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Document 62017CJ0437

Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 13 marzo 2019.
Gemeinsamer Betriebsrat EurothermenResort Bad Schallerbach GmbH contro EurothermenResort Bad Schallerbach GmbH.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall'Oberster Gerichtshof.
Rinvio pregiudiziale – Libera circolazione dei lavoratori – Articolo 45 TFUE – Regolamento (UE) n. 492/2011 – Articolo 7, paragrafo 1 – Divieto di discriminazioni in base alla nazionalità – Diritto alle ferie annuali retribuite in funzione dell’anzianità di servizio del lavoratore presso il datore di lavoro – Rilevanza solamente parziale dei periodi di attività lavorativa precedentemente compiuti presso altri datori di lavoro – Normativa sociale – Disparità tra regimi e normative degli Stati membri.
Causa C-437/17.

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2019:193

SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)

13 marzo 2019 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Libera circolazione dei lavoratori – Articolo 45 TFUE – Regolamento (UE) n. 492/2011 – Articolo 7, paragrafo 1 – Divieto di discriminazioni in base alla nazionalità – Diritto alle ferie annuali retribuite in funzione dell’anzianità di servizio del lavoratore presso il datore di lavoro – Rilevanza solamente parziale dei periodi di attività lavorativa precedentemente compiuti presso altri datori di lavoro – Normativa sociale – Disparità tra regimi e normative degli Stati membri»

Nella causa C‑437/17,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dall’Oberster Gerichtshof (Corte Suprema, Austria), con decisione del 29 giugno 2017, pervenuta in cancelleria il 19 luglio 2017, nel procedimento

Gemeinsamer Betriebsrat EurothermenResort Bad Schallerbach GmbH

contro

EurothermenResort Bad Schallerbach GmbH,

LA CORTE (Quinta Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente della Corte, facente funzione di presidente della quinta sezione, F. Biltgen e E. Levits (relatore), giudici,

avvocato generale: H. Saugmandsgaard Øe

cancelliere: V. Giacobbo-Peyronnel, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 3 maggio 2018,

considerate le osservazioni presentate:

per il Gemeinsamer Betriebsrat EurothermenResort Bad Schallerbach GmbH, da S. Ameshofer, G. Storch e R. Storch, Rechtsanwälte, assistiti da K. Mayr consulente peritale;

per la EurothermenResort Bad Schallerbach GmbH, da F. Marhold, Rechtsanwalt;

per il governo austriaco, da G. Hesse, in qualità di agente;

per la Commissione europea, da M. Kellerbauer e D. Martin, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 25 luglio 2018,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 45 TFUE e dell’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 492/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione (GU 2011, L 141, pag. 1).

2

La domanda è stata sollevata nell’ambito di una controversia insorta tra il Gemeinsamer Betriebsrat EurothermenResort Bad Schallerbach GmbH (comitato d’azienda della società EurothermenResort Bad Schallerbach GmbH, in prosieguo: il «comitato d’azienda della Eurothermen»), e la EurothermenResort Bad Schallerbach GmbH, (in prosieguo: la «Eurothermen») in merito alla rilevanza solo parziale, ai fini della determinazione del diritto alle ferie retribuite dei dipendenti della società medesima, dei periodi d’attività lavorativa precedentemente compiuti presso altri datori di lavoro.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

3

L’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 492/2011 così dispone:

«Il lavoratore cittadino di uno Stato membro non può ricevere sul territorio degli altri Stati membri, a motivo della propria cittadinanza, un trattamento diverso da quello dei lavoratori nazionali per quanto concerne le condizioni di impiego e di lavoro, in particolare in materia di retribuzione, licenziamento, reintegrazione professionale o ricollocamento se disoccupato.»

Il diritto austriaco

4

L’articolo 2, paragrafo 1, dell’Urlaubsgesetz (legge in materia di ferie retribuite), del 7 luglio 1976 (BGBl. 1976/390, nel testo pubblicato nel BGBl. I, 2013/3 (in prosieguo: l’«UrlG»), così recita:

«Per ciascun anno di lavoro, spetta al lavoratore un periodo ininterrotto di ferie retribuite. La durata del periodo di ferie è di 30 giorni lavorativi in caso di anzianità di servizio inferiore a 25 anni, aumentata a 36 giorni lavorativi a decorrere dal compimento del 25esimo anno».

