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Document 51998DC0544

    Comunicazione della Commissione sull'applicazione delle regole di concorrenza comunitarie alle restrizioni verticali - Seguito del Libro verde sulle restrizioni verticali

    /* COM/98/0544 def. */

    GU C 365 del 26.11.1998, p. 3 (ES, DA, DE, EL, EN, FR, IT, NL, PT, FI, SV)

    51998DC0544

    Comunicazione della Commissione sull'applicazione delle regole di concorrenza comunitarie alle restrizioni verticali - Seguito del Libro verde sulle restrizioni verticali /* COM/98/0544 def. */

    Gazzetta ufficiale n. C 365 del 26/11/1998 pag. 0003


    Comunicazione della Commissione sull'applicazione delle regole di concorrenza comunitarie alle restrizioni verticali (Seguito del Libro verde sulle restrizioni verticali) (98/C 365/03) (Testo rilevante ai fini del SEE)

    SEZIONE I - INTRODUZIONE

    1. Carenze della politica attuale

    La politica di concorrenza comunitaria in materia di restrizioni verticali risale a quasi quarant'anni fa. Quantunque essa abbia ottenuto risultati positivi, si impone oggi una revisione. I motivi sono stati ampiamente descritti nel Libro verde sulle restrizioni verticali (1), che individua varie carenze della politica attuale. Queste possono essere riassunte come segue.

    Im primo luogo, gli attuali regolamenti di esenzione per categoria si basano su criteri piuttosto rigorosi di natura prevalentemente formale; di conseguenza essi sono considerati troppo legalistici e costrittivi. Questa loro natura risulta problematica specie alla luce delle grandi novità verificatesi e che tuttora si manifestano in fatto di metodi di distribuzione. Per gli accordi verticali che, talvolta con difficoltà, ricadono effettivamente nell'ambito d'applicazione delle attuali esenzioni per categoria si crea un onere di conformità accompagnato da un grado indebito di incertezza giuridica. Imprese che non dispongono di un particolare potere di mercato sono assoggettate a vincoli non necessari e possono addirittura trovarsi nell'impossibilità di utilizzare le restrizioni verticali per migliorare la propria posizione concorrenziale.

    In secondo luogo, per gli accordi che rientrano nel campo d'applicazione delle esenzioni per categoria sussiste effettivamente il rischio che la Commissione conceda esenzioni ad accordi che falsano la concorrenza. Poiché i criteri su cui si basano le esenzioni per categoria riguardano la forma e non l'effetto, e poiché tali esenzioni non prevedono limiti in termini di quote di mercato, ne possono beneficiare anche imprese che dispongono di un effettivo potere di mercato. In questo quadro la sanzione costituita dal ritiro non è vista come un deterrente credibile perché questa produce effetti unicamente nel futuro. Le attuali esenzioni per categoria esentano, ad esempio, obblighi di non concorrenza fino al 100 % della quota di mercato anche se essi possono causare gravi effetti di preclusione del mercato e tradursi in prezzi superiori a quelli competitivi a scapito dei consumatori.

    In terzo luogo, poiché le esenzioni per categoria coprono unicamente accordi verticali che interessano la rivendita dei beni finali, e non dei beni intermedi o dei servizi (2), una percentuale significativa di tutti gli accordi verticali non rientra attualmente nel loro campo d'applicazione anche quando le parti interessate non detengono una posizione di potere di mercato. Ciò significa che si corre il rischio di sottoporre ad esame un numero di restrizioni verticali molto maggiore del necessario, con conseguenti incertezze sul piano del diritto e costi indebitamente elevati.

    2. Necessità di un'impostazione più improntata a criteri economici

    Per porre rimedio a queste tre carenze e tutelare più efficacemente la concorrenza, obiettivo primario della politica comunitaria in questo settore, è necessaria una valutazione nella quale prevalgano maggiormente le considerazioni di carattere economico. Tale valutazione dovrebbe essere effettuata tenendo conto degli effetti prodotti sul mercato dagli accordi verticali, i quali andrebbero analizzati nel loro contesto economico. Il controllo degli accordi verticali acquista importanza solo quando la concorrenza tra marche è debole e si rileva una posizione di potere sul mercato. Sarebbe così possibile limitare il ricorso a requisiti formali meno rigorosi, ridurre il numero di accordi rientranti nell'ambito di applicazione dell'articolo 85, paragrafo 1 e sottoporre a più attento controllo gli accordi fra imprese che detengono un rilevante potere di mercato. Questa impostazione può essere descritta nel modo seguente.

    >INIZIO DI UN GRAFICO>

    Potere di mercato

    Esame individuale

    Potere di mercato notevole

    Esenzione per categoria/regola de minimis

    >FINE DI UN GRAFICO>

    Ogni tipo di restrizione verticale

    I mercati sono per lo più molto competitivi e costituiti da imprese senza potere di mercato. Sarà pertanto relativamente esiguo il numero di casi per i quali si rende necessario un controllo, come specificato ai paragrafi seguenti. Questa valutazione è confermata da un'analisi dei recenti casi di concentrazione (3).

    >INIZIO DI UN GRAFICO>

    Numero di

    restrizioni

    verticali

    Esame individuale

    Esenzione per categoria/regola de minimis

    >FINE DI UN GRAFICO>

    Ogni tipo di restrizione verticale

    Nel riformare la politica comunitaria di concorrenza nel settore delle restrizioni verticali la Commissione persegue i seguenti obiettivi:

    - la tutela della concorrenza è l'obiettivo primario della politica comunitaria di concorrenza, in quanto favorisce i consumatori e determina un'efficace allocazione delle risorse;

    - l'integrazione dei mercati, in vista del processo di allargamento dell'Unione, rimane un importante obiettivo nella valutazione dei problemi attinenti alla concorrenza.

    Vanno poi tenuti presenti gli effetti sul grado complessivo di certezza giuridica per le imprese, i costi di adeguamento a carico delle imprese e delle autorità di vigilanza e la possibilità di una maggiore decentralizzazione.

    La proposta formulata nella presente comunicazione si basa su un'impostazione in cui abbiano maggior rilievo le considerazioni di ordine economico. Ciò e necessario, come già chiarito, per ovviare alle carenze dell'attuale politica. È necessario creare una «zona di sicurezza» per le situazioni nelle quali non esiste un significativo potere di mercato, che permetta una presunzione di legittimità per tutte le restrizioni verticali che probabilmente non produrranno effetti negativi. Le restrizioni verticali che non rientrano in tale «zona di sicurezza» non vengono considerate illegali a priori, ma possono essere oggetto di un esame individuale. Nel procedere a tale esame, la Commissione avrà l'onere di dimostrare che l'accordo in questione viola il disposto dell'articolo 85, paragrafo 1 e dovrà valutare se rispetta o meno le condizioni del paragrafo 3 di detto articolo.

    La «zona di sicurezza» proposta consiste di un unico regolamento di esenzione generale per categoria che coprirebbe tutte le restrizioni verticali per la distribuzione di beni e servizi (4); per distinguere tra gli accordi soggetti o non soggetti a questo regolamento verrebbero utilizzate soglie definite in termini di quota di mercato. Poiché si basa principalmente su di una lista di «clausole negative», che cioè definisce gli accordi non oggetto di esenzione anziché definire gli accordi oggetto di esenzione, questa proposta evita gli effetti costrittivi e facilita la semplificazione della normativa applicabile. Con questa politica, la grande maggioranza degli accordi verticali, in relazione ai quali non sono prevedibili effetti negativi netti di portata significativa, non richiederanno più un esame individuale. La Commissione e le autorità nazionali di vigilanza potranno così concentrare la propria attenzione sui casi importanti. Vengono trattate in maniera simile le diverse forme di accordi verticali che hanno effetti simili, impedendo differenziazioni ingiustificate di trattamento tra forme o settori ed evitando distorsioni nella scelta della formula distributiva fatta dalle imprese. Il regolamento di esenzione per categoria sarà accompagnato da linee direttrici volte a precisare la politica seguita dalla Commissione in materia di valutazioni individuali al di sopra delle soglie di quota di mercato e di possibile ritiro dell'esenzione per categoria al di sotto di tali soglie.

    3. Struttura della presente comunicazione

    La struttura della presente comunicazione è la seguente:

    - la sezione II riassume i commenti sul Libro verde ricevuti dalla Commissione;

    - la sezione III fornisce una valutazione economica delle restrizioni verticali e dei loro effetti;

    - la sezione IV esamina i problemi relativi alle soglie in termini di quota di mercato e alla certezza giuridica;

    - la sezione V descrive la nuova politica proposta;

    - la sezione VI descrive le procedure da seguire per la sua adozione.

    SEZIONE II - RIASSUNTO DELLE REAZIONI AL LIBRO VERDE

    1. Commenti scritti al Libro verde

    La consultazione promossa dal Libro verde ha dato luogo a 227 contributi scritti. Una larga maggioranza (64 %) di questi è stata inviata da imprese o associazioni in rappresentanza di imprese; solo sei da organizzazioni dei consumatori. Tra le imprese e associazioni di imprese che hanno presentato le proprie osservazioni, una forte percentuale (31 %) è rappresentata dai settori della birra e della benzina. La preoccupazione principale è rappresentata dalla certezza giuridica (37 % di tutti i contributi). Solo 41 contributi (18 %), provenienti soprattutto da accademici e autorità nazionali, hanno sottolineato primariamente le esigenze di tutela della concorrenza.

    La maggior parte dei contributi ritiene troppo legalistico il sistema attuale e si pronuncia a favore di un'impostazione maggiormente improntata a criteri di carattere economico. È infatti ritenuto più indicato per un settore dinamico come la distribuzione un metodo che prenda in considerazione gli effetti economici anziché le clausole. Il sistema attuale tende a produrre effetti negativi sull'evoluzione della distribuzione, ostacolando l'introduzione di formule di distribuzione nuove e innovative che potrebbero tradursi in un grado di efficienza molto più elevato. Tra coloro che hanno formulato osservazioni su questo problema il 95 % si è dichiarato a favore di un'impostazione in cui abbiano maggior peso le considerazioni economiche, mentre il 97 % ritiene che il sistema attuale abbia un'impronta troppo costrittiva. Tra i contributi riguardanti gli effetti sulla concorrenza delle restrizioni verticali, il 42 % ritiene che queste ultime abbiano un effetto soprattutto positivo sulla concorrenza, mentre il 50 % ritiene che gli effetti siano tanto positivi quanto negativi. Tra gli effetti negativi possibili sono stati menzionati la preclusione dei mercati e l'indebolimento della concorrenza; il primo di questi è visto come il problema principale.

    Quantunque si concordi generalmente sulla necessità di un'impostazione più improntata a criteri di ordine economico, non vi è unanimità circa le modalità di attuazione di un tale approccio. Quasi la metà 41 % di coloro che hanno formulato osservazioni sul criterio rappresentato dalle quote di mercato ritengono che queste costituiscano un indicatore affidabile del potere di mercato. La maggioranza dei contributi ha sottolineato però le difficoltà insite nella definizione dei mercati e nella valutazione delle quote, difficoltà che potrebbero essere origine di notevoli incertezze sul piano del diritto; la maggioranza dei contributi pertanto non si dichiara propensa all'imposizione di un massimale per tali quote. Malgrado questa assenza di consenso iniziale si può osservare che, con il procedere della consultazione, è aumentato il consenso sul ricorso ad un criterio rappresentato dalla quota di mercato, ma alcune imprese hanno richiesto alla Commissione di adottare misure di accompagnamento sufficienti per poter accertare detta quota di mercato.

    Nel Libro verde sono proposte 5 opzioni:

    1. opzione I: mantenimento dell'attuale sistema;

    2. opzione II: estensione delle esenzioni per categoria, senza limitazione della quota di mercato;

    3. opzione III: esenzioni per categoria più mirate, con limitazione della quota di mercato al [40 %];

    4. opzione IV-I: presunzione di attestazione negativa fino al [20 %] e, ad un livello superiore, esenzioni per categoria di portata più ampia, senza limitazione della quota di mercato;

    5. opzione IV-II: presunzione di attestazione negativa fino al [20 %] e, ad un livello più elevato, esenzioni per categoria di portata più ampia, con limitazione della quota di mercato al [40 %].

    Nel Libro verde si dichiara esplicitamente che l'elenco di opzioni presentato non è esauriente. Non sorprende pertanto che da varie parti interessate (5) siano state proposte altre tre opzioni, ossia:

    6. un'esenzione per categoria onnicomprensiva: un'esenzione per categoria di ampia portata basata sulla redazione di una «lista nera» e senza quote di mercato;

    7. linee direttrici: nessuna esenzione per categoria, ma solo linee direttrici che specifichino le eventuali modalità di applicazione dell'articolo 85 ai casi individuali;

    8. un sistema di controllo degli abusi: tutte le restrizioni verticali si presumerebbero a priori legittime, ma la Commissione avrebbe la facoltà di sospendere la presunzione positiva, con effetto solo per il futuro.

    La tabella seguente contiene una ripartizione statistica dei consensi espressi in merito alle varie opzioni di cui sopra:

    >SPAZIO PER TABELLA>

    2. Audizione pubblica

    Il 6 e 7 ottobre 1997 la Commissione ha organizzato un'audizione pubblica sul Libro verde per l'industria e le altri parti interessate. Sono state invitate le imprese, le associazioni, gli studi legali, le associazioni dei consumatori, ecc., che avevano presentato osservazioni scritte. Hanno inoltre partecipato osservatori provenienti dalla maggior parte degli Stati membri, nonché dall'Autorità di vigilanza EFTA, dalla Norvegia, dall'Islanda e da un numero considerevole di paesi dell'Europa centrale ed orientale.

    Si è ampiamente convenuto sul fatto che il potere di mercato e la riduzione della concorrenza fra marche rientrano fra i casi in cui le restrizioni verticali possono avere effetti negativi. Analogamente si è convenuto sull'opportunità di un'impostazione maggiormente basata su considerazioni economiche per sfuggire all'attuale inquadramento troppo legalistico e costrittivo. Secondo la maggior parte degli interventi, inoltre, vi è un legame tra potere di mercato e quota di mercato, quantunque sia stato sottolineato che i due termini non sono sinonimi.

