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Document 51999DC0065

    Comunicazione della Commissione al Consiglio relativa agli aspetti occupazionali della decisione di sopprimere le vendite esenti da imposte e dazi per i viaggiatori all'interno della Comunità

    /* COM/99/0065 def. */

    GU C 66 del 9.3.1999, p. 6–18 (ES, DA, DE, EL, EN, FR, IT, NL, PT, FI, SV)

    51999DC0065

    Comunicazione della Commissione al Consiglio relativa agli aspetti occupazionali della decisione di sopprimere le vendite esenti da imposte e dazi per i viaggiatori all'interno della Comunità /* COM/99/0065 def. */

    Gazzetta ufficiale n. C 066 del 09/03/1999 pag. 0006


    Comunicazione della Commissione al Consiglio relativa agli aspetti occupazionali della decisione di sopprimere le vendite esenti da imposte e dazi per i viaggiatori all'interno della Comunità (1999/C 66/04)

    INTRODUZIONE

    «Per quanto concerne la decisione del 1991 di sopprimere le vendite esenti da dazio per i viaggiatori all'interno della Comunità», il Consiglio europeo di Vienna (11 e 12 dicembre 1998) ha incaricato la Commissione e il Consiglio (Ecofin) di «esaminare entro il marzo del 1999 i problemi che potrebbero eventualmente sorgere in merito all'occupazione e di affrontare, sulla base di proposte della Commissione, le possibilità di risolvere tali problemi, compresa l'eventualità di un'estensione limitata dei regimi transitori» (1).

    Come richiesto dal Consiglio europeo di Vienna, la presente comunicazione propone alcune soluzioni ai problemi che potrebbero derivare dalla soppressione delle vendite esenti da imposte ai viaggiatori all'interno della Comunita (2), in particolare la perdita di posti di lavoro. Le soluzioni proposte rientrano nell'ambito della strategia comunitaria a favore dell'occupazione. La Commissione osserva che è ormai un obiettivo dichiarato degli Stati membri perseguire una politica coerente volta a rendere i sistemi fiscali nazionali più favorevoli alla creazione di occupazione. Tale obiettivo à stato recentemente riaffermato dallo stesso Consiglio europeo di Vienna.

    Il sistema delle vendite esenti da imposte non può essere considerato isolatamente; la sua esistenza incide sull'occupazione non soltanto del settore, bensì di tutte le attività economiche nel loro complesso, poiché distorce la concorrenza sia tra i commercianti al dettaglio sia tra i vari modi di trasporto. Infatti, le vendite esenti da imposte possono essere considerate un banco di prova per la credibilità della volontà dell'Unione europea di fare leva sul coordinamento fiscale ai fini della lotta contro gli effetti nocivi di una concorrenza fiscale e le sovvenzioni occulte che, ripercuotendosi negativamente sui costi della manodopera, riducono la creazione di posti di lavoro.

    Conformemente al mandato di Vienna, la presente comunicazione passa in rassegna essenzialmente i modi per affrontare i potenziali problemi di occupazione connessi alla soppressione delle vendite esenti da imposte, ivi compresa l'eventualità di una limitata estensione temporale dello specifico regime. Sulla base di questa analisi, la Commissione ritiene che la soppressione delle vendite esenti da imposte non comporterà significative conseguenze negative di lunga durata sull'occupazione in generale. Al contrario, come avviene per tutte le misure che aboliscono una sovvenzione suscettibile di creare distorsioni, gli effetti negativi a breve termine sull'occupazione seranno probabilmente ampiamente compensati dagli effetti positivi a lungo termine.

    1. MOTIVI CHE HANNO PORTATO ALL'ADOZIONE DELLE DECISIONI DEL CONSIGLIO DEL 1991 E IL 1992

    L'instaurazione del mercato unico ha comportato l'eliminazione delle frontiere fiscali e con esse delle nozioni di importazione e di esportazione degli scambi intracomunitari. Conseguentemente, i cittadini dell'Unione europea possono acquistare i prodotti nello Stato membro di loro scelta pagando le relative imposte unicamente nel luogo di acquisto. Nonostante siano unanimemente riconosciuti gli enormi vantaggi derivanti dal mercato unico, ci si è anche resi conto che a breve termine l'eliminazione delle frontiere fiscali potrebbe danneggiare taluni settori.

    Il Consiglio ha pertanto adottato specifiche misure per aiutare il processo di adeguamento di tali settori:

    - l'istituzione di un programma di formazione per aiutare le amministrazioni nazionali (3) ai fini della riorganizzazione delle operazioni doganali e dello scambio di funzionari tra gli Stati membri (programma Matthaeus);

    - l'avvio di uno speciale programma d'azione, dotato di uno stanziamento di 30 milioni di ECU (4), per permettere la riconversione degli agenti e spedizionieri doganali e consentire agli Stati membri di avvalersi dei fondi strutturali della Comunità (Fondo sociale europeo e Interreg I) per adottare misure di accompagnamento; 63 000 agenti e spedizionieri doganali hanno già ricevuto assistenza attraverso i suddetti programmi;

    - l'instaurazione, con le decisioni del 1991 (IVA) e 1992 (accise), di un regime transitorio fino al 30 giugno 1999 (5), che consente ai negozi «duty-free» di continuare a vendere alcune categorie di prodotti in esenzione da IVA e/o da accise subordinate al controllo da parte del venditore. Il regime ha consentito agli esercenti di tali punti di vendita di prepararsi e adeguarsi ad un mercato interno senza frontiere fiscali.

    2. CONSEGUENZE DEL MERCATO UNICO SUL SETTORE DELLE VENDITE ESENTI DA IMPOSTE

    La creazione del mercato unico e la soppressione delle frontiere fiscali hanno privato tutti i dettaglianti della possibilità di applicare l'esenzione o rimborsare l'imposta pagata in uno Stato membro su prodotti destinati ad un altro Stato membro.

    Tuttavia, al fine di attenuare le conseguenze di tale decisione per taluni esercenti, il Consiglio ha offerto la possibilità agli Stati membri (6) di applicare, in via transitoria, un'esenzione da IVA e/o dalle accise sui beni acquistati dai viaggiatori all'interno del territorio dell'UE a bordo di navi-traghetto, aerei o negli aeroporti (i terminali di accesso al tunnel sotto la Manica sono stati aggiunti successivamente). Tutti gli Stati membri (con qualche limitazione per Germania e Lussemburgo) si sono avvalsi di tale opportunità. Non sono invece permesse vendite esenti da imposte sui treni o sui pullman che percorrono tragitti intracomunitari. Si noti che la cessione di prodotti in esenzione da imposte è consentita soltanto fino ad una determinata quantità o un determinato importo (7). Molto spesso i consumatori non sanno che non vi è alcuna esenzione d'imposta su prodotti di importo elevato (ad esempio, su tutti i prodotti di valore superiore ai 90 EUR).

    Un accordo politico è stato concluso a livello del Consiglio sulle norme minime di controllo che gli Stati membri devono rispettare (8). Una relazione della Commissione sul nuovo sistema di controllo dei punti di vendita (9) ha messo in evidenza che i sistemi praticati non garantivano sempre il rispetto dei limiti di esenzione.

