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Document 52000DC0722

    Comunicazione della Commissione - Applicazione delle norme di comportamento di cui all'articolo 11 della direttiva relativa ai servizi di investimento (93/22/CEE)

    /* COM/2000/0722 def. */

    52000DC0722

    Comunicazione della Commissione - Applicazione delle norme di comportamento di cui all'articolo 11 della direttiva relativa ai servizi di investimento (93/22/CEE) /* COM/2000/0722 def. */


    COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE APPLICAZIONE DELLE NORME DI COMPORTAMENTO DI CUI ALL'ARTICOLO 11 DELLA DIRETTIVA RELATIVA AI SERVIZI DI INVESTIMENTO (93/22/CEE)

    - SOMMARIO -

    L'integrazione e l'efficienza dei mercati finanziari dell'UE sono di importanza capitale sia per il buon funzionamento dell'economia europea nel suo insieme, sia, in particolare, per il passaggio ad un'economia fondata sulla conoscenza. "Favorire la positiva partecipazione di tutti gli investitori ad un mercato integrato" figura tra le priorità indicate dai capi di Stato e di governo al vertice di Lisbona. La presente comunicazione intende contribuire al conseguimento di tale obiettivo. Il Piano d'azione per i servizi finanziari cita, tra gli ostacoli potenziali alla partecipazione di tutti gli investitori, l'incertezza che regna sull'applicazione pratica delle disposizioni dell'articolo 11 della direttiva relativa ai servizi d'investimento (DSI) [1]. La presente comunicazione va situata nel contesto dell'ampio processo di consultazione sulle eventuali modifiche da apportare alla DSI [2].

    [1] Direttiva 93/22/CEE del Consiglio, del 15 marzo 1993, relativa ai servizi di investimento nel settore dei valori mobiliari, GU L 141 dell'11.6.1993, pag. 27

    [2] Comunicazione della Commissione: Aggiornare la direttiva sui servizi di investimento (8/11/2000).

    Il contesto nel quale si applicano tali disposizioni è notevolmente mutato negli ultimi anni:

    * Sui mercati mobiliari si sono affacciati nuovi tipi di investitori.

    * Le imprese d'investimento stanno sviluppando nuove tecnologie per soddisfare il crescente interesse per e la crescente domanda di una più ampia gamma di prodotti d'investimento.

    * Alla fine del 2001 entrerà in vigore la direttiva che disciplina taluni aspetti giuridici del commercio elettronico. Tale direttiva apre la via ad un'impostazione basata sul "paese di origine" per quanto riguarda le norme - comprese le norme di comportamento - applicabili alla prestazione elettronica di servizi di investimento a controparti professionali.

    * L'istituzione del Forum for European Securities Commissions (FESCO) ha consentito alle autorità nazionali di vigilanza sui mercati mobiliari di instaurare una cooperazione che prima mancava, aprendo la strada ad un progressivo allineamento delle pratiche di vigilanza. Lo dimostra il consenso informale raggiunto sulla classificazione degli investitori ai fini dell'articolo 11.

    La presente comunicazione contiene una rassegna dell'applicazione dell'articolo 11 nei diversi Stati membri ed espone alcuni orientamenti per l'applicazione delle norme di comportamento allo scopo di facilitare la prestazione transfrontaliera di servizi.

    Per quanto riguarda lo stato di applicazione attuale:

    * Gli Stati membri hanno preso i provvedimenti necessari per rendere giuridicamente efficaci norme di comportamento in linea con i principi di cui all'articolo 11, paragrafo 1. Le disposizioni giuridiche di base sono state integrate da modalità dettagliate di esecuzione delle norme di comportamento stesse. Se la forma e il contenuto delle disposizioni applicative possono variare da uno Stato membro all'altro, i diversi regimi nazionali offrono agli operatori professionali un livello di tutela equivalente, nel senso che consentono ad un investitore esperto di prendere decisioni con cognizione di causa in merito ai servizi che gli vengono proposti.

    * Il principio generale secondo il quale occorre distinguere tra investitori professionali e altri investitori viene rispecchiato nella maggior parte delle disposizioni nazionali che attuano la direttiva. Dal punto di vista pratico, però, il modo in cui si è tenuto conto di questa distinzione differisce notevolmente da uno Stato membro all'altro, con la conseguenza che le imprese d'investimento possono essere classificate diversamente ai fini di operazioni analoghe nei vari Stati membri. Ne consegue che le imprese di investimento che operano su scala transfrontaliera possono essere soggette a norme di comportamento qualitativamente diverse.

    * Gli Stati membri utilizzano criteri diversi per determinare il luogo "in cui il servizio è fornito" ai fini dell'articolo 11, paragrafo 2. In pratica, tuttavia, questi criteri vengono disattesi a favore dell'applicazione delle norme di comportamento nazionali ai servizi di investimento prestati a partire dall'estero, anche se il paese in cui il prestatore dei servizi ha sede mette in atto una tutela di livello equivalente attraverso le proprie norme di comportamento.

    Per i motivi esposti sopra, la prestazione transfrontaliera di servizi d'investimento viene indebitamente complicata e resa più costosa del necessario dall'incertezza giuridica e dal sovrapporsi di disposizioni regolamentari. Se si vogliono integrare realmente i mercati mobiliari, secondo l'auspicio dei capi di Stato e di governo, è fondamentale una maggiore convergenza nell'applicazione delle norme di comportamento. In particolare, un'impostazione coerente e sistematica nel tener conto della natura professionale dell'investitore può offrire un significativo contributo alla realizzazione di un mercato unico dei servizi d'investimento assicurando al tempo stesso una piena protezione agli investitori. La Commissione osserva che:

    * Per quanto riguarda il paragrafo 1 dell'articolo 11, l'obbligo per gli Stati membri di tener conto della natura professionale dell'investitore non va considerato come subordinato ad una preventiva armonizzazione del contenuto della tutela offerta dalle norme di comportamento. Il FESCO ha recentemente raggiunto un accordo su un sistema di classificazione degli investitori che offre una base consensuale per individuare gli "investitori professionali" e vigilare sulle operazioni delle quali essi costituiscono la controparte.

    * Per quanto riguarda il paragrafo 2 dell'articolo 11, l'interesse generale esige che le autorità di vigilanza nazionali del paese ospitante tengano conto della natura degli investitori e del loro "bisogno di protezione" prima di decidere se applicare le proprie norma di comportamento. La natura professionale dell'investitore può contribuire a determinare se l'imposizione delle norme di comportamento del paese ospitante costituisca una risposta proporzionata al "bisogno di protezione" dell'investitore. Va tenuto conto anche del fatto che le norme di comportamento di tutti gli Stati membri assicurano già una protezione sufficiente e comparabile agli investitori professionali. Di conseguenza i servizi d'investimento prestati ad investitori professionali possono essere assoggettati esclusivamente alle norme di comportamento in vigore nel paese del prestatore di servizi ("paese di origine") senza bisogno di una preventiva armonizzazione. Per quanto riguarda invece gli investitori al dettaglio, persistono delle differenze fra il grado di protezione offerto dalle norme di comportamento nazionali: le autorità del paese ospitante possono perciò imporre l'applicazione delle norme di comportamento locali a tutela di tali investitori, nel rispetto dei principi del trattato e della legislazione secondaria.

    La comunicazione prende in esame anche il problema dell'applicazione delle norme di comportamento alle succursali delle imprese d'investimento. Un'efficace vigilanza sull'applicazione delle norme di comportamento è senza dubbio agevolata dalla prossimità tra l'autorità di vigilanza e la parte dell'impresa che intrattiene il rapporto con il cliente. Questo induce a ritenere che l'autorità del paese nel quale ha sede la succursale dovrebbe essere meglio in grado di vigilare sui rapporti tra la succursale stessa e i suoi clienti. È questo l'orientamento che emerge tanto dalle disposizioni intese a tutelare l'interesse generale quanto da quelle della DSI. Questa conclusione vale per i servizi d'investimento prestati sia agli investitori professionali sia a quelli al dettaglio.

