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Document 62021CJ0488
Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 21 dicembre 2023.
GV contro Chief Appeals Officer e a.
Rinvio pregiudiziale – Cittadinanza dell’Unione europea – Articoli 21 e 45 TFUE – Diritto dei cittadini dell’Unione di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri – Lavoratore che ha acquisito la cittadinanza dello Stato membro ospitante conservando al contempo la propria cittadinanza originaria – Direttiva 2004/38/CE – Articolo 3 – Aventi diritto – Articolo 2, punto 2, lettera d) – Familiare – Ascendenti diretti a carico di un lavoratore cittadino dell’Unione – Articolo 7, paragrafo 1, lettere a) e d) – Diritto di soggiorno per un periodo superiore a tre mesi – Conservazione dello status di persona a carico nello Stato membro ospitante – Articolo 14, paragrafo 2 – Mantenimento del diritto di soggiorno – Regolamento (UE) n. 492/2011 – Articolo 7, paragrafo 2 – Parità di trattamento – Vantaggi sociali – Prestazioni di assistenza sociale – Onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante.
Causa C-488/21.
Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 21 dicembre 2023.
GV contro Chief Appeals Officer e a.
Rinvio pregiudiziale – Cittadinanza dell’Unione europea – Articoli 21 e 45 TFUE – Diritto dei cittadini dell’Unione di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri – Lavoratore che ha acquisito la cittadinanza dello Stato membro ospitante conservando al contempo la propria cittadinanza originaria – Direttiva 2004/38/CE – Articolo 3 – Aventi diritto – Articolo 2, punto 2, lettera d) – Familiare – Ascendenti diretti a carico di un lavoratore cittadino dell’Unione – Articolo 7, paragrafo 1, lettere a) e d) – Diritto di soggiorno per un periodo superiore a tre mesi – Conservazione dello status di persona a carico nello Stato membro ospitante – Articolo 14, paragrafo 2 – Mantenimento del diritto di soggiorno – Regolamento (UE) n. 492/2011 – Articolo 7, paragrafo 2 – Parità di trattamento – Vantaggi sociali – Prestazioni di assistenza sociale – Onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante.
Causa C-488/21.
Court reports – general – 'Information on unpublished decisions' section
ECLI identifier: ECLI:EU:C:2023:1013
Causa C‑488/21
GV
contro
Chief Appeals Officer e a.
(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Court of Appeal)
Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 21 dicembre 2023
«Rinvio pregiudiziale – Cittadinanza dell’Unione europea – Articoli 21 e 45 TFUE – Diritto dei cittadini dell’Unione di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri – Lavoratore che ha acquisito la cittadinanza dello Stato membro ospitante conservando al contempo la propria cittadinanza originaria – Direttiva 2004/38/CE – Articolo 3 – Aventi diritto – Articolo 2, punto 2, lettera d) – Familiare – Ascendenti diretti a carico di un lavoratore cittadino dell’Unione – Articolo 7, paragrafo 1, lettere a) e d) – Diritto di soggiorno per un periodo superiore a tre mesi – Conservazione dello status di persona a carico nello Stato membro ospitante – Articolo 14, paragrafo 2 – Mantenimento del diritto di soggiorno – Regolamento (UE) n. 492/2011 – Articolo 7, paragrafo 2 – Parità di trattamento – Vantaggi sociali – Prestazioni di assistenza sociale – Onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante»
Cittadinanza dell’Unione – Diritto di libera circolazione e di libero soggiorno nel territorio degli Stati membri – Direttiva 2004/38 – Aventi diritto – Cittadino dell’Unione soggiornante nello Stato membro di cui ha la cittadinanza – Familiari di detto cittadino – Esclusione
(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2004/38, art. 3, § 1)
(v. punti 42, 43)
