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Document 51998AR0277

    Parere del Comitato delle regioni in merito alla «Comunicazione della Commissione: Programma di azione sociale 1998-2000»

    CdR 277/98 fin

    GU C 93 del 6.4.1999, p. 56 (ES, DA, DE, EL, EN, FR, IT, NL, PT, FI, SV)

    51998AR0277

    Parere del Comitato delle regioni in merito alla «Comunicazione della Commissione: Programma di azione sociale 1998-2000» CdR 277/98 fin

    Gazzetta ufficiale n. C 093 del 06/04/1999 pag. 0056


    Parere del Comitato delle regioni in merito alla «Comunicazione della Commissione: Programma di azione sociale 1998-2000»

    (1999/C 93/09)

    IL COMITATO DELLE REGIONI,

    vista la «Comunicazione della Commissione: Programma di azione sociale 1998-2000» (COM(1998) 259 def.);

    vista la decisione della Commissione europea, del 5 maggio 1998, di consultarlo su tale argomento, conformemente al disposto dell'articolo 198 C, primo comma, del Trattato che istituisce la Comunità europea;

    vista la decisione del proprio Ufficio di presidenza, del 13 maggio 1998, di assegnare la preparazione del parere alla Commissione 5 «Politica sociale, sanità pubblica, protezione dei consumatori, ricerca e turismo»;

    visto il progetto di parere formulato dalla Commissione 5 il 9 novembre 1998 (CdR 277/98 riv.) (relatrice: Buron),

    ha adottato il 14 gennaio 1999, nel corso della 27a sessione plenaria, il seguente parere.

    1. Introduzione: la legittimità della comunicazione della Commissione

    1.1. Una nuova tappa per la politica sociale

    Il Comitato ritiene che la comunicazione della Commissione: «Programma di azione sociale 1998-2000» costituisca uno strumento fondamentale per lo sviluppo del modello sociale europeo.

    1.1.1. Le priorità del Comitato riguardo a tale modello sociale sono in particolare definite nei seguenti pareri:

    - Relazione del Comitato di esperti: «Per un'Europa dei diritti sociali e del cittadino» (11 giugno 1997),

    - «Programma a medio termine d'azione sociale 1995-1997» (20 settembre 1995),

    - «Politica sociale - uno strumento di progresso per l'Unione» (16 novembre 1994).

    Il Programma di azione sociale 1998-2000 riveste un'importanza particolare in quanto corrisponde ad una nuova tappa della politica sociale europea, caratterizzata dagli elementi qui di seguito menzionati.

    1.1.2. Una concezione globale attenta, allo stesso tempo:

    - alla promozione dell'occupazione,

    - alla lotta contro l'esclusione e per le pari opportunità,

    - alla volontà di salvaguardare, rinnovandolo, un modello di protezione sociale efficace.

    1.1.3. Fondamenti giuridici più ampi e più solidi, soprattutto grazie all'inserimento del capitolo sociale e di un titolo sull'occupazione nel Trattato di Amsterdam.

    1.1.4. Una rivalutazione della politica sociale nell'ambito delle politiche comunitarie, essendo stata finalmente riconosciuta l'interazione tra politica economica e politica sociale. Ciò si traduce, nella pratica, nell'organizzazione di Consigli congiunti dei ministri per gli Affari economici e finanziari e per gli Affari sociali. L'adozione annuale di orientamenti per l'occupazione, completata dall'esame dei Piani nazionali per l'occupazione, prefigura uno sviluppo paragonabile all'esercizio della «sorveglianza multilaterale» nel settore economico.

    1.1.5. Un nuovo impulso legislativo, mediante il ricorso agli accordi tra le parti sociali, che ha condotto all'adozione di numerose direttive importanti.

    1.2. Il modello sociale europeo: sfide ed emergenze

    Tale nuova fase era tanto più necessaria in quanto il nostro modello sociale deve affrontare numerose sfide che la Commissione giustamente sottolinea nella comunicazione:

    - un tasso di occupazione che si mantiene a livelli troppo bassi,

    - le necessità di fare fronte molto rapidamente a nuove forme di organizzazione del lavoro e alla realizzazione di una società dell'informazione,

    - l'aumento dei fenomeni di esclusione in una società d'altra parte globalmente «ricca» in rapporto al resto del mondo,

    - l'invecchiamento della popolazione,

    - l'aspirazione della società ad una democrazia più profonda e ad un autentico «dialogo civile».