    Se messo in atto sistematicamente, l'approccio tratteggiato può agevolare la prestazione transfrontaliera di servizi agli investitori professionali senza modificare la DSI. Tuttavia la certezza e la chiarezza del diritto sarebbero ulteriormente migliorate se si apportassero le opportune modifiche al testo della DSI. Una più ampia consultazione su una modernizzazione d'insieme della DSI è stata avviata sulla base di una comunicazione parallela sull'aggiornamento della direttiva sui servizi di investimento. L'analisi della presente comunicazione può essere considerata come un primo passo nella messa a punto di un approccio che la Commissione intende applicare nelle future revisioni formali della DSI. Il Parlamento europeo, le autorità nazionali competenti, le autorità di vigilanza e gli operatori di mercato possono attingervi informazioni sulla possibile natura delle modifiche formali che potrebbero essere apportate all'articolo 11 e alle disposizioni connesse. La presente comunicazione non impone nessun nuovo obbligo agli Stati membri, né pregiudica l'interpretazione delle disposizioni in vigore da parte della Corte di giustizia.

    - COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE -

    I. INTRODUZIONE

    La presente comunicazione è stata elaborata in risposta al Piano d'azione per i servizi finanziari [3] avallato, nelle loro conclusioni, dai Consigli europei di Colonia e di Lisbona. Il Consiglio europeo di Lisbona ha indicato tra gli obiettivi prioritari quello di "favorire la positiva partecipazione di tutti gli investitori ad un mercato integrato". La presente comunicazione intende contribuire a tale obiettivo stimolando la concorrenza nelle attività interprofessionali transfrontaliere.

    [3] COM(99)232 dell'11.5.1999.

    La direttiva relativa ai servizi d'investimento [4] ("DSI") costituisce la pietra angolare del quadro legislativo comunitario per i mercati finanziari. La direttiva si propone di realizzare diversi obiettivi: tra questi figura la messa a disposizione dei prestatori di servizi finanziari di un "passaporto unico" per i servizi d'investimento. Tutti gli Stati membri hanno adottato disposizioni nazionali di attuazione della DSI. Tuttavia, l'esperienza acquisita dopo l'adozione di tali disposizioni ha rivelato un significativo grado di incertezza in relazione all'applicazione dell'articolo 11, che enuncia una serie di principi ai quali gli Stati membri devono attenersi nello stabilire delle norme di comportamento.

    [4] Direttiva 93/22/CEE - GU L 141 dell'11.6.1993, pag. 27.

    Il contesto nel quale le norme devono essere applicate ha anch'esso subito rilevanti mutamenti negli ultimi anni a causa degli sviluppi tecnologici e della crescente partecipazione di nuovi tipi di investitori ad attività d'investimento basate sui valori mobiliari. Il moltiplicarsi del numero degli investitori che desiderano partecipare direttamente ad investimenti basati sui valori mobiliari pone nuove sfide alle attuali tradizioni e risorse di vigilanza.

    Inoltre, la situazione giuridica della prestazione elettronica transfrontaliera di servizi è in via di chiarimento. In particolare, la direttiva su taluni aspetti giuridici del commercio elettronico [5] dispone che la legge applicabile ai servizi d'investimento prestati alle imprese che rientrano nel campo d'applicazione della direttiva è quella del paese di origine. La direttiva sarà efficace immediatamente dopo la sua entrata in vigore il 17° gennaio 2002.

    [5] Adottata il 6 giugno 2000.

    Con la presente comunicazione, la Commissione espone il suo punto di vista sul modo in cui l'applicazione dell'articolo 11 della DSI può essere resa più rispondente all'obiettivo della libera prestazione dei servizi. Essa suggerisce come adeguare l'applicazione delle norme di comportamento alla realtà del mercato e ai mutamenti che si prospettano nel contesto giuridico. La comunicazione non impone nuovi obblighi agli Stati membri né pregiudica l'interpretazione che la Corte di giustizia potrà dare delle disposizioni in vigore. Tuttavia, delinea un possibile orientamento per superare uno dei principali intoppi al funzionamento della DSI. Gli adeguamenti futuri della DSI e della politica comunitaria in questo settore mireranno a conferire piena valenza giuridica a questo approccio. Così facendo, la comunicazione preannuncia un contributo potenzialmente importante alla crescita, all'occupazione e all'efficienza dei mercati mobiliari europei.

    II. INTRODUZIONE ALL'ARTICOLO 11 DELLA DSI E ALLE NORME DI COMPORTAMENTO

    La DSI offre alle imprese d'investimento di uno Stato membro la possibilità di prestare lo stesso insieme di servizi in tutti gli altri Stati membri una volta che abbiano ricevuto l'autorizzazione dell'autorità competente del loro paese d'origine [6]. Questo diritto può essere esercitato sia attraverso la costituzione di succursali sia attraverso la prestazione transfrontaliera di servizi. Per giustificare il "passaporto unico" offerto alle imprese d'investimento, la DSI e la legislazione connessa contengono disposizioni comuni che dettano le condizioni per l'esercizio dell'attività delle imprese d'investimento [7]. L'articolo 11, che riguarda le norme di comportamento, è una delle disposizioni fondamentali in materia.

    [6] "Gli Stati membri devono vigilare affinché non vi sia alcun ostacolo a che le attività ammesse a beneficiare del riconoscimento reciproco possano essere esercitate allo stesso modo che nello Stato membro d'origine, purché non siano incompatibili con le disposizioni regolamentari di interesse generale in vigore nello Stato membro ospitante " (DSI, trentatreesimo considerando).

    [7] Spetta alle competenti autorità dello Stato membro d'origine provvedere alla vigilanza corrente dell'osservanza delle norme prudenziali da parte dell'impresa d'investimento (vedi articolo 8) e all'elaborazione delle norme che disciplinano l'attività corrente delle imprese d'investimento (articolo 10).

    Articolo 11, paragrafo 1: Norme di comportamento

    L'articolo 11, paragrafo 1 prescrive agli Stati membri di elaborare norme di comportamento che le imprese di investimento devono osservare in permanenza. Essenzialmente le norme di comportamento:

    - disciplinano le relazioni tra il prestatore di servizi d'investimento e i singoli clienti, per assicurare la correttezza delle operazioni e impedire che l'investitore venga indotto ad effettuare investimenti non consoni alle sue esigenze;

    - garantiscono che l'impresa d'investimento sia gestita e operi in modo tale da non pregiudicare l'integrità del mercato.

    - L'articolo 11, paragrafo 1 non prescrive, nei dettagli, il contenuto o la struttura delle norme di comportamento che gli Stati membri devono elaborare. Esso si limita ad enunciare i principi generali ai quali tali norme di comportamento devono ispirarsi [cfr. riquadro 1].

    Riquadro 1: Natura delle norme di comportamento:

    Le norme di comportamento sono intese a mantenere la fiducia degli investitori e l'integrità del mercato dettando delle regole che i prestatori di servizi d'investimento devono osservare nell'esercizio della loro attività. Queste regole sono giustificate dall'esigenza di tutelare certi investitori che rischiano di essere svantaggiati perché non sono in grado di accedere all'informazione finanziaria o di interpretarla correttamente.

    In particolare, i prestatori di servizi sono tenuti a:

    * agire in modo leale ed equo, nell'interesse, per quanto possibile, dei clienti e dell'integrità del mercato. Ciò comporta anche l'obbligo di farsi dare dai clienti informazioni sulla loro situazione finanziaria, sulla loro esperienza in materia di investimenti e sui loro obiettivi (principio del "conoscere il cliente");

    * dare adeguate informazioni sugli elementi di fatto pertinenti per le loro operazioni (per es., mettere in guardia sui rischi);

    * sforzarsi di evitare conflitti di interesse e, qualora ciò non fosse possibile, provvedere a che i clienti siano trattati in modo equo.

