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Document 51996IE1263

Parere del Comitato economico e sociale in merito a «La sfida globale del commercio internazionale: Una strategia di accesso ai mercati per l'Unione europea»

GU C 56 del 24.2.1997, p. 47–52 (ES, DA, DE, EL, EN, FR, IT, NL, PT, FI, SV)

51996IE1263

Parere del Comitato economico e sociale in merito a «La sfida globale del commercio internazionale: Una strategia di accesso ai mercati per l'Unione europea»

Gazzetta ufficiale n. C 056 del 24/02/1997 pag. 0047


Parere del Comitato economico e sociale in merito a «La sfida globale del commercio internazionale: Una strategia di accesso ai mercati per l'Unione europea»

(97/C 56/10)

Il Comitato economico e sociale, in data 31 ottobre 1996, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 23, terzo comma, del Regolamento interno, di elaborare il parere in merito a «La sfida globale del commercio internazionale: Una strategia di accesso ai mercati per l'Unione europea».

La Sezione «Relazioni esterne, politica commerciale e dello sviluppo», incaricata di preparare i lavori in materia, ha formulato il parere sulla base del rapporto introduttivo del relatore, van Dijk, in data 17 ottobre 1996.

Il Comitato economico e sociale ha adottato, nel corso della 339a sessione plenaria (30-31 ottobre 1996), con 49 voti favorevoli, 1 voto contrario e 1 astensione, il seguente parere.

1. Introduzione

1.1. Al termine dell'Uruguay Round del GATT, si è deciso di fondare l'Organizzazione mondiale del commercio (OMC) la cui seduta d'insediamento ha avuto luogo a Marrakech. Il compito di tale Organizzazione consiste nel sorvegliare l'attuazione dei risultati dell'Uruguay Round. Il primo incontro ministeriale si terrà a Singapore nel dicembre 1996.

1.2. Al fine di dare maggiore impulso ad un sistema commerciale multilaterale aperto e di acquisire il più ampio sostegno ai persistenti sforzi a favore dell'apertura del mercato a livello globale, la Commissione europea ha pubblicato una comunicazione in cui definisce una nuova strategia intesa a facilitare l'accesso ai mercati nei Paesi terzi, ed espone gli obiettivi dell'Unione europea per la Conferenza ministeriale di Singapore ed il futuro ordine del giorno dell'Organizzazione mondiale del commercio, contribuendo in tal modo alla creazione di consenso a favore del nuovo programma commerciale.

1.3. Breve esame del contenuto del documento della Commissione

La prosperità dell'Unione europea dipende in larga misura dagli scambi e dagli investimenti esteri. L'Unione ha un'economia aperta, all'interno della quale molti posti di lavoro dipendono dalle esportazioni, tanto che la politica commerciale comune costituisce un elemento fondamentale del Trattato CE.

L'apertura dell'economia alla concorrenza internazionale offre numerosi benefici sia per le imprese che per gli individui. Ciononostante, le imprese europee si trovano di fronte a svariati ostacoli al di fuori dei confini dell'UE. È pertanto necessario che la Comunità cerchi di migliorare l'accesso al mercato dei paesi terzi pur continuando ad aprire gradualmente il proprio mercato.

Di conseguenza, nella Comunicazione del 14 febbraio 1996 intitolata «La sfida globale del commercio internazionale: Una strategia di accesso ai mercati per l'Unione europea» la Commissione formula una serie di proposte per l'attuazione di questa strategia.

Le proposte si configurano come obiettivi espliciti: i partner commerciali della Comunità devono aderire ed adempiere agli obblighi derivanti dagli accordi previsti dall'OMC, mentre la Comunità dovrebbe fare in modo di rispettare i propri obblighi in base a tali accordi. Nel quadro della politica commerciale, gli strumenti esistenti di apertura dei mercati andrebbero utilizzati appieno. La Comunità deve inoltre intervenire per eliminare o ridurre tutti gli ostacoli ai flussi economici. Le imprese devono infine essere informate delle risorse disponibili, compresi gli strumenti di politica commerciale, destinate a tutelare la Comunità contro le pratiche commerciali sleali.

