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Document 51999AC0854

Parere del Comitato economico e sociale in merito alla «Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni - Incentivi a favore della competitività delle imprese europee a fronte della globalizzazione"

GU C 329 del 17.11.1999, p. 49–57 (ES, DA, DE, EL, EN, FR, IT, NL, PT, FI, SV)

51999AC0854

Parere del Comitato economico e sociale in merito alla «Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni - Incentivi a favore della competitività delle imprese europee a fronte della globalizzazione"

Gazzetta ufficiale n. C 329 del 17/11/1999 pag. 0049 - 0057


Parere del Comitato economico e sociale in merito alla "Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni - Incentivi a favore della competitività delle imprese europee a fronte della globalizzazione"

(1999/C 329/12)

La Commissione, in data 22 gennaio 1999, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 198 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale in merito alla comunicazione di cui sopra.

La Sezione "Mercato unico, produzione e consumo", incaricata di preparare i lavori in materia, ha formulato il parere sulla base del rapporto introduttivo del relatore Morgan, in data 22 luglio 1999.

Il Comitato economico e sociale ha adottato il 23 settembre 1999, nel corso della 366a sessione plenaria, con 92 voti favorevoli, 23 voti contrari e 21 astensioni, il seguente parere.

1. Introduzione

1.1. Nel documento di riflessione elaborato dalla Commissione non viene fatto alcun tentativo di classificare in modo sistematico le imprese europee alle quali la comunicazione si riferisce. Ai fini del parere, il Comitato propone la seguente classificazione:

A. Grandi imprese:

A1 imprese nazionalizzate

A2 società con sede legale in Europa

A3 società ubicate in Europa ma con sede legale altrove

B. Piccole e medie imprese:

B1 quotate in borsa

B2 imprese di proprietà privata

B3 finanziate con capitale di rischio.

1.2. La comunicazione intende esaminare come l'Europa possa far fronte alle sfide che la attendono in modo da beneficiare della globalizzazione. Ciò presuppone l'analisi della capacità di ognuna delle categorie di imprese summenzionate di competere nell'economia globale, in modo da contribuire alla crescita del PIL ed alla creazione di posti di lavoro nell'UE. La comunicazione sostiene che, per arrivare a disporre di tale capacità, le imprese dovranno adattarsi e che, in parallelo, occorre una risposta politica sia dall'UE che dagli Stati membri.

1.3. Come tutti i pareri del Comitato, anche questo rimane fedele agli obiettivi del modello sociale europeo (sanità, istruzione, previdenza sociale e occupazione) dai quali dipendono le competenze professionali e il benessere dei cittadini dell'UE. In questo parere, tuttavia, si esprimono inquietudini relativamente all'applicazione del modello: in particolare il finanziamento della previdenza sociale tramite le imposte prelevate direttamente dalle retribuzioni e versate dal datore di lavoro, invece che attraverso le imposte sul reddito; e la natura delle norme che proteggono la sicurezza del posto di lavoro.

1.4. La comunicazione, in più punti, si esprime in termini favorevoli nei confronti del modello economico statunitense. Il tema centrale di questo parere è come conseguire risultati simili a quelli degli USA nei limiti delle strutture e delle norme del modello sociale europeo. Si tratta, in particolare, di una sfida culturale intesa ad incoraggiare l'assunzione di rischi nell'ambito del welfare state, senza comprometterlo.

1.5. Globalizzazione vuol dire che i produttori di tutto il mondo possono accedere a tutti i mercati, e che i paesi con mano d'opera a basso costo hanno un vantaggio comparato nelle industrie a bassa tecnologia e con processi di produzione ripetitivi. Le forze evolutive messe in movimento richiedono che il mondo industrializzato acquisisca la leadership nei settori ad alta tecnologia e ad alto valore aggiunto che si avvalgono di risorse umane specializzate. Ciò avrà anche effetti destabilizzanti: è probabile che le industrie di più basso livello tecnologico entrino in crisi, e ciò, a sua volta, determinerà una situazione in cui sarà difficile mantenere rigidità e mancanza di flessibilità dell'economia. La capacità dell'Europa di far fronte a queste sfide è un tema ricorrente della comunicazione della Commissione e del presente parere. Essa dipenderà inoltre dal successo che la Commissione avrà nel negoziare un nuovo ordine mondiale per il commercio internazionale e nel migliorare il funzionamento dei mercati internazionali dei capitali.

1.6. La competitività esige che un'impresa sia in grado di apportare valore aggiunto ai fattori di produzione, e di acquisire nuovi clienti su mercati aperti. Il governo ha il compito di garantire che l'ambiente legislativo sia favorevole e che le imposte sulle imprese e i prelievi diretti sulle retribuzioni non siano eccessivamente gravosi. Occorre pertanto garantire gli interessi di tutte le parti coinvolte nonché tutelare e sviluppare l'occupazione.

2. Imprese europee e capitalismo di mercato

2.1. Grandi imprese

2.1.1. Fino a poco tempo fa, molte delle maggiori imprese europee erano monopoli nazionalizzati, con il risultato che l'Europa non è entrata in determinati settori dell'economia globale. I confini statali hanno comportato la frammentazione in 15 paesi di settori chiave dell'economia europea. La creazione del mercato unico nell'UE ha eliminato molti di questi ostacoli.

