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Document 52022XC0817(02)

Pubblicazione di una domanda di approvazione di una modifica non minore del disciplinare di produzione ai sensi dell'articolo 50, paragrafo 2, lettera a), del regolamento (UE) n. 1151/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari 2022/C 312/06

C/2022/5929

GU C 312 del 17.8.2022, p. 9–14 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, GA, HR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

17.8.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 312/9


Pubblicazione di una domanda di approvazione di una modifica non minore del disciplinare di produzione ai sensi dell'articolo 50, paragrafo 2, lettera a), del regolamento (UE) n. 1151/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari

(2022/C 312/06)

La presente pubblicazione conferisce il diritto di opporsi alla domanda di modifica ai sensi dell'articolo 51 del regolamento (UE) n. 1151/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio (1) entro tre mesi dalla data di pubblicazione.

DOMANDA DI APPROVAZIONE DI UNA MODIFICA NON MINORE DEL DISCIPLINARE DI PRODUZIONE DI UNA DENOMINAZIONE DI ORIGINE PROTETTA / DI UN'INDICAZIONE GEOGRAFICA PROTETTA

Domanda di approvazione di una modifica ai sensi dell'articolo 53, paragrafo 2, primo comma, del regolamento (UE) n. 1151/2012.

«Pitina»

n. UE: PGI-IT-02332-AM01 – 21.2.2022

DOP ( ) IGP (X)

1.   Gruppo richiedente e interesse legittimo

Associazione Produttori Pitina

Via Roma, 1 - 33092 Meduno – PN

ITALIA

Tel. +39 3356987484

E-mail: info@pitina-igp.it

L'Associazione Produttori Pitina è legittimata a presentare domanda di modifica ai sensi dell'articolo 13, comma 1, del Decreto del ministero delle politiche agricole alimentari e forestali n. 12511 del 14 ottobre 2013.

2.   Stato membro o paese terzo

Italia

3.   Voce del disciplinare interessata dalla modifica

Denominazione del prodotto

Descrizione del prodotto

Zona geografica

Prova dell’origine

Metodo di produzione

Legame

Etichettatura

Altro [ ]

4.   Tipo di modifica

Modifica a un disciplinare di una DOP o IGP registrata da considerarsi non minore ai sensi dell’articolo 53, paragrafo 2, terzo comma, del regolamento (UE) n. 1151/2012.

Modifica a un disciplinare di una DOP o IGP registrata, per cui il documento unico (o documento equivalente) non è stato pubblicato, da considerarsi non minore ai sensi dell’articolo 53, paragrafo 2, terzo comma, del regolamento (UE) n. 1151/2012.

5.   Modifica (modifiche)

5.1.   Modifica di elementi critici: Descrizione del prodotto

Il punto 4 dell'articolo 2 (Descrizione del prodotto) del disciplinare e il punto 3.2 del Documento Unico (Descrizione del prodotto a cui si applica la denominazione di cui al punto 1) sono stati modificati nella parte relativa al contenuto massimo di sale e di proteine come segue.

Il valore limite del contenuto in sale è stato modificato da «< 3,5 %» a «< 5,3 %».

La modifica riguarda la correzione di un errore materiale del parametro «sale». Il valore attualmente in vigore è frutto di un errore di battitura con l'inversione delle due cifre. Lo dimostra chiaramente il raffronto con i valori indicati all'articolo 5 paragrafo 2, punto 5 del Disciplinare, che indica in minimo 15 grammi e massimo 32 grammi la quantità di sale ammessa nella concia per chilogrammo di impasto carneo: i 32 g di sale addizionati con la concia per ogni kg di carne fresca, con un calo peso in stagionatura del 30 % - 35 % diventano rispettivamente 47,5 g e 49,2 g di sale nella carne stagionata e rappresentano valori vicini al limite corretto di 5,3 % e non risulterebbero compatibili con il limite attualmente in vigore erroneamente riportato. Il dato corretto è coerente con un dosaggio del sale comunque contenuto, posto che alla funzione di conservante del cloruro di sodio si somma, tradizionalmente, quella dell'affumicatura.