La Comunità dispone di due principali categorie di strumenti per conseguire tali obiettivi: gli strumenti a livello multilaterale (attuazione e consolidamento dei risultati dell'Uruguay Round, varie misure volte ad aprire i mercati e ad individuare nuove aree di liberalizzazione) e quelli a livello bilaterale (negoziati bilaterali generali o specifici per settore e l'efficace attuazione degli accordi che prevedono un maggior accesso ai mercati o la liberalizzazione degli scambi con singoli paesi terzi o raggruppamenti regionali). Queste due serie di strumenti possono essere integrate da politiche di accompagnamento, ovvero azioni destinate ad aumentare le opportunità di esportazione delle ditte europee (riconoscimento reciproco, cooperazione industriale, iniziative specifiche di promozione delle esportazioni).

In questa prima analisi, che la Commissione auspica di affinare e sviluppare successivamente, ci si sofferma essenzialmente sulla questione di un migliore accesso ai mercati mondiali che costituisce uno dei principali obiettivi della Comunità. Pur offrendo tutto il proprio appoggio all'OMC, la Commissione sottolinea il fatto che la prossima sessione di negoziati OMC dovrebbe privilegiare i problemi la cui soluzione creerebbe nuove opportunità per le imprese europee.

2. Osservazioni di carattere generale

2.1. Il Comitato economico e sociale desidera esprimere il proprio sostegno all'iniziativa della Commissione ed appoggia la strategia intesa a migliorare l'accesso ai mercati dei paesi terzi, nell'ottica della promozione delle esportazioni europee e, quindi, della creazione di più posti di lavoro in Europa. Desidera inoltre richiamare l'attenzione dell'OMC perché vengano applicati appieno i risultati del GATT-Uruguay Round e gli accordi raggiunti a Marrakech. L'OMC dovrebbe svolgere un ruolo importante nella sorveglianza di tale procedura.

2.2. Secondo il Comitato, l'obiettivo principale della politica commerciale dell'Unione europea consiste nel realizzare un sistema commerciale multilaterale leale, equo e regolamentato, e non nella semplice liberalizzazione commerciale. In questo quadro, il Comitato ribadisce che il libero commercio mondiale non costituisce un fine in sé, bensì un mezzo per realizzare la crescita economica sostenibile ed il benessere sociale per tutti i partecipanti al sistema multilaterale. L'OMC dovrebbe pertanto definire una serie globale di regole sulla concorrenza leale, in modo da instaurare condizioni di parità.

2.3. Questo principio verrà elaborato nei seguenti capitoli su concorrenza, investimenti, contesto sociale e ambiente.

2.4. Il Comitato invita la Commissione a promuovere attivamente l'adesione della Cina e della Russia all'OMC. Ciò accrescerebbe gli effetti degli accordi raggiunti nel quadro dell'OMC.

3. Scambi commerciali e politiche di concorrenza

3.1. Tra i punti iscritti al nuovo «ordine del giorno degli scambi» dell'OMC, il Comitato evidenzia in modo particolare il futuro dibattito sugli scambi e sulla politica di concorrenza. Quest'ultima persegue la salvaguardia della concorrenza sui mercati nazionali e dell'Unione europea al fine di promuovere l'efficienza economica ed il benessere dei consumatori. Detta politica comprende la concorrenza tradizionale o la legislazione antimonopolistica sui vincoli alla concorrenza nel settore privato, ma anche regolamenti pubblici che influenzano direttamente o indirettamente la condotta delle imprese e la struttura industriale. Un sistema commerciale multilaterale regolamentato si prefigge l'aumento del benessere economico e sociale globale agevolando i flussi commerciali e di investimenti globali. In quest'ambito i negoziati OMC dovrebbero perseguire innanzitutto il consolidamento del sistema commerciale mondiale e la promozione della concorrenza grazie all'istituzione di un quadro di politica multilaterale inteso ad evitare potenziali conflitti tra obiettivi commerciali e di politica di concorrenza.

