 4.4. Ampliamento dell'Unione europea 4.4.1. È di estrema importanza che le parti sociali siano coinvolte nei vari aspetti dei negoziati, in modo da prevenire ripercussioni in tutti i settori della Politica Comune della Pesca, in particolare sullo sfruttamento delle risorse e sul mercato del lavoro. 4.4.2. Come in altri settori, anche in tale contesto è essenziale che al momento dell'adesione i nuovi Stati membri abbiano adottato l'intero acquis comunitario onde garantire gli standard di qualità e sicurezza in vigore nell'UE. 5. Flessibilizzare la PCP Oltre a quanto affermato precedentemente, due aspetti risultano fondamentali per flessibilizzare tutti gli elementi che rientrano nella Politica Comune della Pesca, più precisamente: 1) il potenziamento del ruolo e dei poteri della Commissione, l'organismo più atto a promuovere l'interesse dell'UE; 2) la possibilità, nel quadro della valorizzazione del ruolo delle comunità locali di pescatori, di operare un più ampio decentramento e/o una regionalizzazione di determinati aspetti della Politica Comune della Pesca. 6. Conclusioni 6.1. L'esame della Politica Comune della Pesca ci porta inevitabilmente a fare dei bilanci e a formulare eventuali critiche sulle sue lacune e i suoi limiti, ma soprattutto a delineare prospettive di sviluppo che la preparino alle sfide che dovrà affrontare negli anni a venire. 6.2. Per far fronte a queste sfide nelle migliori condizioni e per colmare, appunto, le lacune riscontrate, è necessario che tutti, operatori del settore, interlocutori sociali, Stati membri e istituzioni comunitarie, facciano un grande sforzo di immaginazione e adeguamento al fine di trovare le soluzioni più indicate alla realtà dei problemi. 6.3. Ad ogni modo, è necessario migliorare la conoscenza della realtà di questo settore e potenziare il ruolo degli operatori e delle loro organizzazioni, dato che il successo della politica della pesca dipende dall'adesione degli armatori e dei pescatori ai suoi obiettivi. 6.4. Quanto maggiore sarà il contributo di tale politica al pieno utilizzo delle risorse comunitarie, alla loro valorizzazione, alla vitalità delle imprese e alla garanzia di un giusto reddito e di condizioni sociali moderne, tanto più ampie saranno le sue possibilità di successo. 6.5. Il previsto Libro verde della Commissione europea, che dovrebbe contenere riflessioni e proposte destinate alla riforma della Politica Comune della Pesca, è atteso con grande interesse. Come sempre, il Comitato contribuirà a questo dibattito importante per il futuro del settore e presenterà il suo punto di vista in materia. Bruxelles, 1o marzo 2001. Il Presidente del Comitato economico e sociale Göke Frerichs (1) GU C 268 del 19.9.2000, pagg. 39-41. (2) L'aumento del tonnellaggio di una nave non implica necessariamente l'aumento delle sue capacità di pesca. Non va quindi penalizzato l'aumento del tonnellaggio di una nave che non si traduca in una maggiore capacità di pesca, ma comporti solo il miglioramento delle condizioni di lavoro e di sicurezza. (3) COM(2000) 272 def. (4) International Convention on the standards of training, certification and watchkeeping of the fishing vessels (SCTW-F/1995).