    Dato che l'applicazione del criterio della quota di mercato si tradurrebbe in una maggiore incertezza giuridica per coloro che beneficiano dei vigenti regolamenti di esenzione per categoria, una larga maggioranza si è pronunciata contro l'ipotesi di introdurre un tale criterio per limitare l'applicabilità delle esenzioni per categoria. Una minoranza di contributi ha sottolineato che l'applicazione di tale criterio è del tutto fattibile e che esso rappresenta il miglior indicatore attualmente disponibile del potere di mercato. Non sono state offerte alternative.

    Sulla questione delle restrizioni verticali che per la loro stessa natura dovrebbero restare oggetto di divieto, si è convenuto che l'imposizione del prezzo di rivendita e la protezione territoriale assoluta non debbano fruire di esenzioni per categoria e che nella maggior parte dei casi non dovrebbero neanche poter ottenere un'esenzione individuale; si è però anche sostenuto che l'esenzione individuale non dovrebbe essere completamente esclusa. Nel corso dell'audizione ha trovato favore l'ipotesi di consentire l'imposizione di un autentico prezzo massimo di rivendita, pur ammettendo che è difficile identificare che cosa sia un vero prezzo massimo.

    Sulla tesi secondo la quale le restrizioni verticali potrebbero contribuire a risolvere i problemi di «free riding», vale a dire consentire a chi intraprende una determinata iniziativa di appropriarsene tutti i benefici, le opinioni risultano divise. Nel corso dell'audizione alcuni hanno sostenuto che questi problemi si verificano molto spesso e sono causati soprattutto dalle attività dei dettaglianti esterni alla rete ufficiale di distribuzione. È questa l'opinione sostenuta fra l'altro da rappresentanti dei settori automobilistico, dei profumi, della benzina, dell'elettronica di consumo e dei giocattoli, che favoriscono interventi atti a chiudere le «brecce» del sistema, compresa la possibilità di vietare le importazioni parallele. Non è però chiaro se al centro del problema vi siano effettivamente problemi di «free riding», se cioè i dettaglianti esterni traggano davvero vantaggio dagli investimenti effettuati dalla rete, o se in realtà non si tratti invece di un tentativo di escludere certi dettaglianti per ridurre la concorrenza e aumentare i prezzi. Quest'ultima tesi è stata citata da vari partecipanti, tra cui distributori e grandi dettaglianti, che hanno sottolineato l'importanza vitale rivestita dalle importazioni parallele nel consentire loro di avvantaggiarsi delle differenze di prezzo fra Stati membri.

    Si è ammesso che per realizzare un'impostazione in cui prevalgono maggiormente le considerazioni di ordine economico va trovato un compromesso tra tale impostazione e il requisito della certezza giuridica. Vari partecipanti hanno sostenuto che gli accordi verticali sono in maggioranza innocui o addirittura positivi sotto il profilo della concorrenza e favoriscono pertanto o l'opzione II (estensione delle esenzioni per categoria), o l'opzione IV-I (idem, oltre ad una presunzione di attestazione negativa), o un'unica esenzione per categoria molto estesa, di preferenza accompagnata unicamente da «clausole negative». Alcuni si sono pronunciati per una politica che utilizzi le soglie della quota di mercato, come nell'opzione IV-II (esenzioni per categoria con limitazione della quota di mercato), o per l'applicazione di un criterio di preclusione basato sulle quote di mercato.

    È stato sottolineato che, qualora venga introdotto un tale criterio, la Commissione dovrebbe offrire il massimo numero di misure d'accompagnamento per tutelare la certezza giuridica. Si è ricordato in particolare che la Commissione dovrebbe 1. fornire linee direttrici sull'applicazione delle regole al di sopra delle soglie di quota di mercato, 2. risolvere il problema della nullità automatica ai sensi dell'articolo 85, paragrafo 2 nei casi in cui l'impresa non abbia effettuato la notifica per aver valutato in maniera errata la propria quota di mercato, 3. eventualmente introdurre una procedura di non opposizione e 4. ridurre l'onere della notifica.

    3. Pareri delle istituzioni comunitarie e degli Stati membri

    Parlamento europeo

    Nella sua risoluzione del 18 luglio 1997 il Parlamento europeo osserva che, a parte il caso della comunicazione «de minimis», le imprese si oppongono ad un'impostazione basata sulla quota di mercato e che questa non costituisce sempre l'indicatore più efficiente della supremazia sul mercato. Il Parlamento invita pertanto la Commissione ad esaminare la possibilità di utilizzare altri parametri, sottolineando la necessità di garantire la certezza giuridica per le PMI così da porre le catene volontarie di dettaglianti su piede di parità con i grandi gruppi integrati, particolarmente in termini di fissazione comune dei prezzi. Il Parlamento invita inoltre la Commissione a valutare se sia necessario elaborare un regolamento di esenzione per categoria per la distribuzione selettiva e a prestare attenzione agli speciali vantaggi commerciali o finanziari insiti negli accordi di fornitura di birra e in quelli relativi ai distributori di benzina.

    Il Parlamento esprime una preferenza per un sistema in cui gli accordi verticali di imprese che detengono una quota di mercato inferiore al 10 % siano esclusi dall'ambito d'applicazione dell'articolo 85, paragrafo 1. Al di sopra di questa soglia le esenzioni per categoria dovrebbero permettere una maggiore flessibilità senza disturbare l'equilibrio tra le parti contraenti. Al di sopra di una certa quota di mercato dovrebbe essere facile ritirare il beneficio dell'esenzione per categoria. Solo se non risultasse facile una tale procedura di ritiro la Commissione dovrebbe esaminare l'ipotesi di creare esenzioni per categoria non applicabili al di sopra di una certa soglia, e anche in tal caso solo per le imprese caratterizzate da un fatturato rilevante.

    Comitato economico e sociale

    Nel suo parere del 4 giugno 1997 il Comitato economico e sociale riconosce che gli attuali regolamenti in materia di esenzione per categoria sono troppo rigidi e spesso di difficile interpretazione. Andrebbero sottolineate l'importanza della struttura del mercato nel valutare gli effetti delle restrizioni verticali e la necessità di concentrare la propria attenzione sull'impatto a livello di mercato anziché sul contenuto formale degli accordi. Il Comitato è a favore di un'estensione delle esenzioni per categoria da applicarsi ai collegamenti, a monte nella catena di approvvigionamento, tra produttori e fornitori dei necessari input. Tanto più estesa sarà la copertura delle esenzioni per categoria, tanto minore risulterà la necessità di notificare individualmente gli accordi verticali. Il Comitato vedrebbe inoltre con favore l'introduzione di una procedura di non opposizione.

    Pur non avversando l'opzione II (estensione delle esenzioni per categoria senza limitazione della quota di mercato) il Comitato esprime una forte preferenza per l'opzione IV, variante I (opzione II con presunzione di attestazione negativa fino al [20 %]), esprimendo invece riserve circa l'opzione IV, variante II (opzione IV-I con limitazione della quota di mercato al [40 %]). Tuttavia, se la Commissione potesse introdurre l'opzione IV, variante I, accompagnata da esenzioni per categoria di portata estremamente ampia, il Comitato potrebbe ritenere giustificata l'istituzione di un meccanismo procedurale destinato a controllare gli accordi di distribuzione verticale con elevate quote di mercato.

    Comitato delle Regioni

    Nel suo parere del 12 giugno 1997 il Comitato delle Regioni ritiene che, data la natura complessa e multiforme della problematica delle restrizioni verticali, sia difficile trovare un' unica opzione che non sia considerata molto discutibile dall'uno o dall'altro settore. Quale che sia l'opzione scelta, è necessario salvaguardare accordi come quelli per la birra. Nel valutare i benefici arrecati al consumatore si dovrebbero prendere in considerazione pareri diversi da quelli di fabbricanti e distributori. In relazione alle opzioni III e IV, l'introduzione di soglie collegate alle quote di mercato ha senso solo se queste sono calcolate in relazione al mercato comunitario nel suo complesso. Il Comitato ritiene che, in ultima analisi, vada scelta l'opzione I.

    Stati membri

    Tutti i quindici Stati membri meno uno hanno presentato contributi scritti sul Libro verde. Molti di questi costituiscono osservazioni preliminari e non emerge un accordo chiaro sull'impostazione da seguire in futuro in questo settore. Per quanto riguarda le opzioni enunciate nel Libro Verde, nessun paese ha espresso una preferenza per le opzioni I o III, quattro hanno dichiarato preferibile l'opzione II, tre l'opzione IV, variante I e due l'opzione IV, variante II. I restanti cinque paesi hanno presentato altre opzioni da loro elaborate autonomamente. Queste possono essere riassunte come segue:

    1. Un regolamento di attestazione negativa il quale preveda che quasi tutte le restrizioni verticali siano considerate a priori legittime a prescindere dalla quota di mercato, e che la Commissione, le autorità nazionali e i giudici nazionali abbiano il potere di dichiarare inapplicabile il regolamento, con effetto retroattivo, qualora non sussista una concorrenza effettiva o si riscontrino rilevanti ostacoli per l'accesso ai mercati.

    2. Un'unica esenzione per categoria per tutti gli accordi verticali, con una soglia del [25 %]. Al di sopra di questa quota di mercato gli accordi sarebbero coperti dal sistema di esenzione individuale. Al di sotto della soglia la Commissione avrebbe poteri di ritiro per i casi problematici.

    3. Un regolamento di attestazione negativa con due soglie in termini di quota di mercato. La prima soglia (25-40 %) dovrebbe corrispondere alla quota di mercato al di sopra della quale è presumibile che un'impresa detenga un rilevante potere di mercato. La seconda (60-80 %) dovrebbe corrispondere al limite di ammissibilità di restrizioni messe in atto da imprese con una quota di mercato pari almeno al 10-15 %, in caso di effetto cumulativo esercitato da reti di accordi paralleli.

    4. Un'unica esenzione per categoria con divieto di «clausole negative». L'esenzione si applicherebbe a prescindere dalla quota di mercato. La Commissione potrebbe chiedere notifiche individuali. L'esenzione per categoria conferirebbe validità provvisoria agli accordi verticali, che potrebbe essere ritirata solo con effetto futuro.

    5. Esenzioni per categoria più flessibili e di più ampia portata, la cui applicazione sarebbe controllata a posteriori dalle autorità nazionali di vigilanza.

    Il primo elemento di consenso generale tra gli Stati membri si riferisce alla necessità di modificare l'attuale politica della Commissione in materia di restrizioni verticali. Si ammette che l'adozione di un'impostazione maggiormente improntata a criteri di ordine economico si tradurrebbe necessariamente in una minore certezza giuridica per le imprese con potere di mercato che attualmente beneficiano dei regolamenti di esenzione per categoria in vigore. Il secondo elemento è ricollegabile ai più recenti studi economici, secondo i quali le restrizioni verticali dovrebbero essere considerate un pericolo per la concorrenza solo se connesse ad un certo grado di potere di mercato. Il terzo elemento di consenso si riferisce alla necessità di continuare a ritenere importante l'obiettivo di integrazione dei mercati in sede di valutazione delle restrizioni verticali, particolarmente alla luce degli ampliamenti futuri dell'Unione.

    Da questi elementi di consenso sembrano derivare due tendenze di pensiero. La prima tende semplicemente a promuovere una certa flessibilità all'interno del sistema esistente, riducendo l'impostazione regolamentare delle attuali disposizioni in materia di esenzioni per categoria. Una seconda impostazione riconosce la necessità di effettuare un vero cambiamento di politica ed è caratterizzata da due ipotesi fondamentali. La prima si fonda sul mantenimento in vigore dell'attuale sistema di divieti dell'articolo 85, che potrebbe essere adattato introducendo soglie espresse in termini di quote di mercato; queste permetterebbero di determinare, sulla base del livello di potere di mercato, sia l'assenza di giustificazioni per l'applicazione dell'articolo 85, paragrafo 1, sia il campo d'applicazione di un'unica esenzione onnicomprensiva per categoria che copra tutte le restrizioni verticali. La seconda ipotesi si basa sul passaggio da un sistema di divieti ad un sistema basato sul controllo degli abusi, che applicherebbe pertanto a quasi tutte le restrizioni verticali una presunzione a priori di compatibilità con l'articolo 85, paragrafo 1, lasciando alla Commissione la possibilità di ritirare tale presunzione positiva unicamente con effetto per il futuro.

    Nel corso della consultazione, le opinioni espresse dagli Stati membri in merito al Libro Verde si sono modificate ed è stato registrato un maggior consenso sulla politica proposta e illustrata nella presente comunicazione, ossia un regolamento di esenzione per categoria di ampia portata, limitato da una o due soglie espresse in termini di quote di mercato.

    SEZIONE III - ANALISI ECONOMICA DELLE RESTRIZIONI VERTICALI

    1. Restrizioni verticali e potere di mercato

    Come indicato nell'introduzione, gli economisti affermano che le restrizioni verticali pongono problemi sotto il profilo della concorrenza solo quando la concorrenza tra marchi è insufficiente, ovvero quando esiste un certo potere di mercato. Quanto più è viva la concorrenza tra marche, tanto più è forte la probabilità che le restrizioni verticali non abbiano alcun effetto negativo o quanto meno un effetto netto positivo. Viceversa, quanto è più debole la concorrenza tra marche, tanto più è probabile che esse abbiano un effetto netto negativo. Se ne deduce che una medesima restrizione verticale può produrre effetti diversi a seconda della struttura del mercato considerato e del potere di mercato detenuto dall'impresa che applica la predetta restrizione.

    Gli economisti definiscono in linea di massima il potere di mercato come la capacità di praticare prezzi superiori al livello competitivo (a breve termine costo marginale, a lungo termine costo totale medio). In altri termini un'impresa ha potere di mercato se può esercitare un'influenza considerevole sui propri prezzi di vendita, tramite la modulazione della produzione, e realizzare un utile eccezionale, quanto meno a breve termine, praticando prezzi superiori a quelli applicati in regime di concorrenza. La maggior parte degli economisti sarebbero concordi nell'ammettere che esiste un potere di mercato al di sotto del livello di posizione dominante definito nella giurisprudenza della Corte di giustizia. Tale è il punto di vista espresso anche nel Libro verde (6), ove si argomenta che le restrizioni verticali possono nuocere alla concorrenza anche quando le imprese interessate non sono in posizione dominante e quindi che l'articolo 86 e le norme sul controllo delle concentrazioni sono pertanto insufficienti. L'articolo 85 deve essere applicato alle restrizioni verticali, in particolare in mercati oligopolistici nei quali nessuna singola impresa detiene una posizione dominante.