Cittadinanza dell’Unione – Disposizioni del Trattato – Diritto di libera circolazione e di libero soggiorno nel territorio degli Stati membri – Libera circolazione delle persone – Lavoratori – Lavoratore cittadino dell’Unione che ha esercitato la sua libertà di circolazione soggiornando e lavorando nello Stato membro ospitante – Cittadino che ha acquisito la cittadinanza di tale Stato membro conservando al contempo la sua cittadinanza originaria – Familiari di tale cittadino soggiornanti nello Stato membro ospitante – Diritto di soggiorno derivato nello Stato membro ospitante – Presupposti
(Artt. 21, § 1, e 45, §§ 1 e 2, TFUE; regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 492/2011, art. 7, § 2)
(v. punti 45-50)
Libera circolazione delle persone – Lavoratori – Parità di trattamento – Vantaggi sociali – Normativa nazionale che esclude dal beneficio di un assegno di invalidità un ascendente diretto a carico di un lavoratore cittadino dell’Unione, o anche che gli revoca il diritto di soggiorno per un periodo superiore a tre mesi – Inammissibilità – Giustificazione – Familiare che diventa un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale nazionale – Insussistenza
[Art. 45 TFUE; regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 492/2011, art. 7, § 2; direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2004/38, artt. 2, punto 2, d), 7, § 1, a) e d), e 14, § 2]
(v. punti 54-61, 63-72 e dispositivo)
Sintesi
GV, cittadina rumena, è madre di AC, anch’essa cittadina rumena, e quest’ultima soggiorna e lavora in Irlanda. Inoltre, AC è stata naturalizzata irlandese.
GV soggiorna dal 2017 in Irlanda con la figlia da cui è finanziariamente dipendente. Nel settembre 2017, a causa del deterioramento del suo stato di salute connesso all’artrite, GV ha chiesto la concessione dell’assegno di invalidità ai sensi di una legge sulla protezione sociale.
Come risulta dalla decisione di rinvio, tale assegno, che mira a proteggere contro la povertà, costituisce una prestazione di assistenza sociale finanziata dal bilancio generale, senza che l’interessato debba versare contributi di assicurazione sociale. Inoltre, il beneficio dell’assegno è subordinato a talune condizioni, legate in particolare all’età, alle risorse economiche e alla disabilità. Peraltro, tale assegno di invalidità costituisce una «prestazione speciale in denaro di carattere non contributivo», ai sensi del regolamento n. 883/2004 ( 1 ). Infine, risulta che il diritto irlandese esclude il versamento di tale assegno ad una persona che non risiede abitualmente in Irlanda, come una persona che non gode di un diritto di soggiorno.
Nel febbraio 2018 la domanda di assegno di invalidità presentata da GV è stata respinta, per il motivo che ella non godeva di un diritto di soggiorno in Irlanda.
L’Appeals Officer (funzionario preposto ai ricorsi, Irlanda), incaricato di riesaminare il rigetto di tale domanda, nel luglio 2019, ha concluso che GV, in quanto ascendente diretto a carico di una cittadina dell’Unione che lavora in Irlanda, era titolare di un diritto di soggiorno, ma non aveva il diritto di beneficiare di una prestazione di assistenza sociale. Il Chief Appeals Officer (Capo dell’Ufficio ricorsi, Irlanda), investito di una domanda di revisione, ha confermato tale ragionamento, dato che, conformemente alla normativa nazionale che recepisce la direttiva 2004/38 ( 2 ), GV sarebbe divenuta, in caso di concessione dell’assegno, un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale nazionale e, pertanto, non avrebbe più goduto del diritto di soggiorno.
Con sentenza emessa nel luglio 2020, la High Court (Alta Corte, Irlanda) ha annullato la decisione adottata dal Capo dell’Ufficio ricorsi. Tale giudice ritiene in particolare che la citata normativa nazionale, nella parte in cui subordina il diritto di soggiorno di un familiare di un cittadino irlandese alla condizione che tale familiare non diventi un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato, sia incompatibile con la direttiva 2004/38, che disciplina il diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri.
