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Document 62022CC0218

Conclusioni dell’avvocato generale T. Ćapeta, presentate l'8 giugno 2023.
BU contro Comune di Copertino.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale di Lecce.
Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Direttiva 2003/88/CE – Articolo 7 – Articolo 31, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Indennità finanziaria per ferie annuali retribuite non godute versata alla fine del rapporto di lavoro – Normativa nazionale che vieta il pagamento di tale indennità in caso di dimissioni volontarie di un dipendente pubblico – Contenimento della spesa pubblica – Esigenze organizzative del datore di lavoro pubblico.
Causa C-218/22.

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2023:465

 CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

TAMARA ĆAPETA

presentate l’8 giugno 2023 ( 1 )

Causa C‑218/22

BU

contro

Comune di Copertino

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale di Lecce (Italia)]

«Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Organizzazione dell’orario di lavoro – Direttiva 2003/88/CE – Articolo 7 – Diritto a un’indennità finanziaria per ferie annuali retribuite non godute prima della fine del rapporto di lavoro – Rischio di “monetizzazione” – Normativa nazionale che nega l’indennità finanziaria per controllare la spesa pubblica – Onere di dimostrare l’impossibilità di fruire delle ferie nel corso del rapporto di lavoro»

I. Introduzione

1.

I lavoratori hanno il diritto di monetizzare le ferie annuali retribuite non godute? In altri termini, possono decidere di non esercitare il proprio diritto al riposo dal lavoro e di percepire invece l’equivalente in denaro quando cessa il loro rapporto di lavoro? Il diritto dell’Unione osta a che gli Stati membri introducano misure volte a precludere una scelta di questo tipo?

2.

Sono queste le questioni che traggono origine dalla controversia pendente dinanzi al Tribunale di Lecce (Italia), giudice del rinvio nella presente causa. Tale giudice chiede, in sostanza, di stabilire in che misura la direttiva concernente l’orario di lavoro ( 2 ) vieti la «monetizzazione» delle ferie annuali retribuite, vale a dire la conversione in una somma di denaro di diritti non goduti alle ferie annuali retribuite.

3.

Tale questione deriva da una controversia tra BU, impiegato in qualità di dipendente pubblico, e il suo datore di lavoro, il Comune di Copertino (Italia) ( 3 ). BU chiede il riconoscimento del diritto a un’indennità finanziaria per le ferie annuali retribuite di cui non aveva goduto nel corso del rapporto di lavoro.

II. Fatti all’origine del procedimento principale, questioni pregiudiziali e procedimento dinanzi alla Corte

4.

BU, ricorrente nel procedimento principale, ha prestato servizio come dipendente pubblico con il profilo professionale di «Istruttore Direttivo Tecnico» dal febbraio 1992 all’ottobre 2016 presso il Comune di Copertino.

5.

Con lettera del 24 marzo 2016 inviata al Comune di Copertino, BU ha presentato le proprie dimissioni volontarie per beneficiare del collocamento in pensione anticipata ( 4 ), e le sue funzioni sono quindi cessate il 1o ottobre 2016.

6.

Nell’ambito del procedimento principale, BU sostiene che nel periodo dal 2013 al 2016 le sue ferie annuali retribuite non godute ammontavano a 79 giorni. Egli chiede pertanto un’indennità finanziaria in relazione a tali giorni, in quanto ritiene di non aver potuto godere delle ferie annuali di cui trattasi in costanza di servizio ( 5 ).

7.

Il Comune di Copertino risponde che BU era al corrente dell’obbligo di fruire dei giorni di ferie residui e dell’impossibilità di monetizzarli ( 6 ). A tal fine, lo stesso invoca la norma prevista all’articolo 5 del decreto-legge italiano n. 95 ( 7 ), in base a cui le ferie annuali dei dipendenti del settore pubblico sono obbligatoriamente fruite secondo quanto previsto dagli ordinamenti dell’amministrazione in cui essi prestano servizio e non danno luogo in nessun caso alla corresponsione di trattamenti economici sostitutivi delle ferie annuali non godute. Tale disposizione si applica anche in caso di cessazione del rapporto di lavoro per mobilità, dimissioni, risoluzione o pensionamento.

8.

Il giudice del rinvio spiega che la normativa in questione faceva parte del pacchetto adottato all’indomani della crisi finanziaria globale del 2008, al fine di esercitare un migliore controllo sul bilancio e sul risparmio economico nel settore pubblico. Una siffatta finalità è ulteriormente confermata dal titolo della disposizione pertinente, ossia l’articolo 5 del decreto-legge n. 95, intitolato «Riduzione di spese delle pubbliche amministrazioni».

9.

Il giudice del rinvio spiega inoltre che la Corte costituzionale (Italia), nella sentenza n. 95/2016 ( 8 ), ha ritenuto infondati i dubbi di costituzionalità sollevati in riferimento all’articolo 5, comma 8, del decreto-legge n. 95. La Corte costituzionale ha fornito la propria interpretazione della disposizione di cui trattasi e ha ritenuto che, data siffatta interpretazione, essa non sia in contrasto né con la Costituzione italiana né con il diritto dell’Unione applicabile. Tale giudice ha affermato che la repressione del ricorso incontrollato alla monetizzazione delle ferie aveva altri obiettivi oltre al contenimento della spesa pubblica. Tra tali obiettivi rientrano quello di riaffermare la preminenza del godimento effettivo delle ferie annuali e quello di incentivare una razionale pianificazione del periodo di ferie annuali retribuite. In tale prospettiva, la norma in esame è stata interpretata nel senso che essa vieta di corrispondere trattamenti economici sostitutivi nei casi in cui è possibile pianificare per tempo la fruizione delle ferie, comprendendo diverse fattispecie, tra cui le dimissioni.