2.1.2. Benché nell'ultimo decennio la liberalizzazione di settori di mercato e la privatizzazione delle imprese abbiano cominciato a correggere la situazione, occorre ancora fare molto:

(a) la comunicazione si riferisce al mancato consolidamento dell'industria europea della difesa; a differenza dell'industria della difesa USA, tuttavia, le M& A ("mergers and acquisitions": fusioni e acquisizioni) europee in questo settore sono state inibite da nazionalizzazioni e interferenze dei governi, spesso sotto forma della loro "golden share";

(b) la comunicazione della Commissione attribuisce grande importanza alla realizzazione di reti mondiali, ma l'eccessivo ritardo nella liberalizzazione e privatizzazione del settore delle telecomunicazioni ha fatto sì che in Europa i prezzi fossero talmente alti da scoraggiare l'uso diffuso di Internet;

(c) lo sviluppo e lo sfruttamento commerciale delle TEN (reti transeuropee) può ancora essere frenato dai monopoli nazionali nel settore dell'energia elettrica e in quello ferroviario;

(d) le ex imprese nazionalizzate e gli ex settori regolamentati sono in molti casi fondamentali per fornire infrastrutture di alta qualità e competitive dal punto di vista dei costi. La realizzazione di tali infrastrutture, avviata nell'ultimo decennio, è ben lungi dall'essere completa, cosa che penalizza la competitività delle imprese UE a livello globale.

2.1.3. La liberalizzazione di settori quali le telecomunicazioni e le trasmissioni radiotelevisive ha finalmente stimolato l'emergere di molte nuove imprese di alta tecnologia, in rapida crescita e di grande successo. Il continuo sorgere e la costante crescita di nuove imprese in aree quali le tecnologie della società dell'informazione, la biotecnologia e la tecnologia delle energie rinnovabili richiedono ulteriori prudenti interventi di deregolamentazione ed una maggiore protezione dall'abuso di posizione dominante.

2.1.4. Con l'eccezione del Regno Unito, la capitalizzazione del mercato nelle altre borse UE è sorprendentemente modesta. In parte ciò è dovuto al fatto che alcune grosse imprese continuano ad essere parzialmente di proprietà dello Stato e moltissime società con sede legale in Europa sono in mani private e non sono quotate in nessuna borsa valori. Ovviamente ciò ha molti vantaggi, soprattutto per i proprietari, ma ha lo svantaggio di limitare l'accesso al capitale internazionale, rappresentando quindi un potenziale freno alle aspirazioni globali delle società europee competitive. La necessaria risposta politica a questa situazione è far sì che i regimi fiscali non ostacolino la vendita e l'emissione di azioni di società private. Tale emissione presenta inoltre il vantaggio, per le parti coinvolte (stakeholders) di aumentare la trasparenza delle operazioni di gestione.

2.1.5. In molti paesi europei la struttura proprietaria delle società per azioni non è abbastanza trasparente, a causa di complessi azionariati incrociati, ai quali spesso le banche partecipano direttamente. Quindi la pressione degli azionisti per migliorare la gestione aziendale da parte del management è stata relativamente modesta.

2.1.6. Il CES condivide l'opinione secondo cui le imprese ubicate in Europa sono imprese "europee" a prescindere dalla loro sede legale.

2.1.7. Nello sviluppare una dimensione globale, le società sviluppano anche la capacità di creare o distruggere posti di lavoro in Europa. Nell'ultimo decennio i paesi UE hanno esportato molti posti di lavoro. Tali società raffronteranno sempre più la capacità relativa di attrazione dell'Europa come insediamento produttivo con altre localizzazioni nel resto del mondo.

2.1.8. Il flusso degli investimenti in entrata contribuisce molto all'occupazione ed al PIL nell'UE, e le imprese coinvolte sono ovviamente interessate alla competitività relativa delle loro filiali ubicate nell'UE. Man mano che la globalizzazione diventa un processo universale, e lo stesso gruppo di società, a prescindere dall'ubicazione della sede legale (Europa, Asia, USA), estende ovunque la propria presenza, l'effettiva sede di tali società diventa sempre meno importante. Le società prendono le proprie decisioni di investimento in funzione dei vantaggi offerti dagli insediamenti in diversi paesi e regioni di tutto il mondo.

2.1.9. Tra le caratteristiche principali necessarie affinché l'ubicazione di un insediamento sia vantaggiosa per le imprese figurano le qualificazioni della forza lavoro, i costi del lavoro, il regime fiscale, le infrastrutture fisiche ed il quadro giuridico. Importanti sono anche un dialogo sociale efficiente, la pace sociale, la motivazione sul lavoro ed i mercati locali. Sono questi i problemi sui quali i politici dovrebbero concentrare la propria attenzione. La sfida cui gli insediamenti produttivi dell'UE si trovano di fronte è quella di mantenere un equilibrio tra la superiorità delle qualificazioni della propria forza lavoro e la qualità delle infrastrutture e dell'ambiente da un lato, ed i costi legati all'attività economica dall'altro (cfr. Punti 1.4-1.6).

2.2. Piccole e medie imprese

Quasi tutte le imprese rientrano nella categoria delle PMI. In realtà le grandi imprese sono molto poche. Il profilo della maggior parte delle PMI quotate in borsa è quello di un'impresa di medie dimensioni, più vicina ai 200 che ai 20 dipendenti. Ai fini di questa analisi tali aziende dovrebbero essere raggruppate con le grandi imprese.