Adito in appello avverso tale sentenza, il giudice del rinvio ha deciso di interpellare, in sostanza, la Corte sulla questione se il diritto dell’Unione osti alla normativa di uno Stato membro che consente alle autorità di tale Stato membro di negare la concessione di una prestazione di assistenza sociale ad un ascendente diretto che, al momento della presentazione della domanda relativa a tale prestazione, è a carico di un lavoratore cittadino dell’Unione, o anche di revocargli il diritto di soggiorno per un periodo superiore a tre mesi, per il motivo che la concessione di detta prestazione avrebbe come effetto che tale familiare non sarebbe più a carico del lavoratore cittadino dell’Unione e diverrebbe quindi un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale di detto Stato membro.
Con la sua sentenza, pronunciata in Grande Sezione, la Corte dichiara che il principio della libera circolazione dei lavoratori ( 3 ), quale attuato dal regolamento n. 492/2011 ( 4 ), relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione, in combinato disposto con la direttiva 2004/38, osta a una siffatta normativa nazionale.
Giudizio della Corte
In via preliminare, la Corte ricorda che la direttiva 2004/38, di cui il giudice del rinvio chiedeva l’interpretazione, disciplina unicamente le condizioni di ingresso e di soggiorno di un cittadino dell’Unione negli Stati membri diversi da quello di cui ha la cittadinanza. Di conseguenza, essa non è volta a conferire, nel territorio di tale Stato membro, un diritto di soggiorno derivato ai familiari di tale cittadino. Nel caso di specie, dal momento della naturalizzazione di AC, tale direttiva non è più applicabile né al suo diritto di soggiorno in Irlanda, né al diritto di soggiorno derivato di cui potrebbero beneficiare i suoi familiari.
Ciò premesso, la Corte ha già dichiarato che la situazione di un cittadino di uno Stato membro, che ha esercitato la propria libertà di circolazione recandosi e soggiornando legalmente nel territorio di un altro Stato membro, non può essere assimilata ad una situazione puramente interna per il solo fatto che, durante tale soggiorno, ha acquisito la cittadinanza dello Stato membro ospitante in aggiunta alla propria cittadinanza originaria. Pertanto, l’effetto utile dei diritti conferiti ai cittadini dell’Unione dall’articolo 21 TFUE e, più precisamente, ai lavoratori dall’articolo 45 TFUE esige che a un familiare di un lavoratore cittadino dell’Unione il quale, dopo aver esercitato la propria libertà di circolazione soggiornando e lavorando nello Stato membro ospitante, abbia acquisito la cittadinanza di tale Stato membro, possa essere concesso un diritto di soggiorno derivato. Inoltre, le condizioni per la concessione del diritto di soggiorno derivato di cui beneficia tale familiare non dovrebbero essere più rigorose di quelle previste nella direttiva 2004/38 per il familiare di un cittadino dell’Unione che abbia esercitato il suo diritto di libera circolazione stabilendosi in uno Stato membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza, atteso che tale direttiva deve essere applicata per analogia a una situazione del genere. Infine, un lavoratore cittadino dell’Unione beneficia — anche quando, come nel caso di specie, ha acquisito la cittadinanza dello Stato membro ospitante, in aggiunta alla propria cittadinanza originaria — del diritto alla parità di trattamento, in applicazione dell’articolo 45, paragrafo 2, TFUE, come attuato dall’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011 ( 5 ).
In tale contesto, in primo luogo, la Corte precisa che dal combinato disposto di varie disposizioni della direttiva 2004/38 ( 6 ) risulta che gli ascendenti diretti di un lavoratore cittadino dell’Unione beneficiano di un diritto di soggiorno derivato superiore a tre mesi, quando sono «a carico» di tale lavoratore. Affinché il familiare interessato possa beneficiare di tale diritto, detta situazione di dipendenza deve sussistere, nel paese di provenienza di tale persona, nel momento in cui chiede di raggiungere il cittadino di cui è a carico. L’interessato potrà conservare tale diritto finché rimane a carico di tale lavoratore ( 7 ), e ciò fino a quando detto ascendente, che abbia soggiornato legalmente ed in via continuativa per cinque anni nello Stato membro ospitante, possa vantare un diritto di soggiorno permanente ( 8 ).