3.2. Accordi multilaterali sulla concorrenza esistono nell'ambito dell'UE, dell'Accordo di libero scambio nordamericano (NAFTA) e dell'accordo commerciale «Closer Economic Relations» (CER) tra l'Australia e la Nuova Zelanda. Tra di essi, l'UE costituisce l'unico esempio di autorità sopranazionale in materia di concorrenza. Sia l'UNCTAD che l'OCSE in passato hanno cercato di elaborare delle regole di condotta per le imprese multinazionali. Tali regole sono riportate nell'«UNCTAD Restrictive Business Practices Code» del 1980 (Codice UNCTAD sulle pratiche restrittive delle attività delle imprese) e nell'«OECD Guidelines for Multinational Enterprises» del 1976 (Orientamenti OCSE per le imprese multinazionali) e ricevono l'appoggio della comunità economica internazionale e dei sindacati. Sono tuttavia di natura facoltativa e sinora le politiche di concorrenza non presentano istituzioni e procedure multilaterali trasparenti per la loro applicazione e per la composizione delle controversie. Ciò costituisce un problema particolare per i paesi terzi al di fuori dell'UE dove gli ostacoli all'accesso ai mercati sono maggiori rispetto a quelli per gli Stati membri dell'UE. Si rende pertanto necessario coinvolgere questi paesi in un processo di riforma regolamentare in vista di accordi internazionali in materia di commercio e concorrenza, facendo sì che le azioni da intraprendere in futuro non siano discriminatorie né per gli uni né per gli altri.

3.3. Un ordine del giorno per i negoziati OMC volti ad introdurre riforme potrebbe comprendere:

- la fissazione di norme per il rafforzamento delle legislazioni nazionali sulla concorrenza, includendo un ampliamento del loro campo di applicazione, ed il rispetto della trasparenza, delle procedure di applicazione e di composizione delle controversie, tenendo conto del fatto che le conseguenze sul piano internazionale delle politiche di concorrenza dipendono innanzitutto dall'impatto relativo dei regimi nazionali di concorrenza;

- l'estensione del campo di applicazione degli accordi internazionali nel campo della concorrenza e la promozione della convergenza dei principi in materia e una maggiore cooperazione antimonopolistica in vista di un'ulteriore armonizzazione internazionale della legislazione antimonopolistica, tenendo presente che un aumento della liberalizzazione commerciale comporta il rischio di una tendenza all'oligopolio a livello internazionale;

- il miglioramento delle condizioni di accesso ai mercati, sia sul piano nazionale che su quello internazionale, segnatamente nel settore dei servizi, comprendendo regole applicabili ai cartelli di importazione ed esportazione, a determinati accordi e pratiche commerciali, ai requisiti in fatto di prezzi di fabbricazione locale e ad altre disposizioni relative agli investimenti connessi al commercio ed al controllo delle fusioni.

4. Scambi commerciali ed investimenti

4.1. L'elaborazione di regole multilaterali per gli investimenti rivestirà una particolare importanza per i passi avanti che si stanno compiendo nell'accesso ai mercati. Il Comitato economico e sociale rileva che i negoziati per un Accordo multilaterale sugli investimenti (AMI) hanno raggiunto una fase assai avanzata nel quadro dell'OCSE. L'obiettivo è quello di concludere entro il maggio 1997 un accordo che preveda livelli elevati di liberalizzazione e di tutela degli investimenti ed efficaci procedure di composizione delle controversie accessibili a tutti i membri dell'OCSE e dell'Unione europea, e ai paesi che non sono membri dell'OCSE. Prendono parte ai negoziati tutti i membri dell'OCSE nonché la Commissione europea. Le difficoltà legate all'accesso dei non membri dell'OCSE vengono discusse in un programma attivo di seminari e consultazioni informali tra il Gruppo di negoziazione ed i paesi non membri interessati. Nel maggio 1996 il Consiglio ministeriale dell'OCSE ha sottoscritto un rapporto di valutazione redatto dal Gruppo di negoziazione AMI ().