5

Il successivo articolo 3 prevede quanto segue:

«1.   Ai fini della determinazione della durata del periodo di ferie devono essere computati complessivamente i periodi di servizio compiuti presso uno stesso datore di lavoro che non presentino soluzioni di continuità superiori a tre mesi.

(…)

2.   Ai fini della determinazione della durata del periodo di ferie devono essere computati:

1)

tutti i periodi di attività lavorativa prestata nel territorio nazionale (…) nell’ambito di un altro rapporto di lavoro qualora presenti una durata, rispettivamente, di almeno sei mesi;

(…)

3)   i periodi di cui al paragrafo 2, punto 1, (…) devono essere computati, complessivamente, soltanto sino a concorrenza di cinque anni (…).

(…)».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

6

La Eurothermen è una società operante nel settore del turismo, con sede a Bad Schallerbach (Austria), che impiega un certo numero di lavoratori che hanno precedentemente maturato periodi di attività lavorativa presso altri datori di lavoro, sul territorio di Stati membri diversi dalla Repubblica d’Austria.

7

Il comitato d’azienda della Eurothermen presentava, quale organo competente per i dipendenti della stessa Eurothermen, una domanda conformemente al procedimento speciale ex articolo 54, paragrafo 1, dell’Arbeits- und Sozialgerichtsgesetz (legge relativa alla giurisdizione ed alla procedura in materia di previdenza sociale e diritto del lavoro) del 7 marzo 1985 (BGBl. 104/1985).

8

La domanda proposta contro la Eurothermen verte sul diritto alle ferie annuali retribuite dei lavoratori di detta società che hanno maturato periodi di servizio precedenti presso altri datori di lavoro, sul territorio di Stati membri diversi dalla Repubblica d’Austria.

9

A parere del comitato d’azienda della Eurothermen, il fatto che l’articolo 3, paragrafo 2, punto 1, e paragrafo 3, dell’UrlG limiti a cinque anni la rilevanza dei periodo di attività lavorativa precedentemente compiuti presso altri datori di lavoro stabiliti in altri Stati membri costituisce una restrizione alla libera circolazione dei lavoratori garantita dall’articolo 45 TFUE.

10

Secondo il comitato d’azienda medesimo, conformemente al diritto dell’Unione, tali periodi di attività pregressi devono essere computati in toto, di modo che qualsiasi lavoratore in possesso di un’esperienza professionale di 25 anni abbia diritto a una sesta settimana di ferie ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’UrlG.

11

La domanda proposta dal comitato d’azienda della Eurothermen veniva respinta in prime cure dal Landesgericht Wels (Tribunale regionale di Wels, Austria) e, in appello, dall’Oberlandesgericht Linz (Tribunale regionale superiore di Linz, Austria).

12

Adito con ricorso per cassazione, l’Oberster Gerichtshof (Corte Suprema, Austria) nutre dubbi in merito alla questione se una normativa come quella oggetto del procedimento principale costituisca una discriminazione indiretta con riguardo al combinato disposto dell’articolo 45 TFUE e dell’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 492/2011 o un ostacolo ai sensi dell’articolo 45 TFUE. In caso affermativo, l’Oberster Gerichtshof (Corte Suprema) ritiene che si ponga l’ulteriore questione della giustificazione di detto regime.

13

A tal riguardo l’Oberster Gerichtshof (Corte Suprema) precisa che, secondo la propria costante giurisprudenza ed unanime dottrina, l’articolo 3, paragrafo 2, punto 1, dell’UrlG dev’essere interpretato nel senso che i periodi di attività lavorativa compiuti presso datori di lavoro nazionali e non nazionali devono essere trattati in ugual maniera. In tal senso, nonostante il tenore di tale disposizione, i periodi d’attività lavorativa effettuati all’estero devono essere computati sino a concorrenza di un massimo di cinque anni.

14

Alla luce di queste considerazioni, l’Oberster Gerichtshof (Corte Suprema) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’articolo 45 TFUE e l’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 492/2011, debbano essere interpretati nel senso che ostino ad una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale (articolo 3, paragrafo 2, punto 1, in combinato disposto con gli articoli 3, paragrafo 3, e 2, paragrafo 1, dell’UrlG), secondo cui un lavoratore che abbia maturato complessivamente 25 anni di servizio, peraltro non presso un medesimo datore di lavoro austriaco, abbia diritto soltanto a cinque settimane di ferie annuali, mentre un lavoratore che abbia maturato 25 anni di servizio presso uno stesso datore di lavoro austriaco abbia diritto a sei settimane di ferie l’anno».