10.

Secondo la Corte costituzionale, tale interpretazione si colloca, peraltro, nel solco tracciato dalle pronunce della Corte suprema di cassazione (Italia) e del Consiglio di Stato (Italia), che riconoscono al lavoratore il diritto di beneficiare di un’indennità per le ferie non godute per cause a lui non imputabili.

11.

Poiché la giurisprudenza invocata dalla Corte costituzionale è rilevante per comprendere il contesto della domanda di pronuncia pregiudiziale, la esporrò qui brevemente.

12.

La Corte suprema di cassazione aveva inizialmente ritenuto che la monetizzazione fosse subordinata alla dimostrazione da parte del lavoratore di non aver potuto godere del diritto alle ferie annuali retribuite a causa di «eccezionali e motivate esigenze di servizio o (...) di forza maggiore» ( 9 ). Successivamente, la medesima ha stabilito che il lavoratore ha diritto a percepire un’indennità finanziaria, a meno che il datore di lavoro non riesca a dimostrare di aver posto il lavoratore nelle condizioni di esercitare effettivamente il suo diritto alle ferie prima della cessazione del rapporto di lavoro e di aver informato in modo adeguato il lavoratore, con una comunicazione espressa in tal senso, del fatto che se egli non fruisce di tali ferie, esse andranno perse ( 10 ). Più specificamente, in caso di dimissioni al termine di un congedo di maternità, tale corte ha riconosciuto il diritto all’indennità, poiché, sebbene il rapporto si fosse effettivamente concluso sulla base di una decisione volontaria della lavoratrice, quest’ultima non avrebbe potuto in alcun modo fruire di ferie annuali retribuite durante il periodo di sospensione obbligatoria del contratto di lavoro ( 11 ).

13.

Le sentenze del Consiglio di Stato relative all’articolo 5, comma 8, del decreto-legge n. 95 hanno insistito sul fatto che cause mediche, come quelle derivanti da inabilità al lavoro, non incidono sul diritto all’indennità per le ferie annuali retribuite non godute ( 12 ).

14.

Il giudice del rinvio spiega che l’interpretazione data alla disposizione pertinente del decreto-legge n. 95 consente la monetizzazione sostitutiva delle ferie annuali solo laddove tali ferie non siano state effettivamente godute per motivi indipendenti dalla volontà del lavoratore (ad esempio, per malattia). Tuttavia, afferma che un lavoratore può essere privato dell’indennità finanziaria qualora la cessazione del lavoro fosse prevedibile, anche in una situazione di dimissioni del lavoratore.

15.

Il giudice del rinvio ritiene che, anche alla luce di tale interpretazione, sussista ancora un potenziale conflitto tra l’articolo 5, ottavo comma, del decreto‑legge 95/2012 e la direttiva concernente l’orario di lavoro, come interpretata dalla Corte di giustizia. A tal fine, lo stesso fa al riguardo riferimento alla sentenza nella causa job-medium ( 13 ).

16.

Nutrendo dubbi sulla compatibilità della normativa italiana con la direttiva concernente l’orario di lavoro, il Tribunale di Lecce ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

[Se] l’articolo 7 della [direttiva concernente l’orario di lavoro], e l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea [(in prosieguo: la “Carta”)] devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale, come quella discussa nel procedimento principale (...) che, per esigenze di contenimento della spesa pubblica nonché organizzative del datore di lavoro pubblico, prevede il divieto di monetizzazione delle ferie in caso di dimissioni volontarie del lavoratore pubblico dipendente; e, inoltre,

2)

se – in caso di risposta affermativa – l’articolo 7 della [direttiva concernente l’orario di lavoro], e l’articolo 31, paragrafo 2, della [Carta] devono essere interpretati nel senso di richiedere che il pubblico dipendente dimostri l’impossibilità di fruire delle ferie nel corso del rapporto».

17.

Hanno presentato osservazioni scritte dinanzi alla Corte BU, il Comune di Copertino, il governo italiano nonché la Commissione europea. Non si è tenuta alcuna udienza.

III. Analisi

18.

La domanda di pronuncia pregiudiziale deriva dalla normativa italiana e dalla giurisprudenza pertinente che l’ha interpretata, compresa quella della Corte costituzionale. Il giudice del rinvio non sembra condividere la conclusione della Corte costituzionale secondo cui la normativa italiana in questione è conforme alla direttiva concernente l’orario di lavoro.

19.

Nessuna delle precedenti controversie in Italia riguardanti la normativa in discussione ha dato luogo a domande di pronuncia pregiudiziale. È quindi la prima volta che la Corte è chiamata a precisare se gli Stati membri possano scegliere di vietare la monetizzazione del diritto alle ferie annuali retribuite nel modo in cui lo ha fatto l’Italia nel settore pubblico.

20.

Prima di proseguire nell’analisi, è necessario un chiarimento preliminare. Conformemente alla ripartizione delle competenze tra la Corte di giustizia e i giudici nazionali nel procedimento pregiudiziale, la Corte non può interpretare il diritto nazionale; essa deve prendere in considerazione il contesto fattuale e normativo come definito dal giudice del rinvio ( 14 ).

21.

Pertanto, tenendo conto di quanto esposto nell’ordinanza di rinvio pregiudiziale, procederò sulla base della seguente interpretazione della normativa italiana. Allo scopo di precludere la monetizzazione del diritto alle ferie annuali retribuite nel settore pubblico, ma anche allo scopo di incoraggiare i lavoratori a fruire effettivamente di tali ferie, la normativa italiana ha vietato la conversione in denaro dei diritti non goduti alle ferie annuali retribuite. Secondo l’interpretazione data dalla giurisprudenza, compresa quella della Corte costituzionale, la normativa di cui trattasi non sembra vietare la monetizzazione in qualsiasi circostanza, ma solo quando i lavoratori hanno avuto la possibilità di pianificare la fruizione delle ferie annuali retribuite.