Il valore limite del contenuto in proteine è stato modificato da «< 28 %» a «< 38 %».

La modifica riguarda l'adeguamento del parametro «proteine». Storicamente, per la produzione della Pitina si usava la carne di capi ovicaprini a fine carriera con età avanzata. Le sopravvenute variazioni del concetto di «fine carriera» hanno comportato via via l'impiego di animali più giovani, con la conseguenza di un tasso proteico tendenzialmente diverso e più elevato.

Una «Pitina» con meno del 28 % di proteina costituiva la norma all'epoca in cui vennero effettuate le prime valutazioni fisico-chimiche su campioni razionali, prodotti con carni di animali con età avanzata a basso contenuto proteico. L'allargamento della scala produttiva dovuto al progressivo sviluppo di consumi agroalimentari moderni, unitamente all'impiego di capi ottenuti da cicli di allevamento produttivo (da carne e da latte) hanno migliorato le caratteristiche qualitative della carne impiegata, normalizzando di conseguenza il tasso proteico sulla base dei caratteri delle carni più diffusamente impiegate, pur nel rispetto delle procedure storiche di trasformazione.

La tradizione ed i connotati originali della «Pitina» permangono intatti nella regolamentazione di un tasso di proteina «massimo» e non «minimo», come invece avviene per la prevalenza delle prescrizioni descrittive dei salumi e/o di altri prodotti a base di carne.

5.2.   Modifica di elementi non critici: «Metodo di produzione»

Il paragrafo 2, punto 5 dell'articolo 5 (Fasi e metodi di lavorazione) e il punto 3.3 del Documento Unico (Mangimi e materie prime) sono stati modificati nella parte relativa all'uso di nitrati e nitriti nell'impasto della concia rendendo l'uso di questi due additivi non più obbligatorio ma facoltativo.

La modifica introduce il termine «facoltativo» in corrispondenza della specifica di utilizzo di nitriti e nitrati nell'impasto della concia.

La modifica ha il fine di contemplare in modo esplicito la possibilità di non impiegare nitriti e nitrati nella funzione di conservanti e/o stabilizzatori, pratica ritenuta da diversi produttori non essenziale per ottenere una «Pitina» conforme ai requisiti prescritti. La modifica non comporta variazioni alla descrizione del prodotto in quanto la disciplina descrittiva del prodotto finito indica la presenza di questi additivi con contenuti inferiori a 100 mg/kg di nitrati e inferiori a 25 mg/kg di nitriti permettendo, quindi, anche la loro assenza.

5.3.   Modifica di elementi non critici: «Metodo di produzione»

Nel paragrafo 2, punti 6 e 7 dell'articolo 5 (Fasi e metodi di lavorazione) del Disciplinare di produzione sono state modificate e meglio dettagliate le specifiche delle fasi di affumicatura e asciugatura.

In particolare, nel paragrafo 6 si è precisato che l'operazione di affumicatura «può essere alternata con l'asciugatura» ed è stata variata la temperatura della ambiente di affumicatura da «18 e 30°C» a «non deve superare 30°C».

Nel paragrafo 7, è stato variato il preciso momento in cui si inizia a computare la durata dell'asciugatura passando dalle «ore 24 del giorno di inizio asciugatura» a «dall'ora di inizio asciugatura».

L'effetto combinato di queste modifiche rende esplicita la possibilità di alternare le fasi di asciugamento e di affumicatura, fermi i relativi requisiti già disciplinati. Il moderato tasso di affumicatura della «Pitina» e la delicatezza del percorso di asciugatura non definiscono necessariamente una rigida sequenza delle due operazioni quanto una combinazione di effetti necessari per la stagionatura stessa. Nella tecnica di produzione della «Pitina» è stata evidenziata la necessità talvolta di alternare l'affumicatura con l'asciugatura mantenendo comunque le originali tempistiche minime, massime e complessive di durata e di combustione, comunque precedenti alla stagionatura.