    1.3. Inoltre, è sempre più evidente, al giorno d'oggi, l'emergere di tensioni tra competitività economica e modello sociale: restrizioni di bilancio e distribuzione equa delle risorse (pensioni, indennità); costo del lavoro e salario minimo, flessibilità e sicurezza... Per evitare che tali tensioni si tramutino in contraddizioni di fondo, l'Europa deve far evolvere il proprio modello sociale, senza indugi: i fenomeni di esclusione, in aumento nelle città, generano spesso razzismo e fratture tra le diverse comunità, sempre più numerosi sono gli esclusi dal mondo del lavoro, i sistemi di indennità e quelli pensionistici sono al limite della paralisi. Sarà un'evoluzione difficile, soprattutto a causa delle restrizioni di bilancio cui sono soggetti tutti i livelli di governo in Europa (nazionale, regionale, locale), ma tutti ne riconoscono la necessità.

    1.4. Il Comitato afferma la propria convinzione secondo cui il modello sociale europeo deve integrare le trasformazioni e disporre dei mezzi per anticiparle. A tal fine, è indispensabile adottare un approccio a livello europeo per garantire norme sociali minime, nonché la coesione sociale dell'Unione (che, è inoltre, il presupposto del suo dinamismo economico).

    1.5. Il ruolo degli enti locali e regionali nelle grandi trasformazioni

    In tale contesto tutti i livelli di azione pubblica (Unione, Stati, regioni, enti locali) sono interessati e alla Commissione europea spetta un ruolo fondamentale di coordinamento e di stimolo all'azione. Se è vero che la responsabilità della politica sociale interna spetta agli Stati, gli enti locali e regionali sono direttamente interessati dai mutamenti cui tale politica è soggetta. Infatti, tali cambiamenti hanno origine a livello locale, si manifestano su un territorio e gli enti locali hanno dovuto assumerne e gestirne le conseguenze. Malgrado dispongano di mezzi finanziari insufficienti per fare fronte a tali nuovi compiti, i poteri locali hanno dimostrato di sapervisi adattare: sono divenuti promotori dello sviluppo economico per favorire l'occupazione, garantiscono l'integrazione sociale, modernizzano i servizi di loro competenza per mantenere la coesione all'interno del loro territorio. Illustrano in effetti quotidianamente il principio di sussidiarietà. In nome di tale principio, le amministrazioni regionali e locali devono prendere parte all'elaborazione di una politica sociale europea e apportare il loro contributo alla ricerca di soluzioni per i problemi che affrontano ogni giorno. Infatti ancora una volta gli enti locali, soprattutto quelli di più piccole dimensioni, hanno dimostrato non solo di avere una buona conoscenza delle esigenze in evoluzione nel loro territorio, ma anche dei mezzi e degli interventi sociali più idonei a farvi fronte con successo. Ciò presuppone una migliore conoscenza (con l'ausilio di adeguati strumenti statistici) delle competenze e delle modalità d'intervento degli enti territoriali, nei diversi campi d'azione presentati nella comunicazione, in funzione delle strutture amministrative esistenti nell'Unione.

    1.6. Inoltre, il Comitato sottolinea che gli interventi degli enti territoriali per la promozione dell'occupazione e la lotta contro l'esclusione devono ottenere il necessario sostegno finanziario da parte degli Stati membri e delle politiche europee.

    Più in particolare, in merito alla comunicazione della Commissione vanno formulate le osservazioni seguenti.

    2. Le basi del rinnovamento

    La Commissione sottolinea giustamente che la politica sociale dell'Unione poggia attualmente su basi più solide e dispone di un insieme di strumenti che consentono di prepararne il rinnovamento: una base giuridica più ampia nei Trattati, l'adozione di nuove proposte legislative, l'approfondimento del dialogo sociale e l'allargamento del dibattito sulla politica sociale.

    Occorre quindi avviare il rinnovamento della politica sociale dell'Unione sia a livello delle basi dell'Unione, sia mediante azioni concrete accuratamente coordinate all'interno del quadro globale.

    2.1. L'acquis: ratifica del Trattato di Amsterdam

    La prima componente dell'acquis è il Trattato di Amsterdam. Il Comitato rammenta che, in taluni settori, occorre programmare delle azioni fin d'ora, come è stato fatto per la politica dell'occupazione, anticipando la ratifica del Trattato da parte degli Stati membri. Ad esempio, per migliorare la situazione dei portatori di handicap vanno presentate, nel rispetto delle competenze degli Stati membri, delle proposte in base all'articolo 95 del Trattato di Amsterdam e alla dichiarazione che lo correda sull'argomento.

    2.2. Proseguire i lavori in campo legislativo

    La seconda componente dell'acquis è costituita dall'insieme di direttive adottate o proposte dalla Commissione europea, nel settore della sanità e della sicurezza, delle condizioni di lavoro, delle pari opportunità. Le direttive più recenti sui comitati d'impresa, sul congedo parentale o il lavoro atipico dimostrano che lo sforzo intrapreso dalla Commissione, dal Consiglio e dal Parlamento in campo legislativo è necessario per il rafforzamento delle norme sociali minime di base, come giustamente sottolineato dalla Commissione. In particolare, il Comitato esorta la Commissione ad attuare le misure previste dall'allegato 2 della comunicazione. Detto sforzo deve peraltro proseguire innanzitutto sulla base del dialogo sociale europeo.