    3. CARATTERISTICHE DEL SETTORE DELLE VENDITE ESENTI DA IMPOSTE

    Generalmente, i negozi «duty-free» traggono vantaggio dalla loro ubicazione allettante nonché da un mercato relativamente obbligato, e godono pertanto di un naturale vantaggio competitivo. L'esenzione fiscale costituisce un ulteriore, ed artificiale, vantaggio competitivo rispetto ad altri dettaglianti ed altri operatori di servizi di trasporto (via terra o ferrovia) che effettuano vendite di prodotti comprensivi di imposta. Le vendite esenti da imposte provocano quindi una distorsione della concorrenza non soltanto tra gli operatori economici, ma soprattutto tra i diversi modi di trasporto.

    L'esenzione fiscale di cui godono i negozi «duty-free» ha permesso agli esercenti di tali punti di vendita di applicare sui prodotti ricarichi maggiori di quelli abitualmente praticati nel commercio al dettaglio. Diverse indagini comparative sui prezzi (10) mostrano che, per il viaggiatore-consumatore, il vantaggio in termini di prezzo è spesso relativamente modesto. Secondo tali indagini, i prezzi esenti da imposte superano spesso quelli praticati nei normali esercizi commerciali. Anche nel caso dei prodotti soggetti ad accise (alcool e tabacco), sui quali le accise applicate sono spesso superiori all'IVA e pertanto costituiscono la categoria di prodotti che meglio si presta alla riduzione dei prezzi, il risparmio per il consumatore rappresenta, nella maggior parte dei casi, soltanto una piccola frazione dell'importo dell'esenzione. Ciò è dimostrato da un raffronto tra il prezzo prima dell'imposta e il prezzo di vendita al dettaglio (imposte incluse). Pertanto, l'esenzione fiscale costituisce in pratica una sovvenzione ai profitti degli operatori dei negozi «duty-free» anziché un sostegno della domanda dei prodotti in vendita. È, questo, un aspetto che si deve tenere presente quando si esaminano le possibili ripercussioni della soppressione del sistema in questione.

    4. IL SETTORE DELLE VENDITE ESENTI DA IMPOSTE IN CIFRE (11)

    Secondo i dati forniti dal settore, il totale delle vendite esenti da imposte effettuate nel 1996 nei punti di vendita degli aeroporti, a bordo di aerei e nelle traversate marittime, ammontava a 5,8 miliardi di EUR, contro i 3,6 miliardi di EUR nel 1991. Le vendite introcomunitarie hanno costituito il 71 % del totale (4,1 miliardi di EUR), pari allo 0,06 % del PIL dell'UE nel 1996 (12). L'aumento del fatturato indica con tutta evidenza che, durante il periodo transitorio accordato agli operatori dei negozi «duty-free» ai fini dell'adeguamento delle loro attività, il settore si è invece espanso.

    Le attività della vendita esente da imposte sono generalmente suddivise in tre grandi categorie: gli aeroporti, nei quali le vendite intracomunitarie hanno fatturato 1,6 miliardi di EUR (39 %), le navi-traghetto, con vendite pari a 2,1 miliardi di EUR (51 %) e le compagnie aeree, a bordo delle quali sono state effettuate vendite per 0,4 miliardi di EUR (10 %).

    I prodotti venduti dai negozi «duty-free» sono tradizionalmente raggruppati in quattro categorie: vini e bevande alcoliche, tabacchi, profumi e prodotti cosmetici, e prodotti vari. Secondo le cifre comunicate dal settore per quanto riguarda le vendite introcomunitarie, la categoria «prodotti vari» rappresenta, con un fatturato di 1,2 miliardi di EUR, il 29 % delle vendite. I vini e le bevande alcoliche rappresentano il 27 % (fatturato: 1,1 miliardi di EUR), la categoria dei profumi e cosmetici, da un lato, e dei tabachi dall'altro, registrano ciasuna un fatturato di 900 milioni di EUR, pari al 22 % delle vendite totali. Riassumendo, i prodotti soggetti ad accise (alcool e tabacco) rappresentano il 49 % di tutte le vendite intracomunitarie esenti da imposte.

    Sulla base delle cifre del 1996, il settore stesso (13) ha calcolato che i negozi e le attività di vendita esente da imposte danno lavoro complessivamente a 140 000 persone. Atteso che il 70 % delle vendite sono effetuate lungo tragitti intracomunitari, si può stimare a circa 100 000 il numero dei posti di lavoro connessi alle attività di vendita intracomunitaria esente da imposta. Tale cifra rappresenta lo 0,066 % dell'occupazione complessiva dell'UE nel 1996.

    Come riportato nell'alleato I, le vendite per addetto nel commercio al dettaglio ammontano a 146 000 EUR. Tuttavia, le vendite per ogni addetto nei negozi «duty-free» ammontano, sulla base delle cifre menzionate, a solo 41 000 EUR. Ciò significa che o il settore delle vendite esenti da imposte dà lavoro, in realtà, ad un numero inferiore di persone ovvero che la cifra di 100 000 comprende anche il personale non direttamente interessato dalle attività di vendita.

    È difficile suddividere i posti di lavoro in base alla categoria di prodotti. Atteso che i prodotti soggetti ad accisa (bevande alcoliche e tabacchi) rappresentano il 49 % del totale delle vendite intracomunitaire esenti da imposte (14), sono gli addetti alla vendita di questa categoria ad essere principalmente interessati dalla soppressione del sistema. Tuttavia, è probabile che proporzionalmente la vendita di vino, bevande alcoliche e tabachi dia lavoro a un minor numero di persone rispetto alla vendita dei «prodotti vari», per la quale sono allestiti punti di vendita molto più grandi che necessitano un maggior numero di assistenti di vendita.

    5. RIPERCUSSIONI SULL'OCCUPAZIONE DELLE DECISIONI DEL CONSIGLIO DEL 1991 E IL 1992

    Per poter esaminare le ripercussioni sull'occupazione delle decisioni del Consiglio di elimintare le vendite intracomunitaire esenti da imposte, occorre stabilire il contesto adeguato per ciascuna delle potenziali conseguenze.

    5.1. SECONDO IL SETTORE

    Il settore delle vendite esenti da imposte ritiene che 50 000 posti di lavoro siano direttamente interessati dalla soppressione del regime. Quando vengono incluse anche le stime relative alla potenziale incidenza indiretta sull'occupazione, il settore calcola in 140 000 i posti di lavoro che potrebbero essere interessati (15). Tale incidenza negativa sarebbe determinata da un calo delle vendite e da minori profitti, il che porterebbe ad un incremento dei prezzi dei trasporti, ad una riduzione della domanda e ad una perdita di posti di lavoro nel settore dei trasporti. Infine, vengono prospettate anche ripercussioni sui prodotti intermedi o sui beni strumentali (ad esempio, per i cantieri navali).