Sulla questione pregiudiziale

15

Con la questione pregiudiziale il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se l’articolo 45 TFUE e l’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 492/2011 debbano essere interpretati nel senso che ostino ad una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, che, al fine di stabilire se un lavoratore con 25 anni di esperienza lavorativa abbia diritto all’aumento delle ferie annuali retribuite da 5 a 6 settimane, prevede che gli anni compiuti nell’ambito di uno o più rapporti lavorativi precedenti quello con il suo attuale datore di lavoro possano essere computati sino ad un massimo di 5 anni di attività professionale, ancorché il loro numero effettivo sia superiore a 5 anni.

Sull’articolo 45, paragrafo 2, TFUE e l’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 492/2011

16

Si deve ricordare, in limine, che l’articolo 45, paragrafo 2, TFUE vieta qualsiasi discriminazione, basata sulla cittadinanza, tra i lavoratori degli Stati membri, per quanto riguarda l’impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro. L’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 492/2011 rappresenta solo una particolare espressione del principio di non-discriminazione sancito dal medesimo articolo 45, paragrafo 2, nello specifico settore delle condizioni di impiego e di lavoro e dev’essere, pertanto, interpretato alla stessa stregua di detto articolo (sentenza del 5 dicembre 2013, Zentralbetriebsrat der gemeinnützigen Salzburger Landeskliniken, in prosieguo: la «sentenza SALK, C‑514/12, EU:C:2013:799, punto 23 e giurisprudenza citata).

17

Il diritto alle ferie annuali retribuite riconosciuto ai lavoratori s’inserisce incontestabilmente nell’ambito delle condizioni d’impiego e di lavoro, ragion per cui la normativa in esame ricade nella sfera d’applicazione delle disposizioni richiamate al punto precedente.

18

A tal riguardo, secondo costante giurisprudenza della Corte, il principio della parità di trattamento sancito dall’articolo 45 TFUE nonché dall’articolo 7 del regolamento n. 492/2011 vieta non soltanto le discriminazioni palesi in base alla cittadinanza, ma anche qualsiasi discriminazione dissimulata che, basandosi su altri criteri di distinzione, pervenga di fatto al medesimo risultato (v., segnatamente, sentenze del 5 dicembre 2013, SALK, C‑514/12, EU:C:2013:799, punto 25 e giurisprudenza citata, nonché del 2 marzo 2017, Eschenbrenner, C‑496/15, EU:C:2017:152, punto 35 e giurisprudenza citata).

19

In tale contesto la Corte ha precisato che una disposizione di diritto nazionale, benché indistintamente applicabile per quanto riguarda la nazionalità, dev’essere ritenuta indirettamente discriminatoria laddove, per sua stessa natura, tenda ad incidere più sui lavoratori migranti cittadini di altri Stati membri che su quelli nazionali e, di conseguenza, rischi di risultare sfavorevole in modo particolare ai primi, salvo essere obiettivamente giustificata e adeguatamente commisurata allo scopo perseguito (v. sentenza del 2 marzo 2017, Eschenbrenner, C‑496/15, EU:C:2017:152, punto 36 e giurisprudenza citata).

20

Nella specie, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, e dell’articolo 3, paragrafi da 1 a 3, dell’UrlG, il diritto alle ferie annuali retribuite è pari, una volta compiuti 25 anni d’attività professionale, a sei settimane qualora i periodi di attività lavorativa siano stati compiuti presso il datore di lavoro attuale. Nel caso in cui il lavoratore abbia precedentemente svolto attività presso uno o più datori di lavoro diversi, degli anni di servizio compiuti presso questi ultimi potrà essere preso in considerazione solamente un periodo massimo complessivo di 5 anni. In tal modo, per poter aver diritto a 6 settimane di ferie annuali retribuite, un lavoratore deve o aver effettuato 25 anni d’attività professionale presso il proprio datore di lavoro attuale, o aver totalizzato 25 anni d’attività professionale avendone compiuti quantomeno 20 presso il proprio attuale datore di lavoro.