    Vi è inoltre accordo in linea di massima sul fatto che le restrizioni verticali sono in media meno pregiudizievoli per la concorrenza rispetto alle restrizioni orizzontali. La ragione principale per cui le restrizioni verticali possono essere trattate con maggiore indulgenza delle restrizioni orizzontali risiede nel fatto che queste ultime consistono in accordi conclusi tra concorrenti che producono prodotti fungibili o forniscono servizi intercambiabili, mentre le restrizioni verticali sono il risultato di accordi tra un fornitore ed un acquirente di un determinato prodotto o servizio. Sul piano orizzontale, l'esercizio di un potere di mercato da parte di un'impresa (vendita del suo prodotto ad un prezzo più elevato) va a vantaggio dei suoi concorrenti, il che potrebbe spingere le imprese in concorrenza ad incoraggiarsi reciprocamente a comportarsi in modo anticoncorrenziale. Negli accordi verticali l'output dell'una costituisce l'input dell'altra. Ciò significa che l'esercizio di un potere di mercato da parte dell'impresa a monte, o da parte dell'impresa a valle, è normalmente pregiudizievole per la domanda del prodotto dell'altra. Le imprese partecipanti all'accordo hanno pertanto buoni motivi per impedirsi reciprocamente diesercitare un potere di mercato (il potere di autodisciplina delle restrizioni verticali).

    Tuttavia questo fattore di autodisciplina non deve essere sopravvalutato. Un'impresa che non dispone di alcun potere di mercato può aumentare gli utili solo ottimizzando i propri processi di fabbricazione e di distribuzione, con o senza l'ausilio di restrizioni verticali. Per contro, un'impresa che beneficia di un potere di mercato può anche tentare di accrescere i propri utili a spese dei concorrenti diretti, aumentando i loro costi, nonché a detrimento dei clienti/dei consumatori, appropriandosi di una parte della loro rendita. Una situazione simile può verificarsi quando l'impresa a monte e l'impresa a valle si suddividono gli utili supplementari o quando l'una delle due impone la restrizione verticale ed in tal modo si appropria di tutti gli utili supplementari.

    2. Gli effetti negativi

    2.1. Restrizioni verticali di tipo individuale

    Gli effetti negativi sul mercato che possono derivare da accordi verticali anticoncorrenziali e che il diritto comunitario in materia è volto ad evitare sono i seguenti:

    - preclusione del mercato, sia nei confronti di altri fornitori che di altri acquirenti;

    - deterioramento delle condizioni offerte ai consumatori, sia per quanto riguarda i prezzi che per le altre condizioni, per una singola marca (riduzione della concorrenza all'interno della marca) o per marche diverse (riduzione della concorrenza tra marche);

    - collusione tra fornitori o acquirenti favorita dalle restrizioni verticali;

    - creazione di ostacoli all'integrazione dei mercati, tra cui, in primo luogo, limitazioni alla libertà dei consumatori europei di acquistare beni o servizi nello Stato membro di propria scelta.

    Tali effetti negativi possono essere determinati da restrizioni verticali di vario tipo. È necessario considerare con la massima attenzione il fatto che esistono accordi che possono avere una forma diversa ma produrre i medesimi effetti negativi per la concorrenza. Per poter analizzare gli eventuali effetti negativi, occorre distinguere quattro categorie di restrizioni verticali: la distribuzione esclusiva, l'esclusiva di marchio, l'imposizione di prezzi di rivendita e la compartimentazione dei mercati. Le restrizioni verticali in ciascuna di queste categorie sembrano produrre effetti analoghi sulla concorrenza.

    Prima di descrivere le quattro categorie di restrizioni, è necessario sottolineare alcuni aspetti di carattere generale. In primo luogo, l'analisi è applicabile sia ai beni (merci) che ai servizi, per quanto talune restrizioni si pratichino soprattutto nella distribuzione dei beni. Per questo motivo, nell'insieme della presente comunicazione il termine «beni» designa sia le merci che i servizi, salvo indicazione contraria. In secondo luogo, gli accordi verticali possono avere per oggetto beni e servizi intermedi o finali. Salvo precisazione contraria, l'analisi e le argomentazioni elaborate in questa sede si applicano a tutti gli stadi del commercio e si utilizzano genericamente i termini di «fornitore» e «acquirente». Quando è in discussione soltanto uno stadio specifico, se ne fa menzione. In terzo luogo, la classificazione si basa su quelli che potremmo definire gli elementi fondamentali delle restrizioni verticali. In pratica molti accordi verticali utilizzano più di uno di questi elementi. Ad esempio, la distribuzione esclusiva solitamente limita il numero di acquirenti ai quali il fornitore può vendere e spesso riduce nel contempo il campo di attività degli acquirenti. Il primo elemento può dar luogo ad una preclusione del mercato che esclude gli altri acquirenti, mentre il secondo può determinare una compartimentazione del mercato.

    Accordi di distribuzione esclusiva

    La categoria degli accordi di distribuzione esclusiva raggruppa gli accordi o le clausole la cui caratteristica principale è il fatto che il produttore vende ad un solo acquirente o ad un numero limitato di acquirenti. La finalità può essere quella di restringere il numero di acquirenti su un dato territorio o per una determinata categoria di clienti o di limitare il tipo di acquirenti. Questa categoria di accordi comprende tra l'altro la distribuzione esclusiva e l'attribuzione esclusiva dei clienti poiché il fornitore limita le proprie vendite ad un unico acquirente per un determinato territorio o classe di clienti. Esso include inoltre la fornitura esclusiva e una pressione sui quantitativi forniti, quando esiste un obbligo di fornitura o un programma di incentivazione concordato tra fornitore e acquirente in base al quale il primo è obbligato a vendere solo su un determinato mercato o principalmente ad un unico acquirente. Il gruppo comprende infine anche la distribuzione selettiva, nell'ambito della quale le condizioni imposte o pattuite con i distributori selezionati ne possono limitare il numero.

    Gli effetti sulla concorrenza sono principalmente di due ordini: 1. taluni acquirenti del mercato in oggetto non possono più approvvigionarsi presso un certo fornitore; in altri termini, in particolare in caso di fornitura esclusiva, viene precluso l'accesso al mercato; 2. per quanto concerne la distribuzione di beni finali, la concorrenza all'interno della marca diminuisce, giacché il prodotto in oggetto viene offerto da un numero minore di distributori. In caso di ampi territori esclusivi o di ripartizione degli acquirenti, ne può risultare un'eliminazione totale della concorrenza all'interno della marca. Inoltre, quando gli accordi di distribuzione selettiva sono utilizzati in modo rigoroso, affinché solo un numero limitato di punti vendita possano vendere il prodotto in oggetto, ne risulta, tra l'altro, un indebolimento della concorrenza tra punti vendita e della concorrenza tra marche. Inoltre, la distribuzione selettiva prevede una limitazione della rivendita poiché i distributori autorizzati possono vendere solo ai consumatori finali e ad altri distributori autorizzati.

    Esclusiva di marchio

    La denominazione «esclusiva di marchio» raggruppa gli accordi/le clausole la cui principale caratteristica è che l'acquirente è indotto a concentrare gli ordini di un particolare tipo di bene presso un unico fornitore. Questa categoria comprende, tra l'altro, gli obblighi di non concorrenza e una pressione sui quantitativi assorbiti dall'acquirente, nel caso in cui un sistema di obblighi o incentivi pattuito tra fornitore e acquirente induca quest'ultimo ad acquistare il suo fabbisogno di un determinato bene o servizio e dei suoi possibili sostituti unicamente o principalmente presso un unico fornitore.

    Vi sono due effetti principali sulla concorrenza: 1. gli altri fornitori di tale mercato non possono vendere a determinati acquirenti, il che si traduce nell'esclusione dei fornitori concorrenti, e 2. per quanto riguarda la distribuzione di beni finali, i singoli dettaglianti venderanno un'unica marca, pertanto non vi sarà alcuna concorrenza tra marche all'interno dei loro punti vendita. Entrambi gli effetti potrebbero dare luogo ad una riduzione della concorrenza tra marche.

    La riduzione della concorrenza tra marche può essere mitigata da una più forte concorrenza ex-ante tra fornitori per l'ottenimento dei contratti di esclusiva di marchio, ma quanto più lunga è la durata dei contratti, tanto più è probabile che questo effetto non sia tale da compensare la mancanza di concorrenza tra marche.

    Imposizione di prezzi di rivendita

    La categoria comprende gli accordi o le clausole la cui principale caratteristica consiste nel fatto che l'acquirente è obbligato o indotto a rivendere non al di sotto di un determinato prezzo, ad un determinato prezzo o non al di sopra di un determinato prezzo. Questa categoria include i prezzi di rivendita minimi, fissi, massimi e raccomandati. I prezzi di rivendita massimi o raccomandati non dovrebbero in teoria avere effetti negativi, ma potrebbero di fatto essere applicati come prezzi di rivendita imposti. Poiché i vincoli riguardano il prezzo di rivendita, questa categoria di restrizioni e ovviamente rilevante soprattutto per la distribuzione di prodotti finali.

    I principali effetti sulla concorrenza dell'imposizione di prezzi di rivendita minimi o fissi sono due: 1. i distributori non possono più farsi concorrenza sui prezzi per tale marca e vi è pertanto eliminazione completa della concorrenza sui prezzi all'interno della marca e 2. vi è una maggiore trasparenza dei prezzi e della responsabilità per le variazioni dei prezzi, fattore che facilita la collusione orizzontale tra produttori o distributori, quanto meno nei mercati con elevato grado di concentrazione. Giacché la pressione al ribasso sul prezzo del singolo bene diminuisce, la riduzione della concorrenza all'interno della marca potrebbe provocare indirettamente una riduzione della concorrenza tra marche.

    Compartimentazione dei mercati

    Il termine compartimentazione dei mercati comprende gli accordi o le clausole la cui principale caratteristica consiste nel fatto di limitare le possibilità di approvvigionamento o di rivendita di un acquirente o le possibilità di vendita di un fornitore. Questa categoria comprende l'acquisto esclusivo, in cui un obbligo o un sistema di incentivi pattuiti tra il fornitore e l'acquirente induce quest'ultimo ad acquistare il suo fabbisogno di determinati beni o servizi esclusivamente dal fornitore, consentendogli tuttavia di acquistare e rivendere liberamente beni o servizi concorrenti. La categoria comprende inoltre le restrizioni territoriali sulle vendite, le restrizioni sulle vendite a certe categorie di clienti, le restrizioni alle vendite sul mercato a valle dell'acquirente, i divieti di rivendita e le vendite abbinate.

    L'effetto principale sulla concorrenza è una riduzione della concorrenza all'interno del marchio che potrebbe aiutare il fornitore o l'acquirente (in caso di restrizioni alle vendite sul mercato a valle dell'acquirente stesso) a compartimentare il mercato e pertanto ad ostacolarne l'integrazione, agevolando la differenziazione dei prezzi. Le vendite abbinate meritano qualche considerazione specifica. La conseguenza principale è infatti quella che l'acquirente potrebbe dover pagare, per il bene oggetto di vendita abbinata, un prezzo più elevato di quello che pagherebbe presso un altro fornitore; può tuttavia derivarne anche l'esclusione degli altri fornitori dal mercato ed una diminuzione della concorrenza tra marchi sul mercato del bene considerato.

    2.2. Combinazioni di restrizioni verticali

    La questione successiva consiste nel determinare se la combinazione di diverse restrizioni verticali aggravi gli effetti negativi. Nel Libro verde viene dato un certo rilievo alla tesi che talune combinazioni di restrizioni verticali siano più vantaggiose per la concorrenza rispetto al ricorso isolato a ciascuna di esse (7). Per quanto ciò possa essere talora vero, non si tratta di una regola generale; pare al contrario che solitamente una combinazione di restrizioni verticali aggravi i potenziali effetti negativi.

    A titolo di esempio, combinando la categoria «esclusiva di marchio» con la categoria «distribuzione esclusiva», la riduzione della concorrenza tra marche si aggiunge alla diminuzione della concorrenza all'interno dei marchi. Nel caso dei beni finali, si crea un mercato dominato da monopoli di marchi locali senza concorrenza all'interno di un medesimo punto vendita. Inoltre alla chiusura dei mercati al livello della produzione si aggiunge la chiusura dei mercati allo stadio della vendita al dettaglio, cosicché non soltanto un produttore può avere difficoltà a vendere una nuova marca, dato che i punti vendita sono vincolati a un unico marchio, ma gli stessi nuovi operatori allo stadio della vendita al dettaglio possono incontrare ostacoli nel procurarsi alcune delle marche di primo piano sul mercato. Ne risulta una situazione nella quale può essere difficile trovare punti vendita per smerciare i propri prodotti e non redditizio aprire nuovi punti vendita.

    Un altro esempio è la combinazione di una delle restrizioni verticali del tipo «distribuzione esclusiva» e di una del tipo «imposizione dei prezzi di rivendita». La riduzione della concorrenza all'interno del marchio provocata dal primo tipo di restrizione si aggiunge all'eliminazione della concorrenza sui prezzi all'interno della marca dovuta al secondo tipo di restrizione. Ne consegue rapidamente un'eliminazione totale della concorrenza all'interno del marchio che può inoltre contribuire ad incoraggiare le tendenze collusive tra fabbricanti, già facilitate dai vincoli in materia di prezzi di rivendita. In linea di massima una siffatta combinazione non presenta alcun interesse sotto il profilo dell'efficienza, in quanto entrambe le restrizioni proteggono il margine del dettagliante. Una sola di tali restrizioni sarebbe in linea di massima sufficiente per risolvere un problema di «free riding» tra dettaglianti.

    Inoltre, una combinazione tra una delle restrizioni della categoria «esclusiva di marchio» ed una restrizione del tipo «imposizione dei prezzi di rivendita» potrebbe aggiungere alla riduzione della concorrenza tra marchi derivante dall'assenza di concorrenza all'interno di un medesimo punto vendita un'agevolazione dei comportamenti collusivi tra produttori già incoraggiati dai vincoli in materia di prezzi di rivendita. I comportamenti collusivi sono infatti facilitati in quanto l'assenza di concorrenza all'interno del punto vendita alleggerisce la pressione competitiva. Inoltre la riduzione della concorrenza tra marchi si aggiunge alla diminuzione della concorrenza sui prezzi per un medesimo marchio derivante dall'imposizione die prezzi di rivendita.

