Choose the experimental features you want to try

This document is an excerpt from the EUR-Lex website

Document 32009R1294

    Regolamento di esecuzione (UE) n. 1294/2009 del Consiglio, del 22 dicembre 2009 , che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di alcuni tipi di calzature con tomaie di cuoio originarie del Vietnam e della Repubblica popolare cinese esteso alle importazioni di alcuni tipi di calzature con tomaie di cuoio spedite dalla RAS di Macao, a prescindere che siano dichiarate o no originarie della RAS di Macao, in seguito ad un riesame in previsione della scadenza a norma dell'articolo 11, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 384/96 del Consiglio

    GU L 352 del 30.12.2009, p. 1–69 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

    Legal status of the document No longer in force, Date of end of validity: 31/03/2011

    ELI: http://data.europa.eu/eli/reg_impl/2009/1294/oj

    30.12.2009   

    IT

    Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

    L 352/1


    REGOLAMENTO DI ESECUZIONE (UE) N. 1294/2009 DEL CONSIGLIO

    del 22 dicembre 2009

    che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di alcuni tipi di calzature con tomaie di cuoio originarie del Vietnam e della Repubblica popolare cinese esteso alle importazioni di alcuni tipi di calzature con tomaie di cuoio spedite dalla RAS di Macao, a prescindere che siano dichiarate o no originarie della RAS di Macao, in seguito ad un riesame in previsione della scadenza a norma dell'articolo 11, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 384/96 del Consiglio

    IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,

    visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea,

    visto il regolamento (CE) n. 384/96 del Consiglio, del 22 dicembre 1995, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea1 (1) («il regolamento di base»), in particolare l'articolo 9, paragrafo 4, e l'articolo 11, paragrafo 2,

    vista la proposta presentata dalla Commissione previa consultazione del comitato consultivo,

    considerando quanto segue:

    A.   PROCEDIMENTO

    1.   MISURE IN VIGORE

    (1)

    Il 5 ottobre 2006, con il regolamento (CE) n. 1472/2006 (2) (il «regolamento originario»), il Consiglio ha istituito un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di alcuni tipi di calzature con tomaie di cuoio originarie della Repubblica popolare cinese («RPC» o «Cina») e del Vietnam (i «paesi interessati»). Le aliquote del dazio istituito variavano dal 9,7 % al 16,5 % nel caso della RPC e corrispondevano al 10 % nel caso del Vietnam. Le misure sono state adottate per un periodo di due anni. L'inchiesta che ha portato all'istituzione di tali misure viene indicata nel prosieguo come «l'inchiesta iniziale».

    (2)

    Con il regolamento (CE) n. 388/2008 (3) (il «regolamento di estensione») il Consiglio ha esteso il dazio antidumping definitivo sulle importazioni di talune calzature con tomaie in cuoio originarie della RPC alle importazioni dello stesso prodotto spedito dalla Regione amministrativa speciale («RAS») di Macao a prescindere che sia dichiarato o no originario della RAS di Macao. Tale estensione è stata effettuata a seguito di un'inchiesta antielusione condotta a norma dell'articolo 13, paragrafo 3, del regolamento di base.

    2.   PRESENTE INCHIESTA

    2.1.   Domanda di riesame

    (3)

    La domanda è stata presentata dalla Confederazione europea dell'industria calzaturiera (CEC — «il richiedente») per conto di produttori che rappresentano una quota consistente, in questo caso oltre il 35 %, della produzione dell'Unione di alcuni tipi di calzature con tomaie di cuoio.

    (4)

    Nell'ambito dell'esame della rappresentatività diverse associazioni nazionali di produttori di calzature negli Stati membri hanno espresso il loro parere in merito all'apertura del riesame in previsione della scadenza chiedendo che i loro nomi non venissero divulgati per timore di ritorsioni di alcuni acquirenti nei confronti delle società appartenenti alle suddette associazioni. Altre parti hanno contestato la decisione di mantenere riservati i nomi e le posizioni delle associazioni a favore e contro. La Commissione ha di nuovo chiesto esplicitamente alle associazioni se acconsentissero o meno a rendere pubblici i loro nomi e le loro posizioni. Quattro associazioni hanno permesso di divulgare i propri nomi e posizioni, mentre le altre si sono opposte, facendo nuovamente riferimento al timore di ritorsioni contro i loro associati. La Commissione ha ritenuto che vi fosse in effetti una forte probabilità di ritorsioni, in particolare di un calo delle vendite, per tali produttori e ha acconsentito a non divulgare i loro nomi.

    (5)

    Alcune parti hanno obiettato che la Commissione non avrebbe dovuto aprire un riesame in previsione della scadenza poiché secondo l'articolo 3 del regolamento originario esso resta in vigore per un periodo di due anni dalla sua entrata in vigore. Il considerando 326 del regolamento originario spiega tuttavia che nonostante la durata più breve delle misure, le norme dell'articolo 11 del regolamento di base si applicano mutatis mutandis. In accordo con tale considerando, l'avviso di imminente scadenza (4) affermava che qualora non fosse stato avviato un riesame conformemente a quanto disposto dall'articolo 11, paragrafo 2, del regolamento di base, le misure sarebbero scadute il 7 ottobre 2008. Poiché in effetti è stato avviato un riesame in previsione della scadenza, le misure antidumping restano in vigore in attesa dell'esito di tale riesame.

    (6)

    La domanda di riesame in previsione della scadenza è stata motivata dal fatto che la scadenza delle misure porterebbe verosimilmente al persistere o alla reiterazione del dumping e del pregiudizio ai danni dell'industria dell'Unione.

    2.2.   Apertura

    (7)

    Avendo stabilito, dopo aver sentito il comitato consultivo, che esistevano elementi di prova sufficienti per l'apertura di un riesame in previsione della scadenza, il 3 ottobre 2008, con un avviso di apertura pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea («avviso di apertura») (5), la Commissione ha annunciato l'avvio di un riesame in previsione della scadenza, a norma dell'articolo 11, paragrafo 2, del regolamento di base.

    (8)

    L'inchiesta relativa alla probabilità del persistere o della reiterazione del dumping e del pregiudizio ha riguardato il periodo compreso tra il 1o luglio 2007 e il 30 giugno 2008 («periodo dell'inchiesta di riesame» o «PIR»). L'esame delle tendenze significative ai fini della valutazione della probabilità del persistere o della reiterazione del pregiudizio ha riguardato il periodo compreso tra il 1o gennaio 2006 e la fine del PIR («periodo in esame»). Laddove appropriato si è fatto riferimento all'anno 2005 e al periodo utilizzato durante l'inchiesta iniziale, che ha riguardato il periodo compreso tra il 1o aprile 2004 e il 31 marzo 2005 («periodo dell'inchiesta iniziale» o «PI iniziale»).

    3.   PARTI INTERESSATE DALLA PRESENTE INCHIESTA

    (9)

    La Commissione ha avvisato ufficialmente dell'apertura del riesame in previsione della scadenza il richiedente, i produttori dell'Unione citati nella domanda, gli altri produttori dell'Unione noti, gli importatori noti e le rispettive associazioni, i distributori/dettaglianti noti e le rispettive associazioni, le associazioni dei consumatori note, i produttori esportatori noti nei paesi interessati, nonché le rispettive associazioni e le autorità dei paesi interessati.

    (10)

    Alle parti interessate è stata data la possibilità di comunicare le loro osservazioni per iscritto e chiedere di essere sentite entro i termini fissati nell'avviso di apertura.

    (11)

    È stata concessa un'audizione a tutte le parti interessate che ne hanno fatto richiesta e che hanno dimostrato di avere particolari motivi per essere sentite.

    4.   CAMPIONAMENTO

    (12)

    Visto il gran numero di produttori esportatori nei paesi interessati, di produttori dell'Unione e di importatori coinvolti nell'inchiesta, nell'avviso di apertura è stata prospettata la possibilità di ricorrere a tecniche di campionamento a norma dell'articolo 17 del regolamento di base.

    (13)

    Per consentire alla Commissione di stabilire se fosse necessario ricorrere al campionamento e, in tal caso, di selezionare un campione, i produttori esportatori e i loro rappresentanti, nonché i produttori e gli importatori dell'Unione sono stati invitati a manifestarsi e a fornire informazioni secondo le modalità specificate nell'avviso di apertura.

    4.1.   Campionamento per i produttori esportatori della Repubblica popolare cinese e del Vietnam

    4.1.1.   Repubblica popolare cinese

    (14)

    Nella RPC, in totale, 58 società o gruppi di società collegate («gruppi») si sono manifestate e hanno fornito le informazioni richieste entro il termine stabilito. Queste 58 società o gruppi producevano e/o esportavano il prodotto in esame nel mercato dell'Unione durante il periodo dell'inchiesta e hanno espresso il desiderio di essere incluse nel campione. Esse sono state definite società disposte a collaborare e si è considerata la possibilità della loro inclusione nel campione. Il livello di collaborazione della RPC, ossia la percentuale di esportazioni nell'Unione da parte delle società cinesi disposte a collaborare sul totale delle esportazioni cinesi nell'Unione, era circa del 22 %.

    (15)

    Il campione è stato selezionato in accordo con le autorità cinesi in base ai volumi di esportazione e alla distribuzione geografica delle società disposte a collaborare. Le sette società selezionate per il campione rappresentavano circa il 56 % delle esportazioni nell'Unione provenienti dalle 58 società disposte a collaborare e il 13 % del totale delle esportazioni dalla RPC nell'Unione. Tutte le società hanno risposto al questionario entro i termini stabiliti.

    (16)

    Alcuni esportatori cinesi non inclusi nel campione hanno obiettato che poiché non erano stati inclusi nel campione non erano in condizione di difendere i propri interessi. Il principio stesso del campionamento consiste tuttavia nella selezione di un numero rappresentativo di produttori esportatori e di conseguenza i risultati della valutazione di tale campione sono considerati rappresentativi anche per gli altri esportatori che collaborano. Va notato inoltre che tutte le parti interessate hanno avuto la possibilità di partecipare all'inchiesta e di comunicare le loro osservazioni. Tale argomentazione è stata quindi respinta.

    4.1.2.   Vietnam

    (17)

    In Vietnam, in totale, 51 società o gruppi si sono manifestati e hanno fornito le informazioni richieste entro il termine stabilito. Queste 51 società o gruppi producevano e/o esportavano il prodotto in esame nel mercato dell'Unione durante il periodo dell'inchiesta e hanno espresso il desiderio di essere incluse nel campione. Esse sono state definite società disposte a collaborare e si è considerata la possibilità della loro inclusione nel campione. Il livello di collaborazione del Vietnam, ossia la percentuale di esportazioni nell'Unione da parte delle società vietnamite disposte a collaborare sul totale delle esportazioni vietnamite nell'Unione, era circa dell'82 %.

    (18)

    Il campione è stato selezionato in accordo con le autorità vietnamite in base ai volumi di esportazione. Le tre società selezionate per il campione rappresentavano circa il 27 % delle esportazioni nell'Unione provenienti dalle 51 società disposte a collaborare e il 22 % del totale delle esportazioni dal Vietnam nell'Unione. Tutte le società hanno risposto al questionario entro i termini stabiliti.

    4.2.   Campionamento dei produttori dell'Unione

    (19)

    La procedura per ottenere le informazioni necessarie a selezionare il campione dei produttori dell'Unione è stata la seguente. Il CEC per conto di tutti i denunzianti ha confermato che tutti i produttori all'origine della denuncia erano pronti a collaborare e a partecipare al campionamento. Vista la quantità di informazioni dettagliate e complete disponibili (ricavate per esempio dalla denuncia, dall'esame della rappresentatività e dagli elementi forniti dal CEC) non è stato necessario inviare il modulo per il campionamento a ciascun produttore all'origine della denuncia. L'avviso di apertura invitava inoltre qualunque produttore interessato a collaborare al procedimento a manifestarsi. Oltre ai denunzianti, dopo l'apertura si sono manifestate altre cinque società chiedendo di essere incluse nel campione. Tutte queste società hanno ricevuto i moduli per il campionamento in cui si richiedevano informazioni già a disposizione per quanto riguarda i denunzianti. Soltanto due delle cinque società hanno compilato e rispedito tali moduli. Queste due società non sono state tuttavia incluse poiché non rientravano nella definizione di industria dell'Unione (vedere il considerando 198).

    (20)

    Circa i 2/3 della produzione dell'Unione totale del prodotto in esame sono concentrati in tre Stati membri. Il resto è distribuito fra gli altri Stati membri. Come spiegato nel considerando 202 e seguenti, i modelli commerciali dei produttori dell'Unione sono caratterizzati da differenze che riguardano principalmente la gamma di prodotti/qualità, i canali di distribuzione e la presenza o meno di poli di attività e di subappalti di parti del processo di fabbricazione all'interno o al di fuori dell'Unione.

    (21)

    Avvalendosi delle informazioni ottenute, la Commissione ha selezionato un campione sulla base dei più elevati volumi rappresentativi della produzione e delle vendite all'interno dell'Unione che è stato possibile individuare nel tempo a disposizione. Come già detto, tuttavia, questa industria non è del tutto omogenea e per valutare la rappresentatività delle società selezionate si è tenuto conto anche della distribuzione geografica dei produttori fra gli Stati membri (6) e del segmento a cui i loro prodotti appartengono. Alla fine sono state selezionate 8 società operanti in quattro Stati membri. Le società selezionate rappresentavano inoltre tutti i principali modelli commerciali presenti nella Comunità dal punto di vista della fabbricazione e della distribuzione del prodotto e della specializzazione merceologica. In merito a quest'ultima, le società selezionate includevano la produzione rappresentativa di tutte le principali categorie di prezzo (basso, medio e alto), di genere e di età (calzature per donna, uomo, unisex, bambini). Per quanto riguarda la distribuzione del prodotto, le società selezionate comprendevano tutti i principali livelli di distribuzione (ai grossisti, ai dettaglianti e alla vendita diretta). Per quanto riguarda la produzione, fra le società selezionate figuravano sia società in cui la fabbricazione è svolta all'interno in tutte le fasi principali del processo di produzione che società che hanno esternalizzato parti di tale processo (sia all'interno che all'esterno dell'Unione).

    (22)

    Gli 8 produttori selezionati per il campione sono quindi stati considerati rappresentativi di tutti i produttori dell'Unione e corrispondevano all'8,2 % della produzione proveniente dai produttori dell'Unione all'origine della denuncia e al 3,1 % della produzione totale dell'Unione. A norma dell'articolo 17, paragrafo 2, del regolamento di base, il CEC è stato consultato in merito alla selezione del campione e non ha sollevato obiezioni.

    (23)

    L'inchiesta ha rivelato che uno dei produttori dell'Unione inclusi nel campione ha progressivamente diminuito la produzione nell'Unione fino ad interromperla durante il PIR, spostando completamente l'attività di fabbricazione al di fuori dell'Unione. Va detto che il peso della società in questione non era tale da influenzare in modo significativo, almeno da un punto di vista quantitativo, la situazione complessiva delle società incluse nel campione — compresa la rappresentatività di esse. I risultati quantitativi relativi al pregiudizio non sarebbero stati materialmente diversi anche nel caso in cui questa società fosse stata esclusa. Con queste premesse e visto che questa società (i) ha prodotto nell'Unione durante il PIR e (ii) subappalta gran parte della produzione, un modello commerciale che secondo molte parti è importante nell'Unione, si è deciso di non escludere formalmente la società dal campione. Ciò garantisce inoltre che dal punto di vista qualitativo il campione rappresenti nel modo più adeguato possibile la realtà del settore. Considerato che un riesame in previsione della scadenza richiede un'analisi del persistere o della reiterazione del pregiudizio, ciò potrebbe inoltre aiutare a prevedere meglio eventuali sviluppi della situazione sul mercato dell'Unione nel caso in cui le misure non vengano mantenute. Evidentemente, comunque, sono stati utilizzati solo i dati relativi alla sua attività come produttore dell'Unione.

    (24)

    Poiché la produzione dell'Unione e le vendite di tale società durante il PIR sono risultate più basse di quanto inizialmente segnalato durante il campionamento, le istituzioni dell'Unione hanno valutato se fosse necessario ridurre in modo corrispondente anche la produzione e le vendite complessive dell'industria dell'Unione, ossia trasferendo l'impatto esercitato sul campione sull'intera popolazione. Si è stabilito tuttavia che a quanto pare l'errore era stato commesso in buona fede dalla società che aveva erroneamente calcolato l'esternalizzazione in un paese vicino all'Unione come produzione dell'Unione. Alla luce di ciò si osserva prima di tutto che il campione è utilizzato principalmente per valutare quegli indicatori di pregiudizio che non si possono ragionevolmente ottenere per l'industria dell'Unione nel suo complesso. La produzione e le vendite sono state ottenute ad un livello aggregato per l'industria dell'Unione e pertanto l'argomentazione non è pertinente. Le informazioni disponibili inoltre, comprese quelle raccolte in parallelo tramite l'analisi complementare delle associazioni nazionali effettuata durante la presente inchiesta, non segnalano il bisogno di un tale aggiustamento. Infine, a titolo d'esempio, se i dati riguardanti la produzione complessiva e le vendite per l'industria dell'Unione nel PIR fossero rispecchiati per trasferire i dati più bassi del campione, ciò non influenzerebbe né la rappresentatività del campione né le conclusioni generali riguardanti il pregiudizio.

    (25)

    Diverse fra le parti interessate hanno denunciato un'infrazione dell'articolo 17 del regolamento di base, sostenendo che il campione di produttori dell'Unione non era rappresentativo in termini di percentuale di produzione coperta, gamma di produzione, prezzi di vendita, rapporto fra la produzione e le vendite, distribuzione geografica, redditività e risultati. Ritenevano inoltre che il campione non tenesse conto del gran numero di produttori che hanno esternalizzato la produzione in paesi terzi.

    (26)

    Tali affermazioni sono state analizzate attentamente e, in considerazione della complessità del caso, sono stati inviati, analizzati e verificati in loco ulteriori questionari non solo per le singole società, ma anche per le associazioni nazionali. A questo riguardo, perché fosse possibile esaminarle adeguatamente entro il periodo di tempo disponibile, è stato necessario limitare a 8 il numero di società selezionate nel campione.

    (27)

    Tenuto conto inoltre della forte frammentazione che caratterizza l'industria dell'Unione in questo settore, è inevitabile che le società incluse nel campione rappresentino una proporzione relativamente ridotta della produzione totale dell'Unione. Tale frammentazione e il fatto che i più grandi produttori sono stati inclusi nel campione implica che un ulteriore aumento del numero di società non avrebbe comunque avuto effetti significativi sulla proporzione del campione rispetto alla produzione totale dell'Unione.

    (28)

    Come precisato nel considerando 21, nella selezione del campione la Commissione ha tenuto conto della distribuzione geografica. Va sottolineato che, per sua natura, un campione non deve rispecchiare l'esatta distribuzione geografica dell'intera popolazione (né l'esatta distribuzione o suddivisione di nessun altro criterio) per essere rappresentativo. È sufficiente che esso rispecchi in maniera pertinente le proporzioni dei principali paesi produttori interessati, come nel caso del campione in questione che comprende quattro Stati membri. Sarebbe stato impossibile dal punto di vista amministrativo applicare qualunque altro metodo, soprattutto se per garantire la rappresentatività occorresse tenere conto di numerosi criteri differenti. Affermare ciò sarebbe in effetti come dire che un campione è sufficientemente rappresentativo solo se contiene tutta la popolazione. L'inchiesta ha quindi sottolineato che il campione che comprende quattro Stati membri, inclusi i tre la cui produzione è di gran lunga la più elevata, è largamente rappresentativo della produzione dell'Unione nel suo complesso, soprattutto se si tiene conto della produzione che si basa su contratti in conto lavorazione e che dovrebbe quindi essere attribuita allo Stato membro della società che commissiona l'attività in conto lavorazione.

    (29)

    Le società incluse nel campione comprendevano inoltre un'ampia varietà di gamme di prodotto che rispecchiavano in modo pertinente gli ordini di grandezza della produzionedell'Unione. Le gamme dei prodotti interessati corrispondevano inoltre a quelle dei prodotti delle esportazioni cinesi e vietnamite.

    (30)

    Per quanto riguarda i prezzi di vendita è stato inoltre sostenuto che i prezzi medi di vendita del campione non fossero rappresentativi in relazione ai prezzi di vendita indicati nella domanda di riesame. In questo contesto va tuttavia precisato che, contrariamente a quanto sostenuto, l'inchiesta ha dimostrato che i prezzi medi di vendita del campione corrispondono a quelli segnalati nella domanda. In ogni caso, e anche se così non fosse, non è necessario che i prezzi medi di vendita di un campione corrispondano esattamente a quelli riportati nella domanda, purché sia dimostrato che essi riflettono i prezzi di vendita della popolazione di produttori nel suo complesso.

    (31)

    Quanto alla rappresentatività in termini di rapporto fra la produzione e le vendite, si osserva che, complessivamente, la produzione nel settore avviene normalmente su ordinazione e rispecchia fortemente le tendenze della moda. Le scorte non sono quindi un indicatore molto pertinente e la produzione si avvicina molto alle vendite. Ciò è stato confermato nella fase di denuncia e anche durante l'inchiesta per le società incluse nel campione e per l'industria dell'Unione nel suo complesso.

    (32)

    Oltre alle considerazioni sopra esposte si ricorda che, in ogni caso, l'articolo 17 del regolamento di base stabilisce che le inchieste possono essere limitate a campioni statisticamente validi o tali da costituire il massimo volume rappresentativo della produzione, delle vendite o delle esportazioni che possa essere adeguatamente esaminato. Dal testo di questa disposizione risulta chiaramente che non esiste un'indicazione o una soglia quantitativa per definire il livello del volume rappresentativo. L'unica indicazione è che tale volume può essere limitato a quanto può essere adeguatamente esaminato entro il periodo di tempo disponibile.

    (33)

    Per i motivi sopra enunciati, le obiezioni sollevate dalle varie parti interessate sono state respinte e la validità giuridica del campione è confermata, trattandosi di un campione rappresentativo che è stato selezionato in piena conformità dell'articolo 17 del regolamento di base.

    4.3.   Campionamento degli importatori dell'Unione

    (34)

    In base alle informazioni disponibili sono stati contattati 139 importatori. 22 importatori indipendenti hanno risposto al questionario per il campionamento e, di questi, 21 hanno acconsentito ad essere inclusi nel campione. Secondo i dati da loro comunicati, questi 21 importatori rappresentavano il 12 % delle importazioni del prodotto in questione dalla RPC e il 40 % delle importazioni di tale prodotto dal Vietnam (durante il PIR).

    (35)

    I cinque maggiori importatori (Adidas, Clarks, Nike, Puma e Timberland) rappresentavano circa il 18 % delle importazioni in esame poiché hanno segnalato una quantità ingente di importazioni da entrambi i paesi. Si è quindi considerato che un campione composto da queste cinque società sarebbe stato rappresentativo ai sensi dell'articolo 17, paragrafo 1, del regolamento di base, ossia in termini di volume di importazioni.

    (36)

    Al fine di rispecchiare meglio la distribuzione geografica degli importatori e le differenze nelle tipologie di calzature importate, sono stati tuttavia selezionati altri tre importatori. Dalle risposte al questionario per il campionamento è emerso che molti fra gli importatori che hanno risposto operavano su scale molto minori in termini di volume e importavano calzature di marche meno conosciute o di moda oppure calzature di qualità superiore. Il modello commerciale di questi importatori più piccoli e i rispettivi segmenti merceologici apparivano differenti da quelli degli importatori più grandi e gli importatori minori rappresentavano una quota considerevole delle importazioni in questione. Si è ritenuto quindi importante rappresentare anche questi importatori poiché la loro realtà economica può essere diversa da quella dei grandi importatori citati nel considerando 35.

    (37)

    Con queste premesse è stato selezionato un campione di otto importatori comprendente i cinque importatori più importanti e tre importatori minori. Essi rappresentavano circa il 10 % delle importazioni dalla RPC e circa il 34 % delle importazioni dal Vietnam.

    (38)

    A tutti gli importatori che si sono dichiarati disposti a collaborare è stata data la possibilità di prendere posizione riguardo alla selezione del campione. A tutte le società incluse nel campione è stato inviato un questionario da compilare. Sette importatori inclusi nel campione hanno risposto entro i termini stabiliti. Come conseguenza dell'omessa collaborazione l'ottavo importatore inizialmente inserito nel campione ha dovuto essere escluso.

    5.   VERIFICA DELLE INFORMAZIONI RICEVUTE

    (39)

    La Commissione ha raccolto e verificato tutte le informazioni ritenute necessarie ai fini della determinazione del persistere o della probabilità di reiterazione del dumping e del pregiudizio nonché nell'interesse dell'Unione. Sono state verificate in loco le informazioni fornite dalle società di seguito elencate.

    5.1.   Produttori esportatori della Repubblica popolare cinese

    Yue Yuen Industrial (Holdings) Ltd., Hong Kong

    Società produttrice:

    Zhongshan Pou Yuen Manufactory, Guandong Province

    Società commerciali:

    Idea Co. Ltd, Macao

    The Look Co. Ltd, Macao

    Gold Plenty Co. Ltd, Macao

    Guangzhou Panyu Pegasus Footwear Co. Ltd., Guangdong Province

    HuaJian Industrial (Holding) Co. Ltd., Hong Kong e la sua società produttrice Dongguan HuaBao Shoes Co. Ltd, Guandong Province

    Zhejiang Aokang Shoes Co. Ltd., Zhejiang Province

    Foshan City Nanhai Golden Step Industrial Co. Ltd., Guangdong Province

    Jianle Footwear Industrial Co. Ltd, Fujian Province

    General Footwear/Gentfort Shoes Co.Ltd, Guangdong Province

    5.2.   Produttori esportatori del Vietnam

    Pou Yuen Industrial Holdings Limited, Hong Kong

    Società produttrici:

    Pouyuen Vietnam Company Limited, Ho Chi Minh City

    Pou Sung Vietnam Company Limited, Dong Nai Province

    Pou Chen Vietnam Enterprise Company Limited, Dong Nai Province

    Società commerciali:

    Betsey Trading Limited

    Sinnamon Trading Limited

    Sky High Trading Limited

    Fitbest Enterprises Limited

    Golden Star Co. Ltd, Haiphong City

    Shyang Hung Cheng Industrials Co Ltd, Binh Duong Province

    5.3.   Produttori dell'industria dell'Unione e associazioni nazionali di produttori

    Associação Portuguesa dos Industriais de Calçado, Componentes, Artigos de Pele e seus Sucedâneos (APICCAPS) (Portogallo)

    Federación de Industrias del Calzado Español (FICE) (Spagna)

    Associazione Nazionale Calzaturifici Italiani (Italia)

    British Footwear Association LTd (Gran Bretagna)

    Fachverband der Lederverarbeitenden Industrie (Austria)

    Fédération Française de la Chaussure (Francia)

    HDS Hauptverband der Deutschen Schuhindustrie e.V. (Germania)

    Polish Chamber of Shoe and Leather industry (Polonia)

    (40)

    Sono state inoltre eseguite visite di verifica presso le sedi degli otto produttori dell'Unione inclusi nel campione, che si trovano in quattro diversi Stati membri. Come nell'inchiesta iniziale, i produttori dell'Unione inclusi nel campione e gli altri produttori dell'Unione disposti a collaborare hanno richiesto, conformemente alle disposizioni dell'articolo 19 del regolamento di base, che le loro identità non venissero divulgate. Essi sostenevano che svelare la loro identità avrebbe potuto esporli al rischio di danni rilevanti. In effetti, alcuni dei produttori dell'Unione all'origine della denuncia riforniscono acquirenti nell'Unione che acquistano i loro prodotti anche nella RPC e in Vietnam, traendo un beneficio diretto da tali importazioni. Detti denunzianti si trovano pertanto in una posizione delicata, poiché alcuni dei loro clienti possono avere ovvi motivi per opporsi al fatto che essi presentino o sostengano una denuncia contro presunte pratiche di dumping pregiudizievole. Per questi motivi essi si sentivano esposti al rischio di ritorsioni da parte di alcuni dei loro clienti, i quali avrebbero potuto decidere di mettere fine alle loro relazioni commerciali. Poiché era sufficientemente giustificata, la richiesta è stata accolta.

    (41)

    I rappresentanti di alcuni produttori esportatori e alcuni importatori indipendenti hanno dichiarato di non poter esercitare convenientemente i loro diritti di difesa poiché non era nota l'identità dei denunzianti. Sostenevano che in queste circostanze non era possibile verificare se fosse assicurata la rappresentatività delle società incluse nel campione. A loro parere, nel caso in cui fosse stata tuttavia mantenuta riservata l'identità di tali società, sarebbe stato giusto divulgare i dati completi delle società individuali.

    (42)

    A questo riguardo si ricorda che il volume di produzione del campione, suddiviso per paesi, è stato messo a disposizione di tutte le parti interessate per verifica. Per quanto riguarda l'obiezione che tutte le informazioni tranne l'identità della società andrebbero divulgate, va notato che ciò potrebbe indirettamente rivelare l'identità della società appartenente al campione. Anche in questo caso è stata quindi mantenuta la pratica abituale di divulgazione di versioni non limitate delle risposte al questionario (ossia con dati indicizzati). Visto quanto sopra si conclude che il diritto di tutela delle parti è stato adeguatamente preservato e l'obiezione è stata pertanto respinta.

    5.4.   Importatori indipendenti

    Achten Beheer BV, Waalwijk, Paesi Bassi

    Adidas AG, Herzogenaurach, Germania

    C&J Clark’s International Limited, Street, Somerset, Regno Unito

    Footex International BV, Hazerswoude-dorp, Paesi Bassi

    Nike European Operations BV, Laakdal, Belgio

    Puma AG Rudolf Dassler Sport, Herzogenaurach, Germania

    Timberland Europe BV, Enschede, Paesi Bassi

    5.5.   Produttori nel mercato del paese di riferimento

    Henrich & Cia Ltda, Dois Irmãos, Brasile

    Werner Calçados Ltda, Trés Coroas, Brasile

    Industria de Calçados West Coast Ltda, Ivoti, Brasile

    6.   DIRITTI DELLE PARTI

    (43)

    Nel corso del procedimento alcune parti hanno sollevato obiezioni in merito a presunte violazioni dei loro diritti di difesa. Sostenevano che le informazioni sui produttori dell'Unione inclusi nel campione, messe a disposizione delle parti interessate per consultazione, erano incomplete e non erano state trasmesse in tempo.

    (44)

    A questo proposito va sottolineato che ciascuna società del campione ha messo a disposizione delle parti interessate una versione della sua risposta accessibile per consultazione («risposta pubblica»), senza ritardi ingiustificati e nel rispetto delle scadenze concordate con altre parti nel corso dell'inchiesta. Quando la risposta pubblica è inviata alla Commissione è tuttavia possibile che essa venga inserita nell'archivio pubblico solo quando le eventuali problematiche legate alla riservatezza sono state risolte come previsto dall'articolo 19 del regolamento di base. Va inoltre ricordato che la Commissione ha il dovere di inserire le informazioni nell'archivio pubblico in tempo utile perché le parti possano esercitare i loro diritti. Tale dovere è stato adempiuto regolarmente in questo caso.

    (45)

    In merito alla completezza delle risposte pubbliche, va segnalato che eventuali invii aggiuntivi in cui le parti forniscono ulteriori informazioni sono una componente normale delle inchieste. Queste informazioni vengono inserite nell'archivio non riservato una volta risolte le questioni legate alla riservatezza. Questo processo in cui i contributi delle parti interessate sono progressivamente integrati nell'insieme di elementi utilizzato per arrivare alle conclusioni e nell'archivio non riservato non va scambiato per incompletezza dei dati.

    (46)

    In considerazione della complessità del caso, l'accesso delle parti alle informazioni è stato agevolato come segue. Prima di tutto alle parti interessate è stato offerto un accesso elettronico, tramite cui ricevere su richiesta una copia completa su CD-ROM di tutti i documenti in archivio. Inoltre i documenti elettronici venivano accompagnati da un indice chiaro che permetteva di (i) accedere facilmente ai molti documenti presentati relativi a questo caso e (ii) ottenere un elenco datato di tutti i documenti in archivio. Nell'archivio pubblico erano inoltre inserite una serie di note con le risposte a domande che potrebbero avere effetti sui diritti di difesa delle parti.

    (47)

    Tutto ciò ha permesso alle parti di accedere facilmente e di esprimere un'ampia quantità di commenti nel corso dell'inchiesta, che sono poi stati ritenuti appropriati dalla Commissione. Le obiezioni avanzate dalle varie parti riguardanti l'incompletezza e la mancanza di tempestività nell'aggiornamento dell'archivio pubblico vanno quindi respinte.

    (48)

    Una delle parti interessate ha inoltre obiettato che la Commissione avrebbe discriminato gli importatori e gli esportatori offrendo nell'inchiesta un trattamento di favore ai produttori dell'Unione all'origine della denuncia. In particolare sosteneva che agli importatori e agli esportatori non era stata garantita la riservatezza concessa invece ai produttori. Sosteneva inoltre che i denunzianti avessero goduto di un trattamento di favore in quanto ad essi non è stato richiesto di inviare i moduli per il campionamento all'apertura del procedimento e che fosse stata loro concessa troppa flessibilità riguardo alla scadenze e agli standard delle risposte, mentre un esportatore nelle stesse condizioni sarebbe stato valutato in base ai dati migliori disponibili ai sensi dell'articolo 18 del regolamento di base.

    (49)

    A questo proposito va notato che la concessione della riservatezza ai produttori dell'Unione che sostenevano la denuncia ha fatto seguito ad una richiesta debitamente motivata in conformità dell'articolo 19 del regolamento di base. Nessuna richiesta del genere è stata presentata dagli esportatori o dagli importatori, né sono emersi eventi o informazioni nel corso dell'inchiesta tali da far ritenere che gli interessi di questi ultimi avrebbero potuto risentire della divulgazione della loro identità. Considerando che la situazione dei produttori dell'Unione in tale contesto era fondamentalmente diversa da quella degli esportatori e degli importatori, l'obiezione di discriminazione non può essere accettata.

    (50)

    Per quanto riguarda la selezione del campione si fa riferimento al considerando 19. La situazione per gli esportatori e gli importatori era alquanto differente da quella dei produttori all'origine della denuncia, poiché per i primi non erano disponibili informazioni dettagliate. Il completamento del modulo per il campionamento era quindi necessario non solo per verificare la disponibilità delle parti a collaborare, ma anche per ottenere le informazioni di base necessarie per selezionare il campione. Pertanto si deve respingere tale obiezione di discriminazione.

    (51)

    Per quanto riguarda la flessibilità concessa ai produttori dell'Unione in merito alle informazioni raccolte tramite i questionari nell'ambito dell'inchiesta e dell'utilizzo dell'articolo 18 del regolamento di base, va notato che poiché lo stesso approccio è stato usato coerentemente sia per gli esportatori e gli importatori che per i produttori dell'Unione, l'obiezione di discriminazione è priva di alcun fondamento. Tale affermazione infondata è pertanto respinta.

    (52)

    Per quanto riguarda la scelta di un paese di riferimento, alcune parti hanno segnalato che le scadenze ravvicinate, la tempistica e la modalità di invio dei questionari discriminavano le società indiane e indonesiane. A tale proposito va ricordato che è stato possibile completare l'invio dei questionari in India e in Indonesia solo alla fine di dicembre 2008, una volta ottenuti gli indirizzi dei produttori interessati dall'inchiesta. La Commissione si è assicurata che alle società di questi paesi fosse concesso per rispondere un periodo di tempo identico a quello accordato alle società in Brasile. Per quanto riguarda l'invio vero e proprio dei questionari, la Commissione ha fatto ricorso in tutti i casi all'invio per posta raccomandata e quando possibile anche per e-mail. Le suddette obiezioni sono quindi respinte.

    (53)

    Alcune parti hanno lamentato che le informazioni relative al paese di riferimento sono state inserite nell'archivio pubblico con un eccessivo ritardo e che ciò ha pregiudicato il loro diritto di difesa. La Commissione ricorda che, nella presente inchiesta, le risposte ai questionari non riservate inizialmente inviate dalle società del paese di riferimento erano per la maggior parte carenti e pertanto è stato necessario richiedere nuove versioni corrette non riservate. Una volta ricevute, queste nuove versioni sono state inserite nell'archivio pubblico senza ritardi immotivati. Nel frattempo la Commissione ha incluso nell'archivio pubblico informazioni sintetiche riguardanti le società consultate e le risposte ricevute. Queste argomentazioni sono quindi da respingere.

    B.   PRODOTTO IN ESAME E PRODOTTO SIMILE

    1.   PRODOTTO IN ESAME

    (54)

    Il prodotto oggetto del presente riesame è identico a quello definito nel regolamento originario, ossia alcuni tipi di calzature con tomaie di cuoio naturale o ricostituito, ad esclusione delle calzature per lo sport, delle calzature contenenti una tecnologia speciale, delle pantofole ed altre calzature da camera e delle calzature con puntale protettivo, originarie della Repubblica popolare cinese e del Vietnam («il prodotto in esame»), classificate di norma ai codici NC 6403 20 00, ex 6403 51 05, ex 6403 51 11, ex 6403 51 15, ex 6403 51 19, ex 6403 51 91, ex 6403 51 95, ex 6403 51 99, ex 6403 59 05, ex 6403 59 11, ex 6403 59 31, ex 6403 59 35, ex 6403 59 39, ex 6403 59 91, ex 6403 59 95, ex 6403 59 99, ex 6403 91 05, ex 6403 91 11, ex 6403 91 13, ex 6403 91 16, ex 6403 91 18, ex 6403 91 91, ex 6403 91 93, ex 6403 91 96, ex 6403 91 98, ex 6403 99 05, ex 6403 99 11, ex 6403 99 31, ex 6403 99 33, ex 6403 99 36, ex 6403 99 38, ex 6403 99 91, ex 6403 99 93, ex 6403 99 96, ex 6403 99 98 e ex 6405 10 00.

    (55)

    Le definizioni dell'articolo 1, paragrafo 2, del regolamento originario si applicano nella presente inchiesta. Secondo tali definizioni:

     

    per «calzature per lo sport» si intendono calzature ai sensi della nota di sottovoci 1 del capitolo 64 dell'allegato I del regolamento (CE) n. 1031/2008;

     

    per «calzature contenenti una tecnologia speciale» si intendono le calzature che hanno un prezzo CIF uguale o superiore a 7,5 EUR/paio, destinate all'attività sportiva, con suola stampata, non per iniezione, a uno o più strati, fabbricata con materiali sintetici appositamente progettati per attutire gli urti dovuti ai movimenti verticali o laterali e con caratteristiche tecniche quali cuscinetti ermetici contenenti gas o fluidi, componenti meccaniche che attutiscono o neutralizzano gli urti o materiali come i polimeri a bassa densità, classificate ai seguenti codici NC ex 6403 91 11, ex 6403 91 13, ex 6403 91 16, ex 6403 91 18, ex 6403 91 91, ex 6403 91 93, ex 6403 91 96, ex 6403 91 98, ex 6403 99 91, ex 6403 99 93, ex 6403 99 96, ex 6403 99 98;

     

    per «calzature con puntale protettivo» si intendono calzature munite di un puntale protettivo e dotate di una resistenza all'impatto di almeno 100 joule (1) classificate ai seguenti codici NC: codici NC: ex 6403 51 05, ex 6403 51 11, ex 6403 51 15, ex 6403 51 19, ex 6403 51 91, ex 6403 51 95, ex 6403 51 99, ex 6403 59 05, ex 6403 59 11, ex 6403 59 31, ex 6403 59 35, ex 6403 59 39, ex 6403 59 91, ex 6403 59 95, ex 6403 59 99, ex 6403 91 05, ex 6403 91 11, ex 6403 91 13, ex 6403 91 16, ex 6403 91 18, ex 6403 91 91, ex 6403 91 93, ex 6403 91 96, ex 6403 91 98, ex 6403 99 05, ex 6403 99 11, ex 6403 99 31, ex 6403 99 33, ex 6403 99 36, ex 6403 99 38, ex 6403 99 91, ex 6403 99 93, ex 6403 99 96, ex 6403 99 98 and ex 6405 10 00;

     

    per «pantofole ed altre calzature da camera» si intendono calzature classificate al seguente codice NC: ex 6405 10 00.

    2.   PRODOTTO SIMILE

    (56)

    Il prodotto simile oggetto del presente riesame in previsione della scadenza è quello definito nell'inchiesta iniziale, ossia alcuni tipi di calzature con tomaie di cuoio indipendentemente dal fatto che siano prodotte e vendute nel mercato interno, nel mercato del paese di riferimento e/o esportate nell'Unione dalla RPC e dal Vietnam.

    2.1.   Comparabilità dei prodotti

    (57)

    Alcune parti hanno obiettato che il prodotto simile venduto nell'Unione non era comparabile al prodotto in esame esportato dalla RPC e dal Vietnam. Si è verificato tuttavia che il prodotto venduto nell'Unione (in questo riesame) era comparabile al prodotto in esame esportato dai paesi interessati. Si è appurato in particolare che le caratteristiche fisiche e tecniche nonché gli usi e i canali di distribuzione del prodotto in esame erano simili e non sono cambiati rispetto all'inchiesta iniziale. Tale argomentazione è stata quindi respinta.

    (58)

    Alcune parti hanno inoltre obiettato che il sistema utilizzato per comparare i tipi di prodotto venduti dai vari soggetti che hanno collaborato all'inchiesta era inappropriato in quanto non era abbastanza specifico per garantire una comparazione equa. Il sistema utilizzato (sistema NCP) permetteva tuttavia di comparare fino a 600 categorie differenti o tipi di prodotto organizzati secondo cinque criteri principali: stile delle calzature, tipo di consumatori, tipo di calzature, materiale della suola esterna e presenza di fodera. Il sistema NCP era stato inoltre utilizzato anche nell'inchiesta precedente. Non sono state avanzate ragioni sufficientemente circostanziate a dimostrare perché tale sistema andrebbe modificato. Lo stesso sistema NCP utilizzato nell'inchiesta iniziale è stato pertanto applicato anche nella presente inchiesta di riesame in previsione della scadenza. Tale argomentazione è stata quindi respinta.

    (59)

    Alcune parti hanno sostenuto che la Commissione ha cambiato metodologia rispetto all'inchiesta iniziale modificando la definizione dei numeri di controllo del prodotto (NCP) nel corso dell'inchiesta. Questa affermazione non è tuttavia corretta. Nel corso dell'inchiesta è piuttosto emerso che alcune parti avevano male interpretato ed erroneamente applicato la struttura dei NCP per alcuni tipi di prodotti. Per garantire un approccio coerente, i modelli di calzature in questione sono stati quindi riclassificati e attribuiti alla sezione di NCP corretta ogni qualvolta ciò sia sembrato necessario. La Commissione ha dovuto quindi correggere le informazioni inaccurate ricevute dalle parti interessate. Tale correzione non si può considerare né come una modifica della metodologia, né come una modifica del contenuto dei NCP. Al contrario le correzioni sono state necessarie proprio per rispettare la metodologia NCP. L'argomentazione è stata pertanto respinta.