4.2. Nel parere in merito all'«Armonizzazione a livello mondiale delle norme applicabili all'investimento diretto» () del 28/29 febbraio 1996 (relatore: Vasco Cal), il Comitato ha già espresso in maniera esaustiva la propria opinione sull'AMI. Essa non viene pertanto ripresa per esteso in questa sede. Nel parere si sottolineava la sempre maggiore importanza degli investimenti diretti esteri nel processo di globalizzazione e nelle relazioni tra le economie nazionali e/o regionali. Conformemente a quanto dichiarato in precedenza, il Comitato accoglie con favore gli attuali sforzi effettuati per giungere ad un'ampia definizione di investimento, ed evidenzia la necessità di una clausola d'integrazione economica regionale (REIC), al fine di evitare il rischio di clausole della nazione più favorita (NPF) e di efficaci procedure per la composizione delle controversie rendendole compatibili con quelle dell'OMC e con gli strumenti esistenti che disciplinano le controversie tra investitori e Stati. Il campo di applicazione degli accordi dovrebbe comprendere gli enti territoriali delle parti contraenti in modo da eliminare gli attuali elementi d'incertezza. Il Comitato riteneva inoltre che si dovesse rispettare il principio di trattamento nazionale, seppur con le debite eccezioni e riserve. Analogamente non si dovrebbe consentire la discriminazione opposta nei confronti delle imprese nazionali come avviene sovente nelle «zone franche con vocazione all'esportazione» («export processing zones»). Bisognerebbe mettere un freno ai tentativi di attirare gli investimenti diretti esteri (IDE) attraverso una blanda regolamentazione del lavoro ed inserire nell'AMI i principi degli strumenti esistenti, quali gli orientamenti OCSE per le imprese multinazionali, dando così un contributo positivo ai futuri negoziati sul commercio e gli investimenti nel quadro dell'OMC dopo la Conferenza ministeriale di Singapore.

5. Scambi commerciali e contesto sociale

5.1. Come osservato in precedenza, il commercio internazionale andrà a vantaggio di tutti a condizione che si creino condizioni di parità. Questo è possibile solamente se tutti gli Stati membri all'interno dell'OMC stabiliscono ed accettano determinate regole. Ciò vale non solo per gli investimenti e la concorrenza, ma anche per le norme sul lavoro e l'ambiente.

5.2. Per quanto riguarda le norme sul lavoro, in numerosi pareri il Comitato si è espresso a favore dell'inserimento di clausole sociali negli accordi commerciali internazionali. Nel parere sull'incidenza degli accordi dell'Uruguay Round, il Comitato ha dichiarato che la «clausola sociale» dovrebbe essere ripresa nel programma di lavoro dell'Organizzazione mondiale del commercio ().

5.3. Nel presente parere il Comitato si prefigge di esaminare l'argomento in maniera più approfondita. Vuole innanzitutto chiarire quali norme sul lavoro andrebbero incluse negli accordi sindacali internazionali. Attualmente vi è un ampio accordo in merito a cinque norme sul lavoro:

- la non discriminazione (Convenzione OIL 111);

- il divieto del lavoro forzato (Convenzioni OIL 29 e 105);

- il divieto del lavoro minorile (Convenzione OIL 138);

- il diritto di organizzarsi sindacalmente (Convenzione OIL 87);

- il diritto di concludere contratti collettivi (Convenzione OIL 98).

Tutte queste convenzioni OIL sono state ratificate da una larga maggioranza di paesi, e potrebbero quindi rientrare tra le norme accettate sul piano internazionale ().

La recente relazione dell'OCSE sul commercio e sulle norme sul lavoro ha dimostrato che l'attuazione di queste ultime può favorire lo sviluppo economico creando un nesso più stretto tra mercati e sviluppo sociale. L'OCSE ha inoltre trovato infondate le preoccupazioni espresse da alcuni paesi in via di sviluppo in merito al fatto che queste cinque norme di base avrebbero ripercussioni negative sui loro risultati economici ().