    2.3. Il programma di lavoro

    Il Comitato si rallegra dell'attuazione del programma di lavoro della Commissione. Rammenta che tali iniziative strategiche hanno delle ripercussioni sugli enti locali e regionali e chiede di essere consultato in merito al programma nel suo complesso.

    2.4. Il dibattito sulla politica sociale

    Il Comitato condivide l'opinione secondo cui la politica sociale europea deve tener conto di fattori quali le tendenze demografiche, la protezione sociale, la lotta contro il razzismo. È indispensabile che la politica sociale venga trattata in modo globale ed inserita nelle politiche comunitarie in generale.

    Tale inserimento non deve essere limitato a singoli elementi come le pari opportunità: occorre tener conto, sistematicamente, dell'aspetto sociale complessivo delle politiche comunitarie.

    3. Rispondere alle sfide poste da un mondo in trasformazione

    Le trasformazioni, legate in gran parte all'evoluzione del mondo del lavoro, hanno conseguenze, spesso di notevole peso, per gli enti locali, che si trovano a dover affrontare situazioni di crisi (cessazione di attività, carenze del mercato del lavoro, esclusione) e devono continuamente sperimentare soluzioni per la protezione del loro territorio. Anche se lo Stato gestisce molti aspetti della politica sociale, gli enti territoriali svolgono una crescente funzione come:

    - datori di lavoro,

    - responsabili della gestione dell'esclusione sociale,

    - promotori dell'attività economica sul territorio,

    - fornitori di servizi sociali,

    - responsabili in materia di sanità e sicurezza,

    - responsabili della partecipazione democratica dei cittadini,

    - garanti dei servizi pubblici locali e regionali.

    Gli enti locali e regionali sono pronti ad assumere tali responsabilità, a condizione di poter disporre di sufficienti risorse finanziarie.

    3.1. Nel campo d'azione del «sociale» in senso stretto: il ruolo specifico del livello locale: fornire servizi

    La disoccupazione rappresenta la sfida principale: il tasso di occupazione rimane troppo basso, per ragioni spesso molto diverse, tra cui desta particolare preoccupazione l'insufficienza delle qualificazioni. Inoltre, dalla perdita dell'impiego o dall'impossibilità di accedere al mercato del lavoro derivano l'esclusione, la povertà e la necessità di adeguare i sistemi di formazione. Anche se gli enti territoriali dispongono solo di un limitato margine di manovra in materia di politica economica, svolgono tuttavia un loro ruolo nel sostenere lo sviluppo delle imprese e nel promuovere l'istruzione e la formazione, oltre a dover soprintendere alla prestazione dei servizi ai cittadini (assistenza, alloggi, cure, integrazione sociale e civile). A tal fine devono modernizzare la loro amministrazione.

    3.2. Le forme e l'organizzazione del lavoro si trasformano: a tali mutamenti è possibile rispondere con l'adattabilità e la flessibilità, se definite nell'ambito della contrattazione e nel rispetto della sicurezza.

    3.3. L'esclusione sociale resiste alle politiche fondate sugli aiuti di Stato e mette a rischio il modello sociale europeo. A livello locale e regionale sono in corso di sperimentazione nuove forme di lotta contro l'esclusione sociale: tali esperienze devono alimentare la riflessione a livello nazionale ed europeo sul tema del rinnovamento della politica sociale.

    3.4. Il Comitato sottolinea l'importanza di recensire le competenze e le diverse azioni condotte dagli enti locali e regionali europei in tali settori e chiede agli Stati membri e al Consiglio di vigilare affinché sia presa in considerazione la partecipazione di tali enti alle suddette politiche. Tale inventario è indispensabile soprattutto perché l'Unione europea possa, specie nella prospettiva della prossima riforma dei fondi strutturali, tener pienamente conto delle varie azioni avviate in campo sociale dagli enti regionali e locali.

    3.5. Per quanto concerne la politica della concorrenza, il Comitato invita la Commissione a vigilare affinché non vi sia contraddizione tra la politica della concorrenza (controllo della concessione degli aiuti regionali o di Stato) e lo sviluppo dell'occupazione sui territori.