    2.2.   Richieste di esclusione

    (60)

    Molte parti interessate hanno avanzato obiezioni simili a quelle ricevute durante l'inchiesta iniziale. Sostenevano che alcuni tipi di calzature comprese nella definizione di prodotto simile, ad es. le calzature da escursione, da bowling, da rafting, con tecnologie speciali, da equitazione e di dimensioni speciali erano troppo diverse per appartenere alla stessa categoria. Secondo un'altra obiezione, la soglia di valore pari a 7,5 EUR al paio applicabile alle calzature STAF andrebbe ridotta. Si ricorda che nell'inchiesta iniziale tale soglia di valore era stata ridotta da 9 EUR a 7,5 EUR al paio.

    (61)

    A questo riguardo, un riesame in previsione della scadenza non permette di modificare la definizione del prodotto oggetto delle misure. Una siffatta modifica potrebbe essere presa in considerazione se una delle parti presentasse una domanda motivata a norma dell'articolo 11, paragrafo 3, del regolamento di base. Le suddette obiezioni sono state quindi respinte.

    C.   PROBABILITÀ DEL PERSISTERE O DELLA REITERAZIONE DEL DUMPING

    1.   CONSIDERAZIONI GENERALI

    (62)

    Secondo quanto disposto dall'articolo 11, paragrafo 2, del regolamento di base, è stato valutato il rischio del persistere o della reiterazione del dumping a seguito dell'eventuale scadenza delle misure in vigore nei confronti delle importazioni dalla RPC e dal Vietnam.

    (63)

    I volumi e i prezzi delle importazioni dai due paesi interessati hanno seguito gli andamenti indicati nella tabella sottostante. Le importazioni cinesi sono state soggette a contingentamento fino al 31 dicembre 2004 e le importazioni sono aumentate sostanzialmente dopo questa data ed erano a livelli elevati nel 2006. Nel 2007 e nel PIR i volumi delle importazioni si sono stabilizzati dopo essere calati rispetto al 2006. In seguito all'inchiesta antielusione le misure sono state estese alle importazioni della RAS di Macao soggette a registrazione a partire da settembre 2007.

    (64)

    Le importazioni dal Vietnam non sono state soggette a contingentamento ed erano a livelli elevati durante il PI iniziale. I volumi delle importazioni sono successivamente calati fino al 2007 per poi aumentare di nuovo durante il PIR.

    (65)

    I dati dimostrano che, a differenza di quanto sostenuto da alcune delle parti interessate, le importazioni dai paesi interessati hanno mantenuto livelli elevati durante il PIR. La loro quota di mercato combinata durante il PIR corrisponde al 28,7 % ed è quindi molto più alta dei livelli osservati durante il PI iniziale (23,2 %). Nonostante le rispettive quote di mercato abbiano subito oscillazioni dopo il PI iniziale, sono rimaste in generale sostanziali poiché ciascuno dei paesi aveva più del 10 % di quote di mercato durante il PIR.

    (66)

    In base ai dati di Eurostat, i prezzi medi all'importazione da entrambi i paesi interessati sono aumentati nel periodo compreso fra il PI iniziale e il 2006. Da allora i prezzi si sono stabilizzati per la RPC e sono diminuiti per il Vietnam.

    (67)

    Poiché i dati di Eurostat sono necessariamente generici e, pur riguardando il prodotto in esame, non forniscono indicazioni sui possibili cambiamenti nella combinazione di prodotti, è stata effettuata un'analisi per esaminare le tendenze dei prezzi delle sette società del campione per la RPC e delle tre società del campione per il Vietnam. Complessivamente, per le società del campione dei due paesi si è riscontrato che i prezzi delle importazioni sono diminuiti nel periodo compreso fra il 2006 e il PIR.

    Tabella 1

    Valori e volumi totali delle importazioni dai paesi oggetto dell'inchiesta

     

    PI iniziale

    2005

    2006

    2007

    PIR

    Volume (1 000 paia)

     

     

     

     

     

    Cina

    63 403

    183 568

    157 560

    123 016

    125 052

    Quota di mercato

    8,8 %

    22,9 %

    21,6 %

    17,8 %

    18,5 %

    Vietnam

    102 625

    100 619

    79 427

    62 503

    68 852

    Quota di mercato

    14,2 %

    12,6 %

    11,0 %

    9,1 %

    10,2 %

    Valore (Euro)

     

     

     

     

     

    Cina (Eurostat)

    7,2

    7,5

    8,4

    8,4

    8,5

    Vietnam (Eurostat)

    9,2

    9,5

    10,2

    9,7

    9,5

    Fonte: dati Comext (Eurostat) adattati ove necessario utilizzando le statistiche a disposizione della Commissione per escludere i prodotti diversi dal prodotto in esame.

    Tabella 2

    Valori e volumi totali delle importazioni delle società del campione

     

    PI iniziale

    2005

    2006

    2007

    PIR

    Volume (1 000 paia)

     

     

     

     

     

    Cina (campione)

    n.d.

    n.d.

    11 381

    12 787

    13 759

    Quota di mercato

     

     

    1,5 %

    1,8 %

    2,0 %

    Vietnam (campione)

    n.d.

    n.d.

    14 400

    15 250

    14 500

    Quota di mercato

     

     

    2 %

    2,2 %

    2,2 %

    Valore (Euro)

     

     

     

     

     

    Cina (campione)

    n.d.

    n.d.

    12,6

    10,7

    10,3

    Vietnam (campione)

    n.d.

    n.d.

    11,4

    10,8

    10,6

    2.   DUMPING DELLE IMPORTAZIONI CINESI E VIETNAMITE DURANTE IL PIR

    2.1.   Valore normale

    2.1.1.   Paese di riferimento

    (68)

    L'articolo 2, paragrafo 7, del regolamento di base prevede che, in caso di importazioni da paesi non retti da un'economia di mercato e qualora non sia possibile concedere il TEM, per i paesi di cui all'articolo 2, paragrafo 7, lettera b), del medesimo regolamento il valore normale va determinato in base al prezzo o al valore costruito in un paese terzo appropriato ad economia di mercato.

    (69)

    Per stabilire un valore normale per la RPC e il Vietnam, la Commissione ha comunicato nell'avviso di apertura l'intenzione di utilizzare come paese di riferimento il Brasile, che era stato utilizzato come paese di riferimento appropriato nell'inchiesta iniziale. La Commissione ha invitato le parti interessate a presentare le loro osservazioni in merito a tale proposta.

    (70)

    Diverse categorie di parti interessate fra cui i produttori esportatori disposti a collaborare, le rispettive associazioni e autorità nazionali nonché i rappresentanti degli importatori hanno commentato che la Thailandia, l'India o l'Indonesia sarebbero stati paesi di riferimento più appropriati del Brasile. La Commissione ha esaminato queste proposte alla luce dei criteri applicati per la selezione del paese di riferimento.

    (71)

    A questo proposito la Commissione ha stabilito che le dimensioni del mercato per le calzature di cuoio durante il PIR si potevano stimare intorno ai 189 milioni di paia per il Brasile, 800 milioni di paia per l'India, 109 milioni per l'Indonesia e soltanto 6 milioni per la Thailandia. Viste le dimensioni molto ridotte del mercato thailandese e la disponibilità di altre opzioni, la Commissione non ha analizzato ulteriormente la Thailandia come potenziale paese di riferimento.

    (72)

    Facendo seguito alle richieste delle parti la Commissione ha quindi sollecitato la collaborazione dei produttori di calzature in Brasile, India e Indonesia. Sono stati inviati questionari alle società nei tre paesi e sono state ricevute risposte pertinenti da cinque produttori brasiliani, da un produttore indiano e da cinque produttori indonesiani.

    (73)

    La Commissione ha esaminato la rappresentatività delle società che hanno risposto con riguardo alle loro vendite sul mercato interno.

    (74)

    Per quanto riguarda il Brasile, le tre società analizzate presentavano nel periodo dell'inchiesta vendite del prodotto simile sul mercato interno corrispondenti a circa il 17 % delle esportazioni cinesi del campione e a circa il 19 % delle esportazioni vietnamite del campione.

    (75)

    Per quanto riguarda l'India, l'unica società che si è fatta avanti presentava nel periodo dell'inchiesta vendite del prodotto simile sul mercato interno corrispondenti a circa il 5 % delle esportazioni cinesi del campione e a circa il 6 % delle esportazioni vietnamite del campione.

    (76)

    Per quanto riguarda l'Indonesia, le cinque società disposte a collaborare presentavano nel periodo dell'inchiesta vendite del prodotto simile sul mercato interno corrispondenti a circa il 2 % delle esportazioni cinesi del campione e a circa il 2 % delle esportazioni vietnamite del campione.

    (77)

    Il Brasile è risultato quindi essere il paese con il volume più rappresentativo di vendite sul mercato interno durante il periodo dell'inchiesta.

    (78)

    La Commissione ha poi esaminato la quantità di tipi di calzature interessati dalle vendite sul mercato interno nei tre paesi interessati in relazione a quelli esportati da Cina e Vietnam.

    (79)

    Le vendite sul mercato interno dei produttori brasiliani ed indonesiani disposti a collaborare coprivano una vasta gamma di prodotti durante il PIR e corrispondevano ad un numero significativo di NCP esportati dalla Cina e dal Vietnam. Nel caso dell'India, l'unico produttore disposto a collaborare ha segnalato vendite sul mercato interno durante il PIR che corrispondevano soltanto ad un NCP esportato dalla Cina e dal Vietnam.

    (80)

    Secondo i dati raccolti dalla Commissione tutti e tre i paesi esaminati presentano un numero significativo di produttori, il che garantisce un elevato livello di concorrenza fra operatori nazionali sui rispettivi mercati. Il Brasile ha circa 7 800 produttori di calzature in cuoio, 1 500 dei quali hanno dimensioni sufficientemente comparabili alle società cinesi/vietnamite. Secondo i dati disponibili, l'India possiede circa 3 000 produttori. Si stima che l'Indonesia abbia 212 produttori. Tutti e tre i paesi riportano esportazioni notevoli (stimate intorno ai 64 milioni di paia per il Brasile, 67 milioni per l'India e 27 milioni per l'Indonesia). Il Brasile ha dimostrato di avere un consumo interno pro capite di scarpe in cuoio (1) più alto rispetto all'India (0,7) e all'Indonesia (0,5).

    (81)

    Per quanto riguarda le importazioni nei paesi esaminati, esse hanno raggiunto durante il PIR una quota di mercato pari a circa il 2 % in Brasile, circa l'1 % in India e circa l'1,5 % in Indonesia.

    (82)

    In base agli elementi di cui sopra la Commissione ha ritenuto che la scelta più adeguata come paese di riferimento fosse il Brasile. In particolare il Brasile ha dimostrato di avere il volume più rappresentativo di vendite di calzature con tomaie di cuoio sul mercato interno. Le società brasiliane disposte a collaborare producono inoltre una vasta gamma di prodotti, che coincidono in gran parte con quelli della Cina e del Vietnam. I produttori indonesiani disposti a collaborare, che presentavano anch'essi una vasta gamma di prodotti, riportavano vendite sul mercato interno molto inferiori, mentre le vendite sul mercato interno dell'India, seppure con un volume considerevole, si riferivano ad una gamma molto limitata.

    (83)

    Diverse parti hanno obiettato che il Brasile non dovrebbe essere utilizzato come paese di riferimento poiché è specializzato soltanto in calzature da donna. Sostenevano che ciò è dimostrato dalle risposte al questionario date dalle società brasiliane disposte a collaborare e dal fatto che il Brasile esporta principalmente scarpe da donna.

    (84)

    L'inchiesta ha tuttavia dimostrato che più della metà del totale delle vendite sul mercato interno segnalate dalle società brasiliane disposte a collaborare riguardavano calzature da uomo. Durante le visite di verifica effettuate dalla Commissione presso i produttori brasiliani è emerso che mentre le due società più piccole erano in effetti più specializzate in calzature da donna, la società più grande vendeva principalmente calzature da uomo sul mercato interno. Le vendite sul mercato interno comprendevano quindi quantità sufficienti sia di calzature da donna che da uomo. Per quanto riguarda l'obiezione secondo cui il Brasile esporta principalmente calzature da donna, la Commissione ritiene che il profilo dei prodotti esportati di un paese non debba necessariamente corrispondere a quello dei prodotti venduti sul suo mercato interno.

    (85)

    Alcune parti hanno segnalato che dalle risposte al questionario si evince che il Brasile è specializzato in sandali non comparabili ai tipi di calzature esportati dalla Cina e dal Vietnam, che comprendono una varietà più ampia. L'analisi della Commissione non ha confermato tale obiezione, bensì ha riscontrato che i produttori brasiliani hanno venduto una vasta gamma di tipi di calzature, che in termini di NCP rappresenta un tasso di corrispondenza superiore al 50 % coi modelli esportati dalle società cinesi e vietnamite nei campioni.

    (86)

    Alcune parti hanno obiettato che il Brasile non poteva essere utilizzato come paese di riferimento per le calzature da bambino, poiché produce una quantità molto limitata di questo tipo di calzature. Secondo la Commissione non è raro che un paese di riferimento non produca tutti i sottotipi di prodotto simile. Ciò non impedisce tuttavia che si possa stabilire un confronto equo con il valore normale operando gli opportuni adeguamenti per questo tipo. Poiché in effetti nessuno dei produttori brasiliani disposti a collaborare fabbricava calzature da bambino, il valore normale per questo tipo è stato calcolato come nell'inchiesta iniziale, adeguando opportunamente il valore normale calcolato per le calzature per adulti. Si conclude pertanto che è possibile utilizzare il Brasile come paese di riferimento per tutti i tipi di calzature in cuoio, comprese quelle da bambino.

    (87)

    Alcune parti hanno fatto presente che le calzature prodotte in Brasile utilizzano cuoio di alta qualità e per questo hanno prezzi più elevati che in Cina e in Vietnam. Non sarebbero pertanto comparabili alle calzature originarie dei due paesi oggetto dell'inchiesta. Alcune fra le altre parti interessate, al contrario, hanno commentato che i prezzi brasiliani necessitavano di adeguamenti perché il cuoio delle calzature brasiliane era di qualità inferiore rispetto a quello utilizzato in Cina e Vietnam. La Commissione ha esaminato la questione e ha concluso che in termini di prezzi e di qualità non c'era alcuna differenza fra il cuoio utilizzato per le calzature prodotte in Brasile e quello utilizzato per le calzature prodotte in Cina e Vietnam. Si ricorda a questo proposito che nell'inchiesta iniziale è stato applicato un adeguamento al valore normale perché si è verificato che il cuoio utilizzato dai produttori brasiliani del paese di riferimento era di qualità inferiore e venduto a prezzi inferiori in confronto al cuoio utilizzato dai produttori del campione nei paesi esportatori. Nella presente inchiesta di riesame i produttori in Brasile (e la maggior parte dei produttori nei paesi esportatori) sono diversi da quelli che hanno collaborato all'inchiesta iniziale. A sua volta la diversa combinazione di società ha portato a rilevare costi differenti del cuoio.

    (88)

    Alcune parti erano dell'opinione che i prodotti brasiliani e vietnamiti non fossero comparabili e sostenevano che il Brasile esporta calzature costose appartenenti al segmento alto mentre il Vietnam esporta prodotti di prezzo basso, ma non hanno fornito elementi di prova sufficienti in proposito. La Commissione osserva che in ogni caso i prodotti vietnamiti andrebbero comparati a quelli venduti sul mercato interno brasiliano e non a quelli esportati dal Brasile. La Commissione non ha riscontrato elementi a conferma del fatto che le calzature originarie del Vietnam o vendute in Brasile fossero limitate ad un segmento specifico del mercato.

    (89)

    Alcune parti hanno affermato che il Brasile ha operato un aumento delle tariffe doganali sulle calzature compreso fra il 20 % e il 35 % a partire da gennaio 2008 e che il Brasile sarebbe pertanto un mercato molto protetto caratterizzato da una riduzione della concorrenza. Sostenevano inoltre che la quota di mercato delle importazioni in Brasile era troppo bassa rispetto ai consumi. La Commissione ha analizzato tali obiezioni. È emerso che il Brasile ha in effetti alzato le sue tariffe dal 20 % al 35 % all'inizio del 2008, ossia a metà del PIR. Tuttavia, la Commissione ha inoltre rilevato che il valore della valuta brasiliana rispetto al dollaro USA è aumentato notevolmente nel corso del PIR e in particolare dopo l'aumento delle tariffe introdotto dal Brasile. Più precisamente il valore del real brasiliano ha guadagnato fino al 19 % in più (ossia un aumento maggiore di quello delle tariffe) rispetto all'inizio del PIR. Di conseguenza l'aumento del valore della valuta brasiliana rispetto al dollaro USA ha compensato abbondantemente l'effetto dell'aumento dei dazi sui prezzi all'importazione. La Commissione non ha inoltre riscontrato alcun elemento a conferma del fatto che l'aumento delle tariffe fosse rispecchiato da un aumento sostanziale nei prezzi del mercato interno, né che ciò ostacolasse le importazioni. La Commissione ha in effetti stabilito che nonostante l'aumento delle tariffe, le importazioni di calzature in cuoio in Brasile nella prima metà del 2008 (cioè dopo l'aumento delle tariffe) sono aumentate notevolmente rispetto alla prima metà del 2007. L'aumento delle tariffe non ha quindi avuto effetti concreti sul mercato brasiliano.

    (90)

    Alcune parti hanno fatto presente che il Brasile non è un mercato libero per le calzature poiché le importazioni di calzature nel paese sono ostacolate dalla concessione non automatica delle licenze. La Commissione ha verificato che il Brasile applica la concessione non automatica delle licenze alle importazioni di calzature, ma fa notare che ciò non sembra costituire un ostacolo alle importazioni tenuto conto del suddetto aumento delle importazioni. La Commissione ha inoltre appurato che anche l'Indonesia applica la concessione non automatica delle licenze alle importazioni di calzature. La Commissione fa notare che la concessione non automatica delle licenze è una pratica compatibile con le norme dell'OMC. La Commissione conclude pertanto che non ci sono elementi per considerare la concessione non automatica delle licenze alle importazioni applicata dal Brasile come una limitazione alle importazioni che può portare a considerare il Brasile un mercato non libero.

    (91)

    Alcune parti hanno obiettato che un aumento significativo del valore del real brasiliano negli ultimi anni avrebbe influenzato negativamente la competitività del Brasile o che un calo del real del 25 % dopo il PIR avrebbe influenzato negativamente la competitività internazionale del Brasile. Queste obiezioni non erano sostenute da sufficienti elementi di prova, ma in ogni caso gli sviluppi successivi al PIR non si possono considerare pertinenti nella scelta del paese di riferimento.

    (92)

    Di conseguenza la Commissione non ha riscontrato elementi sufficienti per affermare che le condizioni generali della concorrenza nel mercato brasiliano siano cambiate in maniera significativa rispetto all'inchiesta iniziale tanto da rendere il Brasile inadatto come paese di riferimento.

    (93)

    Molte parti hanno affermato che l'India o l'Indonesia sono più adatti come mercati di riferimento perché il Brasile non presenta analogie con la Cina e il Vietnam dal punto di vista dello sviluppo economico o del PIL pro capite.

    (94)

    Va ricordato che per definizione un paese ad economia non di mercato o con un'economia in transizione non possiede le stesse caratteristiche di un paese ad economia di mercato. Non di rado si riscontrano differenze di sviluppo economico tra un paese di riferimento e un paese ad economia non di mercato o con un'economia in transizione. Ciò vale anche per la differenza di reddito pro capite che è anche un indicatore di sviluppo economico. Ciò non impedisce tuttavia di scegliere il Brasile come paese di riferimento se lo si ritiene più appropriato relativamente ad altri fattori presi in considerazione.

    (95)

    Varie parti interessate hanno sottolineato che i costi del lavoro sono più alti in Brasile rispetto alla Cina e al Vietnam e che sarebbe più appropriato scegliere come paese di riferimento l'India, l'Indonesia o la Thailandia, i cui rispettivi costi del lavoro sono più comparabili. Secondo quanto comunicato, a causa dei salari più alti il costo del lavoro in Brasile rappresenta circa il 50-70 % del costo di produzione, mentre in Cina il 30 %.

    (96)

    A questo proposito, un paese con un diverso livello di sviluppo economico può certamente essere scelto come paese di riferimento per un paese ad economia non di mercato o con un'economia in transizione. Allo stesso modo, i costi del lavoro, che sono un indicatore dello stato dello sviluppo economico di un paese, non costituiscono di per sé un criterio valido. In ogni caso, per quanto riguarda la quota rappresentata dal costo del lavoro nel costo di produzione complessivo, la Commissione ha constatato durante le verifiche in loco che i costi del lavoro in Brasile rappresentano meno del 40 % del costo totale di produzione e sono pertanto molto più simili al livello cinese di quanto asserito.

    (97)

    È stato inoltre affermato da varie parti che il Brasile non è adatto per stabilire il valore normale, poiché le società brasiliane sostengono i costi per la progettazione e la ricerca e lo sviluppo che, nel caso della Cina e del Vietnam, sono a carico degli acquirenti all'estero. La Commissione ha riconosciuto in effetti che tale differenza nella struttura dei costi può essere plausibile, poiché gli esportatori dei paesi interessati vendono il prodotto in esame nell'Unione a ex produttori dell'Unione che continuano ad accollarsi le suddette componenti dei costi di produzione e rivendono il prodotto con la loro denominazione. Tuttavia, questo non è un motivo sufficiente per considerare il Brasile inadatto come paese di riferimento, poiché per tali costi si può procedere ad un adeguamento nel determinare il valore normale (cfr. il considerando 118 e seguenti).

    (98)

    Alcune parti hanno comunicato che, a differenza della Cina e del Vietnam, i prezzi franco fabbrica in Brasile comprendono le spese di marketing, le tasse speciali e i costi di credito e consegna. È stato anche affermato che le spese generali in Brasile sono più alte a causa delle dimensioni inferiori delle società brasiliane. Anche in questo caso la Commissione ritiene che questo non sia un motivo sufficiente per considerare il Brasile inadatto come paese di riferimento, poiché per tali costi si può procedere ad un adeguamento nel determinare il valore normale (cfr. il considerando 118 e seguenti).

    (99)

    Alcune parti hanno affermato che i paesi asiatici hanno un accesso migliore alle materie prime, soprattutto il cuoio, rispetto al Brasile. La Commissione ha analizzato la documentazione inviata. È indicato in effetti che la produzione di cuoio si è sviluppata più velocemente in Asia ma ciò va considerato alla luce dell'aumento della produzione asiatica di prodotti in cuoio. I paesi dell'America latina rappresentano una percentuale di poco superiore al 15 % della produzione mondiale delle calzature in cuoio e quasi il 15 % della produzione mondiale di cuoio grezzo. I paesi asiatici producono oltre il 50 % delle calzature in cuoio nel mondo, ma meno del 40 % della quantità mondiale di cuoio grezzo. Si può quindi concludere che nonostante le differenze nei dati assoluti della produzione di cuoio, i paesi dell'America latina sono più autosufficienti rispetto a quelli asiatici e di conseguenza beneficiano di un più facile accesso al cuoio grezzo.

    (100)

    Alcune fra le parti interessate sostenevano che il Brasile non fosse adatto come paese di riferimento perché le calzature brasiliane non sostituiscono quelle cinesi e vietnamite dal momento che dopo l'imposizione dei dazi anti-dumping da parte dell'Unione, le importazioni nell'Unione originarie del Brasile non sono aumentate, a differenza di quanto successo a quelle dall'India e dall'Indonesia. A questo proposito le importazioni nell'Unione dall'India e dall'Indonesia sono effettivamente aumentate dopo l'imposizione dei dazi anti-dumping. La Commissione osserva tuttavia che gli operatori commerciali rimangono liberi di scegliere i fornitori che preferiscono e, come si vedrà in seguito durante l'analisi del pregiudizio, in questo caso preferivano comperare i loro prodotti dai paesi vicini alla Cina e al Vietnam. Questo non rende il Brasile inadatto come paese di riferimento. Un paese di riferimento serve inoltre a stabilire il valore normale. Se questo esporti o meno nell'Unione non è rilevante per tale scopo. L'argomentazione è stata quindi respinta.

    (101)

    Alcune parti hanno obiettato che il Brasile non può essere un mercato comparabile al Vietnam perché quest'ultimo è molto orientato all'esportazione mentre il Brasile vende principalmente sul mercato interno. La Commissione non può accettare questa affermazione come pertinente. Il Vietnam è chiaramente molto più orientato verso l'esportazione del Brasile, tuttavia non si vede come ciò possa influenzare il valore normale calcolato in Brasile, che per definizione si riferisce ai costi di produzione e alle vendite sul mercato interno del Brasile.

    (102)

    Diverse parti hanno fatto presente che i prezzi all'esportazione brasiliani sono inferiori a quelli interni. Per alcune parti interessate ciò implica che per stabilire il valore normale andrebbero utilizzati i prezzi all'esportazione e non quelli interni. Secondo altre parti ciò costituisce un elemento di prova che gli esportatori brasiliani praticano il dumping e rende quindi il Brasile inadatto come paese di riferimento. La Commissione osserva innanzitutto che i prezzi all'esportazione non sono rilevanti in questo caso poiché sono disponibili prezzi interni sufficientemente rappresentativi e vantaggiosi. In secondo luogo l'affermazione che i prezzi all'esportazione del Brasile sono oggetto di dumping non è stata supportata e in ogni caso non può essere confermata o negata senza che sia stata condotta un'inchiesta adeguata a riguardo.

    (103)

    Alcune delle parti interessate erano dell'opinione che il Brasile fosse inadatto come paese di riferimento perché i produttori brasiliani ricevono aiuti statali per le esportazioni. La Commissione osserva innanzitutto che questo tipo di aiuti influenzerebbe soprattutto i prezzi all'esportazione che, come osservato sopra, non sono rilevanti ai fini della presente inchiesta. La Commissione ha comunque esaminato gli elementi di prova forniti dalle parti interessate e ha constatato che i suddetti aiuti riguardano i programmi di promozione delle esportazioni simili a quelli di molti altri paesi, che hanno lo scopo di far conoscere i prodotti all'estero tramite campagne pubblicitarie e la partecipazione a fiere internazionali. La Commissione non ha riscontrato elementi a conferma del fatto che gli aiuti per la promozione delle esportazioni in Brasile giovassero alla vendita di calzature sul mercato interno.

    (104)

    Diverse parti hanno fatto notare che il Brasile ha avviato un'inchiesta anti-dumping sulle calzature originarie della Cina, per cui l'Italia è stata utilizzata come paese di riferimento, sostenendo che le società italiane e brasiliane avessero concluso accordi collusivi per massimizzare i risultati relativi al dumping nell'inchiesta di riesame condotta dall'Unione. Tali affermazioni erano tuttavia prive di riscontri o di qualunque altro elemento di prova correlato. La Commissione respinge pertanto questa argomentazione.

    (105)

    Alla luce delle considerazioni che precedono si è concluso che il Brasile era il paese di riferimento più appropriato.

    (106)

    Molte delle parti interessate hanno commentato che la scelta del Brasile come paese di riferimento è determinante per l'individuazione del dumping, e che il dumping non sarebbe stato riscontrato scegliendo uno degli altri paesi. A titolo informativo, la Commissione ha verificato quale sarebbe stato il risultato se fosse stata scelta l'Indonesia che, pur non essendo l'opzione migliore secondo quanto dimostrato sopra, era l'unica alternativa praticabile al Brasile.

    (107)

    I risultati sono riportati nella pertinente sezione e confermano che la scelta del paese di riferimento fra le opzioni possibili non ha influenzato in questo caso i risultati del calcolo del dumping.

    (108)

    Il Brasile è stato quindi scelto come paese di riferimento.

    2.1.2.   Determinazione del valore normale nel paese di riferimento

    (109)

    Poiché il Brasile è stato scelto come paese di riferimento, il valore normale è stato calcolato in base ai dati verificati presso la sede dei produttori brasiliani che hanno collaborato all'inchiesta.

    (110)

    Le vendite di tali produttori sul mercato interno sono risultate essere rappresentative rispetto al volume di esportazioni nell'Unione da parte dei produttori esportatori della RPC e del Vietnam. È stato quindi valutato se le vendite interne potevano considerarsi realizzate nel corso di normali operazioni commerciali, stabilendo la percentuale delle vendite remunerative ad acquirenti indipendenti. L'inchiesta ha rivelato che il volume delle vendite effettuate a prezzi uguali o superiori al costo unitario rappresentava più dell'80 % del volume totale delle vendite di ciascun produttore. Pertanto, il valore normale è stato determinato in base ai prezzi effettivamente applicati sul mercato interno, calcolato come la media ponderata dei prezzi di tutte le vendite, remunerative o meno, di un tipo di prodotto realizzate sul mercato interno durante il PIR.

    2.1.3.   Valore normale per la Golden Step

    (111)

    Nel caso della Golden Step il valore normale è stato calcolato in base ai dati della società relativi alle vendite sul mercato interno e al costo di produzione. Tali dati sono stati verificati presso la sede della società.

    (112)

    La Commissione ha stabilito prima di tutto che la Golden Step non ha effettuato vendite sul mercato interno durante il PIR. Di conseguenza non era possibile determinare il valore normale in base ai prezzi applicati dalla società sul mercato interno, come prevede l'articolo 2, paragrafo 1, primo comma, del regolamento di base. È stato quindi necessario applicare un altro metodo.

    (113)

    Poiché non poteva essere utilizzato nessun prezzo interno per stabilire il valore normale, si è dovuto calcolare un valore normale costruito sulla base dei costi del produttore in questione. Di conseguenza, a norma dell'articolo 2, paragrafo 3, del regolamento di base, il valore normale è stato costruito sommando ai costi di produzione del modello di calzatura esportato, eventualmente adeguati, un congruo importo per le spese generali, amministrative e di vendita (SGAV) e un ragionevole margine di profitto.

    (114)

    A questo proposito non è stato possibile determinare le SGAV e il profitto a norma dell'articolo 2, paragrafo 6, lettera a), del regolamento di base con riferimento agli importi reali determinati per altri produttori esportatori nel paese interessato perché a nessun altro produttore esportatore cinese è stato concesso il TEM. Inoltre, non avendo la Golden Step effettuato vendite della stessa categoria generica di prodotti sul mercato interno nel paese interessato, non è stato possibile stabilire le SGAV e il profitto a norma dell'articolo 2, paragrafo 6, lettera b), del regolamento di base. Il calcolo è stato quindi fatto a norma dell'articolo 2, paragrafo 6, lettera c), del regolamento di base, cioè tramite «qualunque altro metodo appropriato».

    (115)

    A questo riguardo la Commissione ha valutato le SGAV e i tassi di profitto secondo tre possibili scenari. Per prima cosa ha stabilito le SGAV e i profitti utilizzando i dati dell'inchiesta iniziale. Ha inoltre considerato le SGAV e i profitti dei produttori esportatori cinesi a cui è stato recentemente concesso il TEM in altre inchieste e che hanno effettuato vendite sul mercato interno nel corso di normali operazioni commerciali. In un terzo scenario ha esaminato le informazioni relative alle SGAV e ai profitti rilevate nel paese di riferimento. Il valore normale è stato quindi calcolato in base a questi tre scenari.

    2.2.   Prezzi all'esportazione cinesi e vietnamiti

    (116)

    Nel caso delle vendite all'esportazione effettuate direttamente ad acquirenti indipendenti nell'Unione, il prezzo all'esportazione è stato stabilito in base ai prezzi realmente pagati o pagabili per il prodotto in esame, secondo quanto previsto dall'articolo 2, paragrafo 8, del regolamento di base.

    (117)

    Allorché le vendite per l'esportazione nell'Unione sono state effettuate tramite società commerciali indipendenti con sede al di fuori dell'Unione, il prezzo all'esportazione è stato calcolato in base ai prezzi del prodotto venduto per l'esportazione alle società commerciali, ossia ad acquirenti indipendenti, dai produttori in questione, in conformità dell'articolo 2, paragrafo 8, del regolamento di base.

    2.3.   Confronto fra i prezzi all'esportazione cinesi e vietnamiti e i valori normali del paese di riferimento

    (118)

    Secondo la metodologia applicata nell'inchiesta iniziale, per stabilire i valori normali per i tipi di prodotto esportati non venduti nel mercato interno brasiliano sono stati utilizzati i prezzi delle vendite interne dei tipi di prodotto più simili. Tali prezzi sono stati adeguati ove necessario.

    (119)

    Il valore normale e i prezzi all'esportazione sono stati confrontati allo stadio franco fabbrica. Ai fini di un confronto equo tra il valore normale e il prezzo all'esportazione, si è tenuto debitamente conto, sotto forma di adeguamenti, delle differenze che incidono sui prezzi e sulla loro comparabilità, secondo quanto prescritto dall'articolo 2, paragrafo 10, del regolamento di base. In particolare sono stati effettuati gli adeguamenti di seguito indicati.

    (120)

    Si è valutato se fosse giustificato un adeguamento relativo allo stadio commerciale a norma dell'articolo 2, paragrafo 10, lettera d), del regolamento di base. In tale contesto si è constatato che gli stadi commerciali nel mercato interno e in quello all'esportazione erano differenti. In base a ciò sono stati applicati adeguamenti a norma dell'articolo 2, paragrafo 10, lettere da d) a i), del regolamento di base, per rispecchiare gli sconti concessi ai grossisti sul mercato brasiliano, rispetto alle vendite ai dettaglianti effettuate solamente dai tre produttori brasiliani oggetto dell'inchiesta.

    (121)

    Al fine di garantire un confronto equo fra le esportazioni cinesi e vietnamite da una parte e le vendite sul mercato interno brasiliano dall'altra, è stato concesso un adeguamento a norma dell'articolo 2, paragrafo 10, lettera i), del regolamento di base, per rispecchiare le differenze nelle commissioni pagate agli agenti indipendenti in Brasile.

    (122)

    Secondo l'articolo 2, paragrafo 10, lettera k), del regolamento di base, è stato concesso anche un adeguamento per ricerca e sviluppo e progettazione allo scopo di riflettere i costi affrontati dai produttori brasiliani rispetto a quelli cinesi/vietnamiti.

    (123)

    Durante l'inchiesta precedente era stato inoltre applicato un adeguamento a norma dell'articolo 2, paragrafo 10, lettera a), del regolamento di base, per rispecchiare le differenze nella qualità del cuoio utilizzato nella produzione delle calzature. Nella presente inchiesta non si è ritenuto necessario un tale adeguamento poiché la qualità di cuoio utilizzata dagli esportatori brasiliani, cinesi e vietnamiti è simile (cfr. il considerando 87).

    (124)

    Ogni qualvolta lo si sia ritenuto ragionevole, accurato e corroborato da elementi di prova, sono stati applicati altri adeguamenti, come ad esempio quelli relativi a trasporti e assicurazione a norma dell'articolo 2, paragrafo 10, lettera e), del regolamento di base.

    (125)

    Alcune delle parti interessate hanno sostenuto che le oscillazioni del tasso di cambio USD/EUR hanno inciso sul margine di dumping rilevato e che ciò giustificava un adeguamento. Questa argomentazione è stata respinta. A norma dell'articolo 2, paragrafo 10, lettera j), del regolamento di base, un tale aggiustamento è concesso solo se si verificano sensibili variazioni dei cambi. Laddove i tassi di cambio oscillano liberamente, come nel caso del tasso USD/EUR, questi aumentano e diminuiscono regolarmente. In questo caso non si possono osservare variazioni sensibili e quindi non si può concedere l'adeguamento.

    2.4.   Determinazione del dumping per le società oggetto dell'inchiesta nella RPC

    2.4.1.   Determinazione del dumping per la Golden Step

    (126)

    Nel caso della Golden Step dal confronto fra il suo prezzo all'esportazione e il valore normale, come definito nel considerando 111 e seguenti, è emerso un margine di dumping compreso tra il 5 % e il 16 %.

    2.4.2.   Determinazione del dumping per le società a cui non è stato concesso il TEM

    (127)

    In conformità dell'articolo 2, paragrafi 11 e 12, del regolamento di base, il margine di dumping è stato calcolato confrontando la media ponderata dei valori normali, per tipo di prodotto, e la media ponderata dei prezzi all'esportazione, per tipo di prodotto. Per tutte le società del campione è stata calcolata una media ponderata del margine di dumping nella RPC. Tale margine di dumping è stato attribuito a tutti gli altri produttori esportatori nella RPC.

    (128)

    Per la RPC è stato accertato un dumping su scala nazionale compreso fra il 35 % e il 38 % del prezzo CIF frontiera dell'Unione, a seconda del metodo di calcolo utilizzato per la Golden Step, come spiegato nel considerando 115.

    (129)

    Alla luce di quanto concluso relativamente alla scelta del paese di riferimento, un calcolo del dumping è stato effettuato anche secondo la metodologia sopracitata, con la differenza che i valori normali del Brasile sono stati sostituiti da quelli dei produttori indonesiani che hanno collaborato all'inchiesta. Tale calcolo ha dato come risultato un margine di dumping compreso fra il 19 % e il 22 %, a seconda del metodo di calcolo utilizzato per la Golden Step.

    2.5.   Determinazione del dumping per le società oggetto dell'inchiesta in Vietnam

    (130)

    In conformità dell'articolo 2, paragrafi 11 e 12, del regolamento di base, il margine di dumping è stato calcolato confrontando la media ponderata dei valori normali, per tipo di prodotto, e la media ponderata dei prezzi all'esportazione, per tipo di prodotto. Poiché a nessuna delle società del campione è stato concesso il TEM, è stata calcolata una media ponderata del margine di dumping in Vietnam. Tale margine di dumping è stato attribuito a tutti gli altri produttori esportatori del Vietnam.

    (131)

    Per il Vietnam è stato accertato un dumping su scala nazionale pari al 43,8 % del prezzo CIF frontiera dell'Unione.

    (132)

    Analogamente alla RPC, un calcolo del dumping è stato effettuato anche secondo la metodologia sopracitata, con la differenza che i valori normali del Brasile sono stati sostituiti da quelli dei produttori indonesiani che hanno collaborato all'inchiesta. Tale calcolo ha dato come risultato un margine di dumping pari al 28,4 %.

    2.6.   Conclusioni sul persistere del dumping da parte dei paesi interessati

    (133)

    Alcune parti interessate hanno fatto presente che le esportazioni dai paesi interessati nel periodo fra l'imposizione delle misure definitive in aprile 2006 e la fine del PIR hanno subito un calo. Sostenevano che tale diminuzione rifletteva i cali della produzione e della capacità di produzione nella RPC e in Vietnam dovuti all'imposizione delle misure definitive, ad un trasferimento della produzione dalla RPC e dal Vietnam verso altri paesi o ad un aumento nelle vendite sul mercato interno di questi paesi. Obiettavano inoltre che i prezzi all'importazione erano aumentati o rimasti stabili. Le parti sostenevano quindi che i volumi di importazione e i prezzi non giustificavano il persistere del dumping rilevato in volumi significativi durante il PIR.

    (134)

    Queste obiezioni non modificano le conclusioni che confermano l'esistenza di margini di dumping notevoli nel PIR e il fatto che tali margini coprono grossi volumi di importazioni con grandi quote di mercato dell'Unione. È stato pertanto concluso che si è verificato un persistere del dumping in relazione al prodotto in esame originario della RPC e del Vietnam.

    3.   ANDAMENTO DELLE IMPORTAZIONI DALLA RPC IN CASO DI ABROGAZIONE DELLE MISURE

    3.1.   Considerazioni generali

    (135)

    L'andamento probabile delle importazioni dalla RPC è stato analizzato in termini sia di prezzi previsti che di volumi.

    (136)

    Come punto di partenza sono stati determinati i prezzi per il PIR. I dati sono stati ricavati dalle risposte ai questionari per il campionamento (ricevute da 58 produttori esportatori disposti a collaborare) che contenevano i prezzi di vendita per il mercato interno e i prezzi all'esportazione sia per il mercato dell'Unione che per quelli dei paesi terzi. Tali informazioni sono state utilizzate poiché considerate la fonte migliore di informazioni sui prezzi, ai fini del confronto delle indicazioni dei prezzi su vari mercati, a disposizione per il prodotto in esame. Questi dati sono stati considerati rappresentativi poiché coprivano il 22 % delle importazioni nel mercato dell'Unione. I prezzi all'esportazione nell'Unione contenuti nelle risposte al questionario sul campionamento sono stati oggetto di un controllo incrociato con le informazioni statistiche a disposizione della Commissione, anche se non è stato possibile utilizzare queste ultime per confrontare i prezzi poiché non coprivano le vendite sul mercato interno cinese né le esportazioni verso paesi terzi.

    (137)

    Nonostante i dati Eurostat fossero un'altra fonte attendibile essi non fornivano, come già detto nel considerando 67, la possibilità di confrontare i prezzi sui diversi mercati.

    (138)

    I prezzi sul mercato dell'Unione sono stati ricavati dai dati sui produttori dell'Unione raccolti durante il campionamento. L'inchiesta ha stabilito che tali prezzi medi erano comparabili a quelli delle calzature importate poiché:

    riguardavano il prodotto simile,

    si collocavano allo stesso stadio commerciale,

    riportavano incoterms comparabili,

    riguardavano quantità comparabili.

    (139)

    È stato inoltre analizzato l'impatto di alcuni nuovi sviluppi, successivi al PIR, ritenuto sufficientemente significativo ai fini della probabilità del persistere del dumping. Tale analisi è stata anche richiesta dalle parti interessate.

    3.2.   Rapporto tra i prezzi nell'Unione e nella RPC

    (140)

    Dalle risposte al questionario sul campionamento è risultato che i prezzi sul mercato interno cinese determinati in base ai dati degli esportatori erano inferiori ai prezzi sul mercato dell'Unione. Va tuttavia precisato che non è stato possibile verificare i dati di tutte le società non incluse nel campione (compresi i dati relativi alle vendite di qualunque tipo sul mercato interno). Non è stato quindi possibile svolgere un'analisi precisa dei prezzi sul mercato interno nella RPC. Ciò non è stato comunque ritenuto necessario viste le conclusioni generali relative al persistere del dumping.

    3.3.   Rapporto tra i prezzi all'esportazione verso paesi terzi e il livello dei prezzi dell'Unione

    (141)

    Dalle risposte al questionario sul campionamento è risultato che i prezzi praticati sui mercati dei principali paesi terzi dalle società cinesi disposte a collaborare erano inferiori ai prezzi praticati sul mercato dell'Unione. Ciò indicava ancora una volta che i produttori cinesi potrebbero esportare maggiori quantità nell'Unione. In caso di mancato mantenimento delle misure sarebbe più vantaggioso per i produttori esportatori cinesi ridirigere le loro esportazioni verso l'Unione. Non è stato tuttavia possibile verificare tali dati relativi ai prezzi applicati sui mercati dei principali paesi terzi dalle società cinesi disposte a collaborare, pertanto l'analisi non è stata portata avanti ulteriormente.

    (142)

    Alcune delle parti interessate hanno fatto notare che altri mercati sono diventati più attraenti di quello dell'Unione. A sostegno di questa affermazione una delle parti ha inviato un'analisi delle statistiche doganali cinesi. L'analisi della Commissione ha tuttavia dimostrato che, a parte il mercato degli Stati Uniti, il mercato dell'Unione rimane il mercato più interessante per gli esportatori cinesi. Infatti, le esportazioni sono aumentate nel corso del periodo analizzato dalla parte in questione (cioè dal 2005 al 2008). In caso di abrogazione dei dazi antidumping aumenterebbe l'attrattività del mercato dell'Unione e i volumi con tutta probabilità aumenterebbero.