22.

Le due questioni sollevate dal giudice del rinvio mirano, in sostanza, a stabilire se l’articolo 7 della direttiva concernente l’orario di lavoro osti a tale normativa nazionale e, in caso di risposta negativa, se spetti al lavoratore o al datore di lavoro dimostrare che il lavoratore ha avuto l’effettiva possibilità di fruire delle ferie annuali retribuite. Tratterò tali questioni una alla volta.

A.   Prima questione

23.

Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 7 della direttiva concernente l’orario di lavoro osti a una normativa nazionale che prevede il divieto di monetizzazione ferie annuali retribuite non godute al termine del rapporto di lavoro.

24.

Esaminerò tale questione nel modo seguente. In primo luogo, valuterò le condizioni alle quali la direttiva concernente l’orario di lavoro prevede il diritto di monetizzare le ferie annuali non godute. Successivamente, dimostrerò che la direttiva privilegia l’effettiva fruizione delle ferie annuali retribuite, il che è coerente con i benefici che esse apportano alla salute dei lavoratori. Infine, valuterò se una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale possa essere adottata per incoraggiare i lavoratori a fruire effettivamente delle ferie annuali retribuite.

1. Quando sussiste un diritto all’indennità finanziaria?

25.

Il giudice del rinvio fa riferimento alla sentenza job-medium per spiegare i suoi dubbi riguardanti la compatibilità della normativa italiana in questione con la direttiva concernente l’orario di lavoro. Esso cita il seguente punto della sentenza in esame: «[d]a una giurisprudenza costante risulta altresì che l’articolo 7, paragrafo 2, della [direttiva concernente l’orario di lavoro], non assoggetta il diritto a un’indennità finanziaria ad alcuna condizione diversa da quella relativa, da un lato, alla cessazione del rapporto di lavoro e, dall’altro, al mancato godimento da parte del lavoratore o della lavoratrice di tutte ferie annuali a cui aveva diritto alla data in cui tale rapporto è cessato» ( 15 ).

26.

Da tale constatazione discende che gli Stati membri non possono introdurre condizioni ulteriori per la costituzione del diritto all’indennità finanziaria.

27.

Per quanto riguarda la prima condizione, che collega l’indennità finanziaria alla cessazione del rapporto di lavoro, la giurisprudenza conferma che, se le ferie annuali retribuite sono concesse sulla base di un periodo di riferimento (che è di solito di 12 mesi), la monetizzazione non può avere luogo nel corso o alla fine di tale periodo di riferimento ( 16 ). La Corte ha spiegato che, se le ferie non sono godute alla fine di tale periodo per motivi non imputabili al lavoratore, deve esservi un periodo di riporto ( 17 ). Se il lavoratore è ancora in servizio, non può chiedere l’indennità finanziaria.

28.

Pertanto, l’indennità finanziaria non è un diritto autonomo riconosciuto ai lavoratori dalla direttiva concernente l’orario di lavoro; un lavoratore non può scegliere di fruire di un’indennità finanziaria in luogo delle ferie annuali retribuite. L’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva concernente l’orario di lavoro permette di sostituire il diritto alle ferie annuali retribuite con una compensazione finanziaria solo nel caso in cui sia cessato il rapporto di lavoro ( 18 ).

29.

Inoltre, l’indennità finanziaria è solamente un’eccezione ( 19 ) e, come espresso nella seconda condizione della sentenza job-medium ( 20 ), dipende dall’esistenza del diritto alle ferie annuali al momento della richiesta dell’indennità finanziaria: essa viene ad esistenza se il lavoratore non ha goduto di tutte le ferie annuali a cui aveva diritto alla data in cui il rapporto di lavoro è cessato.

30.

Pertanto, il diritto all’indennità finanziaria sussiste solo se vi è ancora il diritto alle ferie annuali retribuite.

31.

Tale diritto alle ferie annuali retribuite discende direttamente dalla direttiva concernente l’orario di lavoro, sulla base dell’esistenza stessa del rapporto di lavoro, e gli Stati membri non possono stabilire condizioni ulteriori per la costituzione di tale diritto ( 21 ). Tuttavia, gli Stati membri possono imporre condizioni di esercizio del diritto alle ferie annuali ( 22 ). A tal riguardo, essi possono prevedere che il diritto acquisito si estingua se non viene esercitato entro un determinato termine. Pertanto, gli Stati membri possono fissare limiti alla durata del periodo di riporto delle ferie annuali non godute ( 23 ).

32.

Nella sentenza Max-Planck Gesellschaft, la Corte ha stabilito che «l’articolo 7, paragrafo 1, della [direttiva concernente l’orario di lavoro] non osta, in linea di principio, a una normativa nazionale recante modalità di esercizio del diritto alle ferie annuali retribuite espressamente accordato da tale direttiva, che comprenda finanche la perdita del diritto in questione allo scadere del periodo di riferimento o di un periodo di riporto, purché, però, il lavoratore che ha perso il diritto alle ferie annuali abbia effettivamente avuto la possibilità di esercitare questo diritto che tale direttiva gli conferisce» ( 24 ).

33.

La conclusione che discende da quanto precede è che, quando termina il rapporto di lavoro, la direttiva concernente l’orario di lavoro non esclude sempre la perdita delle ferie annuali retribuite non godute.

34.

Se il diritto alle ferie annuali non godute si è estinto al momento della cessazione del rapporto di lavoro, non esiste un diritto derivato all’indennità finanziaria.

35.