2.2.1. In paesi come la Germania e l'Italia le PMI in mani private sono state la struttura portante dell'economia. Per tradizione sono state finanziate da capitali familiari e non da capitale di rischio. Con il succedersi delle generazioni molte di queste società stanno cercando capitale e proprietari all'esterno della famiglia. Anche in questo caso è fondamentale che tali sviluppi non vengano ostacolati. È ovviamente importante che i capitali vengano indirizzati verso investimenti produttivi, e non verso operazioni puramente speculative.

2.2.2. La Comunicazione parla diffusamente dei capitali di rischio, soprattutto riguardo all'esperienza degli USA, e del ruolo che essi possono svolgere nella creazione e crescita delle PMI(1). Il capitalismo USA basato sul capitale di rischio comporta rischi elevati, ma offre al tempo stesso rendimenti elevati per i detentori del capitale di rischio, per gli imprenditori e i dipendenti. Gli imprenditori ed i loro dipendenti godono di compartecipazioni su una parte del capitale sociale molto superiore a quanto previsto dalle norme istituzionali dell'Europa occidentale. Gli investimenti possono funzionare o fallire, questa è una caratteristica del sistema, ma ciò non toglie all'imprenditore il diritto di ritentare. Il ruolo del Nasdaq(2) è quello di permettere ai detentori del capitale di rischio di vendere le azioni non appena l'impresa si trovi in uno stadio abbastanza avanzato da poter essere venduta con successo, in modo tale da poter reinvestire il capitale di rischio in nuove iniziative.

2.2.3. Le imprese europee possono essere vendute al pubblico in varie borse valori nazionali, oltre che tramite accesso all'Easdaq(3) ed al Nasdaq. Il pubblico europeo è molto ricettivo verso questo genere di investimenti, quindi gli sbocchi per il capitale di rischio sono garantiti. Le infrastrutture dei mercati europei dei capitali ancora non hanno raggiunto la massa critica, ragion per cui gli imprenditori hanno difficoltà ad accedere ai capitali. Esiste inoltre il problema della relativa carenza di attività imprenditoriali europee nel settore dell'alta tecnologia. È la loro assenza che obbliga il capitale di rischio a scegliere il rifinanziamento di imprese familiari ed a sostenere la ristrutturazione delle società europee attraverso interventi di "management buy out" (MBO) (rilevamento di un'azienda da parte del management)(4).

2.2.4. Essendo una manifestazione dell'abilità creativa dell'uomo ed inserendosi nel contesto dell'alto tasso di disoccupazione, la creazione di un'impresa e la conseguente creazione di posti di lavoro dovrebbe ottenere un grande riconoscimento a livello sociopolitico. Purtroppo non è sempre così e di conseguenza si assiste al fenomeno della "fuga" ("brain-drain") di molti potenziali imprenditori fuori dell'UE. Per ovviare a tale situazione, il Comitato appoggia molte delle idee che figurano nella comunicazione:

- occorre incentivare l'assunzione di rischi;

- occorrerebbe introdurre opportune norme in materia di fallimento e di insolvenza, attenuando le conseguenze del "marchio" lasciato dal fallimento, quando non vi è un comportamento disonesto da parte dell'imprenditore (cosa che tuttavia potrebbe essere difficile da conseguire);

- il sistema fiscale relativo alle piccole società e le aliquote delle imposte direttamente prelevate dalla retribuzione dovrebbero essere rivisti;

- il regime fiscale sui "capital gains" non dovrebbe penalizzare gli imprenditori o i lavoratori dipendenti che si arricchiscono grazie alla proprietà azionaria o alle compartecipazioni;

- le aliquote sulle tasse di successione (e sulle eredità) dovrebbero essere controllate per garantire la sopravvivenza delle imprese a conduzione familiare;

- i sistemi nazionali di riconoscimento pubblico dovrebbero comprendere gli imprenditori che creano occupazione in misura significativa;

- gli imprenditori delle industrie di alta tecnologia stanno diventando modelli globali: i paesi UE dovrebbero promuovere i propri;

- occorre esporre gli studenti alla cultura imprenditoriale, e fare della preparazione in materia di gestione aziendale una componente importante dei corsi universitari;

- le università devono sfruttare le tecnologie a loro disposizione con un approccio imprenditoriale;

- i parchi tecnologici per l'applicazione delle tecnologie hanno un forte potenziale e dovrebbero essere vicini alle principali facoltà universitarie del settore tecnologico.

2.2.5. Oltre ad esercitare un drenaggio di forze imprenditoriali, gli USA agiscono da magnete anche nei confronti dei tecnologi, attirati dalle opportunità di lavoro. Presumibilmente, la risposta a questa tendenza consiste nel rendere l'occupazione nel campo della tecnologia e il progresso personale altrettanto attraenti nell'UE.

2.2.6. La Comunicazione si preoccupa, giustamente, di incoraggiare nuove imprese (start-ups) del settore tecnologico che abbiano un potenziale di crescita, la possibilità di competere a livello mondiale e di creare posti di lavoro. È fondamentale garantire che un numero adeguato di studenti si indirizzi verso le facoltà di ingegneria e quelle scientifiche, e poi di farli studiare in un contesto imprenditoriale. Per orientare gli studenti delle materie scientifiche verso l'innovazione e la sua applicazione potrebbe essere opportuno fare ricorso a concorsi e premi. Anche le piccole società che non possono ottenere un sostegno finanziario dal Quinto programma quadro senza dover cooperare con terzi, hanno bisogno di aiuto dai propri governi nazionali. Un ulteriore sostegno finanziario dovrebbe essere disponibile per le nuove imprese del settore tecnologico, sia sotto forma di sovvenzioni dirette che di sgravi fiscali per attività di ricerca e sviluppo. Occorre inoltre migliorare il sistema di protezione della proprietà intellettuale, soprattutto per aiutare gli imprenditori nel settore dell'alta tecnologia.