    Infine, tutte le combinazioni di restrizioni verticali che rendono difficoltoso o impossibile l'arbitraggio, per i consumatori finali o per i distributori, sono negative dal punto di vista dell'integrazione dei mercati. Ricordiamo a titolo di esempio: 1. la restrizione territoriale delle vendita abbinata alla distribuzione selettiva al medesimo livello di distribuzione; 2. la distribuzione esclusiva abbinata all'acquisto esclusivo; 3. la distribuzione selettiva abbinata all'acquisto esclusivo.

    Determinate combinazioni possono tuttavia essere considerate in modo più favorevole, perché si può stimare che una delle restrizioni verticali limiti i potenziali effetti negativi dell'altra. Nel cumulo tra la distribuzione esclusiva e l'imposizione di un prezzo di rivendita massimo, ad esempio, quest'ultima può consentire al fornitore di limitare gli eventuali aumenti di prezzo ai quali l'acquirente potrebbe essere tentato di procedere nel quadro delle protezione conferitagli dall'esclusività territoriale. Il medesimo ragionamento vale per l'associazione tra la distribuzione selettiva e l'imposizione di un prezzo di rivendita massimo o per il cumulo tra la distribuzione esclusiva e l'imposizione di quantità minime di acquisto all'acquirente che può impedire al distributore di aumentare i prezzi.

    3. Gli effetti positivi

    Taluni avanzano l'argomentazione secondo la quale, in un certo numero di casi, le normali contrattazioni tra produttore e dettagliante nel libero mercato, che portano esclusivamente a determinare il prezzo e la quantità per una determinata transazione, danno origine ad un livello subottimale degli investimenti e delle vendite. È possibile formulare le seguenti osservazioni di ordine generale:

    1. La prima ragione che spiega l'ipotesi del livello subottimale degli investimenti e delle vendite è l'esistenza di una qualche forma di free riding, cioè di vantaggio parassitario per in concorrenti. Può accadere che l'operatore che compie uno sforzo non sia in grado di raccoglierne tutti i frutti, la qual cosa può incitarlo a riportare gli investimenti ad un livello subottimale. È possibile che ciò sia il risultato di free riding da parte di un dettagliante che sfrutti gli sforzi promozionali di un altro dettagliante. La distribuzione esclusiva o restrizioni analoghe o ancora l'imposizione dei prezzi di rivendita possono essere utili per combattere il fenomeno del free riding. Questo problema può verificarsi anche tra produttori quando uno di essi investe nella promozione della sua marca nei punti di vendita e pertanto fa sì che anche i concorrenti beneficino della clientela che questi sforzi fa affluire nei negozi. Restrizioni quali il divieto di concorrenza possono costituire una soluzione soddisfacente a questo tipo di free riding.

    Per costituire un problema, il free riding deve essere reale, la qual cosa non è sempre evidente. Il free riding tra dettaglianti è possibile solo nei servizi prima della vendita e non nei servizi post-vendita. Il bene deve inoltre essere relativamente nuovo o tecnicamente complesso, poiché altrimenti il cliente sa, di norma in anticipo, ciò che vuole sulla base dei suoi acquisti anteriori. Il bene deve inoltre avere un certo valore, perché altrimenti non sarebbe interessante per un cliente recarsi in un negozio per ottenere informazioni e andare in un altro negozio per fare l'acquisto. Inoltre, quando tutte queste condizioni sono riunite, deve essere difficile per il produttore mettersi d'accordo con i dettaglianti sui requisiti di qualità riguardanti i servizi da prestare prima della vendita (8).

    Il free riding tra produttori è inoltre possibile solo in situazioni abbastanza particolari. Quando un produttore fa la promozione di un prodotto nel quadro di una campagna pubblicitaria nazionale, è poco probabile che un problema di free riding possa essere risolto con un divieto di concorrenza imposto dai distributori. Soltanto qualora la promozione venisse realizzata presso taluni dettaglianti, un accordo che comporti una clausola di non concorrenza potrebbe consentire al produttore di raccogliere tutti i frutti dei suoi sforzi. Inoltre ciò è possibile solo per i servizi offerti prima della vendita, a condizione che sia impossibile fare una promozione specifica al marchio e purché si tratti di prodotti relativamente innovativi e tecnicamente complessi, altrimenti il consumatore verosimilmente già saprebbe ciò che vuole.

    2. La seconda osservazione di ordine generale riguarda la possibilità di una divergenza tra ciò che è efficace per un singolo e ciò che lo è dal punto di vista del benessere generale/del consumatore. Ciò che è efficace per un singolo non sempre è positivo per il benessere generale. Riprendiamo il problema del free riding tra dettaglianti o tra produttori e supponiamo che vi sia un reale problema di free riding e che sia possibile aumentare le vendite promuovendo i servizi prestati prima della vendita, anche se ne derivasse un aumento dei prezzi. Se la maggior parte dei consumatori attribuiscono il medesimo valore a questi servizi supplementari, ne può senz'altro derivare un miglioramento del benessere generale. Per contro, se i consumatori inframarginali (ovvero quelli che già acquistano all'attuale livello di prezzo/servizio) sanno che cosa vogliono e non apprezzano il servizio supplementare prestato, si limitano a subire l'aumento del prezzo, in particolare se la concorrenza tra marche è troppo fiacca. In tal caso può essere efficace per il singolo migliorare il livello del servizio prestato per attirare consumatori e pertanto aumentare le vendite, ma a detrimento del benessere generale.

    3. Una forma particolare di free riding è il free riding di certificazione. L'ipotesi di partenza è che taluni dettaglianti forniscano un servizio prezioso indicando i prodotti «buoni». Il fatto che tali dettaglianti vendano un dato prodotto è un segno per il consumatore che si tratta di un buon acquisto. Questa ipotesi può talora consentire di spiegare il lancio di nuovi prodotti. I prodotti innovativi e complessi vengono tenuti in un primo tempo dai negozi di qualità che realizzano margini consistenti, dove sono acquistati da consumatori all'avanguardia. Poi la notorietà del prodotto si costruisce gradualmente e la domanda cresce sufficientemente perché il prodotto possa essere venduto nelle catene di supermercati a basso prezzo. Se inizialmente il produttore non può limitare le sue vendite ai negozi del segmento alto del mercato, corre il rischio di vedersi dequalificato ed il lancio del prodotto potrebbe fallire. Si pone in questo caso un problema analogo a quello esistente nel caso della protezione delle invenzioni mediante brevetto. Potrebbe pertanto rivelarsi necessario prevedere, per sostenere il lancio del prodotto, una protezione temporanea affinché esso non venga venduto nei punti vendita con forti sconti. Tuttavia un periodo di protezione troppo lungo rischierebbe di ritardare il passaggio, nel ciclo di vita del prodotto, alle fasi di maturità e di concorrenza sui prezzi, a detrimento dei consumatori. Ciò significa, nella migliore delle ipotesi, che potrebbe essere giustificata l'autorizzazione di una restrizione temporanea del tipo «distribuzione esclusiva» o «imposizione di prezzi di rivendita», che consentisse di garantire il lancio del prodotto, ma che non fosse così lunga da impedirne la diffusione su grande scala.

    4. Un'altra forma di free riding è il cosiddetto hold-up, o problema dell'ostaggio. Vi sono talora investimenti che devono essere realizzati o dal fornitore o dall'acquirente, come nel caso di attrezzature speciali o di formazioni specifiche. Una volta effettuati questi investimenti, l'investitore si trova in qualche modo prigioniero dell'altro. Il rapporto di potere si inverte. Il timore di un siffatto svantaggio può indurre a non procedere agli investimenti necessari, a meno di definire in precedenza le condizioni che disciplineranno le forniture. L'investitore teme che l'altra parte sfrutti i suoi investimenti. Come nel caso del free riding tra dettaglianti, un siffatto rischio è reale solo se è riunito un certo numero di condizioni. In effetti in primo luogo l'investimento deve essere irrecuperabile e proprio alla relazione commerciale esistente con l'altra parte. In secondo luogo deve trattarsi di un investimento di lungo termine il cui costo non può essere recuperato a breve termine. In terzo luogo l'investimento deve essere asimmetrico, ovvero uno investe più dell'altro. Solo quando queste tre condizioni sono riunite si giustifica una restrizione verticale di durata limitata, del tipo «divieto di concorrenza» se l'investimento è sostenuto dal fornitore e del tipo «distribuzione esclusiva» o «acquisto esclusivo» se viene realizzato dall'acquirente.

    5. L'ultima ragione che spiega un livello subottimale delle vendite è il problema della «double marginalisation». Quando il produttore ed il dettagliante dispongono entrambi di un potere di mercato, ciascuno di essi fissa i propri prezzi ad un livello superiore al costo marginale. Entrambi aggiungono un margine superiore a quello di cui beneficerebbero in un contesto di concorrenza. Il prezzo finale può addirittura essere superiore al prezzo di monopolio che verrebbe praticato da un'impresa integrata, a detrimento del loro interesse collettivo e di quello dei consumatori. In questo caso l'imposizione all'acquirente di quantità di acquisto o di prezzi di rivendita massimi consentirebbe al produttore di riportare il prezzo al livello del prezzo di monopolio.

    6. Dalla letteratura economica emerge che vi è una grandissima sostituibilità tra le diverse restrizioni verticali. Se ne può dedurre che un medesimo problema di inefficienza potrebbe essere risolto con diverse restrizioni verticali. Pertanto, come indicato in precedenza, il problema del free riding tra dettaglianti e del free riding di certificazione potrebbe essere superato grazie al ricorso alla distribuzione esclusiva oppure all'imposizione di prezzi di rivendita fissi o minimi. È un punto importante in quanto gli effetti negativi sulla concorrenza possono variare da una restrizione verticale all'altra. Tale fattore deve essere preso in considerazione quando si valuta il carattere indispensabile di una restrizione alla luce dell'articolo 85, paragrafo 3 del trattato. Giacché si considera che l'imposizione di prezzi di rivendita è una soluzione meno accettabile dal punto di vista della concorrenza, parrebbe giustificato vietarla e autorizzare solo la distribuzione esclusiva o qualunque altra restrizione meno grave.

    4. Regole generali per la valutazione delle restrizioni verticali

    Si possono enunciare alcune regole generali per valutare le restrizioni verticali dal punto di vista della politica di concorrenza.

    Come prima regola generale è possibile affermare che le restrizioni verticali che limitano la concorrenza tra le marche sono in generale più dannose di quelle che riducono solo la concorrenza all'interno di una stessa marca. Ad esempio, gli obblighi di non concorrenza possono avere maggiori effetti negativi netti rispetto alla distribuzione esclusiva. Escludendo le altre marche, la prima di queste restrizioni può infatti impedirne l'ingresso sul mercato, mentre la seconda, pur escludendo taluni acquirenti, raramente impedisce al bene in oggetto di raggiungere il consumatore finale.

    Una seconda regola generale è che gli accordi di esclusiva sono in linea di massima più dannosi per la concorrenza rispetto agli altri tipi di accordi. Gli accordi di esclusiva prevedono espressamente o hanno in pratica come effetto che una delle parti soddisfi la totalità o la quasi totalità del suo fabbisogno rifornendosi presso l'altra parte. Una clausola di non concorrenza, ad esempio, limita i rifornimenti dell'acquirente ad una sola marca, mentre l'imposizione di quantità di acquisto lascia all'acquirente un margine di manovra per procurarsi beni concorrenti. Il grado di preclusione è pertanto diverso nei due casi, mentre spesso i vantaggi in termini di efficacia sono sorprendentemente simili.

    La terza regola generale è la seguente: i potenziali effetti negativi delle restrizioni verticali sono rafforzati quando un fornitore che pratica una determinata restrizione verticale rispetto ai suoi acquirenti non è il solo ad agire in questo modo sul mercato, ma altri fornitori organizzano allo stesso modo i loro rapporti commerciali con i rispettivi acquirenti. Questi «effetti cumulativi» costituiscono un problema in un certo numero di settori. Per poter valutare correttamente gli effetti di un cumulo di restrizioni verticali, occorrerebbe procedere ad un'inchiesta settoriale approfondita. La questione del ritiro dell'esenzione di cui al progetto di regolamento di esenzione è esaminata nella sezione V-3 e verrà ulteriormente sviluppata nelle linee direttrici.

    Oltre alle tre regole generali sopra esposte è possibile sottolineare i seguenti punti:

    - Le restrizioni convenute per beni intermedi sono in linea di massima meno pregiudizievoli delle restrizioni relative alla distribuzione di beni finali. Dato che i beni intermedi non vengono venduti al consumatore finale ma utilizzati come input, il marchio e l'immagine sono meno importanti e di conseguenza lo è anche un'eventuale diminuzione della concorrenza all'interno del marchio. Questa distinzione tra beni intermedi e beni finali è ripresa nelle linee direttrici.

    - Nell'ambito della categoria dell'imposizione dei prezzi di rivendita, i prezzi fissi e minimi costituiscono restrizioni gravi. I prezzi massimi ed i prezzi consigliati, se sono veramente, tali non sono considerati restrittivi della concorrenza.

    - Nella categoria «compartimentazione dei mercati», la restrizione della rivendita e la restrizione delle vendite sul mercato a valle dell'acquirente sembrano essere le più gravi, in quanto consentono una compartimentazione dei mercati senza comportare vantaggi, notevoli in termini di efficacia. Le vendite abbinate sono considerate in linea di massima come una restrizione un po' meno grave; esse rendono possibile l'estensione di una posizione di potere da un mercato ad un altro. Gli eventuali argomenti relativi ai vantaggi in termini di efficacia («è necessario assicurarsi che l'acquirente utilizzi le forniture ed i ricambi adeguati sulla macchina che gli abbiamo venduta, altrimenti il verificarsi di guasti potrebbe appannare l'immagine dei nostri prodotti» o ancora «la fornitura congiunta consente di realizzare economie») sono limitati. L'acquisto esclusivo, ossia l'obbligo di rifornirsi direttamente da un fornitore senza restrizioni alla vendita di marche concorrenti, è la restrizione meno grave di questa categoria.

