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Document 62021CJ0227

Sentenza della Corte (Quarta Sezione) del 15 settembre 2022.
UAB «HA.EN.» contro Valstybinė mokesčių inspekcija prie Lietuvos Respublikos finansų ministerijo.
Rinvio pregiudiziale – Imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CE – Diritto a detrazione dell’IVA a monte – Vendita di un bene immobile tra soggetti passivi – Venditore soggetto a una procedura di insolvenza – Prassi nazionale consistente nel negare il diritto a detrazione all’acquirente per il motivo che egli era o avrebbe dovuto essere a conoscenza delle difficoltà del venditore nel versare l’IVA dovuta a valle – Frode e abuso di diritto – Presupposti.
Causa C-227/21.

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2022:687

Causa C‑227/21

UAB «HA.EN.»

contro

Valstybinė mokesčių inspekcija

(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Lietuvos vyriausiasis administracinis teismas)

Sentenza della Corte (Quarta Sezione) del 15 settembre 2022

«Rinvio pregiudiziale – Imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CE – Diritto a detrazione dell’IVA a monte – Vendita di un bene immobile tra soggetti passivi – Venditore soggetto a una procedura di insolvenza – Prassi nazionale consistente nel negare il diritto a detrazione all’acquirente per il motivo che egli era o avrebbe dovuto essere a conoscenza delle difficoltà del venditore nel versare l’IVA dovuta a valle – Frode e abuso di diritto – Presupposti»

  1. Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Diritto alla detrazione – Diniego del diritto a detrazione – Ammissibilità – Presupposti – Operazione che si iscrive in una frode o in un abuso relativo all’imposta sul valore aggiunto – Soggetto passivo che era a conoscenza o avrebbe dovuto essere a conoscenza dell’esistenza della frode – Adeguata dimostrazione degli elementi oggettivi comprovanti tale conoscenza

    (Direttiva del Consiglio 2006/112)

    (v. punti 25‑28)

  2. Risorse proprie dell’Unione europea – Tutela degli interessi finanziari dell’Unione – Lotta contro la frode e altre attività illegali – Nozione di frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione – Qualsiasi azione od omissione intenzionale che pregiudichi le entrate provenienti dall’applicazione di un’aliquota uniforme agli imponibili dell’imposta sul valore aggiunto armonizzati determinati secondo regole dell’Unione – Inclusione

    (Art. 325, § 1, TFUE; Convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee, art. 1; direttiva del Consiglio 2006/112)

    (v. punti 30, 31)

  3. Risorse proprie dell’Unione europea – Tutela degli interessi finanziari dell’Unione – Lotta contro la frode e altre attività illegali – Soggetto passivo che ha debitamente adempiuto i propri obblighi dichiarativi in materia di imposta sul valore aggiunto – Omesso versamento dell’imposta debitamente dichiarata – Insussistenza di frode all’imposta – Carattere intenzionale o meno dell’omissione – Irrilevanza

    (Direttiva del Consiglio 2006/112)

    (v. punto 32)

  4. Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Nascita e portata del diritto a detrazione – Principio della neutralità fiscale – Vendita di un immobile tra soggetti passivi – Venditore soggetto a una procedura di insolvenza – Acquirente che era a conoscenza o avrebbe dovuto essere a conoscenza delle difficoltà del venditore nel versare l’imposta dovuta a valle – Prassi nazionale che nega il diritto a detrazione all’acquirente – Inammissibilità

    [Direttiva del Consiglio 2006/112, art. 168, a)]

    (v. punti 33‑36, 38, 40, 42‑47 e dispositivo)

Sintesi

Nel settembre 2007, una società lituana aveva ottenuto, per l’esercizio di un’attività di sviluppo immobiliare, un finanziamento presso una banca lituana. Tale finanziamento era garantito mediante un’ipoteca costituita su una parcella di terreno sita a Vilnius (Lituania), sulla quale si trovava un edificio in costruzione.