2.2.7. Stimolare il lato dell'offerta facendo leva sullo spirito imprenditoriale nel campo tecnologico non è, ovviamente, sufficiente a risolvere il problema legato al ritardo dell'Europa rispetto agli USA in materia di nuove iniziative imprenditoriali nel settore dell'alta tecnologia. Occorre inoltre tener conto del problema della domanda, che si tratti delle tecnologie della società dell'informazione, della biotecnologia o della tecnologia dell'energia. In una certa misura le autorità pubbliche possono creare questa domanda, ma anche l'atteggiamento delle imprese e dell'opinione pubblica svolge un ruolo importante.

2.2.8. In tutta l'Europa gli imprenditori sono infastiditi dall'eccesso di norme e di burocrazia. All'inizio l'impresa avrà soltanto uno o due dirigenti, che si occuperanno esclusivamente di creare la società e di generare i mercati che andranno a sostenere l'occupazione. Per questo è necessario ridurre gli ostacoli amministrativi che rendono difficile la creazione e la sopravvivenza delle nuove imprese. In alcuni paesi la risposta da parte delle autorità è ben lungi dall'essere incoraggiante, a prescindere dal fatto che si tratti dell'autorizzazione ad avviare un'impresa o a mantenerla in attività.

3. Osservazioni specifiche sul testo della comunicazione

3.1. Sezione I - Tendenze - Il fenomeno della globalizzazione

Il Comitato concorda, in linea di massima, con l'analisi delle tendenze contenuta nella comunicazione, alla quale occorrerebbe aggiungere le seguenti considerazioni.

3.1.1. La Comunicazione sottolinea l'importanza di quelle attività che stanno superando i settori tradizionali in termini di crescita, capitalizzazione e esportabilità. Le società appartenenti a tali settori dispongono di pochi beni all'attivo, oltre al capitale umano. Dopo un decennio nel quale la creazione di posti di lavoro negli USA è stata interpretata in Europa soltanto come creazione di posti di lavoro non qualificati a bassa retribuzione, la Comunicazione ne rivela il reale impatto: tra il 1995 ed il 1996 la tecnologia dell'informazione e le industrie dell'elettronica hanno aggiunto 250000 nuovi posti di lavoro all'economia americana. Ogni anno 2 milioni di posti di lavoro sono creati dall'industria del software, che annovera oltre 44000 società. L'Europa si trova di fronte alla sfida di creare la cultura d'impresa nella quale tali società possano svilupparsi.

3.1.2. La comunicazione analizza la capacità dell'Europa di competere in questi nuovi settori industriali. Sebbene nei fatti ciò debba essere considerato come una sfida, non sarà semplice affrontarla. Negli USA le industrie dell'informazione e del commercio elettronico si stanno sviluppando infatti in un mercato libero per definizione. Tale mercato sta assolvendo il suo classico ruolo in quanto funziona come un processo di "scoperta" per capire che cosa si vende, che cosa non si vende e che cosa funziona e che cosa non funziona, che cosa ha successo e che cosa fallisce. Per questo motivo alcune iniziative imprenditoriali hanno successo, ma quelle che falliscono sono molte di più. Molte di quelle che riescono proseguono esportando il proprio successo. Anche se non esporta, per una società appena creata è più facile trarre profitto dal mercato unificato degli USA che dal frammentato mercato europeo.

3.1.3. La comunicazione non dice chiaramente come l'Europa dovrebbe competere, né come aspetti del modello USA possano essere adottati senza accettare la filosofia liberale sui quali essi si fondano. Negli USA, se una società fallisce, tutti coloro che sono coinvolti nel fallimento possono ricominciare. Il processo di "scoperta" si estende quindi all'imprenditore che può continuare a provare, nonché ai dipendenti, che possono ricostituire l'azienda. Il modello americano non può però essere applicato incondizionatamente in Europa. Nell'UE occorre trovare un equilibrio tra la creazione della necessaria cultura d'impresa ed il mantenimento della coesione economica e sociale.

3.2. Sezione II - La posizione delle imprese europee

3.2.1. La comunicazione propone di analizzare i seguenti elementi:

(a) competitività: la necessità di nuove definizioni,

(b) la posizione dell'industria: tradizionale anziché "promotrice",

(c) identità culturale e settore dell'audiovisivo: sfide e opportunità,

(d) politica scientifica e tecnologica: un impegno insufficiente e un'organizzazione da migliorare,

(e) un sistema poco efficiente nel campo dei brevetti e dello scambio delle licenze,

(f) alleanze, fusioni ed acquisizioni nei settori avanzati: una certa riluttanza,

(g) l'Europa non dà il giusto valore al fattore rischio.

Benché il Comitato accetti buona parte di questa analisi, occorre formulare le seguenti precisazioni.