    - L'imposizione dei prezzi di rivendita è in linea di massima considerata più restrittiva rispetto alle altre restrizioni verticali. Quando questa restrizione comporta realmente vantaggi in termini di efficacia, può comunque spesso essere sostituita da restrizioni che hanno effetti positivi analoghi ma falsano in misura minore la concorrenza. La politica adottata dalla maggior parte dei paesi tiene conto delle considerazioni precedenti. Taluni paesi tendono ad essere molto rigorosi per quanto riguarda l'imposizione dei prezzi di rivendita, mentre autorizzano la distribuzione esclusiva in talune condizioni di mercato.

    - Con il riconoscimento dell'importanza di preservare l'arbitraggio con il divieto generale delle restrizioni in materia di rivendita, la politica di concorrenza comunitaria rispecchia la preoccupazione di rafforzare l'integrazione dei mercati.

    SEZIONE IV - SOGLIE IN TERMINI DI QUOTE DI MERCATO E CERTEZZA DEL DIRITTO

    1. Esenzioni per categoria attualmente in vigore

    Gli attuali regolamenti di esenzione per categoria (distribuzione esclusiva, acquisto esclusivo, franchising) seguono un'impostazione legalistica basata sulla valutazione delle clausole ed incentrata sulla libertà di azione dei distributori e sulla concorrenza all'interno dello stesso marchio tra distributori appartenenti al medesimo sistema di distribuzione. Se si prescinde dal sistema di ritiro e dalla possibile applicazione dell'articolo 86, le esenzioni vengono concesse a tutte le imprese indipendentemente dal loro potere di mercato.

    L'attuale sistema consente di concedere esenzioni dall'articolo 85, paragrafo 1 a tutte le imprese, indipendentemente dalla loro quota di mercato, anche per quanto riguarda le clausole di non concorrenza e talune combinazioni di restrizioni verticali quali la distribuzione esclusiva e selettiva (si veda il regolamento sul franchising). Ne consegue che i piccoli operatori (la stragrande maggioranza delle imprese) sono penalizzati da regolamentazioni eccessivamente severe, mentre imprese con un rilevante potere di mercato possono tutelarsi semplicemente mediante una formulazione delle clausole contrattuali che tenga conto dei regolamenti di esenzione per categoria attualmente in vigore.

    Il beneficio di questi regolamenti di esenzione può essere ritirato dalla Commissione solo con effetto futuro. Le imprese che dispongono di un certo potere di mercato possono pertanto applicare le restrizioni più gravi fintantoché la Commissione non la abbia vietate mediante un'apposita decisione. Non vi è alcuna pressione sulle imprese che le induca a modificare i loro accordi o il loro comportamento, poiché di fatto i loro contratti vengono considerati validi, seppure a titolo provvisorio. Pertanto, l'effetto preventivo del sistema di divieti di cui all'articolo 85, paragrafo 1 viene meno. Ne possono risultare danni irreparabili sotto il profilo della concorrenza (ad esempio una preclusione dell'accesso al mercato attraverso accordi di esclusiva), senza la possibilità di soluzioni retroattive. Al tempo stesso, gli operatori minori non sono in grado di utilizzare le restrizioni verticali in maniera innovativa per migliorare la loro posizione concorrenziale sul mercato. Tutto ciò ostacola lo sviluppo di forme di distribuzione nuove e dinamiche e di conseguenza i regolamenti di esenzione per categoria attualmente in vigore non possono essere mantenuti.

    2. Impostazione improntata a criteri economici e soglie espresse in termini di quote di mercato

    Dalle considerazioni economiche descritte nella sezione precedente si possono trarre due conclusioni di ordine generale: innanzitutto, che in assenza di potere di mercato, e fatta eccezione per talune restrizioni particolarmente gravi, è possibile applicare alle restrizioni verticali una presunzione di legalità; in secondo luogo, che quando esiste un certo potere di mercato una simile presunzione generale non è possibile. Sotto il profilo economico, appare di conseguenza giustificato utilizzare soglie espresse in termini di quote di mercato per delimitare il campo d'applicazione di un regolamento di esenzione per categoria.

    È chiaro comunque che la quota di mercato non è l'equivalente del potere di mercato. Nei singoli casi, l'esistenza di una violazione in relazione ad una particolare restrizione verticale può di norma essere accertata soltanto esaminando tutti gli aspetti della struttura a del comportamento di mercato. Tuttavia, una simile analisi del mercato comporta costi significativi per l'autorità di concorrenza e non può essere applicata ad ogni singolo caso.

    È possibile postulare due orientamenti di carattere generale su cui basarsi in questa analisi del mercato: innanzitutto, nella maggior parte dei casi una soglia di mercato del 20 % non è normalmente sufficiente a determinare effetti negativi netti sotto il profilo della concorrenza nel caso di restrizioni verticali messe in atto da un'unica impresa; in secondo luogo, in presenza di incrementi di efficienza significativi, è possibile ipotizzare per talune restrizioni verticali un'esenzione per categoria fino ad una quota di mercato del 40 %, che è la soglia a partire dalla quale vi è il rischio di una posizione dominante. Al di sopra di tale livello l'ultima condizione di cui all'articolo 85, paragrafo 3 rischia di non essere più soddisfatta. Di conseguenza, il ricorso a soglie espresse in termini di quote di mercato in un regolamento di esenzione per categoria non definisce un'infrazione, ma serve ad escludere determinate categorie di restrizioni verticali dal campo di applicazione dell'articolo 85, paragrafo 1, in virtù dell'articolo 85, paragrafo 3.

    La Commissione è consapevole del fatto che utilizzando questi due criteri basati esclusivamente sulla quota di mercato è possibile che si trovino esentati anche accordi per i quali non si giustifica un'esenzione. Il rischio è tanto più elevato quanto più elevate sono le quote di mercato utilizzate come soglie. La Commissione ritiene che quote di mercato del 20 % e del 40 %, a seconda della natura della restrizione verticale, nonché dell'importanza degli incrementi di efficienza realizzabili, costituiscano soglie adeguate da utilizzare in un nuovo regolamento di esenzione per categoria da adottare in futuro. Tuttavia, il livello esatto delle soglie espresse in termini di quote di mercato e l'opportunità di operare con un'unica soglia anziché con due devono essere riconsiderati dalla Commissione nell'ambito delle consultazioni sull'esenzione per categoria e sulle linee direttrici (v. spiegazione in prosieguo). La Commissione intende mantenere la procedura di ritiro per i rari casi in cui potrebbe insorgere un grave problema per la concorrenza anche in presenza di quote di mercato inferiori. La procedura di ritiro sarà applicata in particolare nei casi in cui si producono effetti cumulativi (vedasi sezione V per ulteriori dettagli).

    Non è stata del resto proposta alcuna valida alternativa alla quota di mercato quale singolo indicatore da utilizzare in un regolamento di esenzione per categoria. L'unica alternativa sarebbe quella di operare esclusivamente sulla base di linee direttrici che consentano di utilizzare l'intera gamma dei fattori di mercato ai fini della valutazione delle restrizioni verticali. La Commissione ritiene che, nella fase attuale, ciò rappresenterebbe un cambiamento troppo radicale e che il livello di certezza giuridica per gli operatori economici sarebbe inferiore a quello garantito da un'esenzione per categoria con soglie espresse in termini di quote di mercato.

    Le regole di concorrenza sono regole di carattere economico che, per loro stessa natura, comportando un certo grado di incertezza giuridica. Le imprese che detengono un certo potere di mercato corrono il rischio di violare le norme sulla concorrenza. L'obiettivo perseguito dalla Commissione è quello di offrire all'industria un livello ragionevole di certezza giuridica compatibilmente con la tutela efficace della concorrenza. Il ricorso alle soglie in termini di quote di mercato rende possibile stabilire questo legame tra un'impostazione più orientata a criteri economici e la certezza del diritto.

    Le quote di mercato non costituiscono un fenomeno nuovo nell'ambito del diritto comunitario della concorrenza. Già da molti anni gli operatori economici sono abituati alle soglie basate su quote di mercato, che dispensano dall'obbligo di notificazione (vedasi la quota di mercato del 15 % di cui al regolamento n. 17, articolo 4, paragrafo 2), creano una presunzione di attestazione negativa [vedasi la quota di mercato del 10 % nella comunicazione sugli accordi di importanza minore o quella del 25 % nel regolamento sulle concentrazioni) o autorizzano un'esenzione per categoria [vedasi le soglie del 10 % e del 20 % nei regolamenti (CEE) n. 417/85 (9) e (CEE) n. 418/85 (10)]. Tale modo di procedere non ha comunque prodotto un livello di incertezza giuridica intollerabile per gli operatori.

    3. Una soglia espressa in termini di quota di mercato quale condizione per un'esenzione per categoria più estesa

    In base al sistema vigente, la maggior parte degli accordi verticali non rientrano in alcun regolamento di esenzione per categoria. Per quanto concerne la distribuzione esclusiva, l'acquisto esclusivo ed il franchising, ne sono oggetto solo i beni destinati alla rivendita. Fatta eccezione per gli autoveicoli, alla distribuzione selettiva non si applica alcuna esenzione per categoria. Non vi sono esenzioni per categoria per i servizi (ad eccezione del franchising), per i prodotti intermedi o per i beni destinati alla trasformazione. Qualora ad un accordo sia applicabile un'esenzione per categoria, questa stabilisce quali clausole sono esentate (cosiddetta «lista bianca») con la conseguenza che tutte le altre clausole non sono esentate. Questa impostazione limita il campo di applicazione delle esenzioni per categoria in vigore e determina un'eccessiva regolamentazione dell'attività economica. Attualmente, la maggior parte delle imprese non possono beneficiare di alcuna esenzione per categoria, cosicché o decidono di correre il rischio di non notificare l'accordo ovvero di notificarlo nella speranza di ricevere, nella maggior parte dei casi, una lettera di archiviazione della Commissione.

    PER LA CONTINUAZIONE DEL TESTO VEDI SOTTO NUMERO: 598DC0544.1

    La Commissione intende porre rimedio a questa situazione ampliando considerevolmente le attuali esenzioni per categoria per estenderle ai servizi, ai prodotti intermedi, ai prodotti destinati alla rivendita previa trasformazione, nonché alla distribuzione selettiva. È inoltre intenzione della Commissione sostituire sostanzialmente l'attuale orientamento basato su una lista di «clausole bianche» con un sistema che si basi su una lista di «clausole negative». La Commissione ritiene che in ultima analisi sarà possibile in tal modo garantire la certezza giuridica ad un numero di imprese maggiore di quanto non avvenga con l'attuale impostazione restrittiva, che prevede esenzioni per categoria in relazione a determinate clausole. Se si adottano esenzioni per categoria di portata molto più ampia, è tuttavia impossibile continuare a concedere esenzioni indipendentemente dal potere di mercato. Nel futuro regolamento di esenzione per categoria, la Commissione intende pertanto operare sulla base di due parametri: la natura della restrizione verticale ed il livello di potere di mercato.

    4. Il superamento della soglia in termini di quota di mercato non implica una presunzione di illegalità

    La Commissione riconosce che il ricorso ad una soglia in termini di quota di mercato determinerà un certo grado di incertezza per le imprese per quanto riguarda l'applicazione del regolamento di esenzione per categoria. Ciò è dovuto alla difficoltà di definire i mercati e di valutare la posizione di un'impresa sul mercato del prodotto e sul mercato geografico rilevanti. In parte, si tratta anche di una conseguenza della volatilità delle quote di mercato, che tendono a cambiare nel tempo.

    Tuttavia, questa incertezza giuridica è mitigata dai due elementi seguenti:

    - L'uso di soglie espresse in termini di quote di mercato non genera una presunzione di illegalità al di sopra della quota di mercato fissata come soglia. La soglia in termini di quota di mercato servirà solo come «zona di sicurezza», per distinguere gli accordi che si presumono leciti da quelli che possono richiedere un esame individuale. Per quanto riguarda questi ultimi, la Commissione continuerà ad avere l'onere della prova, dovendo dimostrare che l'accordo in oggetto viola l'articolo 85, paragrafo 1 e dovrà verificare se l'accordo soddisfa le condizioni di cui all'articolo 85, paragrafo 3. Questo è quanto accade normalmente per un accordo che non rientra in un regolamento di esenzione per categoria. Al di sopra della soglia fissata sono quindi possibili tre casi: attestazione negativa, esenzione individuale o divieto se non vengono soddisfatte le condizioni di cui all'articolo 85, paragrafo 3.

    - È necessario che le imprese sappiano in anticipo quale strategia verrà adottata dalla Commissione al di sopra delle soglie fissate. La Commissione intende pertanto pubblicare delle linee direttrici che dovrebbero sostanzialmente riguardare tre questioni: il campo di applicazione dell'articolo 85, paragrafo 1 al di sopra della soglia in termini di quota di mercato, la linea di condotta della Commissione per quanto concerne l'applicazione dell'articolo 85, paragrafo 3 e la sua politica in materia di ritiro del beneficio dell'esenzione per categoria, in particolare nei casi in cui si determinino effetti cumulativi. Queste linee direttrici dovrebbero definire regole chiare e semplici, tali da consentire nella maggior parte dei casi alle imprese stesse di valutare la conformità dei loro accordi con l'articolo 85, paragrafi 1 e 3. L'obiettivo deve essere quello di ridurre i costi amministrativi per gli operatori economici e di eliminare per quanto possibile le notifiche di accordi che non pongono seri problemi sotto il profilo della concorrenza.

    Dato che il regolamento di esenzione per categoria utilizza soglie di quote di mercato abbinate ad un approccio di carattere più economico alle restrizioni verticali, vi saranno meno accordi che rientrano nel campo di applicazione dell'articolo 85, paragrafo 1. Un'applicazione coerente delle linee direttrici e la pubblicazione delle decisioni significative in materia offriranno infine all'industria un maggiore livello di certezza giuridica.