Nella sentenza job-medium, la Corte ha stabilito che la cessazione volontaria del rapporto di lavoro non può costituire di per sé un motivo per rifiutare la concessione dell’indennità finanziaria. Tuttavia, tale causa riguardava una situazione in cui sussisteva un diritto alle ferie annuali ( 25 ). Se il diritto alle ferie annuali si fosse estinto o fosse venuto meno per qualsiasi motivo, il lavoratore non avrebbe potuto richiedere un’indennità finanziaria una volta cessato il rapporto di lavoro.

36.

La possibilità che tale perdita dell’indennità finanziaria sia ammessa dipende dalla verifica che il lavoratore abbia effettivamente avuto la possibilità di esercitare il diritto alle ferie annuali retribuite. Per tale motivo una siffatta perdita non può essere automatica ( 26 ).

37.

Come spiegato dalla Corte, se il lavoratore, deliberatamente e con piena cognizione delle conseguenze che ne sarebbero derivate, si è astenuto dal fruire delle ferie annuali retribuite dopo essere stato posto in condizione di esercitare in modo effettivo il suo diritto alle medesime, ma senza che il datore di lavoro sia tenuto a imporre a detto lavoratore di esercitare effettivamente il suddetto diritto, l’articolo 7, paragrafi 1 e 2, della direttiva concernente l’orario di lavoro nonché l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta non ostano alla perdita di tale diritto né, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, alla correlata mancanza di un’indennità finanziaria per le ferie annuali retribuite non godute ( 27 ).

38.

Oltre al requisito che il lavoratore sia stato effettivamente posto in condizione di poter fruire delle ferie annuali, la Corte ha altresì sottolineato l’obbligo per il datore di lavoro di informare il lavoratore interessato della possibile perdita del suo diritto ( 28 ).

39.

Pertanto, il diritto all’indennità finanziaria non è un diritto autonomo che conferisce al lavoratore una scelta tra la fruizione delle ferie annuali e l’ottenimento di una compensazione finanziaria per non averne fruito. Si tratta piuttosto di un diritto che dipende dalla sussistenza del diritto alle ferie annuali retribuite non godute, la cui durata può essere limitata dagli Stati membri.

40.

Il carattere sussidiario dell’indennità finanziaria deriva logicamente dalla finalità delle ferie annuali, che è quella di tutelare la salute dei lavoratori creando una possibilità di riposo dal lavoro. Pertanto, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva concernente l’orario di lavoro, le ferie annuali retribuite, in linea di principio, devono essere effettivamente prese ( 29 ). Nella sezione che segue, dimostrerò brevemente che le ferie annuali hanno vantaggi reali se vengono effettivamente godute, prima di affrontare la questione se gli Stati membri possano adottare misure, come quelle del caso di specie, al fine di incoraggiare l’effettiva fruizione delle ferie annuali.

2. Vantaggi delle ferie annuali retribuite

41.

La preferenza per l’effettiva fruizione delle ferie annuali retribuite rispetto alla loro monetizzazione, che si riflette nella struttura dell’articolo 7 della direttiva concernente l’orario di lavoro ( 30 ), è giustificata dalla finalità del diritto alle ferie annuali retribuite. Come spiega la giurisprudenza, la finalità di tale diritto è quella di consentire al lavoratore di riposarsi rispetto all’esecuzione dei compiti attribuitigli in forza del suo contratto di lavoro e di beneficiare di un periodo di distensione e di ricreazione ( 31 ).

42.

La Corte ha ripetutamente dichiarato che l’effetto delle ferie annuali retribuite sulla sicurezza e sulla salute del lavoratore è pienamente benefico se esse vengono prese nell’anno all’uopo previsto.

43.

Inoltre, la Corte ha affermato che il periodo di riposo di cui trattasi rimane interessante sotto tale profilo anche se sia goduto in un momento successivo ( 32 ). Tuttavia, nella sentenza KHS, la Corte ha affermato che, oltre un certo limite temporale, «le ferie annuali sono prive del loro effetto positivo per il lavoratore quale momento di riposo, mantenendo solo la loro natura di periodo di distensione e di ricreazione» ( 33 ). Tale constatazione giustifica la possibilità che gli Stati membri limitino la durata del periodo di riporto delle ferie annuali non godute ( 34 ).

44.

Ricerche empiriche corroborano la posizione della Corte a tale riguardo.

45.

La dottrina sembra concordare sul fatto che una pausa che vada oltre il riposo giornaliero e settimanale ha effetti benefici sulla salute e sul benessere dei lavoratori ( 35 ). Tali benefici riguardano sia le ferie di breve durata ( 36 ) che quelle di lunga durata ( 37 ).

46.

Ciò che forse è meno noto o si sospetta meno è che tali effetti benefici sono di breve durata ( 38 ). Alcuni di essi «svaniscono entro un mese dal ritorno al lavoro» ( 39 ).

47.

Dagli studi citati si potrebbe dedurre che le ferie annuali retribuite siano più benefiche se fruite frequentemente, combinando nel corso dell’anno pause dal lavoro più brevi e altre più lunghe. In ogni caso, la ricerca conferma l’importanza di prendere le ferie annuali retribuite durante l’anno di riferimento.

48.

Anche se si può scegliere di cumulare le ferie annuali retribuite per diversi motivi personali (viaggio importante, famiglia lontana, ecc.), è discutibile, senza mettere in dubbio tale scelta personale, che ciò abbia effetti benefici dal punto di vista del recupero delle energie lavorative.

49.

Inoltre, la mancata fruizione di tutte le ferie annuali retribuite, pur potendo comportare un aumento del reddito, è stata tuttavia collegata a un peggioramento della qualità della vita (deterioramento significativo della soddisfazione per il tempo libero e la salute, unitamente ad un aumento delle assenze dal lavoro per malattia) ( 40 ).