    Queste stime aggregate sono tratte da studi commissionati del settore basati su metodi e iposti differenti. Le stime sono calcolate sommando i dati relativi a ogni paese, includendo tutti i possibili fattori negativi, mentre non tengono conto degli effetti positivi sull'occupazione nei negozi del normale commercio. Studi independenti (16). dimostrano che la metodologia scelta porta ad una sopravvalutazione delle cifre relative ai posti di lavoro interessati.

    5.2. SECONDO GLI STATI MEMBRI

    Gli studi nazionali realizzati da cinque Stati membri confermano che la soppressione delle vendite intracomunitarie esenti da imposte non avrà, complessivamente, effetti macroeconomici (17) sull'occupazione. Secondo tali studi, le ripercussioni sull'occupazione saranno probabilmente di natura specifica e locale, in particolare nel settore marittimo.

    Per approfondire l'esame in materia, la Commissione ha chiesto agli Stati membri di fornirle ogni informazione utile ai fini della determinazione dell'entità e della portata dei problemi locali inerenti all'occupazione. Ha ricevuto informazioni dalle amministrazioni nazionali di tutti gli Stati membri (18), che confermano l'opinione secondo la quale le conseguenze sull'occupazione della soppressione del regime di vendite esenti da imposte non avranno dimensione generale.

    5.3. VALUTAZIONE

    In primo luogo non si deve dimenticare che la soppressione, il 30 giugno 1999, si applica esclusivamente alla vendite esenti da imposte intracomunitarie e che i viaggiatori in partenza verso Stati terzi potranno continuare ad effettuare acquisti in esenzione da imposta.

    Inoltre, la soppressione delle vendite esenti da imposte non avrà incidenza sulle disposizioni comunitarie relative agli approvvigionamenti marittimi, che consentono agli Stati membri di esentare dall'IVA e dalle accise le merci destinate al consumo a bordo di navi. Tale precisazione è particolarmente rilevante nel caso delle compagnie di crociera.

    L'occupazione nel settore delle vendite esenti da imposte consiste principalmente in posti di lavoro nel settore del trasporto o in settori connessi, che dipendono soltanto in parte dalle vendite esenti da imposte. La crescente domanda di servizi di trasporto non dovrebbe risentire sensibilmente della soppressione di tali vendite, dato che la maggior parte della gente viaggia per necessità. Solo nel settore marittimo esiste, accanto al viaggiatore vero e proprio, una categoria di persone che si imbarcano al solo fine di effettuare acquisti. Tuttavia, anche le escursioni giornaliere a bordo di navi-traghetto sono spesso motivate non soltanto da acquisti esenti da imposte effettuati a bordo delle navi, quanto piuttosto da acquisti in altri Stati membri in cui le accise sono meno elevate.

    Inoltre, occorre tenere presente che le vendite esenti da imposte beneficiano spesso di economie di gamma, poiché lo stesso lavoratore è destinato allo stesso tempo a attività normali legate al trasporto e alla vendita di prodotti esenti da imposte, ed infatti, in numerosi casi, come in quello degli assistenti di cabina negli aerei, sono i regolamenti in materia di sicurezza e non la produttività delle vendite a determinarne il numero. Per la maggior parte dei viaggiatori, la possibilità di effettuare acquisti esenti da imposte costituisce soltanto un'attrazione supplementare. Durante l'attesa negli aeroporti o nel corso delle traversate marittime, gli acquisti sono una delle principali distrazioni per passare il tempo, e lo stesso si verificherà probabilmente anche dopo la soppressione delle vendite esenti da imposte.

    Tale considerazione è d'altronde confermata dall'esperienza degli aeroporti americani dove le vendite esenti da imposte non sono mai state consentite nei voli interni e dove nonostante ciò esiste un enorme mercato in crescita. Ciò è dimostrato dall'espansione delle gallerie di negozi ordinari negli aeroporti, in risposta alla crescente domanda dei viaggiatori, che hanno attirato investimenti internazionali, compresi quelli di alcuni operatori europei del settore «duty-free».

    Per tutte queste ragioni, si continueranno ad effettuare acquisti anche dopo la soppressione delle vendite esenti da imposte e vi sarà ancora bisogno di commessi, addetti al rifornimento degli scaffali, ecc. Per molti prodotti venduti nei negozi «duty-free», l'ubicazione eccezionale dell'esercizio deve essere considerata come un fattore importante, la differenza tra alcuni prezzi esenti da imposte e quelli comprensivi di imposte è infatti spesso insignificante. Ciò conferma che gli acquisti effettuati dai viaggiatori sono motivati non soltanto dal vantaggio in termini di prezzo, ma in gran parte dall'ubicazione comparativamente favorevole di tali punti di vendita o dall'attrazione del prodotto stesso (ad esempio, i fumatori non smetteranno di fumare soltanto perché non potranno più comperare sigarette esenti da imposte). Pertanto non si prevede un'incidenza significativa sulla vendita aggregata di questi beni, poiché la domanda totale dei consumatori finali si trasferirà semplicemente verso gli esercizi normali senza diminuirne l'entità complessiva (19). Appare quindi poco probabile che la soppressione delle vendite esenti da imposte abbia un'incidenza negativa determinante sull'occupazione nel settore della produzione, anche a breve termine.

    Occorre tuttavia riconoscere che alcune determinate compagnie di navigazione marittima potrebbero risentirne negativamente. È chiaro che i servizi di nave-traghetto dipendono più pesantemente dagli introiti delle vendite esenti da imposte rispetto agli aeroporti ed alle compagnie aeree. Le informazioni di cui dispone la Commissione sembrano indicare che alcuni traghetti potrebbero ridurre i propri servizi o essere soppressi a seguito dell'abolizione del sistema di vendite esenti da imposte. Gli esempi comprendono i collegamenti effettuati durante tutto l'anno tra due regioni Interreg nella parte settentrionale del Golfo di Botnia, taluni servizi di breve percorrenza tra la Germania e la Danimarca ed almeno un collegamento tra l'Irlanda e la Francia. Nel caso degli esempi specifici la perdita diretta di occupazione può essere stimata in cento posti di lavoro. Benché ciò suggerisca che vi possono essere effetti significativi altrove nel settore delle traversate marittime, l'incidenza totale sul settore nel suo complesso è comunque probabilmente limitata poiché la maggior parte dei servizi forniti dalle navi-traghetto non sarà sostanzialmente interessata dalla soppressione del regime di vendite esenti da imposte.

    Per contro, la riduzione dell'occupazione nei negozi «duty-free» sarebbe compensata da un aumento corrispondente dell'occupazione nei negozi ordinari, le cui associazioni hanno protestato presso la Commissione per le esistenti distorsioni della concorrenza.

    La Commissione ha calcolato che, nel 1996, il regime delle vendite esenti da imposte potrebbe aver rappresentato una perdita di gettito fiscale per gli Stati membri fino a 2 miliardi di EUR. In considerazione delle difficoltà di calcolare il reale importo delle accise interessate, anche sulla base più prudente possibile, il mancato introito sarebbe stato almeno di 1 miliardo di EUR nel 1996. Questa perdita sarebbe naturalmente più elevata oggi. In effetti è il contribuente europeo che finanzia queste esenzioni d'imposta. Se questo denaro fosse utilizzato per abbassare i livelli d'imposizione indiretta generalmente applicati, il consumo aumenterebbe con una probabile creazione netta di posti di lavoro supplementari.