    3.6. La necessità di una conoscenza a livello statistico e di indicatori

    Responsabili di numerosi aspetti della politica sociale, in ragione delle loro competenze e della loro prossimità, gli enti locali non dispongono di indicatori e di conoscenze di tipo statistico per valutare, al contempo, l'evoluzione dei dati sociali e della demografia sul loro territorio e l'impatto delle azioni da loro intraprese. Inoltre, le istituzioni comunitarie necessitano di indicatori a livello locale per valutare la politica di coesione, le politiche urbane, l'impatto dei fondi strutturali e portare nuovi elementi alla riflessione sullo schema di sviluppo dello spazio europeo (SSSE). Per evitare un onere finanziario eccessivo per gli enti locali, tale azione andrebbe integrata nell'attività statistica dell'UE.

    Il Comitato chiede che tali indicatori vengano elaborati a livello locale o regionale (NUTS II o III).

    3.7. Per la costruzione europea nel suo insieme: L'integrazione tra l'economia e il sociale

    L'Europa è sul punto di completare, con l'unione monetaria, l'integrazione del mercato interno. Se i dettami dell'economia sono fondamentali, l'aspetto sociale non ne va per nessun motivo disgiunto e occorre tenere conto delle interazioni tra il piano economico e quello sociale. La Commissione, gli Stati membri e gli enti locali e regionali necessitano di elementi per poter dare il giusto peso a tale compenetrazione e devono sviluppare le discussioni e gli scambi per garantire il coordinamento tra politica economica e sociale a tutti i livelli.

    3.8. I dati demografici

    La Commissione sottolinea giustamente l'importanza del problema. Le tendenze demografiche hanno ed avranno sempre più delle ripercussioni sul sistema dell'occupazione e della protezione sociale, ma anche sulle condizioni abitative, l'assistenza, i servizi alla popolazione. Tali settori rientrano nelle competenze degli enti locali: per quanto comportino un aumento degli investimenti, possono anche essere creatori d'occupazione.

    3.9. L'ampliamento

    Il rinnovamento del modello sociale europeo deve tenere conto dell'ampliamento dell'Unione. Il recepimento dell'acquis comunitario costituisce una condizione imprescindibile per l'adesione di nuovi Stati membri. I futuri Stati membri hanno strutture economiche, sociali e demografiche considerevolmente diverse da quelle degli attuali Stati dell'Unione. La loro adesione deve essere progettata in anticipo, al fine di prevenire determinati effetti quali le differenze in materia di costo del lavoro, di protezione sociale, di condizioni di lavoro. Un adeguamento repentino non è immaginabile per tali paesi, è quindi di primaria importanza assisterli nel preparare fin d'ora gli adattamenti necessari per mantenere la coesione nell'Europa di domani.

    3.10. Associare i futuri Stati membri al Comitato delle regioni

    Il Comitato ritiene che, anche se non sono attualmente sviluppati in tali paesi, gli enti locali e regionali dovranno svolgere un ruolo fondamentale nel processo in questione, in virtù della loro vicinanza ai cittadini. Il Comitato invita l'Unione a conferire agli enti locali e regionali dei futuri Stati membri uno statuto di osservatori in seno al Comitato, per consentire una loro partecipazione attiva all'ampliamento dell'Unione.

    3.11. Scambi di esperienze

    Il Comitato auspica inoltre che vengano agevolati gli scambi di esperienze con gli enti locali dei futuri Stati membri, incentrati su argomenti specifici. Il Comitato chiede che venga loro proposto di riesaminare il programma Phare per includervi una componente relativa alla politica sociale.

    4. Le prossime tappe: priorità al cambiamento

    Il Comitato condivide gli obiettivi definiti dalla Commissione: il progresso sociale deve andare di pari passo con il progresso economico. Se il concetto di livello di vita ha un'importanza primaria, esso deve includere il rispetto della qualità della vita, della parità di opportunità, della coesione sociale. Inoltre, se l'occupazione è fondamentale, la qualità della vita (condizioni abitative, trasporti, istruzione) agevola l'accesso all'occupazione. Per tali aspetti gli enti locali e regionali svolgono un ruolo fondamentale.

    4.1. Gli strumenti: Il partenariato

    Il livello locale come territorio naturale del partenariato. Strutturare tale partenariato:

    La Commissione sottolinea che il partenariato è lo strumento privilegiato per rinnovare la politica sociale europea. Il Comitato concorda con tale affermazione. La Commissione auspica che il partenariato consenta di approfondire il dibattito sulla politica sociale grazie al dialogo politico, sociale e civile. Il Comitato fa presente che la sede privilegiata della costruzione di tale dialogo è il livello territoriale. È a livello locale e regionale che i partner politici, economici e sociali possono riunirsi per definire strategie comuni e raggiungere un consenso politico.

    4.2. Occorre anche prendere in considerazione un fattore nuovo: l'emergere della cittadinanza europea e l'aspirazione al dialogo civile a complemento del dialogo sociale che ha trovato una sua collocazione nel sistema istituzionale.