Con un contratto di cessione del credito stipulato nel novembre 2015, la società HA.EN. ha rilevato, a titolo oneroso, i crediti derivanti da detto finanziamento nonché l’ipoteca volontaria. In occasione della stipula di tale contratto, la HA.EN. ha confermato, tra l’altro, di essere venuta a conoscenza della situazione economica e finanziaria nonché dello status giuridico della società venditrice, e di sapere che quest’ultima era insolvente e che era pendente una procedura di insolvenza nei suoi confronti.

Poiché la vendita all’asta, pubblicata con atto di ufficiale giudiziario nel maggio 2016, del bene immobile sul quale la HA.EN. disponeva dell’ipoteca è risultata infruttuosa, la HA.EN. ha accettato la proposta che le era stata fatta di rilevare il bene per il prezzo iniziale di vendita all’asta, il che ha comportato l’estinzione di una parte dei suoi crediti. Così, la proprietà del bene immobile le è stata trasferita per la somma complessiva di EUR 5468000, vale a dire per un importo di EUR 4519008,26 maggiorato di un’imposta sul valore aggiunto (IVA) pari a EUR 948991,74. La fattura di tale operazione è stata registrata nelle rispettive contabilità delle due parti del trasferimento. Dal momento che la società venditrice è stata poi dichiarata fallita, essa non ha mai versato l’IVA a valle all’erario.

Dal canto suo, la HA.EN. ha chiesto all’amministrazione tributaria di rimborsarle l’eccedenza di IVA risultante dalla detrazione dell’IVA a monte, pari a EUR 948991,74. Tuttavia, l’amministrazione tributaria ha ritenuto che, concludendo l’operazione di acquisto del bene immobile di cui trattasi sebbene sapesse o avrebbe dovuto sapere che il venditore non avrebbe versato all’erario l’IVA generata da tale operazione, la HA.EN. aveva agito in malafede e commesso un abuso di diritto. Per tale ragione, l’amministrazione tributaria le ha negato il diritto di detrarre detta IVA a monte.

In primo grado, i giudici lituani hanno statuito a favore dell’amministrazione tributaria. Orbene, adito in appello dalla HA.EN., il Lietuvos vyriausiasis administracinis teismas (Corte amministrativa suprema di Lituania) esprime dubbi relativamente all’ammissibilità, sotto il profilo del diritto dell’Unione, di una prassi dell’amministrazione tributaria consistente nel negare la detrazione dell’IVA in casi come quello in esame.

Adita, a sua volta, in via pregiudiziale, la Corte dichiara, nella sua sentenza, che la direttiva 2006/112 ( 1 ), letta alla luce del principio di neutralità fiscale, osta a una prassi nazionale come la prassi lituana, consistente, nell’ambito della vendita di un bene immobile tra soggetti passivi, nel negare all’acquirente il diritto di detrarre l’IVA assolta a monte per il solo fatto che questi sapeva o avrebbe dovuto sapere che il venditore si trovava in difficoltà finanziarie, oppure in uno stato di insolvenza, e che tale circostanza poteva comportare la conseguenza che il venditore medesimo non avrebbe versato o non sarebbe stato in grado di versare l’IVA all’erario.

Giudizio della Corte

In via preliminare, la Corte ricorda che il diritto a detrazione dell’IVA a monte costituisce un principio fondamentale del sistema comune dell’IVA, il quale garantisce la neutralità dell’imposizione fiscale di qualsiasi attività economica soggetta all’IVA, e che tale diritto, in linea di principio, non può essere soggetto a limitazioni. Tuttavia, i singoli non possono avvalersi abusivamente o fraudolentemente delle norme dell’Unione. Pertanto, ove sia adeguatamente dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che il diritto a detrazione è invocato fraudolentemente o abusivamente, le autorità e i giudici nazionali devono negare il beneficio del diritto a detrazione.