    In questo contesto, la Commissione sta per presentare al Consiglio una proposta sulla possibilità di applicare, in via sperimentale, aliquote IVA ridotte ai servizi a forte intensità di manodopera. Ciò rappresenterebbe uno strumento che consentirebbe di tradurre in sostegno all'occupazione le entrate fiscali provenienti dalla soppressione delle vendite esenti da imposte.

    L'effetto positivo sarebbe nettamente più significativo se queste entrate fossero utilizzate per finanziare una riduzione dei contributi previdenziali dei lavoratori a bassa specializzazione e a debole salario, conformemente alla proposta relativa agli orientamenti in materia di occupazione per il 1999 (20). Lo smantellamento del regime delle vendite esenti da imposte potrebbe portare a lungo termine ad una creazione netta di posti di lavoro se le entrate fossero utilizzate per ridurre il carico impositivo sul lavoro dipendente. Esperienze precedenti e simulazioni pubblicate dai servizi della Commissione mostrano che riduzioni mirate di costi non salariali di manodopera pari a 1 miliardo di EUR potrebbe portare ad una creazione netta dell'ordine dei 20 000 posti di lavoro supplementari (21).

    In alternativa, gli Stati membri potrebbero anche utilizzare queste entrate per risanare le loro finanze pubbliche, come ribadito dal Consiglio nel patto di stabilità e crescita e negli orientamenti di massima per le politiche economiche.

    Naturalmente spetta agli Stati membri decidere la destinazione di tali somme. Tuttavia, a lungo termine, la combinazione di questi effetti (spostamento della domanda dai negozi «duty-free» verso gli esercizi normali, transizione da un'esenzione fiscale ad una riduzione dei costi di manodopera non salariali, risanamento delle finanze pubbliche) farebbe più che compensare le perdite di posti di lavoro a breve termine.

    In conclusione, l'analisi illustrata sembra indicare che gli effetti sull'occupazione saranno limitati nel tempo e circoscritti ad alcune particolari zone geografiche e ad alcuni specifici settori economici, mentre nel medio termine si possono prevedere dei guadagni netti in termini di occupazione.

    6. MISURE POLITICHE

    6.1. PROROGA DEL PERIODO TRANSITORIO

    Una proroga del periodo transitorio, per permettere le vendite esenti da imposte oltre il 30 giugno 1999, potrebbe assumere diverse forme: una proroga per un periodo di tempo determinato, ovvero una proroga limitata a taluni settori o a taluni prodotti. A tutte le varianti si applicano alcune considerazioni di ordine generale.

    La proroga del regime in esame manterrebbe la discriminazione tra modi di trasporto comparabili (cioè i collegamenti aerei, marittimi e ferroviari intracomunitari senza scalo). Solo il trasporto aereo e il trasporto marittimo traggono vantaggio dal regime delle vendite esenti da imposte, il trasporto ferroviario ne è escluso e il trasporto su strada non vi ha accesso.

    Esiste il rischio effettivo che gli operatori svantaggiati da distorsioni della concorrenza indotte dalle vendite esenti da imposte contestino dinanzi ai tribunali la validità di qualsiasi proroga. La recente causa Eurotunnel (22) ha chiaramente dimostrato che gli operatori economici hanno facoltà di contestare la validità di disposizioni comunitarie dinanzi alla Corte di giustizia delle Comunità europee, in particolare nel quadro di una domanda di pronuncia pregiudiziale ai sensi dell'articolo 177. Le associazioni che hanno degli interessi legittimi nella materia hanno già comunicato la loro intenzione di impugnare dinanzi alla Corte di giustizia qualsiasi proroga del regime delle vendite esenti da imposte.

    Qualsiasi nuova proposta presentata dalla Commissione dovrebbe tenere in considerazione le norme applicabili in materia di aiuti di Stato. Il fatto di autorizzare la vendita di beni senza applicazione dell'IVA e delle accise altrimenti esigibili costituisce un vantaggio economico per i beneficiari, che, nel caso delle vendite esenti da imposte, sono gli operatori commerciali e le imprese di trasporto. Il privilegio della vendita esente da imposte potrebbe quindi essere considerato come un aiuto al funzionamento che la Commissione dovrebbe valutare conformemente alle disposizioni del trattato.

    Esiste anche il rischio che qualsiasi proroga possa essere considerata incompatibile con le politiche che l'Unione europea persegue in altri settori, ad esempio quello della salute, in quanto incoraggerebbe l'accesso a tabacchi e bevande alcoliche a basso prezzo. Giova osservare che l'alcool e il tabacco generano circa la metà del fatturato delle vendite esenti da imposte.

    Infine, le opzioni dell'estensione del regime hanno tutte in comune un'altra importante caratteristica. In quanto costituiscono una proroga di un periodo transitorio fissato con decisione del Consiglio, esse si ripercuotono su tutte le disposizioni del diritto comunitario basate sulla credibilità dei periodi transitori. Nello specifico settore dell'imposizione fiscale, la credibilità di elementi importanti della politica comunitaria, che mira tra l'altro a rendere i sistemi fiscali più favorevoli all'occupazione, sarebbe messa a repentaglio. Nel caso del codice di condotta in materia di tassazione delle imprese, il cui meccanismo dipende dall'impegno politico degli Stati membri di abolire entro un lasso di tempo determinato le misure considerate nocive dal Consiglio, l'ulteriore proroga di un periodo di attuazione sensibilmente più esteso (oltre sette anni), determinato in modo vincolante da uno specifico strumento giuridico, minerebbe le basi dell'intero accordo.

    In aggiunta, specifiche considerazioni si applicano alle diverse forme che una proroga del periodo transitorio potrebbe assumere.

    1. Una proroga limitata nel tempo

    Un'opzione possibile consiste nell'estensione della validità del regime per un determinato periodo di tempo. A breve termine (è stato menzionato un periodo di sei mesi o di un anno), una proroga non avrebbe alcun effetto reale e duraturo sull'occupazione, poiché non porterebbe, per definizione, ad una ripartizione degli effetti nel tempo.

    Un'ulteriore proroga del regime rischia di inviare segnali contraddittori al settore. Confidando in nuove proroghe, gli operatori potrebbero ritardare gli adattamenti necessari. A lungo termine, ciò potrebbe aggravare gli eventuali problemi occupazionali. L'esperienza degli ultimi sette anni mostra che, per ragioni commerciali perfettamente giustificabili, gli operatori più potenti cercherebbero di estendere il mercato per aumentare i loro vantaggi, mentre coloro che incontrano difficoltà potrebbero essere tentati di rinviare gli inevitabili adattamenti strutturali.

    Inoltre, questa opzione risolverebbe gli eventuali problemi dell'occupazione settoriale soltanto se il settore cogliesse l'occasione per prepararsi effettivamente alla soppressione del regime. In caso contrario, ne conseguirebbe l'aggravamento di alcuni problemi strutturali dei settori interessati.