    5. Revisione dell'articolo 4, paragrafo 2 del regolamento n. 17

    Un'impresa non dovrebbe venire penalizzata se non notifica un accordo a causa di un errore di valutazione della propria quota di mercato. Attualmente la Commissione può solo concedere esenzioni a decorrere dalla data della notifica. Per tale ragione, se un contratto viola l'articolo 85, paragrafo 1 e non è stato notificato, un giudice nazionale può dichiararlo nullo per il semplice fatto che non è stato notificato, anche se sono soddisfatte tutte le condizioni di cui all'articolo 85, paragrafo 3.

    Per porre rimedio a tale situazione sarà necessario modificare l'articolo 4, paragrafo 2 del regolamento n. 17 del Consiglio in modo che sia possibile esentare retroattivamente tutti gli accordi di distribuzione verticale qualora la notifica abbia luogo in un momento successivo. Una simile modifica produrrà diversi effetti positivi:

    - qualora un'impresa abbia commesso un errore di valutazione della sua quota di mercato ed il suo accordo non sia coperto da un'esenzione per categoria, la Commissione sarà in grado di concedere un'esenzione retroattiva purché tutte le condizioni di cui all'articolo 85, paragrafo 3 siano state soddisfatte fin dal principio;

    - saranno eliminate quelle controversie artificiali portate davanti ai tribunali nazionali nelle quali le norme sulla concorrenza sono invocate, come spesso accade, solo per eludere obblighi contrattuali pur non essendovi un vero problema di concorrenza; ponendo l'accento sulla tutela della concorrenza piuttosto che sulla tutela di interessi privati spesso non legati a problemi di concorrenza verrà rafforzata l'esecutività dei contratti dal punto di vista del diritto civile;

    - sarà ridotto il numero dei casi che vengono attualmente notificati per pervenire ad una maggiore certezza giuridica; le imprese non dovranno notificare preventivamente gli accordi per ottenere un'esenzione individuale ma saranno in grado di valutare esse stesse la conformità dei loro accordi con l'articolo 85, paragrafi 1 e 3 eliminando i costi della notifica a meno che non abbiano veri dubbi sull'applicabilità dell'articolo 85, paragrafo 3; questa riduzione delle notifiche sembra alquanto probabile, a giudicare da quanto avviene per gli accordi già coperti dall'articolo 4, paragrafo 2 del regolamento n. 17, che non vengono normalmente notificati. Ciò consentirà alla Commissione di ridimensionare il sistema di controllo preventivo basato sulle notifiche e di concentrarsi, insieme alle autorità nazionali di concorrenza, sui casi più importanti, incrementando in tal modo l'efficacia del diritto comunitario della concorrenza. L'obiettivo è quello di ridurre i costi amministrativi a carico delle imprese e di eliminare per quanto possibile le notifiche che non sollevano seri problemi sotto il profilo della concorrenza.

    La certezza giuridica sarà inoltre rafforzata dai seguenti ulteriori elementi:

    - gli effetti cumulativi prodotti da reti di accordi verticali restrittivi saranno soggetti soltanto alla procedura di ritiro, con effetto solo per il futuro;

    - in caso di sistema a due soglie gli accordi stipulati da PMI saranno soggetti alla soglia più alta: resteranno tuttavia soggetti alla possibilità di ritiro ed al divieto di restrizioni gravi;

    - ai fini del calcolo delle soglie in termini di quote di mercato, si applicheranno le seguenti norme:

    i) l'applicabilità della futura esenzione per categoria si baserà sul mercato rilevante come chiarito nella comunicazione della Commissione sulla definizione del mercato (11);

    ii) la quota di mercato sarà determinata sulla base dei dati relativi al bilancio dell'anno precedente;

    iii) la quota di mercato potrà essere calcolata in termini di volume di vendita qualora i dati in termini di valore di vendita siano insufficienti;

    iv) gli accordi continueranno a rientrare nell'ambito di applicazione del regolamento di esenzione per categoria per un periodo di due anni, a condizione che la soglia non venga superata di una percentuale superiore al 5 % della quota di mercato;

    v) qualora la soglia venga superata, in misura superiore al 5 % di cui al punto iv), si concederà un periodo di tolleranza di un anno durante il quale si continuerà ad applicare il regolamento di esenzione per categoria; tale periodo inizierà l'anno successivo all'esercizio economico durante il quale è stata superata la soglia;

    - in generale, sarà sufficiente valutare la quota di mercato del fornitore, poiché è su tale base che verrà stabilito se un accordo possa o meno beneficiare di un'esenzione per categoria. Tuttavia, in caso di fornitura esclusiva, è possibile che la quota di mercato dell'acquirente debba essere utilizzata come indicatore. Inoltre, nelle linee direttrici verrà affrontata la questione di come la Commissione possa tenere conto della posizione di mercato dell'acquirente nell'esame dei singoli casi.

    Si deve riconoscere che queste misure non offriranno una certezza giuridica assoluta. Questa è del resto incompatibile con un'impostazione più improntata a criteri economici. L'obiettivo del presente riesame è quello di pervenire ad un nuovo equilibrio tra un'impostazione più economica ed un livello ragionevole di certezza giuridica. Questo nuovo orientamento va, in ultima analisi, prevalentemente a vantaggio degli operatori minori, privi di potere di mercato, vale a dire la maggior parte delle imprese. Ne trarranno comunque vantaggio anche imprese maggiori che operano in mercati competitivi. Tuttavia, le imprese con un significativo potere di mercato che mettano in atto restrizioni verticali anticoncorrenziali verranno assoggettate ad un controllo più rigoroso a beneficio della concorrenza, degli altri operatori ed in definitiva anche dei consumatori.

    6. Maggiore decentramento

    In base al vigente regolamento di esenzione per categoria, vi è uno scarso margine per l'applicazione decentrata delle regole di concorrenza comunitarie. Qualora un'impresa rediga i propri accordi in conformità alle disposizioni dei regolamenti di esenzione per categoria, non sussiste alcun margine affinché le autorità nazionali di concorrenza o i giudici nazionali applichino l'articolo 85, paragrafo 2, poiché tutte le imprese sono coperte fino ad una quota di mercato del 100 % e solo la Commissione ha il potere di ritirare i benefici di tali regolamenti di esenzione per categoria. Di conseguenza, finché si applicheranno le attuali esenzioni per categoria, i terzi non avranno altra possibilità che presentare un reclamo alla Commissione.

    Con il nuovo regolamento di esenzione per categoria proposto, le autorità nazionali di concorrenza e i giudici nazionali potranno applicare a livello decentrato le regole di concorrenza comunitarie al di sopra della/e soglia/e di quota di mercato del regolamento. Si propone inoltre di conferire alle autorità nazionali di concorrenza il potere di ritirare i benefici del regolamento di esenzione per categoria nel proprio territorio qualora non siano più rispettate le condizioni dell'articolo 85, paragrafo 3.

    La Commissione opererà in stretta collaborazione con le autorità di concorrenza e i giudici nazionali per assisterli in una più estesa applicazione dell'articolo 85. Tale collaborazione è già in atto dopo l'adozione delle comunicazioni sulla cooperazione con le autorità nazionali di concorrenza (12) e i giudici nazionali (13).

    SEZIONE V - LINEA POLITICA PROPOSTA

    1. Diverse opzioni

    Nel corso dei lavori relativi al Libro verde sono state passate in rassegna le opzioni relative ai possibili orientamenti legislativi nel settore, descritte nella sezione II (si veda in particolare la tabella alla sezione II.1). Molte delle opzioni proposte non sono accettabili in quanto non forniscono alcuna soluzione alle tre principali carenze individuate nella politica attuale: regolamentazione con effetti costrittivi fondata su criteri formali, omissione del fattore «potere di mercato» ed esenzioni per categoria troppo limitate.

    L'opzione I del Libro verde presenta tutte le carenze menzionate. Le opzioni II e IV-I riducono l'effetto costrittivo del sistema attuale, ma tengono ancor meno in considerazione il fattore «potere di mercato», che viene del tutto ignorato dalla proposta relativa ad una esenzione per categoria onnicomprensiva, indipendente dalle quote di mercato detenute. Le opzioni III e IV-II prendono in considerazione tale aspetto, ma rimangono eccessivamente simili alle esenzioni per categoria di ambito limitato e ad effetto costrittivo.

    Due altre opzioni, che differiscono in modo sostanziale da quella che viene proposta al punto 2 di questa sezione, non costituirebbero un rimedio alle principali carenze evidenziate dalla politica attuale. La prima, imperniata sull'adozione di un unico regolamento di esenzione per categoria incentrato sulla presenza di una «lista nera» e senza soglie espresse in termini di quote di mercato, avrebbe l'effetto di conferire validità provvisoria agli accordi verticali, con il solo limite della possibilità di ritiro dell'esenzione. Tale ritiro sarebbe operativo esclusivamente ex nunc. Una simile soluzione implicherebbe l'eliminazione dell'effetto preventivo insito nel principio di proibizione sancito dall'articolo 85, il quale prevede la nullità ex tunc degli accordi aventi natura anticoncorrenziale. Deve essere sottolineato a questo riguardo, che un tale effetto preventivo giuoca un ruolo fondamentale nell'indurre le parti al rispetto delle regole di concorrenza e, in ultima istanza, nel permettere il mantenimento di condizioni di concorrenza effettiva.

    La seconda opzione non accettabile parte dal presupposto che le restrizioni verticali (ad eccezione di un nucleo limitato di «restrizioni fondamentali») non sono generalmente anticoncorrenziali e possono pertanto rientrare nell'ambito di un regolamento che preveda un'attestazione negativa di vasta portata e il cui beneficio possa essere ritirato con effetto retroattivo qualora si riscontri una distorsione della concorrenza senza effetti compensativi in termini di efficienza. Questa presunzione positiva generale non trova riscontro né nella dottrina economica né nell'esperienza della Commissione. Inoltre, una sua applicazione condurrebbe ad un aumento dell'incertezza giuridica per gli operatori economici. Non essendo infatti previsti limiti, espressi in termini di quote di mercato, suscettibili di creare per le imprese un'area di certezza giuridica, i giudici e le autorità nazionali della concorrenza o la Commissione potrebbero dichiarare inapplicabile ex tunc (vale a dire con effetto retroattivo) un'attestazione negativa a qualsiasi livello di potere di mercato.

    2. La nuova politica di proposta

    Come spiegato nell'introduzione, la linea politica futura dovrebbe sopperire alle tre principali carenze della politica attuale. La nuova politica dovrebbe innanzitutto tutelare la concorrenza e l'integrazione dei mercati. Dovrebbe inoltre garantire un livello ragionevole di certezza giuridica per le imprese, comportare costi accettabili di applicazione della normativa per gli operatori economici e le autorità nazionali di concorrenza e favorire il decentramento.

    Onde rimediare alle carenze evidenziate e trovare un giusto equilibrio tra i diversi obiettivi, si impone un cambiamento profondo della politica vigente. Le principali caratteristiche della linea politica proposta sono le seguenti:

    - Essa si basa su un unico regolamento di esenzione per categoria («l'esenzione per categoria»), di portata molto ampia, applicabile a tutte le restrizioni verticali aventi per oggetto i beni ed i servizi finali ed intermedi, con l'eccezione di un nucleo limitato di restrizioni «non esentabili». Tale ipotesi risolve il problema delle esenzioni per categoria troppo limitate.

    - Sostanzialmente, viene adottata un'impostazione basata su di una lista di «clausole negative»; vale a dire si definisce ciò che non è soggetto all'esenzione per categoria anziché stabilire quali accordi vi possono rientrare. Ciò elimina l'effetto costrittivo.

    - Essa si avvale di soglie espresse in termini di quote di mercato al fine di creare un collegamento tra le esenzioni ed il potere di mercato. La scelta fra un sistema ad una o due soglie non è stata ancora operata. Un sistema a una soglia presenta dei vantaggi in termini di chiarezza e di semplicità (14); un sistema a due soglie consente una graduazione giustificata sotto il profilo economico in un trattamento delle restrizioni verticali che rifletta le differenze dei loro probabili effetti anticoncorrenziali. Al di sotto di tali soglie si presume che le restrizioni verticali non abbiano effetti negativi netti significativi. Questo significa che agli accordi non si applica l'articolo 85, paragrafo 1 oppure, quando ciò avviene, che possono godere di esenzione, ad eccezione del nucleo di «restrizioni fondamentali». Le restrizioni fondamentali sono costituite principalmente dall'imposizione dei prezzi di rivendita e dalle restrizioni alla rivendita che, in considerazione dell'obiettivo dell' integrazione dei mercati, si ritiene che non possano beneficiare di un'esenzione per categoria.

    - Se si applica il sistema ad una soglia, questa rientrerebbe in una forbice tra il 25 % e il 35 % della quota di mercato, percentuali chiaramente inferiori a quelle normalmente considerate indicative di un livello dominante. Nel sistema a due soglie, il primo e principale limite di quota di mercato sarebbe dell'ordine del 20 %. Al di sopra della soglia del 20 % sussisterebbe uno spazio di manovra per esonerare talune restrizioni verticali fino ad un limite superiore, corrispondente ad una quota di mercato del 40 % circa. Un approccio con una o due quote di mercato pone rimedio alla mancata considerazione del potere di mercato e, eliminando la grande maggioranza delle notifiche, ossia una parte stimata al 80-90 % della totalità dei casi, consentirà alla Commissione ed alle autorità nazionali di concorrenza di concentrarsi sui casi importanti.

    - Verrà creata una «zona di sicurezza» che permetterà di distinguere tra gli accordi che si presumono legittimi da quelli che possono richiede un esame individuale. Le restrizioni verticali che non rientrano nell'ambito delle esenzioni per categoria non saranno soggette ad una presunzione di illegalità ma saranno eventualmente oggetto di esame individuale. Per quanto riguarda gli accordi che non rientrano nel campo di applicazione dell'esenzione per categoria, la Commissione continuerà ad avere l'onere di provare che l'accordo in questione viola le disposizioni dell'articolo 85, paragrafo 1 e dovrà verificare se l'accordo rispetta le condizioni previste al paragrafo 3 di detto articolo. Si tratta di una situazione normale per gli accordi ai quali non si applica un'esenzione per categoria. In caso di superamento della soglia si possono avere tre tipi di situazione: attestazione negativa, esenzione individuale o divieto qualora non siano rispettate le condizioni di cui all'articolo 85, paragrafo 3. La politica proposta fornirà linee direttrici in merito alla politica che la Commissione intende adottare in materia di attestazioni negative individuali, di esenzioni o divieti al di sopra delle soglie in termini di quota di mercato e di eventuali revoche dell'esenzione per categoria al di sotto delle soglie stabilite.