    3.4.   Rapporto tra i prezzi all'esportazione verso paesi terzi e i prezzi nella RPC

    (143)

    Secondo le risposte al questionario sul campionamento ricevute dalle 58 società cinesi che hanno collaborato, i prezzi all'esportazione verso i mercati dei principali paesi terzi sono inferiori ai prezzi praticati sul mercato interno. Non è stato tuttavia possibile verificare tali dati, pertanto l'analisi non è stata portata avanti ulteriormente.

    (144)

    Inoltre, il livello dei prezzi all'esportazione verso i paesi terzi, se confrontato con il valore normale brasiliano, indicava che tali prezzi all'esportazione sono generalmente molto inferiori. Ancora una volta, per le ragioni spiegate nel considerando 140 non è stato possibile verificare questi dati, pertanto l'analisi non è stata portata avanti ulteriormente.

    (145)

    Concludendo, i dati a disposizione indicavano la probabilità del persistere del dumping.

    3.5.   Capacità inutilizzate e scorte

    (146)

    Si è riscontrato che tutte le società cinesi incluse nel campione utilizzavano un sistema di produzione su ordinazione; di conseguenza le loro scorte erano costituite da prodotti finiti in attesa di essere spediti. Il sistema di produzione su ordinazione è utilizzato perché il settore calzaturiero deve adattarsi alle nuove mode ogni stagione, in base alle ordinazioni degli acquirenti, e non può sfruttare le scorte per le vendite. Poiché le società non dispongono di vere scorte, non è stato possibile considerare questo elemento come un indicatore significativo per analizzare la probabilità del persistere del dumping.

    (147)

    L'inchiesta ha stabilito che le capacità inutilizzate di tutte le 58 società cinesi che hanno collaborato rappresentavano circa il 9 % della loro capacità di produzione totale di calzature. Tale quantità corrisponderebbe a circa 14,5 milioni di paia per le 58 società che hanno collaborato o a circa 65 milioni di paia per tutti i produttori esportatori. L'ultimo dato corrisponde a circa il 10 % del consumo totale dell'Unione (come mostrato nella Tabella 3).

    (148)

    Si è analizzato l'uso probabile di tali capacità inutilizzate. Viste le differenze sopracitate fra i livelli di prezzo nell'Unione, sul mercato interno cinese e nei paesi terzi, è probabile che le società cinesi siano incentivate ad usare le capacità inutilizzate per esportazioni nell'Unione. Le dimensioni sono un altro fattore che rende il mercato dell'Unione interessante per gli esportatori cinesi.

    (149)

    Va inoltre ricordato che le catene di montaggio esistenti possono essere utilizzate per produrre altri tipi di calzature, come STAF e scarpe con tomaie di tessuto, oltre al prodotto in esame. Le società del campione e quelle che hanno collaborato in Cina hanno prodotto una grande quantità di calzature diverse dal prodotto in esame. La distinzione attuale fra la produzione del prodotto in esame e quella di altre calzature dipende dalle richieste dei consumatori e dalle politiche di ordinazione e acquisto degli importatori dell'Unione. In caso di abrogazione delle misure, gli importatori dell'Unione riconsidererebbero sicuramente le proprie politiche di acquisto e potrebbero ordinare dai produttori cinesi quantità maggiori del prodotto in esame. Ciò potrebbe portare ad un aumento delle quantità di prodotto in esame esportato nell'Unione.

    3.6.   Elusione e pratiche di assorbimento

    (150)

    Come accertato dal regolamento (CE) n. 388/2008, le misure vigenti riguardanti la RPC sono state eluse tramite spedizioni attraverso la RAS di Macao. Le misure sono state successivamente estese alle spedizioni del prodotto in esame assemblato nella RAS di Macao e spedito tramite essa. Tali pratiche di elusione testimoniano l'attrattiva esercitata dal mercato dell'Unione sui produttori esportatori cinesi.

    3.7.   Conclusioni

    (151)

    L'inchiesta ha dimostrato che l'abrogazione delle misure comporterebbe con ogni probabilità il persistere del dumping. Tale conclusione si basa sull'attrattiva esercitata dal mercato dell'Unione in termini di volume, nonché sul confronto dei prezzi fra l'Unione, il mercato cinese e i mercati dei paesi terzi.

    (152)

    Numerosi fattori fra cui i livelli relativi dei prezzi, la disponibilità di capacità inutilizzate, l'elusione e la capacità di passare dalla produzione di altre calzature a quelle del prodotto in esame costituiscono elementi di prova a conferma di un probabile aumento delle quantità importate, in caso di abrogazione delle misure. D'altro canto, altri fattori quali la crisi economica mondiale e la tendenza a spostare la produzione in altri paesi porteranno inevitabilmente ad una riduzione delle quantità importate. Questi fattori sono analizzati ulteriormente nella sezione 5 (Sviluppi successivi al PIR).

    (153)

    Si conclude che le importazioni dalla RPC continueranno ad entrare nel mercato dell'Unione in grandi volumi e che tali volumi saranno venduti in dumping a prezzi bassi; pertanto, in caso di abrogazione delle misure, è elevata la probabilità del persistere del dumping.

    4.   ANDAMENTO DELLE IMPORTAZIONI DAL VIETNAM IN CASO DI ABROGAZIONE DELLE MISURE

    4.1.   Considerazioni generali

    (154)

    L'andamento probabile delle importazioni dal Vietnam è stato analizzato in termini sia di prezzi previsti che di volumi.

    (155)

    Come punto di partenza sono stati determinati i prezzi per il PIR. I dati sono stati ricavati dalle risposte ai questionari per il campionamento (ricevute da 51 produttori esportatori vietnamiti disposti a collaborare) che contenevano i prezzi di vendita per il mercato interno e i prezzi all'esportazione sia per il mercato dell'Unione che per quelli dei paesi terzi. Tali informazioni sono state utilizzate poiché considerate la fonte migliore di informazioni sui prezzi, ai fini del confronto delle indicazioni dei prezzi su vari mercati, a disposizione per il prodotto in esame. I dati sono stati considerati rappresentativi poiché coprivano l'82 % delle importazioni nel mercato dell'Unione. I prezzi di vendita dell'Unione contenuti nelle risposte al questionario sul campionamento sono stati oggetto di un controllo incrociato con le informazioni statistiche (dati Taric) a disposizione della Commissione. Non è stato tuttavia possibile utilizzare queste ultime per confrontare i prezzi poiché non coprivano le vendite sul mercato interno vietnamita né le esportazioni verso paesi terzi.

    (156)

    Nonostante i dati Eurostat fossero un'altra fonte attendibile essi non fornivano, come già detto nel considerando 67, la possibilità di confrontare i prezzi sui diversi mercati.

    (157)

    I prezzi sul mercato dell'Unione sono stati ricavati dai dati sui produttori comunitari raccolti durante il campionamento. L'inchiesta ha stabilito che tali prezzi medi erano comparabili a quelli delle calzature importate poiché:

    riguardavano prodotti simili,

    si collocavano allo stesso stadio commerciale,

    riportavano incoterms comparabili,

    riguardavano quantità comparabili.

    4.2.   Rapporto tra i prezzi nell'Unione e in Vietnam

    (158)

    Dalle risposte al questionario sul campionamento è emerso che i prezzi sul mercato interno vietnamita determinati in base ai dati degli esportatori erano inferiori ai prezzi sul mercato dell'Unione. Va tuttavia precisato che non è stato possibile verificare i dati di tutte le società non incluse nel campione (compresi i dati relativi alle vendite di qualunque tipo sul mercato interno). Non è stato quindi possibile svolgere un'analisi precisa dei prezzi sul mercato interno in Vietnam. Come nel caso della RPC, ciò non è stato ritenuto necessario viste le conclusioni generali relative al persistere del dumping.

    4.3.   Rapporto tra i prezzi all'esportazione verso paesi terzi e il livello dei prezzi nell'Unione

    (159)

    Secondo i dati dell'Istituto centrale di statistica vietnamita e dell'Amministrazione generale delle dogane del Vietnam (per l'anno civile 2008) circa il 50 % delle esportazioni di calzature vietnamite è inviato al mercato dell'Unione. Le informazioni sul campionamento ricevute dimostrano inoltre che durante il PIR gli esportatori che hanno collaborato hanno anche venduto volumi notevoli sui mercati dei paesi terzi.

    (160)

    Dalle risposte al questionario sul campionamento è emerso che i prezzi praticati sui mercati dei principali paesi terzi dalle società vietnamite disposte a collaborare erano inferiori ai prezzi praticati sul mercato dell'Unione. Ciò indicava che i produttori vietnamiti potrebbero esportare maggiori quantità nell'Unione.

    4.4.   Rapporto tra i prezzi all'esportazione verso paesi terzi e i prezzi in Vietnam

    (161)

    A causa del volume basso di vendite effettuate dai produttori esportatori sul mercato interno vietnamita, non è stato possibile trarre conclusioni significative relativamente a questo rapporto.

    4.5.   Capacità inutilizzate e scorte

    (162)

    Si è osservato che tutte le società vietnamite del campione utilizzavano un sistema di produzione su ordinazione; di conseguenza le loro scorte erano costituite unicamente da prodotti finiti in attesa di essere spediti. Il sistema di produzione su ordinazione è utilizzato perché il settore calzaturiero deve adattarsi alle nuove mode ogni stagione, in base agli ordini degli acquirenti, e non può sfruttare le scorte per le vendite. In questo caso le scorte non sono considerate un indicatore pertinente.

    (163)

    L'inchiesta ha stabilito che le capacità inutilizzate di tutte le 51 società vietnamite che hanno collaborato rappresentavano circa il 17 % della loro capacità di produzione totale di calzature. Tale quantità corrisponderebbe a circa 34 milioni di paia per le 51 società che hanno collaborato o a circa 42 milioni di paia per tutti i produttori esportatori. L'ultimo dato corrisponde a circa il 6 % del consumo totale dell'Unione (come mostrato nella Tabella 3).

    (164)

    Si è analizzato l'uso probabile di tali capacità inutilizzate. Viste le differenze sopracitate fra i livelli di prezzo nell'Unione e nei mercati dei paesi terzi, è probabile che le società vietnamite siano incentivate ad usare le capacità inutilizzate per esportazioni nell'Unione. Questa conclusione è corroborata dall'attrattiva esercitata dal mercato dell'Unione viste le sue dimensioni.

    (165)

    Va inoltre ricordato che le catene di montaggio esistenti possono essere utilizzate per produrre altri tipi di calzature, come STAF e scarpe con tomaie di tessuto, oltre al prodotto in esame. Le società del campione e quelle che hanno collaborato in Vietnam hanno prodotto una grande quantità di calzature diverse dal prodotto in esame. La distinzione attuale fra la produzione del prodotto in esame e quella di altre calzature dipende dalle richieste dei consumatori e dalle politiche di ordinazione e acquisto degli importatoridell'Unione. In caso di abrogazione delle misure, gli importatori dell'Unione riconsidererebbero sicuramente le proprie politiche di acquisto e potrebbero ordinare dai produttori vietnamiti quantità maggiori del prodotto in esame. Ciò potrebbe portare ad un aumento delle quantità di prodotto in esame esportato nell'Unione.

    4.6.   Conclusioni

    (166)

    Oltre al persistere del dumping ad alti livelli, l'inchiesta ha dimostrato che l'eventuale abrogazione delle misure comporterebbe con tutta probabilità il persistere del dumping. Tale conclusione si basa sull'attrattiva esercitata dal mercato dell'Unione, viste le sue dimensioni e i livelli di prezzi.

    (167)

    Numerosi fattori fra cui i livelli relativi dei prezzi, la disponibilità di capacità inutilizzate e la capacità di passare dalla produzione di altre calzature al prodotto in esame costituiscono elementi di prova a conferma di un aumento delle quantità importate, in caso di abrogazione delle misure. D'altro canto, altri fattori quali la crisi economica mondiale e la tendenza a spostare la produzione in altri paesi porteranno inevitabilmente ad una riduzione delle quantità importate. Questi fattori sono analizzati ulteriormente nella sezione 5 (Sviluppi successivi al PIR).

    (168)

    Si conclude che le importazioni dal Vietnam continueranno ad entrare nel mercato dell'Unione in grandi volumi e che tali volumi saranno venduti in dumping a prezzi bassi; pertanto, in caso di abrogazione delle misure, è elevata la probabilità del persistere del dumping.

    5.   SVILUPPI SUCCESSIVI AL PIR

    (169)

    Sono stati analizzati anche gli effetti degli sviluppi successivi al PIR sia per la RPC che per il Vietnam, poiché ritenuti sufficientemente rilevanti da influenzare i volumi del prodotto in esame prodotto nei paesi interessati ed esportato nel mercato dell'Unione, nonché i suoi prezzi.

    5.1.   La crisi economica mondiale

    (170)

    La crisi è iniziata nella seconda metà del 2008 (ossia dopo la fine del PIR). Alcune parti hanno sostenuto che avrebbe avuto effetti sulla produzione e sulle esportazioni (incluse quelle nell'Unione) del prodotto in esame originario dei paesi interessati a causa del calo dei consumi nel mercato delle calzature mondiale e dell'Unione.

    5.2.   Sviluppi successivi al PIR con riguardo ai volumi di importazioni e ai prezzi

    (171)

    Va detto innanzitutto che le affermazioni fatte dalle parti riguardo agli effetti probabili degli sviluppi successivi al PIR circa i volumi di esportazione dai paesi interessati e i consumi nell'Unione erano contraddittorie. Alcune delle parti interessate hanno stimato che le esportazioni dai paesi interessati sarebbero potute diminuire persino del 25-30 % nel 2009 rispetto ai dati del PIR. Altre parti interessate si aspettavano che tali importi sarebbero rimasti stabili. Le statistiche di Eurostat disponibili per la prima metà del 2009 mostrano in effetti un calo del 25 % nei volumi di importazione dalla Cina e un calo del 28 % dei volumi di importazione dal Vietnam. Dal punto di vista dei prezzi, le statistiche di Eurostat indicano un aumento del 34 % per le importazioni del prodotto in esame dalla Cina ed un aumento del 26 % per le importazioni del prodotto in esame dal Vietnam. Considerando tuttavia i motivi addotti nel considerando 67, questi andamenti non si possono considerare rappresentativi.

    5.3.   Sostituzione della RPC e del Vietnam con altri paesi come luogo di provenienza delle importazioni dell'Unione

    (172)

    Alcune parti hanno affermato che le esportazioni del prodotto in esame originario dei paesi interessati sarebbero diminuite a causa del cambiamento della fonte di approvvigionamento: non più la RPC e il Vietnam, bensì altri paesi quali Indonesia, Cambogia e India. Secondo quanto affermato, il processo ha avuto inizio dopo l'introduzione delle misure nell'aprile 2006 e potrebbe continuare qualora le misure venissero reintrodotte in seguito al presente riesame. Sono state citate altre ragioni per tale cambiamento, in particolare l'aumento dei costi di produzione. Per la Cina tale aumento è presumibilmente dovuto all'aumento dei costi di manodopera, energia e materiali locali, nonché alla legislazione in materia di ambiente e lavoro. Fra le cause possibili di questo cambiamento a favore di altri paesi è stato inoltre citato l'aumento del valore del RMB. Per il Vietnam tale modifica sarebbe dovuta all'aumento dei costi di manodopera insieme alla perdita dei benefici ottenuti dal dazio SPG del 3,5 % sulle importazioni nell'UE. È stato inoltre affermato che tale allontanamento dalla Cina e dal Vietnam sia stato incoraggiato dai progressi nella competitività della produzione di calzature fatti dai paesi verso cui si sono spostati gli acquisti. È stato affermato inoltre che tale spostamento sia stato agevolato dal fatto che molti produttori nei paesi interessati sono posseduti o controllati da società che si trovano in altre parti del Sud est asiatico, come Taiwan o Hong Kong, e dal fatto che gli acquisti di calzature per il mercato dell'Unione sono controllati da grandi importatori dell'Unione che sono in grado di cambiare rapidamente le proprie fonti di approvvigionamento se necessario.

    (173)

    Per la RPC, nonostante fosse evidente che alcuni esportatori si sono trasferiti e potrebbero farlo ancora per ridurre i costi, la delocalizzazione è avvenuta talvolta in altre parti della RPC (lontano dalle province costiere che costituivano tradizionalmente la base di produzione di calzature). Tale trasferimento non porterebbe in sé ad una riduzione della produzione e delle esportazioni dalla RPC.

    (174)

    Per quanto riguarda il Vietnam, si ritiene poco probabile che l'aumento del 3,5 % del dazio risultante dalla graduazione del sistema delle preferenze generalizzate (SPG) abbia effetti tali da portare ad una delocalizzazione significativa della produzione. Sebbene non si possa escludere che tale graduazione possa avere degli effetti sui volumi di esportazione dal Vietnam, è improbabile che possa influenzare significativamente le decisioni in materia di acquisti dei grandi importatori dell'Unione. Si ricorda che nonostante l'introduzione di dazi antidumping molto più alti del 3,5 %, sia il Vietnam che la Cina hanno mantenuto livelli elevati di volumi di importazioni nell'Unione.

    (175)

    Si considera pertanto che qualunque delocalizzazione della produzione non avrebbe effetti tali da cambiare radicalmente le decisioni degli importatori circa gli acquisti.

    (176)

    Per quanto riguarda le importazioni da altri paesi nell'Unione si è osservato che, dopo l'introduzione delle misure antidumping, sono effettivamente aumentate le importazioni da determinati paesi asiatici. Ciò non ha impedito tuttavia che il prodotto in esame abbia continuato ad essere importato nell'Unione, in volumi notevoli e a prezzi di dumping, dai due paesi oggetto dell'inchiesta.

    5.4.   Andamento del consumo interno cinese

    (177)

    Alcune parti hanno affermato che le esportazioni dalla RPC sarebbero diminuite a causa di un aumento dei consumi interni cinesi, incoraggiato dalle politiche portate avanti dalla autorità cinesi. Nessuna delle parti ha tuttavia fornito elementi di prova sufficienti da permettere una valutazione dell'aumento previsto dei consumi, e tale valutazione è ancora più difficile a causa della crisi economica.

    (178)

    Sebbene non sia del tutto assurdo presumere che la recente crescita economica della Cina porterà, almeno nel medio termine, ad un aumento del consumo interno di calzature, non sono stati forniti elementi di prova atti a dimostrare che tale crescita porterebbe ad una (ulteriore) riduzione delle esportazioni nell'Unione.

    5.5.   Conclusioni

    (179)

    La crisi economica determina una diminuzione delle importazioni nell'Unione dai paesi interessati. Non è tuttavia da escludere che ad un certo punto si verificherà una ripresa, che porterà ad un aumento dei volumi delle vendite. Anche se le previsioni più elevate di un calo del 25-30 % si materializzassero per il 2009, i volumi provenienti dalla RPC supererebbero ancora 80 milioni di paia, raggiungendo una quota di mercato dell'Unione superiore al 10 % e i volumi provenienti dal Vietnam raggiungerebbero circa 48 milioni di paia, raggiungendo una quota di mercato dell'Unione pari a circa il 7 %.

    (180)

    Per quanto riguarda il cambiamento delle fonti di approvvigionamento delle importazioni dell'Unione è emerso che le delocalizzazioni osservate fino ad ora non hanno avuto effetti determinanti e non esistono elementi per aspettarsi a breve un cambiamento radicale di tendenza.

    (181)

    Le esportazioni dai paesi interessati nell'Unione hanno continuato ad avvenire a prezzi di dumping durante il PIR. Alla luce della crisi economica e della contrazione (attesa) della domanda, e in assenza di informazioni relative ai prezzi all'importazione nel periodo successivo al PIR che indichino il contrario, pare verosimile aspettarsi che le esportazioni continueranno ad essere effettuate a prezzi di dumping.

    (182)

    Considerate le conclusioni di cui sopra sull'andamento durante il PIR e successivamente ad esso si conclude che esiste la probabilità del persistere del dumping.

    D.   OSSERVAZIONI DELLE PARTI INTERESSATE A SEGUITO DELLA COMUNICAZIONE DELLE CONCLUSIONI

    (183)

    Successivamente alla comunicazione delle conclusioni è pervenuta una serie di osservazioni, nessuna delle quali tale, però, da modificare le conclusioni. Le principali argomentazioni sostenute sono riprodotte di seguito.

    1.   SCELTA DEL PAESE DI RIFERIMENTO

    (184)

    Diverse parti interessate hanno confermato le osservazioni formulate nel corso dell'inchiesta riguardo alla scelta del paese di riferimento. È stato ribadito tra l'altro che la scelta del Brasile non sarebbe adeguata a causa di un'elevata protezione ottenuta mediante tariffe e licenze non automatiche, di uno sviluppo socio-economico più avanzato rispetto alla Cina e al Vietnam, della presupposta specializzazione in calzature femminili e di presunte pratiche di dumping. La Commissione ha già preso in considerazione tali argomentazioni, affrontandole in modo esauriente nella comunicazione delle conclusioni e nei considerando da 68 a 108 del presente regolamento. L'analisi ha chiaramente dimostrato che la scelta del Brasile nella fattispecie era la più adeguata.

    2.   RAPPRESENTATIVITÀ DEL CAMPIONE

    (185)

    Alcune parti interessate hanno sostenuto che il campione di esportatori fosse meno rappresentativo rispetto a quanto indicato ai considerando 15 e 18 poiché il margine di dumping è stato calcolato sulla base di 4 dei 12 mesi del PIR. Si rammenta che detto metodo di calcolo è quello normalmente utilizzato dalla Commissione nei riesami in previsione della scadenza, dove occorre determinare l'eventuale persistere o la probabilità di reiterazione del dumping. La verifica in loco ha dimostrato che i 4 mesi erano rappresentativi dell'intero periodo di 12 mesi. Tale conclusione è stata raggiunta confrontando i dati sui costi e sui prezzi forniti per i 4 mesi con quelli dei restanti 8 mesi. I 4 mesi scelti inoltre, essendo costituiti dall'ultimo mese di ciascun trimestre, risultano distribuiti in modo regolare nel periodo di 12 mesi. La Commissione non ritiene pertanto che il metodo applicato riduca la rappresentatività del campione.

    3.   CLASSIFICAZIONE E COMPARABILITÀ DEI PRODOTTI

    (186)

    Alcune parti interessate hanno affermato che correggendo gli errori a livello di NCP fatti dagli esportatori che hanno collaborato, come indicato al considerando 59, la Commissione ha cambiato il metodo utilizzato nell'inchiesta iniziale. Tale argomentazione è priva di fondamento. È stato proprio per utilizzare il sistema di NCP adottato nella precedente inchiesta che la Commissione ha rettificato gli errori di classificazione commessi da alcuni esportatori in relazione ai NCP.

    (187)

    Alcune parti hanno asserito che il grado di corrispondenza diretta tra NCP è insufficiente e che il metodo basato sull'utilizzo di NCP molto simili è scorretto. Tale argomentazione non può essere accolta. Questo sistema è già stato applicato nel corso dell'inchiesta iniziale. Nelle comunicazioni specifiche inviate alle parti durante la presente inchiesta la Commissione ha allegato tavole di concordanza in cui veniva spiegato l'uso di ciascun NCP simile. L'utilizzo di NPC molto simili garantisce un equo confronto tra i modelli brasiliani e i modelli venduti dai paesi esportatori. Ove necessario, i valori normali derivanti da NCP molto simili sono stati inoltre opportunamente adeguati. Del resto nessuna parte interessata ha formulato osservazioni in merito a un'eventuale inesattezza di un NCP molto simile utilizzato.

    4.   CALCOLO DEL DUMPING

    (188)

    Alcune parti interessate hanno sostenuto che il calcolo del dumping basato sull'utilizzo dell'Indonesia come paese di riferimento fosse errato poiché i dati impiegati non sono stati verificati né opportunamente adeguati. La Commissione ha esaminato i dati presentati dalle società indonesiane il cui utilizzo è stato proposto da varie parti interessate. Non essendo stato richiesto alcun adeguamento, la Commissione non ha ritenuto necessario applicarne. Si ricorda comunque che nella fattispecie l'Indonesia è stata utilizzata unicamente per un controllo incrociato del risultato basato sul Brasile.

    5.   PROBABILITÀ DEL PERSISTERE DEL DUMPING

    (189)

    Diverse parti interessate hanno affermato che la contrazione dei volumi delle importazioni dalla Cina e dal Vietnam tra il 2005 e il 2008 (proseguita dopo il PI) e l'aumento dei prezzi all'importazione durante lo stesso periodo indicano che non vi è alcuna probabilità del persistere di dumping pregiudizievole. Si rammenta che le importazioni dalla Cina e dal Vietnam detenevano più del 28 % della quota di mercato nell'Unione durante il PIR, una percentuale molto elevata. Va osservato che, in valore assoluto, i volumi delle importazioni dalla Cina e dal Vietnam durante il PIR erano superiori a quelli del PI iniziale, per il quale era già stato stabilito un dumping pregiudizievole. L'analisi dei dati verificati forniti dagli esportatori compresi nel campione ha inoltre mostrato che i prezzi sono diminuiti dal 2006.

    (190)

    Alcune parti interessate hanno affermato che i costi di produzione in Cina e in Vietnam sono aumentati, riducendo la minaccia concorrenziale rappresentata dalle società. La Commissione ritiene che, poiché la Cina e il Vietnam non sono economie di mercato, un aumento dei costi di produzione non comporti necessariamente una perdita di concorrenzialità sul mercato mondiale. L'inchiesta ha mostrato che entrambi i paesi continuavano a detenere quote di mercato elevate nel mercato dell'UE e quindi costituivano una minaccia.

    (191)

    Alcune parti interessate hanno osservato che sebbene l'UE abbia ammesso che le importazioni sono calate dopo il PIR a causa della crisi economica, questo fattore non è stato tuttavia riconosciuto come un elemento decisivo ai fini della probabilità del persistere del dumping. Come indicato nei considerando 179 e 180, questo elemento non è stato considerato decisivo poiché i volumi successivi al PIR sono ancora molto elevati e rappresentano un'ampia quota di mercato dell'UE a prezzi di dumping. Si tratta evidentemente di indicatori del fatto che con molta probabilità in futuro i volumi delle importazioni continueranno ad essere oggetto di dumping in misura significativa.

    (192)

    Alcune parti hanno contestato l'attrattività del mercato dell'Unione sostenendo che altre destinazioni, segnatamente gli Stati Uniti e in parte la Russia, rivestono un interesse almeno equivalente per gli esportatori cinesi e vietnamiti. È stato inoltre osservato che gli elementi forniti da una parte interessata, riguardanti la prevista crescita sostanziale dello stesso mercato cinese, non sono stati debitamente considerati. La Commissione ha esaminato tale questione e ha concluso che il mercato dell'Unione rimane uno dei più attrattivi per gli esportatori cinesi. In caso di abrogazione dei dazi antidumping l'attrattività del mercato dell'Unione diventerebbe ancora maggiore e i volumi con tutta probabilità aumenterebbero. Per quanto riguarda la prevista crescita del consumo in Cina, la Commissione ha esaminato gli elementi trasmessi da detta parte, ma non li ha ritenuti sufficienti per modificare le conclusioni. Pur potendo prevedere tale crescita, nessun elemento permette di dimostrare che sarà di un'ampiezza tale da comportare una significativa riduzione delle esportazioni. Per questi motivi tale argomentazione è stata respinta.

    E.   DEFINIZIONE DELL'INDUSTRIA DELL'UNIONE

    1.   PRODUZIONE E RAPPRESENTATIVITÀ DELL'INDUSTRIA DELL'UNIONE

    (193)

    La domanda di riesame è stata presentata dalla CEC per conto di produttori dell'Unione che rappresentano oltre il 25 % della produzione dell'Unione del prodotto in esame durante il PIR.

    (194)

    Una delle parti interessate ha fatto presente che alcuni membri della CEC, che presumibilmente appoggiano la denuncia, hanno iniziato ad importare volumi notevoli dai paesi interessati. È stato anche fatto notare che non esiste più una ’reale’ produzione degna di nota nell'Unione. Non sono stati forniti elementi di prova per sostenere queste affermazioni.

    (195)

    Per determinare la produzione totale dell'Unione e per supportare l'inchiesta, sono state utilizzate tutte le informazioni disponibili, comprese quelle contenute nella denuncia, i dati raccolti presso i produttori dell'Unione e le associazioni nazionali prima e dopo l'apertura dell'inchiesta, nonché le statistiche generali sulla produzione. L'inchiesta ha rivelato che nessuno dei produttori dell'Unione all'origine della denuncia andrebbe escluso dalla definizione di produzione dell'Unione poiché, secondo le informazioni ottenute attraverso il denunziante, per nessuno di essi è stato trovato un collegamento con i produttori esportatori dei paesi interessati e le importazioni da tali paesi, ove presenti, erano in quantità limitate. Per ciascuna società tali importazioni rappresentavano al massimo il 25 % della loro produzione nell'Unione.

    (196)

    Come spiegato in dettaglio nel considerando 23 e seguenti, si è constatato che la produzione nell'Unione di una delle società incluse nel campione dell'industria dell'Unione era stata interrotta durante il periodo in esame. Si è considerata la possibilità di escludere questa società dalla definizione di industriadell'Unione. Il peso di tale società era tuttavia poco consistente in termini di produzione totale e in relazione al resto del campione (7). Anche escludendo questa società, quindi, il quadro generale in termini di rappresentatività non sarebbe cambiato.

    (197)

    In generale l'inchiesta ha dimostrato che continua ad esserci una produzione consistente di calzature in cuoio nell'Unione, localizzata in diversi Stati membri e che impiega circa 262 000 persone. Il settore della produzione di calzature è costituito da circa 18 000 PMI situate principalmente in sette paesi europei e concentrate in tre principali paesi produttori.

    (198)

    Dall'inchiesta è tuttavia emerso che due società dello stesso gruppo erano collegate a produttori esportatori della RPC ed anche che lo stesso gruppo importava quantitativi consistenti del prodotto in esame, fra gli altri, da esportatori ad esso collegati nella RPC. Queste società sono state pertanto escluse dalla definizione di industria dell'Unione di cui all'articolo 4, paragrafo 1, e all'articolo 5, paragrafo 4, del regolamento di base.

    (199)

    Di conseguenza si è calcolato che la produzione complessiva dell'industria dell'Unione ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 1, e dell'articolo 5, paragrafo 4, del regolamento di base corrispondeva a 366 milioni di paia durante il PIR.

    (200)

    Considerato che i produttori dell'Unione che sostenevano la richiesta rappresentavano più del 25 % della produzione totale e mancando una controparte di produttori contrari di dimensioni uguali o maggiori, si conclude pertanto che la richiesta è sostenuta da una quota rilevante dell'industria dell'Unione ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 1, e dell'articolo 5, paragrafo 4, del regolamento di base.

    2.   SVILUPPO DELLE STRUTTURE DI PRODUZIONE DELL'UNIONE

    (201)

    I dati della presente inchiesta si riferiscono all'Unione dopo il suo allargamento, quando comprendeva 27 Stati membri e non più 25 come nell'inchiesta iniziale. La Romania, che è entrata nell'Unione nel 2007, è un produttore considerevole. Una parte significativa della sua produzione consiste tuttavia nella trasformazione di materia prima in cambio di un corrispettivo («produzione in conto lavorazione») per altre società dell'Unione. L'impatto della produzione effettiva rumena sul quadro complessivo della produzione dell'Unione e su altri indicatori è quindi limitato. Lo stesso si può dire per l'impatto della Bulgaria. L'allargamento non ha quindi avuto effetti degni di nota in questo senso.

    (202)

    L'industria calzaturiera dell'Unione è caratterizzata da reti di microimprese (con meno di dieci dipendenti) e piccole imprese. Le imprese con più di 500 dipendenti sono l'eccezione ed impiegano solo una parte limitata della forza lavoro complessiva in questo settore. Le microimprese e le piccole imprese hanno il vantaggio di essere più flessibili e adattabili ai mutamenti della domanda sul mercato, ma d'altro canto sono anche finanziariamente più vulnerabili nei confronti della competizione internazionale e del rallentamento economico.

    (203)

    Rispetto alla situazione emersa dall'inchiesta iniziale, le strutture di produzione sono cambiate sotto molti aspetti. Schiacciati dalla pressione internazionale, molti produttori sono scomparsi, alcuni completamente, altri diventando distributori dei prodotti sia di paesi asiatici che di paesi più vicini (Bosnia, Croazia, Marocco, Tunisia, Serbia). Altri hanno deciso di trasferire parte del processo di produzione all'interno dell'Unione (Romania, Ungheria, Polonia).

    (204)

    Nel quadro di un processo di cambiamento del modello commerciale, molti operatori hanno messo in comune gli impianti di produzione integrandoli in poli costituiti tramite contratti flessibili di subappalto con altri produttori. Con tale sistema una società leader provvede alla progettazione e alle materie prime (che rimangono di proprietà della società leader) e trasferisce la produzione (o una o più fasi della produzione come la cucitura) a varie microsocietà specializzate con sede in zone geograficamente vicine, garantendo ad esse un'attività stagionale regolare su quantità concordate. Alla fine del processo la società leader paga un corrispettivo per il servizio svolto dai subappaltatori.

    (205)

    Parte dell'industria ha inoltre attraversato una fase di cambiamento dei modelli commerciali caratterizzata da uno spostamento della produzione verso il segmento più alto del mercato e dal passaggio a prodotti di valore superiore. Alcuni dei più grandi produttori dell'Unione hanno quindi trovato nuove opportunità creando le loro marche. Alcuni di questi produttori utilizzano, ove possibile, negozi monomarca in franchising, altri sono riusciti ad ottenere parti di negozi indipendenti dedicate alla propria marca.

    (206)

    Molte società di questo gruppo hanno modificato inoltre la loro politica di distribuzione, prediligendo le vendite ai dettaglianti (o vendendo loro stessi al dettaglio) piuttosto che ai grossisti. In generale queste modifiche indicano la coesistenza di diversi modelli commerciali nel settore.

    (207)

    La sopracitata tendenza verso la creazione di poli di produzione e verso un prodotto finito appartenente ad un segmento più alto e i cambiamenti nella politica di distribuzione hanno permesso maggiore flessibilità ed efficienza grazie alla condivisione delle risorse per l'utilizzo delle economie di scala. Tutto ciò ha inoltre aumentato la capacità delle società di ottenere i mezzi finanziari necessari dal sistema bancario.

    (208)

    Un tale andamento indica la coesistenza di diversi modelli commerciali nel settore. Gran parte dell'industria ha appena avviato il processo di cambiamento del modello commerciale e ha ancora bisogno di tempo per portarlo a termine. Il gruppo di società che hanno già cambiato modello commerciale è cresciuto in modo significativo durante il periodo preso in esame, ma non ha potuto beneficiare della riduzione del numero di produttori sul mercato che ci si sarebbe potuta aspettare.

    F.   SITUAZIONE DEL MERCATO DELL'UNIONE

    1.   CONSUMO NEL MERCATO DELL'UNIONE

    Tabella 3

    Consumo nel mercato dell'Unione

     

    2006

    2007

    PIR

    Consumo (migliaia di paia)

    724 553

    690 285

    674 826

    Indice: 2006 = 100

    100

    95

    93

    (209)

    Il consumo apparente è diminuito del 7 % nel periodo in esame, passando cioè da 725 milioni di paia nel 2006 a 675 milioni di paia durante il PIR.

    (210)

    Il calo del consumo va osservato in concomitanza con un aumento parallelo del consumo di altri tipi di calzature che non rientrano nella definizione del prodotto (ad es. in tessuto, gomma e materie plastiche). A titolo informativo, il consumo di calzature in tessuto, gomma e materie plastiche è aumentato del 23 % nello stesso periodo. Ciò sembra indicare la possibilità di un'intercambiabilità fra le due categorie di prodotti, legate anche alle tendenze della moda (la comparsa di calzature in misto sintetico/pelle o calzature in materiali sintetici che assomigliano al cuoio). Considerando tuttavia che l'aumento del consumo di altri tipi di calzature è molto più alto (23 %) della diminuzione del consumo di calzature in cuoio (7 %) non si può comunque concludere che le calzature in cuoio siano state sostituite dal tessuto e da altri materiali se non in minima parte. I prezzi medi all'importazione delle calzature di altro tipo sono pari alla metà di quelli delle calzature in cuoio e tale differenza di prezzi spiega che, se i due tipi fossero stati interscambiabili, il segmento molto più costoso di calzature in cuoio sarebbe sparito completamente. Al contrario, uno studio di mercato a disposizione del pubblico (8) sottolinea che le calzature in cuoio continueranno ad occupare una posizione importante nel mercato. Pare infatti che in questo momento gli acquisti di calzature in cuoio si siano mantenuti agli stessi livelli di prima, ma che i consumatori comprino anche molte più calzature in tessuto e sintetiche.

    2.   IMPORTAZIONI ATTUALI DAI PAESI INTERESSATI

    2.1.   Volume delle importazioni e quota di mercato delle importazioni in esame nel PIR

    Tabella 4

    Volumi totali delle importazioni dai paesi oggetto dell'inchiesta

     

    PI iniziale

    2005

    2006

    2007 (9)

    PIR (9)

    RPC (migliaia di paia)

    63 403

    183 568

    157 560

    123 016

    125 052

    Indice 2006

     

     

    100

    78

    79

    Indice: PI iniziale = 100

    100

    292

    251

    195

    198

    quote di mercato

    8,8 %

    22,9 %

    21,6 %

    17,8 %

    18,5 %

    Vietnam (migliaia di paia)

    102 625

    100 619

    79 427

    62 503

    68 852

    Indice 2006

     

     

    100

    79

    87

    Indice: PI iniziale = 100

    100

    98

    77

    61

    67

    quote di mercato

    14,2 %

    12,6 %

    11,0 %

    9,1 %

    10,2 %

    (211)

    Il totale delle importazioni cinesi è diminuito da 157 a 125 milioni di paia durante il periodo in esame, ossia dal 21,6 % al 18,5 % del mercato dell'Unione.

    (212)

    Come dimostrato in precedenza tuttavia, rispetto al PI iniziale, dopo la fine del contingentamento, ovvero dal 1o gennaio 2005, si è verificato un forte aumento delle importazioni dalla Cina grazie ai bassi prezzi all'importazione. I livelli delle importazioni sono calati in seguito all'introduzione delle misure, stabilizzandosi nel 2007 e nel PIR a oltre 120 milioni di paia — circa il doppio dei volumi di importazione del PI iniziale.

    (213)

    Va inoltre sottolineato che un'inchiesta antielusione ha concluso che i prodotti cinesi oggetto di dumping eludevano i dazi, pregiudicando l'effetto riparatore delle misure ed eludendo dette misure attraverso Macao, ai sensi dell'articolo 13 del regolamento di base. Ciò dimostra che il mercato dell'Unioneha continuato ad essere molto importante per i produttori esportatori cinesi.

    (214)

    Le importazioni vietnamite sono calate da 79 a 69 milioni di paia nel periodo in esame. Malgrado questo calo di oltre il 13 % rispetto al PI iniziale, i livelli delle importazioni rimangono significativi e le quote di mercato sono approssimativamente stabili intorno al 10 % nel PIR.

    (215)

    Complessivamente le importazioni dalla Cina e dal Vietnam ammontano a 237 milioni di paia nel 2006, a 185 milioni di paia nel 2007 e a 194 milioni di paia nel PIR. Se c'è stata una diminuzione dei volumi nel periodo in esame, i livelli delle importazioni sono ancora più alti di quelli che hanno portato all'introduzione delle misure (166 milioni). La quota di mercato congiunta di Cina e Vietnam è scesa da 32,7 % a 28,7 % durante il periodo, ma anche in questo caso la quota di mercato nel PIR è notevolmente maggiore di quella del PI iniziale, pari al 23 %.

    2.2.   Valutazione cumulativa degli effetti delle importazioni oggetto di dumping in esame

    (216)

    La Commissione ha esaminato la possibilità di valutare cumulativamente gli effetti delle importazioni oggetto di dumping originarie dei paesi interessati, sulla base dei criteri di cui all'articolo 3, paragrafo 4, del regolamento di base. Tale articolo prevede che gli effetti delle importazioni originarie di due o più paesi contemporaneamente oggetto della stessa inchiesta antidumping vengano valutati cumulativamente solo se è accertato che a) il margine di dumping stabilito per le importazioni da ciascun paese è superiore a quello minimo definito all'articolo 9, paragrafo 3, del regolamento di base e il volume delle importazioni da ciascun paese non è trascurabile e che b) la valutazione cumulativa degli effetti delle importazioni oggetto di dumping è opportuna alla luce delle condizioni della concorrenza tra i prodotti importati e tra questi ultimi e il prodotto dell'Unione simile.

    (217)

    A questo proposito i margini di dumping riscontrati per tutti i paesi interessati sono risultati superiori al margine minimo. Inoltre, il volume delle importazioni oggetto di dumping provenienti da ciascuno dei paesi interessati non era trascurabile ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 7, del regolamento di base. In effetti, il volume delle importazioni provenienti dalla RPC e dal Vietnam corrispondeva rispettivamente a circa il 18 % e il 10 % del consumo dell'Unione durante il PIR.

    (218)

    Dall'inchiesta è emerso inoltre che le condizioni di concorrenza tra le importazioni in dumping e tra queste e il prodotto simile fabbricato nell'Unione erano analoghe. Si è constatato che, indipendentemente dalla loro origine, le calzature con tomaie in cuoio prodotte/vendute dai paesi interessati e quelle prodotte/vendute dall'industria dell'Unione sono in concorrenza tra loro poiché sono prodotti simili per caratteristiche di base, interscambiabili dal punto di vista del consumatore e distribuite attraverso gli stessi canali di vendita. Inoltre, l'inchiesta ha messo in luce che il volume delle importazioni dai due paesi si è sviluppato in parallelo: esso è diminuito in entrambi i casi del 10-25 % circa tra il 2006 e il PIR. Inoltre, i prezzi all'importazione di entrambi i paesi sono dello stesso ordine di grandezza. Si è accertato che tali prezzi sottoquotavano i prezzi dell'industria dell'Unione ad uno stadio commerciale comparabile.

    (219)

    In considerazione di quanto precede, si conclude che sono soddisfatte tutte le condizioni relative al cumulo e che è pertanto opportuno valutare in maniera cumulativa gli effetti delle importazioni in dumping originarie dei paesi interessati ai fini dell'analisi del pregiudizio.

    2.3.   Andamento e politica dei prezzi delle importazioni del prodotto in esame

    Tabella 5

    Andamento dei prezzi delle importazioni dai paesi oggetto dell'inchiesta

     

    2006

    2007

    PIR

    RPC euro/paio

    8,4

    8,4

    8,5

    Indice: 2006 = 100

    100

    99

    103

    Vietnam euro/paio

    10,2

    9,7

    9,5

    Indice: 2006 = 100

    100

    96

    94

    Fonte: Eurostat.

    (220)

    I prezzi medi delle importazioni cinesi nel periodo in esame sono rimasti relativamente stabili, intorno a 8,4 EUR al paio. In altre parole, superano del 20 % circa il livello dei prezzi del PI iniziale (7,2 EUR). I prezzi medi delle importazioni vietnamite sono diminuiti durante il periodo in esame e nel PIR si avvicinano al livello di 9,2 EUR, disponibile nel PI iniziale. La valutazione delle tendenze dei prezzi medi non prende tuttavia in considerazione i cambiamenti nella combinazione di prodotti che potrebbero essersi verificati nel periodo in esame.