3.2.2. Impiego modesto della tecnologia dell'informazione

3.2.2.1. Un importante fattore che vi contribuisce è l'elevato costo delle telecomunicazioni. Un motivo di preoccupazione più basilare è rappresentato dalla natura dei cambiamenti necessari all'interno dell'impresa per sfruttare tutti i vantaggi offerti dalla tecnologia dell'informazione. I cambiamenti riguardano la struttura organizzativa, il contenuto del lavoro, le pratiche lavorative ecc. Il Comitato è consapevole del fatto che la promozione dell'uso della tecnologia dell'informazione dipende in parte dalla qualità della gestione e dal clima aziendale. Occorre inoltre accertare che la legislazione europea sia sufficientemente in linea con tali riorganizzazioni del processo lavorativo. Anche in questo caso si tratta di creare l'equilibrio descritto nei precedenti paragrafi. Resta inteso che nell'UE vanno garantite adeguate condizioni di vita e di lavoro.

3.2.2.2. Perché l'uso della tecnologia dell'informazione dia risultati positivi è necessario un elevato livello di conoscenze informatiche da parte degli individui. Si tratta, tra l'altro, del problema del numero e del livello di preparazione degli operatori del settore informatico a disposizione delle aziende sul mercato UE. In questo contesto le opportunità di carriera per le donne non sono sufficientemente sviluppate. Oltre alle qualificazioni professionali, per la competitività delle imprese europee è di grande importanza il livello generale di competenze degli utlizzatori, sia dei dirigenti che dei lavoratori. Occorre che coloro che ne hanno l'ambizione acquisiscano maggiori conoscenze e competenze informatiche, e che le imprese che intendono competere offrano l'opportunità di acquisirle.

3.2.3. La globalizzazione tardiva dei servizi alle imprese

3.2.3.1. La comunicazione ribadisce il ritardo dell'Europa rispetto agli USA in materia di servizi alle imprese, ma non ne spiega il motivo. Tale ritardo è dovuto al fatto che in Europa i mercati dei capitali si sono sviluppati molto lentamente. Di conseguenza i servizi legati alle offerte pubbliche iniziali, alle fusioni ed acquisizioni, alle informazioni aziendali e ad altre attività legate alle società azionarie non sono sufficientemente sviluppati. Questo settore è quindi dominato dalle banche d'investimento straniere, dagli studi legali, dai brokers, da contabili e revisori, nonché da aziende di PR finanziarie. In Europa esistono correlativamente poche aziende attive nei servizi finanziari alle persone, in quanto in quasi tutti gli Stati membri i regimi pensionistici sono tradizionalmente stati statali e gli investimenti nei mercati borsistici non sono sufficientemente sviluppati come forma di allocazione dei risparmi individuali.

3.2.3.2. L'altra dimensione dello sviluppo delle aziende dei servizi è rappresentata dall'outsourcing. Si tratta del processo con il quale le imprese si concentrano sulle proprie funzioni fondamentali e subappaltano le funzioni dei servizi periferici. Grazie a questo processo vengono a crearsi aziende di servizi indipendenti per attività che vanno dalla logistica alla costruzione, dal catering, alla tecnologia dell'informazione, alle pubbliche relazioni ecc. In Europa tale specializzazione si è affermata un po' più tardi.

3.2.3.3. La comunicazione afferma che l'azione intesa a sfruttare il potenziale occupazionale del settore dei servizi costituisce un elemento importante della strategia europea sull'occupazione. L'UE e gli Stati membri potrebbero contribuire a questo processo creando le condizioni quadro necessarie, ad esempio incoraggiando gli enti pubblici ad affidare all'esterno la componente servizio. Ciò potrebbe anche migliorare la qualità dei servizi forniti agli enti pubblici ed ai cittadini.

3.2.4. Politica scientifica e tecnologica

I dati forniti dalla comunicazione non sono sufficienti a spiegare il divario tra la spesa destinata alle attività di RST negli USA, in Europa ed in Giappone. Le attività di RST si riferiscono ai settori nei quali le imprese sono attive. Le questioni chiave sono gli importi relativi spesi in ogni settore ed il numero di imprese per settore. In questo modo, cioè raffrontando, ad esempio, la Rolls Royce alla General Electric, la Volkswagen alla Ford, la Philips alla Sony, la Glaxo alla Merck potremmo almeno stabilire se le attività di RST comparate sono carenti. Se l'Europa mostra lacune in materia di RST nel campo delle industrie ad alta tecnologia, ciò è dovuto in parte al fatto che in Europa il numero di tali imprese è basso. Le imprese europee, in genere, non entrano nei nuovi settori, e non vengono costituite nuove società. Esistono tuttavia alcune eccezioni, quali SAP e Nokia [cfr. anche 3.3.5 (g)].

3.3. Sezione III - Orientamenti per una nuova politica industriale

Il primo paragrafo di questa Sezione afferma:

"Da un'analisi delle tendenze mondiali e delle posizioni europee appare auspicabile un adeguamento della politica industriale, in particolare per diffondere lo spirito di iniziativa imprenditoriale e la propensione al rischio, in modo da incentivare la costituzione di imprese innovative, capaci e determinate a conquistare il mercato mondiale."

3.3.1. Per conseguire tale obiettivo occorre:

(a) adattare i sistemi di acquisizione delle competenze e stimolare l'iniziativa imprenditoriale;

(b) migliorare il sistema di ricerca - sfruttamento dei risultati;

(c) agevolare l'assunzione del rischio;

(d) riorientare gli aiuti pubblici alle imprese in favore degli investimenti immateriali;

(e) valorizzare il capitale umano;

(f) aumentare la mobilità delle persone;

(g) perseguire la valorizzazione dei vantaggi concorrenziali del mercato unico;

(h) assicurare efficaci meccanismi concorrenziali che consentano di tener conto della natura mondiale e innovatrice dei mercati;

(i) proseguire la positiva strategia di liberalizzazione del settore pubblico;

(j) promuovere la costituzione di una disciplina mondiale della concorrenza;

(k) controllare l'applicazione delle regole;

(l) difendere le posizioni europee: rafforzare la vigilanza, preparare i negoziati, lavorare insieme;

(m) lavorare per un maggior coordinamento a livello mondiale;

(n) responsabilizzare le imprese;

(o) promuovere gli interessi dei consumatori e degli utenti.