50.

L’esercizio effettivo del diritto alle ferie annuali retribuite è pertanto un modo importante per i lavoratori di reintegrare le proprie energie mentali e fisiche e, più in generale, di contribuire alla propria salute sul lavoro e fuori dal lavoro.

51.

Tali conclusioni confermano la giurisprudenza secondo la quale, oltre un certo periodo di riporto, le ferie annuali sono prive del loro effetto positivo per il lavoratore quale momento di riposo, mantenendo solo la loro natura di periodo di distensione e di ricreazione ( 41 ). Ciò giustifica altresì la giurisprudenza in cui la Corte ha ripetutamente dichiarato che il periodo minimo di ferie annuali retribuite non può essere sostituito da un’indennità finanziaria, salvo in caso di fine del rapporto di lavoro. L’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva concernente l’orario di lavoro mira, inoltre, a garantire che il lavoratore possa beneficiare di un riposo effettivo, per assicurare una tutela efficace della sua sicurezza e della sua salute ( 42 ).

3. Gli Stati membri possono limitare il diritto all’indennità finanziaria?

52.

Gli Stati membri possono pertanto incoraggiare l’effettiva fruizione delle ferie annuali retribuite anziché la loro monetizzazione, introducendo limiti temporali alla durata del diritto maturato alle ferie annuali (fissando un limite alla durata del periodo di riporto). Gli Stati membri potrebbero cercare di raggiungere lo stesso obiettivo in modi diversi, anche adottando una normativa come quella oggetto della presente causa?

53.

Un’opzione per la Corte consiste nel decidere che la fissazione di un termine ai periodi di riporto, scaduto il quale i diritti ai giorni non fruiti si estinguono, è l’unico modo accettabile in cui gli Stati membri possono incoraggiare i lavoratori a fruire effettivamente delle ferie annuali retribuite.

54.

Tuttavia, nel settore delle competenze concorrenti, come quello in cui è stata adottata la direttiva concernente l’orario di lavoro, il legislatore dell’Unione ha scelto di non disciplinare le modalità specifiche con cui i lavoratori possono essere incoraggiati a godere effettivamente delle ferie annuali retribuite. Esso si era limitato a esprimere una netta preferenza per la loro fruizione, considerando la monetizzazione sostitutiva delle ferie alla stregua di un diritto derivato. In tali circostanze, gli Stati membri conservano la facoltà di scegliere norme idonee ad incoraggiare i lavoratori a utilizzare il periodo di riposo annuale loro concesso. Ciò significa che i limiti ai periodi di riporto non potrebbero essere considerati l’unica possibilità per incoraggiare l’effettiva fruizione delle ferie annuali retribuite nel corso dell’anno di riferimento in cui tali ferie devono essere godute. Tuttavia, ogni opzione legislativa scelta dagli Stati membri deve essere effettuata conformemente alla direttiva concernente l’orario di lavoro, come interpretata dalla Corte.

55.

Una normativa nazionale, come l’articolo 5, comma 8, del decreto-legge n. 95, soddisfa i requisiti di cui all’articolo 7 della direttiva concernente l’orario di lavoro?

56.

La normativa italiana, almeno secondo l’interpretazione che ne ha dato la Corte costituzionale, sembra avere l’obiettivo di incoraggiare l’effettiva fruizione delle ferie annuali. Per tale motivo, oltre a preservare il risparmio pubblico, essa ha introdotto la regola secondo la quale i periodi non goduti di ferie annuali retribuite non possono essere monetizzati.

57.

Secondo l’interpretazione della Corte costituzionale, la normativa italiana preclude ai lavoratori la richiesta di un’indennità finanziaria in luogo delle ferie annuali non godute se essi erano a conoscenza della data di cessazione del rapporto di lavoro e potevano, quindi, pianificare la fruizione delle ferie annuali prima di tale momento. Una siffatta normativa incoraggia i lavoratori a prendere le ferie annuali durante l’anno di riferimento ( 43 ).

58.

Alla luce della giurisprudenza della Corte ( 44 ), la normativa italiana può essere conforme all’articolo 7 della direttiva concernente l’orario di lavoro se sono soddisfatte le seguenti condizioni. Anzitutto, il divieto di richiedere un’indennità sostitutiva non può riguardare il diritto alle ferie annuali maturate nell’anno di riferimento in cui si ha la cessazione del rapporto di lavoro. In secondo luogo, il lavoratore deve aver avuto la possibilità di fruire delle ferie annuali retribuite negli anni di riferimento precedenti, anche nel corso del periodo minimo di riporto. In terzo luogo, il datore di lavoro aveva incoraggiato il lavoratore a prendere le ferie annuali. In quarto luogo, il datore di lavoro aveva informato il lavoratore che le ferie annuali retribuite non godute non possono essere cumulate per essere sostituite da un’indennità finanziaria al momento della cessazione del rapporto di lavoro.

59.

Spetta al giudice nazionale valutare se la normativa italiana pertinente possa essere interpretata in tal senso e se le condizioni elencate siano soddisfatte nel caso di specie.

60.

Propongo pertanto alla Corte di rispondere alla prima questione del giudice del rinvio dichiarando che l’articolo 7 della direttiva concernente l’orario di lavoro non osta a una normativa nazionale che prevede il divieto di monetizzazione delle ferie annuali retribuite non godute al termine del rapporto di lavoro, quando:

il divieto di richiedere l’indennità finanziaria non riguarda il diritto alle ferie annuali maturate nell’anno di riferimento in cui si ha la cessazione del rapporto di lavoro;

il lavoratore ha avuto la possibilità di fruire delle ferie annuali retribuite nei precedenti anni di riferimento, anche nel corso del periodo minimo di riporto;

il datore di lavoro ha incoraggiato il lavoratore a fruire delle ferie annuali retribuite;

il datore di lavoro ha informato il lavoratore che le ferie annuali retribuite non godute non possono essere cumulate per essere sostituite da un’indennità finanziaria al momento della cessazione del rapporto di lavoro.