    2.4.   Sottoquotazione (undercutting)

    (221)

    L'approccio per il calcolo della sottoquotazione dei prezzi segue il modello dell'inchiesta iniziale. I prezzi all'importazione, compresi i dazi antidumping, dei produttori esportatori del campione sono stati messi a confronto con i prezzi dell'industria dell'Unione durante il PIR, utilizzando le medie ponderate dei tipi di prodotto comparabili. I prezzi dell'industria dell'Unione sono stati portati al livello franco fabbrica e confrontati ai prezzi all'importazione CIF franco frontiera dell'Unione, dazi antidumping e doganali corrisposti. Il confronto dei prezzi è stato effettuato tra operazioni allo stesso stadio commerciale, previa esecuzione, ove necessario, dei dovuti adeguamenti e deduzione di riduzioni e sconti. Ai fini di un equo confronto, sono stati effettuati adeguamenti per tener conto dei costi sostenuti dagli importatori nell'Unione per aspetti quali la progettazione del prodotto, la selezione delle materie prime, ecc., che non si rifletterebbero altrimenti nel prezzo all'importazione. Ciò era giustificato dal fatto che le calzature importate sono prodotte in base a ordinazioni degli importatori stessi che specificano le caratteristiche desiderate (materie prime, progettazione).

    (222)

    In base ai prezzi praticati dai produttori esportatori che hanno collaborato, i margini di sottoquotazione riscontrati, per paese, espressi in percentuale dei prezzi dell'industria dell'Unione, sono i seguenti:

    Tabella 6

    Margini di sottoquotazione

    Paese

    Sottoquotazione del prezzo

    RPC

    31,9 %

    Golden Step (RPC)

    37,1 %

    Vietnam

    38,9 %

    3.   IMPORTAZIONI DA PAESI TERZI

    3.1.   Volume delle importazioni, quota di mercato e prezzi nel PIR

    Tabella 7

    Volume delle importazioni da paesi terzi

    Volume

    2006

    2007

    PIR

    India (milioni di paia)

    50

    55

    56

    indice: 2006 = 100

    100

    111

    112

    Quota di mercato

    7 %

    8 %

    8 %

    Indonesia (milioni di paia)

    20

    29

    31

    indice: 2006 = 100

    100

    144

    158

    Quota di mercato

    3 %

    4 %

    5 %

    Brasile (milioni di paia)

    21

    22

    21

    indice: 2006 = 100

    100

    102

    98

    Quota di mercato

    3 %

    3 %

    3 %

    Thailandia (milioni di paia)

    11

    12

    12

    indice: 2006 = 100

    100

    108

    107

    Quota di mercato

    2 %

    2 %

    2 %

    Tunisia (milioni di paia)

    10

    12

    12

    indice: 2006 = 100

    100

    124

    130

    Quota di mercato

    1 %

    2 %

    2 %

    Marocco (milioni di paia)

    10

    10

    10

    indice: 2006 = 100

    100

    99

    98

    Quota di mercato

    1 %

    1 %

    1 %

    Altri (milioni di paia)

    63

    67

    59

    indice: 2006 = 100

    100

    107

    93

    Quota di mercato

    9 %

    10 %

    9 %

    Totale (milioni di paia)

    185

    207

    201

    indice: 2006 = 100

    100

    112

    109

    Quota di mercato

    26 %

    30 %

    30 %


    Tabella 8

    Valori delle importazioni da paesi terzi

    Valori

    2006

    2007

    PIR

    India euro/paio

    11,34

    11,67

    11,98

    indice: 2006 = 100

    100

    103

    106

    Indonesia euro/paio

    9,98

    10,06

    9,67

    indice: 2006 = 100

    100

    101

    97

    Brasile euro/paio

    15,8

    15,78

    16,83

    indice: 2006 = 100

    100

    100

    107

    Thailandia euro/paio

    12,56

    13,54

    13,55

    indice: 2006 = 100

    100

    108

    108

    Tunisia euro/paio

    12,76

    13,2

    13,39

    indice: 2006 = 100

    100

    103

    105

    Marocco euro/paio

    14,6

    15,05

    14,98

    indice: 2006 = 100

    100

    103

    103

    Altri euro/paio

    14,64

    14,25

    15,26

    indice: 2006 = 100

    100

    97

    104

    Totale euro/paio

    13,16

    13,07

    13,40

    indice: 2006 = 100

    100

    99

    102

    (223)

    Come visto in precedenza, il totale delle importazioni da paesi terzi è aumentato in termini assoluti nel periodo in esame. Le importazioni in generale sono passate da 185 milioni di paia nel 2006 a 201 milioni di paia nel PIR e in termini di quota di mercato sono aumentate passando dal 26 % al 30 % nel PIR.

    (224)

    In media, i prezzi dai paesi terzi superano i prezzi cinesi del 34 % e quelli vietnamiti del 28 %.

    G.   SITUAZIONE ECONOMICA DELL'INDUSTRIA DELL'UNIONE

    1.   OSSERVAZIONI PRELIMINARI

    (225)

    In conformità dell'articolo 3, paragrafo 5, del regolamento di base, la Commissione ha analizzato tutti i fattori e gli indici economici che potevano incidere sulla situazione dell'industria dell'Unione.

    (226)

    Come si è detto, viste le particolarità del settore e dato il gran numero di produttori dell'Unione all'origine della denuncia, è stato necessario applicare le disposizioni sul campionamento. Ai fini dell'analisi del pregiudizio, sono stati stabiliti due livelli di indicatori:

    gli elementi macroeconomici (la capacità di produzione, volume delle vendite, quota di mercato, occupazione, produttività, crescita, entità dei margini di dumping e superamento delle conseguenze di precedenti pratiche di dumping) sono stati valutati al livello dell'intera produzione dell'Unione, sulla base delle informazioni raccolte presso le associazioni nazionali dei produttori dell'Unione e le singole società. Questi fattori sono stati confrontati, ove possibile, con le informazioni generali fornite dalle relative statistiche ufficiali,

    gli elementi microeconomici (scorte, prezzi, flussi di cassa, redditività, utile sul capitale investito, capacità di ottenere capitali, investimenti e salari) sono stati valutati in riferimento alle singole società, ossia al livello dei produttori dell'Unione inclusi nel campione.

    2.   INDICATORI MACROECONOMICI

    2.1.   Produzione, capacità di produzione e utilizzazione della capacità

    Tabella 9

    Produzione, capacità e utilizzazione

     

    2006

    2007

    PIR

    Produzione (migliaia di paia)

    390 314

    383 692

    365 638

    Indice: 2006 = 100

    100

    98

    94

    Capacità (migliaia di paia)

    551 844

    571 663

    564 091

    Indice: 2006 = 100

    100

    104

    102

    Utilizzazione della capacità

    71 %

    68 %

    66 %

    Indice: 2006 = 100

    100

    95

    92

    Fonte: dati relativi all'UE-27: Prodcom, come confermato dai dati ottenuti dai singoli produttori e dalle associazioni di produttori. Nota: Come indicato nel considerando 23, l'inchiesta ha dimostrato che la produzione dei produttori dell'Unione del campione nel periodo in esame era inferiore del 18-21 % rispetto a quanto indicato inizialmente a causa della situazione di un produttore in particolare. In base alle informazioni disponibili, non c'era alcuna indicazione che i risultati per detto produttore fossero applicabili all'intero settore. È stata tuttavia considerata la possibilità che tale risultato indicante una produzione in diminuzione potesse essere valido per l'intera produzione dell'Unione. Per verificare gli effetti dell'eventuale applicazione di questa variazione a tutta la produzione dell'Unione è stato fatto un controllo incrociato considerando un calo del 20 % della produzione totale dell'Unione nel corso del periodo in esame. Va ricordato che la differenza fra il volume della produzione del campione determinato durante l'inchiesta e quello inizialmente indicato è rimasta stabile nel corso del periodo in esame, eccezion fatta per variazioni minime. Si è concluso pertanto che le tendenze generali nei fattori di pregiudizio pertinenti a questo esercizio (quota di mercato, produttività, ecc.) non sarebbero state influenzate.

    (227)

    La produzione è diminuita del 6 % nel periodo in esame, riflettendo in gran parte il calo del consumo di calzature in cuoio riportato per lo stesso periodo.

    (228)

    Alcune delle parti interessate che rappresentano gli importatori e i dettaglianti hanno affermato, ma senza fornire elementi di prova, che il calo della produzione dell'Unione andrebbe visto come un elemento positivo piuttosto che come un segno che l'industria dell'Unione ha continuato a soffrire del pregiudizio nel periodo in esame. Secondo dette parti, la produzione sarebbe calata come conseguenza di un processo consapevole di razionalizzazione avvenuto nell'industria dell'Unione che ha portato all'abbandono del segmento più basso in favore del segmento medio-alto in cui l'industria dell'Unione è sempre stata competitiva.

    (229)

    A questo proposito va sottolineato che, come già determinato nell'inchiesta iniziale, molti produttori dell'Unione sono scomparsi perché non erano in grado di competere con le importazioni oggetto di dumping — non necessariamente a causa di mancanza di competitività intrinseca o strutturale. L'affermazione secondo cui il calo della produzione dell'Unione andrebbe visto come un indicatore positivo è pertanto respinta.

    (230)

    Secondo una delle parti interessate il fatto che l'utilizzazione della capacità dell'industria dell'Unione fosse rimasta stabile dimostrava che non esisteva alcun pregiudizio.

    (231)

    Come già concluso nell'inchiesta iniziale, la capacità effettiva in questo settore dipende in maniera significativa dal numero di lavoratori disponibili piuttosto che dalla capacità tecnica dei macchinari nella linea di produzione. Per questo motivo la capacità si misura meglio valutando il livello di occupazione come spiegato in dettaglio nella sezione 2.3. In ogni caso, al contrario di quanto affermato dalle parti, l'inchiesta ha dimostrato che l'utilizzazione della capacità, se valutata dal punto di vista della capacità tecnica, è diminuita dal 71 % al 66 % nel periodo in esame e pertanto l'affermazione che il tasso stabile di utilizzazione confermerebbe l'assenza di pregiudizio non può essere accettata.

    2.2.   Volume delle vendite e quota di mercato

    Tabella 10

    Volume delle vendite e quota di mercato

     

    2006

    2007

    PIR

    Vendite (migliaia di paia)

    302 784

    298 116

    279 865

    Indice: 2006 = 100

    100

    98

    92

    Quote di mercato

    41,8 %

    43,2 %

    41,5 %

    Indice: 2006 = 100

    100

    103

    99

    (232)

    Il volume delle vendite dell'industria è diminuito dell'8 % in termini assoluti durante il periodo in esame. Tuttavia, considerato che lo stesso periodo ha visto una diminuzione del 7 % del consumo, l'industria dell'Unione è riuscita ciononostante a mantenere stabile la propria quota di mercato. Rispetto alla situazione emersa durante l'inchiesta iniziale, che aveva visto un calo delle vendite del 33 %, è chiaro inoltre che la caduta libera delle vendite e delle quote di mercato si è fermata dopo l'introduzione delle misure.

    (233)

    Una delle parti interessate ha affermato che non esisteva pregiudizio poichè l'industria dell'Unione aveva aumentato le proprie quote di mercato nel periodo in esame. L'inchiesta ha rivelato tuttavia che la quota di mercato dell'industria dell'Unione è cambiata pochissimo durante il periodo in esame. Come indicato in precedenza nella sezione E.2, ci si sarebbe aspettato che la razionalizzazione della produzione e il cambiamento dei modelli commerciali avrebbero permesso alle società rimaste di aumentare materialmente la loro presenza sul mercato. Il fatto che le vendite dei produttori dell'Unione siano rimaste a livelli bassi indica che la pressione causata dalle importazioni oggetto di dumping continua a costituire motivo di preoccupazione.

    (234)

    Secondo alcune delle parti interessate, il fatto che l'industria dell'Unione non abbia aumentato la propria quota di mercato dall'introduzione dei dazi prova che l'industria dell'Unione non è stata in grado di beneficiare di tali dazi e che i prodotti importati non sono in ogni caso sostituibili con il prodotto fabbricato nella Comunità.

    (235)

    Va di nuovo sottolineato che la quota di mercato è solo uno degli indicatori presi in esame e che, come spiegato di seguito relativamente ad altri indicatori, l'inchiesta ha confermato l'esistenza di una concorrenza notevole fra i prodotti fabbricati nell'Unione e quelli importati dai paesi interessati. Se è corretto dire che i produttori dell'Unione non sono stati in grado di aumentare in modo significativo la propria quota di mercato, il calo consistente delle vendite osservato nell'inchiesta iniziale è stato arrestato e le misure hanno permesso ai produttori dell'Unione di stabilizzare le vendite e la quote di mercato. Ulteriori aumenti delle quote di mercato sembrano essere stati bloccati dalla pressione sui prezzi generata materialmente dalle importazioni oggetto di dumping come osservato nei considerando 261 e 262.

    (236)

    Secondo altre parti, l'industria dell'Unione ha visto un miglioramento significativo nell'andamento delle esportazioni e quindi il pregiudizio non era più presente.

    (237)

    Come indicato nella tabella che segue, l'inchiesta ha provato il contrario rivelando che l'andamento delle esportazioni dell'industria dell'Unione nel periodo in esame ha mostrato una leggera diminuzione, e non un aumento.

    (238)

    In ogni caso va ricordato che le esportazioni rappresentano soltanto il 25 % delle vendite dei produttori dell'Unione. Le vendite all'interno dell'Unione costituiscono quindi ancora il fattore di gran lunga più importante per determinare la situazione finanziaria dei produttori dell'Unione. L'inchiesta non ha inoltre confermato che un aumento dell'attività di esportazione avrebbe provocato un calo nelle vendite nell'Unione.

    (239)

    Considerato quanto sopra, l'affermazione secondo cui il migliore andamento delle esportazioni avrebbe eliminato il pregiudizio subito dall'industria dell'Unione non può essere accettata.

    Tabella 11

    Esportazioni effettuate dai produttori delll'Unione

     

    2006

    2007

    PIR

    Esportazioni effettuate dai produttori dell'Unione (migliaia di paia)

    91 395

    89 845

    89 739

    Indice: 2006 = 100

    100

    98

    98

    Fonte: Comext.

    2.3.   Occupazione

    Tabella 12

    Occupazione

     

    2006

    2007

    PIR

    Occupazione totale (in migliaia)

    267

    264

    262

    Indice: 2006 = 100

    100

    99

    98

    (240)

    I produttori dell'Unione hanno impiegato circa 260 000 lavoratori direttamente coinvolti nella produzione del prodotto in esame nel PIR.

    (241)

    Secondo una delle parti interessate, il fatto che i livelli di occupazione nell'industria dell'Unione siano rimasti stabili indica che l'industria non subisce più il pregiudizio.

    (242)

    In tale contesto si ricorda che la valutazione del pregiudizio va basata sull'analisi di tutti gli indicatori pertinenti e non solo su un indicatore isolato. L'inchiesta ha inoltre accertato che l'occupazione nell'industria dell'Unione è leggermente diminuita (– 2,0 %). Il fatto che una parte consistente dell'industria dell'Unione sia passata ad un sistema di produzione organizzato in poli ha probabilmente contribuito ad impedire che i livelli di occupazione scendessero ulteriormente e a permettere il mantenimento di un know-how importante nelle società produttrici.

    (243)

    Un'altra delle parti interessate ha indicato che una delle ragioni principali dei problemi dell'industria dell'Unione è stata la mancanza di manodopera disponibile nell'Unione piuttosto che la concorrenza derivante dalle importazioni dai paesi interessati.

    (244)

    Considerando tuttavia che tale affermazione non è stata accompagnata da alcun elemento di prova e dai risultati dell'inchiesta non è emerso che la disponibilità di manodopera sarebbe stata un problema significativo per i produttori dell'Unione, l'obiezione non può essere accettata.

    2.4.   Produttività

    Tabella 13

    Produttività

     

    2006

    2007

    PIR

    Produttività

    1 461

    1 453

    1 391

    Indice: 2006 = 100

    100

    99

    95

    (245)

    Nel presente riesame la produttività media nel periodo in esame è stata valutata in base all'occupazione totale, compresa tutta la manodopera di tutti gli impianti di produzione in un sistema di produzione organizzato in poli. La produttività è diminuita moderatamente nel periodo in esame. Come indicato nella sezione E.2 la produttività è collegata alla struttura generale e ai tipi di calzature prodotti nelle società e può variare molto da un paese all'altro e da una società all'altra. Il calo non può quindi essere considerato consistente.

    2.5.   Crescita

    (246)

    Fra il 2006 e il PIR, la quota di mercato dell'industria dell'Unione è rimasta stabile ma considerando che il consumo è diminuito, i produttori dell'Unione hanno comunque perso delle vendite in termini assoluti.

    2.6.   Entità del margine di dumping

    (247)

    Quanto all'incidenza dell'entità del margine di dumping effettivo sull'industria dell'Unione, questa non può considerarsi trascurabile, dati il volume e i prezzi delle importazioni originarie dei paesi interessati.

    2.7.   Superamento delle conseguenze di precedenti pratiche di dumping o sovvenzioni

    (248)

    Nell'ottobre 2006 sono state istituite misure antidumping nei confronti di importazioni di determinati tipi di calzature con tomaie in cuoio originarie della RPC e del Vietnam. In questo periodo si è osservata una ripresa soltanto parziale della situazione dei produttoridell'Unione, come in dettaglio più oltre.

    3.   INDICATORI MICROECONOMICI

    3.1.   Scorte

    Tabella 14

    Scorte

     

    2006

    2007

    PIR

    (migliaia di paia)

    163

    120

    198

    Indice: 2006 = 100

    100

    73

    121

    Fonte: risposte al questionario verificate.

    (249)

    Il dato relativo alle scorte è rimasto trascurabile intorno al 2 % della produzione. È opportuno ricordare che l'importanza di tale indicatore non va sopravvalutata poiché la produzione per questo tipo di prodotto avviene su ordinazioni e le scorte in un determinato momento sono costituite da merce venduta ma non ancora consegnata.

    3.2.   Prezzi di vendita

    Tabella 15

    Prezzo di vendita

     

    2006

    2007

    PIR

    EUR/paio

    26,6

    29,5

    34,6

    Indice: 2006 = 100

    100

    111

    130

    Fonte: risposte al questionario verificate.

    (250)

    I prezzi di vendita sono aumentati del 30 % durante il periodo. Tale aumento deriva da due fattori principali. Da una parte, gli sviluppi del modello commerciale citati sopra; dall'altra, l'aumento dei costi attribuibile principalmente alle materie prime.

    3.3.   Flussi di cassa, redditività e utile sul capitale investito (ROI)

    Tabella 16

    Flussi di cassa — redditività — ROI

     

    2006

    2007

    PIR

    Flussi di cassa (migliaia di euro)

    7 720

    13 101

    13 337

    Indice: 2006 = 100

    100

    170

    173

    Redditività percentuale rispetto al fatturato netto

    1,3 %

    3,4 %

    3,0 %

    Indice: 2006 = 100

    100

    261

    231

    Utile sul capitale investito

    9,5 %

    22,8 %

    20,5 %

    Indice: 2006 = 100

    100

    240

    217

    Fonte: risposte al questionario verificate.

    (251)

    I livelli di redditività dell'industria dell'Unione sono migliorati nel periodo in esame passando dall'1,3 % nel 2006 al 3 % nel PIR. Il miglioramento della redditività ha influenzato l'evoluzione dei flussi di cassa e dell'utile sul capitale investito. Ciò va osservato tuttavia alla luce di un deterioramento significativo e di bassi livelli di investimento nell'inchiesta iniziale.

    (252)

    Alcune delle parti interessate hanno affermato che i profitti dell'industria dell'Unione fossero migliorati notevolmente e che fossero in realtà molto più alti rispetto all'obiettivo dell'utile al 6 %, stabilito nell'inchiesta iniziale. Si sosteneva quindi che non c'era più pregiudizio, indipendentemente dallo stato degli altri pertinenti indicatori.

    (253)

    A questo proposito va ricordato che se è vero che i livelli di redditività sono migliorati, l'inchiesta ha rivelato che l'industria dell'Unione non è stata in grado di raggiungere l'obiettivo dell'utile al 6 % stabilito nell'inchiesta iniziale. Sarebbe stato naturale attendersi un aumento più pronunciato dei livelli di redditività se non altro considerando lo sforzo compiuto da una parte consistente dell'industria per passare a nuovi modelli commerciali. Ciò dimostra che l'industria si trova ancora in una situazione vulnerabile per quanto riguarda la redditività. L'affermazione secondo cui i livelli di redditività sarebbero tali da indicare che l'industria dell'Unione non subisce più alcun pregiudizio va pertanto respinta.

    3.4.   Capacità di reperire capitali

    (254)

    L'inchiesta ha dimostrato che le PMI, che costituiscono essenzialmente l'intero settore, non sono nella posizione di fornire garanzie bancarie sufficienti a causa della precaria situazione finanziaria in cui si trovano ancora e hanno quindi difficoltà nel reperire nuovi capitali.

    3.5.   Investimenti

    Tabella 17

    Investimenti

     

    2006

    2007

    PIR

    (000 EUR)

    9 019

    13 777

    20 979

    Indice: 2006 = 100

    100

    153

    233

    Fonte: risposte al questionario verificate.

    (255)

    Pur registrando un aumento durante il periodo in esame, gli investimenti in termini assoluti rappresentavano nel PIR ancora solo il 6 % del fatturato. Tale aumento è influenzato inoltre da investimenti eccezionali in nuovi fabbricati sostenuti da uno dei produttori dell'Unione del campione. Il livello degli investimenti sarebbe stato altrimenti stabile e a livelli bassi durante il periodo di riferimento. Ancora una volta ciò va osservato tuttavia alla luce di un deterioramento significativo e di bassi livelli di investimento nell'inchiesta iniziale.

    3.6.   Salari

    Tabella 18

    Salari

     

    2006

    2007

    PIR

    Massa salariale (in migliaia di euro)

    21 305

    23 186

    23 855

    Indice: 2006 = 100

    100

    109

    112

    Salari medi pro capite (EUR)

    21 826

    21 418

    21 897

    Indice: 2006 = 100

    100

    98

    100

    Fonte: risposte al questionario verificate.

    (256)

    I salari medi hanno mantenuto livelli bassi durante il periodo in esame, indicando che i salari effettivi sono in diminuzione e non seguono l'andamento normale dei salari. Ciò non fa che confermare il livello di pressione esercitato sui produttori dell'Unione.

    4.   CONCLUSIONI RELATIVE AL PREGIUDIZIO

    (257)

    Come visto in precedenza, non tutti i fattori elencati nel regolamento di base hanno un'incidenza diretta sull'industria calzaturiera dell'Unione ai fini della determinazione del pregiudizio. In particolare, poiché la produzione avviene su ordinazione, normalmente le società non mantengono scorte oppure queste sono formate unicamente da prodotti ordinati completati ma non ancora consegnati/fatturati e sono risultate pertanto scarsamente significative per l'analisi del pregiudizio. Allo stesso modo, poiché il settore continua ad essere caratterizzato da una forte intensità di manodopera, la capacità di produzione non è limitata dal punto di vista tecnico e dipende principalmente dal numero di lavoratori impiegati dai produttori.

    (258)

    L'analisi degli indicatori macroeconomici con impatto più diretto sullo stato dell'industria dell'Unione rivela che la produzione dell'Unione, unitamente al volume delle vendite dell'Unione, è scesa circa allo stesso ritmo del consumo durante il periodo in esame. Le vendite, la quota di mercato e il livello occupazionale dei produttori dell'Unione sono quindi rimasti stabili. La produttività ha conosciuto solo una diminuzione moderata. Complessivamente, se da un lato ci si sarebbe aspettati che il passaggio a un nuovo modello commerciale avrebbe consentito di aumentare le vendite e la produzione dei restanti produttori comunitari, dall'altro è chiaro che le misure adottate hanno posto fine alla situazione di caduta libera che l'industria stava attraversando prima dell'imposizione delle stesse. Questo risultato ha consentito a un'ampia parte dell'industria dell'Unione di cambiare modello commerciale razionalizzando i processi produttivi tramite lo sviluppo di poli di specializzazione, avanzando nel segmento di prodotti e riorientandosi dalla distribuzione all'ingrosso alla vendita diretta ai dettaglianti.

    (259)

    Un'analisi degli indicatori microeconomici pertinenti conferma inoltre la parziale ripresa dell'industria dell'Unione, evidenziando un aumento dei prezzi di vendita, dei flussi di cassa, degli investimenti e degli utili. Il settore non è tuttavia ancora riuscito a ristabilire i margini di profitto e i livelli di investimento consueti e presenta tuttora problemi per quanto riguarda la raccolta di capitali e l'evoluzione salariale, mostrando così che la situazione è ancora fragile e che il pregiudizio non è stato eliminato del tutto.

    (260)

    Complessivamente, l'inchiesta ha rivelato che l'industria dell'Unione continua a subire un pregiudizio grave.

    5.   INCIDENZA DELLE IMPORTAZIONI OGGETTO DI DUMPING PROVENIENTI DAI PAESI INTERESSATI E INCIDENZA DI ALTRI FATTORI

    5.1.   Incidenza delle importazioni di prodotti oggetto di dumping dai paesi interessati

    (261)

    Se da un lato i volumi complessivi delle importazioni dai paesi interessati hanno subito un calo nel periodo interessato, dall'altro i volumi nel PIR superano ancora in misura considerevole quelli dell'inchiesta iniziale. Nel caso della Cina i livelli sono quasi il doppio rispetto a quelli osservati nel PI iniziale e mentre i volumi delle importazioni dal Vietnam sono diminuiti nello stesso periodo, la loro presenza sul mercato è ancora significativa con una quota del 10 % circa.

    (262)

    Da un'analisi dei prezzi delle importazioni dai paesi interessati durante il periodo in esame risulta che i prezzi delle importazioni cinesi sono rimasti stabili, mentre quelli vietnamiti sono scesi. Se confrontati con i prezzi nel PI iniziale, i prezzi cinesi sono aumentati del 20 % circa, mentre quelli vietnamiti risultano vicini ai prezzi rilevati in tale periodo. Nonostante le differenze nella combinazione di prodotti e nel livello delle considerazioni di carattere commerciale, è chiaro che i prezzi medi delle importazioni pari a 8,6 EUR per la RPC e a 9,51 EUR per il Vietnam continuano a essere una fonte di gravi preoccupazioni per i produttori dell'Unione, i cui prezzi di vendita medi sono molto superiori a 30 EUR. Questa situazione risulta ancora più evidente se si considerano i livelli di sottoquotazione che hanno conosciuto un netto aumento se confrontati con il PI iniziale. In questo periodo, i livelli di sottoquotazione per la Cina sono saliti dal 13,5 % al 31,9 %, mentre per il Vietnam dal 15,9 % al 38,9 %.

    5.2.   Conclusioni relative all'incidenza delle importazioni di prodotti oggetto di dumping dai paesi interessati

    (263)

    Alla luce di quanto esposto si deve giungere alla conclusione che le importazioni dai paesi interessati continuano ad avere effetti negativi sui risultati ottenuti dai produttori dell'Unione sia in termini di volume che di prezzo.

    5.3.   Incidenza di altri fattori

    (264)

    La Commissione ha effettuato un esame approfondito per stabilire se fattori noti diversi dalle importazioni in dumping avessero potuto influenzare il persistere del pregiudizio subito dai produttori dell'Unione al fine di garantire che l'eventuale pregiudizio causato da uno qualsiasi di tali fattori non fosse attribuito alle suddette importazioni.

    5.3.1.   Mancanza di concorrenza tra le calzature prodotte nell'Unione e quelle importate dai paesi interessati

    (265)

    Alcune parti interessate hanno sostenuto che non esiste un legame tra le importazioni dai paesi interessati e l'andamento dell'industria dell'Unione, affermando in particolare che non vi è intercambiabilità tra il prodotto simile fabbricato nell'Unione e il prodotto in esame. Tali parti ritengono che non esista concorrenza tra le calzature in cuoio prodotte nell'Unione e quelle importate da Cina e Vietnam, dato che le prime tendono a essere destinate al segmento di mercato medio-alto, mentre le seconde sono per lo più destinate al segmento medio-basso. A conferma di questa argomentazione hanno citato il fatto che l'industria dell'Unione non è stata in grado di riconquistare quote di mercato a seguito dell'imposizione delle misure. Il miglioramento generale riguardante gli altri indicatori di pregiudizio sarebbe invece la conseguenza del cambiamento di modello commerciale da parte dell'industria dell'Unione, la quale ha diminuito la produzione e si è riorientata verso prodotti a maggiore valore aggiunto che avrebbero attenuato il pregiudizio subito in precedenza da una parte di tale industria. Le difficoltà incontrate dai restanti produttori dell'Unione sono state attribuite più alla loro incapacità di adattarsi che alle importazioni oggetto di dumping dai paesi interessati.

    (266)

    L'inchiesta ha evidenziato che sebbene parte dell'industria dell'Unione si sia orientata verso il segmento più alto del mercato, essa è ancora presente in alcune parti della fascia bassa e in ampie parti di quella media. Se si considerano le importazioni oggetto di dumping, esse non rientrano solamente nel segmento basso, ma anche in quello medio e in alcuni casi persino in quello più elevato. Vi è in altre parole una notevole concorrenza tra le calzature in cuoio fabbricate nell'Unione e quelle importate dai paesi interessati.

    (267)

    Si è sostenuto altresì che non vi sarebbe concorrenza tra i produttori dell'Unione e gli esportatori in questione dato che i primi si concentrano su prodotti di nicchia e non forniscono l'intera gamma di calzature speciali quali calzature da escursione, da bowling e ortopediche. A tale proposito si deve tuttavia osservare che le calzature speciali costituiscono solo una piccola parte del prodotto in esame e che quindi il loro impatto non può essere significativo. In ogni caso l'inchiesta ha dimostrato che, contrariamente a quanto affermato, le calzature speciali in parola sono prodotte all'interno dell'Unione, anche se in quantità limitate, e sono dirette concorrenti delle calzature speciali importate. Inoltre, come specificato in precedenza, si registra attualmente un aumento della concorrenza tra molte di queste calzature speciali e le classiche «scarpe marroni» tradizionalmente prodotte dal settore dell'Unione.

    (268)

    Per quanto riguarda il confronto sulla base di elementi quali età e sesso tra i prodotti dell'Unione e le importazioni dai paesi interessati, l'inchiesta ha rivelato che la produzione di calzature da uomo, donna e bambino all'interno dell'Unione è considerevole e sembra essere concentrata sulle calzature da donna, che rappresentano il 55 % circa della produzione, mentre quelle da uomo e bambino corrisponderebbero rispettivamente al 35 % e al 10 %. Se si suddividono le calzature importate dai paesi interessati in base all'età e al sesso delle persone cui sono destinate si può osservare che queste cifre cambiano in quanto è superiore la percentuale relativa alle calzature da bambino, pari al 25 % circa. Pur considerando queste variazioni, è evidente che tutte le tre categorie sono vendute sul mercato dell'Unione in quantità significative sia da parte dell'industria dell'Unione sia da parte degli esportatori.

    5.3.2.   Scarsa efficienza dei produttori dell'Unione, carenze strutturali e impatto della globalizzazione

    (269)

    Una parte, rappresentante gli interessi dei consumatori, ha sostenuto che il presunto dumping non avrebbe influenzato la situazione dell'industria dell'Unione e che le ragioni principali alla base degli esuberi occupazionali e delle chiusure di stabilimenti nell'Unione sarebbero più la tendenza alla globalizzazione e lo spostamento della produzione verso paesi con struttura dei costi inferiore che le pratiche commerciali sleali.

    (270)

    Numerose altre parti interessate hanno inoltre sottolineato, a sostegno della tesi che non vi è legame tra le importazioni e l'andamento dell'industria dell'Unione, l'incapacità di quest'ultima di trarre benefici dalle misure e dagli effetti relativi al cambiamento di modello commerciale che ha riguardato i produttori dell'Unione.

    (271)

    Secondo queste argomentazioni, l'industria dell'Unioneè strutturalmente incapace di competere sul mercato della produzione di massa principalmente a causa della mancanza della manodopera necessaria e dei relativi costi. Di conseguenza, una parte significativa dell'industria dell'Unione ha adottato un nuovo modello commerciale investendo nell'innovazione e nella valorizzazione dei prodotti e spostando quindi la propria attenzione dal segmento di prodotti medio-basso a quello medio-alto e di lusso. Queste imprese, che si sono concentrate su prodotti di nicchia caratterizzati da un maggiore valore aggiunto, stanno conoscendo un andamento positivo. All'opposto, le società che non hanno saputo far fronte alla globalizzazione continuano a registrare scarsi risultati. Secondo questa argomentazione, la situazione dei produttori dell'Unione dovrebbe dunque essere considerata una conseguenza della loro strategia commerciale e non sarebbe collegata alle importazioni dai paesi interessati.

    (272)

    Come evidenziato nelle sezioni E.2 e G.4, l'inchiesta ha rivelato che l'industria dell'Unione presenta un quadro eterogeneo. Alcune parti dell'industria fabbricano calzature non di marca destinate al segmento di prodotti medio-basso e vendono più tramite grossisti che direttamente ai dettaglianti. Tuttavia ciò non significa che queste imprese sono per loro natura inefficienti. Dall'inchiesta emerge chiaramente che, indipendentemente dalla loro posizione concorrenziale, concretamente la loro difficile condizione è dovuta alle importazioni oggetto di dumping. Di conseguenza si trovano in una situazione finanziaria estremamente critica che si è bruscamente aggravata durante il periodo considerato. Molte di queste imprese si stanno impegnando per riorientarsi verso il segmento medio-alto e per cambiare i propri canali di distribuzione, tuttavia l'attuale pressione dovuta alle importazioni oggetto di dumping rende questa evoluzione estremamente difficile.

    (273)

    Nonostante il loro notevole miglioramento e l'adattamento del modello commerciale, le società che hanno ridefinito tale modello non raggiungono l'obiettivo dell'utile al 6 % stabilito nell'inchiesta iniziale. Questo risultato mostra che anche tale gruppo è influenzato dalla generale pressione al ribasso avvertita in tutti i settori a causa delle importazioni oggetto di dumping. Risulta quindi probabile che esso si sarebbe ripreso pienamente se non avesse dovuto affrontare la spinta al ribasso dei prezzi dovuta alle continue importazioni, persino in aumento, delle importazioni in dumping di calzature in cuoio.

    (274)

    Il fatto che persino le imprese che sono passate a un nuovo modello commerciale siano ancora colpite dal dumping pregiudizievole, nonostante esse siano altamente efficienti in termini di condivisione delle risorse e specializzazione, lascia intendere che la scarsa efficienza e i problemi strutturali interni all'industria non annullano il nesso tra le pratiche di dumping e il pregiudizio subito.

    5.3.3.   Incidenza delle importazioni da paesi terzi

    (275)

    Molte parti interessate hanno osservato che l'industria calzaturiera in forte espansione di altri paesi terzi ha aumentato nettamente le proprie esportazioni verso l'Unione. A questo proposito si è sostenuto che le importazioni da paesi terzi avrebbero avuto un'incidenza significativa sulla situazione dell'industria dell'Unione durante il periodo in esame e sarebbero da ritenersi altrettanto importanti per l'analisi della probabilità del persistere o della reiterazione del pregiudizio qualora le misure non fossero mantenute. Queste parti ritengono che la cessazione delle misure si ripercuoterebbe sull'equilibrio tra le importazioni dai paesi interessati e quelle da altri paesi dato che una di queste due fonti sostituisce l'altra. L'abrogazione delle misure non avrebbe dunque effetti sull'industria dell'Unione.

    (276)

    A questo proposito l'inchiesta ha rivelato che le importazioni da paesi terzi che offrono prezzi bassi, quali India e Indonesia, sono numerose e in aumento. Il settore calzaturiero è per buona parte organizzato in gruppi internazionali caratterizzati da diverse sedi di produzione in diversi paesi, il che consente un certo grado di flessibilità nel trasferire la produzione una volta avviata una sede produttiva in un altro paese. L'inchiesta ha mostrato che l'insediamento di una sede in un nuovo paese può essere ultimata nel giro di uno o due anni.

    (277)

    In termini di quote di mercato, le quote perse da Cina e Vietnam potrebbero essere state conquistate da altri paesi esportatori, in particolare da India e Indonesia. L'effetto dei loro prezzi non è tuttavia paragonabile a quello dei prezzi delle importazioni da Cina e Vietnam. Se non si tiene conto delle differenze nell'assortimento di prodotti, la differenza di prezzo è particolarmente forte nel caso dell'India, il cui prezzo medio di esportazione è superiore del 25,8 % a quello delle calzature importate dal Vietnam e del 40,3 % a quello delle calzature importate dalla Cina. L'effetto delle importazioni da questo paese sull'industria dell'Unione è dunque molto meno pronunciato. Il prezzo medio di esportazione delle calzature importate dall'Indonesia è del 13,2 % superiore a quello delle calzature importate dalla Cina e paragonabile a quello delle calzature importate dal Vietnam. Osservando i volumi delle importazioni indonesiane si può comunque constatare che il loro impatto relativo sarebbe limitato. Da questi dati emerge che i volumi relativi e i prezzi più elevati delle importazioni da altri paesi asiatici non consentono di concludere che il loro effetto sarebbe sufficiente ad annullare il nesso tra il pregiudizio subito dall'industria dell'Unione e gli ampi volumi di importazioni in dumping da Cina e Vietnam.

    5.3.4.   Incidenza dei cambiamenti nel consumo e nelle preferenze dei consumatori e incidenza dei mutamenti nella struttura del commercio al dettaglio all'interno dell'Unione

    (278)

    Si è inoltre sostenuto che i risultati mediocri dell'industria dell'Unione non dovrebbero essere associati alle importazioni dai paesi interessati, ma piuttosto al calo del consumo all'interno dell'Unione. Tale calo sarebbe da ricollegare ai mutamenti nelle tendenze della moda, che dalle calzature eleganti si è riorientata verso quelle casual. I consumatori avrebbero di conseguenza mutato le proprie preferenze a favore del segmento a basso prezzo, rappresentato tipicamente dalle importazioni da paesi terzi.

    (279)

    A questo riguardo l'inchiesta ha evidenziato che si è registrato una diminuzione nel consumo del prodotto in esame. Tuttavia, se vi fosse stata piena intercambiabilità tra le calzature in cuoio e quelle in altri materiali, tale diminuzione sarebbe stata molto più netta. Il calo del consumo e i cambiamenti nelle preferenze dei consumatori quindi non sembrerebbero in sé fattori in grado di annullare il nesso causale.

    (280)

    L'inchiesta ha inoltre rivelato che il commercio al dettaglio di calzature si è diversificato passando dai negozi tradizionali a una serie di nuovi punti vendita, tra cui grandi magazzini, negozi di abbigliamento, supermercati e ipermercati che coprono un'importante parte delle vendite, forse superiore al 40 %.

    (281)

    Si è altresì sostenuto che questo scenario altamente competitivo eserciterebbe una pressione al ribasso sui prezzi e che questo effetto avrebbe avuto sull'industria dell'Unione conseguenze più rilevanti delle importazioni oggetto di dumping. Anche se non si può escludere che la pressione da parte del settore al dettaglio in quanto tale costituisca un fattore che avrebbe potuto influenzare l'industria dell'Unione, si deve tenere presente che anche questa struttura dipende dalla possibilità di trovare fornitori in grado di offrire prezzi così bassi. Gli ampi volumi di prodotti oggetto di dumping sono stati quasi certamente un fattore chiave nello sviluppo e nel mantenimento della pressione sui prezzi. Inoltre il fatto che i produttori dell'Unione siano riusciti ad aumentare i prezzi indicherebbe che l'impatto dei cambiamenti nella struttura del commercio al dettaglio non è tale da annullare il nesso tra il pregiudizio e le importazioni oggetto di dumping.

    5.3.5.   Incidenza dell'andamento delle esportazioni dei produttori dell'Unione

    (282)

    Come possibile causa del pregiudizio subito dall'industria dell'Unione è stato anche indicato il mediocre andamento delle esportazioni dell'industria dell'Unione, associato alla forza dell'euro rispetto al dollaro USA, e si è sostenuto che di conseguenza esso doveva essere distinto dagli effetti delle importazioni provenienti dai paesi interessati.

    (283)

    Tuttavia da un confronto tra i prezzi praticati sul mercato interno nel loro complesso e le esportazioni globali lascerebbe intendere piuttosto che i prezzi delle esportazioni dei produttori dell'Unione sono saliti di circa il 12 % nel periodo in esame e che durante il PIR essi sono stati del 20 % superiori ai prezzi interni. I volumi delle esportazioni sono rimasti stabili assorbendo il 25 % circa della produzione. Considerando che l'inchiesta ha evidenziato che l'andamento delle esportazioni dei produttori dell'Unione ha conosciuto solo un lieve calo, l'argomentazione che tali risultati sarebbero la causa del pregiudizio all'Unione non può essere accettata.

    5.4.   Conclusioni relative all'incidenza di altri fattori

    (284)

    Come illustrato da quanto precede, numerose parti interessate hanno sostenuto che fattori diversi dalle importazioni oggetto di dumping sarebbero stati la principale causa del pregiudizio all'industria dell'Unione.

    (285)

    Tali fattori sono stati individuati ed esaminati attentamente. I fatti specifici dimostrano tuttavia che nessuno degli altri fattori noti, considerato isolatamente o insieme agli altri, sarebbe tale da annullare il nesso causale tra le importazioni oggetto di dumping e il pregiudizio subito dai produttori dell'Unione.

    H.   PROBABILITÀ DEL PERSISTERE DEL PREGIUDIZIO

    1.   EFFETTI SUI VOLUMI E SUI PREZZI DERIVANTI DALL'EVENTUALE ABROGAZIONE DELLE MISURE E LORO INCIDENZA SULLO STATO DELL'INDUSTRIA DELL'UNIONE

    (286)

    A norma dell'articolo 11, paragrafo 2, del regolamento di base, le importazioni dai paesi oggetto dell'attuale riesame sono state valutate per stabilire la probabilità del persistere del pregiudizio.

    (287)

    A proposito del probabile effetto della scadenza delle misure in vigore sull'industriadell'Unione, sono stati considerati i fattori indicati di seguito, tenendo conto degli elementi sintetizzati sopra sul rischio del persistere del dumping.

    1.1.   Repubblica popolare cinese

    (288)

    Come si è stabilito nei considerando 261 e 262, i grandi volumi di importazioni a prezzi di dumping sono continuati durante il PIR.

    (289)

    Un'analisi delle capacità e lo sviluppo del mercato interno nella RPC hanno inoltre dimostrato che il volume già elevato delle esportazioni continuerebbe in caso di cessazione delle misure. Persino nell'eventualità in cui, come sostenuto, le importazioni scendessero anche del 30 % in conseguenza della contrazione del mercato, tale volume resterebbe molto elevato.

    (290)

    Si è anche giunti alla conclusione che, a causa del suo livello di prezzi più elevato rispetto al mercato interno cinese e ai mercati di paesi terzi, l'Unione rimarrebbe un mercato interessante per le esportazioni cinesi qualora le misure non fossero mantenute. Nonostante non sia stato possibile escludere un aumento nei prezzi delle esportazioni, si è comunque stabilito che tali esportazioni continuerebbero a essere oggetto di dumping.