21

Come già rilevato supra al punto 13, sebbene il tenore dell’articolo 3, paragrafo 2, punto 1, dell’UrlG faccia unicamente riferimento alle attività precedentemente svolte sul «territorio nazionale», secondo costante giurisprudenza dell’Oberster Gerichtshof (Corte Suprema) ed unanime dottrina, tale disposizione dev’essere interpretata nel senso che i periodi di attività lavorativa precedentemente compiuti da un lavoratore presso altri datori di lavoro sono computati in identica maniera, a concorrenza di una durata massima complessiva di cinque anni, indipendentemente dal fatto che siano stati compiuti sul territorio nazionale o in un altro Stato membro.

22

Per quanto attiene all’esistenza di un’eventuale discriminazione contraria all’articolo 45, paragrafo 2, TFUE e all’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 492/2011, si deve rilevare che una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, crea, come osservato dall’avvocato generale al paragrafo 21 delle proprie conclusioni, una disparità di trattamento tra lavoratori in base alla loro anzianità maturata presso l’attuale datore di lavoro. Infatti, per effetto di tale disciplina, gli anni compiuti presso uno o più altri datori di lavoro precedenti rilevano solo fino ad un massimo complessivo di 5 anni d’attività professionale, sebbene il loro numero effettivo sia superiore a 5 anni, ragion per cui un lavoratore che abbia totalizzato 25 anni d’attività professionale compiendone quantomeno 20 presso il proprio datore di lavoro attuale ha diritto a 6 settimane di ferie annuali retribuite, mentre un lavoratore che abbia totalizzato 25 anni d’attività professionale senza averne peraltro compiuti 20 presso il proprio attuale datore di lavoro ha diritto a sole 5 settimane di ferie annuali retribuite.

23

Ne consegue che tale normativa, essendo indistintamente applicabile a tutti i lavoratori che abbiano maturato almeno 25 anni d’attività lavorativa, indipendentemente dalla loro nazionalità, non può generare una discriminazione direttamente fondata sulla nazionalità.

24

Ad avviso del comitato d’azienda della Eurothermen e della Commissione europea, la normativa nazionale oggetto del procedimento principale dovrebbe essere considerata come indirettamente discriminatoria. Infatti, i lavoratori austriaci sarebbero in gran parte residenti in Austria ivi iniziando la propria carriera professionale, potendo, in tal modo, restare facilmente in maniera ininterrotta al servizio di un solo datore di lavoro per 25 anni e poter, conseguentemente, beneficiare della sesta settimana di ferie annuali retribuite, conformemente all’articolo 2, paragrafo 1, de l’UrlG. In tale contesto, sarebbe sufficiente la constatazione che la maggior parte dei lavoratori che soddisfano la condizione dei 25 anni d’anzianità prevista dall’articolo 2, paragrafo 1, de l’UrlG sono austriaci.

25

Per contro, per i lavoratori cittadini di altri Stati membri i quali, di regola, iniziano la loro carriera professionale nel proprio Stato membro d’origine, l’assunzione da parte di un datore di lavoro austriaco avrebbe luogo solo più tardi nel corso della loro carriera. Risulterebbe, quindi, loro più difficile ottenere l’anzianità richiesta per poter beneficiare, al pari dei lavoratori austriaci, della sesta settimana di ferie annuali retribuite. A tal riguardo, la maggior parte dei lavoratori interessati dalla limitata rilevanza dei periodi di attività lavorativa precedentemente svolti presso altri datori di lavoro, prevista dall’articolo 3, paragrafo 3, dell’UrlG, sarebbe costituita da cittadini di altri Stati membri.

26

In primo luogo, si deve rilevare che la normativa nazionale oggetto del procedimento principale svantaggia tutti i lavoratori, tanto austriaci quanto cittadini di altri Stati membri, i quali, pur avendo totalizzato 25 anni d’attività lavorativa, non ne abbiano compiuti almeno venti presso l’attuale datore di lavoro rispetto a coloro che ne abbiano totalizzati 25 compiendone almeno 20 presso il datore di lavoro attuale. Infatti, per quanto attiene alla prima categoria di lavoratori, dal fatto di aver cambiato occupazione deriva che l’esperienza professionale acquisita presso i precedenti datori di lavoro viene computata sino a concorrenza del massimale di 5 anni previsto dall’articolo 3, paragrafo 3, dell’UrlG.