    4.3. È a livello locale che il dialogo «civile» con i cittadini è più efficace, intorno ad obiettivi comuni e accettati. Gli enti locali e regionali sono partner di primo piano sia per le politiche dell'occupazione che per una società dell'inclusione.

    4.4. Il Comitato approva il rafforzamento del principio di partenariato operato dalla Commissione nei fondi strutturali e chiede che lo stesso principio venga applicato alla riflessione sulla politica sociale europea. Gli enti locali e regionali devono poter partecipare alla fase di elaborazione di tale politica, vista la loro esperienza, alla fase di attuazione, che li riguarda, e alla fase di valutazione, nel quadro di un programma coordinato dalla Commissione europea.

    4.5. La creazione di forum di scambio

    La Commissione ha costituito dei gruppi di lavoro su temi di interesse diretto degli enti locali e regionali (anticipare le trasformazioni industriali, ad esempio). Il Comitato rammenta che gli enti locali e regionali sono troppo spesso assenti da tali sedi di riflessione e chiede di essere rappresentato in futuro all'interno di tali gruppi, oltre che nelle «discussioni periodiche», cui fa riferimento la comunicazione della Commissione. In particolare, il Comitato vorrebbe continuare ad essere associato ai Forum sociali europei, la cui preparazione dovrà svolgersi in collegamento con gli enti locali e regionali. È anche necessario che questi ultimi vengano associati ai dibattiti sulla politica sociale che potrebbero essere organizzati dalle prossime presidenze di turno dell'Unione.

    4.6. Sostegno finanziario: accesso agevolato per gli enti locali

    Il Comitato delle regioni accoglie favorevolmente le proposte presentate dalla Commissione sul FSE e l'obiettivo 3. Fa presente, tuttavia, che la dimensione delle «risorse umane» richiede che la programmazione, l'esecuzione e il controllo vengano condotti il più vicino possibile alle realtà locali. Sottolinea anche la necessità di prevedere un sostegno per l'attuazione di programmi pilota destinati agli enti locali, in particolare nel settore dell'occupazione. Gli enti territoriali devono disporre di un accesso chiaramente definito a tali finanziamenti, con modalità di gestione semplificate.

    4.7. Le misure proposte

    L'occupazione

    Il quadro: associare gli enti locali ai PAN e alla valutazione in merito

    La Commissione mette in evidenza che la convergenza delle politiche dell'occupazione decisa dall'Unione è un complemento indispensabile alla convergenza economica e monetaria. Tale convergenza verrà realizzata per mezzo dei Piani nazionali per l'occupazione, elaborati da ciascuno Stato membro. Nella comunicazione, la Commissione sottolinea la necessità di associare gli enti regionali e il Comitato insiste su questo punto. L'esame dei PAN del 1998 dimostra che gli enti locali e regionali, malgrado il ruolo chiave che svolgono in materia di occupazione, sono stati solo scarsamente consultati per la preparazione dei piani e troppo raramente associati alla loro attuazione.

    4.8. Il Comitato chiede al Consiglio di essere associato alla definizione degli orientamenti in materia di occupazione e insiste affinché gli Stati membri associno gli enti locali e regionali all'attuazione dei Piani d'azione nazionali per l'occupazione. È indispensabile, infatti, che le politiche locali per l'occupazione vengano integrate in tale dispositivo e che non siano più soltanto delle azioni puntuali di «recupero»: esse devono far parte di una strategia globale.

    Le azioni

    4.9. La Commissione intende avviare, a partire dal 1998, alcuni dibattiti di interesse per gli enti locali e regionali, ai quali il Comitato vorrebbe essere associato:

    4.9.1. Livello di vita e tasso di occupazione; il miglioramento del livello di vita deve essere realizzato con l'obiettivo di ridurre le disparità tra le regioni, per garantire la coesione territoriale dell'Unione.

    4.9.2. Sviluppare lo scambio di informazioni a livello locale: il Comitato sottolinea la necessità di tale scambio di informazioni, di migliori pratiche e di innovazioni per quanto riguarda il mercato del lavoro. Tale strumento non deve essere limitato al livello nazionale, ma deve consentire di misurare gli effetti delle dinamiche locali, le differenze da colmare.

    4.9.3. Tenendo conto del fatto che le innovazioni si manifestano spesso a livello locale, è necessario che tale programma di scambio di esperienze e di informazioni avvenga su base locale/regionale. Inoltre, gli enti devono poter interpretare tali informazioni al fine di effettuare una diagnosi della situazione e degli sviluppi sul loro territorio. La base di dati deve anche essere coerente con i criteri impiegati per l'assegnazione dei fondi strutturali.