    L'articolo 11 impone anche ai prestatori di servizi d'investimento di "conformarsi a tutte le normative applicabili [..] in modo da promuovere [..] l'integrità del mercato." Questa categoria di norme di comportamento comprende regole intese ad evitare la manipolazione del mercato ed altre pratiche sleali. Si tratta di disposizioni che non rientrano tra quelle che disciplinano le relazioni tra il prestatore di servizi e il cliente, sulle quali si concentra invece la presente comunicazione.

    Articolo 11, paragrafo 1: L'investitore professionale

    L'articolo 11, paragrafo 1 prescrive alle autorità nazionali di "tenere conto della natura professionale della persona a cui è fornito il servizio" ai fini dell'applicazione delle norme di comportamento. Il trentaduesimo considerando, nel preambolo della DSI, spiega che le disposizioni prese a tutela degli investitori devono tener conto "delle varie esigenze di tutela delle diverse categorie d'investitori e del loro livello di esperienza professionale" [8]. In combinato disposto, queste disposizioni implicano che le norme di comportamento devono tener conto del fatto che taluni investitori hanno meno bisogno di tutela regolamentare in quanto dispongono di particolari capacità e risorse professionali. Questi investitori sono in grado di valutare con piena cognizione di causa il profilo economico e giuridico di un investimento che viene loro proposto.

    [8] I considerando di una direttiva possono contribuire a chiarirne l'interpretazione in quanto esprimono le intenzioni del legislatore comunitario. Cfr. CGE causa 76/72 Michel Racc. 1973, pag. 457 e causa C-238-94 Garcia Racc. 1996 , pag. I-1673.

    Articolo 11, paragrafo 2: Applicazione delle norme di comportamento

    In assenza di una piena armonizzazione delle norme di comportamento, l'articolo 11, paragrafo 2 attribuisce la competenza per l'applicazione e il controllo del rispetto delle stesse allo "Stato membro in cui è fornito il servizio".

    Articolo 11, paragrafo 3: Natura dell'investitore finale

    L'articolo 11, paragrafo 3 prescrive che le imprese d'investimento che eseguono ordini impartiti da un'altra impresa d'investimento per conto di un terzo applichino le norme di comportamento in funzione della natura dell'investitore finale.

    Disposizioni connesse della DSI

    La DSI contiene altre disposizioni che disciplinano aspetti strettamente connessi con le norme di comportamento o che si sovrappongono in parte ad esse.

    * L'articolo 10 stabilisce le norme prudenziali che gli Stati membri del paese di origine devono far osservare dalle imprese da essi autorizzate a norma della DSI. Si tratta di regole che le imprese autorizzate devono applicare nella loro organizzazione interna al fine di tutelare gli interessi degli investitori. Tali regole riguardano le procedure amministrative e contabili; la salvaguardia dei diritti degli investitori; il divieto di utilizzare per conto proprio i fondi degli investitori; la tenuta di idonei registri. Queste norme perseguono gli stessi obiettivi di quelle dell'articolo 11. Tra l'articolo 10 e l'articolo 11 vi è quindi un rapporto di complementarità e sovrapposizione. Questa interazione è resa più complessa dall'attribuzione della competenza ad applicare l'articolo 10 all'autorità competente del paese di origine [9], mentre l'articolo 11 è meno chiaro per quanto riguarda l'attribuzione delle competenze.

    [9] Ad eccezione della disposizione dell'articolo 10, quinto trattino, che stabilisce il diritto dell'autorità dello Stato membro ospitante di prescrivere norme in materia di organizzazione per limitare i conflitti d'interesse per quanto riguarda le succursali costituite sul suo territorio.

    * L'articolo 13 autorizza le imprese d'investimento a fare pubblicità ai loro servizi, con tutti i mezzi di comunicazione disponibili, in altri Stati membri, "purché rispettino le regole che disciplinano la forma e il contenuto di detta pubblicità adottate per motivi di interesse generale". Nonostante l'esistenza di questa disposizione specifica sulla pubblicità per i servizi d'investimento, molti Stati membri hanno incluso disposizioni in materia di pubblicità nelle loro norme di comportamento. Si tratta di un altro caso in cui la stessa attività può essere soggetta a disposizioni che si sovrappongono, elaborate a partire da disposizioni della DSI che si ispirano ad un'impostazione differente [10].

    [10] L'incertezza esistente in questo campo potrebbe essere parzialmente rimossa dalla direttiva sulla commercializzazione a distanza dei servizi finanziari attualmente all'esame del Consiglio e del Parlamento. La proposta potrebbe portare all'armonizzazione delle normative nazionali sulla commercializzazione e la pubblicità dei servizi d'investimento, oltre che di altre disposizioni relative all'informazione preventiva ed alle tecniche di marketing.

    III. aTTUaZionE DELL'ArticOlO 11 da parte degli Stati membri [11]

    [11] Questa analisi si fonda sulle risposte ad una vasta inchiesta sulle prassi nazionali nell'applicazione delle norme di comportamento nazionali coordinata dal FESCO, integrata dall'analisi delle disposizioni nazionali di attuazione svolta dalla Commissione.

    * Elaborazione delle norme di comportamento (articolo 11, paragrafo 1)

    Gli Stati membri hanno adottato disposizioni nazionali dettagliate per dare attuazione ai principi generali enunciati nell'articolo 11. Essi hanno introdotto a tutela dei consumatori e degli investitori norme di comportamento che riguardano:

    - Pubblicità, marketing e sollecitazione all'investimento (spesso integrate da disposizioni generali per la tutela dei consumatori).

    - Informazioni da fornire ai clienti (come rendiconti periodici e indicazione dei rischi).

    - Informazioni da chiedere al cliente per assicurare la corrispondenza degli investimenti proposti alla sua situazione.

    - Commissioni, oneri e provvigioni.

    - Obblighi di correttezza delle operazioni, quali l'esecuzione al meglio.

    In più, la maggior parte degli Stati membri applica norme comparabili per quanto riguarda la separazione delle attività per evitare conflitti d'interesse e l'effettuazione di controlli interni per assicurare la debita cura e diligenza. Infine, quasi tutti gli Stati membri richiedono l'assenso scritto del cliente e una documentazione standard. Tuttavia esistono alcune differenze nell'applicazione pratica e particolareggiata delle disposizioni adottate a tutela degli investitori [12].

    [12] Se tutti sono d'accordo nel ritenere che la "esecuzione al meglio" consista nell'obbligo di ottenere il miglior prezzo ragionevolmente disponibile per il cliente, gli Stati membri applicano procedure diverse per raggiungere questo obiettivo. Ad esempio, gli Stati membri danno un'importanza diversa alla prevenzione dei conflitti d'interesse, al divieto di attività quali la moltiplicazione artificiale delle operazioni, prescrizioni relative ai limiti e ai tempi degli ordini, criteri di ripartizione e obblighi di informazione. Gli Stati membri hanno inoltre adottato impostazioni diverse per quanto concerne l'assoggettamento o meno alla totalità delle norme di comportamento delle attività di "sola esecuzione": alcuni paesi ammettono una tutela meno rigorosa per questo tipo di operazioni.

    * Esigenza di tener conto della natura professionale o meno dell'investitore (articolo 11, paragrafo 1)

    Finora le autorità nazionali hanno adottato soluzioni molto diverse per distinguere tra investitori professionali e altri investitori. Vi sono differenze per quanto riguarda la delimitazione esatta tra investitori professionali e non; i criteri applicati per ripartire gli investitori tra le due categorie; il contenuto della tutela assicurata ai diversi tipi di investitori.