27

Tale disparità di trattamento tra lavoratori in funzione della rispettiva anzianità di servizio presso il datore di lavoro attuale, affinché sia considerata come indirettamente discriminatoria, ai sensi dell’articolo 45, paragrafo 2, TFUE e dell’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 492/2011, dev’essere tale da incidere, per sua stessa natura, in misura maggiore sui lavoratori cittadini di altri Stati membri rispetto ai lavoratori nazionali.

28

Orbene, contrariamente a quanto sostenuto dal comitato d’azienda della Eurothermen e dalla Commissione, dall’ordinanza di rinvio non emergono elementi che inducano a ritenere che i lavoratori austriaci restino di regola al servizio del loro attuale datore di lavoro per 25 anni. Non è pertanto dimostrato che tale normativa avvantaggerebbe particolarmente i lavoratori austriaci rispetto a quelli cittadini di altri Stati membri.

29

Alla luce di tali considerazioni, non può ritenersi, in conclusione, che i lavoratori interessati dalla rilevanza limitata dei periodi d’attività lavorativa precedentemente compiuta presso altri datori di lavoro, di cui all’articolo 3, paragrafo 3, dell’UrlG, siano, in maggior parte, cittadini di altri Stati membri.

30

Peraltro, contrariamente a quanto dedotto dalla Commissione nelle proprie osservazioni, anche ammesso che risultasse accertato che la maggior parte dei lavoratori rispondenti al requisito dei 25 anni di anzianità di cui all’articolo 2, paragrafo 1, dell’UrlG fossero di nazionalità austriaca, tale accertamento non consentirebbe, di per sé, di concludere, come emerge dal punto 28 supra, che i lavoratori cittadini di altri Stati membri siano vittima di una discriminazione indiretta.

31

In secondo luogo, la Commissione non può fondare il proprio ragionamento né, in termini generali, sulla giurisprudenza della Corte secondo cui, ai fini della qualificazione di una misura nazionale come indirettamente discriminatoria, non è necessario che essa abbia l’effetto di favorire tutti i cittadini nazionali oppure di sfavorire soltanto i cittadini degli altri Stati membri (sentenza del 20 giugno 2013, Giersch e a., C‑20/12, EU:C:2013:411, punto 45 nonché la giurisprudenza ivi citata) né, specificamente, sulla risposta fornita dalla Corte nella propria sentenza del 5 dicembre 2013, SALK (C‑514/12, EU:C:2013:799).

32

Infatti, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 35 delle proprie conclusioni, la giurisprudenza richiamata al punto precedente è pertinente solamente una volta che sia stato dimostrato che la normativa nazionale controversa nel procedimento principale sia tale da colpire in misura maggiore i lavoratori cittadini di altri Stati membri rispetto ai lavoratori nazionali. Orbene, considerato che ciò non avviene nella specie, detta giurisprudenza non può essere assunta a fondamento per dichiarare che la normativa in questione dev’essere considerata indirettamente discriminatoria.

33

D’altro canto, la causa sfociata nella sentenza del 5 dicembre 2013, SALK (C‑514/12, EU:C:2013:799), riguardava i dipendenti di un ente collettivo locale ove la normativa in questione era diretta a consentirne la mobilità nell’ambito di un gruppo di datori di lavoro distinti e non a ricompensare le fedeltà dei dipendenti nei confronti di un determinato datore di lavoro. Ne consegue che il ragionamento svolto dalla Corte in tale sentenza non può essere trasposto alla normativa nazionale controversa nel procedimento principale, ove quest’ultima è appunto volta a ricompensare la fedeltà di un lavoratore nei confronti del suo attuale datore di lavoro.

34

Dalle suesposte considerazioni discende che una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, che istituisce una disparità di trattamento tra lavoratori in base all’anzianità di servizio maturata presso l’attuale datore di lavoro non può essere peraltro considerata di natura indirettamente discriminatoria nei confronti dei lavoratori cittadini di altri Stati membri e, pertanto, contraria all’articolo 45, paragrafo 2, TFUE.

Sull’articolo 45, paragrafo 1, TFUE

35

Occorre ancora stabilire se le disposizioni nazionali oggetto del procedimento principale costituiscano un ostacolo alla libera circolazione dei lavoratori, vietata dall’articolo 45, paragrafo 1, TFUE.