È stato eliminato il limite della temperatura minima dell'ambiente di affumicatura in quanto effettivamente non rappresenta un parametro tecnologico che influisce sugli esiti della produzione e permette di includere anche le temperature di fine processo che possono scendere al disotto dei 18°C soprattutto nelle stagioni invernali fredde. Per la corretta affumicatura e conservazione del prodotto l'unico limite di temperatura utile da tenere sotto controllo è la temperatura massima di 30 °C.

Infine, è stata corretta l'espressione della modalità di computo dell'inizio dell'asciugatura per eliminare l'errore redazionale dell'attuale disciplina che prevede, in modo anomalo, che il computo della fase di asciugatura inizi dopo 24 ore dall'effettivo suo inizio.

Le modifiche descritte non comportano variazioni della composizione e della descrizione del prodotto.

DOCUMENTO UNICO

«PITINA»

n. UE: PGI-IT-02332-AM01 – 21.2.2022

DOP ( ) IGP (X)

1.   Denominazione

«Pitina»

2.   Stato membro o paese terzo

Italia

3.   Descrizione del prodotto agricolo o alimentare

3.1.   Tipo di prodotto

Classe 1.2. Prodotti a base di carne (cotti, salati, affumicati ecc.)

3.2.   Descrizione del prodotto a cui si applica la denominazione di cui al punto 1

La «Pitina» è ottenuta da un impasto costituito da:

una frazione prevalentemente magra di carne di una delle seguenti specie animali: ovino, caprino, capriolo, daino, cervo, camoscio;

una frazione prevalentemente grassa di pancetta e/o spallotto di suino.

La «Pitina» esternamente si presenta di forma semisferica, di colore compreso tra il giallo dorato ed il giallo bruno;

il colore interno al taglio è compreso tra il rosso vivace ed il bordeaux carico con la parte più esterna più scura. Al taglio l'impasto si presenta magro con grana molto fine. Il sapore è complesso e sapido con un caratteristico aroma di fumo.

La «Pitina» al momento dell'immissione al consumo presenta le seguenti caratteristiche chimico-fisiche:

 

Tenore di umidità: < 55 %

 

Sale < 5,3 %

 

Proteine: < 38 %

 

Nitrati < 100 mg/kg

 

Nitriti < 25 mg/kg

 

La «Pitina» ha peso compreso tra i 100 e i 300 grammi.

3.3.   Mangimi (solo per i prodotti di origine animale) e materie prime (solo per i prodotti trasformati)

Materia prima carnea:

La materia prima per la lavorazione della «Pitina» è costituita da carne di ovino o di caprino o di selvaggina ungulata limitatamente alle specie capriolo, daino, cervo, camoscio per la frazione prevalentemente magra e da pancetta e/o spallotto di suino per la frazione prevalentemente grassa.

La componente magra deve essere costituita con carni di un'unica specie animale compresa tra quelle sopraindicate.

La concia:

 

La concia è costituita da una miscela di sale marino o di salgemma ovvero da una miscela tra i medesimi, associata a pepe, aglio, vino ed erbe aromatiche con l'uso facoltativo di nitriti e nitrati.

 

Le erbe aromatiche ammesse sono: ginepro, kümmel o finocchio selvatico, semi di finocchio, achillea muscata.

Impanatura:

 

Farina di mais

La materia prima carnea presenta i seguenti requisiti:

a)

colore e caratteristiche della carne: colore rosso del magro, assenza di grasso di copertura e di microemorragie o di ematomi;

b)

colore e caratteristiche della pancetta e/o spallotto di suino: colore rosso-rosato del magro e bianco candido del grasso.

Non è ammessa carne separata meccanicamente.

La materia prima carnea deve osservare le seguenti percentuali di composizione:

 

Minimo

Massimo

Componente magra

70  %

90  %

Componente grassa

10  %

30  %

3.4.   Fasi specifiche della produzione che devono aver luogo nella zona geografica delimitata

Tutte le fasi di produzione della «Pitina», dalla mondatura della materia prima carnea fino alla stagionatura del prodotto, avvengono nella zona geografica di produzione.