    (291)

    I significativi livelli di dumping e sottoquotazione osservati indicano che i volumi di esportazioni verso l'Unione menzionati in precedenza sarebbero caratterizzati da prezzi di dumping notevolmente inferiori ai prezzi praticati e ai costi sostenuti dai produttori dell'Unione.

    (292)

    L'effetto congiunto di tali volumi e dei prezzi sarebbe tale da portare a un deterioramento della già precaria situazione dei produttori dell'Unione.

    1.2.   Vietnam

    (293)

    Anche per il Vietnam si è stabilito che le pratiche di dumping in grandi volumi sono continuate durante il PIR.

    (294)

    Si è inoltri giunti alla conclusione che l'Unione rimane il mercato più importante per gli esportatori vietnamiti e che continuerà a esserlo qualora le misure non fossero mantenute.

    (295)

    Tenendo conto dell'esistenza di consistenti capacità inutilizzate e del livello dei prezzi nell'Unione rispetto a quello nel mercato interno vietnamita e in altri mercati di esportazione, è probabile che le importazioni di prodotti oggetto di dumping aumentino ulteriormente qualora le misure dovessero essere abrogate. Come nel caso della Cina, anche se, come asserito, le importazioni diminuissero a seguito del rallentamento economico, il loro volume rimarrebbe molto significativo.

    (296)

    Come per la RPC, i significativi livelli di dumping e sottoquotazione osservati indicano che i volumi di esportazioni verso l'Unione menzionati in precedenza sarebbero caratterizzati da prezzi di dumping notevolmente inferiori ai prezzi praticati e ai costi sostenuti dai produttori dell'Unione. Analogamente a quanto osservato per la RPC, l'effetto congiunto di tali volumi e dei prezzi sarebbe tale da portare a un deterioramento della già precaria situazione dei produttori dell'Unione.

    2.   ARGOMENTAZIONI ADDOTTE DALLE PARTI

    (297)

    Alcune parti interessate hanno sostenuto che in futuro fattori diversi dalle importazioni oggetto di dumping dai paesi interessati metterebbero in discussione il probabile effetto di tali importazioni sulla situazione dell'industria dell'Unione.

    (298)

    I fattori a cui si fa riferimento sono già stati ampiamente trattati all'interno della sezione G.5 e non sarebbe quindi necessario riconsiderarli in questa sezione. Alcune argomentazioni sono state tuttavia associate a eventi successivi al PIR e di conseguenza sono state oggetto di un'ulteriore analisi in termini del loro probabile impatto in futuro.

    2.1.   Probabile effetto della contrazione di mercato

    (299)

    Numerose parti hanno sostenuto che le conseguenze del rallentamento economico dovrebbero essere distinte dai presunti effetti delle importazioni dato che tale evento deve essere considerato esterno alla probabilità del persistere o della reiterazione del dumping pregiudizievole. Le parti interessate in questione ritengono che l'industria dell'Unione sarebbe particolarmente colpita dal rallentamento dato che in tali circostanze si assisterebbe tipicamente al passaggio a prodotti di qualità/prezzo inferiore da parte dei consumatori quale conseguenza della diminuzione del loro potere d'acquisto.

    (300)

    Con ogni probabilità la contrazione di mercato condurrà a un ulteriore calo del consumo del prodotto in esame. Se da un lato le calzature in cuoio continueranno ad occupare una posizione importante sul mercato, dall'altro probabilmente le vendite diminuiranno in misura notevolmente superiore al 7 % registrato prima della contrazione.

    (301)

    Vi sono molte possibilità che i vincoli economici rendano consumatori e dettaglianti più sensibili al fattore prezzo, una diminuzione del potere d'acquisto dei primi potrebbe inoltre porre un limite massimo ai prezzi a livello di commercio al dettaglio. Questa situazione potrebbe a sua volta portare a uno spostamento tra segmenti di mercato, con i consumatori che si muovono dal segmento medio-alto a quello medio e dal medio a quello medio-basso, e a un incremento delle riparazioni. Indubbiamente in tali circostanze la concorrenza tra le calzature in cuoio e altri prodotti in tessuto naturale o sintetico a prezzo più basso si inasprirebbe.

    (302)

    In breve, viste le conseguenze sul consumo e sui prezzi connesse alla contrazione del mercato, non si può escludere che essa contribuisca al deterioramento della situazione dell'industria dell'Unione. Allo stesso tempo si ritiene tuttavia che il rallentamento economico amplificherà ulteriormente l'effetto prodotto dalle importazioni oggetto di dumping dato che probabilmente la contrazione eserciterà pressioni sui prezzi di tutti gli operatori, compresi gli esportatori dei paesi interessati che potrebbero ridurre ancora i loro prezzi già oggetto di dumping. Prezzi ancora più bassi eserciteranno pressioni anche sul segmento medio-alto e potrebbero obbligare i produttori dell'Unione a ritornare verso il segmento medio-basso. Questo fenomeno condurrebbe a una concorrenza ancora più aspra tra la produzione dell'Unione e le importazioni oggetto di dumping.

    2.2.   Probabile incidenza dei cambiamenti dei modelli di consumo

    (303)

    Molte parti interessate hanno inoltre sostenuto che qualsiasi eventuale futuro andamento negativo dell'industria dell'Unione non sarebbe da associare alle importazioni dai paesi interessati, ma piuttosto al calo del consumo all'interno dell'Unione. Tale calo sarebbe da ricollegare non solamente ai mutamenti nelle tendenze della moda, che dalle calzature eleganti si è riorientata verso quelle casual, ma anche alla contrazione del mercato. Questi fattori intensificherebbero la tendenza dei consumatori a prediligere il segmento a prezzi bassi, rappresentato tipicamente dalle importazioni da paesi terzi.

    (304)

    Un calo complessivo del consumo avrebbe con ogni probabilità un effetto negativo sui risultati dei produttori dell'Unione. Tuttavia un altro scenario possibile vedrebbe la diminuzione del potere d'acquisto dei consumatori, la quale renderebbe il mercato meno adattabile alle tendenze di breve termine della moda. Questo contesto porterebbe a un ritorno delle «calzature marroni» classiche che corrispondono al segmento di mercato in cui l'industria dell'Unione primeggia. Non si può dunque giungere alla conclusione che un calo del consumo colpirebbe le calzature prodotte nell'Unione più duramente rispetto a quelle importate. Complessivamente, mentre con ogni probabilità i produttori dell'Unione risentiranno della diminuzione del consumo, l'incidenza degli ampi volumi di importazioni in dumping dai paesi interessati rimarrà un'importante fonte di pregiudizio qualora le misure non fossero mantenute.

    2.3.   Probabile incidenza del calo delle esportazioni

    (305)

    Alcune parti interessate hanno inoltre sostenuto che il rallentamento economico si ripercuoterà pesantemente sulle esportazioni della produzione dell'Unione.

    (306)

    A questo riguardo si può presumere che il rallentamento finanziario, che sarà avvertito in tutto il mondo, inciderà anche sulle esportazioni dell'Unione. Pur considerando che un calo delle esportazioni potrebbe sicuramente influire negativamente sullo sviluppo generale del settore, si dovrebbe tenere presente che i tre quarti dell'attività dei produttori comunitari è destinata al mercato interno dell'Unione. Se si considera questo aspetto, non si può giungere alla conclusione che i probabili effetti del rallentamento delle esportazioni in se stessi annullino il nesso causale tra le importazioni oggetto di dumping e il pregiudizio portato ai produttori comunitari.

    2.4.   Probabile incidenza dei problemi strutturali e della scarsa efficienza dei produttori dell'Unione

    (307)

    Si è anche sostenuto che i produttori dell'Unione in passato hanno faticato a trarre benefici dalle misure a causa del fatto che all'origine delle difficoltà da essi incontrate vi sono problemi strutturali e una scarsa efficienza dell'industria stessa, piuttosto che un presunto dumping da parte di Cina e Vietnam. In base a queste argomentazioni, il rallentamento economico aggraverà i problemi strutturali del settore e indebolirà ulteriormente il legame tra il pregiudizio subito e il dumping.

    (308)

    Innanzitutto si rammenta che l'inchiesta ha evidenziato che, indipendentemente dalla loro posizione concorrenziale, i produttori dell'Unione hanno subito un pregiudizio grave dall'importazione di prodotti oggetto di dumping. In ogni caso, si dovrebbe osservare che, come illustrato in precedenza, l'industria dell'Unione, pur trovandosi tuttora in una situazione precaria, ha mostrato quantomeno una ripresa parziale nel periodo in esame ed è riuscita a mantenere stabile la propria quota di mercato. Ampia parte del settore ha potuto inoltre ridefinire il proprio modello commerciale o sta operando in tal senso tramite i) il raggruppamento delle risorse in poli che valorizzano al massimo la specializzazione e che consentono ai gruppi di trarre benefici dalle economie di scala, ii) la vendita diretta ai dettaglianti e iii) la produzione di calzature destinate ai segmenti medio-alto e alto. È altamente improbabile che l'industria sarebbe stata capace di portare avanti questo processo se le misure non fossero state in vigore, e in ogni caso coloro che attualmente stanno modificando il proprio modello commerciale con ogni probabilità non saranno in grado di ultimare tale cambiamento.

    (309)

    Potrebbe tuttavia accadere che con la contrazione del mercato si esercitino ulteriori pressioni e persino che si ponga fine al processo avviato dalle società che non sono ancora riuscite a riorientarsi modificando il proprio modello commerciale. La situazione di queste società rischierà di aggravarsi ulteriormente e molte di esse potrebbero persino cessare la propria attività con l'inasprirsi della concorrenza. Anche le società che hanno adottato i modelli commerciali più avanzati probabilmente non si sottrarranno agli effetti della contrazione di mercato dato che anche i prezzi del segmento medio-alto in cui sono specializzate saranno soggetti a una spinta generale al ribasso.

    (310)

    Ciononostante, riguardo alla valutazione della situazione relativa al periodo in esame, sarebbe difficile sostenere che il rallentamento economico da solo annulli il nesso causale con le importazioni oggetto di dumping. Al contrario, come specificato nel considerando 302, le pressioni al ribasso sui prezzi subite dalle importazioni in dumping a buon mercato provocheranno con ogni probabilità un effetto domino che spingerà una parte ancor più ampia della produzione dell'Unione verso il segmento occupato dalle importazioni oggetto di dumping, così da intensificare la pressione esercitata da tali importazioni sui produttori dell'Unione. In tali circostanze i produttori dell'Unione sarebbero quindi più che mai dipendenti dall'esistenza delle misure in futuro.

    2.5.   Effetti probabili delle importazioni da paesi terzi

    (311)

    Si è altresì valutato l'eventuale influenza delle importazioni da paesi terzi sulla situazione dell'industria dell'Unione qualora le misure fossero abrogate. A questo proposito si è sostenuto che le esportazioni da paesi terzi verso l'Unione sono costantemente aumentate e che, alla luce dei maggiori costi in Cina e Vietnam e del rallentamento economico, esse rappresenterebbero in futuro la principale fonte di preoccupazione per l'Unione.

    (312)

    Tenendo conto della differenza di prezzo tra le importazioni oggetto di dumping dai paesi interessati e quelle da paesi terzi, risulta tuttavia più probabile che le esportazioni cinesi e vietnamite ottengano un vantaggio in termini di prezzi sulle importazioni dagli paesi terzi. Questo fattore a sua volta porterebbe a una relativa diminuzione di tali importazioni in futuro. Come rilevato in precedenza nelle sezioni C.3 e C.4 non vi sono segnali che indichino che probabilmente gli esportatori cinesi o vietnamiti si ritireranno dal mercato dell'Unione; al contrario le ampie capacità disponibili suggerirebbero che essi siano incentivati a rimanere su tale mercato il più a lungo possibile.

    (313)

    Alla luce di quanto esposto, con ogni probabilità le importazioni da paesi terzi avrebbero minore incidenza sulla situazione dell'industria dell'Unione qualora le misure non dovessero essere mantenute.

    2.6.   Probabile incidenza delle oscillazioni dei tassi di cambio

    (314)

    Si è inoltre sostenuto che il pregiudizio ai produttori dell'Unione probabilmente diminuirà in conseguenza dell'apprezzamento del dollaro nei confronti dell'euro. Le oscillazioni valutarie spingerebbero al rialzo i prezzi delle importazioni oggetto di dumping commercializzate in euro, così da colmare il divario tra i prezzi delle importazioni in dumping e quelli dei produttori dell'Unione.

    (315)

    Si ricorda a questo riguardo che compito dell'inchiesta è stabilire se le importazioni oggetto di dumping (in termini di prezzi e volume) abbiano arrecato (o è probabile che arrechino) pregiudizio grave all'industria dell'Unione oppure se tale pregiudizio (o la probabilità del suo verificarsi) sia stato determinato da altri fattori. A questo proposito l'articolo 3, paragrafo 6, del regolamento di base fa riferimento alla necessità di dimostrare che il livello dei prezzi delle importazioni oggetto di dumping causi (o è probabile che causi) pregiudizio. Esso menziona pertanto solo la differenza tra i prezzi e non esige un'analisi dei fattori che incidono sul loro livello.

    (316)

    Gli effetti probabili delle importazioni in dumping sui prezzi dell'industria dell'Unione sono esaminati essenzialmente accertando l'esistenza di una sottoquotazione, depressione e compressione dei prezzi. A tal fine vengono messi a confronto i prezzi delle esportazioni in dumping e i prezzi di vendita dell'industria comunitaria; i prezzi delle esportazioni utilizzati per calcolare il pregiudizio devono talvolta essere convertiti in un'altra valuta per essere comparabili. Di conseguenza, il ricorso a tassi di cambio in questo contesto serve unicamente a garantire che la differenza di prezzo sia stabilita su una base comparabile. È perciò evidente che il tasso di cambio, in linea di principio, non può costituire un altro fattore di pregiudizio.

    (317)

    Ciò è confermato anche dal testo dell'articolo 3, paragrafo 7, del regolamento di base, che fa riferimento ai fattori noti diversi dalle importazioni in dumping. Nell'elenco degli altri fattori noti citati nell'articolo non figura alcun fattore che incida sul livello di prezzo delle importazioni oggetto di dumping.

    (318)

    Tuttavia, persino se si tenesse conto di un tale fattore, considerata la probabile pressione esercitata sui prezzi al consumo in un contesto di contrazione di mercato, è difficile che gli importatori che acquistano dai paesi interessati siano in grado di aumentare i prezzi di vendita ai dettaglianti a seguito dell'apprezzamento del dollaro USA. È molto difficile inoltre prevedere l'evoluzione dei tassi di cambio ed è stato riscontrato un deprezzamento del dollaro USA nei confronti dell'euro nel periodo successivo al PIR, il che rende impossibile concludere che le fluttuazioni valutarie eserciteranno una spinta al rialzo sui prezzi delle importazioni oggetto di dumping dai paesi interessati.

    (319)

    Alla luce di quanto esposto, non è possibile giungere alla conclusione che l'andamento dei tassi di cambio potrebbe essere un altro fattore di pregiudizio.

    3.   CONCLUSIONI RELATIVE ALLA PROBABILE INCIDENZA DI ALTRI FATTORI

    (320)

    Come illustrato sopra, se da un lato non si può escludere che altri fattori, tra cui il rallentamento economico, influenzeranno la situazione finanziaria dei produttori dell'Unione, dall'altro l'inchiesta non ha dimostrato che tali fattori da soli potrebbero annullare il nesso tra le importazioni oggetto di dumping e il persistere del pregiudizio che subirebbe l'industria dell'Unione.

    I.   CONCLUSIONI SUL PERSISTERE DEL PREGIUDIZIO

    (321)

    Come stabilito in precedenza alla sezione G.4, l'inchiesta ha mostrato che la situazione pregiudizievole dell'industria dell'Unione è continuata durante il PIR. A norma dell'articolo 11, paragrafo 2, del regolamento di base, il persistere del pregiudizio è di per sé un chiaro indicatore che il pregiudizio probabilmente continuerà in futuro e che quindi le misure dovrebbero essere mantenute in vigore.

    (322)

    I risultati concernenti le importazioni evidenziano che gli ampi volumi a prezzi di dumping probabilmente continueranno e che la pressione sui prezzi, non da ultimo nel quadro del rallentamento economico, dovrebbe intensificare la concorrenza tra importazioni oggetto di dumping e calzature in cuoio prodotte nell'Unione. Dall'inchiesta è emerso che non vi sarebbero altri fattori noti in grado di annullare il nesso tra le importazioni in dumping e il pregiudizio che subirebbero i produttori dell'Unione.

    (323)

    Un'analisi generale dei risultati dell'inchiesta evidenzia che la sospensione delle misure condurrebbe probabilmente a volumi costantemente elevati e persino in aumento delle importazioni da Cina e Vietnam a prezzi che darebbero luogo a una sottoquotazione ancora più marcata rispetto a quelli dell'industria dell'Unione. Con ogni probabilità la contrazione del mercato intensificherà questo sviluppo. Le importazioni oggetto di dumping avrebbero quindi quasi sicuramente effetti fortemente pregiudizievoli sull'industria dell'Unione. In tali circostanze, l'industria dell'Unione dovrebbe attuare una politica di riduzione dei prezzi per poter mantenere la sua quota di mercato, oppure mantenere i prezzi di vendita attuali, perdendo così clienti e in ultima analisi diminuendo le vendite. Nel primo caso l'industria dell'Unione dovrebbe operare in perdita, mentre nel secondo la diminuzione delle vendite causerebbe di per sé un aumento dei costi con conseguenti perdite.

    (324)

    Va aggiunto che l'industria dell'Unione subisce da molti anni gli effetti delle importazioni in dumping e la sua situazione economica attuale è precaria. Tuttavia si è anche appurato che ampia parte dei produttori dell'Unione è stata in grado di ridefinire il proprio modello commerciale, concentrandosi su prodotti a valore aggiunto più elevato, sul segmento di prodotti medio-alto e razionalizzando i canali di distribuzione. Questo gruppo sta gradualmente assorbendo l'attività di quella parte dell'industria che non è ancora stata in grado di adeguarsi e di applicare un nuovo modello commerciale. Sarebbe dunque necessario un ulteriore periodo di adattamento affinché la conversione sia completata nell'intero settore.

    (325)

    Qualora le misure fossero abrogate in questa fase delicata, la situazione dei produttori dell'Unione si aggraverebbe e il processo di passaggio a un nuovo modello commerciale sarebbe probabilmente interrotto, il che metterebbe a repentaglio l'esistenza stessa di ampia parte dell'industria in questione.

    (326)

    L'inchiesta ha dunque rivelato che a causa delle importazioni da Cina e Vietnam vi è una forte probabilità del persistere del pregiudizio ai danni dell'industria dell'Unione nel breve e medio termine, fino a quando il processo di aggiustamento sarà completato.

    J.   OSSERVAZIONI DELLE PARTI INTERESSATE A SEGUITO DELLA COMUNICAZIONE DELLE CONCLUSIONI

    (327)

    Successivamente alla comunicazione delle conclusioni è pervenuta una serie di osservazioni, nessuna delle quali tale, però, da modificare le conclusioni. Le principali argomentazioni sostenute sono riprodotte di seguito.

    1.   OSSERVAZIONI RICEVUTE IN MERITO A QUESTIONI RELATIVE ALLA FORMA, ALLA PROCEDURA E AI DIRITTI DI DIFESA

    1.1.   Riservatezza dell'identità del denunziante

    (328)

    Varie parti interessate hanno ribadito le loro preoccupazioni quanto al trattamento riservato accordato al denunziante, sostenendo che non figura agli atti alcun elemento a sostegno dell'affermazione che la situazione del denunziante verrebbe danneggiata in caso di divulgazione della sua identità. Una parte interessata ha aggiunto che, secondo la prassi dell'OMC, la mancata divulgazione deve essere giustificata da legittimi motivi per tutti i documenti, indipendentemente dal loro carattere riservato o meno. La parte interessata in questione ritiene che nella fattispecie tali legittimi motivi non siano stati dimostrati.

    (329)

    La stessa parte ha inoltre sostenuto che, qualora la richiesta di trattamento riservato dovesse comunque essere accolta, dovrebbero poter essere divulgati almeno i dati completi relativi al prezzo unitario e agli indicatori di redditività del campione.

    (330)

    Come si legge nei considerando da 40 a 42, la richiesta di non divulgare l'identità del denunziante e dei produttori selezionati per il campione era debitamente giustificata a norma dell'articolo 19 del regolamento di base. Non è pertanto corretto affermare che il denunziante non abbia presentato legittimi motivi. Quanto all'opportunità di divulgare dati completi relativi al prezzo unitario e alla redditività, si ritiene che, considerando le informazioni pubblicamente disponibili, questa divulgazione potrebbe svelare indirettamente l'identità del denunziante. All'interno del gruppo di società inserite nel campione tale divulgazione potrebbe inoltre ripercuotersi sugli interessi commerciali delle altre società facenti parte del campione, che sono anche concorrenti sul mercato.

    (331)

    Sulla scorta di quanto precede, le osservazioni pervenute non sono tali da modificare la conclusione di accordare un trattamento riservato all'identità dei produttori dell'Unione che hanno sostenuto la richiesta.

    1.2.   Definizione dell'industria dell'Unione e sua rappresentatività

    (332)

    Varie parti interessate hanno sostenuto che la Commissione aveva applicato in maniera scorretta la definizione di industria dell'Unione e di produzione dell'Unione.

    (333)

    Secondo due parti, la valutazione del pregiudizio deve basarsi sulle informazioni relative al denunziante e alle società che hanno sostenuto la denuncia e non sulla produzione totale dell'Unione: i macroindicatori utilizzati non sarebbero pertanto rappresentativi.

    (334)

    È stato inoltre affermato che la Commissione non aveva escluso dal campione una società che aveva cessato la sua attività di produzione nell'Unione durante il PIR. Secondo alcune parti l'inclusione di questa società aveva falsato i microindicatori come pure l'analisi della sottoquotazione e delle vendite sottocosto. Un'altra parte interessata, che non ha contestato l'inserimento di tale società nel campione, ha invece sostenuto che nell'analisi del pregiudizio si doveva tenere conto di tutti i dati relativi a questa società e non solamente di quelli relativi alla sua attività nell'Unione.

    (335)

    Le stesse parti interessate hanno affermato che la Commissione non aveva escluso dalla definizione di industria dell'Unione le società che importavano da paesi terzi fino al 25 % della produzione totale. Secondo tali parti interessate si tratterebbe di un cambiamento di metodologia rispetto al considerando 231 del regolamento che istituisce misure provvisorie nel quadro dell'inchiesta iniziale, in cui si stabiliva che tutte le società che avevano delocalizzato la loro produzione erano escluse. Hanno inoltre affermato che, in linea generale, in base alla pratica della Commissione nell'applicazione dell'articolo 4, paragrafo 1, del regolamento di base, le società che importano il 25 % circa della produzione totale andrebbero escluse. In tale contesto una parte ha inoltre affermato che la Commissione aveva erroneamente concluso che nessuno dei membri della CEC aveva esternalizzato la produzione benché nel corso dell'inchiesta fossero stati presentati elementi attestanti il contrario.

    (336)

    Varie parti interessate hanno inoltre sostenuto che il documento generale che comunica le informazioni presenta delle incoerenze dal momento che il considerando 3 indica che la denuncia era sostenuta dal 35 % delle parti, mentre il considerando 193 cita solo il 25 %.

    (337)

    Come visto sopra nei considerando da 193 a 200, l'industria dell'Unione è stata definita conformemente alle disposizioni dell'articolo 4, paragrafo 1, del regolamento di base. La valutazione della situazione della produzione complessiva dell'Unione è in linea con le disposizioni del regolamento di base. L'argomentazione secondo cui la valutazione del pregiudizio si è basata su una definizione scorretta dell'industria dell'Unione va pertanto respinta.

    (338)

    Per quanto riguarda l'omissione di escludere una delle società inserite nel campione, si ricorda che nei considerando 23 e 196 figurano le ragioni per le quali tale società deve rimanere nel campione. La Commissione ha inoltre concluso che l'eventuale esclusione non avrebbe alcun effetto sulla rappresentatività del campione, sul pregiudizio o sulla sottoquotazione a causa del peso minimo di questa società all'interno del campione. Che la società in questione venga formalmente esclusa o meno non ha pertanto alcuna conseguenza pratica sui risultati dell'analisi.

    (339)

    Come indicato nel considerando 195, per il calcolo della produzione dell'Unione sono state considerate solamente le società che rientrano nella definizione di cui all'articolo 4 (in particolare paragrafo 1). Basandosi sulle informazioni disponibili, non è stata presa in considerazione alcuna entità giuridica che ha delocalizzato la sua produzione e che pertanto va esclusa dalla definizione di produttore dell'Unione a norma dell'articolo 4, paragrafo 1. A questo proposito si ricorda che volumi limitati di importazioni non costituiscono, in quanto tali, una delocalizzazione. Se è vero che un numero ridotto di produttori all'origine della denuncia ha effettivamente importato, tali volumi sono stati assai limitati e comunque pari al massimo al 25 % della loro produzione complessiva. Sulla scorta di quanto precede, non è esatto affermare che la Commissione si sia scostata dalla prassi adottata nell'inchiesta iniziale o dalle disposizioni del regolamento di base.

    (340)

    Quanto alla presunta incoerenza tra le cifre citate nei considerando 3 e 193 per il sostegno alla denuncia, si osserva che il considerando 193 indica semplicemente che il sostegno ricevuto dalla denuncia supera il minimo legittimo del 25 %: non vi è quindi alcuna indicazione precisa dell'effettivo sostegno oltre tale soglia.

    1.3.   Periodo per la valutazione del pregiudizio

    (341)

    Varie parti interessate hanno affermato che il periodo considerato per la valutazione del pregiudizio non fosse coerente. In particolare, secondo queste parti interessate, l'utilizzo del periodo in esame per alcuni indicatori e il ricorso al PI iniziale e al 2005 per altri indicatori di pregiudizio porterebbero a risultati contraddittori. Altre parti interessate hanno affermato che la Commissione ha utilizzato dati relativi al 2005 e al PI iniziale senza renderli noti.

    (342)

    La valutazione dell'analisi del pregiudizio si è basata sui risultati relativi al periodo in esame, ovvero dal 2006 fino al PIR incluso. I riferimenti al PI iniziale e al 2005 sono serviti unicamente a integrare l'analisi, ma non hanno avuto alcun impatto decisivo sulle conclusioni. Alla luce di quanto esposto, l'affermazione secondo cui il periodo per la valutazione del pregiudizio comporti incoerenze nell'analisi viene respinta.

    1.4.   Rappresentatività del campione di produttori dell'Unione

    (343)

    Varie parti interessate hanno sostenuto che il campione di produttori dell'Unione non fosse rappresentativo in termini di tipologie di prodotti, dimensioni e distribuzione geografica.

    (344)

    A questo riguardo hanno affermato che la Commissione non aveva fornito spiegazioni sufficienti sulla distribuzione geografica del campione e che quest'ultimo, in ogni caso, non era rappresentativo in quanto le calzature sono prodotte in almeno sette Stati membri di cui solo quattro erano stati inseriti nel campione. Hanno inoltre affermato che uno Stato membro in particolare fosse sovrarappresentato. Una parte interessata ha inoltre chiesto che la Commissione fornisse informazioni sul livello di contratti in conto lavorazione cui l'industria dell'Unione fa ricorso.

    (345)

    Una parte ha inoltre affermato che le calzature da donna erano sovrarappresentate nel campione, mentre un'altra parte ha ricordato che la redditività del campione non era rappresentativa se confrontata con il dato che si ottiene a partire dalla denuncia.

    (346)

    Nel considerando 28 figurano precisazioni sulla distribuzione geografica del campione e sulla sua rappresentatività rispetto alla distribuzione complessiva nell'Unione. A questo proposito si ricorda che il campione riflette in gran parte la distribuzione geografica dell'intera popolazione e che non è necessario disporre di una distribuzione geografica esattamente identica. Dall'inchiesta è inoltre emerso che il 60 % circa della produzione del campione si basava su subappalti o contratti in conto lavorazione.

    (347)

    Inoltre, poiché subappalti e contratti in conto lavorazione sono presenti anche tra società di diversi Stati membri, si è fatto in modo di garantire che la produzione fosse attribuita allo Stato membro della società commissionante.

    (348)

    Sulla scorta di quanto precede, un certo grado di variazione dovuto al peso di uno Stato membro non compromette la rappresentatività del campione. Analogamente, tenuto conto dei subappalti e del fatto che i due terzi della produzione si concentrano in tre Stati membri, non è necessario includere rappresentanti dei sette paesi produttori.

    (349)

    Come affermato nel considerando 29, i produttori dell'Unione inseriti nel campione comprendevano una varietà di assortimenti di prodotti che rispecchiava in larga misura la popolazione complessiva. Lo stesso vale per la divisione in base al sesso e, pur in presenza di variazioni in tutte le categorie, le calzature da uomo, da donna e da bambino sono vendute in quantità significative dalle società inserite nel campione come pure dalla popolazione complessiva. Per quanto riguarda il livello di profitto, il fatto che vi sia uno scarto tra il campione e le società all'origine della domanda non compromette la rappresentatività del campione. Va comunque osservato che la redditività del campione si situa sugli stessi livelli di quella stabilita con l'analisi di tutte le informazioni contenute nella denuncia.

    1.5.   Livello del dazio nell'inchiesta iniziale

    (350)

    Alcune parti hanno sostenuto che la Cina era stata discriminata rispetto al Vietnam già dall'inchiesta iniziale dal momento che sulle importazioni cinesi era stato applicato un dazio più elevato pur essendo il margine di dumping stabilito per la Cina inferiore a quello del Vietnam. Esse hanno inoltre affermato che la Cina era stata discriminata per il metodo utilizzato nell'adeguare il margine di pregiudizio nell'inchiesta iniziale.

    (351)

    In primo luogo, secondo la legislazione dell'Unione i dazi vengono stabiliti in base al principio del dazio inferiore, il che significa che il dazio può essere fissato dal margine di pregiudizio invece che dal margine di dumping. In secondo luogo, nell'inchiesta iniziale, al fine di imporre la misura più ridotta possibile nei confronti del dumping pregiudizievole, è stato necessario prendere in considerazione volumi e valori non pregiudizievoli, che sono stati calcolati per arrivare alla misura più ridotta possibile per rimediare al pregiudizio causato sia dalla Cina che dal Vietnam, arrivando così ai dazi istituiti. A tale riguardo si ricorda che il riesame in previsione della scadenza ha lo scopo di stabilire se, sulla base dei dati disponibili, sia giustificato mantenere per un ulteriore periodo le misure nella loro forma attuale. Dal momento che non è possibile modificare il livello delle misure nell'ambito del presente riesame, le argomentazioni presentate in tal senso non possono essere prese in considerazione.

    2.   OSSERVAZIONI RICEVUTE IN RELAZIONE ALL'ANALISI DEL PREGIUDIZIO

    2.1.   Cumulo delle importazioni cinesi e vietnamite

    (352)

    Una parte interessata ha affermato che le condizioni per il cumulo non erano soddisfatte in quanto la tendenza relativa al Vietnam era assai diversa da quella della Cina. Ha inoltre sostenuto che le importazioni dal Vietnam non potevano più essere considerate causa di pregiudizio in quanto i volumi nel PIR erano inferiori a quelli non pregiudizievoli stabiliti nel corso dell'inchiesta iniziale.

    (353)

    Si ricorda che nel considerando 216 e in quelli successivi figura un'analisi approfondita da cui risulta che le condizioni per il cumulo erano soddisfatte. Alla luce di quanto precede l'argomentazione sul volume non pregiudizievole non è pertinente.

    2.2.   Effetti dell'esternalizzazione

    (354)

    Una parte interessata ha dichiarato che dal documento contenente le informazioni risulta che l'industria dell'Unione continua a delocalizzare. Secondo tale parte, questo dimostra che i dazi in vigore non hanno consentito di bloccare il processo di delocalizzazione.

    (355)

    Si ricorda, a questo proposito, che i dazi non hanno lo scopo di bloccare o promuovere il processo di delocalizzazione, bensì quello di correggere le distorsioni degli scambi commerciali causate da importazioni oggetto di dumping. Va osservato altresì che diverse società hanno delocalizzato in altri Stati membri o in paesi terzi che non sono interessati dalle misure. Sulla scorta di quanto precede, tale argomentazione non può essere accolta.

    2.3.   Impatto dei macroindicatori

    (356)

    Secondo una parte interessata le risposte delle associazioni nazionali sarebbero insufficienti come fonte di indicatori di pregiudizio dal momento che, da alcune di queste risposte, è stato possibile ricavare solo informazioni relative ad alcuni indicatori di pregiudizio. È stato contestato anche il fatto che fossero state ottenute solo nove risposte.

    (357)

    Varie parti interessate hanno contestato i macroindicatori in quanto questi erano basati sulla produzione dell'Unione complessiva invece che su informazioni provenienti dagli autori e dai sostenitori della denuncia. I motivi che giustificano la fissazione dei macroindicatori sono già stati chiariti nel precedente considerando 337 e non vanno quindi ulteriormente valutati. Una parte interessata ha affermato che in ogni caso i macroindicatori non erano affidabili: il fatto che dall'inchiesta iniziale fosse stato registrato un incremento dell'occupazione del 359 % è stato portato come esempio dell'inattendibilità delle cifre presentate. A sostegno di tale tesi si è aggiunta l'osservazione che in varie occasioni i macroindicatori erano diversi da quelli del campione.

    (358)

    Varie parti interessate hanno affermato che le tendenze relative al consumo presentano delle incoerenze in quanto una parte del documento citava un calo del 7 % mentre un'altra indica un calo del 14 %. Analogamente, i dati relativi alla capacità di produzione e quelli relativi all'occupazione, mostrando tendenze diverse, vengono giudicati contraddittori benché il documento concluda che le due categorie di dati sono collegate.

    (359)

    Per quanto riguarda le fonti e come chiarito nei precedenti considerando 225 e 226, la Commissione ha chiesto e ricevuto dalle associazioni nazionali le informazioni che sono ragionevolmente a loro disposizione. Il fatto che queste non riguardino tutti gli indicatori di pregiudizio non costituisce in alcun modo un'anomalia, ma testimonia piuttosto che tali associazioni non hanno accesso ai dati relativi ad alcuni indicatori specifici. È per questo motivo che le autorità inquirenti chiedono tali dati a un campione rappresentativo di società. Le nove risposte pervenute dalle associazioni nazionali corrispondono a una larga maggioranza della produzione (più dell'80 % della produzione totale dell'Unione) e sono state ulteriormente integrate grazie alle informazioni statistiche disponibili e ad altri dati forniti dalle parti interessate.

    (360)

    Per quanto riguarda il livello di occupazione, si ricorda che nell'inchiesta iniziale la cifra di 57 000 lavoratori era basata su dati forniti dagli autori della denuncia. L'attuale dato relativo all'occupazione, ovvero 262 000 addetti, è un macroindicatore e si riferisce all'industria dell'Unione quale definita sopra. Per quanto riguarda le differenze fra gli indicatori del campione e quelli del complesso dell'industria dell'Unione, si ricorda che tali indicatori non devono necessariamente essere in perfetto accordo per essere rappresentativi. Il fatto che abbiano seguito le stesse tendenze conferma ulteriormente la loro rappresentatività. Quanto alla presunta incoerenza a livello di consumi, il calo del 7 % si riferiva al periodo 2006 — PIR, mentre il calo del 14 % al periodo 2005 — PIR.

    (361)

    Considerato quanto precede, le osservazioni relative alla composizione e all'analisi dei macroindicatori sono respinte.

    2.4.   Impatto dei microindicatori

    (362)

    Una parte interessata ha sottolineato che il profitto del 3 % raggiunto dall'industria dell'Unione va considerato un buon risultato, soprattutto quando il mercato si contrae. Anche il fatto che l'industria dell'Unione sia riuscita ad aumentare i prezzi del 30 % nel periodo considerato non è una conferma dell'affermazione secondo cui l'industria dell'Unione sta subendo pressioni sui prezzi ad opera delle esportazioni cinesi e vietnamiti.

    (363)

    Come accertato dall'inchiesta iniziale, il livello di profitto previsto senza dumping pregiudizievole è del 6 %, ben superiore a quello del 3 % circa raggiunto dall'industria dell'Unione, che non basta né a garantire la redditività a medio termine né a finanziare l'attuale processo di ristrutturazione. Anche questo va comparato all'ottimo livello di profitto degli importatori. Riguardo ai prezzi di vendita dell'industria dell'Unione, il loro aumento non ha impedito la concorrenza diretta tra i prodotti e ciò ha influenzato la sottoquotazione (undercutting) e le vendite sottocosto (underselling). Il basso margine di profitto prova la pressione dei prezzi, in quanto l'industria dell'Unione non può applicare margini più elevati.

    (364)

    Considerato quanto precede, gli argomenti invocati nell'analisi dei microindicatori devono essere respinti.

    2.5.   Analisi dell'undercutting

    (365)

    Varie parti interessate sono preoccupate per l'analisi dell'undercutting effettuata dalla Commissione. In proposito è stato sostenuto che la Commissione avesse artificialmente aumentato la corrispondenza tra i numeri di controllo del prodotto (NCP) riclassificando nel gruppo A alcuni tipi di scarpe del gruppo E.

    (366)

    Varie parti interessate ritengono che la Commissione non abbia comunicato perché il livello di adeguamento per R&S stabilito nell'inchiesta iniziale sia ora diminuito. E si ritiene anche che la Commissione non abbia comunicato fino a che punto siano stati fatti adeguamenti per vendite a imprese commerciali non correlate.

    (367)

    L'affermazione secondo cui è stata ottenuta una corrispondenza artificiale attraverso una riclassificazione degli NCP è scorretta. Come spiegato al considerando 57 e segg. non è avvenuta alcuna riclassificazione ma l'eventuale correzione di una dichiarazione di scarpe nella categoria sbagliata.

    (368)

    Riguardo all'affermazione secondo cui la modifica dell'adeguamento di R&S sarebbe immotivata, si noti che l'adeguamento è avvenuto con lo stesso metodo dell'inchiesta iniziale, cioè in base a informazioni verificate fornite dalle parti che hanno collaborato e che si riferiscono al PIR. Il prezzo CIF degli esportatori è stato stabilito in base ai dati forniti dalle imprese stesse e dopo eventuali correzioni.

    (369)

    Di conseguenza, l'affermazione secondo cui l'analisi dell'undercutting sarebbe carente va respinta.

    2.6.   Conclusioni sul persistere del pregiudizio

    (370)

    Varie parti interessate hanno sostenuto che gli indicatori globali del pregiudizio erano tutti positivi e che la Commissione aveva fondato la conclusione sul persistere del pregiudizio solo sulla redditività. Poiché inoltre durante il PIR è stata rilevata la redditività più elevata dal 2001, anche questo indicatore va interpretato nel senso che l'industria dell'Unione non subisce più il pregiudizio. Varie parti interessate hanno inoltre additato e citato esempi specifici di imprese che confermerebbero l'affermazione secondo cui l'industria dell'Unione non avrebbe subito pregiudizio.

    (371)

    Un'altra parte interessata ritiene che la Commissione, nel valutare produzione, vendite e quadro generale del pregiudizio, non abbia tenuto conto delle conseguenze dei mutamenti del modello commerciale. In modo simile, un'altra parte ha sostenuto che non si è tenuto conto abbastanza degli effetti della delocalizzazione e che il profitto medio del campione sarebbe stato molto più alto se fossero state considerate le attività delocalizzate.

    (372)

    In proposito, va detto che l'analisi degli indicatori del pregiudizio è di per sé globale e che non tutti gli indicatori devono evidenziare un deterioramento per poter accertare il pregiudizio. Si noti poi che, nel periodo analizzato, erano in vigore delle misure e che era perciò logico attendersi una certa diminuzione del pregiudizio. Ciononostante, come assodato ai considerando 257 e segg., consumo, produzione, vendite e utilizzo degli impianti si sono deteriorati durante il periodo, undecutting e vendite sottocosto permangono a livelli elevati e la redditività ristagna su livelli molto bassi, assai inferiori a quelli del normale profitto che ci si può atendere in assenza di dumping pregiudizievole. Nell'insieme, il quadro evidenzia, grazie alle misure, un'attenuazione del pregiudizio ma in nessun caso la sua scomparsa.

    (373)

    In un'industria con oltre 18 000 imprese, è naturale che le prestazioni delle singole imprese possano non essere omogenee; ciò non significa tuttavia che il pregiudizio non esista per l'industria nel suo complesso. Si ricordi che l'analisi dei macroindicatori per l'intera industria e dei microindicatori per un campione rappresentativo di produttori (entrambi ai sensi dell'articolo 4.1 del regolamento di base), ha dimostrato che il pregiudizio è continuato.

    (374)

    Riguardo all'impatto del mutamento del modello commerciale, il profitto medio calcolato si riferisce ai produttori dell'Unione compresi nel campione. L'analisi investe tutti i cambiamenti (modello commerciale, stadio commerciale). Ai sensi delle norme vigenti, l'attività di un operatore come importatore non può essere attribuita alla sua situazione come produttore.

    (375)

    Da quanto precede, le conclusioni sul pregiudizio stabilite nei considerando da 257 a 260 restano invariate.

    3.   COMMENTI RICEVUTI SUL NESSO DI CAUSALITÀ TRA IL PREGIUDIZIO SUBITO DALL'INDUSTRIA DELL'UNIONE E LE IMPORTAZIONI OGGETTO DI DUMPING

    (376)

    Varie parti interessate ritengono che la Commissione non abbia considerato tutti gli effetti di altre cause sulla sostenibilità finanziaria dei produttori dell'Unione. In generale si rimprovera alla Commissione di affrontare gli effetti dovuti ad altre cause in modo isolato l'uno dall'altro. Si sostiene insomma che, valutando ogni questione isolatamente, si attribuiscono alle importazioni in dumping tutti gli effetti, tranne quelli valutati in quel momento.

    (377)

    Varie parti interessate hanno sostenuto che la Commissione avesse sottovalutato l'impatto delle importazioni provenienti da paesi terzi. Secondo queste parti, il prezzo medio ponderato delle importazioni provenienti da paesi terzi è stato di solo 0,39 EUR più elevato di quelle provenienti dalla RPC e dal Vietnam e avrebbe perciò un impatto significativo sull'industria dell'Unione. Esse sostengono anche che se la comparazione si fosse fondata sui valori allo sbarco, invece che sui valori CIF, i prezzi delle importazioni provenienti in particolare dall'India e dall'Indonesia sarebbero più bassi di quelle dei paesi in esame.

    (378)

    Varie parti lamentano che la Commissione non abbia motivato la conclusione secondo cui il prodotto in esame e il prodotto simile fabbricato nell'Unione, sono in competizione. Secondo questa tesi, la conclusione sarebbe contraddittoria dato che, stando a numerose sezioni del documento che comunica le informazioni, l'industria dell'Unione si concentra soprattutto nel segmento medio-alto. Tale dato non si concilierebbe con la conclusione secondo cui l'industria dell'Unione sarebbe in competizione con prodotti cinesi e vietnamiti di qualità inferiore. Una parte interessata ritiene che la Commissione non abbia definito i prodotti da considerare come appartenenti alla fascia bassa, media o alta e non abbia provato l'effettiva concentrazione dell'industria dell'Unione nella fascia alta del mercato.