    2. Una proroga limitata nel tempo e ad alcuni settori (ad esempio, le navi-traghetto)

    In considerazione delle loro caratteristiche intrinseche, le diverse attività del settore «duty-free» non sono interessate allo stesso modo dalla soppressione del regime nell'Unione. Un'opzione potrebbe pertanto consistere nel mantenimento di queste vendite, per un periodo limitato, esclusivamente a bordo di navi-traghetto, che risultano più dipendenti dalle vendite esenti da imposte rispetto agli aeroporti e alle compagnie aeree. Pur presentando il vantaggio di essere maggiormente mirata e limitata, questa misura accentuerebbe tuttavia, per definizione, la violazione del principio di parità di trattamento e rafforzerebbe le differenze di trattamento tra modi di trasporto.

    Gli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato ai trasporti marittimi forniscono già la base che permette agli Stati membri di accordare il loro sostegno ai collegamenti marittimi. Le suddette disposizioni sono restrittive, poiché autorizzano aiuti al funzionamento soltanto in circostanze eccezionali, quando i collegamenti sono sovvenzionati nell'ambito di un contratto di servizio pubblico. Gli Stati membri devono di regola bandire gare pubbliche d'appalto per i collegamenti ritenuti essenziali. Ma se uno Stato membro giudicasse necessario un sostegno finanziario per mantenere collegamenti essenziali, l'applicazione dei suddetti orientamenti presenterebbe il vantaggio della trasparenza e permetterebbe di evitare l'incertezza giuridica inerente alla proroga del regime delle vendite esenti da imposte.

    In conclusione, benché questa seconda possibilità sia più mirata, essa peggiorerebbe le distorsioni esistenti. Inoltre essa affronterebbe eventuali difficoltà occupazionali settoriali soltanto se fosse effettivamente utilizzata in preparazione della soppressione del regime e potrebbe anzi contribuire a rafforzare, in modo indiretto, le difficoltà strutturali di questo settore.

    3. Introduzione progressiva delle accise (sul alcool e i tabacchi) e applicazione immediata dell'IVA

    Questa opzione è stata prospettata in uno studio francese pubblicato nel luglio 1998 (23). Si propone di dissociare l'IVA dalle accise in occasione della soppressione delle vendite esenti da imposte. La soluzione proposta prevede infatti l'applicazione dell'IVA a decorrere dal 1° luglio 1999 e una graduale introduzione, di un terzo alla volta, delle accise fino a raggiungere il livello medio europeo (tabacco e alcool). Entro una data futura, le accise sarebbero armonizzate, o, in caso contrario, aumentate da ogni Stato membro al normale livello nazionale. L'opzione si basa sulla considerazione che il vantaggio per i consumatori, in termini di minore IVA versata, sia piuttosto limitato, poiché solo i beni di valore inferiore a 90 EUR sono esentati dall'IVA nel regime delle vendite esenti da imposte (ad esempio, gli articoli di lusso, quali gli apparecchi fotografici, non godono di tale esenzione).

    Il vantaggio potenziale di questo approccio è che esso obbligherà gli operatori ad un graduale adeguamento. Tuttavia, dal punto di vista tecnico sarebbe molto difficile da attuare, non da ultimo perché sussisterebbero sullo stesso territorio fiscale due aliquote diverse.

    Inoltre, questa opzione sarebbe in contraddizione con il principio generale enunciato dalla normativa comunitaria in materia di accise, secondo il quale una sola aliquota può essere applicata in uno Stato membro. Se si consentisse un'eccezione al principio una prima volta, ne risulterebbe una pressione a favore dell'applicazione di aliquote ridotte in altri settori, in particolare nelle regioni frontaliere. L'adattamento progressivo previsto da questa soluzione comporterebbe anche un sovraccosto amministrativo per gli operatori.

    Infine, questa opzione non risolve il problema della disparità di trattamento tra modi di trasporto comparabili né i vantaggi in termini di occupazione risultano particolarmente evidenti, in quanto quello dell'alcool e tabacco è un settore a minore intensità di manodopera.

    Una variante di questa opzione consisterebbe nell'applicare immediatamente l'IVA, come nell'ipotesi precedente, ma introdurre le accise in una sola data futura. Questa soluzione sarebbe tecnicamente di più facile attuazione, ma non comporterebbe i vantaggi dell'approccio graduale. Inoltre, potrebbe implicitamente comportare una proroga illimitata delle vendite esenti da imposte, in quanto sarebbe difficile, se non impossibile, conseguire l'unanimità sull'armonizzazione delle aliquote.

    6.2. MISURE VOLTE A RISOLVERE PROBLEMI OCCUPAZIONALI SPECIFICI

    Questa ipotesi di soluzione ha il grande merito di affrontare direttamente il problema centrale evocato dal Consiglio europeo di Vienna, ossia le possibili ripercussioni della soppressione delle vendite intracomunitarie esenti da imposte sull'occupazione. Il documento di lavoro dei servizi della Commissione del 20 novembre 1998 [SEC(98) 1994] ha elaborato il quadro generale nel quale gli strumenti comunitari possono essere utilizzati in tali circostanze.

    1. Nel quadro degli strumenti comunitari esistenti

    Nell'ambito di tale quadro e ricorrendo alle procedure in vigore potrebbero essere elaborate risposte adeguate a problemi di portata locale o regionale. Studi effettuati a livello nazionale e da esperti indipendenti giungono tutti alla conclusione che la soppressione delle vendite esenti da imposte non avrebbe incidenza macroeconomica e che ogni incidenza microeconomica sarebbe di portata regionale o locale limitata.

    Sarebbe coerente ricercare una soluzione che rientri nel quadro degli obiettivi politici già esistenti della Comunità per risolvere qualsiasi problema locale, regionale o sociale individuato dagli Stati membri.

    - Fondi strutturali

    Come è stato precisato nel documento di lavoro della Commissione, i fondi strutturali possono contribuire ad attenuare le difficoltà economiche e sociali che alcune regioni potrebbero incontrare a seguito della soppressione. Ad esempio, il Fondo sociale europeo finanzia la formazione professionale dei lavoratori minacciati dalla disoccupazione ovunque sul territorio della Comunità (obiettivo 4). L'attuale periodo di programmazione dei Fondi strutturali scade alla fine del 1999. Un esame della situazione al 1° gennaio 1999 della programmazione finanziaria dell'insieme dei fondi strutturali per il periodo in corso (1994-1999) indica che gli Stati membri dispongono ancora di considerevole spazio di manovra per finanziare misure atte ad attenuare le possibili consequenze della soppressione. Le misure in questione potrebbero essere quelle già programmate, ma si pensa che vi sia ancora un margine di manovra per la riallocazione dei fondi a copertura di ulteriori interventi volti specificamente a controbilanciare le conseguenze regionali e locali della soppressione (24).

    Finora, gli Stati membri non hanno presentato alcuna domanda in tal senso. Tuttavia, la Commissione considererà positivamente ogni domanda introdotta prima della fine dell'anno da uno Stato membro o una regione che riguardi misure di questa natura da integrare nei programmi in corso. Atteso che l'attuale periodo di programmazione scade alla fine del 1999, giova sottolineare che le decisioni che la Commissione dovrà prendere a seguito di queste domande dovranno essere adottate anch'esse entro il 31 dicembre 1999.