3.5.   Norme specifiche in materia di affettatura, grattugiatura, confezionamento, ecc. del prodotto cui si riferisce la denominazione registrata

La «Pitina» viene commercializzata intera, confezionata sottovuoto o in atmosfera modificata. Le operazioni di confezionamento della «Pitina» sono effettuate esclusivamente in laboratori situati nella zona di produzione e nel medesimo contesto della lavorazione. Limitare il confezionamento al contesto di lavorazione della «Pitina» è necessario al fine di garantire il mantenimento della specificità del prodotto. A differenza di altri prodotti stagionati, la «Pitina» non prevede una fase di insacco in budello dell'impasto. L'unico agente «avvolgente» e protettivo è costituito dalla farina di mais presente sulla superficie dell'impasto agglomerato a forma semisferica. Pertanto, confezionare il prodotto nel medesimo contesto della lavorazione evita sia la perdita della forma della «Pitina», sia un indurimento eccessivo del prodotto dovuto alla permanenza del prodotto in ambienti con condizioni di umidità e temperatura non controllati.

3.6.   Norme specifiche in materia di etichettatura del prodotto cui si riferisce la denominazione registrata

Ogni confezione deve recare il logo del prodotto e il simbolo dell'Unione europea. La designazione dell'indicazione geografica protetta «Pitina» deve essere apposta sull'etichetta in caratteri chiari e indelebili, nettamente distinguibili da ogni altra scritta che compare in etichetta; essa deve essere immediatamente seguita dalla menzione «Indicazione geografica protetta» e/o dalla sigla I.G.P.

Il logo del prodotto è costituito dall'insieme grafico di simboli e parole di seguito raffigurato:

Image 1

4.   Delimitazione concisa della zona geografica

La «Pitina» è ottenuta esclusivamente nella provincia di Pordenone, nel territorio comunale dei Comuni di Andreis, Barcis, Cavasso Nuovo, Cimolais, Claut, Erto Casso, Frisanco, Maniago, Meduno, Montereale Valcellina, Tramonti di Sopra e Tramonti di Sotto.