    Pochi Stati membri hanno introdotto, nella legislazione di attuazione o nei regolamenti amministrativi, una espressa distinzione tra tutela assicurata agli investitori professionali e tutela assicurata agli investitori al dettaglio. Le disposizioni nazionali di questi Stati membri indicano generalmente (ma non sempre sistematicamente) quali requisiti possono essere resi meno rigorosi o disapplicati quando i servizi sono prestati ad investitori professionali. Anche in questi paesi esiste un margine di incertezza quando si tratta di decidere se un'impresa non finanziaria o un investitore esperto vadano trattati come un investitore professionale oppure al dettaglio. La maggior parte degli altri Stati membri si limitano a stabilire genericamente, nelle loro disposizioni legislative o in circolari amministrative, che occorre tener conto della natura professionale o meno dell'investitore.

    Gli Stati membri si sono comportati in modo diverso anche nell'attribuire agli investitori stessi la facoltà di accettare una tutela meno rigorosa sotto il profilo delle norme di comportamento, mentre parecchi Stati membri hanno differenziato la tutela offerta dalle norme di comportamento in funzione dei servizi prestati o della tipologia degli strumenti finanziari [13]. Questo approccio funzionale o per prodotto ha effetti simili a quelli di una differenziazione per tipo di cliente, in quanto la natura della protezione varia tenendo conto del fatto che taluni tipi specifici di strumenti sono utilizzati solo da investitori esperti, sovente soggetti a requisiti prudenziali.

    [13] Di conseguenza, in una serie di Stati membri si applicano regole differenziate per strumenti finanziari emessi da società private, derivati, titoli di Stato, warrants.

    Il principio che la tutela assicurata dalle norme di comportamento deve variare a seconda della natura professionale o meno degli investitori è stato quindi ampiamente tradotto in pratica nelle legislazioni e nelle prassi amministrative degli Stati membri. Tuttavia, questa distinzione è stata applicata in modo diverso cosicché il medesimo investitore, nell'effettuare una operazione analoga, può essere classificato in modo diverso secondo la giurisdizione cui è soggetto.

    * Competenza per l'applicazione e il controllo (articolo 11, paragrafo 2)

    Gli Stati membri applicano una serie di criteri differenti per determinare il luogo di prestazione del servizio al fine di stabilire quali siano le norme di comportamento nazionali da applicare. I criteri vanno dal paese di residenza dell'investitore al luogo in cui si verifica la sollecitazione all'investimento, fino al criterio della "prestazione caratteristica" (in cui è determinante il luogo in cui l'intermediario mette in opera le risorse necessarie per prestare il servizio). Alcuni Stati membri decidono caso per caso [14].

    [14] L'eterogeneità dei criteri potrebbe dar luogo a situazioni in cui una data operazione è soggetta a due insiemi di norme di comportamento (il paese di origine applica il criterio della prestazione caratteristica, il paese ospitante quello del luogo di residenza del cliente) o a nessuno (il paese ospitante dell'investitore applica il criterio della prestazione caratteristica, mentre il paese di origine del prestatore del servizio applica il criterio del paese di residenza dell'intermediario).

    In pratica, la maggior parte degli Stati membri applica le norme di comportamento nazionali ai servizi d'investimento transfrontalieri prestati a partire dall'estero, a prescindere dalla natura del servizio d'investimento o del tipo di cliente. Il regime del paese ospitante è applicato sia quando il servizio è prestato occasionalmente, sia quando lo è regolarmente. Solo due Stati membri limitano l'applicazione delle norme del paese ospitante ai casi in cui i servizi sono prestati in via stabile.

    Di fatto, i servizi d'investimento prestati su base transfrontaliera si trovano in genere automaticamente assoggettati alle norme di comportamento del paese dell'investitore (paese ospitante). L'applicazione delle norme del paese ospitante viene ad aggiungersi alla piena e regolare applicazione delle norme di comportamento del paese del prestatore di servizi. In effetti, l'autorità di vigilanza del paese di origine provvede a controllare tutti i servizi prestati dalle imprese stabilite nel suo territorio - senza distinguere tra quelli prestati entro i confini nazionali o su base transfrontaliera. Ciò è particolarmente vero per la ricostruzione delle operazioni oggetto di contestazioni ("audit trail") e la tenuta dei libri.

    La situazione attuale è quindi caratterizzata dalla diffusa applicazione di due distinti insiemi di norme di comportamento nazionali a qualsiasi operazione transfrontaliera, che abbia come controparte clienti professionali o meno.

    * Applicazione del principio del cliente finale ("look through") di cui all'articolo 11, paragrafo 3

    Due Stati membri hanno messo in atto un'interpretazione molto rigorosa dell'articolo 11, paragrafo 3, esigendo che tutti gli intermediari che intervengono in una transazione multipla tengano conto della natura dell'investitore originario. Sette Stati membri limitano l'obbligo di "conoscere il cliente" all'impresa che si trova in diretto rapporto con il cliente stesso, a meno che questa stessa impresa non riveli alla sua controparte l'identità dell'investitore. Altri Stati membri non hanno ancora stabilito regole specifiche in materia.

    Non è chiaro come venga applicato l'obbligo di tener conto del cliente finale quando sono in gioco le norme di comportamento di più di un paese. Tre Stati membri esigono un'informazione sistematica sulla natura del cliente finale da parte di tutti gli intermediari, indipendentemente dal paese di residenza del cliente. In un altro Stato membro, il requisito "conosci il cliente" è attenuato consentendo all'impresa d'investimento di accontentarsi dell'informazione sul cliente fornita da un altro intermediario o di un'altra prova indiretta.

    * Attuazione dell'articolo 11 - Conclusioni

    Analizzando le prassi nazionali in atto in materia di applicazione delle norme di comportamento, la Commissione ha riscontrato che:

    * La tutela che le norme di comportamento offrono agli investitori al dettaglio varia da uno Stato membro all'altro. Le differenze sembrano essere più rilevanti per quanto riguarda il concetto di "esecuzione al meglio"; i conflitti di interesse ed i requisiti applicabili alle operazioni di "sola esecuzione"; la tipologia delle condizioni contrattuali e la documentazione. Tuttavia, per quanto riguarda gli investitori professionali, le diverse legislazioni nazionali offrono un grado di protezione equivalente.

    * L'obbligo generale di distinguere gli investitori professionali dagli altri investitori è stato tradotto in pratica nella maggior parte delle disposizioni di applicazione. Esistono tuttavia ampie differenze nel modo in cui questa distinzione è stata messa in atto concretamente.

    * Il modo in cui il paragrafo 2 dell'articolo 11 è formulato fa sì che i diversi Stati membri applichino criteri differenti per determinare il luogo "in cui è fornito il servizio". In pratica, comunque, tali criteri vengono disattesi a favore di una regola pratica secondo la quale i servizi d'investimento prestati dall'estero sono assoggettati alle norme di comportamento nazionali. Queste vengono applicate anche quando il paese d'origine del prestatore del servizio fa rispettare regole rigorose, comparabili ed equivalenti a tutela degli investitori.

    IV. I BENEFICI DELLA DISTINZIONE TRA INVESTITORI PROFESSIONALI E AL DETTAGLIO PER IL MERCATO UNICO DEI VALORI MOBILIARI

    Una effettiva differenziazione tra investitori professionali ed altri investitori potrebbe apportare benefici significativi in termini di:

    - Integrazione e liquidità dei mercati mobiliari e concorrenza nell'offerta di servizi. Il principale obiettivo della legislazione UE nel settore dei valori mobiliari è consentire alle imprese d'investimento di prestare i loro servizi in tutta l'UE senza dover far fronte ad ostacoli non necessari. Questo permetterà agli investitori di cercare e di sfruttare, dal canto loro, le opportunità d'investimento più redditizie. La potenziale duplicazione della tutela messa in atto attraverso le norme di comportamento nazionali nelle operazioni transfrontaliere si traduce in ostacoli all'accesso ai mercati che impediscono alle controparti di concludere affari transfrontalieri redditizi e frammenta di conseguenza il mercato, a danno della liquidità.