    4.9.4. Il Comitato vorrebbe essere consultato sull'elaborazione di tale base di dati, che dovrà essere facilmente accessibile agli enti territoriali.

    4.9.5. Lavoro sommerso: è una forma di attività contraria ai diritti fondamentali dei lavoratori, ma rappresenta in alcuni paesi una componente, talvolta consistente, delle attività locali. Gli enti locali e regionali possono, in quanto livello di governo più vicino ai cittadini, svolgere un ruolo importante nell'individuazione di tali pratiche di lavoro sommerso e nel reinserimento nel mercato del lavoro dei lavoratori interessati, soprattutto delle categorie più deboli. Gli enti locali e regionali possono senz'altro essere degli alleati preziosi nella lotta contro il lavoro minorile.

    4.9.6. Sostegno allo spirito imprenditoriale: il Comitato sottolinea l'appoggio concesso dagli enti territoriali alla creazione di PMI.

    4.9.7. Modernizzazione dei servizi pubblici dell'occupazione: lo studio delle pratiche mostra che taluni servizi distribuiti e decentrati sono più efficaci in quanto più vicini alle esigenze di coloro che cercano un impiego e delle imprese. Gli enti locali e regionali devono essere associati a tali processi di modernizzazione.

    4.9.8. Misure locali di sviluppo: tali misure innovative per l'avvio di attività sono alla base della creazione di occupazione in Europa. Mentre talune si richiamano all'economia sociale, altre intervengono direttamente nel settore commerciale. Tali pratiche sono state analizzate dal Nucleo prospettive della Commissione europea. Il Comitato appoggia tale azione, chiedendo che la Commissione prosegua tale lavoro e che i risultati siano diffusi nel modo più ampio e di più facile accesso per gli enti territoriali (soprattutto tramite Internet). Il Comitato auspica anche che la Commissione continui a sostenere i Patti territoriali per l'occupazione. Ribadisce che gli enti regionali e locali devono poter disporre delle risorse umane e finanziarie necessarie all'attuazione di tali azioni innovatrici e che l'ingegneria dello sviluppo locale deve poter trovare ampio sostegno nell'ambito dei fondi strutturali.

    4.10. Aggiornamento dei programmi di istruzione e di formazione: in funzione delle loro competenze in tali settori, gli enti territoriali parteciperanno ai nuovi programmi comunitari e devono essere associati alla loro preparazione.

    4.10.1. Spirito imprenditoriale, adattabilità e formazione: gli enti territoriali, promotori dello sviluppo economico, forniscono già dei servizi per agevolare la costituzione di imprese, adeguati alle specificità locali (centri d'affari, servizi comuni di gestione). Inoltre, tali enti possono individuare, in partenariato con le imprese del luogo, le esigenze di formazione e di adattamento del personale. Il Comitato auspica che tale dialogo tra settore privato ed enti locali per l'adeguamento delle risorse umane venga preso in considerazione all'interno del futuro obiettivo 3 dei fondi strutturali.

    4.10.2. Parità di opportunità: agli enti territoriali spetta un ruolo in tale settore, in quanto fornitori dei servizi che consentono di attuare tale parità: strutture di accoglienza per i bambini e gli adulti a carico, mobilità dei disabili. Essi attuano misure di sostegno a favore degli strati più vulnerabili della popolazione (giovani, donne, disoccupati di lunga durata, ecc.). L'esperienza di cui dispongono deve essere presa in considerazione nell'elaborazione dei programmi europei.

    4.10.3. Esigenze familiari: le strategie per l'occupazione che tengono conto della vita familiare e dell'evoluzione delle strutture familiari non possono essere elaborate senza instaurare una stretta collaborazione con gli enti locali, responsabili delle strutture di accoglienza e di assistenza, e senza considerare le esigenze degli anziani in materia di servizi.

    4.10.4. Libera circolazione: anche su tale argomento occorre che gli enti locali e regionali, soprattutto delle zone di confine, cooperino con la Commissione, con l'obiettivo di attuare dei programmi pilota in tali aree.

    4.11. Il mondo del lavoro in trasformazione

    4.11.1. Sviluppare il dialogo sociale

    Il Comitato delle regioni raccomanda una futura partecipazione attiva al dialogo sociale da parte degli enti locali e regionali, che rappresentano il livello di base del «contratto sociale» e della democrazia.

    4.11.2. Essendo gli enti locali e regionali importanti datori di lavoro, il Comitato appoggia gli organismi che partecipano e promuovono il dialogo sociale a livello settoriale e ritiene auspicabile che i datori di lavoro nell'ambito degli enti territoriali possano essere associati all'attuazione della legislazione europea sul lavoro, secondo modalità adeguate ai diversi sistemi amministrativi degli Stati membri.