36

A tal riguardo, si deve ricordare che è ben vero che l’articolo 45 TFUE nonché l’insieme delle disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione delle persone mira a facilitare, ai cittadini dell’Unione europea, l’esercizio di attività lavorative di qualsivoglia natura nel territorio dell’Unione ed osta ai provvedimenti che potrebbero sfavorirli qualora intendessero svolgere un’attività nel territorio di un Stato membro diverso da quello di origine. In tale contesto, i cittadini degli Stati membri dispongono, in particolare, del diritto, conferito loro direttamente dal Trattato, di lasciare il paese d’origine per entrare nel territorio di un altro Stato membro ed ivi soggiornare al fine di esercitarvi un’attività (sentenza del 18 luglio 2017, Erzberger, C‑566/15, EU:C:2017:562, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).

37

Tuttavia, il diritto primario dell’Unione non può garantire a un lavoratore che il trasferimento in uno Stato membro diverso dal proprio Stato membro di origine resti neutrale in materia previdenziale, in quanto tale trasferimento, in considerazione delle disparità tra i regimi e le normative degli Stati membri, può, a seconda dei casi, risultare più o meno favorevole per l’interessato sotto tale profilo (sentenza del 18 luglio 2017, Erzberger, C‑566/15, EU:C:2017:562, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).

38

Infatti, il diritto dell’Unione garantisce unicamente che i lavoratori che esercitano un’attività sul territorio di uno Stato membro diverso dal loro Stato membro di origine siano assoggettati alle medesime condizioni dei lavoratori di detto altro Stato (sentenza del 23 gennaio 2019, Zyla, C‑272/17, EU:C:2019:49, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).

39

Come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 51 e 58 delle proprie conclusioni, queste considerazioni si applicano tanto ad un lavoratore che intenda lasciare un datore di lavoro soggetto alla legge austriaca quanto ad un lavoratore, cittadino di un altro Stato membro, attratto da un posto di lavoro in Austria.

40

Contrariamente a quanto dedotto dal comitato d’azienda della Eurothermen e dalla Commissione, la normativa nazionale austriaca oggetto del procedimento principale non è di natura tale da dissuadere i lavoratori austriaci che intendano lasciare il proprio attuale datore di lavoro ai fini dell’assunzione presso un datore di lavoro di un altro Stato membro, intendendo poi peraltro far ritorno presso il proprio datore di lavoro iniziale. Si deve rilevare, al pari dell’avvocato generale ai paragrafi da 60 a 62 delle proprie conclusioni, che tale tesi si fonda su circostanze troppo aleatorie ed indirette perché la normativa de qua possa essere considerata tale da ostacolare la libera circolazione dei lavoratori (v., in tal senso, sentenza del 27 gennaio 2000, Graf, C‑190/98, EU:C:2000:49, punto 25).

41

Dai suesposti rilievi discende che una normativa nazionale come quella oggetto del procedimento principale non può essere qualificata come «ostacolo alla libera circolazione dei lavoratori», vietato dall’articolo 45, paragrafo 1, TFUE.

42

Alla luce di tutte le considerazioni sin qui svolte, si deve rispondere alla questione sollevata dichiarando che l’articolo 45 TFUE e l’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 492/2011 devono essere interpretati nel senso che non ostano ad una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, che, al fine di stabilire se un lavoratore che abbia totalizzato 25 anni di esperienza lavorativa abbia diritto all’aumento delle ferie annuali retribuite da 5 a 6 settimane, prevede che gli anni compiuti nell’ambito di uno o più rapporti lavorativi precedenti quello con il suo attuale datore di lavoro possano essere computati solo sino ad un massimo di 5 anni di attività professionale, ancorché il loro numero effettivo sia superiore a 5 anni.

Sulle spese

43

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara:

 

L’articolo 45 TFUE e l’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 492/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione, devono essere interpretati nel senso che non ostano ad una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, che, al fine di stabilire se un lavoratore che abbia totalizzato 25 anni di esperienza lavorativa abbia diritto all’aumento delle ferie annuali retribuite da 5 a 6 settimane, prevede che gli anni compiuti nell’ambito di uno o più rapporti lavorativi precedenti quello con il suo attuale datore di lavoro possano essere computati solo sino ad un massimo di 5 anni di attività professionale, ancorché il loro numero effettivo sia superiore a 5 anni.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il tedesco.

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