    (379)

    Una parte interessata ritiene che la Commissione non abbia considerato gli effetti della crisi e di nuovi atteggiamenti di consumo sull'industria dell'Unione. In particolare è stato argomentato che la Commissione avesse erroneamente concluso che i prezzi all'importazione sarebbero diminuiti in conseguenza della crisi, mentre in realtà nei 6 mesi successivi al PIR si è assistito a una diminuzione dei volumi e a un aumento dei prezzi.

    (380)

    Secondo una parte interessata, la Commissione non ha dimostrato in misura sufficiente come le carenze strutturali non siano la ragione dei problemi di questa industria. Essa sostiene che va respinto l'argomento secondo cui il pregiudizio esisteva anche per le imprese che avevano cambiato modello commerciale perché un cambiamento del modello commerciale in sé non indica necessariamente l'assenza di problemi strutturali effettivi.

    (381)

    Oltre alle altre cause summenzionate, per una parte interessata la Commissione non ha considerato, nell'analisi complessiva delle altre cause, l'effetto della ridefinizione del modello commerciale sul profitto dei produttori dell'Unione, né della delocalizzazione e della mancanza di lavoratori specializzati sull'industria dell'Unione.

    (382)

    In proposito, si noti che un'analisi più accurata ed esauriente di una serie di altri fattori è stata effettuata nel contesto del riesame. Si noti anche, come concluso nel considerando 285), che tali fattori sono stati analizzati individualmente e nel loro insieme e che dunque non è possibile sostenere l'affermazione secondo cui la Commissione ha avuto un approccio isolazionista.

    (383)

    Riguardo all'impatto delle importazioni provenienti da paesi terzi, l'inchiesta ha rilevato considerevoli differenze tra i prezzi all'importazione dei paesi in esame e quelli di altri paesi terzi, la maggior parte dei quali ha prezzi medi molto più elevati di quelli cinesi e vietnamiti. Si noti (considerando 277) che quelle differenze compaiono anche per l'India e, se comparata alla RPC, anche per l'Indonesia. Inoltre, anche lasciando da parte la differenza tra i prezzi all'importazione, le quote di mercato di India e Indonesia sono solo dell'8 % e del 5 % rispettivamente, contro il 29 % di RPC e Vietnam. In termini di volume, l'impatto delle importazioni non rompe dunque il nesso causale.

    (384)

    Il considerando 265 analizza in modo esauriente la concorrenza tra le scarpe importate dai paesi in esame e quelle prodotte nell'Unione. Basterà aggiungere che dai risultati riguardanti le imprese del campione che avevano cambiato modello commerciale emerge chiaramente che questa parte dell'industria si è concentrata su una fascia di mercato più alta. È stata anche rilevata una presenza significativa di importazioni in dumping nella fascia medio-alta. L'archivio non riservato conserva le caratteristiche di tipi di prodotto fabbricati nell'Unione e di tipi importati. Come già stabilito dall'inchiesta precedente, la fascia «medio-alta» si compone essenzialmente di prodotti di marca il cui prezzo al dettaglio è più elevato. La fascia «bassa» è composta da prodotti non di marca e di prezzo inferiore. Dato quanto precede, l'affermazione secondo cui l'analisi della competizione tra i prodotti mancasse di basi reali non è sostenibile.

    (385)

    Come dimostrano i considerando 278 e segg., l'impatto del cambiamento nelle tendenze di consumo è stata analizzata esaurientemente. Riguardo all'impatto della crisi economica, l'inchiesta ha evitato con cura di attribuire gli effetti della recessione alle importazioni oggetto di dumping. In proposito, va sottolineato innanzitutto che il PIR su cui si fonda l'analisi del pregiudizio copre un periodo precedente la crisi. Gli effetti della recessione dunque non sono stati considerati nell'analisi del PIR. Poiché numerose parti interessate ritengono che all'origine dei problemi dell'industria dell'Unione ci sia la crisi economica e non le importazioni in dumping, è stata effettuata un'analisi supplementare che valuta soprattutto eventi successivi al PIR. Un aumento dei prezzi all'importazione nei 6 mesi successivi al PIR non sarebbe in contraddizione con le conclusioni del considerando 302 secondo cui la recessione potrebbe amplificare l'effetto dumping. L'attesa pressione sui prezzi avverrebbe a tutti i livelli, anche su quelli al dettaglio. In considerazione di quanto precede, si deve respingere l'affermazione secondo cui non si è tenuto conto del calo dei consumi e della recessione economica.

    (386)

    Nel documento che comunica le informazioni si trova un'analisi approfondita della situazione dell'industria dell'Unione riguardo al mutamento di modello commerciale e all'efficienza. Va aggiunto, in proposito, che l'effetto del mutamento di modello commerciale si può vedere chiaramente nella tendenza al miglioramento segnalata dagli indicatori del pregiudizio di questo gruppo di imprese. Il miglioramento nella relazione tra costi e prezzi dimostra che questo nuovo modello commerciale funziona ed è stato fondato sull'efficienza. L'affermazione secondo cui il mutamento di modello commerciale non prova l'efficienza dell'industria dell'Unione va pertanto respinta.

    (387)

    Si noti infine che, contrariamente a quanto sostenuto, l'effetto del mutamento di modello commerciale sulla redditività, sulle vendite e sulla produzione è stato analizzato ed è stato considerato esaminando l'affermazione secondo cui l'industria dell'Unione soffrirebbe di problemi strutturali. Analogamente, come spiegato nel considerando 23, l'analisi ha tenuto conto anche del modello commerciale della delocalizzazione. Nell'ambito della sezione dedicata all'interesse dell'Unione, è stata comunque valutata anche la situazione degli importatori e dei venditori al dettaglio e sono stati accuratamente analizzati tutti i dati forniti dall'unico produttore escluso dalla definizione di industria dell'Unione che ha collaborato all'inchiesta. Riguardo all'affermazione infondata, secondo cui la causa dei problemi dell'industria dell'Unione sarebbe la mancanza di lavoratori specializzati, si tratta di un argomento già affrontato nel considerando 244 e non richiede ulteriori precisazioni. Considerato quanto precede, l'affermazione secondo cui la Commissione non ha tenuto conto di altri fattori deve essere respinta.

    K.   INTERESSE DELL'UNIONE

    1.   INTRODUZIONE

    (388)

    Ai sensi dell'articolo 21 del regolamento di base, la Commissione ha esaminato se una proroga delle misure antidumping attualmente in vigore sarebbe contraria all'interesse generale dell'Unione. La determinazione dell'interesse dell'Unione si è basata su una valutazione dei diversi interessi coinvolti, vale a dire l'industria dell'Unione, altri produttori dell'Unione, gli importatori, i dettaglianti/distributori e i consumatori.

    (389)

    Per valutare il probabile impatto del mantenimento o dell'abrogazione delle misure, la Commissione ha chiesto informazioni a tutte le parti interessate. Pur non essendo strettamente necessario dal punto di vista giuridico, ma in considerazione della complessità del caso, si è ritenuto opportuno raccogliere, per quanto possibile, informazioni supplementari da un numero più esteso di parti rispetto a quanto si è soliti fare nella prassi dell'Unione. Ciò ha permesso alle autorità inquirenti di effettuare un controllo incrociato sulla validità dei risultati. Per quanto concerne l'industria dell'Unione, nel corso del riesame in previsione della scadenza non è stato chiesto solo alle società inserite nel campione di fornire dati specifici, ma anche ad altri produttori dell'Unione. Complessivamente si sono riunite le osservazioni di 14 produttori dell'Unione e le informazioni fornite da nove associazioni dell'industria calzaturiera. Sono stati inviati questionari di campionamento a 139 imprese conosciute come importatrici del prodotto in esame o elencate nella richiesta come tali. Molte altre hanno ricevuto tale questionario su propria richiesta. Ventuno importatori hanno compilato il questionario di campionamento e hanno dichiarato di voler essere compresi nel campione. Ai fini dell'analisi in oggetto sono anche stati inviati questionari specifici ad associazioni di importatori, oltre che a grossisti, distributori e dettaglianti e alle loro associazioni. Sono pervenute otto risposte. Infine anche le associazioni di consumatori sono state contattate in merito a domande specifiche; tre di esse hanno risposto.

    (390)

    Il fatto che la presente inchiesta sia un riesame, il cui oggetto di indagine è quindi una situazione in cui sono già in vigore misure antidumping, permette di valutare qualsiasi indebito impatto negativo delle attuali misure antidumping sulle parti interessate. In base a quanto esposto, si è esaminato se, nonostante le conclusioni sulla probabilità del persistere del dumping e del pregiudizio, non esistano ragioni valide per stabilire che, in questo caso particolare, il mantenimento delle misure non sia nell'interesse dell'Unione.

    2.   INTERESSE DELL’INDUSTRIA DELL'UNIONE

    (391)

    Per quanto riguarda l'industria dell'Unione, come stabilito nelle sezioni G.2, G.3 e G.4, l'inchiesta ha mostrato che una parte significativa dei produttori dell'Unione ha potuto trarre benefici dall'imposizione delle misure. Si è posto fine alla fase di caduta libera rilevata nel corso dell'inchiesta iniziale, che aveva portato all'introduzione di misure antidumping definitive, e si sono arrestate le continue perdite di quote di mercato, redditività e occupazione. La stabilizzazione dell'industria dell'Unione è ritenuta un importante miglioramento in quanto dimostra che in un lasso di tempo relativamente breve un'ampia parte dei produttori comunitari ha saputo invertire la forte tendenza al ribasso registrata prima dell'imposizione delle misure. In realtà dal riesame è emerso che la produzione/fabbricazione di calzature con tomaie di cuoio è ancora significativa all'interno dell'Unione; durante il PIR essa ha prodotto circa 360 milioni paia di calzature e fornito occupazione a circa 260 000 persone. Si rammenta che la grande maggioranza di tali produttori sono società di piccole e medie dimensioni la cui attività è vitale per la prosperità di alcune regioni. Un'ampia parte di tali produttori ha sviluppato modelli commerciali che hanno aumentato la loro competitività mediante il passaggio a un segmento più elevato del mercato, il riorientamento verso prodotti a maggiore valore aggiunto, la creazione di marchi di fabbrica, la razionalizzazione dei canali di distribuzione, l'istituzione di reti di cooperazione nelle loro vicinanze o altrove, come descritto nei considerando 201 e seguenti. Riguardo alle società dell'industria dell'Unione, il cui numero è ancora rilevante se pur in diminuzione e la cui situazione ha continuato ad aggravarsi sotto ogni aspetto nonostante l'imposizione delle misure, tali società hanno comunque potuto trarre vantaggio dai provvedimenti in quanto questi ultimi hanno impedito un deterioramento ancor più rapido delle loro condizioni e il potenziale fallimento, fornendo loro tempo prezioso per potersi adattare al mercato in mutamento.

    (392)

    D'altro canto l'inchiesta ha mostrato che a due anni dall'introduzione delle misure, l'industria dell'Unione si trova complessivamente in una situazione ancora fragile ed è vulnerabile all'effetto delle importazioni oggetto di dumping che danno luogo a una sottoquotazione rispetto ai prezzi dell'industria dell'Unione, come concluso nei considerando 259 e seguenti.

    (393)

    In sintesi, l'industria ha beneficiato delle misure e ha dimostrato di essere capace di migliorare la propria situazione e la propria efficienza economico-finanziaria una volta che gli effetti pregiudizievoli del dumping sono stati mitigati dalle misure.

    (394)

    A questo proposito, numerose parti interessate hanno sostenuto che le misure non hanno avuto l'effetto auspicato di far riguadagnare ai produttori dell'Unione parte della produzione o delle quote di mercato, ma hanno avvantaggiato soprattutto i produttori di paesi terzi. Tale argomentazione è stata da esse ribadita dopo la comunicazione dei risultati definitivi. Si noti che, come illustrato nella tabella 10, la quota di mercato dell'industria dell'Unione è rimasta stabile mentre quella occupata dalle importazioni da altri paesi terzi si è ampliata notevolmente. Anche considerando i soli dati si evince di conseguenza che l'industria dell'Unione ha stabilizzato la propria posizione sul mercato dal momento dell'imposizione delle misure antidumping. Nello scenario in cui si è svolta l'inchiesta iniziale, caratterizzato da vendite e quote di mercato in costante diminuzione, una stabilizzazione corrispondente al 40 % circa della quota di mercato deve essere considerata un importante traguardo per l'industria dell'Unione. Si sottolinea inoltre che le misure antidumping non hanno lo scopo di creare occupazione nell'Unione o di riportare definitivamente la produzione all'interno di essa (o di porre fine alle importazioni), bensì puntano a ricreare un quadro di concorrenza equa tra i prodotti dell'Unione e le importazioni oggetto di dumping. Le misure antidumping sono introdotte al solo fine di ristabilire condizioni commerciali eque sul mercato dell'Unione e quindi di consentire ai produttori dell'Unione di risollevarsi aumentando le vendite e/o incrementando i prezzi a livelli sostenibili. Inoltre, come illustrato nella tabella 8, tali importazioni da paesi terzi erano caratterizzate da un prezzo medio di importazione significativamente più elevato o erano effettuate in volumi relativamente bassi cosicché il loro effetto sui produttori dell'Unione era meno pronunciato. In conclusione, i produttori dell'Unione hanno tratto beneficio dall'imposizione di misure dato che si è posto fine alla continua perdita delle loro quote di mercato ed essi hanno stabilizzato il volume di vendite e sono riusciti ad aumentare la propria redditività e i propri prezzi di vendita. Alla luce di queste considerazioni, l'argomentazione è stata respinta.

    (395)

    Qualora le misure fossero mantenute, è possibile che l'industria dell'Unione continui a beneficiare delle misure, conservando almeno la propria posizione relativa di mercato e potenziandola una volta superati gli effetti negativi del rallentamento economico. Durante tale fase le misure contribuirebbero probabilmente ad arginare gli effetti provocati dal considerevole numero di importazioni in dumping e a basso prezzo impedendo un altro aumento repentino e sostanziale delle importazioni, quale quello osservato prima dell'imposizione delle misure, in particolare nel 2005 dopo che i contingenti tariffari erano scaduti. Considerando che la concorrenza si è intensificata nei diversi segmenti di prodotto, ad es. a causa delle tendenze della moda che hanno portato all'utilizzo intercambiabile di vari tipi di prodotti, le misure contribuirebbero anche a proteggere i prodotti fabbricati nell'Unione dall'ingresso delle importazioni in dumping nel loro segmento di prodotti. L'inchiesta ha rivelato che anche alcuni produttori dei paesi interessati si sono orientati verso un segmento di mercato più elevato, fabbricando sempre più spesso calzature di fascia media o persino alta. Ciò consentirebbe all'industria dell'Unione di conservare la propria posizione relativa e quindi di mantenere un tasso d'occupazione elevato.

    (396)

    È anche possibile che con il miglioramento delle condizioni economiche e l'aumento dei consumi, si sia maggiormente disposti a spendere di più per le calzature, in particolare per calzature di qualità superiore, apportando in tal modo benefici ai produttori dell'Unione. In questo scenario, il mantenimento delle misure consentirebbe a un numero crescente di produttori dell'Unione di (continuare a) sviluppare ulteriormente i propri modelli commerciali, processi produttivi e canali di distribuzione, in tal modo potenziando gradualmente la propria situazione finanziaria, come è stato dimostrato durante il periodo dell'inchiesta di riesame.

    (397)

    Qualora le misure dovessero scadere, è possibile che la già aspra concorrenza, in particolare nel segmento medio-basso, si intensifichi notevolmente. Si prevede inoltre che l'aumentata concorrenza relativa ai prezzi del segmento medio-basso possa influenzare direttamente i prezzi di tutte le altre fasce di mercato. Questo sviluppo, a sua volta, molto probabilmente metterebbe in pericolo l'ampio gruppo di produttori dell'Unione che sono riusciti a ridefinire il proprio modello commerciale e a migliorare la propria situazione. Dato che la situazione finanziaria e la redditività di tali produttori non sono abbastanza solide da poter resistere a lungo alla pressione sui prezzi esercitata da un ampio numero di importazioni in dumping a prezzi che danno luogo a una sottoquotazione rilevante rispetto a quelli praticati dall'industria dell'Unione, tale andamento condurrebbe con ogni probabilità alla scomparsa di altri produttori e a una notevole perdita di occupazione diretta tra i produttori dell'Unione e tra i fornitori di beni e servizi di questo settore comunitario.

    3.   ANALISI SUPPLEMENTARE RELATIVA AGLI INTERESSI DEI PRODUTTORI DELL'UNIONE

    (398)

    Al fine di definire un quadro più completo degli interessi dei produttori dell'Unione e andando oltre l'analisi standard dell'impatto sull'industria dell'Unione nel suo complesso, si sono raccolte informazioni supplementari tramite associazioni nazionali dell'industria calzaturiera e società incluse nel campione durante l'inchiesta iniziale. Inoltre, un produttore disposto a collaborare escluso dall'industria dell'Unione ma la cui produzione nell'Unione è tuttora significativa ha presentato le proprie osservazioni.

    (399)

    Le informazioni supplementari raccolte dalle associazioni nazionali dell'industria calzaturiera hanno evidenziato un quadro eterogeneo, determinato principalmente dalla presenza di un'elevata produzione calzaturiera nello specifico Stato membro o da un notevole interesse verso le importazioni dello Stato stesso. Mentre cinque associazioni nazionali caratterizzate da un'elevata produzione di calzature si sono dichiarate a favore del mantenimento delle misure e hanno sottolineato i benefici delle stesse per i produttori di calzature nazionali, altre quattro associazioni rappresentanti paesi in cui la produzione di questi beni è stata largamente o interamente trasferita a paesi terzi o paesi caratterizzati da un'importante capacità produttiva ma anche da un numero considerevole di importazioni, hanno dichiarato che complessivamente il mantenimento delle misure sarebbe contrario agli interessi della Comunità. Il secondo gruppo di associazioni rappresentava soprattutto società che importavano o distribuivano/vendevano al dettaglio in misura considerevole. Per questo motivo il loro parere è stato anche esaminato nei successivi considerando che si occupano degli importatori e dettaglianti indipendenti. Nel complesso, il volume di produzione relativo a queste quattro associazioni era notevolmente inferiore a quello delle cinque associazioni che hanno sostenuto che le misure porterebbero vantaggi ai produttori.

    (400)

    Inoltre, sono stati contattati anche i produttori dell'Unione inseriti nel campione nel corso dell'inchiesta iniziale al fine di integrare il quadro e di esaminare alcune affermazioni in base alle quali l'industria dell'Unione sarebbe scomparsa e quindi non avrebbe tratto beneficio dall'imposizione delle misure. La raccolta di queste informazioni supplementari dai produttori dell'Unione precedentemente inseriti nel campione è stata anche giustificata dall'interesse dell'Unione dato che il settore calzaturiero nell'Unione è così frammentato ed eterogeneo che il campione relativo al pregiudizio è inevitabilmente di dimensioni ridotte.

    (401)

    Dall'esame della situazione dei produttori dell'Unione inclusi in precedenza nel campione è emerso che tutte le società disposte a collaborare inserite nel campione dell'inchiesta iniziale hanno mantenuto una parte significativa della loro produzione nell'Unione. Complessivamente si sono dichiarate favorevoli al mantenimento delle misure antidumping e ne hanno sottolineato gli effetti positivi per l'occupazione nell'Unione. Allo stesso tempo, la maggioranza di esse ha parzialmente delocalizzato parti della produzione di calzature in paesi al di fuori dell'Unione, compreso uno dei paesi interessati e nell'ambito della strategia commerciale ha ricercato soluzioni complementari per incrementare la propria competitività. Le società che conservano unicamente una produzione interna nel territorio dell'Unione sono specializzate in prodotti di qualità superiore destinati al segmento alto del mercato con tempi di consegna relativamente brevi. Le risposte dei produttori dell'Unione inseriti precedentemente nel campione hanno confermato che, come illustrato nella parte relativa al pregiudizio ai produttori dell'Unione inclusi nel campione, si sono sviluppati diversi modelli commerciali e che alcuni produttori dell'Unione si adattavano al mercato in mutamento tramite una serie di azioni che comprendono: il trasferimento di una parte della produzione a paesi terzi e/o all'interno dell'Unione, nuovi canali di vendita, investimenti nel miglioramento della qualità e nel potenziamento dell'immagine del marchio di fabbrica, ecc. Tali risposte confermavano inoltre il quadro generale delineato sopra per quanto riguarda i benefici del mantenimento delle misure e gli svantaggi della loro abrogazione per l'industria dell'Unione.

    (402)

    Infine, per completare lo scenario relativo agli interessi dei produttori nell'Unione, è stata esaminata anche la risposta del fabbricante escluso dalla definizione di industria dell'Unione. Quest'ultimo ha presentato una risposta consolidata su tutte le sue attività europee, unitamente a risposte specifiche da parte delle sue due sedi di produzione europee. Questo produttore si era opposto alla domanda di riesame in quanto era contrario al mantenimento delle misure antidumping in questione.

    (403)

    La società dispone di due impianti produttivi nell'Unione che effettuano operazioni di assemblaggio impiegando tomaie fabbricate in Asia. Ciononostante, i volumi di produzione di questi due stabilimenti sono notevolmente diminuiti tra il 2005 e il PIR. Mentre nel 2005 le calzature importate rappresentavano meno della metà del volume venduto da questa società, tale percentuale è cresciuta significativamente fino al PIR, durante il quale la maggioranza delle calzature vendute dalla società rappresentavano un acquisto diretto dall'Asia. Studi di mercato più recenti indicano che la società sta diminuendo ulteriormente le proprie attività produttive nell'Unione sostituendole con importazioni.

    (404)

    Sebbene la società avesse ridotto significativamente le proprie attività produttive all'interno dell'Unione, il relativo calo dell'occupazione complessiva sul territorio dell'Unione era stato di misure modeste. Risultava che dal 2005 la società aveva aumentato il proprio fatturato globale e migliorato sostanzialmente la propria redditività. Ciò aveva portato alla creazione di nuovi posti di lavoro all'interno dell'Unione in ambiti diversi dalla produzione (amministrazione, progettazione e sviluppo, marketing e vendite, ecc.). Dalle informazioni disponibili emerge che se da un lato i dazi antidumping avevano avuto un impatto negativo sui risultati finanziari della società, dall'altro i loro effetti non erano stati tanto significativi in quanto nel complesso la redditività era aumentata. L'esistenza delle misure antidumping non ha impedito alla società di continuare a trasferire la produzione verso paesi terzi, compresi i paesi interessati. D'altro canto, l'imposizione di tali provvedimenti non l'ha portata ad aumentare le proprie attività produttive nell'Unione. Le decisioni strategiche riguardanti tali attività sembrano dunque essere state adottate in base a considerazioni di costo di più ampio respiro.

    (405)

    Qualora le misure fossero mantenute, molto probabilmente la società subirà ancora gli effetti dei dazi antidumping dato che è prevedibile che continui a importare dai paesi interessati. Con ogni probabilità l'impatto negativo dei dazi continuerà ad essere modesto in quanto la società è in grado di diversificare le proprie fonti d'importazione, come ha fatto in passato. D'altra parte, qualora le misure fossero abrogate, essa trarrebbe benefici dalle importazioni dai paesi interessati e probabilmente incrementerebbe ulteriormente la propria redditività.

    (406)

    In conclusione, un'analisi più dettagliata di altri produttori dell'Unione conferma i risultati generali, ovvero che i produttori hanno sviluppato molti modelli commerciali diversi e che la maggior parte di essi sembra aver tratto benefici dall'imposizione delle misure antidumping dato che ha dichiarato di aver migliorato leggermente la propria situazione e di aver potenziato la propria competitività adattando, tra l'altro, strategie produttive e canali di vendita. Di conseguenza dalle informazioni disponibili sembra risultare che la maggioranza di questi produttori continuerebbe a trarre beneficio dal mantenimento delle misure per lo meno per quanto riguarda la loro decisione di conservare le proprie attività produttive nell'Unione. Questi produttori soffrirebbero nel caso in cui tali provvedimenti fossero abrogati in quanto le importazioni in dumping dai paesi interessati eserciterebbero una spinta al ribasso sui prezzi dei prodotti in tutti i segmenti occupati da questi stessi produttori.

    (407)

    Molto probabilmente le conseguenze negative avvertite da alcuni produttori che hanno trasferito la propria produzione nei paesi interessati non saranno sproporzionate neppure in futuro, come dimostrato in passato, considerando che le misure non hanno impedito a tali produttori di continuare l'esternalizzazione verso i paesi interessati. L'impatto dei dazi antidumping su questi produttori sarà determinato quindi principalmente dalle decisioni sugli approvvigionamenti delle società stesse. La gestione degli effetti dei dazi antidumping dipenderebbe quindi dalle società stesse.

    4.   INTERESSE DEGLI IMPORTATORI INDIPENDENTI

    4.1.   Considerazioni generali

    (408)

    L'inchiesta di riesame ha confermato che possono essere distinte due categorie principali di importatori. La prima è caratterizzata soprattutto da società che importano e rivendono le proprie calzature di marca di cui hanno trasferito la produzione in paesi terzi. Normalmente queste società sono caratterizzate da attività significative nell'Unione, come ad esempio progettazione, ricerca e sviluppo, fornitura delle materie prime, e talvolta dispongono persino di una catena di distribuzione propria. Ne consegue che questa categoria di importatori presenta importanti attività «a valore aggiunto» nell'Unione, all'interno della quale di solito impiega un numero relativamente elevato di persone. La seconda categoria è formata da importatori che sono unicamente commercianti che concentrano la propria attività più sui volumi che sul marchio di fabbrica; essi commercializzano principalmente calzature vendute con il marchio del distributore. In generale questi importatori presentano costi strutturali inferiori e un numero minore di attività a valore aggiunto all'interno dell'Unione.

    (409)

    Si è riscontrato che all'interno di queste due categorie principali esistono diversi modelli commerciali. Ad esempio nella prima si possono distinguere marchi di origine europea ma anche non europei, calzature eleganti e calzature casual, mentre nella seconda vi sono importatori che dispongono di punti vendita al dettaglio propri ma anche importatori che vendono esclusivamente a grossisti/distributori. Alcune società della seconda categoria commercializzeranno solo calzature con il marchio del distributore, ma altre avranno accordi di fornitura specifici con marchi affermati e/o accordi di licenza e/o joint venture.

    (410)

    Alla luce delle differenze tra gli importatori appena descritte e al fine di delineare un quadro il più completo possibile, la situazione degli importatori è stata esaminata da numerose angolature. Innanzitutto sono state analizzate le osservazioni ricevute dagli importatori e dalle loro associazioni. Si sono inoltre consultati e impiegati a questo proposito dati statistici e pubblicazioni pertinenti. Infine, per alcuni dati economici fondamentali, ci si è riferiti alle informazioni verificate relative al campione degli importatori.

    (411)

    Come menzionato in precedenza, per determinare alcuni dati economici fondamentali si è deciso di effettuare un campionamento degli importatori. Questa decisione è stata presa tenendo in considerazione il fatto che l'inchiesta iniziale aveva evidenziato un alto numero di importatori disposti a collaborare, molti dei quali avevano risposto al questionario. È stato considerato quindi opportuno applicare la tecnica di campionamento per il presente riesame in previsione della scadenza.

    (412)

    Come indicato nel considerando 37, dei 21 importatori dell'Unione che hanno espresso l'intenzione di collaborare con l'inchiesta, otto sono stati inseriti nel campione. Quest'ultimo era costituito dalle cinque maggiori società in termini di volumi e valore delle importazioni e delle rivendite nell'Unione e da qualche importatore minore, inserito al fine di ottenere uno spaccato più rappresentativo delle parti disposte a cooperare, le quali presentavano modelli commerciali, ubicazione geografica e segmenti di prodotti commercializzati diversi. Il numero delle società campionate era quello massimo che potesse essere ragionevolmente esaminato nel periodo di tempo a disposizione. Secondo le cifre disponibili in quella fase dell'inchiesta, gli importatori inseriti nel campione corrispondevano al 18 % delle importazioni dell'Unione relative al prodotto in esame durante il PIR. Una delle società selezionate per il campionamento, pur avendo manifestato in precedenza la propria volontà di essere compresa nel campione, non ha poi risposto al questionario e tutti gli sforzi volti a assicurare la cooperazione di questo piccolo importatore sono stati vani, di conseguenza ha dovuto infine essere escluso dal campione. Gli altri sette importatori inseriti nel campione hanno collaborato pienamente con l'inchiesta inviando le risposte del questionario entro i termini stabiliti.

    (413)

    Come indicato in precedenza, le informazioni verificate degli importatori inseriti nel campione su base aggregata hanno tra l'altro consentito di effettuare un'analisi approfondita di alcuni parametri economici fondamentali, obiettivo che, tenendo conto dell'elevato numero di operatori, poteva essere raggiunto unicamente mediante campionamento. L'esame della situazione degli importatori non si è tuttavia limitato ai dati forniti nel quadro dell'operazione di campionamento. Anche la stampa specializzata, gli studi di mercato e le informazioni richieste e ricevute dalle parti interessate sono stati presi in considerazione nell'esame dell'interesse dell'Unione. L'impiego di questo tipo di informazioni ha contribuito a garantire che tutti i principali modelli commerciali del settore fossero sufficientemente rappresentati nell'analisi.

    (414)

    Sulla base delle informazioni verificate relative agli importatori inseriti nel campione e di altre informazioni disponibili, si stima che le attività di importazione e di rivendita ai distributori/dettaglianti del prodotto in esame occupavano circa 23 000 addetti dell'Unione durante il PIR.

    4.2.   Il volume delle importazioni

    (415)

    Come già illustrato nella tabella 4, i dati di Eurostat mostrano che dal 2005 le importazioni del prodotto in esame sono diminuite significativamente, di circa 90 milioni di paia. Durante lo stesso periodo, le importazioni di calzature in cuoio da altri paesi sono aumentate di circa 43 milioni di paia, per arrivare a 201 milioni di paia. Ne risulta che, mentre nel 2005 il volume delle importazioni da RPC e Vietnam era di molto più elevato (+ 80 %) rispetto a quello di importazioni da tutti gli altri paesi, durante il PIR il livello delle importazioni da altri paesi ha superato quello di importazioni da RPC e Vietnam del 4 %. I dati di Eurostat evidenziano inoltre che dal 2005 le importazioni complessive del prodotto in questione sono diminuite dell'11 %.

    (416)

    Un grosso importatore che ha collaborato con l'inchiesta ma non ha partecipato all'operazione di campionamento ha registrato un'analoga evoluzione delle importazioni. Questa società ha comunicato che i propri acquisti del prodotto in esame sono scesi del 25 % dal 2005, mentre le importazioni di calzature in cuoio da altri paesi sono aumentate significativamente.

    (417)

    Per quanto riguarda gli importatori inseriti nel campione, l'andamento delle importazioni di calzature in cuoio è stato il seguente nel periodo dal 2005 al PIR:

    Tabella 19

    Volumi di importazioni degli importatori del campione (paia)

     

    2005

    2006

    2007

    PIR

    RPC e Vietnam

    29 761 231

    30 806 163

    26 616 891

    29 577 492

    valore indicizzato

    100

    104

    89

    99

    Altri paesi

    13 181 962

    16 077 607

    22 680 174

    28 096 596

    valore indicizzato

    100

    122

    172

    213

    (418)

    In linea con i dati statistici generali, gli importatori inseriti nel campione hanno aumentato significativamente i propri acquisti di calzature in cuoio da altri paesi. I volumi delle importazioni da RPC e Vietnam sono rimasti abbastanza stabili a partire dal 2005, con una certa diminuzione nel 2007, ma nel corso del PIR si sono risollevati fino a quasi gli stessi livelli del 2005. Ne consegue che, per quanto riguarda gli importatori inclusi nel campione, il volume complessivo delle calzature in cuoio commercializzate è aumentato di quasi un terzo dal 2005, registrando una tendenza stabile dai paesi interessati, nonostante le misure antidumping adottate, e un trend in aumento da paesi terzi. Tra i paesi terzi che hanno tratto vantaggi dai volumi di importazioni più elevati, India e Indonesia sono quelli che ne hanno beneficiato maggiormente.

    (419)

    La tendenza relativa agli acquisti dai paesi interessati evidenziata dal campione è stabile, andamento che non corrisponde con il trend osservato da Eurostat (calo significativo). Da un esame più specifico del campione si evince che la tendenza stabile delle importazioni dai paesi interessati deriva dal fatto che uno dei maggiori importatori inseriti nel campione — contrariamente al trend registrato non solo da Eurostat, ma anche relativo agli altri importatori inseriti nel campione — non solo ha incrementato notevolmente i propri acquisti da paesi terzi, ma, al fine di soddisfare la domanda, ha aumentato significativamente anche le proprie importazioni dai paesi interessati, capovolgendo in tal modo la generale tendenza al ribasso di queste importazioni all'interno del campione. Tenendo conto di questo fattore si conclude che all'interno del campione l'evoluzione delle importazioni del prodotto in questione è in linea con l'analisi quantitativa della banca dati di Eurostat, ovvero evidenzia una generale riduzione delle importazioni dai paesi interessati.

    4.3.   Prezzi di acquisto

    (420)

    Come illustrato nelle tabelle 5 e 8, i dati di Eurostat evidenziano che i prezzi medi di importazione delle calzature in cuoio sia dai paesi interessati sia da paesi terzi sono aumentati dal 2005 e che i prezzi all'importazione CIF delle calzature in cuoio da paesi terzi sono saliti persino in misura lievemente superiore ai medesimi prezzi di tali calzature dai paesi interessati. Tuttavia, considerando che l'assortimento di calzature importate ha un impatto significativo sui prezzi e che tale assortimento potrebbe essere mutato considerevolmente per tutti i paesi esportatori, i prezzi medi che possono essere calcolati dai volumi e dai valori riportati da Eurostat non sono necessariamente i più precisi per la definizione delle tendenze dei prezzi. A questo proposito, la tendenza dei prezzi relativa al campione di importatori può essere considerata più indicativa dato che la gamma di prodotti degli importatori è variata probabilmente in misura inferiore in quanto tali società sono tutte specializzate da molto tempo in alcuni tipi e stili di calzature.

    (421)

    Come illustrato nei considerando 412 e 408 e seguenti, gli importatori inseriti nel campione rappresentavano diversi modelli commerciali, il che ha portato, tra l'altro, a significative differenze nei prezzi medi dei singoli importatori. Inoltre, molti importatori hanno commercializzato molti milioni di paia di calzature all'anno, mentre altri si sono «limitati» a qualche centinaia di migliaia. In terzo luogo, per alcuni singoli importatori i volumi di scambi, e conseguentemente la loro ponderazione all'interno del campione, è oscillata pesantemente durante tutto il periodo considerato. Per questi motivi si è ritenuto che i risultati della media ponderata dovessero essere integrati da un'analisi della media aritmetica al fine di delineare un quadro completo delle tendenze in quest'ambito.

    (422)

    I prezzi medi all'importazione degli importatori inseriti nel campione nel periodo dal 2005 al PIR sono stati i seguenti:

    Tabella 20

    Prezzi medi delle importazioni degli importatori del campione (EUR)

     

    2005

    2006

    2007

    PIR

    RPC e Vietnam

    CIF: media ponderata

    11,10

    11,81

    10,24

    10,07

    valore indicizzato

    100

    106

    92

    91

    CIF: media aritmetica

    10,17

    11,42

    10,54

    10,42

    valore indicizzato

    100

    112

    104

    102

    Allo sbarco (10): media ponderata

    11,72

    13,43

    12,12

    11,88

    valore indicizzato

    100

    115

    103

    101

    Allo sbarco (10): media aritmetica

    10,74

    12,98

    12,48

    12,30

    valore indicizzato

    100

    121

    116

    115

    Altri paesi

    CIF: media ponderata

    13,11

    12,71

    10,85

    10,46

    valore indicizzato

    100

    97

    83

    80

    CIF: media aritmetica

    12,21

    12,56

    12,59

    11,53

    valore indicizzato

    100

    103

    103

    94

    (423)

    Un'analisi dei prezzi all'importazione CIF da RPC e Vietnam dal 2005 (ovvero l'anno immediatamente precedente all'applicazione delle misure antidumping) al PIR evidenzia un aumento del 2 % (media aritmetica) o una diminuzione del 9 % (media ponderata). Complessivamente, i dati esaminati indicherebbero prezzi all'importazione stabili o leggermente in calo al netto dei dazi all'importazione e antidumping. In entrambi i casi, i prezzi all'importazione al netto dei dazi sono aumentati notevolmente nel 2006 per poi diminuire in seguito.

    (424)

    Allo stesso tempo, i prezzi medi all'importazione CIF delle calzature in cuoio da altri paesi sono risultati in calo in entrambe le valutazioni (da – 20 % a – 6 %). Di conseguenza, il divario tra il prezzo medio all'importazione delle calzature in cuoio al netto dei dazi dai paesi interessati e quello da altri paesi è diminuito, approssimativamente da 2 EUR al paio a 1 EUR (in percentuale: dal 20 % circa al 10 % circa, medie aritmetiche) o da 2 EUR a 0,50 EUR (in percentuale: dal 20 % circa al 5 % circa, medie ponderate). I dazi antidumping sono aggiunti solo nel caso di RPC e Vietnam. I prezzi allo sbarco medi (ovvero i prezzi all'importazione comprensivi di spese e dazi di importazione e, se del caso, dei dazi antidumping) delle calzature in cuoio da RPC e Vietnam da un lato, e da altri paesi dall'altro, possono quindi essere considerati ora maggiormente comparabili. I prezzi delle calzature in cuoio in altri paesi stanno dunque diventando più convenienti rispetto ai prezzi delle calzature prodotte nei paesi interessati.

    4.4.   Prezzi di rivendita

    (425)

    Per quanto concerne i prezzi di rivendita praticati dall'importatore, si sono raccolte informazioni dettagliate tramite il campione degli importatori. I prezzi di rivendita praticati dagli importatori inclusi nel campione per il prodotto oggetto di riesame hanno conosciuto il seguente andamento:

    Tabella 21

    Prezzi di rivendita medi praticati dagli importatori del campione (EUR)

     

    2005

    2006

    2007

    PIR

    Media ponderata

    34,62

    36,97

    33,68

    32,28

    valore indicizzato

    100

    107

    97

    93

    Media aritmetica

    27,09

    29,72

    28,46

    29,24

    valore indicizzato

    100

    110

    105

    108

    (426)

    Dai dati sopra forniti risulta che i prezzi sono rimasti stabili o sono leggermente aumentati nel periodo dal 2005 al PIR. Nel 2006 i prezzi di rivendita sono aumentati del 7-10 %, un incremento analogo a quello dei prezzi di acquisto CIF nel 2006 (cfr. considerando 422). Dal 2006 al PIR i prezzi di rivendita sono diminuiti.

    (427)

    Dall'inchiesta non sono emerse né informazioni né prove che indicassero che i prezzi di rivendita di altri importatori avrebbero conosciuto un andamento diverso da quello descritto sopra.

    4.5.   Redditività

    (428)

    Per quanto concerne gli importatori inseriti nel campione, la redditività è stata calcolata in base al quadro appena descritto, relativo ai prezzi di importazione e rivendita, e all'andamento degli altri fattori di costo per gli importatori. In seguito alla comunicazione delle conclusioni alcuni importatori inseriti nel campione hanno messo in discussione i dati utilizzati relativi agli utili e hanno richiesto che fossero accettati dati riveduti. Alcune di queste richieste sono state accettate e alcuni errori materiali sono stati corretti. Il quadro riveduto relativo alla redditività è il seguente:

    Tabella 22

    Utile medio sul prodotto in esame ottenuto dagli importatori del campione

    (utile netto al lordo delle imposte/fatturato)

     

    2005

    2006

    2007

    PIR

    Media ponderata

    36,2 %

    18,1 %

    20,5 %

    20,4 %

    Media aritmetica

    29,6 %

    17,8 %

    20,7 %

    21,3 %

    Nota: esclusi gli utili relativi alle vendite degli importatori ai consumatori (vendite al dettaglio).

    (429)

    Le cifre sopra indicate sono state calcolate sulla base dei dati relativi agli utili del prodotto in esame forniti dagli importatori inseriti nel campione. In alcuni casi le cifre riportate hanno dovuto essere rivedute in seguito a verifiche in loco. Come indicato sopra, successivamente alla comunicazione delle conclusioni definitive quattro importatori inseriti nel campione hanno contestato l'analisi della loro redditività individuale ribadendo che era opportuno accettare i dati riveduti trasmessi dopo la verifica in loco. Per quanto riguarda uno degli importatori inclusi nel campione, va rilevato che la sua argomentazione relativa alle spese generali, amministrative e di vendita (SGAV) è stata in parte accolta effettuando la rettifica di un errore materiale che ha comportato un lieve calo della redditività del campione, comunicato alle parti interessate. È stata tuttavia respinta le sua argomentazione secondo cui andavano accettate le SGAV indicate inizialmente e che occorreva inoltre tenere conto di un numero considerevole di royalty il presunto pagamento delle quali era dovuto alla sua società collegata fuori dell'Unione. Quanto alle SGAV indicate inizialmente, durante la visita di verifica si è riscontrato che erano sovrastimate poiché la società non ha potuto giustificare gli importi indicati. È stata quindi apportata una rettifica basata sui documenti forniti durante la visita di verifica. L'importo relativo ai presunti costi delle royalty è stato invece evidenziato solo dopo la visita di verifica e la richiesta al riguardo non era adeguatamente suffragata. Anche il secondo importatore incluso nel campione ha ribadito la richiesta che venissero accettati i dati rivisti sulla redditività basati sugli utili indicati in un modulo che sarebbe stato trasmesso alle autorità degli Stati Uniti. A tale riguardo va sottolineato che la società aveva fornito una tabella della redditività relativa al prodotto in esame che è stata confermata durante la visita di verifica poiché ha potuto essere interamente confrontata con i documenti contabili verificati e con altri dati disponibili.

    Il documento inviato dopo la verifica indicava solo un utile globale per «l'Europa» relativo a tutti i prodotti e probabilmente anche alle operazioni effettuate al di fuori dei 27 Stati membri, ma in Europa nel senso geografico del termine (Svizzera, Balcani). Tale documento inoltre non ha potuto essere rapportato ai dati verificati in loco, pertanto l'argomentazione è stata respinta. Nella documentazione inviata dopo la comunicazione delle conclusioni la società ha fornito un maggior numero di dettagli a tale proposito, ma data la trasmissione tardiva e la mancanza di elementi di prova sufficienti, tali informazioni non hanno potuto essere prese in considerazione. La seconda argomentazione della società riguardava alcune voci di spesa di cui si sarebbe dovuto tenere conto, due delle quali non hanno potuto essere rapportate ai dati verificati in loco. Si è tuttavia accettato di prendere in considerazione una terza voce di spesa, accuratamente verificata durante la visita, che era stata omessa nella tabella. L'impatto sulla redditività complessiva è stato comunque limitato. Il terzo esportatore inizialmente ha trasmesso solo i dati relativi agli utili di una piccola parte delle sue operazioninell'Unione. I dati trasmessi non potevano essere considerati rappresentativi delle operazioni della società nell'Unione in generale, considerati i notevoli scarti esistenti tra le regioni a livello di spese e di entrate. I dati relativi agli utili sono pertanto stati integrati durante la verifica in loco con le cifre relative alle restanti operazioni nell'Unione basate su tutte le informazioni disponibili che hanno potuto essere verificate. La società ha contestato il risultato del calcolo e al termine della visita di verifica ha presentato una tabella rivista della redditività che differiva dal calcolo dalla Commissione solo in una voce, il costo di acquisto. Poiché il costo di acquisto proposto non ha potuto essere rapportato alle informazioni disponibili, contrariamente a quello calcolato dalla Commissione, la tabella rivista non è stata accettata. L'argomentazione è stata pertanto respinta e sono stati utilizzati i dati sulla redditività stabiliti durante la visita di verifica in loco. Dopo la comunicazione delle conclusioni il quarto esportatore ha contestato i propri dati sulla redditività trasmessi, verificati e accettati senza ulteriori adeguamenti durante la visita di verifica in loco, sostenendo che l'intera metodologia utilizzata non sarebbe accurata. Poiché la società non ha tuttavia proposto una metodologia diversa da applicare per definire l'utile del prodotto in esame, l'argomentazione è stata respinta in quanto non documentata.