B.   Seconda questione

61.

Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, a chi spetti l’onere di provare che le condizioni elencate al paragrafo precedente sono soddisfatte: al lavoratore o al datore di lavoro.

62.

La giurisprudenza della Corte che interpreta l’articolo 7 della direttiva concernente l’orario di lavoro contiene taluni elementi che forniscono indicazioni per rispondere a tale questione. Nella sentenza Fraport, ad esempio, la Corte ha ritenuto che spetti al giudice nazionale verificare se il datore di lavoro abbia adempiuto in tempo utile i suoi obblighi di invito e di informazione relativi al godimento delle ferie annuali retribuite ( 45 ). Spetta quindi al datore di lavoro dimostrare di aver rispettato i propri obblighi.

63.

Da una giurisprudenza costante emerge inoltre che ove il datore di lavoro non sia in grado di dimostrare di aver esercitato tutta la diligenza necessaria affinché il lavoratore fosse effettivamente in condizione di fruire delle ferie annuali retribuite alle quali aveva diritto, l’estinzione del diritto a tali ferie e, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, il correlato mancato versamento di un’indennità finanziaria per le ferie annuali non godute violano l’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva concernente l’orario di lavoro ( 46 ).

64.

In altri termini, l’onere della prova non incombe al lavoratore, ma al datore di lavoro.

65.

Propongo pertanto alla Corte di rispondere alla seconda questione pregiudiziale dichiarando che l’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva concernente l’orario di lavoro impone che il datore di lavoro dimostri che ha posto il lavoratore in condizione di fruire delle ferie, che lo ha incoraggiato in tal senso, che lo ha informato dell’impossibilità di una monetizzazione al momento della cessazione del rapporto di lavoro e che, ciò nonostante, il lavoratore ha scelto di non fruire delle ferie annuali. Qualora il datore di lavoro non lo abbia fatto, il lavoratore dovrebbe essere risarcito.

IV. Conclusione

66.

Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dal Tribunale di Lecce (Italia) come segue:

1)

L’articolo 7 della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro

non osta a una normativa nazionale che prevede il divieto di monetizzazione delle ferie annuali retribuite non godute al termine del rapporto di lavoro, quando:

il divieto di richiedere l’indennità finanziaria non riguarda il diritto alle ferie annuali maturate nell’anno di riferimento in cui si ha la cessazione del rapporto di lavoro;

il lavoratore ha avuto la possibilità di fruire delle ferie annuali retribuite nei precedenti anni di riferimento, anche nel corso del periodo minimo di riporto;

il datore di lavoro ha incoraggiato il lavoratore a fruire delle ferie annuali retribuite;

il datore di lavoro ha informato il lavoratore che le ferie annuali retribuite non godute non possono essere cumulate per essere sostituite da un’indennità finanziaria al momento della cessazione del rapporto di lavoro.

2)

L’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88

impone che il datore di lavoro dimostri che ha posto il lavoratore in condizione di fruire delle ferie, che lo ha incoraggiato in tal senso, che lo ha informato dell’impossibilità di una monetizzazione al momento della cessazione del rapporto di lavoro e che, ciò nonostante, il lavoratore ha scelto di non fruire delle ferie annuali.

Qualora il datore di lavoro non lo abbia fatto, il lavoratore dovrebbe essere risarcito.


( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

( 2 ) Direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (GU 2003, L 299, pag. 9; in prosieguo: la «direttiva concernente l’orario di lavoro»).

( 3 ) Occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva concernente l’orario di lavoro, tale direttiva si applica a tutti i settori di attività, «privati e pubblici», cosicché essa si applica indiscutibilmente a un datore di lavoro quale, nel procedimento principale, un comune.

( 4 ) Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che BU aveva già inviato domanda di pensionamento nel 2015. Tuttavia, l’istituto italiano di previdenza sociale (INPS) gli aveva all’epoca comunicato che la sua istanza di pensione anticipata del 1o luglio 2015«non poteva essere accolta in quanto non rispettava i requisiti, per essere ammesso a pensione». BU è quindi rimasto in servizio fino a quando non ha potuto beneficiare del pensionamento ordinario.

( 5 ) È importante sottolineare che, nelle sue osservazioni dinanzi alla Corte, il Comune di Copertino contesta il numero di giorni invocati dal ricorrente nel procedimento principale. Si tratta, tuttavia, di una questione che deve risolvere il giudice nazionale.

( 6 ) Il Comune di Copertino indica nelle sue osservazioni dinanzi alla Corte che il 17 maggio 2016 BU aveva chiesto di fruire di 93 giorni di ferie annuali retribuite cui aveva diritto per il periodo dal 2013 al 2016 e che ha effettivamente fruito di ferie retribuite dal 23 maggio 2016 al 30 settembre 2016. Il Comune sostiene pertanto di non comprendere il fondamento sul quale BU pretenda di avere diritto alla corresponsione di indennità per ferie annuali non godute pari a 79 giorni. A tale proposito, e a seguito della sentenza del 14 maggio 2019, CCOO (C‑55/18, EU:C:2019:402), si può affermare che il Comune dovrebbe avere un sistema di registrazione del saldo delle ferie annuali retribuite per ciascuno dei suoi lavoratori, al fine di accertare l’esattezza di eventuali pretese come quella di cui al procedimento principale.