    - Sarà adottata una serie di misure di accompagnamento, come delineato nella sezione precedente. La più importante consisterà nell'estensione del campo di applicazione dell'articolo 4, paragrafo 2 del regolamento n. 17 agli accordi di distribuzione verticali (15). Considerando complessivamente tutti gli elementi della proposta, vale a dire il fatto che la nuova esenzione per categoria di ampio respiro coprirà molti accordi che non rientrano nelle esenzioni per categoria attuali, la possibilità di modulare le esenzioni e le linee direttrici che saranno elaborati dalla Commissione, il grado complessivo di certezza giuridica per le imprese ne risulterà migliorato.

    - La nuova politica sarà compatibile con un maggiore decentramento. I giudici e le autorità nazionali di concorrenza avranno facoltà di applicare l'esenzione per categoria e potranno, sulla base delle linee direttrici, fare applicazione dell'articolo 85, paragrafo 1 al di sopra delle soglie di quota di mercato. Inoltre, qualora l'articolo 85, paragrafo 1 non sia applicabile perché non ci sono effetti significativi sugli scambi tra Stati membri e sulla concorrenza, l'esenzione per categoria non si applica. Si propone altresì di conferire alle autorità nazionali di concorrenza, sulla base di criteri chiari e ben specificati, la competenza in materia di ritiro, per il territorio nazionale, del beneficio dell'esenzione per categoria.

    Questa impostazione di taglio più economico si basa sulle indagini effettuate in vista della preparazione del Libro verde, su un'attenta analisi di tutte le osservazioni ricevute in merito al Libro verde, sull'esperienza della Commissione nei casi di restrizioni verticali, sulla giurisprudenza della Corte e sullo studio della dottrina giuridica ed economica nella specifica materia.

    3. Aspetti specifici

    Possono essere evidenziati i seguenti aspetti specifici della nuova politica proposta:

    - La proposta conterrà un elenco delle restrizioni fondamentali, che non rientrano cioè in alcun caso nell'esenzione per categoria. Tale elenco comprenderà in ogni caso gli accordi relativi a prezzi di rivendita minimi o imposti e gli accordi comportanti una protezione territoriale assoluta. La Commissione propone inoltre di tutelare maggiormente le possibilità di scelta dell'acquirente intermedio e del consumatore, includendo quindi nell'elenco delle restrizioni vietate quelle riguardanti la rivendita in generale, sempreché derivino da fattori soggetti al controllo delle parti. Le restrizioni fondamentali, da escludersi quindi dalla nuova disciplina di esenzione per categoria, potrebbero essere così definite:

    1. prezzi di rivendita minimi o fissi;

    2. prezzi di rivendita massimi o consigliati che equivalgano a prezzi di rivendita fissi o minimi e che risultino da pressioni esercitate da una della parti;

    3. divieti o restrizioni alla rivendita attiva o passiva, alle importazioni ed esportazioni ad acquirenti, finali e non, fatta eccezione per a) le restrizioni alle vendite attive nel territorio di un distributore esclusivo; b) le restrizioni alle vendite attive nell'ambito di accordi di assegnazione esclusiva della clientela; c) le restrizioni alla vendita a distributori non autorizzati nell'ambito di reti di distribuzione selettiva; d) la restrizione per l'acquirente di beni e/o servizi intermedi di venderli ad altri acquirenti diretti o indiretti del fornitore;

    4. divieti o restrizioni alle forniture incrociate tra distributori, a livelli identici o diversi di distribuzione, in un sistema di distribuzione esclusiva o selettiva, ovvero tra distributori dei diversi sistemi di distribuzione suddetti, ossia distribuzione esclusiva o selettiva combinata con l'acquisto esclusivo;

    5. la combinazione, al medesimo livello di distribuzione, di distribuzione selettiva e di distribuzione esclusiva che prevedano un divieto o una restrizione della vendita attiva;

    6. la combinazione, al medesimo livello di distribuzione, di distribuzione selettiva e assegnazione esclusiva della clientela;

    7. l'obbligo per il fornitore di un bene intermedio di non venderlo come prodotto per riparazione o sostituzione sul mercato a valle indipendente.

    - Qualora venga scelto il sistema ad una soglia, l'esenzione si applicherà, al di sotto della soglia stessa, a tutte le restrizioni verticali che non rientrano nel sopraelencato nucleo «non esentabile».

    - Qualora venga scelto il sistema a due soglie, le restrizioni verticali (comprese quelle più gravi) diverse da quelle fondamentali saranno soggette alla prima soglia principale corrispondente ad una quota di mercato del 20 %. Si tratta, tra l'altro, delle restrizioni che comportano una forma di esclusività quali la fornitura esclusiva, l'assegnazione esclusiva di clientela e le clausole di non concorrenza. Come illustrato nella sezione III, generalmente le restrizioni verticali esclusive determinano con più probabilità significativi effetti anticoncorrenziali rispetto alle restrizioni non esclusive, mentre queste ultime possono spesso apportare maggiore efficienza. Nella misura in cui la distribuzione selettiva rientra nel campo di applicazione dell'articolo 85, paragrafo 1, tale soglia sarà applicata anche a questo tipo di accordi in considerazione dell'elevato potenziale di limitazione della concorrenza tra marche ed all'interno di una stessa marca. Anche gli accordi che impongono la combinazione di più contratti rientrano tra le forme soggette a questa soglia. La prima soglia si applica a tutte le forme di restrizione verticale e alle combinazioni di tali forme, ove non diversamente specificato.

    - Nell'ipotesi di un sistema a due soglie, la seconda soglia del 40 % si applicherebbe alle restrizioni verticali che, in base alla dottrina economica ed alla passata esperienza in materia, comportano effetti restrittivi sulla concorrenza meno gravi. In primo luogo, vi si trovano le forme non esclusive di contratti quali i vincoli quantitativi imposti ai fornitori o ai clienti. Poiché rimane un margine per i rapporti con altri operatori, tali forme risultano meno gravi dei corrispondenti analoghi accordi di natura esclusiva. Anche due forme di accordi esclusivi sono soggette a questa soglia: 1. la distribuzione esclusiva, che non pregiudica direttamente la concorrenza tra marche e spesso comporta una maggiore efficienza, e 2. gli acquisti esclusivi, che non comportano una preclusione o una riduzione diretta della concorrenza tra marche. Infine, tale soglia si applicherebbe anche agli accordi tra PMI.

    - Si propone di imporre un limite alla durata degli accordi di non concorrenza in considerazione dei notevoli effetti di preclusione che questi possono determinare. La Commissione sta inoltre valutando la possibilità di imporre un limite di durata anche per gli accordi di acquisto esclusivo abbinati all'imposizione di quantitativi di acquisto. Essa sta inoltre contemplando la possibilità di non imporre limiti di durata nel caso in cui il fornitore sia il proprietario dei locali presso cui opera l'acquirente o in casi assimilabili. Le linee direttrici terranno conto del rapporto particolare esistente tra investimenti a lungo termine e limiti di durata.

    - Esistono diversi accordi verticali che si ritiene generalmente - o si potrebbe ritenere in futuro - esulino dal campo di applicazione dell'articolo 85. Si tratta, tra l'altro, della distribuzione selettiva qualitativa, della richiesta di servizi e dei prezzi di vendita massimi e raccomandati, sempre che non equivalgano a sistemi di prezzi imposti.

    - Come illustrato alla fine della sezione III, i possibili effetti negativi delle restrizioni verticali sono rafforzati quando più fornitori ed i rispettivi acquirenti praticano una determinata restrizione verticale. Tali effetti cumulativi potrebbero costituire un problema in diversi settori. Una valutazione adeguata degli effetti di tale cumulo di restrizioni verticali può necessitare un'ampia indagine settoriale; di norma, solo un'autorità di concorrenza è in grado di raccogliere informazioni di così vasta portata, che non sono facilmente ottenibili dalle singole imprese. Sembra anche corretto trattare tutte le imprese allo stesso modo se contribuiscono tutte notevolmente a raggiungere l'effetto complessivo. I casi di effetto cumulativo nei quali i singoli fornitori godono dell'esenzione per categoria, verranno risolti con un ritiro di tale esenzione con effetto ex nunc. Si propone che non solo la Commissione ma anche le autorità nazionali abbiano facoltà di ritirare il beneficio dell'esenzione per categoria.

    La Commissione avrà cura di precisare i casi in cui il ritiro è poco probabile e quelli in cui, al contrario, tale ritiro è verosimile. Si propone che il ritiro sia improbabile quando meno di una determinata proporzione del mercato venga preclusa a causa di accordi simili, nonché quando la quota di mercato di una singola impresa sia inferiore ad un determinato livello.

    L'esperienza della Commissione ha evidenziato che il campo della distribuzione selettiva è quello in cui è più probabile il verificarsi di possibili conseguenze negative dovute all'effetto cumulativo di restrizioni verticali dello stesso tipo. Al fine di risolvere questo problema, è stato proposto di prevedere la possibilità di dichiarare l'esenzione per categoria inapplicabile nei confronti di imprese che pongano in essere un sistema di distribuzione selettiva su di un mercato in cui più di due terzi del totale delle vendite viene effettuato per mezzo di reti di distribuzione selettiva. Considerato che gli operatori potrebbero non essere in possesso di tali dati riguardanti un intero settore, si propone che la citata condizione non abbia efficacia automatica. A questo riguardo, il futuro regolamento di esenzione prevederà che la Commissione possa, di propria iniziativa, decretare l'avveramento della suddetta condizione in riferimento ad un mercato specifico e, al tempo stesso, stabilire un periodo di adattamento al termine del quale l'esenzione per categoria non sarà più applicabile agli accordi di distribuzione selettiva stipulati in quel mercato. Tale periodo di adattamento non sarà inferiore a sei mesi. La decisione adottata dalla Commissione a questo fine verrà pubblicata nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.

    - Si è preferito proporre un unico regolamento di ampia portata sull'esenzione per categoria, anziché una seria di regolamenti per ciascuna forma specifica di restrizione verticale o per settore. Il regolamento tratta quindi alla stessa stregua la diverse forme di restrizione verticale che hanno effetti analoghi, evitando in tal modo differenziazioni ingiustificate tra forme o settori. Si evita così, nella misura più ampia possibile, di condizionare indebitamente la scelta della formula di distribuzione da parte delle imprese. La scelta dell'impresa dovrebbe essere basata su considerazioni commerciali e non su differenze ingiustificabili relative all'esentabilità. Ciò comporta una serie di conseguenze che vengono illustrate nei paragrafi seguenti.

    - Si propone di fare rientrare la distribuzione selettiva nell'ambito di applicazione del regolamento sulle esenzioni per categoria. Si è cercato di aderire il più possibile alla politica attuale basata sulle passate decisioni della Commissione e sulle sentenze della Corte. Ciò implica che il fornitore, per rientrare nell'ambito di applicazione del regolamento sulle esenzioni per categoria, non può escludere a priori alcune forme di distribuzione e può utilizzare la distribuzione selettiva solo a patto che la natura del bene o servizio richieda una tale forma di distribuzione e che i criteri di selezione siano applicati in maniera oggettiva e non discriminatoria. Il fornitore inoltre non può specificare l'identità delle marche concorrenti che possono essere vendute dal distributore autorizzato.

    - Gli accordi verticali relativi alla fabbricazione di beni, in particolare quando implicano l'uso di know-how o di brevetti, non rientrano nel campo di applicazione del regolamento. Gli accordi di licenza ai quali si applica il regolamento n. 240/96 (16) sul trasferimento di tecnologia non rientrano nel campo di applicazione del futuro regolamento di esenzione per categoria, né vi rientrano i contratti di subfornitura oggetto della comunicazione del 1979 (17). Ciononostante, gli accordi verticali relativi alla fornitura di beni prodotti sulla base di specifiche tecniche indicate al fornitore dall'acquirente stesso, ma che non richiedono l'uso di know-how o di brevetti dell'acquirente per essere prodotti, rientrano nel campo di applicazione dell'esenzione per categoria.

    - Per quanto riguarda gli accordi verticali alla distribuzione o alla fornitura di beni o servizi, si propone che il regolamento di esenzione per categoria copra i diritti di proprietà intellettuale nella misura in cui essi non riguardino la fabbricazione di beni e 1. siano indispensabili per gli accordi esentati e ad essi complementari;

    2. contengano obblighi che non limitano la concorrenza in misura maggiore delle restrizioni verticali esonerate ai sensi del progetto di regolamento sulle esenzioni per categoria. Si tratta di restrizioni riguardanti l'utilizzo e l'applicazione di diritti di proprietà intellettuale nel contesto degli accordi verticali oggetto del futuro regolamento di esenzione.

    - Ai fini di questa esenzione per categoria, gli accordi nei quali l'acquirente di software lo rivende al consumatore finale senza ottenere in cambio alcun diritto d'autore sono considerati accordi di fornitura di beni per rivendita. Un ulteriore trattamento degli accordi sul software richiede un'analisi più approfondita.

    - Il franchising, sebbene rientri nell'ambito di applicazione del regolamento sulle esenzioni per categoria, non riceverà un trattamento di favore in quanto tale forma di accordo consiste in una combinazione di restrizioni verticali. Generalmente, il franchising è una combinazione di distribuzione selettiva e di obblighi di non concorrenza in relazione alle merci oggetto dell' accordo di franchising. Talvolta possono essere inseriti anche altri elementi, quali una clausola inerente alla località di insediamento o alla zona di competenza esclusiva. Queste combinazioni saranno assoggettate ai criteri generali stabiliti nell'esenzione per categoria.

    - Alcune forme di distribuzione, in particolare il franchising, comprendono anche la concessione dei diritti di proprietà intellettuale. Nel franchising, il trasferimento di tali diritti costituisce un elemento essenziale di tale forma di distribuzione e serve ad assimilare per quanto possibile le pratiche commerciali del concessionario a quelle del concedente. Tale concessione di licenza può implicare restrizioni che sono necessarie o complementari alle restrizioni verticali nella vendita dei beni o nella prestazione dei servizi. Mentre le restrizioni verticali sui beni o sulla prestazione di servizi sono importanti dal punto di vista concorrenziale e potrebbero far ricadere l'accordo di franchising nell'ambito di applicazione dell'articolo 85, paragrafo 1, le menzionate restrizioni necessarie o complementari devono essere esaminate alla luce dell'esigenza di tutelare il know-how fornito o di preservare l'identità e la reputazione della rete suddetta (18).