Il Comitato ritiene che, al momento, la lista delle norme di base sul lavoro non debba essere ampliata. Nel contempo invita i paesi che chiedono di includere le norme sul lavoro negli accordi commerciali internazionali a ratificare a loro volta i contratti stessi.

In occasione del vertice del G7 svoltosi a Lione in giugno, i Capi di Stato e di governo presenti hanno asserito che il rispetto di queste norme sul lavoro riconosciute a livello internazionale era parte integrante dell'obiettivo fondamentale di sviluppo sostenibile che avrebbe consentito a tutti i paesi in via di sviluppo, qualunque fosse il loro stadio di sviluppo, di condividere e partecipare ai benefici derivanti dalla globalizzazione ().

5.4. Quando un paese ratifica una convenzione dell'OIL, ha luogo una concertazione tra il governo di quel paese e l'OIL sull'adattamento della legislazione nazionale, in modo che questa sia conforme al contenuto delle disposizioni della convenzione dell'OIL. L'OIL controlla tale conformità e in una fase successiva verifica che le disposizioni della convenzione vengano applicate. Si invitano le parti sociali ed il governo a trasmettere le proprie relazioni, su cui si basa il sistema di sorveglianza. Se un paese non rispetta tutte le disposizioni della Convenzione, l'OIL denuncia il fatto. La sanzione più severa consiste nella notifica da parte dell'OIL della violazione di queste norme commessa da un determinato paese. Oltre a queste modifiche pubbliche, l'OIL non dispone di sanzioni in grado di costringere i paesi ad applicare il disposto delle convenzioni.

5.5. Sinora le norme sul lavoro sono state inserite nell'«US Trade and Tariff Act» (Legge USA sul commercio e sulle tariffe), nel Regime europeo delle preferenze tariffarie generalizzate nonché in un allegato al NAFTA (Accordo di libero scambio nordamericano). Presentando tutti questi accordi un carattere bilaterale, potrebbero essere maggiormente soggetti a pressioni protezionistiche rispetto agli accordi multilaterali. L'inclusione delle norme sul lavoro nelle attività dei forum sul commercio internazionale fornirà alla Comunità internazionale lo strumento per incoraggiare i paesi a rispettare le norme sul lavoro generalmente accettate. Il Comitato ritiene pertanto preferibile che le norme di base vengano incluse anche a livello OMC. Il Comitato considera la loro inclusione non solo uno strumento per accrescere i diritti sociali in tutto il mondo, ma anche per rafforzare il principio del libero scambio, temendo che il sostegno a detto principio possa essere pregiudicato dal preesistente disprezzo dei diritti sociali in molti paesi.

5.6. In primo luogo si dovrebbe diffondere un appello all'etica al fine di persuadere il governo interessato a rispettare le norme sul lavoro, attraverso, ad esempio, la discussione ed il dialogo. Se questa linea d'azione non dovesse sortire alcun effetto, si potrebbe ricorrere ad un intervento esortativo. Esso si è già affermato come uso comune nel regolamento SPG. Un paese può acquisire preferenze commerciali supplementari a condizione che rispetti le norme sul lavoro. Allo stesso tempo, i paesi industrializzati, in stretta collaborazione con i paesi coinvolti, dovrebbero elaborare politiche di accompagnamento. Queste ultime si prefiggerebbero di far rispettare i valori umani ai vari paesi. Se nemmeno tali strumenti dovessero influire sulla condotta del governo del paese in questione, si potrebbe proporre di concordare misure più rigorose.

5.7. Visto che l'OIL ha acquisito una grande esperienza in questo settore, dovrebbe vigilare affinché le norme fondamentali sul lavoro siano rispettate. Come esposto al punto 5.4, il ruolo di controllo dell'OIL è autonomo. Se gli strumenti utilizzati dall'OIL non dovessero dare risultati, si potrebbe convenire di trasferire il caso all'OMC, che dispone sia dei mezzi sia delle possibilità di contribuire a rendere più efficaci le norme sul lavoro negli Stati membri.