( 7 ) Articolo 5, ottavo comma, del decreto-legge del 6 luglio 2012, n. 95 – Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario – convertito, con modificazioni, dall’articolo 1, primo comma, della legge del 7 agosto 2012, n. 135.

( 8 ) IT:COST:2016:95.

( 9 ) Corte suprema di cassazione, Sezione lavoro, ordinanza del 30 luglio 2018, n. 20091.

( 10 ) Corte suprema di cassazione, Sezione lavoro, ordinanza del 2 luglio 2020, n. 13613; Corte suprema di cassazione., Sezione lavoro, ordinanza del 5 maggio 2022, n. 14268.

( 11 ) Corte suprema di cassazione, Sezione lavoro, ordinanza del 15 giugno 2022, n. 19330.

( 12 ) Consiglio di Stato, Sezione VI, 8 ottobre 2010, IT:CDS:2010:7360SENT. V. altresì, un ragionamento simile, ma con un risultato leggermente diverso, in Consiglio di Stato, Sezione IV, 12 ottobre 2020, IT:CDS:2020:6047SENT.

( 13 ) Sentenza del 25 novembre 2021, job-medium (C‑233/20, EU:C:2021:960, in particolare punto 31; in prosieguo: la «sentenza job-medium»). Per ulteriori considerazioni, v. paragrafo 25 e seguenti delle presenti conclusioni.

( 14 ) V., ad esempio, sentenze del 23 aprile 2009, Angelidaki e a. (da C‑378/07 a C‑380/07, EU:C:2009:250, punto 48 e giurisprudenza citata), e del 26 ottobre 2017, Argenta Spaarbank (C‑39/16, EU:C:2017:813, punto 38).

( 15 ) Sentenza job-medium, cit., punto 31. Tale punto rinvia al punto 44 della sentenza del 6 novembre 2018, Bauer e Willmeroth (C‑569/16 e C‑570/16, EU:C:2018:871; in prosieguo: la «sentenza Bauer e Willmeroth»). Affermazioni analoghe si possono trovare altresì nelle precedenti sentenze del 12 giugno 2014, Bollacke (C‑118/13, EU:C:2014:1755); del 20 luglio 2016, Maschek (C‑341/15, EU:C:2016:576; in prosieguo: la «sentenza Maschek»), e, in seguito, del 25 giugno 2020, Varhoven kasatsionen sad na Republika Bulgaria e Iccrea Banca (C‑762/18 e C‑37/19, EU:C:2020:504, punto 84).

( 16 ) Sentenza del 6 aprile 2006, Federatie Nederlandse Vakbeweging (C‑124/05, EU:C:2006:244, punto 35).

( 17 ) V., in tal senso, sentenze del 22 novembre 2011, KHS (C‑214/10, EU:C:2011:761, punto 38 e giurisprudenza citata; in prosieguo: la «sentenza KHS»), e del 3 maggio 2012, Neidel (C‑337/10, EU:C:2012:263, punti 4142).

( 18 ) Sentenza del 10 settembre 2009, Vicente Pereda (C‑277/08, EU:C:2009:542, punto 20 e giurisprudenza citata).

( 19 ) Tale indennità finanziaria costituisce unicamente un’eccezione alla fruizione effettiva delle ferie annuali e si riflette anche nella scelta della formulazione dell’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva concernente l’orario di lavoro, secondo cui l’effettivo godimento delle ferie annuali retribuite non può essere sostituito da un’indennità finanziaria, salvo in caso di fine del rapporto di lavoro. Ad esempio, la lingua tedesca utilizza il termine «außer», la lingua francese «sauf», la lingua croata «osim» e la lingua italiana «salvo».

( 20 ) V. paragrafo 25 delle presenti conclusioni.

( 21 ) Sentenza del 24 gennaio 2012, Dominguez (C‑282/10, EU:C:2012:33, punto 18).

( 22 ) Sentenza del 20 gennaio 2009, Schultz-Hoff e a. (C‑350/06 e C‑520/06, EU:C:2009:18, punto 28; in prosieguo: la «sentenza Schultz-Hoff»).

( 23 ) V., in tal senso, sentenza KHS, cit., punto 39.

( 24 ) Sentenza del 6 novembre 2018, Max-Planck-Gesellschaft zur Förderung der Wissenschaften (C‑684/16, EU:C:2018:874, punto 35; in prosieguo: la «sentenza Max-Planck-Gesellschaft»). Al riguardo, v., in precedenza, sentenza Schultz-Hoff, cit., punto 43, e, più di recente, sentenza del 22 settembre 2022, LB (Prescrizione del diritto alle ferie annuali retribuite) (C‑120/21, EU:C:2022:718, punto 25 e giurisprudenza citata; in prosieguo: la «sentenza LB»).

( 25 ) Nella sentenza job-medium, la Corte ha dichiarato che il fatto che il lavoratore o la lavoratrice, senza giusta causa, abbia posto fine anticipatamente e unilateralmente al rapporto di lavoro non incide, di per sé, sul diritto all’indennità finanziaria. La causa che ha dato origine a tale sentenza riguardava una situazione in cui una persona aveva dato le dimissioni dopo alcuni mesi di lavoro senza fornire alcuna spiegazione. Nel corso dell’anno di riferimento e tenuto conto del numero di giorni lavorati dal ricorrente in tale causa, quest’ultimo vantava ancora un diritto ad alcuni giorni ulteriori di ferie annuali retribuite che non erano stati goduti. Pertanto, il diritto all’indennità finanziaria derivava dall’esistenza del diritto alle ferie annuali.