    - Il regolamento di esenzione per categoria non coprirà gli accordi verticali stipulati tra concorrenti, attuali o potenziali, con la sola eccezione degli accordi non reciproci in cui nessuna delle parti abbia un fatturato annuo che ecceda i 100 milioni di ECU.

    - Si propone inoltre che il regolamento sulle esenzioni per categoria copra gli accordi verticali delle associazioni di dettaglianti indipendenti qualora i singoli membri dell'associazione siano PMI, come definite nell'allegato alla raccomandazione della Commissione n. 96/280. Nell'ipotesi del sistema a due soglie, a tali accordi si applicherebbe la soglia inferiore. In questo caso si tratta di dettaglianti che si associano tra loro nell'ambito di un sistema di distribuzione comune per la rivendita al consumatore finale. Si ammette comunque che questo tipo di associazioni presenta alcuni aspetti orizzontali e che l'applicazione dell'esenzione per categoria è subordinata al fatto che gli accordi orizzontali non violino le disposizioni dell'articolo 85.

    - Per ragioni di coerenza ed unità di linea politica si propone di non mantenere le norme particolari in vigore per il settore della birra e della benzina (19). Non esistono sufficienti motivi economici o giuridici per continuare a mantenere un regime particolare in tali settori. Qualora un trattamento settoriale particolare sia giustificato, ne verrà tenuto debito conto nelle linee direttrici.

    - Si propone di non applicare la norma della separabilità, ma di imporre il rispetto di tutte le disposizioni dell'esenzione per categoria affinché un accordo possa beneficiare dell'esenzione.

    - Si prevede un periodo transitorio, ancora da definire, per l'adeguamento degli accordi già in essere.

    4. Conclusioni

    La nuova politica in materia di restrizioni verticali che viene proposta creerà una tutela più efficace della concorrenza consentendo alle autorità di concorrenza di concentrare i propri sforzi sui casi nei quali sussiste un potere di mercato. Eliminerà l'effetto costrittivo presente nell'attuale normativa e ridurrà i costi di applicazione delle norme da parte delle imprese. Saranno soprattutto gli operatori di minori dimensioni a beneficiare della nuova disciplina e del maggiore livello di certezza giuridica.

    La politica proposta si basa su quattro pilastri:

    - un unico regolamento onnicomprensivo sulle esenzioni per categoria applicabile a beni e servizi, che prevede una o due soglie espresse in termini di quote di mercato e basato su una «lista nera»;

    - linee direttrici che precisano la linea politica da adottare al di sopra delle soglie fissate e stabiliscono la possibilità di ritiro dell'esenzione per categoria;

    - l'adattamento dell'articolo 4, paragrafo 2 del regolamento n. 17 al fine di ridurre il numero di notifiche, di porre fine ai contenziosi artificiali dinanzi alle giurisdizioni nazionali e di rafforzare l'esecutorietà dei contratti nell'ambito del diritto civile;

    - un ruolo più significativo delle autorità nazionali della concorrenza e dei giudici nazionali nell'applicazione dell'articolo 85, paragrafo 1 al di sopra delle soglie di quote di mercato e il potere di ritiro dell'esenzione per categoria al di sotto dei massimali determinati.

    SEZIONE VI - PROCEDURA

    1. Modifiche legislative

    L'attuazione della proposta di linea politica delineata nella precedente sezione necessiterà l'adozione di tre testi normativi, e precisamente due regolamenti del Consiglio, l'uno per estendere i poteri conferiti alla Commissione dal regolamento n. 19/65/CEE, l'altro per modificare l'articolo 4, paragrafo 2 del regolamento n. 17 del 6 febbraio 1962, nonché un regolamento della Commissione che preveda un'esenzione per categoria riferita a tutte le restrizioni verticali in quasi tutti i settori della distribuzione.

    Il primo regolamento del Consiglio è necessario al fine di conferire alla Commissione la facoltà di sancire attraverso un regolamento sulle esenzioni per categoria l'inapplicabilità dell'articolo 85, paragrafo 1 a talune categorie di accordi verticali stipulati tra gli operatori economici. Ciò si rende necessario poiché l'attuale regolamento (20) è limitato a poche forme di restrizione verticale, cioè alla distribuzione esclusiva di merci per la rivendita, agli acquisti esclusivi di merci per la rivendita, agli obblighi relativi alla fornitura esclusiva ed all'acquisto esclusivo per la rivendita, e alle restrizioni imposte in relazione al conferimento o all'uso dei diritti di proprietà industriale. Esso è altresì limitato ad accordi stipulati tra due parti contraenti.

    Il secondo regolamento del Consiglio è inteso a modificare l'articolo 4, paragrafo 2 del regolamento del Consiglio n. 17 del 6 febbraio 1962, il primo regolamento di attuazione degli articoli 85 ed 86 del trattato CE. Ciò si rende necessario poiché ai sensi della vigente normativa la data di efficacia di un'esenzione non può precedere la data di notifica. La Commissione vuole modificare tale sistema in modo da non penalizzare le imprese che con questo nuovo sistema, maggiormente basato su criteri economici poiché utilizza soglie espresse in termini di quote di mercato, potrebbero commettere degli errori nel valutare la propria posizione sul mercato. La sezione IV.5 del presente documento delinea alcune misure che risultano necessarie per stabilire un livello ragionevole di certezza giuridica per gli operatori economici. La modifica proposta all'articolo 4, paragrafo 2 del regolamento n. 17 rappresenta la misura più rilevante tra quelle proposte. Infatti, ai sensi del regolamento n. 17, nella sua versione attuale, un'esenzione individuale può avere efficacia, con pochissime eccezioni, soltanto alla data della notifica e non a quella di conclusione dell'accordo. Ciò comporta che molti accordi verticali che rientrano nel campo di applicazione dell'articolo 85, paragrafo 1 del trattato siano automaticamente nulli fino a che non vengono notificati alla Commissione, nonostante soddisfino i requisiti per l'esenzione a norma dell'articolo 85, paragrafo 3. Il fatto che tali accordi siano automaticamente nulli prima della notifica ha due effetti negativi: in primo luogo un elevato numero di notifiche non necessarie e, in secondo luogo, il fatto che le regole di concorrenza vengono utilizzate come strumento strategico per evitare l'esecuzione di taluni contratti, anziché essere un mezzo di soluzione dei problemi inerenti alla concorrenza. L'obiettivo del progetto di modifica consiste nel consentire alla Commissione di esentare retroattivamente gli accordi verticali quando la notifica abbia luogo in un momento successivo. L'effetto pratico di tale modifica legislativa è che le imprese non dovranno più notificare, semplicemente a fini di certezza giuridica, gli accordi verticali che non ritengono anticoncorrenziali. Le imprese dovranno invece dedicare maggiore attenzione alla propria analisi degli effetti economici delle restrizioni verticali in questione, sapendo che nell'eventualità di un successivo contenzioso non sarebbe troppo tardi per chiedere un'esenzione ai sensi dell'articolo 85, paragrafo 3.

    I regolamenti della Commissione attualmente in vigore che concedono esenzioni per categoria nel settore della distribuzione, adottati in forza del regolamento n. 19/65/CEE del Consiglio, sono limitati agli accordi di distribuzione esclusiva (21), agli accordi di acquisto esclusivo (22), agli accordi di franchising (23), ed alla distribuzione di autoveicoli e relativo servizio di assistenza alla clientela (24). Tali regolamenti, ad eccezione dell'esenzione per categoria della distribuzione di autoveicoli, che è stata esclusa dall'attuale revisione legislativa, non possono essere modificati per essere adeguati in modo soddisfacente alle proposte delineate nella presente comunicazione. Pertanto, previa adozione dei due regolamenti del Consiglio sopramenzionati, verrà presentata una proposta di regolamento della Commissione applicabile a tutte le restrizioni verticali in tutti i settori della distribuzione - al di fuori del settore automobilistico - che coprirà, tra l'altro, la distribuzione selettiva, i servizi, i prodotti intermedi e gli accordi tra più di due parti contraenti che operino ciascuno a diversi livelli della catena distributiva. Potrebbe essere necessaria una revisione della comunicazione «de minimis» alla luce del nuovo regolamento.

    2. Fasi procedurali e scadenze

    La prima fase procedurale consisterà nell'adozione da parte del Consiglio dei due nuovi regolamenti. Soltanto dopo l'adozione dei due regolamenti del Consiglio potranno iniziare i lavori finalizzati all'adozione, da parte della Commissione, di un nuovo regolamento relativo alle esenzioni per categoria e di una serie di linee direttrici nel settore delle restrizioni verticali. La Commissione presenterà questi due documenti per consultazione agli Stati membri, ai settori professionali in causa e ai terzi interessati. Si prevede quindi che tutte le modifiche legislative richieste per dare attuazione alla nuova politica delineata nella presente comunicazione possano essere realizzate entro il 2000.

    (1) Libro verde sulle restrizioni verticali nella politica di concorrenza comunitaria, COM(96) 721 def., adottato dalla Commissione il 22.1.1997.

    (2) I servizi sono coperti unicamente dal regolamento concernente l'applicazione dell'articolo 85, paragrafo 3 del trattato a categorie di accordi di franchising [regolamento (CEE) n. 4087/88 del 30 novembre 1988].

    (3) In oltre l'80 % dei casi di concentrazione esaminati nel 1997 a norma del regolamento sulle concentrazioni le quote di mercato delle singole parti risultavano inferiori al 25 %. Poiché questi casi di concentrazione interessano unicamente le grandi imprese, e spesso nella prima fase dell'indagine viene utilizzata la definizione più restrittiva del mercato per autorizzare la concentrazione, si può desumere che in media, nella realtà economica, le quote di mercato siano ancora più basse.

    (4) L'unico settore non compreso da tale regolamento è quello della distribuzione degli autoveicoli. Cfr. Libro verde sulle restrizioni verticali nella politica di concorrenza comunitaria, pag. 2, nota 2.

    (5) Sono state poi proposte varie altre opzioni, come per esempio l'applicazione di un criterio di preclusione basato sulle quote di mercato.

    (6) Libro verde sulle restrizioni verticali nella politica di concorrenza comunitaria, punto 303.

    (7) Libro verde, punto 67.

    (8) L'argomentazione chiave per contestare la possibilità di «contrattualizzare» i requisiti in materia di servizi è che se il produttore si accordasse con un gran numero di piccoli dettaglianti i costi di gestione dei contratti sarebbero proibitivi.

    (9) Regolamento (CEE) n. 417/85 della Commissione del 19 dicembre 1984 relativo all'applicazione dell'articolo 85, paragrafo 3 del trattato CEE a categorie di accordi di specializzazione (GU L 53 del 22.2.1985, pag. 1).

    (10) Regolamento (CEE) n. 418/85 della Commissione del 19 dicembre 1984 relativo all'applicazione dell'articolo 85, paragrafo 3 del trattato CEE a categorie di accordi in materia di ricerca e sviluppo (GU L 53 del 22.2.1985, pag. 5).

    (11) Cfr. Comunicazione della Commissione sulla definizione del mercato rilevante ai fini dell'applicazione del diritto comunitario in materia di concorrenza (GU C 372 del 9.12.1997, pag. 5).

    (12) Comunicazione della Commissione concernente la cooperazione tra la Commissione e le autorità di concorrenza degli Stati membri per l'esame dei casi disciplinati dagli articoli 85 e 86 del trattato CE (GU C 313 del 15.10.1997, pag. 3).

    (13) Comunicazione della Commissione relativa alla cooperazione tra i giudici nazionali e la Commissione nell'applicazione degli articoli 85 e 86 del trattato CEE (GU C 39 del 13.2.1993, pag. 6).

    (14) Nel corso delle consultazioni sul presente documento la maggioranza degli Stati membri ha espresso una preferenza per il sistema ad una soglia.

    (15) Un progetto di regolamento del Consiglio a tal fine viene tramesso contestualmente alla presente comunicazione.

    (16) Regolamento (CE) n. 240/96 della Commissione, del 31 gennaio 1996, relativo all'applicazione dell'articolo 85, paragrafo 3 del trattato CE a categorie di accordi di trasferimento di tecnologia (GU L 31 del 9.2.1996, pag. 2).

    (17) Comunicazione della Commissione, del 18 dicembre 1978, relativa alla valutazione dei contratti di subfornitura alla luce dell'articolo 85, paragrafo 1, del trattato che istituisce la Comunità economica europea (GU C 1 del 3.1.1979, pag. 2).

    (18) Cfr. Pronuptia v. Schillgalis, causa 161/84, Racc. 1986, pag. 353, punti 23-24.

    (19) Il regolamento sulle esenzioni per categoria nel settore degli autoveicoli, valido fino al 2002, non rientra nel presente progetto legislativo.

    (20) Regolamento n. 19/65/CEE del Consiglio del marzo 1965 (GU 36 del 6.3.1965, pag. 533/65).

    (21) Regolamento (CEE) n. 1983/83 della Commissione, del 22 giugno 1983 relativo all'applicazione dell'articolo 85, paragrafo 3 del trattato a categorie di accordi di distribuzione esclusiva (GU L 173 del 30.6.1983, pag. 1).

    (22) Regolamento (CEE) n. 1984/83 della Commissione, del 22 giugno 1983 relativo all'applicazione dell'articolo 85, paragrafo 3 del trattato a categorie di accordi di acquisto esclusivo (GU L 173 del 30.6.1983, pag. 5).

    (23) Regolamento (CEE) n. 4087/88 della Commissione, del 30 novembre 1988 concernente l'applicazione dell'articolo 85, paragrafo 3 del trattato a categorie di accordi di franchising (GU L 359 del 28.12.1988, pag. 46).

    (24) Regolamento (CE) n. 1475/95 della Commissione, del 28 giugno 1995, relativo all'applicazione dell'articolo 85, paragrafo 3 del trattato a categorie di accordi per la distribuzione di autoveicoli e il relativo servizio di assistenza alla clientela (GU L 145 del 29.6.1995, pag. 25).

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