    - L'applicazione agli investitori professionali delle norme di comportamento concepite per gli investitori al dettaglio accresce i costi e può limitare l'uso di prodotti innovativi da parte loro. Costi significativi sono provocati anche dall'incertezza giuridica in merito alla classificazione degli investitori. La situazione attuale massimizza questa incertezza ed il rischio di controversie prescrivendo alle imprese d'investimento che utilizzano il passaporto unico di rispettare fino a 15 serie di norme di comportamento. Indirettamente, vengono favorite le imprese più forti, che dispongono di più risorse per gestire la complessità.

    Uso più efficiente delle risorse di vigilanza. Le risorse di vigilanza sono scarse. Per un uso ottimale, devono essere concentrate per tutelare i soggetti che più possono trarre beneficio dal loro intervento, ossia le famiglie o gli investitori al dettaglio. Gli investitori professionali, che conoscono il mercato sufficientemente bene per difendere da soli i loro interessi o ricorrere a consulenti competenti, non hanno bisogno di altrettanta protezione.

    V. PRESA IN CONSIDERAZIONE della distinzione tra investitori professionali e al dettaglio (ArticolO 11, paragrafo 1)

    L'articolo 11, paragrafo 1 prescrive in modo chiaro e incondizionato alle autorità nazionali di distinguere tra investitori professionali e altri investitori nello stabilire le norme di comportamento. L'obbligo degli Stati membri di tener conto della "natura professionale" dell'investitore non è subordinato alla previa armonizzazione del contenuto delle norme di comportamento stesse. Le autorità nazionali possono differenziare fin d'ora le norme di comportamento applicabili nei confronti degli investitori professionali.

    Le norme di comportamento in vigore negli Stati membri offrono già tutte una tutela sufficiente per consentire agli investitori professionali di prendere decisioni d'investimento con cognizione di causa. Occorre invece un ulteriore impegno per precisare e chiarire l'applicazione dell'articolo 11, paragrafo 1 per quanto riguarda gli investitori al dettaglio [15]. Il fatto che i lavori relativi alla tutela da assicurare a questi ultimi sono ancora in corso non deve impedire l'immediata messa in atto della distinzione tra investitori professionali ed investitori al dettaglio, prendendo le mosse dai sistemi nazionali esistenti per quanto riguarda il trattamento dei primi.

    [15] Le autorità di vigilanza nazionali sui mercati mobiliari, nell'ambito della loro cooperazione in sede FESCO, hanno costituito un gruppo di lavoro per stabilire dei criteri di armonizzazione delle norme di comportamento. Questa importante iniziativa mira a raggiungere un accordo su una serie di regole riguardanti, tra l'altro, le regole da seguire nelle operazioni, le informazioni che devono essere chieste ai clienti e quelle che devono essere date ai medesimi, l'uso di contratti standard e la documentazione.

    La DSI non offre una definizione chiara del termine "natura professionale". Ne è risultata una proliferazione di sistemi nazionali di classificazione degli investitori. Di recente, tuttavia, le autorità di vigilanza nazionali, riunite in seno al "Forum of European Securities Commissions" (FESCO) hanno convenuto un sistema comune di classificazione degli investitori professionali [16]. Esse si sono impegnate ad adoperarsi per far sì che questa classificazione sia messa in pratica per tutti i servizi d'investimento di loro competenza (nazionali e transfrontalieri).

    [16] "Categorisation of investors for the purpose of conduct of business rules" (Categorizzazione degli investitori ai fini delle norme di comportamento), marzo 2000.

    La Commissione ritiene che sarebbe utile che gli Stati membri prendessero in considerazione provvedimenti tempestivi ed efficaci per rendere operativi gli accordi conclusi dalle loro autorità di vigilanza in sede di FESCO.

    Riquadro 2: Sintesi della classificazione del FESCO

    Categoria 1. Investitori da considerare professionali senza ulteriori formalità o verifiche. Questo elenco esaustivo comprende gli enti soggetti ad autorizzazione e ad una apposita regolamentazione per operare sui mercati finanziari, quali:

    - gli enti creditizi (secondo la definizione della seconda direttiva bancaria);

    - le imprese d'investimento;

    - gli altri enti finanziari autorizzati o regolamentati (secondo la definizione dell'articolo 1, punto 6 della seconda direttiva bancaria);

    - le imprese di assicurazione;

    - gli OICVM e le loro società di gestione;

    - i fondi pensione e le loro società di gestione.

    Entità sovrane, organizzazioni internazionali/sovranazionali

    Nota procedurale: qualsiasi investitore appartenente a questa categoria può chiedere di essere trattato come un investitore non professionale (optare per una maggiore protezione).

    Categoria 2. Investitori che possono essere trattati come investitori professionali su loro richiesta

    Grandi investitori e investitori istituzionali, tra cui:

    - gli altri enti finanziari (non contemplati nel punto 6 dell'articolo 1 della seconda direttiva bancaria);

    - le grandi imprese ed associazioni (al di là di determinate soglie);

    - gli investitori istituzionali, diversi da quelli considerati automaticamente come investitori professionali, il cui oggetto sociale è l'investimento in strumenti finanziari;

    - gli operatori nel settore delle materie prime;

    - gli organismi del settore pubblico;

    - gli emittenti di titoli quotati.

    Nota procedurale: l'investitore deve essere informato per iscritto di quali siano le protezioni a cui rinuncia e deve confermare per iscritto che è consapevole delle conseguenze di tale rinuncia.

    Categoria 3. Altri investitori che possono essere trattati come investitori professionali su loro richiesta

    Questi possono rinunciare ad alcune delle garanzie offerte dalle norme di comportamento, previo attento esame delle capacità e dell'esperienza del cliente (il FESCO suggerisce di applicare il criterio della professionalità ed onorabilità ai responsabili della gestione finanziaria). Questo sistema è inteso a consentire agli investitori esperti o "sofisticati" di essere trattati come investitori professionali. Devono essere soddisfatti almeno due dei criteri seguenti:

    - 10 operazioni di dimensioni significative per trimestre in un arco di quattro trimestri;

    - portafoglio di entità superiore a mezzo milione di euro;

    - 1 anno di esperienza professionale nel settore.

    Nota procedurale: l'investitore deve:

    1. dichiarare per iscritto che vuole essere trattato come un investitore professionale;

    2. essere avvertito dall'impresa d'investimento delle garanzie e dei diritti che si espone a perdere;

    3. dichiarare per iscritto in un documento separato di essere consapevole delle conseguenze della rinuncia alla protezione di cui gode.

    Queste definizioni potrebbero aver bisogno di essere riesaminate in futuro. L'esperienza nell'applicazione della classificazione convenuta evidenzierà se essa dovrà essere adattata per tener conto di nuovi sistemi telematici per la prestazione di servizi d'investimento e della sempre maggiore competenza acquisita dai clienti a mano a mano che accumuleranno esperienza nelle loro operazioni sui mercati mobiliari. Un futuro riesame potrà prendere in considerazione l'idea di ampliare la categoria 1 quale è stata definita dal FESCO, includendovi gli altri enti finanziari e le grandi imprese che dispongono di un ufficio titoli. Un'altra possibilità per il futuro potrebbe essere di semplificare i meccanismi di richiesta di una protezione maggiore/minore.

    VI. ArticOlo 11, paragrafo 2: UNA POSSIBILE VIA per chiarire il regime da applicare

    Ai sensi dell'articolo 11, paragrafo 2, "fatte salve le decisioni da prendere nel quadro di un'armonizzazione delle norme di comportamento, l'applicazione e il controllo del rispetto di queste ultime rimangono di competenza dello Stato membro in cui è fornito il servizio". In assenza di disposizioni chiare su come debba essere determinato il luogo "in cui è fornito il servizio", le autorità competenti sono state generalmente indotte ad applicare le norme di comportamento nazionali ai servizi d'investimento prestati ad investitori che si trovano sul loro territorio. I prestatori di servizi d'investimento si trovano quindi ad essere assoggettati sia alle norme di comportamento del paese d'origine che a quelle del paese ospitante.