3.3.2. Gli interventi citati dalla lettera (j) alla lettera (o) rientrano nel concetto globale della promozione del consenso globale e della creazione di regole del gioco equilibrate. Queste azioni, nel loro insieme, definiscono per l'UE un ruolo proattivo all'interno dell'OMC e di altri negoziati mondiali sul commercio, su cui il Comitato è pienamente d'accordo. L'UE ha indubbiamente una funzione importante da svolgere nella definizione di un nuovo ordine mondiale. In questa ottica, deve cercare di mantenere la propria autorità morale, soprattutto perché la posta in gioco è il modello sociale europeo. I recenti disaccordi con l'OMC con il rifiuto di accettare le decisioni sulle banane e sulle carni bovine, potrebbero pregiudicare la posizione dell'UE nelle eventuali future controversie, nelle quali l'UE potrebbe voler contare sulle decisioni dell'OMC contro paesi terzi.

3.3.2.1. Nel contesto della concorrenza mondiale la posizione delle imprese europee viene agevolata, se anche in altre regioni del mondo esistono condizioni di concorrenza paragonabili, soprattutto sotto il profilo degli standard sociali. L'UE dovrebbe insistere, nei futuri negoziati OMC, affinché gli standard sociali vengano migliorati a livello mondiale, sulla base dei lavori dell'OIL.

3.3.2.2. Le parti sociali dovrebbero cercare di incoraggiare l'accettazione del modello europeo attraverso i contatti con le organizzazioni omologhe in altre parti del mondo.

3.3.2.3. I nostri partner commerciali, ovviamente, avranno il timore che in alcuni casi potremo cercare di trasferire a loro alcuni dei costi generali del nostro modello economico e sociale. Per garantire la competitività delle imprese europee, la Commissione dovrà considerare l'ipotesi di sgravare le imprese da ulteriori costi che non possono essere trasferiti in tal modo. La priorità principale, tuttavia, deve essere quella di promuovere gli standard sociali del modello europeo.

3.3.3. Per quanto riguarda la lettera (b), cioè la ricerca, si propongono tre linee d'azione, che il Comitato appoggia pienamente. Il Comitato ha elaborato un parere sul Quinto programma quadro(5). Il successo dell'iniziativa di investimento pilota I-TEC è incoraggiante, ed il Comitato si auspica che essa venga prorogata nell'ambito del Quinto programma quadro. Si riconosce la necessità di migliorare il sistema dei brevetti ed il Comitato attende con interesse le iniziative previste dalla Commissione.

3.3.4. Il Comitato appoggia pienamente le raccomandazioni della Commissione relative alla valorizzazione del capitale umano (e).

3.3.4.1. Affinché l'Europa possa sviluppare e sfruttare la tecnologia, conseguire obiettivi di qualità e di un elevato valore aggiunto, essa deve dare priorità alla formazione e allo sviluppo dei cittadini (cfr. Punto 1.5) tenendo particolarmente conto della promozione dello spirito imprenditoriale.

3.3.4.2. Per essere competitive, le risorse umane devono creare un'impresa, sotto la guida di un imprenditore. Per quanto qualificata, la forza lavoro, per esprimere tutto il suo potenziale, ha bisogno di leadership. Sono i clienti a creare i posti di lavoro, gli imprenditori a creare i clienti, la società deve creare gli imprenditori. Nel quadro della valorizzazione del capitale umano, la promozione dell'iniziativa imprenditoriale deve avere un posto prioritario.

3.3.4.3. La cultura imprenditoriale deve iniziare nelle scuole, insieme al nostro atteggiamento verso il lavoro per gli alunni. In genere gli studenti nell'UE non ricevono alcuna formazione in materia di imprese e di imprenditorialità, e non apprendono ad apprezzare il ruolo delle aziende nella società. Esistono tuttavia alcune eccezioni, dove i programmi di formazione in "imprenditorialità" sponsorizzati dalle aziende sono diventati sempre più frequenti negli istituti di istruzione secondaria, con risultati manifestamente molto positivi.

3.3.4.4. Il Comitato ritiene che la Commissione dovrebbe intervenire attivamente per diffondere esempi che servano da riferimento, incoraggiandone in vari modi l'estensione ad altri paesi, e riproponendo programmi di formazione in imprenditorialità già sperimentati con successo nel sistema scolastico di diversi paesi, quali "Young Enterprise" nel Regno Unito, "Jeune Entreprise" in Francia e "Ung Företagsamhet" in Svezia. Per tali iniziative potrebbe essere opportuno un finanziamento del Fondo sociale europeo.

3.3.5. Per quanto riguarda la lettera (g) (perseguire la valorizzazione dei vantaggi concorrenziali del mercato unico), il Comitato concorda con l'affermazione della Commissione secondo la quale il mercato unico dà alle imprese dell'Unione un vantaggio competitivo.

(a) La normalizzazione europea rappresenta un vero e proprio punto di forza. Il GSM ne è una dimostrazione.