5.8. Il Comitato è pienamente d'accordo con la strategia proposta dalla Commissione nella comunicazione al Consiglio in merito a «Il sistema commerciale e le norme sul lavoro riconosciute a livello internazionale». In questa comunicazione la Commissione propone di istituire, durante la Conferenza dell'OIL a Singapore, un gruppo di lavoro incaricato di studiare la relazione tra il commercio internazionale e le norme sul lavoro.

6. Scambi commerciali e ambiente

6.1. La causa principale dei problemi ambientali va ricercata non già nella liberalizzazione degli scambi, quanto piuttosto nell'incapacità dei mercati e delle autorità di ripercuotere adeguatamente i problemi ambientali sui prezzi. È quindi importantissimo che l'OCSE prosegua le proprie attività in questo campo e che affiori il principio da essa denominato «chi inquina paga» (PPP: Polluter Pays Principle), che offre eccellenti opportunità di internalizzare i costi ambientali.

6.2. A giudizio della Commissione è possibile dare vita a uno sviluppo sostenibile grazie all'impulso dato dagli scambi internazionali, a condizione però che a tutti i livelli vengano attuati provvedimenti corretti in materia di ambiente. Il Comitato condivide questa posizione, pur essendo consapevole delle incidenze negative che gli scambi mondiali possono produrre sull'ambiente. Si riconosce così la necessità di analisi più approfondite per comprendere meglio gli effetti potenziali della liberalizzazione degli scambi e viene menzionata la necessità di giudicare gli strumenti e gli accordi commerciali sotto il profilo ambientale. La relazione dell'OCSE circa l'attuazione delle «procedural guidelines» (linee guida procedurali) riguardanti gli scambi e l'ambiente rivela che queste linee guida si sono dimostrate utili. Il Comitato invita pertanto la Commissione ad incoraggiare tutti i membri dell'OCSE ad applicare scrupolosamente tali linee guida.

6.3. Il Comitato prende atto della conclusione, citata nella comunicazione, e tratta dalla relazione stilata per il Consiglio dei ministri dell'OCSE nel maggio 1995, secondo cui non si è potuto individuare alcun nesso sistematico fra le politiche ambientali in vigore e gli effetti sulla competitività. Il Comitato prende pure atto della tesi, secondo la quale i vantaggi di norme ambientali più rigorose prevalgono sugli svantaggi che pure ne derivano, per cui può risultarne un impatto nettamente positivo. È difficile giudicare in quale misura l'adozione dei necessari provvedimenti di politica ambientale da parte dei governi sia frenata dal timore di possibili svantaggi competitivi per le imprese o dai prevedibili interventi da attivare per rimediare agli svantaggi a breve termine cui si è accennato in precedenza.

6.4. Il Comitato conviene sulla necessità di mettere a punto un quadro adeguato nel contesto GATT/OMC per le misure commerciali previste in conformità dei MEA. A giudizio del Comitato, così facendo si rende giustizia all'integrità del sistema di scambi aperto, e si garantisce il mantenimento delle finalità comunitarie in materia di ambiente. Sostanzialmente la proposta della Commissione consiste nel prevedere che alle disposizioni adottate in conformità dei MEA si applichi un regime OMC attenuato rispetto a quello previsto per altri provvedimenti. Il Comitato ritiene che queste proposte raggiungano un buon equilibrio tra le due priorità, e considera possibile inserire nei MEA misure commerciali intese a prevenire il cosiddetto problema del «free rider». È inoltre importante far maggiore chiarezza sulla rilevanza pratica di talune importanti disposizioni degli accordi OMC nella prospettiva dell'inserimento di misure commerciali nei MEA.

6.5. Il Comitato è infine convinto della necessità di organizzazioni ambientali a livello internazionale che siano autorevoli e generalmente riconosciute, in grado di fungere da contraltare naturale dell'OMC. Per una tale funzione sembra maggiormente idoneo un organismo «autonomo». D'altro canto il Comitato non ritiene opportuno istituire una nuova organizzazione per conseguire tali obiettivi: a suo giudizio si presterebbe meglio un organismo esistente, ad esempio l'UNEP.