    4.11.3. Telelavoro

    Il telelavoro può essere un mezzo per creare posti di lavoro in zone lontane dai tradizionali centri di servizi. Per garantire un adeguato sviluppo del telelavoro, il Comitato raccomanda la definizione di uno statuto che garantisca la tutela dei telelavoratori, tenendo conto della specificità di questo tipo di lavoro, legata al territorio in cui l'attività viene esplicata.

    4.11.4. Anticipare i mutamenti

    L'anticipazione dei mutamenti industriali rappresenta un aspetto essenziale per gli enti locali e regionali. Riflessioni di questo genere sono indispensabili per evitare crisi economiche e tensioni sociali nei territori interessati. Anche il problema della coerenza in materia di aiuti pubblici e fondi strutturali va esaminato su base locale/regionale. Il Comitato deplora di non essere stato associato alle iniziative seguite ai lavori condotti in materia dall'apposito gruppo di studio di alto livello e chiede che nei lavori futuri si tenga conto delle dimensioni territoriale.

    4.11.5. Società dell'informazione e nuovi servizi

    La società dell'informazione interessa gli enti locali e regionali su due fronti: l'organizzazione interna e i servizi resi ai cittadini. Gli enti locali gestiscono settori nei quali la società dell'informazione ha importanti conseguenze (sanità, sicurezza, trasporti ...): essi devono pertanto compiere un notevole sforzo di adeguamento della loro manodopera e struttura al fine di trarre il massimo profitto da tali tecnologie. Inoltre, gli enti locali hanno una funzione nel permettere l'accesso di tutti i cittadini alla società dell'informazione: devono agire da catalizzatore tra lo sviluppo industriale e le esigenze dei cittadini, onde evitare che si crei un divario tra i cosiddetti «iniziati» e coloro che non hanno accesso alle tecnologie.

    4.11.6. Il Comitato sottolinea che le nuove tecnologie modificheranno il rapporto democratico tra cittadino e amministrazione territoriale e produrranno nuove modalità di partecipazione democratica. Il Comitato auspica che risorse e competenze vengano messe a disposizione degli enti locali nell'ambito di programmi specifici e dei fondi strutturali.

    4.11.7. Salute e sicurezza

    Gli enti locali e regionali sono doppiamente interessati a tale problema:

    - in quanto datori di lavoro;

    - in quanto responsabili dell'ambiente: a tale riguardo è importante coordinare le direttive sull'ambiente e quelle relative alla salute e sicurezza.

    4.12. Una società fondata sull'integrazione

    È soprattutto in questo settore che l'intervento degli enti locali risulta indispensabile, perché serve un'azione sul campo, quanto più vicina al cittadino, in modo da garantire un monitoraggio personalizzato. Le politiche «pubbliche», che, come giustamente sottolineato dalla Commissione, svolgono una funzione insostituibile, vengono per lo più condotte a livello locale, regionale o urbano, anche se rientrano in sistemi di protezione sociale nazionali.

    Protezione sociale

    4.13. Scambio di esperienze positive

    Nel valutare i progressi compiuti in materia di convergenza dei sistemi di protezione sociale, sarebbe opportuno disporre di una valutazione comparata del ruolo svolto dai livelli locali di governo in tali sistemi (finanziamento, attuazione).

    4.14. Agevolare il passaggio al lavoro autonomo

    Una fonte di lavoro ancora poco sfruttata in Europa, ad esempio rispetto agli Stati Uniti, è la creazione di imprese. Questa viene frenata soprattutto dal problema della protezione sociale, che risulta meno favorevole rispetto al lavoro subordinato. Gli enti locali e regionali erogano aiuti a favore di coloro che avviano nuove imprese. Il Comitato invita gli Stati membri e la Commissione ad accompagnare tale sforzo a favore dei neoimprenditori con una riflessione sul passaggio al lavoro autonomo. Sottolinea l'importanza che tale dinamica a sostegno della creazione di microimprese riveste per le zone rurali svantaggiate, come pure per le aree urbane in difficoltà e gli strati vulnerabili della popolazione (donne, giovani...). Il Comitato, in tale contesto, propone anche che si esplorino le possibilità di sostegno per le imprese di economia sociale e si faccia in modo che i loro soci non siano discriminati rispetto ai lavoratori subordinati.

    4.15. Tendenze demografiche

    Tenuto conto dell'importanza che l'evoluzione demografica e i movimenti migratori rivestono per i territori locali (attrattiva di certe località per gli anziani), il Comitato auspica di poter partecipare alle riflessioni condotte in proposito dalla Commissione che deve rendersi pienamente conto della dimensione territoriale di tali questioni.