(b) Uno statuto della società europea sarà accolto favorevolmente dalle società che operano in più paesi dell'Unione.

(c) Principi contabili concordati sarebbero di grande utilità. L'attività transfrontaliera di fusione ed acquisizione viene fortemente ostacolata dall'incertezza relativa al valore delle società oggetto d'interesse.

(d) Il coordinamento dei sistemi fiscali è un'arma a doppio taglio. Le aliquote generali d'imposta sulle imprese e sul lavoro variano molto. È possibile che l'armonizzazione faccia sì che in alcuni paesi le aliquote diventino più elevate, cosa che danneggerebbe la competitività delle imprese. Qualsiasi riforma deve essere attentamente esaminata sotto il profilo della competitività e dell'occupazione.

(e) L'adattamento del quadro normativo per la società dell'informazione potrebbe essere molto utile. Alcune questioni sono state analizzate nel libro verde sulla convergenza, pubblicato lo scorso anno(6). Il Consiglio ha chiesto alla Commissione di lavorare sulle condizioni quadro per la società dell'informazione, ed il Comitato attende con grande interesse di esaminare le proposte che ne scaturiranno.

(f) L'introduzione dell'euro comporta aspetti molto positivi, creando mercati mondiali dei capitali di grande ampiezza e con forte liquidità per azioni e obbligazioni. Occorre tuttavia creare condizioni quadro adeguate per garantire il buon funzionamento. Quando i tempi saranno maturi, la trasparenza della definizione dei prezzi in euro darà grande impulso alla competitività sul mercato interno.

(g) Ciononostante il Comitato ritiene che ci sia spazio per una maggiore integrazione a livello di istituzioni e di politica industriale in aree quali gli aiuti di stato alle attività di R& D ed appalti nel settore della difesa e delle infrastrutture.

3.3.6. La lettera (h) si riferisce alla concorrenza, ed il Comitato concorda con la Commissione nel sostenere che le imprese che si sviluppano in un ambiente fortemente competitivo nel loro mercato d'origine sono meglio attrezzate ad affrontare la globalizzazione. La comunicazione rileva che la definizione geografica del mercato può adesso essere globale, come dimostrano fusioni quali quelle tra la BP e la Amoco e tra la Daimler e la Chrysler. Tuttavia dovremmo tenere presente che la competitività molto spesso si fonda proprio su raggruppamenti geografici di imprese sostenuti dalle relative aziende dell'indotto. La politica della concorrenza dovrebbe pertanto cercare di incoraggiare e mantenere un ambiente fortemente competitivo per le imprese europee nel loro mercato di origine. Il Comitato appoggia l'affermazione della Commissione a proposito della posizione dominante. Le barriere all'ingresso devono essere evitate, tranne per il periodo necessario alla creazione ed al consolidamento di un nuovo prodotto o servizio. Occorre tuttavia tenere in debita considerazione le normative anti-trust e vigilare al massimo per tutelarsi nei confronti delle imprese che occupano sul mercato una posizione dominante.

3.3.7. Per quanto riguarda la lettera (n), cioè la responsabilizzazione delle imprese, il Comitato ritiene che debbano essere coinvolte non soltanto le imprese stesse ma anche le organizzazioni che rappresentano sia le grandi imprese sia le PMI. Esse dovrebbero pertanto cercare di stabilire rapporti con associazioni equivalenti a livello mondiale.

4. Conclusioni

4.1. Il Comitato accoglie con favore la comunicazione della Commissione. È totalmente d'accordo con l'analisi di cui al punto 3.3 e con molte delle azioni proposte.

4.2. La conclusione della comunicazione afferma

"Sotto la spinta della globalizzazione fanno la loro comparsa nuove forme di concorrenza, incentrate soprattutto sulla padronanza delle tecnologie e sull'accesso ai mercati mondiali, sulla rapidità di azione, sull'innovazione e sugli investimenti immateriali. L'Europa, rafforzata dall'introduzione dell'euro, deve trarre profitto dalle potenzialità di questi cambiamenti economici per liberare le proprie forze imprenditoriali e cercare una nuova dinamica dell'occupazione. Essa deve promuovere nelle istanze internazionali i suoi valori ed in particolare l'integrazione dei mercati, l'identità culturale e la protezione sociale."

4.3. Il Comitato viene invitato a partecipare al dibattito con la Commissione, il Consiglio, il Parlamento ed il Comitato delle regioni, durante il quale si studierà come raggiungere questi obiettivi. Per avviare il dibattito il Comitato pone le seguenti domande.

4.3.1. Se tutte le imprese con sede legale all'estero ma operanti in Europa vengono classificate come "europee", quali saranno le conseguenze per la politica industriale?

4.3.2. Fino a che punto il tardivo sviluppo del mercato dei capitali nell'Europa continentale frena ancora la partecipazione delle imprese europee ai mercati globali ed alle attività di M& A?

4.3.3. Come possono l'UE e gli Stati membri aiutare le imprese nazionalizzate ed ex nazionalizzate a partecipare alla razionalizzazione delle imprese europee per formare gruppi competitivi di dimensioni globali? Come si può attenuare l'impatto di tale ristrutturazione su tutte le parti coinvolte?

4.3.4. Può l'Europa sviluppare una forma di capitale di rischio compatibile con le norme dell'economia sociale di mercato?

4.3.5. Quali iniziative possono essere prese per sviluppare la domanda del mercato europeo per prodotti e servizi nel campo dell'alta tecnologia, in modo che alla spinta tecnologica corrisponda quella della domanda?