7. Osservazioni di carattere particolare

7.1. Nella comunicazione la Commissione accenna alla questione degli accordi bilaterali con paesi terzi. Come già precedentemente sostenuto nel presente documento, il Comitato si adopera affinché si instauri un commercio internazionale equo e leale, il che deve essere garantito nel quadro di accordi multilaterali. Il Comitato reputa nondimeno che accordi bilaterali tra l'UE e i paesi terzi o le strutture regionali dei paesi terzi possano notevolmente contribuire alla definizione di un quadro multilaterale, specie in quanto consentono di creare masse critiche di paesi meglio disposti ad integrare la dimensione sociale ed ambientale negli scambi commerciali internazionali. Le azioni della Comunità intese a migliorare l'accesso ai mercati a livello bilaterale dovrebbero sempre essere parallele alla politica commerciale multilaterale e con essa coordinate. Al fine di raggiungere efficacemente l'obiettivo dell'ulteriore liberalizzazione dei mercati dei paesi terzi, la Comunità dovrebbe usare tutti gli strumenti disponibili di politica commerciale. Le possibilità di consultazione e di composizione delle vertenze esistenti nei trattati bilaterali dovrebbero essere utilizzate, laddove necessario, per affrontare in maniera più efficace i problemi di accesso ai mercati. Allo stesso tempo, il Comitato si chiede se tutti gli accordi bilaterali saranno conformi alle normative dell'OMC.

7.2. Condizione essenziale per la realizzazione globale e positiva della strategia di accesso ai mercati dell'Unione europea sarà il coordinamento tra Commissione e Stati membri, nonché all'interno della Commissione stessa. Il Comitato accoglie favorevolmente l'istituzione di una banca dati che contenga informazioni sulle barriere tariffarie e non tariffarie alle esportazioni europee, alla quale contribuiranno la Commissione stessa, gli ambienti imprenditoriali e sindacali e gli addetti commerciali degli Stati membri presso i paesi terzi. Un migliore sistema di informazioni concorrerà a garantire la trasparenza nell'economia globale, a creare nuove opportunità commerciali, a rendere disponibili informazioni alle quali, tra l'altro, le piccole e medie imprese hanno difficoltà ad accedere solo con i loro mezzi, e, inoltre, a garantire un efficiente sistema di monitoraggio. Il successo della strategia di accesso ai mercati dipende in gran parte dal successo della cooperazione tra le imprese e le associazioni industriali da un lato, e la Commissione dall'altro. Una migliore e coerente strategia di accesso ai mercati presuppone necessariamente lo scambio di informazioni tra le imprese private, la Commissione e gli Stati membri. Sarebbe opportuno dedicare particolare attenzione alla partecipazione delle piccole e medie imprese, che dovrebbero beneficiare in maniera particolare di migliori informazioni.

Bruxelles, 31 ottobre 1996.

Il Presidente del Comitato economico e sociale

Tom JENKINS

() OCSE (1996), Accordo multilaterale sugli investimenti. Rapporto di valutazione del Gruppo di negoziazione AMI, OCSE/GD(96)78.

() GU n. C 153 del 28. 5. 1996, pag. 16.

() Parere in merito a «L'incidenza degli accordi dell'Uruguay Round», GU n. C 393 del 31. 12. 1994.

() La Convenzione OIL 138 sul lavoro minorile è un'eccezione sotto questo punto di vista. Numerosi paesi non hanno ratificato questa convenzione per svariati motivi. Ciononostante, quasi tutti gli Stati membri dell'ONU hanno firmato il Trattato delle NU sui diritti del bambino, che comprende tutte le disposizioni previste dalla Convenzione OIL 138. Quindi anche la questione del lavoro minorile è ampiamente accettata a livello internazionale.

() OCSE (1996), Relazione congiunta sul commercio, l'occupazione e le norme sul lavoro, OCSE/GD(96). Lo studio completo sui diritti fondamentali dei lavoratori ed il commercio internazionale verrà pubblicato in settembre.

() Comunicato economico del Vertice di Lione, Realizzare la globalizzazione a beneficio universale, Lione, 28 giugno 1996, paragrafo 34.

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