    4.16. Mobilità e pensioni

    La mobilità dei lavoratori potrebbe ovviare alla carenza di manodopera qualificata che si riscontra in alcuni bacini occupazionali. Occorre agevolare la mobilità, specie riconoscendo la possibilità di trasferire le pensioni all'interno dell'Unione europea. Col tempo la convergenza dei sistemi di protezione sociale e dei regimi fiscali favorirà la mobilità dei lavoratori.

    4.17. Strumenti d'integrazione a livello locale

    Al pari della Commissione, il Comitato raccomanda il passaggio da misure d'integrazione passive (indennità) a misure attive (reinserimento nel mercato del lavoro, economia sociale, ...). Gli enti locali e regionali ne fanno già ampio uso.

    4.18. Il Comitato invita la Commissione a prevedere, come menzionato nella sua comunicazione, misure concrete per coinvolgere gli operatori locali in una riflessione sulle politiche preventive in materia di esclusione. Il Comitato ricorda che sono le città ad essere maggiormente colpite dal fenomeno dell'esclusione, che mette a repentaglio la sicurezza urbana, la coesione della città e il sentimento di cittadinanza. Sottolinea il ruolo degli enti territoriali nella lotta contro l'analfabetismo e per l'integrazione degli immigrati.

    4.19. Il Comitato ricorda che il problema dei rifugiati interessa in modo particolare alcuni paesi europei e appoggia l'iniziativa della Commissione di elaborare un programma in proposito.

    4.20. Pari opportunità

    Il Comitato ha espresso il suo impegno a favore della parità e della lotta contro le discriminazioni. Le iniziative locali svolgono un ruolo importante in questo campo per garantire la coesione sociale e l'integrazione sul territorio.

    4.21. Sanità pubblica

    Gli enti locali e regionali devono tener conto di alcuni mutamenti demografici (invecchiamento della popolazione) e adottare misure per farvi fronte. Anche in questo campo è necessario disporre di statistiche locali e regionali. Inoltre, scambi di esperienze positive a livello europeo permetteranno di individuare interventi innovativi e trasferibili.

    5. La dimensione esterna

    5.1. Lo scambio di esperienze tra enti locali costituisce un punto di partenza per la promozione del modello sociale europeo. L'inserimento di una clausola sociale negli accordi dell'Organizzazione mondiale del commercio consentirebbe inoltre di affermare con forza la rilevanza della dimensione sociale a livello mondiale.

    5.2. Anche se il modello sociale europeo non è direttamente esportabile, l'Europa può, come sottolinea la Commissione, «promuovere il progresso sociale sulla scena mondiale». I programmi di cooperazione interregionale della Commissione europea possono essere un veicolo di promozione di tale progresso sociale. Il Comitato raccomanda di inserire un capitolo sociale nella futura iniziativa comunitaria che disciplinerà la cooperazione interregionale esterna.

    6. Conclusioni

    Il Comitato appoggia gli obiettivi definiti nella comunicazione della Commissione, nonché le misure previste per salvaguardare la qualità del modello sociale europeo di fronte ai mutamenti socioeconomici. Il Comitato ricorda che gli enti locali e regionali, grazie alla loro vicinanza alla realtà socioeconomica e capacità d'innovazione, hanno da svolgere un ruolo centrale in proposito. Per consentire agli enti locali e regionali di contribuire pienamente ed efficacemente alla riflessione sul futuro del modello sociale europeo.

    Il Comitato delle regioni auspica:

    6.1. di essere associato alle politiche comunitarie sull'occupazione, in particolare alla definizione degli orientamenti europei in materia di occupazione a partire dal 2000, e chiede agli Stati membri di elaborare i piani d'azione nazionali per l'occupazione in partenariato con gli enti locali e regionali;

    6.2. di essere consultato sulla creazione, su base locale e regionale, di una banca dati sulla politica sociale, in modo da poter disporre di elementi statistici di confronto e valutazione della coesione sociale in Europa;

    6.3. che gli enti locali e regionali, in quanto datori di lavoro, partecipino al dialogo sociale europeo;

    6.4. di svolgere un ruolo nel processo di consultazione europeo sulla politica sociale e, in particolare, di contribuire alla preparazione di un prossimo Forum sociale europeo, che dovrebbe dare maggiore spazio agli enti locali;

    6.5. che la Commissione elabori programmi di sostegno alle azioni pilota e innovative promosse dagli enti locali e regionali;

    6.6. che gli enti territoriali dei futuri Stati membri dell'Unione europea vengano associati alle politiche sociali comunitarie, specie in materia di occupazione, e possano partecipare ai lavori del Comitato delle regioni.

    Bruxelles, 14 gennaio 1999.

    Il Presidente del Comitato delle regioni

    Manfred DAMMEYER

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