A tal riguardo, la Corte rileva anzitutto che un soggetto passivo, debitore giudiziario, che versi in difficoltà finanziarie, il quale venda, in una vendita giudiziale al pubblico incanto disciplinata dalla legge, uno dei suoi beni al fine di estinguere i propri debiti e poi dichiari l’IVA dovuta a tale titolo, ma non sia in grado successivamente, a causa di tali difficoltà, di versare, in tutto o in parte, detta IVA, non commette, per questo solo motivo, una frode in materia di IVA. Di conseguenza, non è possibile, a maggior ragione, in dette circostanze, addebitare all’acquirente di un tale bene il fatto che egli sapeva o avrebbe dovuto sapere che, acquistando tale bene, partecipava a un’operazione che si iscriveva in una frode in materia di IVA.

Poi, la Corte ricorda le due condizioni che, in materia di IVA, devono sussistere ai fini dell’accertamento dell’esistenza di un comportamento abusivo: le operazioni di cui trattasi devono avere come risultato l’ottenimento di un vantaggio fiscale la cui concessione sarebbe contraria all’obiettivo perseguito dalla direttiva IVA, e da un insieme di elementi oggettivi deve risultare che lo scopo essenziale di dette operazioni si limita all’ottenimento di detto vantaggio fiscale.

Su tale punto, la Corte constata che l’esistenza stessa della facoltà, riconosciuta agli Stati membri dalla direttiva IVA, di ricorrere al meccanismo dell’inversione contabile, il quale consente di rinviare l’onere dell’IVA al soggetto passivo nei cui confronti è effettuata l’operazione soggetta a tale imposta, e ciò in particolare in fattispecie come quella in esame, dimostra che il legislatore dell’Unione non ha considerato la detrazione dell’IVA assolta dall’acquirente di un bene immobile in una vendita giudiziale al pubblico incanto contraria agli obiettivi della direttiva IVA. Inoltre, non si può dedurre dalle sole difficoltà finanziarie del debitore il cui bene è venduto mediante esecuzione forzata la sua intenzione illegittima di non versare l’IVA. Pertanto, non si può ritenere, su questa sola base, che, realizzando una transazione commerciale con esso, l’acquirente di tale bene commetta un abuso di diritto.

In circostanze come quelle di cui al procedimento principale, l’acquisto del bene immobile da parte del creditore può essenzialmente essere motivato dalla sua volontà di recuperare in tutto o in parte il suo credito tramite mezzi legali a sua disposizione, quali una vendita giudiziale al pubblico incanto. Considerato l’obiettivo a priori legittimo che detta vendita persegue, l’acquisto di cui trattasi non può essere equiparato a una costruzione meramente artificiosa, priva di effettività economica e realizzata al solo scopo di ottenere un vantaggio fiscale.

Infine, la Corte considera la prassi lituana di cui trattasi nella fattispecie contraria al principio di neutralità fiscale, nei limiti in cui essa implica che l’onere dell’IVA assolta a monte deve gravare sugli acquirenti di beni immobili, e ciò a maggior ragione in quanto la Repubblica di Lituania ha scelto di non esercitare la facoltà di istituire, per la fattispecie in esame, un meccanismo di inversione contabile volto proprio a ovviare al rischio di insolvenza del debitore dell’IVA. Oltre a ciò, una prassi siffatta è idonea a restringere la cerchia dei potenziali acquirenti e, pertanto, contrasta con l’obiettivo perseguito dalla vendita giudiziale al pubblico incanto, vale a dire la liquidazione ottimale dell’attivo del debitore al fine di soddisfare al meglio i suoi creditori. Essa tende inoltre ad isolare gli operatori economici in difficoltà finanziarie e a ostacolare la loro capacità di effettuare transazioni, in violazione del principio di neutralità fiscale, atteso che quest’ultimo si oppone alle distinzioni tra soggetti passivi a seconda della loro situazione finanziaria.


( 1 ) Direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva IVA»).

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