    Il prossimo periodo di programmazione (2000-2006) offre il vantaggio che gli Stati membri e le regioni interessate disporranno di più tempo per proporre misure strutturali volte ad attenuare le difficoltà economiche e sociali sorte a livello regionale o locale. Queste misure potranno essere proposte come interventi generici (i nuovi obiettivi 1, 2 e 3) ovvero nell'ambito dell'iniziativa Interreg III. Le regioni in cui l'attività economica dipende fortemente dalle vendite esenti da imposte e che non sono ammissibili a titolo dell'obiettivo 1 potrebbero essere proposte dalle autorità nazionali al fine di ricevere un sostegno a titolo dell'obiettivo 2.

    - Fondo di coesione

    Per quanto riguarda il Fondo di coesione, gli Stati membri interessati potrebbero elaborare progetti mirati a favore delle infrastrutture portuali ed aeroportuali, che siano conformi ai criteri di ammissibilità del Fondo, in particolare progetti che rientrino nei programmi di reti transeuropee.

    In questo contesto, la Commissione considererà positivamente ogni domanda presentata prima della fine dell'anno da uno Stato membro o una regione e che riguardi misure di questa natura da integrare nei programmi in corso. Atteso che il presente periodo di programmazione scade alla fine del 1999, giova sottolineare che le decisioni che la Commissione dovrà prendere a seguito di queste domande dovranno anch'esse essere adottate entro il 31 dicembre 1999.

    - Aiuti di Stato

    Come già menzionato, gli Stati membri che prevedono di accordare aiuti di Stato per rispondere, sul piano locale, a difficoltà occupazionali nel settore delle vendite esenti da imposte sono tenuti a rispettare le norme comunitarie in materia. Norme particolari sono tuttavia applicabili agli aiuti a favore delle piccole e medie imprese, dell'occupazione e dello sviluppo regionale. Nel settore dei trasporti, sono già stati portati all'attenzione degli Stati membri gli orientamenti comunitari adottati in materia di aiuti di Stato ai trasporti marittimi e aerei.

    In conclusione, la Commissione incoraggia gli Stati membri sia a chiedere interventi di sostegno nell'ambito dei fondi strutturali o di iniziative ad hoc (in particolare per le piccole e medie imprese), sia a chiedere l'autorizzazione a concedere aiuti di Stato nel quadro degli orientamenti stabiliti dalla Commissione in questo settore.

    2. Un'iniziativa comunitaria specifica

    Nella misura in cui gli esistenti strumenti comunitari non forniscano una base idonea per risolvere i problemi specifici a breve termine individuati, un'ulteriore possibilità consiste nell'adozione di una nuova e distinta iniziativa volta a fornire specifico sostegno mirato, analogamente a quanto previsto dal regolamento del 1992, riguardante misure di adattamento della professione degli agenti e spedizionieri doganali al mercato interno (25). Tale strumento potrebbe mirare:

    - a fornire specifica e mirata assistenza alle zone della Comunità particolarmente dipendenti da questo settore di attività, in termini di posti di lavoro e di reddito e

    - a contribuire alla riconversione delle imprese del settore più colpite, allo scopo del mantenimento dell'occupazione attraverso la diversificazione dell'attività (e la creazione di posti di lavoro alternativi).

    Ogni proposta in tal senso dovrebbe essere valutata approfonditamente, sotto il profilo dell'efficacia potenziale e del valore aggiunto apportato, assieme all'individuazione della portata dei problemi e dei beneficiari. La misura dovrebbe inoltre essere conforme alle nuove prospettive finanziarie ed alle disposizioni comunitarie in vigore (ad esempio in materia di aiuti di Stato).

    7. CONCLUSIONI

    - L'analisi della Commissione, avallata dalle stime fornite dagli Stati membri, porta alla conclusione che l'incidenza della soppressione del regime delle vendite intracomunitarie esenti da imposte sull'occupazione sarà probabilmente limitata nel tempo e specifica ad alcune località ed a taluni settori, tra i quali alcune attività del settore marittimo (servizi di trasporto e portuali) sono potenzialmente le più interessate.

    - D'altro canto, l'analisi condotta dalla Commissione, e confermata dall'unico Stato membro che ha adottato un'impostazione analoga, porta a ritenere che a seguito della riallocazione delle entrate fiscali e della ridistribuzione delle vendite si potrà, nel medio termine, giungere ad una creazione netta di posti di lavoro.

    - La Commissione accorda priorità assoluta alla creazione di posti di lavoro. Ritiene che si debbano considerare anche le ripercussioni su altri settori (in particolare sugli altri modi di trasporto e sul commercio al dettaglio ordinario). Inoltre, la Commissione è convinta che la promozione dell'occupazione dovrebbe essere perseguita attraverso diverse misure coerenti, comprese quelle - ribadite dal Consiglio europeo - volte a rendere i sistemi fiscali più favorevoli all'occupazione attraverso la lotta agli effetti nocivi di una concorrenza fiscale.

    - La Commissione, pertanto, ritiene che una proroga degli accordi in materia di vendite esenti da imposte non affronterebbe efficacemente il tipo di problemi occupazionali limitati e specifici che sono stati individuati. Si tratterebbe di uno strumento di portata troppo ampia e dai costi relativamente elevati, vista l'incidenza limitata della soppressione delle vendite esenti da imposte sull'occupazione nell'economia europea. Inoltre, l'esperienza ha dimostrato che la proroga della validità del regime non incoraggia gli operatori commerciali ad adeguarsi in preparazione della nuova situazione.

    - Per far fronte alle eventuali limitate e specifiche ripercussioni sull'occupazione la Commissione ritiene che la risposta più appropriata consista nel ricorso agli strumenti comunitari esistenti sopra indicati. A tale proposito, sollecita gli Stati membri ad avvalersi pienamente delle possibilità offerte dai programmi comunitari attuali e futuri (2000-2006) dei fondi strutturali, presentando proposte di finanziamento specifiche.

    - Inoltre, nel caso il Consiglio lo ritenga idoneo, vi è spazio per elaborare un nuovo dispositivo in risposta ai problemi occupazionali limitati nel tempo e specifici individuati, sotto forma di una misura finanziaria comunitaria appositamente mirata. Su richiesta del Consiglio, la Commissione è disposta a presentare una proposta in tal senso.

    (1) Punto 24 delle conclusioni del Consiglio europeo.

    (2) Nel presente documento il termine «vendite esenti da imposte» è riferito alla vendite in esenzione di imposte e di dazi.

    (3) Decisione 94/844/CE della Commissione.

    (4) Regolamento (CEE) n. 3904/92 del Consiglio.

    (5) Direttiva 91/680/CEE del Consiglio e direttiva 92/12/CEE del Consiglio.

    (6) Articolo 28 duodecies della direttiva 91/680/CEE (IVA) e articolo 28 della direttiva 92/12/CEE (accise).

    (7) Cfr. tabella 1 dell'allegato I.

    (8) Orientamenti per il controllo delle vendite esenti da imposte nella Comunità, adottate dal Consiglio dei ministri il 14 dicembre 1992.