4.3.6. Che cosa dovrà fare l'UE per promuovere i propri valori, in particolare il modello sociale di mercato, nelle sedi internazionali? Quali sono le alternative in caso di insuccesso, anche parziale?

4.3.7. In sostanza, le azioni descritte nella Sezione III della comunicazione sono veramente sufficienti a facilitare la diffusione di una nuova cultura d'impresa, ad incoraggiare l'assunzione dei rischi ed a promuovere l'emergere di imprese innovative in grado di conquistare i mercati mondiali e pronte a farlo? È possibile adattare il contesto industriale e la cultura d'impresa, mantenendo la coesione economica e sociale? È in gioco la capacità dell'Europa di creare imprese che possano essere realmente competitive nel XXI secolo.

Bruxelles, 23 settembre 1999.

La Presidente

del Comitato economico e sociale

Beatrice RANGONI MACHIAVELLI

(1) Cfr. "Proposta di decisione del Consiglio recante misure di assistenza finanziaria a favore di piccole e medie imprese (PMI) innovatrici e creatrici di posti di lavoro - Iniziativa a favore della crescita e dell'occupazione", GU C 157 del 25.5.1998, pag. 65.

(2) Nasdaq: National Association of Securities Dealer Automated Quotations.

(3) Easdaq: European Association of Securities Dealers Automated Quotations.

(4) GU C 235 del 27.7.1998, pag. 13.

(5) GU C 355 del 21.11.1997, pag. 38.

(6) GU C 214 del 10.7.1998, pag. 79.

ALLEGATO

al parere del Comitato economico e sociale

I seguenti emendamenti, che hanno ricevuto più di un quarto dei voti espressi, sono stati respinti nel corso del dibattito.

Punto 3.2.3.3

Sopprimere le ultime due frasi e sostituirle con quanto segue:

"Soprattutto nel campo dei servizi personali ad alta intensità di manodopera esiste una forte domanda a cui corrisponde un elevato potenziale occupazionale."

Motivazione

L'"outsourcing" da solo non è più garanzia di qualità. Dato l'elevato numero di disoccupati non si possono trasferire posti di lavoro esistenti ma occorre trovare nuove possibilità di occupazione. È proprio anche nella capacità di coprire l'offerta di beni e servizi che si situa la forza economica, e quindi anche la competitività, di un paese.

Esito della votazione

Voti favorevoli: 61, voti contrari: 67, astensioni: 7.

Punto 3.3.2.3

Sopprimere.

Motivazione

Non ha senso dal punto di vista economico: si confondono dati microeconomici e macroeconomici.

Esito della votazione

Voti favorevoli: 64, voti contrari: 66, astensioni: 9.

Punto 3.3.4.2

Sopprimere.

Esito della votazione

Voti favorevoli: 58, voti contrari: 68, astensioni: 12.

I seguenti punti del parere della Sezione hanno ottenuto più di un quarto dei voti espressi, ma sono stati respinti a favore di emendamenti adottati dall'assemblea:

Punto 1.6

"La competitività esige che un'impresa sia in grado di apportare valore aggiunto ai fattori di produzione, per acquisire nuovi clienti su mercati aperti a prezzi che consentono di pagare le imposte, effettuare investimenti e creare valore per gli azionisti. In questo modo è possibile garantire gli interessi di tutte le parti coinvolte, nonché tutelare e sviluppare l'occupazione. Il governo ha il compito di garantire che l'ambiente legislativo sia favorevole e che le imposte sulle imprese e i prelievi diretti sulle retribuzioni non siano eccessivamente gravosi. Nell'UE, inoltre, i governi forniscono prestazioni di previdenza sociale intesi ad attenuare l'impatto sui dipendenti dei fallimenti aziendali in un ambiente competitivo e caratterizzato dalla globalizzazione."

Esito della votazione

Voti favorevoli: 79, voti contrari: 62, astensioni: 3.

Punto 2.2.4 - terzo trattino

"le imposte sulle piccole società dovrebbero essere ridotte e semplificate e le aliquote delle imposte direttamente prelevate dalla retribuzione dovrebbero essere riviste;"

Esito della votazione

Voti favorevoli: 69, voti contrari: 67, astensioni: 2.

Punto 2.2.4 - quinto trattino

"aliquote ridotte sulle tasse di successione (e sulle eredità) dovrebbero essere adeguate per consentire alle società o ai loro capitali di restare in seno alle famiglie;"

Esito della votazione

Voti favorevoli: 73, voti contrari: 66, astensioni: 3.

Punto 3.1.3

"La comunicazione non dice chiaramente come l'Europa dovrebbe competere, né come aspetti del modello USA possano essere adottati senza accettare la filosofia liberale sui quali essi si fondano. Negli USA è particolarmente facile creare nuove società. Esistono poche limitazioni sulle assunzioni, sull'orario di lavoro ecc. Una vera 'impresa' può essere costituita da un imprenditore e dal suo gruppo di dipendenti. Se una società fallisce, tutti coloro che sono coinvolti nel fallimento possono ricominciare. Il processo di 'scoperta' si estende quindi all'imprenditore che può continuare a provare, nonché ai dipendenti, che possono ricostituire l'azienda. Nell'UE occorre trovare un equilibrio tra la creazione della necessaria cultura d'impresa ed il mantenimento della coesione economica e sociale."

Esito della votazione

Voti favorevoli: 76, voti contrari: 62, astensioni: 4.

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