    Per stabilire se ciò sia giustificato, vanno prese in considerazione le sottostanti disposizioni del trattato in materia di libera prestazione dei servizi (che costituisce l'obiettivo generale che la DSI è intesa a realizzare), le disposizioni specifiche della DSI stessa che prevedono che si possa invocare l'interesse generale e la relativa giurisprudenza della Corte di giustizia [17].

    [17] "allorché una norma di diritto derivato comunitario ammetta più di una interpretazione, si deve dare la preferenza a quella che renda la norma stessa conforme al trattato rispetto a quella che porti a constatare la sua incompatibilità col trattato stesso. Stando cosi le cose, la direttiva non dev'essere interpretata isolatamente, dovendosi invece esaminare se i requisiti di cui trattasi siano o meno in contrasto con le suddette disposizioni del trattato e far riferimento all'esito di tale esame ai fini dell'interpretazione della direttiva ...". (Commissione/Francia, causa C-220/83, Racc. 1986, pag. 3663).

    Il trattato e il testo della DSI indicano chiaramente che, in linea di principio, la libera prestazione dei servizi deve essere consentita sulla base dell'autorizzazione del paese d'origine. Il terzo considerando della DSI precisa che l'obiettivo della direttiva è "[...] pervenire al reciproco riconoscimento delle autorizzazioni e dei sistemi di vigilanza prudenziale, il quale consente il rilascio di un'unica autorizzazione valida in tutta la Comunità e l'applicazione del principio del controllo da parte dello Stato membro d'origine [...]" [18].

    [18] I considerando di una direttiva possono contribuire a chiarirne l'interpretazione in quanto esprimono le intenzioni del legislatore comunitario. Cfr. causa 76/72 Michel Racc. 1973, pag. 457 e causa C-238-94 Garcia, Racc. 1996, pag. I-1673.

    Tuttavia, diverse disposizioni della DSI prevedono esplicitamente l'intervento dell'autorità del paese ospitante a tutela dell'interesse generale. Ai sensi del trentatreesimo considerando "gli Stati membri devono vigilare affinché non vi sia alcun ostacolo a che le attività ammesse a beneficiare del riconoscimento reciproco possano essere esercitate allo stesso modo che nello Stato membro d'origine, purché non siano incompatibili con le disposizioni legislative e regolamentari di interesse generale in vigore nello Stato membro ospitante". L'articolo 17, paragrafo 4 e l'articolo 18, paragrafo 2 della DSI dispongono che le autorità competenti dello Stato membro ospitante, che ricevono da un'impresa d'investimento di un altro Stato membro la comunicazione della sua intenzione di stabilire una succursale o di iniziare a prestare servizi nel suo territorio, devono, se del caso, comunicare all'impresa d'investimento le condizioni, comprese le norme di comportamento, alle quali i prestatori di servizi d'investimento devono attenersi nello Stato membro ospitante per motivi di interesse generale. Ne risulta chiaramente che:

    - lo Stato membro ospitante deve comunicare in anticipo le norme di comportamento che devono essere osservate;

    - l'autorità competente del paese ospitante può imporre norme di comportamento locali che sono più prescrittive rispetto ai semplici principi di comportamento armonizzati di cui all'articolo 11, paragrafo 1, se lo esige l'interesse generale.

    L'articolo 19, paragrafo 6 consente alle autorità competenti del paese ospitante di "prendere misure idonee a prevenire o reprimere i comportamenti tenuti nel loro territorio, contrari alle norme di comportamento adottate in applicazione dell'articolo 11 nonché alle altre disposizioni legislative o regolamentari da essi adottate per motivi di interesse generale".

    Diverse disposizioni della DSI fanno riferimento ai poteri mantenuti dalla autorità competenti del paese ospitante per quanto riguarda l'applicazione delle norme di comportamento a tutela dell'interesse generale.

    Tuttavia, la Corte di giustizia ha costantemente affermato che l'imposizione di norme nazionali, anche su base non discriminatoria, è soggetta ad esame alla luce degli articoli 49 e 50 del trattato [19]. Al riguardo, si può citare una recente sentenza (causa C-222/95, Parodi contro Banque H. Albert de Bary et Cie, Racc. 1997, pag. I-3899; l'oggetto è la concessione di mutui ipotecari da parte delle banche) nella quale la Corte ha dichiarato che:

    [19] "[...] l'art. 49 del Trattato prescrive non solo l'eliminazione di qualsiasi discriminazione nei confronti del prestatore di servizi stabilito in un altro Stato membro in base alla sua cittadinanza, ma anche la soppressione di qualsiasi restrizione, anche qualora essa si applichi indistintamente ai prestatori nazionali e a quelli degli altri Stati membri, allorché essa sia tale da vietare, da ostacolare o da rendere meno attraenti le attività del prestatore stabilito in un altro Stato membro ove fornisce legittimamente servizi analoghi (vedi cause riunite C-369/96 e C-376/96, Arblade e Leloup, Raccolta 1999, pag. I-8543).

    "[...] tenuto conto delle speciali caratteristiche di talune prestazioni di servizi, non possono considerarsi incompatibili con il Trattato specifici obblighi imposti al prestatore, che siano giustificati dall'applicazione di norme che disciplinano il tipo di attività in esame.

    Occorre tuttavia ricordare che la libera prestazione dei servizi, in quanto principio fondamentale del Trattato, può essere limitata soltanto da norme giustificate da motivi imperativi di pubblico interesse e che si applicano ad ogni persona o impresa che svolga un'attività sul territorio dello Stato destinatario, nella misura in cui tale interesse non sia salvaguardato dalle norme alle quali è soggetto il prestatore nello Stato membro in cui è stabilito. In particolare, detti obblighi devono essere obiettivamente necessari per garantire l'osservanza delle norme professionali e per assicurare la tutela del destinatario dei servizi e non devono esorbitare da quanto è necessario per raggiungere questi obiettivi [...]."

    L'articolo 11 della DSI ammette che le autorità del paese ospitante assumano un ruolo attivo nell'applicazione delle norme di comportamento di cui al predetto articolo. La Commissione ritiene tuttavia che sarebbe opportuno che nell'esercizio di questa responsabilità le autorità del paese ospitante tengano conto di due aspetti collegati ovvero 1) se il paese di origine del prestatore di servizi applichi o meno norme di comportamento che garantiscono una tutela equivalente e 2) se l'imposizione delle norme del paese ospitante sia o meno una misura proporzionata all'esigenza di tutelare l'interesse generale.

    - Per quanto riguarda la valutazione della "proporzionalità", è necessario individuare dei criteri che possano servire per determinare se le autorità del paese ospitante abbiano motivo di esigere l'osservanza delle norme di comportamento nazionali. La Commissione considera che un criterio pertinente al riguardo possa essere costituito dall'esigenza di tutela degli investitori/consumatori [20].

    [20] È questa infatti la finalità essenziale delle norme di comportamento in questione. Si tratta inoltre di un principio unificante della DSI, che trova chiara espressione in una serie di disposizioni:

    L'importanza centrale della "necessità di tutela" è confermata anche dall'esame di altri strumenti comunitari nel settore dei servizi d'investimento e dei valori mobiliari [21]. Gli investitori - o i loro consulenti - devono valutare in prima persona le caratteristiche dell'investimento proposto. Le norme di comportamento sono intese soltanto ad impedire che gli investitori vengano indotti ad effettuare investimenti inopportuni ed a tutelarli contro abusi e comportamenti scorretti. La legislazione nel settore dei servizi d'investimento e dei valori mobiliari è quindi strettamente imperniata sul principio della messa a disposizione di informazioni sufficienti a permettere ad investitori razionali di decidere con cognizione di causa.