    (9) COM(96) 245 def. del 26 luglio 1996 (relazione sul controllo da parte del venditore).

    (10) Ad esempio, indagine svolta dall'Ufficio europeo delle unioni di consumatori (BEUC) nel 1994 e dalla Commissione (dicembre 1998).

    (11) Cfr. allegato I.

    (12) Si osservi che questo indicatore porta ad una sovrastima delle dimensioni del settore in quanto le vendite (fatturato) includono il valore dell'input di altri settori all'industria del «duty-free» (ossia le merci). Il valore aggiunto prodotto dalle attività di vendita esente da imposte può essere calcolato nello 0,02 % circa del PIL.

    (13) La European Travel Research Foundation (ETRF) è un' associazione creata nel 1995 dal settore delle vendite esenti da imposte, conta trenta membri che rappresentanto gli operatori commerciali, nonché i produttori ed i distributori di tale mercato.

    (14) Cfr. tabella 4 dell'allegato I.

    (15) International Duty Free Confederation (IDFC) und Association Française de Commerce Hors-taxes (AFCOHT), Contributo delle vendite esenti da imposte e dazi all'UE ed ai suoi cittadini, settembre 1997.

    (16) Uno studio condotto dall'istituto IFO sul mercato interno europeo e il regime delle vendite esenti da imposte (IFO Financial Policy Studies 68), considera che la maggior parte degli studi effettuati dal settore delle vendite esenti da imposte o per suo conto sopravvaluta l'incidenza sull'occupazione.

    (17) Danimarca: Relazione sulla valutazione delle conseguenze della soppressione delle vendite esenti da imposte ai viaggiatori tra la Danimarca e gli Stati membri dell'Unione europea il 1° luglio 1999, dicembre 1997, ministero delle finanze.

    Francia: Relazione al primo ministro sulla soppressione delle vendite esenti da imposte in Europa «impatto e proposte» del 23 luglio 1998, redatta dall'on. André Capet, deputato del Pas-de-Calais (Francia).

    Irlanda: Relazione sulle conseguenze della soppressione delle vendite intracomunitarie esenti da imposte sui viaggi intracomunitari nel 1999, marzo 1998, KMPG Management Consulting in associazione con Fitzpatrick Associates e MDS Transmodal, commissionata dal ministero delle Finanze.

    Svezia: Relazione sulle conseguenze della soppressione delle vendite esenti da imposte nell'Unione europea (relazione ufficiale del governo) del 25 marzo 1998, ministero dei Trasporti e delle Comunicazioni.

    Regno Unito: Studio sulle conseguenze economiche della soppressione della franchigia nelle vendite esenti da imposte e dazi nell'Unione europea, 1998, ministero dell'Ambiente, dei Trasporti e delle Regioni.

    (18) Cfr. allegato II.

    (19) È vero che la domanda di questi beni è andata costantemente diminuendo nel corso degli ultimi due decenni mentre i prezzi inclusivi di imposte sono aumentati. Il livello elevato delle accise è tuttavia soltanto una causa marginale di questa tendenza. I cambiamenti nei comportamenti sociali e nei gusti, come pure le considerazioni relative alla salute, sono stati i principali fattori che hanno condotto ad un calo della domanda di vino, alcool e tabacco.

    (20) Proposta di risoluzione del Consiglio relativa agli orientamenti in materia di occupazione per il 1999, 18 gennaio 1999.

    (21) OECD (1997) Taxation and Economic Performance. Commissione europea (1994). European Economy n. 56.

    (22) Causa C-408/95, sentenza dell'11 novembre 1997.

    (23) Relazione al primo ministro sulla soppressione delle vendite esenti da imposte in Europa «Impatto e proposte» del 23 luglio 1998, redatta dall'on. André Capet, deputato del Pas-de-Calais (Francia).

    (24) Cfr. allegato III.

    (25) Cfr. punto 1, secondo capoverso della presente comunicazione.

    ALLEGATO I

    >SPAZIO PER TABELLA>

    >SPAZIO PER TABELLA>

    >SPAZIO PER TABELLA>

    >SPAZIO PER TABELLA>

    ALLEGATO II

    Dati relativi all'occupazione forniti dagli Stati membri

    Nel gennaio 1999, gli Stati membri hanno risposto ad una richiesta della Commissione di fornire informazioni in merito ai possibili effetti sull'occupazione della decisione del Consiglio di sopprimere il regime delle vendite intracomunitarie esenti da imposte. Gli Stati membri hanno proceduto in modo diverso, partendo da varie ipotesi di base. Ne deriva che le serie di dati così ottenuti non sono perfettamente comparabili, benché forniscano un quadro generale.

    Dai dati si evince che il livello di dettaglio delle informazioni raccolte varia da uno Stato membro all'altro. Alcune amministrazioni nazionali non sono state in grado di fornire cifre conclusive per quanto riguarda gli effetti della soppressione delle vendite esenti da imposte sull'occupazione.

    Le informazioni ottenute dalle amministrazioni nazionali sono tuttavia utili per dimostrare l'impatto sull'occupazione delle decisioni adottate dal Consiglio nel 1991 e 1992. Ciò sembra confermare l'opinione secondo la quale l'incidenza sull'occupazione non ha rilievo di ordine macroeconomico. Questi elementi indicano che si tratterà probabilmente di problemi di adeguamento, che dovrebbe essere possibile controbilanciare attraverso il ricorso ai fondi strutturali.

    Le cifre fornite dagli Stati membri testimoniano che, per ciascuno di essi, l'incidenza della soppressione delle vendite intracomunitarie esenti da imposte è molto limitata.

    Tenuto conto dei diversi metodi adottati dagli Stati membri per stabilire questi dati, non è possibile semplicemente procedere ad una somma degli stessi: infatti, alcuni Stati membri hanno scelto di tenere conto di effetti indiretti (attraverso estrapolazioni non specificate relative all'impatto sul turismo, ecc.), mentre altri hanno preso in considerazione tutti i posti di lavoro del settore delle vendite esenti da imposte, anche se non tutti sono interessati dalla soppressione delle vendite intracomunitarie. Alcuni Stati membri hanno anche tenuto conto dell'effetto netto della nuova assegnazione delle entrate fiscali, cosa che rende ancor più difficile un raffronto della potenziale incidenza complessiva.

    Occorre inoltre osservare che alcuni Stati membri hanno preso le distanze dalle stime fornite, in quanto l'analisi era stata svolta dallo stesso settore delle vendite esenti da imposte.

    Infine, risulta chiaramente da queste stime, riassunte di seguito, che la maggior parte delle amministrazioni nazionali prevede soltanto una debole incidenza indiretta sull'occupazione in questo contesto.

    Belgio

    Non viene fornita alcuna stima. Tuttavia l'amministrazione belga ha fatto presente che la soppressione delle vendite esenti da imposte avrà probabilmente ripercussioni sull'occupazione.