    (430)

    Si rammenta che, durante l'inchiesta iniziale, dalle risposte al questionario da parte degli importatori disposti a collaborare, risultava un utile netto medio ponderato del 12 % per il periodo dal 1o aprile 2004 al 31 marzo 2005. Durante l'inchiesta di riesame, i dati verificati degli importatori inseriti nel campione hanno tuttavia rivelato che l'utile netto ponderato di tali importatori nel 2005 è stato superiore al 20 %. Nel 2006 si è verificato un significativo calo della redditività, pari a oltre 18 punti percentuali in base alla media ponderata e a quasi 12 punti percentuali in base alla media aritmetica. È emerso che vi era già stato accordo sulla maggior parte dei contratti di vendita prima dell'imposizione delle misure provvisorie nel marzo 2006 e in molti casi i prezzi di vendita concordati non consideravano la possibile imposizione di dazi antidumping. Di conseguenza, gli utili registrati dagli importatori inseriti nel campione sul prodotto in esame sono diminuiti nel 2006. Nel corso del 2007 e del PIR gli utili sono aumentati nuovamente, rimanendo tuttavia dagli 8 ai 16 punti percentuali al di sotto dei profitti conseguiti nel 2005.

    (431)

    Considerando che dopo il marzo 2006 la maggioranza degli importatori inseriti nel campione ha adattato i propri canali di approvvigionamento e la propria politica dei prezzi alle mutate circostanze, ovvero l'imposizione di dazi antidumping, è stata svolta un'analisi più specifica riguardante i fattori che hanno influenzato la redditività a partire dal 2007. Si possono effettuare le seguenti osservazioni: innanzitutto, mentre il calo degli utili nel 2006 poteva essere attribuito in ampia misura ai dazi antidumping, nel corso del 2007 e del PIR anche altri fattori relativi alle singole società hanno avuto un impatto negativo rilevante sugli utili del campione di importatori. Durante il 2007 e il PIR alcuni importatori inseriti nel campione hanno registrato un aumento significativo delle spese SGAV, incremento che ha comportato una forte riduzione dei loro margini lordi. Questo sviluppo ha influenzato il calcolo dell'utile per il campione nel suo complesso. Non è stato possibile individuare un motivo comune, ad es. costi di marketing più elevati a causa di eventi sportivi, alla base di tale aumento delle spese SGAV subito da tali importatori del campione.

    (432)

    Al contempo, si osserva che l'andamento del tasso di cambio USD/EUR ha aiutato gli importatori a mantenere bassi i costi d'acquisto, compreso il costo del prodotto in esame. Dalla fine del 2005 fino al termine del PIR, l'euro si è rivalutato di quasi il 30 % nei confronti del dollaro USA e, dato che i contratti tra importatori e fornitori sono solitamente stipulati in dollari USA e che operazioni di copertura solo limitate sono state riportate dagli importatori, questo «guadagno» ha attenuato l'effetto dei dazi antidumping e dell'aumento di altri costi. Sulla base delle informazioni fornite da uno degli importatori inseriti nel campione, il livello degli utili durante il PIR avrebbe potuto essere fino a 6 punti percentuali inferiore qualora i tassi di cambio fossero rimasti stabili.

    (433)

    Si è proceduto inoltre a un'analisi della redditività alternativa in cui si sono distinti gli utili conseguiti su calzature con il marchio del distributore da quelli ottenuti su calzature di marca. A tal fine, i dati verificati disponibili dagli importatori inseriti nel campione sono stati integrati con le informazioni ottenute da un altro grande importatore di calzature con il marchio del distributore che non ha preso parte all'operazione di campionamento, ma che ha collaborato all'inchiesta presentando il proprio parere. Da tali informazioni risulta che i livelli di utile degli importatori di calzature con il marchio del distributore erano in generale molto più bassi rispetto a quelli della maggior parte degli importatori di calzature di marca, sebbene rimanessero elevati con un valore dall'11 al 17 % durante il PIR. Queste cifre confermano i risultati dell'inchiesta iniziale in cui questa categoria di importatori ha dichiarato di ottenere un livello di utile medio pari al 17 %. D'altro canto, l'analisi approfondita ha anche evidenziato che per gli importatori di calzature di marca la redditività è migliorata dal periodo dell'inchiesta iniziale. Durante tale inchiesta, questi importatori avevano registrato in media una redditività del 10 % circa, mentre gli utili degli importatori di calzature di marca inclusi nel campione erano stati superiori al 20 % nel corso del PIR. Da ciò si evince che, in generale, la situazione economica del gruppo di importatori di calzature con il marchio del distributore era rimasta per lo più la stessa dall'inchiesta iniziale, mentre quella degli importatori di calzature di marca sembrava essere persino migliorata.

    (434)

    In ogni caso, i livelli di utile ottenuti dagli importatori inseriti nel campione erano relativamente elevati in qualsiasi scenario e non hanno mostrato alcuna tendenza al ribasso dopo il 2006. Si è altresì osservato che il livello complessivo degli utili registrati dagli importatori del campione, sempre superiore al 10 %, segnala un settore piuttosto stabile e sostenibile.

    (435)

    Dall'inchiesta non sono emerse né informazioni né prove che indicassero che i livelli di utile di altri importatori si sarebbero sviluppati in modo diverso dalle tendenze degli utili descritte sopra.

    4.6.   L'incidenza del rallentamento economico successivamente al PIR

    (436)

    Alla luce della crisi finanziaria ed economica globale iniziata subito dopo il PIR, si è ritenuto opportuno esaminare la situazione degli importatori successivamente a tale periodo. Diverse parti avevano fatto riferimento all'impatto negativo diretto che il rallentamento economico avrebbe avuto sul settore, aggravando così gli effetti negativi dei dazi antidumping. Sulla base delle informazioni e osservazioni supplementari fornite dalle parti, delle informazioni pubblicamente disponibili, quali quelle fornite da Eurostat, dagli studi di mercato, ecc. emerge il quadro illustrato qui di seguito.

    (437)

    Dai dati statistici disponibili risulta che le importazioni dai paesi interessati continuano a diminuire, nonostante tale decremento sia moderato rispetto al calo registrato dal 2005 al PIR (– 15 % nel periodo successivo al PIR). Allo stesso tempo le importazioni da paesi terzi continuano ad aumentare. In altre parole, il processo di trasferimento della produzione dai paesi interessati ai paesi terzi è ancora in corso. I dati di Eurostat segnalano inoltre forti aumenti nei prezzi delle importazioni, specialmente per quanto riguarda le calzature dai paesi interessati (+ 21,5 % rispetto al PIR).

    (438)

    Un'evoluzione successiva al PIR simile si è verificata per gli importatori inseriti nel campione, che hanno ulteriormente aumentato gli approvvigionamenti da paesi terzi diminuendo quelli dai paesi interessati. Complessivamente, i loro volumi di importazione del prodotto in questione si sono mantenuti piuttosto stabili. Gli importatori hanno chiarito che a causa dei tempi di consegna di circa 6 mesi, gli acquisti successivi al PIR sono stati il risultato degli ordini effettuati prima dell'inizio del rallentamento economico. Per quanto riguarda gli importatori inseriti nel campione, i prezzi di acquisto medi in euro del prodotto in esame sono aumentati del 15 % circa rispetto al PIR. Gli importatori affermano che i motivi di tale crescita dei prezzi sono, in primo luogo, l'apprezzamento del dollaro USA alla fine del 2008 e all'inizio del 2009, che ha portato a un rialzo dei prezzi di acquisto in euro dei prodotti dai paesi interessati e, in secondo luogo, l'aumento dei costi di produzione nei paesi interessati, in particolar modo quello del costo del lavoro.

    (439)

    Dato che i prezzi di rivendita sono rimasti stabili o hanno conosciuto solo una lieve crescita, ne emerge che la redditività degli importatori inseriti nel campione, riferita al commercio del prodotto in esame, potrebbe averne risentito ulteriormente. Gli importatori hanno altresì sostenuto che a causa degli ordini effettuati in anticipo e della successiva contrazione della domanda, le loro scorte sono aumentate notevolmente. Un calcolo dei livelli dell'utile successivi al PIR degli importatori basato sui dati relativi ai prezzi ha mostrato che tuttavia il calo degli utili sarebbe con ogni probabilità moderato (di circa 2 punti percentuali), il che significherebbe livelli di utile buoni nel loro complesso.

    (440)

    Numerosi importatori hanno tuttavia fatto presente che dall'autunno 2008 la domanda dei consumatori si è indebolita notevolmente e che tale indebolimento non si riflette ancora nei volumi delle importazioni dato che gli ordini sono stati effettuati dai 6 ai 9 mesi prima, ovvero antecedentemente al rallentamento economico. Gli importatori si aspettano quindi cali più significativi nei volumi delle importazioni nel corso della prossima stagione. Numerosi importatori hanno aggiunto che alcune delle principali catene di distribuzione hanno dichiarato lo stato di insolvenza o incontrano difficoltà finanziarie; di conseguenza sono stati cancellati ordini e gli importatori presentano scorte in crescita e si vedono obbligati ad accordare sconti speciali ai propri clienti. Alcuni importatori inseriti nel campione hanno annunciato piani di ristrutturazione considerevoli a causa del rallentamento economico, altri hanno affermato di cercare con sempre maggior frequenza di tenere sotto controllo i costi ricorrendo ad altre soluzioni.

    (441)

    Dal quadro illustrato si evince che fino al luglio 2009 l'incidenza della crisi era ancora limitata in termini di volumi di importazioni e vendite, dato che gli ordini erano stati effettuati prima che la crisi fosse avvertita a livello dei consumatori, in base ad aspettative più ottimistiche relative ai consumi. In termini di redditività, risulta che la maggioranza degli importatori è, sinora, stata in grado di limitare l'impatto della crisi anche adottando diverse misure volte a controllare i costi.

    4.7.   Probabile effetto dell'eventuale mantenimento delle misure

    (442)

    Qualora le misure fossero mantenute, è altamente probabile che esse colpiscano gli importatori in misura superiore in futuro considerando il significativo cambiamento dei parametri economici; con gli aumenti del prezzo di acquisto recentemente osservati e la prevista diminuzione complessiva del consumo, l'effetto dei dazi antidumping diventerebbe più evidente di quanto lo sia stato in passato anche se l'andamento dei tassi di cambio attenuasse l'aumento del prezzo di acquisto, come avvenuto nel periodo in esame. Molti importatori hanno inoltre segnalato che altri importanti aumenti di costo si sono verificati nei paesi interessati, quali ad esempio costi del lavoro più elevati. Complessivamente, è probabile che gli utili sul prodotto in esame diminuiscano nel prossimo futuro, ma tale riduzione sarà in larga parte causata da aumenti dei costi di natura diversa dai dazi antidumping. Tuttavia, considerando che in generale gli importatori generavano margini solidi, tale calo con ogni probabilità non metterebbe in pericolo le società in questione.

    (443)

    Come dimostrato a partire dal 2005, gli importatori probabilmente continuerebbero o inizierebbero ad acquistare quantità persino maggiori da altri paesi terzi visto che sarebbero maggiormente colpiti dai dazi antidumping. Allo stesso tempo, probabilmente gli importatori cercheranno di trasferire una porzione più elevata di qualsiasi aumento dei costi generali sui dettaglianti/distributori. Considerando l'importanza relativa di tali dettaglianti/distributori per gli importatori, come spiegato ulteriormente nel considerando 472, è tuttavia improbabile che questi ultimi trasferiscano completamente gli eventuali aumenti di costo sui propri clienti. Questo fenomeno è stato osservato nel periodo dal luglio 2008 al marzo 2009.

    (444)

    Le conseguenze per gli importatori del mantenimento dei dazi antidumping sugli importatori in un periodo caratterizzato dal calo della domanda, da prezzi di acquisto in aumento e da una maggiore sensibilizzazione sui costi dei consumatori, sarebbero tuttavia diverse in funzione della flessibilità del singolo importatore. Si rammenta che alcuni importatori hanno già dimostrato ampia flessibilità nelle loro strategie di acquisto e nel loro assortimento di prodotti (una quantità maggiore di STAF e/o calzature di tessuto/plastica e/o accessori). Questo approccio consentirà loro di mitigare l'effetto dei dazi in futuro. Altri importatori che conservano i loro tradizionali canali di approvvigionamento nei paesi interessati e si stanno concentrando su calzature in cuoio potrebbero effettivamente conoscere un calo complessivo della redditività e/o delle vendite.

    4.8.   Osservazioni

    (445)

    Come indicato nel considerando 60 e seguenti, numerose parti interessate hanno sollecitato l'esclusione di alcuni tipi specifici di calzature dalla definizione del prodotto. Inoltre la maggioranza delle parti ha proposto che, qualora non fosse possibile rivedere la definizione del prodotto nel corso dell'attuale inchiesta, i tipi di calzature da esse importati siano esclusi dalle misure di cui all'articolo 21 del regolamento di base. Queste ultime richieste erano basate principalmente sulla presunta mancanza di produzione (capacità di produzione e volontà di produrre) di tali tipi di calzature nell'Unione, che implicherebbe l'assenza di concorrenza con l'industria dell'Unione e conseguente pregiudizio a essa, e un clima economico sfavorevole in cui le misure avrebbero un crescente effetto negativo su importatori, distributori, dettaglianti e consumatori all'interno nell'Unione.

    (446)

    A questo proposito, è importante sottolineare che è stata riscontrata un'intensa concorrenza tra le importazioni dai paesi interessati e il tipo di calzature prodottenell'Unione, come stabilito nel considerando 267 e seguenti, il che significa tra l'altro che vi è ancora una notevole produzione di calzature in cuoio nell'Unione. Si osserva più in generale che la definizione del prodotto non può essere modificata, estesa o ridotta nel contesto di un riesame in previsione della scadenza, indipendentemente dall'eventuale evoluzione del modello di produzione nell'Unione nel periodo in cui le misure sono in vigore.

    (447)

    Ciononostante, la Commissione ha contattato le associazioni calzaturiere interessate al fine di ottenere un quadro più chiaro dei tipi e/o delle quantità di alcune calzature prodottenell'Unione. Dalle informazioni raccolte emerge che la maggioranza delle calzature per cui era stata avanzata la richiesta illustrata sopra sono (ancora) prodotte nell'Unione e che il modello di produzione non è mutato in modo significativo nel periodo in cui le misure sono in vigore. Le informazioni ottenute non consentono di giungere a una conclusione definitiva e generale che stabilisca se alcuni tipi di prodotti di nicchia fabbricati nell'Unione soddisfino o meno la domanda di tali prodotti.

    (448)

    La maggior parte di tali beni sono prodotti di nicchia specifici venduti in piccole quantità a consumatori specializzati, presentano un'elevata qualità e caratteristiche tecniche complesse e rientrano nella categoria di prezzi elevati; si tratta ad esempio di calzature da equitazione, da bowling o calzature con misure speciali, per piedi grandi o piccoli. Di conseguenza tali tipi di prodotto in principio sarebbero in linea con le caratteristiche generali dei produttori dell'Unione. Con l'imposizione o il mantenimento delle misure, i produttori dell'Unione potrebbero essere incoraggiati ad investire nuovamente nella produzione di tali beni di nicchia o ad aumentare le loro capacità produttive attuali. Altrimenti i produttori dell'Unione non sarebbero per nulla incentivati ad investire in queste linee di prodotti. Inoltre, dato che le misure non hanno lo scopo di porre fine alle importazioni e non hanno prodotto tale effetto nella situazione in esame, i provvedimenti antidumping sono giustificabili anche in tali tipi di prodotti di nicchia a patto che non si possa tracciare una linea di demarcazione netta tra i diversi tipi di prodotti. In ogni caso, per quanto riguarda i prodotti di nicchia, i pochi dati a disposizione indicano che la loro quota sul totale delle importazioni globali è molto limitata e che quindi l'incidenza delle misure su tali tipi di prodotti non è ritenuta sproporzionata rispetto alla grande maggioranza delle importazioni.

    (449)

    Alcuni importatori di calzature per lo sport, unitamente alle loro associazioni, hanno sostenuto di non disporre di alternative valide per i propri approvvigionamenti all'interno dell'Unione.

    (450)

    A questo proposito si osserva innanzitutto che dalle informazioni raccolte dalle associazioni nazionali dell'industria calzaturiera emerge che la produzione di calzature sportive nell'Unione è tuttora significativa sebbene non si possa escludere che la domanda possa superare l'offerta in questo segmento. Anche supponendo che la produzione di tali calzature sia insufficiente all'interno dell'Unione, l'inchiesta ha rivelato che esistono fonti di approvvigionamento alternative quali Indonesia e India, paesi che, come illustrato in precedenza, offrono prezzi sempre più competitivi.

    (451)

    Numerosi importatori inseriti nel campione, e tra essi soprattutto le grandi marche internazionali di calzature, hanno anche affermato di intrattenere relazioni strategiche di lungo periodo basate su norme sociali, ambientali di alta qualità e di sicurezza con alcuni gruppi di stabilimenti nella RPC e in Vietnam, per il cui sviluppo sono stati necessari anni. Di conseguenza, cambiare fonti di approvvigionamento mediante la delocalizzazione della produzione comporterebbe costi elevati e tempi di latenza lunghi (dai 12 ai 18 mesi).

    (452)

    A questo proposito è importante sottolineare che le misure antidumping interessate non comportano un divieto; in altre parole, l'adozione di tali provvedimenti — finalizzata a correggere le distorsioni negli scambi — non ha posto fine alle importazioni dai paesi interessati e quindi per gli importatori non è stato necessario approvvigionarsi da altri paesi. Ciononostante, l'inchiesta ha mostrato che esiste un elevato livello di flessibilità: gli importatori solitamente acquistano da gruppi di fornitori con sedi di produzione in numerosi paesi asiatici. Tali gruppi sono flessibili e sono in grado di cambiare gli approvvigionamenti da un paese ad un altro se vi sono incentivi in tal senso. Le informazioni fornite mediante l'operazione di campionamento e relative all'approvvigionamento del prodotto in questione a partire dal 2005, come sintetizzato su base aggregata nel considerando 417, mostrano che per la maggioranza degli importatori del campione nel giro di 1-2 anni è mutata l'origine di una parte significativa delle calzature in cuoio acquistate. Un grande importatore non inserito nel campione ha anch'esso registrato un aumento delle importazioni da altri paesi asiatici a scapito di quelle dai paesi interessati. Di conseguenza le informazioni disponibili dimostrano che, nonostante si possa incorrere in costi supplementari, il trasferimento della produzione da un paese a un altro non è ritenuta troppo gravosa e risulta piuttosto comune. L’argomentazione è pertanto respinta.

    (453)

    Le associazioni degli importatori e alcuni di essi hanno altresì affermato che gli importatori non erano più in grado di assorbire gli effetti dei dazi. Si è sostenuto che nel periodo dal 2006 al PIR gli effetti negativi delle misure sui consumatori erano stati (parzialmente) compensati dalle conseguenze dell'andamento del tasso di cambio dal 2006 in poi, ma che, secondo tali argomentazioni, l'inversione di tale andamento dalla fine del PIR avrebbe reso inevitabile un aumento dei prezzi di rivendita, conducendo quindi a prezzi al dettaglio più elevati per i consumatori qualora i dazi fossero mantenuti.

    (454)

    Si riconosce che l'apprezzamento dell'euro nei confronti del dollaro USA dal momento dell'imposizione delle misure antidumping è stato significativo, come descritto nel considerando 432. L'andamento del tasso di cambio è stato favorevole agli importatori del prodotto in esame dalla fine del 2005 al termine del PIR dato che solitamente essi stipulano i contratti con i propri fornitori in dollari USA e l'euro si è apprezzato di quasi il 30 % rispetto a tale valuta nel corso del periodo indicato.

    (455)

    Per quanto concerne la presunta incapacità di assorbire i dazi a seguito di un diverso andamento del tasso di cambio a partire dalla metà del 2008, che avrebbe portato a prezzi all'importazione più elevati in euro, si osserva che il livello di utile raggiunto dagli importatori mediante il commercio del prodotto in esame, come esaminato sulla base del campione (cfr. tabella 22), era ancora buono durante il PIR. Da ciò si desume che gli importatori sarebbero nella posizione di continuare ad operare in modo sostenibile anche se gli sviluppi del tasso di cambio fossero per loro sfavorevoli per un certo periodo di tempo. Comunque non vi sono indizi che facciano pensare che l'euro sia in caduta libera rispetto al dollaro USA; al contrario, anche se l'euro ha subito un deprezzamento nei confronti del dollaro USA da luglio a novembre 2008, in seguito si è nuovamente apprezzato. Prevedere un deprezzamento dell'euro nel breve e medio termine è quindi una pura speculazione. Per quanto riguarda i prezzi al dettaglio delle calzature in cuoio si dovrebbe inoltre considerare che esistono numerose altre fonti di approvvigionamento per le calzature in cuoio e tali fonti sono sempre più utilizzate dagli importatori. Non vi sono quindi dati disponibili che indichino che per gli importatori sia necessario trasferire completamente i costi dei dazi sui grossisti/dettaglianti, portando in tal modo a un notevole aumento dei prezzi al dettaglio. Pertanto, tale argomentazione non è convincente.

    (456)

    Alcuni importatori, la maggior parte dei quali appartenenti al gruppo di produttori di calzature di marca, hanno sostenuto che le misure danneggerebbero il considerevole «valore aggiunto manifatturiero» da essi apportato nell'Unione mediante attività significative, soprattutto in campi quali la concezione, lo sviluppo, la valorizzazione del marchio e la fornitura. A tale proposito l'inchiesta ha confermato che effettivamente molti importatori non si limitano a commercializzare calzature ma sono anche impegnati, all'interno dell'Unione, in attività che portano valore aggiunto, quali quelle indicate sopra. Tali attività generano una significativa occupazione di alto livello.

    (457)

    In questo contesto si osserva che dalle informazioni fornite dagli importatori inseriti nel campione non risulta che in queste imprese vi sia stata alcuna diminuzione relativa ai posti di lavoro connessi al prodotto in esame nel periodo dal 2005 al PIR. Al contrario, i dati aggregati sull'occupazione riferiti ai produttori di calzature di marca del campione segnalano piuttosto un leggero aumento di tali posti di lavoro. Questa situazione deriva dal fatto che, in linea con il loro scopo, le misure antidumping non hanno fermato l'ingresso nel mercato dell'Unione delle calzature in cuoio provenienti da RPC e Vietnam, ma hanno piuttosto adeguato i loro prezzi al fine di ristabilire un quadro di concorrenza equa. Inoltre, in questo caso il livello dei dazi è modesto e gli importatori possono anche cambiare la fonte di approvvigionamento dei beni, come hanno già fatto in qualche caso. Alla luce di quanto esposto, l'argomentazione in base alla quale le misure antidumping metterebbero a repentaglio i posti di lavoro di alto livello generati da questi importatori nell'Unione è respinta.

    4.9.   Conclusioni

    (458)

    Sulla base dell'analisi appena descritta, si può concludere in definitiva che durante il periodo dal 2006 al PIR le misure antidumping hanno avuto un'incidenza sulla situazione economica degli importatori del prodotto in esame all'interno dell'Unione, ma che tale incidenza non è ritenuta sproporzionata vista la posizione di mercato complessivamente forte degli importatori evidenziata dall'inchiesta. Il deterioramento limitato della situazione economica degli importatori sembra essersi protratto durante i nove mesi successivi al PIR. Tuttavia il settore in generale è in buone condizioni e gli utili ottenuti dal prodotto oggetto del riesame sono ancora elevati. Si ritiene pertanto improbabile che il mantenimento delle misure abbia un effetto negativo rilevante per gli interessi degli importatori.

    4.10.   Interesse dei distributori/dettaglianti

    4.10.1.   Considerazioni generali

    (459)

    Dalle informazioni disponibili risulta che all'interno del mercato della distribuzione/al dettaglio dell'Unione il 60 % circa delle calzature è commercializzato dalla distribuzione specializzata «tradizionale» formata da grandi dettaglianti che importano essi stessi calzature e dai cosiddetti gruppi di acquisto, mentre il 40 % circa di questi beni è commercializzato dalla distribuzione non specializzata, costituita da supermercati, negozi di abbigliamento e grandi magazzini. Si stima che il settore dei dettaglianti/distributori dell'Unione impieghi 140 000 persone circa nelle vendite ai consumatori del prodotto in esame. Si osserva che mentre negli Stati membri settentrionali prevalgono i grandi dettaglianti, negli Stati membri meridionali le vendite al dettaglio sono spesso effettuate da PMI.

    (460)

    Mentre le grandi catene di vendita al dettaglio non hanno voluto essere incluse nel campione degli importatori e non hanno risposto al questionario specifico per i dettaglianti, un grande importatore/dettagliante e un gruppo di dettaglianti hanno presentato osservazioni per iscritto e a essi sono state concesse audizioni. Di conseguenza, il solo dettagliante di cui si sono potute verificare le risposte era Clark's, che ha collaborato come importatore.

    (461)

    Risposte al questionario destinato alle associazioni di grossisti, distributori e dettaglianti sono pervenute dall'Associazione europea di dettaglianti di abbigliamento (AEDT), dalla Coalizione europea di calzature di marca (EBFC), dal Gruppo europeo di attività all'aria aperta (EOG), da EuroCommerce in rappresentanza dei settori del commercio al dettaglio, all'ingrosso e internazionale in Europa, dalla Federazione europea delle industrie degli articoli sportivi (FESI), dall'Associazione del commercio estero (FTA), dall'associazione olandese dei dettaglianti di abbigliamento, calzature e articoli sportivi MITEX e dallo Svenskt Sportforum (associazione sportiva nazionale svedese). Nessuna catena di supermercati ha risposto al questionario, tuttavia Lidl ha fornito informazioni sui propri acquisti e rivendite del prodotto in esame dal 2005 al 2008. Le associazioni sopra indicate e i dettaglianti si sono dichiarati contrari alle misure e a qualsiasi loro proroga, sostenendo sostanzialmente che le misure diminuivano la redditività e portavano molti dettaglianti a ricercare fonti di approvvigionamento alternative. Hanno inoltre sostenuto che la proroga delle misure danneggerebbe l'industria calzaturiera europea che si è adeguata con successo alle sfide e alle opportunità dei mercati moderni, i quali prevedono l'esternalizzazione della produzione. Essi ritengono che le misure non hanno impedito la delocalizzazione massiccia della produzione che l'Unione non potrà più recuperare dato che i produttori dell'Unione non sono in grado di soddisfare la domanda relativa a un'ampia scelta di calzature di qualità a basso prezzo.

    4.10.2.   Prezzi di acquisto

    (462)

    Al fine di verificare la tesi della diminuzione dei margini di profitto in seguito all'imposizione delle misure antidumping, si è effettuata, come primo passo, un'analisi basata sul confronto tra i prezzi d'acquisto del prodotto in esame per i distributori/dettaglianti e i prezzi di vendita da loro praticati nel periodo dal 2005 al PIR. Come descritto nel considerando 425, sulla base delle risposte al questionario fornite dagli importatori inseriti nel campione, è emerso che i prezzi di rivendita applicati dagli importatori, pari ai prezzi d'acquisto dei distributori/dettaglianti, sono rimasti stabili o sono aumentati solo lievemente nel periodo dal 2005 al PIR.

    4.10.3.   Prezzi di rivendita

    (463)

    In una seconda fase, si è esaminato l'andamento dei prezzi di rivendita e, a causa della mancanza di dati precisi inviati dai dettaglianti, sono state raccolte informazioni dagli uffici statistici degli Stati membri che complessivamente rappresentano il 66 % della popolazione dell'Unione. Da tali informazioni si evince che l'andamento dei prezzi di rivendita nel periodo considerato ha in generale conosciuto un aumento molto moderato, come risulta dalla seguente tabella:

    Tabella 23

    Prezzi al consumo medi in alcuni Stati membri (indicizzati)

     

    2005

    2006

    2007

    PIR

    Germania

    «calzature»

    100

    99,2

    100,3

    100,9

    Paesi Bassi

    «calzature»

    100

    100,7

    101,4

    103,1

    «calzature da bambino»

    100

    99,3

    101,5

    100,9

    Francia

    «calzature da città»

    100

    99,9

    101,1

    101,5

    Regno Unito

    «calzature»

    100

    98,4

    99,6

    99,5

    Spagna

    «calzature da donna»

    100

    101,9

    102,6

    103,7

    «calzature da uomo»

    100

    101,6

    103,5

    104,1

    «calzature da bambino»

    100

    100,9

    102,6

    103,3

    Italia

    «calzature»

    100

    100,9

    102,0

    102,6

    Fonte: istituti nazionali di statistica.

    (464)

    Nelle categorie di calzature sopra indicate, pur non corrispondendo esse esattamente alla definizione del prodotto, prevale il prodotto in questione e le tendenze illustrate sopra possono quindi essere considerate un riferimento valido per i prezzi di vendita al dettaglio del prodotto in esame.

    (465)

    I trend descritti sono stati ulteriormente confermati da numerose parti interessate che hanno dichiarato che i prezzi al dettaglio erano rimasti relativamente stabili per un lungo periodo di tempo e in ogni caso per tutto il periodo dal 2005 al PIR. Esse hanno spiegato il fatto che i prezzi delle calzature al dettaglio fossero rimasti stabili per un periodo così lungo facendo riferimento i) ai fattori di costo favorevoli quali il continuo trasferimento della produzione verso paesi a basso costo e all'andamento favorevole del tasso di cambio e ii) al principio del «price point» applicato dai dettaglianti e alla disponibilità dei consumatori a pagare. Il principio del «price point» implica che le calzature siano vendute a prezzi fissi e non a diverse varianti di prezzo, ad esempio una categoria di calzature è venduta a 44,95 EUR, la categoria superiore a 49,95 EUR, quella ancora superiore a 54,95 EUR, ecc.

    4.10.4.   Redditività

    (466)

    Dato che le informazioni fornite dai dettaglianti non erano abbastanza particolareggiate, non è stato possibile ottenere direttamente dati sulla loro redditività. Tuttavia, confrontando l'andamento dei prezzi d'acquisto dei dettaglianti, come indicato nel considerando 462, e lo sviluppo dei loro prezzi di rivendita, come indicato nei considerando 463 e seguenti, non si rileva alcuna diminuzione dei margini di profitto che possa essere attribuita agli effetti dei dazi sui costi dato che i prezzi d'acquisto del prodotto in esame sono rimasti stabili o sono saliti leggermente, mentre i prezzi di rivendita sono aumentati leggermente.

    (467)

    Per quanto riguarda il livello generale di redditività del settore al dettaglio, vi sono indizi che sia inferiore al livello di utili raggiunto dagli importatori. Inoltre, secondo la stampa specializzata, alcune regioni in particolare sembrano essere particolarmente aperte alla concorrenza e creare difficoltà ai dettaglianti (forte concorrenza, processo di consolidamento del mercato, forte dipendenza dal mercato finanziario restio a investire e fallimenti strategici). Allo stesso tempo, tuttavia, una delle maggiori catene di vendita al dettaglio di calzature dell'Unione ha annunciato utili record nel 2008 e previsto piani di espansione ambiziosi.

    (468)

    Relativamente alla redditività globale dei dettaglianti, deve essere anche osservato che gli effetti dei dazi antidumping sono stati in ogni caso stemperati dal fatturato ottenuto dai loro altri prodotti quali STAF, calzature in cuoio di altra origine, atri tipi di calzature e accessori.

    (469)

    In conclusione, l'argomentazione relativa alla redditività in calo non è stata provata dai dettaglianti durante l'inchiesta di riesame e neppure i risultati dell'inchiesta avvalorano tale tesi. Dalle informazioni disponibili sembra più probabile che l'imposizione delle misure antidumping non abbia influenzato negativamente i dettaglianti dal 2006 al PIR, o lo abbia fatto solo in misura limitata.

    4.10.5.   L'incidenza del rallentamento economico successivamente al PIR

    (470)

    Dalle limitate informazioni disponibili relative all'incidenza del rallentamento economico successivamente al PIR sul settore della vendita al dettaglio di calzature risulta che i margini di profitto sono in diminuzione e che la domanda si è indebolita durante i primi nove mesi successivi al PIR. Tuttavia, i dati sono stati forniti solo da una società operante principalmente in una regione specifica che svolge anche attività di importatore e che quindi non può essere ritenuta rappresentativa del settore della vendita al dettaglio in generale. La stampa specializzata ha inoltre riportato un miglioramento significativo nel settore del commercio al dettaglio di calzature in tale regione (con vendite e ricavi in aumento) a partire da metà 2009. Di conseguenza, in assenza di una collaborazione di entità rappresentativa da parte del comparto dei dettaglianti, non è stato possibile trarre conclusioni definitive sull'incidenza esatta del rallentamento economico.

    4.10.6.   Probabile effetto dell'eventuale mantenimento delle misure

    (471)

    Nel contesto dell'attuale rallentamento economico, è probabile che il consumo di calzature in cuoio diminuisca e che la pressione sui prezzi esercitata dai consumatori, sempre più sensibili a tale fattore, si intensifichi nel breve-medio termine. D'altra parte gli importatori cercheranno probabilmente di trasferire almeno parte dell'aumento dei prezzi sui dettaglianti; la posizione di questi ultimi, stretti tra importatori e consumatori, potrebbe portare a una situazione sempre più difficile.

    (472)

    I dettaglianti/distributori che operano in mercati molto competitivi e che acquistano prevalentemente calzature in cuoio dai paesi interessati potrebbero, in tale scenario, ritrovarsi in una situazione delicata considerando che essi presentano costi relativamente elevati e margini netti relativamente bassi. L'abrogazione delle misure antidumping sul prodotto in esame sarebbe per tali società fonte di sollievo nello scenario descritto. Tuttavia per i dettaglianti/distributori che si approvvigionano anche da paesi terzi/ Unione e che dispongono di un assortimento di prodotti più diversificato, l'impatto del possibile aumento dei prezzi sarà probabilmente stemperato all'interno del fatturato. Inoltre, l'inchiesta ha rivelato che nonostante si trovino in una posizione di mercato particolare, l'importanza dei grandi dettaglianti e dei gruppi di acquisto fra dettaglianti è sufficiente a impedire agli importatori di trasferire completamente su di essi gli aumenti dei costi.

    (473)

    In conclusione, i dettaglianti che continuano ad acquistare prevalentemente il prodotto in esame risentiranno maggiormente di qualsiasi proroga delle misure, mentre quelli che dispongono di un modello commerciale più vario e flessibile, che contempla il riorientamento degli approvvigionamenti verso altre fonti alternative e la diversificazione del loro assortimento di prodotti, saranno probabilmente meno colpiti, anche se potrebbero subire maggiori effetti negativi rispetto al periodo del PIR.

    4.10.7.   Osservazioni

    (474)

    Si è sostenuto che le misure avevano portato numerosi dettaglianti a ricercare fonti alternative di approvvigionamento. Dalle informazioni disponibili si rileva che se da un lato alcuni dettaglianti si sono effettivamente rivolti ad altri fornitori, dall'altro né essi né le loro associazioni hanno dovuto fare i conti con una penuria nell'approvvigionamento, né tantomeno hanno incontrato difficoltà a reperire fonti alternative in seguito all'imposizione delle misure. Infatti dalle informazioni si evince che se da una parte molti dettaglianti hanno ricercato fonti alternative, dall'altra essi sono riusciti a trovare fornitori alternativi competitivi. Anche se si riconosce che tale sforzo ha richiesto molto tempo ad alcuni dettaglianti, questo fatto è considerato un effetto indiretto e non sproporzionato dell'imposizione delle misure rispetto ai benefici portati ai produttori europei che avevano subito le conseguenze delle importazioni oggetto di dumping.

    (475)

    Molte parti interessate hanno affermato che i fattori di costo favorevoli esistenti durante il periodo in esame, come sintetizzato nel considerando 465, erano scomparsi. Dalla fine del PIR invece, l'andamento del tasso di cambio sarebbe stato negativo e i costi di produzione nella RPC e in Vietnam stavano nuovamente aumentando. Di conseguenza, se le misure fossero mantenute, il settore del commercio al dettaglio si troverebbe in una difficile situazione in quanto dovrebbe praticare prezzi più elevati, il che non condurrebbe solamente a prezzi più alti al dettaglio, ma anche a fatturati inferiori e, tenendo costo degli elevati costi fissi, a una netta diminuzione dell'utile.

    (476)

    Come indicato nel considerando 454, è altamente ipotetico prevedere un deprezzamento dell'euro nel breve e medio termine. Inoltre, mentre i costi in aumento nella RPC si ripercuoteranno probabilmente sulla posizione degli importatori, ciò non vale per i dettaglianti in quanto le informazioni disponibili sui prezzi di vendita degli importatori ai dettaglianti, nel periodo in esame e successivamente al PIR, dimostrano che gli aumenti nei prezzi sono stati trasferiti sui dettaglianti solo in misura limitata, il che indica in generale una forte posizione di mercato dei dettaglianti.

    (477)

    Di conseguenza, se da un lato si riconosce che il principio dei «price point» è ampiamente impiegato nel settore al dettaglio delle calzature e che ciò fa sì che gli aumenti di prezzo più modesti attraggano meno l'attenzione dei consumatori, non vi sono elementi per ritenere che i dettaglianti debbano fare i conti con un incremento globale e significativo dei prezzi d'acquisto del prodotto in esame. Le informazioni disponibili dunque non provano che in generale essi debbano rincarare i prezzi del prodotto in esame. Inoltre, anche se essi fossero obbligati a farlo per alcuni modelli specifici, l'effetto di tale provvedimento potrebbe essere neutralizzato modificando le fonti d'approvvigionamento o l'assortimento di prodotti. Alla luce di queste considerazioni, l'argomentazione è respinta.

    4.11.   Conclusioni

    (478)

    In conclusione, in base alle limitate informazioni disponibili, non vi sono indizi che le misure abbiano portato a gravi conseguenze negative per la situazione finanziaria dei distributori/dettaglianti nel periodo dal 2006 al PIR. Tenendo in considerazione i probabili effetti del rallentamento economico successivo al PIR, soprattutto tenendo conto della posizione scomoda dei dettaglianti, stretti tra importatori e consumatori, e dei loro margini di profitto forse modesti, non si può tuttavia escludere che la situazione finanziaria dei dettaglianti che vendono prevalentemente il prodotto in esame possa deteriorarsi. Si osserva comunque che i dettaglianti sono liberi di acquistare i propri prodotti da altre fonti e di diversificare i prodotti offerti al fine di ridurre gli effetti dei dazi antidumping sul loro fatturato. In linea generale, i dettaglianti si trovano in una posizione di mercato molto più favorevole rispetto ai produttori dell'Unione dato che beneficiano della flessibilità sopra descritta, mentre i produttori dell'Unione sono completamente esposti alle pressioni sui prezzi esercitate dai prodotti oggetto di dumping importati.

    4.12.   Interesse dei consumatori

    4.12.1.   Considerazioni generali

    (479)

    La Commissione ha contattato 39 associazioni di consumatori nell'Unione per informarle dell'avvio del riesame in previsione della scadenza. Tali associazioni sono state esplicitamente invitate ad illustrare la propria posizione relativamente alle misure in vigore e a fornire qualsiasi altra informazione pertinente all'inchiesta. Tre organizzazioni di consumatori si sono presentate come parti interessate e hanno inviato le proprie osservazioni per iscritto.

    (480)

    Due associazioni nazionali di consumatori si sono dichiarate favorevoli alle misure antidumping. Una di esse ha affermato che persino con l'imposizione delle misure i prezzi delle calzature dai paesi interessati sono rimasti molto bassi. L'Ufficio europeo delle unioni di consumatori (BEUC) si è opposto alle misure sostenendo tra l'altro che esse danneggiavano i consumatori.

    (481)

    In quest'ambito durante l'inchiesta iniziale si è previsto che l'impatto sui consumatori sarebbe stato limitato presupponendo che le aliquote dei dazi relativamente moderate sarebbero state distribuite nei diversi strati della catena di distribuzione e non trasferite completamente sui consumatori. Ciononostante si è delineato anche lo «scenario peggiore» che prevedeva il trasferimento completo sui consumatori; la stima presa in considerazione era quella di un aumento massimo dei prezzi al consumo pari al 2 %, ovvero 1 EUR al paio.

    (482)

    I risultati dell'inchiesta di riesame rivelano che i prezzi al consumo delle calzature in cuoio sono saliti solo leggermente dal momento dell'imposizione delle misure (cfr. considerando 463 e seguenti). L'aumento dei prezzi medi al dettaglio delle calzature rilevato dagli istituti nazionali di statistica del gruppo di Stati membri rappresentativi, indicati nei suddetti considerando e nella tabella 23, va da – 0,5 % a + 4,1 %, valori inferiori rispetto all'inflazione registrata in tale periodo.

    (483)

    Sulla base dell'esame dei prezzi all'importazione si è inoltre stabilito che i prezzi delle calzature in cuoio da RPC e Vietnam sono rimasti relativamente bassi persino una volta aggiunti i dazi antidumping (cfr. considerando 422). Di conseguenza, dalle informazioni disponibili non sembra che le misure abbiano danneggiato i consumatori in modo significativo.

    4.12.2.   Altre osservazioni

    (484)

    Numerose parti interessate hanno sostenuto che le misure hanno danneggiato i consumatori e hanno condotto a prezzi più elevati. Alcuni importatori hanno altresì affermato che, dato che essi non sarebbero più in grado di assorbire i dazi, l'impatto delle misure sui consumatori diventerebbe ora molto più evidente.

    (485)

    Come menzionato nel considerando 482, sembra che i dazi antidumping non abbiano dato luogo a un significativo aumento dei prezzi al dettaglio. Per quanto riguarda la presunta incapacità di assorbire i dazi da parte degli importatori, l'analisi successiva al PIR offre già qualche indicazione a tale proposito. Come illustrato nel considerando 438, nel periodo dal luglio 2008 al marzo 2009 i prezzi di acquisto degli importatori sono aumentati fortemente mentre i loro prezzi di rivendita si sono mantenuti stabili o al massimo hanno registrato un leggero rialzo. Da tali informazioni risulta che per gli importatori non devono necessariamente trasferire un aumento dei costi sul livello successivo della catena di distribuzione. L'argomentazione è pertanto respinta.