( 26 ) Sentenza Max-Planck-Gesellschaft, cit., punti 40, 55 e 61; sentenze del 6 novembre 2018, Kreuziger (C‑619/16, EU:C:2018:872, punti 4756; in prosieguo: la «sentenza Kreuziger»), e del 22 settembre 2022, Fraport e St. Vincenz-Krankenhaus (C‑518/20 e C‑727/20, EU:C:2022:707, punto 39; in prosieguo: la «sentenza Fraport»).

( 27 ) Sentenze Max-Planck-Gesellschaft, cit., punto 56, e Kreuziger, cit., punto 54.

( 28 ) Sentenze Max-Planck-Gesellschaft, cit., punti 45 e 61; Kreuziger, cit., punti 52 e 56; Fraport, punto 42, nonché sentenza LB, cit., punti 25 e 45.

( 29 ) Sentenze del 16 marzo 2006, Robinson-Steele e a. (C‑131/04 e C‑257/04, EU:C:2006:177, cit., punto 49); Bauer e Willmeroth, punto 40; Kreuziger, punto 38, e Max-Planck-Gesellschaft, cit., punto 31.

( 30 ) V. nota 19 delle presenti conclusioni.

( 31 ) Sentenze KHS, cit., punto 31 e giurisprudenza citata; Maschek, cit., punto 34; job-medium, cit., punto 28, e Fraport, cit., punto 27. La Corte ha inoltre ritenuto che lo scopo del diritto alle ferie annuali retribuite sia diverso da quello di altri congedi, come il diritto al congedo per malattia [sentenze del 30 giugno 2016, Sobczyszyn (C‑178/15, EU:C:2016:502, punto 25 e giurisprudenza citata; in prosieguo: la «sentenza Sobczyszyn»), e del 4 giugno 2020, Fetico e a. (C‑588/18, EU:C:2020:420, punto 33 e giurisprudenza citata)], o il diritto al congedo parentale [sentenza del 4 ottobre 2018, Dicu (C‑12/17, EU:C:2018:799, punti 29, 3233; in prosieguo: la «sentenza Dicu»)].

( 32 ) Sentenze del 6 aprile 2006, Federatie Nederlandse Vakbeweging (C‑124/05, EU:C:2006:244, punto 30); KHS, cit., punto 32, e Sobczyszyn, cit., punto 33.

( 33 ) KHS, punto 33.

( 34 ) Nelle mie conclusioni nelle cause riunite Keolis Agen (da C‑271/22 a C‑275/22, EU:C:2023:243, paragrafo 51), la cui sentenza deve ancora essere pronunciata, affermo che il legislatore dell’Unione ha lasciato agli Stati membri la possibilità di limitare la durata del periodo di riporto. Allo stesso tempo, gli Stati membri sono parimenti liberi di scegliere di consentire il cumulo dei diritti alle ferie annuali retribuite di cui non si è beneficiato fino alla fine del rapporto di lavoro.

( 35 ) Hurrell, A., e Keiser, J., «An Exploratory Examination of the Impact of Vacation Policy Structure on Satisfaction, Productivity, and Profitability», The BRC Academy Journal of Business, vol. 10, n. 1, 2020, pagg. da 33 a 63.

( 36 ) Blank, C. e Gatterer, K., «Short Vacation Improves Stress-Level and Well-Being in German-Speaking Middle-Managers – A Randomized Controlled Trial», International Journal of Environmental Research and Public Health, Vol. 15, n. 1, 2018, pag. 130.

( 37 ) de Bloom, J., Kompier, M., Geurts, S., de Weerth, C., Taris, T., Sonnentag, S., «Do We Recover from Vacation? Meta-analysis of Vacation Effects on Health and Well-being», Journal of OccupationalHealth; Vol. 51, n. 1, 2009, pagg. da: 13 a 25; de Bloom, J., Geurts, S. e Kompier, M.A.J., «Vacation (after-) effects on employee health and well-being, and the role of vacation activities, experiences and sleep», Journal of Happiness Studies, Vol. 14, 2013, pagg. da 613 a 633.

( 38 ) de Bloom, J., Geurts, S., E., Kompier, M.A.J., «Vacation (after-) effects on employee health and well-being, and the role of vacation activities, experiences and sleep», op. cit; Etzion, D., Work, Vacation and Well-being, London, Routlege, 2019, cap. 5.

( 39 ) Sonnentag, S., Cheng, B.H. e Parker, S.L., «Recovery from Work: Advancing the Field Toward the Future», Annual Review of Organizational Psychology and Organizational Behavior, Vol. 9, 2022, pagg. da 33 a 60, in particolare pag. 46 (con ulteriore dottrina citata).

( 40 ) Schnitzlein, D., «Extent and Effects of Employees in Germany Forgoing a Vacation Time», Leibniz Information Centre for Economics, Berlino, 2012, pagg. da 25 a 31, in particolare pag. 31.

( 41 ) Sentenza KHS, cit., punto 33.

( 42 ) V., in tal senso, sentenze Kreuziger, cit., punto 40 e giurisprudenza citata, nonché Bauer e Willmeroth, cit., punto 42 e giurisprudenza citata.

( 43 ) Occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, un datore di lavoro non può decidere unilateralmente quando il lavoratore dovrebbe avvalersi delle ferie annuali retribuite. V., a tal riguardo, sentenze del 7 settembre 2006, Commissione/Regno Unito (C‑484/04, EU:C:2006:526, punto 43); v. altresì Max-Planck-Gesellschaft, cit., punto 44, e Kreuziger, cit., punto 51.

( 44 ) V., ad esempio, i riferimenti alle note 17, 24, 26 e 45 delle presenti conclusioni.

( 45 ) Sentenza Fraport, cit., punto 42.

( 46 ) Sentenze Max-Planck-Gesellschaft, cit., punto 46, e Kreuziger, cit., punto 53.

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