    (Fonte: ministero delle Finanze)

    Danimarca

    1 800 posti di lavoro sarebbero interessati, nei settori aereo e marittimo, ma le entrate fiscali (per 1 miliardo di DKK) che saranno realizzate grazie alla soppressione dell'esenzione fiscale attualmente applicabile a queste vendite potrebbero permettere di creare 2 200 posti di lavoro. La Danimarca prevede quindi la creazione, a lungo termine, di 400 posti di lavoro.

    (Fonte: relazione del ministero delle Finanze - dicembre 1997)

    Germania

    - Per il settore aereo: 1 350 posti di lavoro sarebbero direttamente interessati.

    - Per il settore marittimo: 3 000 dei 5 700 posti di lavoro che dipendono dal settore di attività delle vendite esenti da imposte sarebbero in pericolo.

    (Fonte: analisi fondata sugli studi settoriali realizzati per conto del settore delle vendite esenti da imposte)

    Grecia

    L'analisi globale dell'amministrazione non fornisce alcuna quantificazione; l'ammininstrazione osserva che conseguenze sensibili sono possibili per l'occupazione, a causa dell'aumento del prezzo dei trasporti, nonché un possibile calo dell'attività turistica.

    [Fonte: studio condotto da KPMG Peat Marwick per la European Travel Research Foundation (1) (settore delle vendite esenti da imposte) - novembre 1997]

    Spagna

    La Spagna fornisce una cifra complessiva dei 22 406 posti di lavoro persi. Un aumento delle tariffe aeree, così come un calo dell'attività turistica sono previsti a seguito dell'abolizione del regime.

    (Fonte: ministero delle Finanze)

    Francia

    L'analisi verte principalmente sul settore marittimo e i vari settori di produzione.

    - Regioni settentrionali - zona di Calais e Bretagna: Compagnie di navigazione: si prevede la perdita di 1 500 posti di lavoro; porti: 600 posti di lavoro interessati, settori commerciali: 2 500 posti di lavoro.

    - Regione di Cognac (produzione e commercio): 2 500 posti di lavoro.

    - Altre zone di produzione di prodotti alcolici (produzione e commercio): 290 posti di lavoro.

    - Industria del profumo (produzione e commercio): 1 100 posti di lavoro.

    - Altre industrie (produzione e commercio): 900 posti di lavoro.

    (Fonte: ministero dell'Economia, delle Finanze e dell'Industria - gennaio 1999)

    Irlanda

    - Settore aereo: 466 posti di lavoro a rischio.

    - Settore marittimo: 700 posti di lavoro a rischio.

    - Le perdite di posti di lavoro indirette (produzione, ecc.) non sono state considerate.

    - L'incidenza di bilancio della soppressione è stimata in maggiori entrate per 30-45 milioni di IEP.

    (Fonte: Studio KPMG, per conto del ministero delle Finanze - marzo 1998)

    Italia

    L'Italia non ha fornito una stima quantificata, ma delle perdite significative di posti di lavoro sono previste nel settore aereo, tenuto conto dell'ingente fatturato realizzato da questo settore nelle relazioni intracomunitarie (66 % del fatturato del settore per il 1998).

    (Fonte: indagine specifica del ministero delle Finanze)

    Lussemburgo

    Solo il settore aereo sarebbe interessato: 6 posti di lavoro a breve termine e 4-6 posti di lavoro a medio termine potrebbero essere soppressi.

    (Fonte: ministero delle Finanze, sulla base delle informazioni pervenute dal settore interessato)

    Paesi Bassi

    - Per l'occupazione diretta, i Paesi Bassi ritengono che la perdita di posti di lavoro potrebbe aggirarsi tra le 681 unità (stima del settore [Benelux Duty-Free Association] del luglio 1997) e le 3 258 unità (stima del settore [ETRF (2)] dell'ottobre 1998)

    - Per quanto riguarda l'occupazione indiretta, la perdita di posti di lavoro si situerebbe tra 362 (stima del settore del luglio 1997) e 681 unità (stima del settore dell'ottobre 1998). Tenuto conto della fonte di queste informazioni, le amministrazioni nazionali interessate consigliano di usarle con prudenza.

    (Fonte: ministero delle Finanze sulla base di stime pervenute dalle imprese che operano nel settore interessato)

    Austria

    Il settore aereo sarebbe interessato da una perdita di 250 posti di lavoro su un totale di 500.

    (Fonte: ministero delle Finanze)

    Portogallo

    Il fatturato delle vendite intracomunitarie esenti da imposte rapprensenta quasi il 70 % del fatturato complessivo. In un'ottica pessimistica, il possibile calo di attività in questo settore potrebbe aggirarsi sul 57 %.

    (Fonte: ministero delle Finanze, sulla base di stime elaborate dal settore interessato)

    Finlandia

    Settore aereo: 100 posti di lavoro sono minacciati.

    Settore marittimo:

    - tra 2 500 e 3 000 posti di lavoro sarebbero a rischio sul Mar Baltico; tuttavia, tali posti dipenderanno dalla strategia commerciale degli operatori per quanto riguarda i collegamenti attraverso le isole Åland (al di fuori del territorio fiscale della Comunità);

    - per il Golfo di Botnia: la perdita di 300 posti di lavoro è prevista; una misura di aiuto di Stato (fondata sugli obblighi relativi al servizio pubblico) è tuttavia all'esame a livello nazionale.

    - 200 posti di lavoro sarebbero inoltre indirettamente interessati dalla soppressione delle vendite esenti da imposte.

    (Fonte: ministero delle Finanze)

    Svezia

    La risposta della Svezia si basa sullo studio che ha fatto realizzare nel marzo 1998. Le conseguenze sull'occupazione, in questo contesto, sono centrate sulle attività delle traversate marittime: la perdita di posti di lavoro sarebbe stimata tra 500 e 1 200 posti.

    Altri 500 posti di lavoro sarebbero minacciati, ma essi dipenderanno dalla strategia commerciale degli operatori per i collegamenti attraverso le isole Åland (al di fuori del territorio fiscale della Comunità).

    Quanto agli effetti indiretti, nessun effetto strutturale è previsto per le vendite al dettaglio, mentre è possibile un effetto limitato sul turismo e un effetto marginale sul prezzo dei trasporti stradali. L'aumento del prezzo del trasporto passeggeri per le traversate marittime sarebbe del 15 %.

    (Fonte: relazione del ministero dei Trasporti e delle Comunicazioni - marzo 1998)

    Regno Unito

    Le perdite dirette interesserebbero, per le vendite «duty-free» effettuate negli aeroporti, nei collegamenti aerei, a bordo delle navi-traghetto e nei terminali di accesso al tunnel sotto la Manica, dai 1 300 ai 2 700 posti di lavoro.

    La perdita di occupazione indiretta nel corso delle traversate marittime, nei porti e nell'economia locale ammonterebbe a 780-915 posti.

    Inoltre, tra 580 e 1 300 posti di lavoro indiretti sarebbero soppressi, principalmente nelle industrie di produzione (alcool, tabacco e profumo).

    (Fonte: studio del ministero dell'Ambiente, dei Trasporti e delle Regioni)

    (1) Cfr. nota 13.

    (2) Cfr. nota 13.

    ALLEGATO III

    >SPAZIO PER TABELLA>

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