    [21] Al riguardo, la direttiva relativa ai sistemi di indennizzo degli investitori (97/9/CEE) è particolarmente istruttiva. Essa dispone (considerando 17) che, qualora uno Stato membro ritenga che talune categorie di investimenti o di investitori non necessitino di particolare protezione, esso può escluderli dal beneficio della copertura offerta dai sistemi di indennizzo degli investitori ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 2. La direttiva sui sistemi di indennizzo degli investitori si ispira evidentemente al principio della "necessità di protezione".

    Alla luce di quanto precede, la "necessità di protezione" è un criterio che può essere impiegato dalle autorità del paese ospitante per decidere se l'imposizione delle loro norme di comportamento sia "proporzionata".

    1. Tutela degli investitori professionali

    La competenza e la capacità di agire nel proprio interesse sono gli elementi critici per la valutazione della "necessità di protezione". Se l'investitore ha natura professionale, si può sostenere che sia in possesso della capacità e delle competenze necessarie per prendere decisioni di investimento con cognizione di causa e in modo tecnicamente corretto.

    In questo senso si è espressa anche la Corte di giustizia nella sua giurisprudenza. In particolare, la Corte ha stabilito che le misure che sono intese a proteggere la parte più debole di un contratto non soddisfano il criterio dell'interesse generale se la controparte è un operatore professionale [22]. Questa conclusione si fonda sull'assenza della "necessità di protezione". Lo stesso ragionamento può essere fatto nel caso degli investitori professionali. In una sentenza nel campo delle assicurazioni, che presenta delle analogie con quello in esame, la Corte di giustizia ha argomentato in termini che riconoscono che agenti professionali o esperti hanno bisogno di una protezione minore che i consumatori al dettaglio (causa C-220/83). Un principio simile ispira importanti elementi della motivazione della Corte nella causa Alpine (C-384/93), nella quale essa si è espressa a favore dell'applicazione di disposizioni più rigorose nel caso della commercializzazione e della pubblicità di investimenti basati su strumenti derivati nei confronti di investitori al dettaglio.

    [22] Causa C-205/84, Commissione/Germania.

    La distinzione tra investitori professionali e al dettaglio di cui devono tener conto gli Stati membri a norma dell'articolo 11, paragrafo 1 è pertinente per chiarire in che misura l'investitore "necessita" della protezione offerta dalle norme di comportamento del paese ospitante oltre che di quella assicurata dalle norme del paese di origine del prestatore di servizi. Il criterio della "proporzionalità" potrebbe essere più difficilmente soddisfatto nel caso degli investitori professionali, poiché questi hanno meno necessità di essere tutelati.

    L'ipotesi che le esigenze degli investitori professionali possono essere pienamente soddisfatte dalle norme di comportamento del paese d'origine del prestatore dei servizi è confortata dalla constatazione che tutti gli Stati membri sembrano assicurare agli investitori professionali stessi una protezione sufficiente e comparabile. Come indicato sopra, tutti i regimi nazionali comportano garanzie sufficienti per consentire agli investitori esperti/professionali di prendere decisioni d'investimento con cognizione di causa e prendere le misure necessarie per proteggere i loro interessi commerciali.

    La protezione offerta dal paese d'origine del prestatore di servizi copre pienamente anche le imprese che operano in altri Stati membri. Infatti, prima di effettuare un'operazione con un cliente di un altro paese, l'impresa d'investimento dovrà accertare l'identità della controparte ed applicare i criteri di idoneità pertinenti. Di conseguenza verranno applicati automaticamente i principi essenziali delle norme di comportamento del paese di origine del prestatore di servizi (tenuta di idonei registri, informativa, esecuzione al meglio) la cui osservanza può essere verificata e imposta nel modo più efficace dall'autorità competente del paese d'origine stesso [23].

    [23] La posizione dell'avvocato generale nella causa Alpine (C-384/93) è particolarmente significativa al riguardo. Egli ha sostenuto che "è evidente che lo Stato membro dal quale viene effettuata la chiamata telefonica è in grado di disciplinare il cold calling meglio dello Stato di destinazione. Anche se lo Stato membro verso il quale viene effettuata la chiamata vieta il cold calling, esso non ha la possibilità di bloccare le telefonate provenienti da un altro Stato membro, senza la collaborazione delle autorità di controllo di quest'ultimo".

    Occorre tenere inoltre conto delle seguenti considerazioni pratiche:

    * Documenti contrattuali il cui uso è largamente diffuso (contratti tipo ed altri contratti codificati) offrono agli investitori professionali una base idonea per risolvere qualsiasi controversia con le controparti in modo rapido e ad un costo ragionevole.

    * La direttiva su taluni aspetti giuridici del commercio elettronico, che entrerà in vigore nel gennaio 2002, è destinata a mettere in atto un quadro giuridico propizio allo sviluppo del commercio elettronico in Europa. Il suo principio di base in materia di servizi di investimento è che qualsiasi servizio prestato per via elettronica sarà disciplinato dalla legge applicabile nel "paese di origine". Questo principio verrà applicato senza restrizioni alle transazioni tra imprese o tra operatori professionali, ma non alle obbligazioni contrattuali derivanti da contratti sottoscritti dai consumatori.

    Per i motivi suddetti, la Commissione ritiene che si possa partire dal presupposto che le norme di comportamento nazionali assicurano una protezione adeguata ed equivalente agli investitori professionali. Di conseguenza, essa ritiene che le autorità nazionali competenti potrebbero esentare dall'applicazione delle norme di comportamento del paese ospitante i servizi d'investimento transfrontalieri prestati ad investitori professionali aventi sede nel loro paese.

    Riquadro 3. Potrebbero essere esentati dall'osservanza delle norme di comportamento del paese ospitante i servizi prestati a quali investitori professionali-

    L'accordo recentemente raggiunto dal FESCO sulla classificazione degli investitori ai fini dell'articolo 11 individua un nucleo di investitori che potrebbero automaticamente essere considerati "professionali". I servizi d'investimento prestati a tali investitori potrebbero essere disciplinati esclusivamente dalle norme di comportamento in vigore nel paese del prestatore del servizio ("paese d'origine") [24].

    [24] Gli investitori che sono automaticamente considerati professionali mantengono comunque la facoltà di chiedere alla controparte di beneficiare di una maggiore protezione.

    Oltre che i servizi prestati a questo gruppo di "investitori professionali per definizione", le autorità competenti del paese ospitante possono decidere di esentare dall'applicazione del regime nazionale i servizi ad investitori che non sono automaticamente classificabili come professionali. Anche questa scelta dovrebbe discendere da una valutazione ispirata al principio dell'interesse generale dello Stato membro.

    2. Tutela degli investitori al dettaglio

    Vista l'attuale diversità dei quadri contrattuali ed extracontrattuali e dei sistemi giuridici, le amministrazioni nazionali possono nutrire legittime preoccupazioni sull'esposizione dei loro investitori al dettaglio all'incertezza giuridica ed al rischio di controparte. Nella sezione III è stata evidenziata la diversità del grado di protezione assicurato dalle norme di comportamento nazionali, che osta a che esse vengano considerate "equivalenti" per quanto riguarda gli investitori al dettaglio. L'applicazione delle norme di comportamento del paese ospitante alle operazioni che hanno come controparti "investitori al dettaglio" residenti nel paese stesso può dunque migliorare la protezione loro offerta.

    Di conseguenza gli investitori al dettaglio necessitano di maggiore protezione rispetto agli investitori professionali. Gli Stati membri potrebbero tenerne conto quando considerano l'attuazione dell'articolo 11, paragrafi 1 e 2 della DSI.