In secondo luogo, per quanto riguarda il citato diritto alla parità di trattamento di cui gode un lavoratore cittadino dell’Unione ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011, la Corte ricorda che la nozione di «vantaggi sociali» prevista da tale disposizione comprende tutti i vantaggi che, connessi o meno a un contratto di lavoro, sono generalmente riconosciuti ai lavoratori nazionali, in ragione principalmente del loro status obiettivo di lavoratore o del semplice fatto della loro residenza nel territorio nazionale, e la cui estensione ai lavoratori cittadini di altri Stati membri risulta quindi tale da facilitare la loro mobilità all’interno dell’Unione. Tale nozione può includere prestazioni di assistenza sociale soggette, allo stesso tempo, alla disciplina specifica del regolamento n. 883/2004, quali l’assegno di invalidità. Inoltre, una prestazione di assistenza sociale, come l’assegno di invalidità concesso a un ascendente diretto, costituisce per il lavoratore migrante un «vantaggio sociale» ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011, poiché tale ascendente diretto è a carico di detto lavoratore, ai sensi dell’articolo 2, punto 2, lettera d), della direttiva 2004/38. Peraltro, tale ascendente diretto a carico, in quanto beneficiario indiretto della parità di trattamento concessa a detto lavoratore, può avvalersi di tale articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011 al fine di ottenere detto assegno qualora, in forza del diritto nazionale, quest’ultimo sia concesso direttamente a siffatti ascendenti. In considerazione della tutela contro le discriminazioni di cui possono essere oggetto il lavoratore migrante e i suoi familiari nello Stato membro ospitante, garantita da tale disposizione, la concessione di una prestazione di assistenza sociale nello Stato membro ospitante non può incidere sullo status di ascendente «a carico» ai sensi dell’articolo 2, punto 2, lettera d), della direttiva 2004/38. Decidere diversamente impedirebbe, in pratica, a tale familiare a carico di richiedere detta prestazione, recando pregiudizio così alla parità di trattamento spettante al lavoratore migrante. A tale riguardo occorre sottolineare che, con i contributi fiscali che un lavoratore migrante versa allo Stato membro ospitante nell’ambito dell’attività subordinata egli vi esercita, tale lavoratore contribuisce al finanziamento delle politiche sociali di detto Stato membro e deve, di conseguenza, potersene avvalere alle stesse condizioni dei lavoratori nazionali. Pertanto, l’obiettivo consistente nell’evitare un onere finanziario eccessivo per lo Stato membro ospitante non può giustificare una disparità di trattamento tra i lavoratori migranti e i lavoratori nazionali.
( 1 ) Regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU 2004, L 166, pag. 1, e rettifiche in GU 2004, L 200, pag. 1, nonché GU 2007, L 204, pag.30).
( 2 ) Direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU 2004, L 158, pag. 77).
( 3 ) Tale principio è enunciato all’articolo 45 TFUE.
( 4 ) Si tratta più in particolare dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 492/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione (GU 2011, L 141, pag. 1).
( 5 ) A titolo di tale disposizione, un lavoratore cittadino di uno Stato membro gode, nel territorio degli altri Stati membri, «degli stessi vantaggi sociali e fiscali dei lavoratori nazionali».
( 6 ) Si tratta dell’articolo 2, punto 2, lettera d), e dell’articolo 7, paragrafo 1, lettere a) e d), della direttiva 2004/38.
( 7 ) Conformemente all’articolo 14, paragrafo 2, in combinato disposto con l’articolo 2, punto 2, lettera d), e con l’articolo 7, paragrafo 1, lettere a) e d), della direttiva 2004/38.
( 8 ) Tale diritto di soggiorno permanente è disciplinato dall’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2004/38.