    (486)

    Una parte interessata ha sostenuto che le misure porterebbero/avrebbero portato a una scelta più ridotta di calzature in cuoio per i consumatori, in particolare a una penuria di calzature in cuoio di fascia medio-bassa a prezzi accessibili. Questa argomentazione era già stata presentata nel corso dell'inchiesta iniziale.

    (487)

    La suddetta argomentazione non è suffragata da alcun elemento di prova. Inoltre, alla luce dei prezzi al dettaglio stabili nel lungo periodo, risulta improbabile che i consumatori perdano interesse per il prodotto in questione a causa dell'andamento dei prezzi. Si osserva altresì che, a parte un'associazione che ha sostenuto che le misure avrebbero portato a una scelta più ristretta per i consumatori, senza addurre però elementi di prova atti a suffragare tale argomentazione, né altri dettaglianti né le loro associazioni hanno lamentato una scelta ridotta o una penuria nell'approvvigionamento. Anche se l'inchiesta ha confermato che la scelta dei consumatori si è leggermente allontanata dal prodotto in questione, considerate la modesta diminuzione nel consumo di calzature in cuoio osservata durante il periodo in esame e la domanda più elevata di calzature in tessuto, questa evoluzione può essere tuttavia attribuita alle tendenze volubili della moda piuttosto che a una scelta ridotta di calzature in cuoio.

    5.   CONCLUSIONI SULL’INTERESSE DELL'UNIONE

    (488)

    Da quanto esposto risulta che una parte significativa dei produttori dell'industria dell'Unione ha migliorato la propria situazione in seguito all'imposizione delle misure antidumping e ha dimostrato la propria efficienza economico-finanziaria adattando il proprio modello commerciale alle sfide del mercato globalizzato. Qualora le misure fossero mantenute, esse metterebbero a disposizione più tempo per proseguire questo processo. Qualora le misure dovessero scadere, la pressione sui prezzi esercitata dalle importazioni oggetto di dumping sui prodotti del segmento medio-basso influenzeranno probabilmente anche i prodotti di fascia più elevata e infine tutte le calzature in cuoio. In questo scenario è probabile che un numero maggiore di produttori dell'Unione dichiari il fallimento dato che a causa delle loro dimensioni piccole e medie essi sono finanziariamente più vulnerabili.

    (489)

    D'altra parte, l'incidenza dei dazi antidumping dal 2006 al PIR su importatori, dettaglianti/distributori e consumatori non è stata sproporzionata. Qualora le misure rimanessero in vigore e presupponendo che la domanda dei consumatori diminuisca ulteriormente a causa della crisi economica, con ogni probabilità l'impatto dei dazi antidumping su tutti gli operatori sarà maggiore rispetto al passato. Considerando tuttavia la situazione generalmente positiva e la comprovata flessibilità degli importatori, nonché la posizione sul mercato complessivamente forte dei dettaglianti/distributori in grado di diversificare sostanzialmente il proprio assortimento di prodotti, si può desumere che tali operatori non incontreranno difficoltà sproporzionate nel breve e medio termine. Per quanto riguarda i consumatori, non si è registrato un notevole aumento dei prezzi in seguito all'istituzione dei dazi antidumping e, tenendo conto anche dei risultati dell'analisi successiva al PIR, non vi sono indizi che i prezzi al consumo aumentino eccessivamente in futuro.

    (490)

    In conclusione, l'inchiesta di riesame non ha evidenziato alcun motivo valido per cui le misure antidumping non dovrebbero essere mantenute.

    L.   OSSERVAZIONI DELLE PARTI INTERESSATE A SEGUITO DELLA COMUNICAZIONE DELLE CONCLUSIONI

    (491)

    Successivamente alla comunicazione delle conclusioni è pervenuta una serie di osservazioni, nessuna delle quali tale, però, da modificare le conclusioni. Le principali argomentazioni sostenute sono riprodotte di seguito.

    1.   INTERESSE DELL’INDUSTRIA COMUNITARIA

    (492)

    Dopo la comunicazione delle conclusioni definitive, una parte interessata ha sostenuto che ad aiutare l'industria dell'Unione non erano le misure antidumping, ma solo gli sforzi di ristrutturazione. Questa tesi, oltre a non essere in alcun modo corroborata, ignora le risultanze oggettive della presente inchiesta di riesame, in particolare la coincidenza temporale tra l'istituzione delle misure antidumping e il processo di stabilizzazione dell'industria dell'Unione. In effetti, dall'istituzione delle misure antidumping l'aumento massiccio delle importazioni in dumping a basso prezzo si è interrotto e la quota di mercato delle importazioni nel loro insieme si è ridotta dal 35,5 % al 28,7 %. Questa diminuzione delle importazioni oggetto di dumping sul mercato dell'Unione ha ridotto la pressione sui prezzi esercitata da queste calzature a basso prezzo e ha aiutato l'industria dell'Unione a proseguire i suoi sforzi di ristrutturazione.

    (493)

    È stato ancora una volta ripetuto che l'Unione non è in grado di garantire una produzione di massa e, vista la conseguente assenza di economie di scala, non sarebbe in grado di soddisfare la forte domanda di calzature a più basso prezzo nell'Unione. Va in primo luogo osservato che questa tesi non è stata suffragata. In secondo luogo tra i produttori dell'Unione figura anche una serie di produttori più grandi, alcuni dei quali analizzati nel campione, che fabbricano calzature di fascia più bassa, con prezzi di vendita più economici. Quanto all'affermazione secondo cui l'industria dell'Unione non sarebbe in grado di produrre i volumi richiesti, va osservato che dall'inchiesta è emerso che la maggioranza dei principali importatori inseriti nel campione non colloca ordinativi solo presso un unico fornitore, ma si approvvigiona anche di quantitativi relativamente più piccoli presso vari fornitori. Ciò, unito agli effetti del modello a poli (descritto nella sezione E.2) per cui la manodopera di varie società più piccole si somma, dovrebbe logicamente consentire anche all'industria dell'Unione di produrre quantitativi maggiori. Tale argomentazione è perciò respinta.

    (494)

    Due parti interessate hanno sostenuto che la situazione dei produttori dell'Unione che effettuano un'esternalizzazione totale non è stata analizzata con lo stesso grado di dettaglio di quella dei produttori dell'Unione inclusi nel campione. Va tuttavia rilevato che l'analisi ha comportato una valutazione di tutte le parti interessate disposte a collaborare all'inchiesta. Ad esempio è stato esaminato piuttosto diffusamente l'interesse di un grande produttore dell'Unione che era stato escluso dalla definizione dell'industria dell'Unione in ragione del volume delle sue importazioni (v. considerando 402 e seguenti). Occorre altresì aggiungere che, da un punto di vista tecnico, le società dell'Unione le quali hanno esternalizzato la maggior parte della produzione in paesi terzi devono essere considerate importatori ai fini delle inchieste antidumping e che la situazione degli importatori è stata presa in considerazione e analizzata nel considerando 409 e seguenti.

    (495)

    Una parte ha sostenuto che vi sia stata un'errata valutazione degli interessi dei produttori dell'Unione precedentemente inclusi nel campione, giacché a quanto pare alcuni di essi sarebbero stati contrari alla conferma delle misure. Quest'affermazione non è però corretta poiché persino la società che non ne ha tratto beneficio direttamente ha affermato che le misure hanno contribuito a contenere le importazioni in dumping. Un'altra società ha semplicemente dichiarato che in tempi di crisi economica è difficile prevedere quale possa essere in futuro l'effetto preciso dei dazi antidumping; essa tuttavia non ha affermato che i dazi fossero privi di fondamento. Persino le parti che non hanno esplicitamente dichiarato di aver tratto benefici diretti dalle misure hanno quindi rilevato il beneficio indiretto da esse prodotto, consistente in un contenimento delle importazioni dalla RPC e dal Vietnam.

    (496)

    Si conferma pertanto, in via definitiva, che nel complesso i produttori dell'Unione hanno tratto beneficio dalle misure e si sono dimostrati capaci di migliorare la loro situazione una volta che le misure hanno attenuato gli effetti del dumping pregiudizievole.

    2.   INTERESSE DEGLI IMPORTATORI INDIPENDENTI

    (497)

    Varie parti interessate hanno in generale criticato il fatto che vengano protetti gli interessi di denuncianti anonimi, mentre sarebbero stati in larga misura trascurati gli interessi degli importatori, di altri operatori economici e dei consumatori. Si osserva che l'istituzione dei dazi antidumping è risultata nel complesso proficua per i produttori dell'Unione e non sproporzionatamente negativa per gli altri operatori interessati. Viene comunque assolutamente respinta la tesi di una discriminazione tra queste parti, in quanto lo stesso trattamento è stato offerto a tutte le parti coinvolte nell'inchiesta e tutti gli interessi degli operatori economici che hanno collaborato, quali importatori, dettaglianti, produttori dell'Unione esternalizzanti e consumatori, sono stati attentamente considerati e analizzati nell'inchiesta.

    (498)

    Varie parti hanno sostenuto che gli utili degli importatori non sarebbero abbastanza elevati da consentire loro di farsi carico dei maggiori costi delle importazioni, dell'andamento dei tassi di cambio, del costo del passaggio ad altre fonti di approvvigionamento e dei dazi antidumping. Questa tesi non è stata però sufficientemente suffragata. Come illustra la tabella 22, l'ordine di grandezza dell'utile degli importatori (circa il 20 %) è tale che essi avrebbero ancora un margine per farsi carico dei costi suddetti.

    (499)

    È stato sostenuto che il dato relativo all'occupazione fornito dagli importatori, pari a circa 23 000 addetti, è troppo basso in quanto non comprenderebbe i posti di lavoro generatori di valore aggiunto nell'Unione. Questa affermazione, però, non è vera. Il dato dell'occupazione relativo agli importatori è stato calcolato sulla base di dati verificati concernenti gli importatori inclusi nel campione — dati che comprendevano anche, in rapporto al prodotto in esame, i posti di lavoro generatori di valore aggiunto in ambiti quali la progettazione, il marketing, la R&S, la valorizzazione della marca, ecc. Tutti i dati verificati relativi all'occupazione sono stati sommati e rapportati al volume delle importazioni del prodotto in esame effettuate dagli importatori inseriti nel campione. Successivamente si è effettuata un'estrapolazione in rapporto al volume complessivo delle importazioni dai paesi in esame. Ne consegue che il dato dell'occupazione cui si è pervenuti comprende anche un consistente numero di «posti di lavoro generatori di valore aggiunto» nell'Unione.

    (500)

    Alcune parti hanno sostenuto che la tesi secondo cui gli importatori potrebbero facilmente modificare le loro fonti di approvvigionamento è semplicistica e di fatto errata. Secondo una parte interessata, non esisterebbero fonti di approvvigionamento alternative. A questo proposito, si sottolinea che non è mai stato affermato che cambiare fonti di approvvigionamento sarebbe facile. La Commissione non nega che cambiare fornitore possa comportare costi aggiuntivi e richieda tempo, né che alcuni importatori intrattengano rapporti di lunga data con i loro fornitori. Dalle informazioni raccolte presso gli importatori inclusi nel campione e presso un altro importatore non inserito nel campione si è però potuto concludere al considerando 452 del regolamento che esisteva un elevato livello di flessibilità e che gli eventuali sforzi aggiuntivi per cambiare fonti di approvvigionamento non erano tali da impedire a questi operatori di agire in tal senso. In effetti questi importatori hanno incrementato in misura significativa il loro approvvigionamento da paesi terzi, come mostra la tabella 19. Lo stesso andamento è stato rilevato per gli importatori non inclusi nel campione, visto che Eurostat segnala un incremento di 4 punti percentuali delle importazioni da paesi terzi (tabella 7).

    (501)

    Alcune parti interessate hanno sostenuto che la conferma delle misure accentuerà la perdita di posti di lavoro nell'Unione, senza dubbio a livello di importatori e dettaglianti. Non hanno però fornito elementi in grado di suffragare la loro tesi. Inoltre dagli atti risulta che l'occupazione connessa al prodotto in esame è cresciuta, per quanto riguarda gli importatori inclusi nel campione, del 6 % dal 2005 al periodo dell'inchiesta di riesame.

    (502)

    È stato affermato che manca un'analisi dei possibili vantaggi che gli importatori trarrebbero dall'abrogazione delle misure. A questo proposito giova ricordare che, secondo la lettera dell'articolo 21 del regolamento antidumping di base, occorre valutare se esistano validi motivi per non istituire misure antidumping. Ciò significa che, nel quadro di un riesame in previsione della scadenza, si deve esaminare se esistano motivi validi per non mantenere in vigore le misure: vanno cioè individuati gli effetti negativi derivanti dall'estensione temporale delle misure e quegli effetti vanno raffrontati ai benefici per l'industria dell'Unione così da stabilire se gli effetti negativi siano sproporzionati. Ne consegue che, da un punto di vista giuridico, l'ipotesi contraria, consistente cioè nel lasciar scadere le misure, dovrebbe essere oggetto di un'ulteriore analisi solo in presenza di elementi specifici indicanti l'esistenza — nel caso di specie — di un onere sproporzionato a carico degli importatori, dei dettaglianti o dei consumatori. Non è stato rilevato alcun elemento in tal senso. Anche se solo a livello di argomentazione astratta, vengono comunque descritti di seguito i probabili effetti che la mancata proroga delle misure avrebbe sugli importatori, sui dettaglianti e sui consumatori. Per quanto concerne gli importatori, l'inchiesta ha evidenziato che il calo della redditività dal 2005 al PIR è in parte attribuibile al pagamento dei dazi antidumping. Nell'ipotesi in cui le misure non venissero mantenute e tutti gli altri costi rimanessero stabili, i costi dei dazi scomparirebbero e così gli utili potrebbero raggiungere un livello superiore al 20 % circa riscontrato nell'ambito dell'inchiesta. Quanto ai dettaglianti, in base alle informazioni agli atti non è chiaro se essi trarrebbero vantaggio dalla scadenza delle misure, in quanto gli importatori inclusi nel campione non hanno sempre adeguato i prezzi di rivendita in funzione di eventuali riduzioni dei prezzi alle importazione, come risulta chiaramente dal confronto tra la media aritmetica del prezzo all'importazione e la media aritmetica del prezzo di rivendita tra il 2007 e il PIR.

    Per quanto concerne l'effetto sui consumatori, è ancora più improbabile che la scadenza delle misure si traduca in una riduzione dei prezzi, visto che i prezzi al dettaglio sono rimasti sostanzialmente stabili nonostante la variazione dei prezzi all'importazione tra il 2005 e il PIR. È improbabile anche che i consumatori possano avere vantaggi in termini di una maggiore scelta, visto che nulla agli atti dimostra che la scelta dei consumatori sia stata condizionata dall'istituzione dei dazi antidumping. In ogni caso, tutte queste considerazioni non possono modificare le conclusioni generali circa l'assenza di motivi validi per non mantenere in vigore le misure.

    (503)

    Secondo alcuni importatori e le loro associazioni, l'impatto della crisi è stato sottovalutato e gli effetti del rallentamento dell'economia continueranno ad aggravarsi. Prima di tutto, va detto che queste affermazioni non sono state sufficientemente corroborate, non essendo stati presentati dati concreti relativi al prodotti in esame. Come si legge al considerando 436 e seguenti del regolamento, l'incidenza della crisi è stata valutata fino a giugno del 2009 sulla base dei migliori dati disponibili, segnatamente attraverso l'invio di un altro questionario per affrontare specificamente questo tema. In base alle informazioni raccolte si è proceduto a un'analisi prudente dei dati ottenuti — analisi che ovviamente si basa principalmente sui dati che vanno fino a giugno del 2009. Non si può pertanto escludere che l'impatto prodotto dalla crisi economica sui consumi e sui prezzi sia peggiore di quanto non sia stato fino a giugno del 2009; ciononostante, si può ancora concludere che, considerato il livello di utili superiore al 15 %, è improbabile che l'effetto dei dazi antidumping possa da solo condizionare gli importatori in misura sproporzionata.

    Ciò è tanto più vero se si guarda all'andamento contraddittorio del mercato successivamente al giugno del 2009, con segnali di miglioramento in alcuni Stati membri. Di conseguenza, in questa fase non emerge alcuna grave sottovalutazione dell'impatto della crisi. Va altresì rilevato che esaminando i suddetti dati la Commissione è andata ben oltre gli obblighi giuridici che ad essa incombono, in quanto l'articolo 6, paragrafo 1, del regolamento di base precisa esplicitamente che le informazioni relative ad un periodo successivo al periodo dell'inchiesta non sono di norma prese in considerazione.

    (504)

    Infine alcune parti hanno ribadito la tesi secondo cui alcuni tipi di prodotto dovrebbero essere esclusi dalle misure antidumping in ragione del requisito dell'interesse dell'Unione, considerato che nell'Unione permane solo una produzione trascurabile di calzature specificamente per lo sport e per uso esterno. È stato asserito che il calo della produzione dell'Unione costituisca un mutamento di circostanze da considerare nel riesame in previsione della scadenza. Va in primo luogo ricordato che, nel quadro di un riesame in previsione della scadenza a norma dell'articolo 11, paragrafo 2, del regolamento di base, non è possibile modificare il campo di applicazione delle misure, come del resto enunciato al considerando 61 del presente regolamento. Ammesso e non concesso che ciò fosse giuridicamente possibile, si ricorda che questa tesi della produzione in calo è già stata avanzata nell'ambito dell'inchiesta iniziale e respinta ai considerando 28 e 38 del regolamento definitivo. Visto che queste parti non hanno prodotto alcun elemento di prova nuovo per dimostrare in quale misura la produzione dell'Unione di questi tipi di calzature sia diminuita successivamente all'inchiesta iniziale, la tesi addotta è respinta e si confermano pertanto le conclusioni di cui al considerando 450 del presente regolamento.

    3.   INTERESSE DEI DISTRIBUTORI/DETTAGLIANTI

    (505)

    Una parte interessata ha sostenuto che l'analisi avrebbe operato una distinzione artificiosa tra importatori e dettaglianti e che non sarebbe stato preso in considerazione l'interesse delle società integrate che devono sostenere l'intero onere delle misure. Prima di tutto va rilevato che l'unica società che ha collaborato come dettagliante è in effetti un importatore/dettagliante integrato, come si legge al considerando 460; di conseguenza la specificità di queste società integrate è risultata rappresentata nell'analisi relativa sia agli importatori inseriti nel campione sia ai dettaglianti. In secondo luogo, sono state prese in considerazione anche tutte le informazioni fornite da altri dettaglianti che non hanno pienamente collaborato all'inchiesta. La Commissione ha dunque considerato e analizzato tutte le informazioni disponibili relative alle società integrate. Considerato quanto sopra, non si può accogliere la tesi secondo cui l'interesse delle società integrate non sarebbe stato preso in considerazione.

    (506)

    Alcune parti interessate hanno formulato una critica di carattere generale, affermando che l'incidenza delle misure sui dettaglianti non sarebbe stata analizzata in modo sufficientemente preciso — critica questa non corredata da elementi di prova. Come illustrato nel considerando 459 e seguenti, la Commissione ha ripetutamente e proattivamente cercato di raccogliere informazioni presso i dettaglianti, ma nessuna catena di vendita al dettaglio, tranne un importatore/dettagliante integrato che ha collaborato come importatore, ha accettato di collaborare appieno all'inchiesta. Nonostante la ridotta collaborazione dei dettaglianti, l'analisi ha per quanto possibile considerato tutte le informazioni disponibili sul settore al dettaglio, come ad esempio le osservazioni scritte delle parti interessate, le informazioni raccolte nelle audizioni, le informazioni di mercato, gli studi e la stampa specializzata. Alla luce delle considerazioni che precedono, va respinta la tesi secondo cui l'incidenza delle misure sui dettaglianti non sarebbe stata analizzata in modo sufficientemente preciso.

    (507)

    Secondo diverse parti, la Commissione non ha tenuto conto di informazioni pubblicamente disponibili relative alla redditività dei dettaglianti. Una parte ha sostenuto che dai dati sulla redditività desunti dalle relazioni finanziarie pubblicamente disponibili di primari dettaglianti dell'Unione emerge una situazione molto preoccupante che l'analisi ha ignorato. Alcune parti hanno analogamente sostenuto che i gravi effetti della crisi economica sul settore al dettaglio non sarebbero stati presi in considerazione. La tesi è che, sebbene una delle principali catene di vendita al dettaglio di calzature abbia registrato utili record nel 2008, si tratta pur sempre di un'eccezione alla regola e che i dettaglianti più piccoli sono in grave difficoltà. Va a questo proposito ribadito che la collaborazione dei dettaglianti è stata molto limitata, visto che solo un importatore/dettagliante ha collaborato pienamente all'inchiesta. Inoltre, né prima né dopo la comunicazione delle conclusioni sono state presentate informazioni specifiche relative agli utili dei dettaglianti derivanti dalle calzature in cuoio o dal prodotto in esame. Ciononostante, la Commissione ha considerato e analizzato una serie di altre fonti di informazione, quali le osservazioni dei dettaglianti, le informazioni di mercato e le notizie di stampa, che indicavano un'ampia variabilità degli utili nel settore al dettaglio; da un lato sembrava che alcuni dettaglianti avessero registrato una diminuzione dei margini di profitto e un calo della domanda, mentre secondo le notizie della stampa specializzata le vendite e i ricavi di altri dettaglianti erano aumentati. Le informazioni pubblicamente disponibili, cui fanno riferimento le parti citate sopra, sono state quindi prese in considerazione, ma il quadro da esse offerto si è dimostrato parziale e di conseguenza si è fatto ricorso a una serie di altre fonti di informazione da cui è emerso un divario maggiore tra gli utili. Ne consegue che l'impatto del rallentamento dell'economia sui dettaglianti è stato, per quanto possibile, analizzato in base alle informazioni disponibili. Deve pertanto essere respinta la tesi secondo cui la redditività dei dettaglianti non sarebbe stata correttamente analizzata.

    (508)

    Alcune parti hanno contestato il riferimento al livello generale di redditività del settore al dettaglio e al fatturato realizzato con altre calzature, in quanto a loro avviso ciò non ha alcuna pertinenza con l'inchiesta. Secondo l'argomentazione di una delle parti, se è vero che l'autorità responsabile dell'inchiesta ha dichiarato che le vendite di altri prodotti hanno attenuato l'effetto delle misure sui dettaglianti, un'analisi analoga avrebbe dovuto essere fatta per i produttori dell'Unione. La replica è che i dettaglianti e i produttori dell'Unione del prodotto simile sono in una situazione diversa, visto che questi ultimi producono principalmente calzature in cuoio, mentre i dettaglianti di norma hanno una gamma più vasta di altri prodotti. Resta quindi valido quanto affermato nel considerando 472 e seguenti.

    (509)

    Alcune parti hanno avanzato dubbi sull'accuratezza dei dati dell'occupazione nel settore al dettaglio, esprimendo l'avviso che un maggior numero di posti di lavoro sarebbe a rischio, senza però corroborare questa tesi. A questo proposito, è opportuno segnalare che il dato dell'occupazione al dettaglio, quale figura al considerando 4 592, è stato calcolato in base al dato verificato relativo ai posti di lavoro nella vendita al dettaglio del prodotto in esame presso l'unico importatore/dettagliante che ha collaborato. Si è poi proceduto a una stima per estrapolazione dal suddetto dato dell'occupazione, partendo dal volume venduto al dettaglio da questa società e rapportandolo al volume totale delle vendite al dettaglio del prodotto in esame sul mercato dell'Unione. La stima così elaborata è stata poi confrontata e verificata con le osservazioni di altre parti e le fonti delle informazioni di mercato che hanno confermato l'ordine di grandezza calcolato dalla Commissione. L'argomentazione di cui sopra è pertanto respinta.

    (510)

    Varie parti hanno sostenuto che per i dettaglianti, soprattutto per le PMI, era difficile cambiare fonti di approvvigionamento visti i rapporti di fiducia di lunga data, come pure i costi e i ritardi potenzialmente proibitivi dell'operazione. Alcune parti hanno affermato che nell'attuale situazione di rallentamento dell'economia per i dettaglianti è particolarmente difficile assorbire i costi di delocalizzazione. Si riconosce a questo proposito che in una fase di crisi economica cambiare fonti di approvvigionamento possa causare qualche problema ad alcuni dettaglianti. Tuttavia la Commissione non ha constatato che questa operazione comporterebbe costi e ritardi proibitivi. Anzi, dalle informazioni raccolte durante l'inchiesta è emerso che vari dettaglianti avevano cercato e scelto approvvigionamenti alternativi senza alcun effetto eccessivamente negativo. La tesi addotta non può quindi essere accolta.

    (511)

    Una parte ha segnalato che è stato l'aumento del costo delle calzature originarie di RPC e Vietnam, oltre alle misure, a rendere non più competitivo l'approvvigionamento da quei paesi. La tesi secondo cui l'approvvigionamento dai paesi in esame non è più competitivo non è stata corroborata e non sembra compatibile con la conclusione relativa alla quota di mercato complessiva delle importazioni dai paesi interessati durante il PIR, che resta del 28 %. L'affermazione secondo cui nei paesi in esame stanno aumentando altri costi che incidono sulle scelte di approvvigionamento degli importatori conferma la conclusione della Commissione di cui al considerando 402 e seguenti: sembra cioè che esistano altri fattori, diversi dal dazio antidumping, che incidono sulla decisione degli importatori/dettaglianti di cambiare fonti di approvvigionamento. Visto che entrano in gioco molti altri fattori, non è possibile attribuire alle misure tutta l'incidenza negativa.

    (512)

    Diverse parti hanno sostenuto che non è stata prestata abbastanza attenzione al fatto che il sistema dei «price point» applicato ai prezzi al consumo ha impedito la traslazione sui consumatori di piccoli incrementi di prezzo. Questa affermazione conferma la conclusione della Commissione secondo cui gli aumenti dei prezzi per i dettaglianti sono stati troppo modesti per tradursi in aumenti significativi al consumo. Si rimanda a questo proposito al considerando 4 770.

    (513)

    Una parte ha sostenuto che l'analisi non ha tenuto conto dell'aspra guerra dei prezzi nel settore al dettaglio. Questa obiezione viene respinta in quanto il tema della forte concorrenza al dettaglio è stato esaminato al considerando 467.

    4.   INTERESSE DEI CONSUMATORI

    (514)

    Varie parti hanno sostenuto che i prezzi al consumo hanno subito aumenti maggiori di quanto rilevato nell'inchiesta e che essi sarebbero destinati ad aumentare ulteriormente se le misure fossero prorogate. Altre parti hanno espresso dubbi sull'accuratezza dei dati usati dalla Commissione per i prezzi al consumo, sostenendo che non riguardavano tutti gli Stati membri e comprendevano altri prodotti diversi dal prodotto in esame. Due parti hanno lamentato il fatto che non siano state prese in considerazione le informazioni, presentate da una di esse, sul monitoraggio dei prezzi al dettaglio effettuato dall'industria del settore. Tutte le informazioni presentate in merito ai prezzi al dettaglio sono state esaminate nell'inchiesta e si rinvia per questo ai considerando da 463 e seguenti.

    La Commissione si è in realtà avvalsa di numerose fonti per stabilire l'andamento dei prezzi al consumo: si tratta in particolare delle informazioni ottenute dalle parti che hanno collaborato (prezzi di rivendita dei grossisti, prezzi di acquisto e di rivendita dell'importatore/dettagliante che ha collaborato e di altri dettaglianti che hanno presentato dati), delle dichiarazioni di una serie di parti interessate che attestano che i prezzi al consumo non sono aumentati e di dati di fonte statistica. Questi ultimi dati, esposti nella tabella 23, sono risultati più affidabili del monitoraggio (in precedenza ricordato) dei prezzi al dettaglio effettuato dall'industria del settore, e ciò per i motivi di seguito enunciati. I dati presentati da questa parte sono stati considerati più limitati e meno rappresentativi in quanto coprivano solo una parte molto limitata della definizione del prodotto e non includevano un mercato al consumo molto importante, quello del Regno Unito, che secondo le parti interessate costituisce un mercato al dettaglio altamente competitivo. I dati della tabella 23 provengono dagli istituti statistici nazionali (compreso quello del Regno Unito che ha registrato una leggera diminuzione dei prezzi al consumo tra il 2005 e il PIR) e riguardano prevalentemente il prodotto in esame. I dati forniti dalle parti interessate durante l'inchiesta hanno evidenziato comunque aumenti modesti, se non addirittura riduzioni, dei prezzi. Per questi motivi le tesi di cui sopra sono state respinte.

    (515)

    Una parte ha citato la difficoltà dei consumatori a ottenere prodotti di qualità a prezzi ragionevoli senza però fornire elementi di prova, motivo per cui la tesi non è accolta.

    (516)

    Una parte ha sostenuto che il calo dei consumi di calzature in cuoio dimostrava l'impatto negativo delle misure sui consumatori, pur senza fornire elementi di prova in tal senso. Come illustrato al considerando 482, i prezzi al consumo sono rimasti sostanzialmente stabili e quindi non si è avuto alcun impatto negativo sui consumatori. La Commissione ha riscontrato l'esistenza di una serie di fattori che hanno determinato una contrazione dei consumi di calzature in cuoio, come ad esempio i cambiamenti delle tendenze della moda. Per questo motivo non è stato possibile concludere che il calo dei consumi sia riconducibile alle misure. L'obiezione di cui sopra è pertanto respinta.

    5.   ALTRE OSSERVAZIONI SUCCESSIVE ALLA PUBBLICAZIONE DELLE CONCLUSIONI

    (517)

    Due parti hanno sostenuto che l'analisi relativa all'interesse dell'Unione era incompleta, in quanto essa non avrebbe tenuto conto degli interessi dei fornitori di servizi logistici dell'Unione (società di trasporto marittimo, ecc.). Si fa rilevare che nessuno operatore di questo tipo si è manifestato chiedendo che venisse presa in considerazione la sua posizione, né è stata presentata alcuna informazione su questo punto. È pertanto respinta la tesi secondo cui l'analisi dell'interesse dell'Unione sarebbe incompleta da questo punto di vista. Alcune parti hanno analogamente sostenuto che gli effetti positivi della mancata proroga delle misure avrebbero dovuto essere analizzati sotto il profilo dell'interesse dell'Unione. Quanto a questa obiezione, si rinvia al considerando 502 del regolamento che spiega i motivi per cui un'analisi di questo tipo non è considerata necessaria da un punto di vista giuridico nel caso di specie.

    (518)

    Il governo vietnamita e la Vietnam Leather and Footwear Association hanno sostenuto che la conferma delle misure riduce l'incidenza dei programmi di aiuti dell'Unione. L'istituzione o la conferma dei dazi antidumping rappresenta la normale conseguenza tecnica del fatto che gli esportatori vietnamiti sono risultati coinvolti in pratiche di dumping pregiudizievole. Una valutazione politica come quella sopracitata esula dall'ambito giuridico e di conseguenza non è pertinente. Inoltre non c'è alcun contrasto tra il fatto che l'Unione conceda aiuti allo sviluppo al Vietnam in diversi settori e il fatto che vengano istituite misure antidumping al termine di un'inchiesta approfondita condotta nel rispetto delle regole del commercio internazionale.

    M.   MISURE ANTIDUMPING DEFINITIVE

    (519)

    Alla luce di quanto esposto, le misure antidumping sulle calzature in cuoio dovrebbero essere mantenute. Ciononostante, pur non ignorando che è stato accertato il persistere di un dumping pregiudizievole e che l'interesse dell'Unione richiede l'imposizione di misure, il presente procedimento è caratterizzato da circostanze particolari, come indicato nei considerando 324-326, di cui andrebbe tenuto debitamente conto nella durata delle misure antidumping. L'inchiesta ha dimostrato la probabilità del persistere del pregiudizio nel breve e medio termine, fino al completamento del processo di adeguamento dell'industria dell'Unione. La durata delle misure deve pertanto essere limitata a 15 mesi.

    (520)

    A norma dell'articolo 11, paragrafo 2, del regolamento di base, l'estensione delle misure a seguito di un riesame in previsione della scadenza si applica normalmente per 5 anni a meno che non esistano motivi o circostanze specifici che richiedano un periodo più breve. Nel presente caso l'inchiesta ha dimostrato che l'industria dell'Unione era caratterizzata da cambiamenti significativi nel periodo in esame. In particolare, si è riscontrato che una parte dell'industria stava adeguando il proprio modello commerciale e registrava profitti in aumento, che si avvicinavano all'obiettivo fissato per l'utile. Si è anche rilevato che tale componente si stava espandendo in misura notevole, sia in termini di fatturato sia di volume in modo tale da assorbire gradualmente una parte significativa dell'altra componente dell'industria che invece non aveva apportato grandi cambiamenti al proprio modello commerciale.

    (521)

    Sulla base di tali elementi, si ritiene che in questo momento, per quanto riguarda il periodo successivo a quello fissato nel considerando 519, la probabilità del persistere del pregiudizio non possa più essere verificata. È di conseguenza ritenuto inopportuno proporre una durata più lunga delle misure rispetto a tale periodo.

    (522)

    Si rammenta che le misure oggetto del presente riesame sono state estese dal regolamento (CE) n. 388/2008 (11) alle importazioni dello stesso prodotto spedito dalla RAS di Macao, a prescindere che sia dichiarato o no originario della RAS di Macao. Non sono stati forniti nuovi elementi a questo proposito nel quadro del presente riesame. Il dazio antidumping definitivo del 16,5 % applicabile alle importazioni originarie della RPC dovrebbe di conseguenza essere esteso alle importazioni dello stesso prodotto spedito dalla RAS di Macao, a prescindere che sia dichiarato o no originario della RAS di Macao.

    N.   DISPOSIZIONI FINALI

    (523)

    Tutte le parti sono state informate dei fatti e delle considerazioni principali in base ai quali si è inteso raccomandare l'istituzione di dazi nei confronti della RPC e del Vietnam. Conformemente a quanto disposto dal regolamento di base, alle parti è stato concesso un periodo entro il quale presentare le loro osservazioni dopo la comunicazione delle informazioni. Le osservazioni comunicate oralmente e per iscritto dalle parti sono state esaminate e, ove opportuno, le conclusioni definitive sono state debitamente modificate.

    Da quanto precede discende l'opportunità di mantenere i dazi antidumping per 15 mesi,

    HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:

    Articolo 1

    1.   Viene introdotto un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di alcuni tipi di calzature con tomaie di cuoio naturale o ricostituito, ad esclusione delle calzature per lo sport, delle calzature contenenti una tecnologia speciale, delle pantofole ed altre calzature da camera e delle calzature con puntale protettivo, originarie della Repubblica popolare cinese e del Vietnam, classificate ai seguenti codici NC: 6403 20 00, ex 6403 51 05, ex 6403 51 11, ex 6403 51 15, ex 6403 51 19, ex 6403 51 91, ex 6403 51 95, ex 6403 51 99, ex 6403 59 05, ex 6403 59 11, ex 6403 59 31, ex 6403 59 35, ex 6403 59 39, ex 6403 59 91, ex 6403 59 95, ex 6403 59 99, ex 6403 91 05, ex 6403 91 11, ex 6403 91 13, ex 6403 91 16, ex 6403 91 18, ex 6403 91 91, ex 6403 91 93, ex 6403 91 96, ex 6403 91 98, ex 6403 99 05, ex 6403 99 11, ex 6403 99 31, ex 6403 99 33, ex 6403 99 36, ex 6403 99 38, ex 6403 99 91, ex 6403 99 93, ex 6403 99 96, ex 6403 99 98 e ex 6405 10 00 (12).

    I codici TARIC sono elencati nell'allegato del presente regolamento.

    2.   Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni:

     

    per «calzature per lo sport» si intendono calzature ai sensi della nota di sottovoci 1 del capitolo 64 dell'allegato I del regolamento (CE) n. 1031/2008 (13);

     

    per «calzature contenenti una tecnologia speciale» si intendono le calzature che hanno un prezzo CIF uguale o superiore a 7,5 euro/paio, destinate all'attività sportiva, con suola stampata, non per iniezione, a uno o più strati, fabbricata con materiali sintetici appositamente progettati per attutire gli urti dovuti ai movimenti verticali o laterali e con caratteristiche tecniche quali cuscinetti ermetici contenenti gas o fluidi, componenti meccaniche che attutiscono o neutralizzano gli urti o materiali come i polimeri a bassa densità, classificate ai seguenti codici NC: ex 6403 91 11, ex 6403 91 13, ex 6403 91 16, ex 6403 91 18, ex 6403 91 91, ex 6403 91 93, ex 6403 91 96, ex 6403 91 98, ex 6403 99 91, ex 6403 99 93, ex 6403 99 96, ex 6403 99 98;

     

    per «calzature con puntale protettivo» si intendono calzature munite di un puntale protettivo e dotate di una resistenza all'impatto di almeno 100 joule (14) classificate ai seguenti codici NC: ex 6403 51 05, ex 6403 51 11, ex 6403 51 15, ex 6403 51 19, ex 6403 51 91, ex 6403 51 95, ex 6403 51 99, ex 6403 59 05, ex 6403 59 11, ex 6403 59 31, ex 6403 59 35, ex 6403 59 39, ex 6403 59 91, ex 6403 59 95, ex 6403 59 99, ex 6403 91 05, ex 6403 91 11, ex 6403 91 13, ex 6403 91 16, ex 6403 91 18, ex 6403 91 91, ex 6403 91 93, ex 6403 91 96, ex 6403 91 98, ex 6403 99 05, ex 6403 99 11, ex 6403 99 31, ex 6403 99 33, ex 6403 99 36, ex 6403 99 38, ex 6403 99 91, ex 6403 99 93, ex 6403 99 96, ex 6403 99 98 e ex 6405 10 00;

     

    per «pantofole ed altre calzature da camera» si intendono calzature classificate al seguente codice NC: ex 6405 10 00.

    3.   L'aliquota del dazio antidumping applicabile al prezzo netto franco frontiera dell'Unione, dazio non corrisposto, dei prodotti descritti al paragrafo 1 e fabbricati dalle società sotto elencate è la seguente:

    Paese

    Impresa

    Dazi antidumping

    Codice addizionale TARIC

    RPC

    Golden Step

    9,7 %

    A775

    Tutte le altre imprese

    16,5 %

    A999

    Vietnam

    Tutte le imprese

    10,0 %

    4.   Il dazio antidumping definitivo del 16,5 % applicabile alle importazioni originarie di «tutte le altre imprese» della Repubblica popolare cinese è esteso alle importazioni dei prodotti descritti al paragrafo 1 e spediti dalla RAS di Macao, a prescindere che siano dichiarati o no originari della RAS di Macao. I codici TARIC per le importazioni spedite dalla RAS di Macao figurano nell'allegato del presente regolamento.

    5.   Salvo quanto altrimenti disposto, si applicano le norme vigenti in materia di dazi doganali.

    Articolo 2

    Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Esso produce effetti per un periodo di 15 mesi.

    Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

    Fatto a Bruxelles, addì 22 dicembre 2009.

    Per il Consiglio

    Il presidente

    A. CARLGREN


    (1)  GU L 56 del 6.3.1996, pag. 1.

    (2)  GU L 275 del 6.10.2006, pag. 1.

    (3)  GU L 117 del'1.5.2008, pag. 1.

    (4)  GU C 75 del 26.3.2008, pag. 25.

    (5)  GU C 251 del 3.10.2008, pag. 21.

    (6)  Poiché il subappalto dell'intera produzione o di parte di essa all'interno dell'Unione è una pratica dell'Unione diffusa, nelle considerazioni geografiche si è dovuto valutare anche in che misura la proprietà del processo di produzione era conferita alle società nello Stato membro in questione o se la produzione era piuttosto basata su accordi di subappalto o contratti in conto lavorazione dove la proprietà dei prodotti finiti rimane alla parte che commissiona il servizio.

    (7)  Considerata la necessità di proteggere l'identità dei denunzianti come indicato nel considerando 40 e seguenti, non è stato possibile fornire un dato esatto del peso relativo di questa società in relazione al resto del campione, poiché ciò avrebbe potuto fornire indicazioni circa l'identità della società.

    (8)  Studio di mercato del CBI «The footwear market in the EU» (Il mercato delle calzature nell'UE). Aprile 2008.

    (9)  A partire dal settembre 2007 le importazioni da Macao, individuate come elusive delle misure antidumping, sono comprese nei dati della RPC. I volumi di importazione corrispondono a 3,7 milioni nel 2007 e a 6,4 milioni durante il PIR. Ai fini dell'analisi, a partire dal settembre 2007 le importazioni da Macao sono state considerate come importazioni cinesi. Ciononostante, alla luce dei volumi e dei valori interessati, anche senza tali importazioni la valutazione non cambierebbe.

    (10)  Prezzo allo sbarco simulato = CIF + dazio all'importazione + dazio antidumping (a partire dal 7 aprile 2006) + spese per le formalità doganali.

    (11)  GU L 117 dell'1.5.2008, pag. 1.

    (12)  Si veda la definizione contenuta nel regolamento (CE) n. 1031/2008, del 19 settembre 2008, recante modifica dell'allegato I del regolamento (CEE) n. 2658/87 relativo alla nomenclatura tariffaria e statistica ed alla tariffa doganale comune (GU L 291 del 31.10.2008, pag. 1). Il prodotto interessato è determinato combinando la descrizione del prodotto di cui all'articolo 1, paragrafo 1, e la corrispondente designazione del prodotto dei codici NC.

    (13)  GU L 291 del 31.10.2008.

    (14)  La resistenza all'impatto è misurata conformemente alle norme europee EN345 o EN346.


    ALLEGATO

    Codici TARIC relativi a calzature con tomaie di cuoio naturale o ricostituito di cui all'articolo 1

    Codice NC

    Codice TARIC relativo a importazioni provenienti da Cina e Vietnam

    Codice TARIC relativo a importazioni spedite da Macao

    6403 20 00

    20, 80

    20

    6403 51 05

    15, 18, 95, 98

    15, 95

    6403 51 11

    91, 99

    91

    6403 51 15

    91, 99

    91

    6403 51 19

    91, 99

    91

    6403 51 91

    91, 99

    91

    6403 51 95

    91, 99

    91

    6403 51 99

    91, 99

    91

    6403 59 05

    15, 18, 95, 98

    15, 95

    6403 59 11

    91, 99

    91

    6403 59 31

    91, 99

    91

    6403 59 35

    91, 99

    91

    6403 59 39

    91, 99

    91

    6403 59 91

    91, 99

    91

    6403 59 95

    91, 99

    91

    6403 59 99

    91, 99

    91

    6403 91 05

    15, 18, 95, 98

    15, 95

    6403 91 11

    95, 98

    95

    6403 91 13

    95, 98

    95

    6403 91 16

    95, 98

    95

    6403 91 18

    95, 98

    95

    6403 91 91

    95, 98

    95

    6403 91 93

    95, 98

    95

    6403 91 96

    95, 98

    95

    6403 91 98

    95, 98

    95

    6403 99 05

    15, 18, 95, 98

    15, 95

    6403 99 11

    91, 99

    91

    6403 99 31

    91, 99

    91

    6403 99 33

    91, 99

    91

    6403 99 36

    91, 99

    91

    6403 99 38

    91, 99

    91

    6403 99 91

    95, 98

    95

    6403 99 93

    25, 28, 95, 98

    25, 95

    6403 99 96

    25, 28, 95, 98

    25, 95

    6403 99 98

    25, 28, 95, 98

    25, 95

    6405 10 00

    81, 89

    81


    Top