5.   Legame con la zona geografica

La specificità della «Pitina» si riscontra nelle qualità intrinseche e nell'originalità del prodotto, riassumibili nell'inusuale utilizzo di carni di selvaggina o ovicaprine, non riscontrabile in tutto l'arco alpino e nelle modalità di conservazione che, a differenza delle generiche preparazioni a base di carne, non prevedono il budello o la cotenna ma, uno strato sottile di farina di mais che, insieme ad un utilizzo sapiente dell'affumicatura, consente la stagionatura e impedisce l'essiccazione eccessiva del prodotto. La «Pitina» nasce in un territorio dalle condizioni eco-ambientali distintive, che l'Osservatorio meteorologico regionale (OSMER, 2011) ha definito «una enclave prealpina dal profilo meteo-climatico autonomo, segnata da medie annue di precipitazioni autenticamente da record, con frequente rimescolamento delle masse d'aria aggiunte alla specificità del contesto orografico che ospita il “più basso nevaio permanente delle Alpi”». Il territorio di produzione della «Pitina» sotto il profilo geografico si identifica in tre valli denominate Valcellina, Val Colvera e Val Tramontina, inserite nel comprensorio montuoso soprastante l'alta pianura friulana occidentale, racchiuso tra il corso dei fiumi Tagliamento e Piave. Parte del territorio ricade nel comprensorio del Parco Naturale Dolomiti Friulane. Si tratta di un territorio storicamente contrassegnato da povertà, emigrazione e da un'economia di sopravvivenza, nella quale la carne era un bene prezioso e dove erano rarissime le tracce dell'allevamento del maiale. La provvista di proteine animali derivava dalle carni di pecore e capre macellate per raggiunti limiti di età o perché ferite o cadute in un dirupo ovvero, saltuariamente, da carni di selvaggina ungulata frutto di caccia esercitata quasi sempre di frodo. La necessità di conservare il più a lungo possibile soprattutto per i mesi invernali la poca carne disponibile ha fatto evolvere tecniche di conservazione, del resto comuni a tutto l'arco alpino e all'area del nord Europa, tra le quali l'affumicatura e la stabilizzazione con l'aggiunta del grasso di suino. Nel caso della «Pitina», le carni che non venivano consumate subito e, più in generale, le parti meno pregiate, venivano sgrossate, ripulite dalle componenti adipose e dai tendini, sminuzzate su un tagliere chiamato «pestadoria» con un pesante coltello chiamato «manarin» e quindi ricomposte in polpettine con l'aggiunta di sale, spezie (talvolta messe a macerare nel vino), finocchio selvatico. Le polpettine («pitine») venivano poi passate nella farina di mais e quindi messe ad asciugare al fumo del camino («fogher» o «fogolar»). Una serie di testimonianze orali, raccolte da studiosi locali a partire dal 1978 («La cultura popolare di Andreis e la sua valle» - tesi di laurea di Renata Vettorelli - Università degli studi di Urbino - anno accademico 1981-82) permettono di affermare con certezza che la preparazione ed il consumo della «Pitina» erano largamente diffusi all'inizio dell'800 in Val Tramontina e nelle vallate limitrofe. Appare importante la citazione della «Pitina» e delle sue caratteristiche peculiari nel volume «La valle del Colvera» (Mazzoli, Maniago, 1973): «… La pitina veniva preparata con carne di ovini e caprini…» e significativa la dettagliata descrizione presente nel volume «Civiltà contadina del Friuli - architettura spontanea e lavoro a Navarons» edito nel 1979: «Pitina — È una polpetta schiacciata (otto centimetri di diametro e tre di spessore) di carne di pecora o di montone, di capra o di becco o di camoscio. La carne è disossata, ripulita dal grasso, macinata a macchina o tritata a mano, salata e pepata e con l'aggiunta di aglio e di una percentuale di lardo. Il composto è ben amalgamato e passato nella farina di polenta. Le porzioni vengono affumicate su braci di legno di ginepro. Le “pitini” si possono conservare in luogo asciutto anche per oltre un anno» («pitini» costituisce il tentativo dell'autore di rappresentare al plurale la denominazione).

La tradizione della «Pitina» in val Tramontina è citata nella «Guida turistica» della V Comunità montana edita nel 1989. «… un particolare cenno merita la “pitina” a base di carne di montone affumicata con rare erbe aromatiche e dosata sapientemente con spezie secondo una antica ricetta di famiglia gelosamente custodita». Il nome «Pitina» si è originariamente diffuso nella Val Tramontina. In questo Comune fin dal 1969 la Pro Loco ha recuperato la tradizione locale organizzando la Festa della Pitina che da allora si ripete ogni anno in luglio. Tra il 1997 ed il 2000 la «Pitina» viene inserita da Arcigola Slow Food nel primo elenco dei prodotti da salvare, contestualmente alla redazione di un video (Pieffe immagini, Maniago, 1999) ed alla fondazione di un apposito «presidio», per salvaguardarne tradizione e ricetta. Quasi contemporaneamente il prodotto viene inserito nel primo elenco del registro dei prodotti tradizionali redatto dalla Regione Friuli Venezia Giulia ai sensi del DM 350/99.

Riferimento alla pubblicazione del disciplinare

Il testo consolidato del disciplinare di produzione è consultabile sul sito internet: http://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/3335"

Oppure

accedendo direttamente all'home page del sito del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (www.politicheagricole.it), cliccando su «Qualità» (in alto a destra dello schermo), poi su Prodotti DOP IGP STG (di lato, sulla sinistra dello schermo) ed infine su "Disciplinari di Produzione all'esame dell'UE.


(1)  GU L 343 del 14.12.2012, pag. 1.


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