    La valutazione della situazione degli investitori al dettaglio potrà modificarsi alla luce dei cambiamenti sui mercati e dell'approfondimento della cooperazione tra le autorità di vigilanza. Lo sviluppo di nuove tipologie di operazioni basate sulla comunicazione e la distribuzione elettronica potrà rendere necessaria in futuro una revisione della posizione attuale. Anche il quadro giuridico per la prestazione elettronica di servizi in generale è destinato a cambiare. Le modalità della cooperazione tra le autorità nazionali competenti per rendere esecutiva la protezione assicurata dalle norme di comportamento dovranno forse essere adeguate ai nuovi sviluppi. La Commissione affronta tra l'altro questi problemi nella sua parallela comunicazione sull'aggiornamento della DSI. Essi saranno trattati anche nel prossimo Libro verde della Commissione su commercio elettronico e servizi finanziari.

    Un altro elemento importante è il fatto che, dopo aver convenuto un sistema di classificazione degli investitori, il FESCO sta ora lavorando per definire standard comuni per le norme di comportamento. Se si raggiungesse un accordo su un trattamento comune degli investitori al dettaglio, si dovrebbe riproporre il quesito se sia giustificato continuare ad esigere, in nome dell'interesse generale, che a tali investitori vengano applicate le norme di comportamento del paese ospitante.

    3. Trattamento delle succursali

    Vi sono caratteristiche specifiche dei servizi d'investimento prestati attraverso succursali che, conformemente al trattato, possono giustificare l'applicazione delle norme di comportamento del paese ospitante a tutte le funzioni della succursale relative ai rapporti con i clienti. Questa conclusione è valida per i servizi d'investimento prestati dalla succursale sia ad investitori professionali che ad investitori al dettaglio.

    Le autorità competenti del paese in cui è stabilita la succursale sono quelle che si trovano nella posizione migliore per verificare il rispetto delle norme di comportamento nei confronti di entrambe le categorie di investitori. Le succursali di imprese d'investimento in altri Stati membri applicano generalmente nelle relazioni con i clienti procedure autonome da quelle del paese di origine dell'impresa. Le autorità di vigilanza del paese ospitante sono presenti in loco, hanno direttamente accesso alle registrazioni di controllo e ai libri contabili della succursale e si trovano in una posizione migliore per sorvegliare i rapporti diretti tra la succursale ed i suoi clienti.

    Questo ragionamento è coerente con l'articolo 10, quinto trattino della DSI, ai sensi del quale le modalità d'organizzazione di una succursale "non possono contrastare con le norme di comportamento prescritte dallo Stato membro ospitante".

    VII. Conclusioni

    Nella presente comunicazione sono state passate in rassegna le norme di comportamento adottate ed applicate dagli Stati membri conformemente all'articolo 11 della DSI. Ne risulta che:

    * Se il contenuto e le modalità di applicazione delle norme di comportamento sono diverse da uno Stato membro all'altro, tutti i regimi nazionali sembrano assicurare una protezione equivalente agli investitori professionali, nel senso che consentono ad investitori esperti di prendere decisioni con cognizione di causa in merito agli investimenti loro proposti.

    * Il principio generale secondo il quale occorre distinguere gli investitori professionali dagli altri investitori è stato seguito nella maggior parte delle disposizioni di attuazione a livello nazionale. Tuttavia il modo in cui questa distinzione è stata operata in pratica varia notevolmente da uno Stato membro all'altro, con la conseguenza che gli investitori possono essere classificati in modo diverso quando effettuano operazioni simili in Stati membri diversi. Le imprese d'investimento che operano su scala transfrontaliera possono essere quindi soggette a insiemi qualitativamente diversi di norme di comportamento.

    * Gli Stati membri applicano le norme di comportamento nazionali ai servizi d'investimento prestati a partire da un altro Stato membro a prescindere dal fatto che il paese d'origine del prestatore di servizi applichi norme di comportamento che assicurano una protezione equivalente.

    Questa combinazione di incertezza giuridica e di duplicazione dei requisiti comporta costi inutili e complica notevolmente la prestazione transfrontaliera di servizi d'investimento. I costi in questione possono essere evitati - per quanto riguarda i servizi d'investimento prestati ad operatori professionali - distinguendo in modo coerente e sistematico tra investitori professionali ed al dettaglio.

    L'articolo 11, paragrafo 1 della DSI prescrive chiaramente agli Stati membri di distinguere tra investitori professionali ed altri investitori ai fini dell'applicazione delle norme di comportamento. La Commissione ritiene che tale obbligo non sia subordinato alla previa armonizzazione del contenuto della tutela offerta dalle norme di comportamento. Se la DSI non dà una chiara definizione della "natura professionale" dell'investitore, il FESCO ha recentemente convenuto uno schema comune di classificazione degli investitori. Nel differenziare le norme per tener conto della natura professionale ai sensi dell'articolo 11, paragrafo 1, le autorità nazionali potrebbero prendere in considerazione l'accordo FESCO sulla classificazione degli investitori professionali e al dettaglio.

    Nella presente comunicazione è stata delineata una serie di orientamenti ai quali le autorità competenti del paese ospitante potrebbero ispirarsi nell'esercitare le loro responsabilità in materia di applicazione delle norme di comportamento ai sensi dell'articolo 11, paragrafo 2 a tutela dell'interesse generale. Le autorità del paese ospitante potrebbero in particolare proporsi di imporre l'osservanza delle norme di comportamento in misura proporzionata alla "necessità di tutela" dell'investitore. Nella presente comunicazione sono stati addotti elementi che fanno pensare che gli investitori professionali, ossia quelli che rientrano nella categoria 1 della classificazione del FESCO, sono in possesso delle competenze necessarie per valutare le caratteristiche degli investimenti loro proposti e possono avvalersi di servizi d'investimento senza altra tutela che quella offerta dalle norme di comportamento del paese d'origine del prestatore di servizi. Le norme di comportamento fatte osservare dall'autorità di vigilanza del paese d'origine dell'impresa d'investimento assicurano a questa categoria di investitori una protezione equivalente.

    La comunicazione indica che gli investitori al dettaglio hanno bisogno della protezione derivante dall'applicazione delle regole di comportamento del paese ospitante. La proporzionalità dell'applicazione delle norme di comportamento del paese ospitante all'obiettivo di tutela degli investitori al dettaglio potrà essere riesaminata se, ad esempio, i lavori iniziati dal FESCO per standardizzare le norme di comportamento nei confronti degli investitori non professionali portassero ad una convergenza delle prassi nazionali.

    La comunicazione prende in esame anche i ruoli e le responsabilità delle autorità di vigilanza del paese d'origine e del paese ospitante nel far rispettare le norme di comportamento da parte delle succursali di imprese d'investimento. L'efficacia del controllo dell'osservanza delle norme sarà favorita dalla prossimità tra l'autorità competente e la parte dell'impresa che intrattiene i rapporti con il cliente. Ciò induce a credere che l'autorità del paese nel quale la succursale ha sede si trovi in una posizione migliore per vegliare sui rapporti tra la succursale ed il cliente che l'autorità di vigilanza del paese dell'impresa madre. Sia la nozione di "interesse generale" che le disposizioni della DSI vanno in questo senso. Questa conclusione è valida per i servizi d'investimento prestati dalla succursale tanto agli investitori professionali quanto agli investitori al dettaglio.

    L'applicazione della distinzione tra investitori professionali ed investitori al dettaglio potrebbe facilitare la prestazione transfrontaliera di servizi agli investitori professionali senza richiedere una modifica formale della DSI. Tuttavia, nell'interesse della chiarezza e della certezza del diritto una modifica formale dell'articolo 11 e delle disposizioni connesse della DSI sarebbe certamente opportuna. La comunicazione parallela che prospetta un aggiornamento dell'insieme della DSI costituirà l'occasione per un'ampia consultazione con gli Stati membri, le autorità di vigilanza e gli operatori di mercato nei prossimi mesi. La presente comunicazione indica una possibile direzione di modifica della DSI. I partecipanti a detta consultazione potrebbero quindi considerare queste analisi come un utile punto di riferimento per la formulazione delle proprie osservazioni sulla revisione della DSI.

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