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Document 62013CJ0417
Starjakob
Starjakob
Causa C‑417/13
ÖBB Personenverkehr AG
contro
Gotthard Starjakob
(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Oberster Gerichtshof)
«Rinvio pregiudiziale — Politica sociale — Direttiva 2000/78/CE — Parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro — Articolo 2, paragrafi 1 e 2, lettera a) — Articolo 6, paragrafo 1 — Discriminazione fondata sull’età — Normativa nazionale che subordina il computo, ai fini della determinazione della retribuzione, di periodi di servizio svolti prima del compimento del diciottesimo anno di età a un prolungamento dei termini di avanzamento — Giustificazione — Idoneità a realizzare lo scopo perseguito — Facoltà di contestare il prolungamento dei termini di avanzamento»
Massime – Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 28 gennaio 2015
Politica sociale – Parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro – Direttiva 2000/78 – Divieto di discriminazione fondata sull’età – Normativa nazionale che subordina il computo, ai fini della determinazione della retribuzione, dei periodi di formazione e di servizio svolti prima del compimento del diciottesimo anno di età a un prolungamento dei termini di avanzamento – Normativa che comporta una discriminazione – Giustificazione ricavata dal perseguimento di obiettivi legittimi – Rispetto dei diritti quesiti e tutela del legittimo affidamento – Proporzionalità – Insussistenza
(Direttiva del Consiglio 2000/78, artt. 2 e 6, § 1)
Politica sociale – Parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro – Direttiva 2000/78 – Divieto di discriminazione fondata sull’età – Violazione del divieto di discriminazione fondata sull’età da parte di una normativa nazionale relativa alla retribuzione – Conseguenze – Obbligo di concedere retroattivamente ai dipendenti discriminati una somma corrispondente alla differenza tra la retribuzione effettivamente percepita e quella ottenuta dai dipendenti favoriti – Insussistenza – Diritto dei dipendenti discriminati ai vantaggi concessi ai dipendenti favoriti
(Direttiva del Consiglio 2000/78, art. 16)
Politica sociale – Parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro – Direttiva 2000/78 – Divieto di discriminazione fondata sull’età – Violazione del divieto di discriminazione fondata sull’età da parte di una normativa nazionale relativa alla retribuzione – Conseguenze – Normativa nazionale che prevede un obbligo per i dipendenti discriminati di fornire al proprio datore di lavoro, ai fini del computo, le prove relative ai periodi di servizio svolti prima del compimento del diciottesimo anno di età – Ammissibilità – Rifiuto di cooperazione e proposizione di un’azione diretta ad ottenere un versamento volto a ristabilire la parità di trattamento – Assenza di abuso di diritto
(Direttiva del Consiglio 2000/78, art. 16)
Diritto dell’Unione europea – Diritti conferiti ai soggetti – Modalità processuali nazionali – Rispetto del principio di effettività – Disposizione nazionale che fissa un termine di prescrizione – Termine che inizia a decorrere prima della data di pronuncia della sentenza della Corte che ha definito la situazione giuridica in materia – Ammissibilità
(Art. 267 TFUE)
Il diritto dell’Unione, segnatamente gli articoli 2 e 6, paragrafo 1, della direttiva 2000/78 che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che, per porre fine a una discriminazione fondata sull’età, computa i periodi di servizio anteriori al compimento del diciottesimo anno di età, ma che comporta simultaneamente una norma, applicabile in realtà solo ai dipendenti vittime di tale discriminazione, che prolunga di un anno il periodo richiesto al fine dell’avanzamento in ciascuno dei primi tre scatti retributivi e mantiene, in tal modo, in via definitiva una differenza di trattamento fondata sull’età.
In effetti, poiché tale prolungamento di un anno si applica solo ai dipendenti che hanno svolto periodi di servizio prima di aver compiuto diciotto anni, si deve constatare che la suddetta normativa nazionale comporta una differenza di trattamento direttamente basata sull’età ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2000/78.
Per quanto riguarda la giustificazione di una tale differenza di trattamento, è opportuno rilevare, da un lato, che considerazioni di bilancio non possono, di per sé sole, costituire una finalità legittima ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2000/78. Per quanto riguarda, dall’altro lato, il rispetto dei diritti quesiti e la tutela del legittimo affidamento dei dipendenti favoriti dal regime anteriore per quanto attiene alla loro retribuzione, si deve osservare che essi costituiscono obiettivi legittimi di politica del lavoro e del mercato del lavoro che possono giustificare, per un periodo transitorio, il mantenimento delle retribuzioni anteriori e conseguentemente di un regime discriminatorio fondato sull’età.
Tali obiettivi non possono tuttavia giustificare una misura che mantenga in via definitiva, anche se soltanto per determinate persone, la differenza di trattamento fondata sull’età che la riforma di un regime discriminatorio, nella quale tale misura si inserisce, intende eliminare. Una misura del genere, anche se idonea a garantire la tutela dei diritti quesiti e del legittimo affidamento nei confronti dei dipendenti favoriti dal regime anteriore, non è atta a instaurare un regime non discriminatorio per i dipendenti sfavoriti dal regime anteriore.
(v. punti 31, 36, 37, 39, 40, dispositivo 1)
Il diritto dell’Unione, segnatamente l’articolo 16 della direttiva 2000/78, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, deve essere interpretato nel senso che una normativa nazionale che intende porre fine a una discriminazione fondata sull’età, non deve necessariamente consentire a un dipendente, per il quale i periodi di servizio svolti prima del compimento del diciottesimo anno di età non siano stati computati nel calcolo del suo avanzamento di carriera, di ottenere una compensazione finanziaria corrispondente al versamento della differenza tra la retribuzione che egli avrebbe ottenuto in assenza di una tale discriminazione e quella che ha effettivamente ottenuto.
Ciò detto, quando una discriminazione, contraria al diritto dell’Unione, sia stata constatata e finché non siano adottate misure volte a ripristinare la parità di trattamento, il rispetto del principio di uguaglianza può essere garantito solo mediante la concessione alle persone appartenenti alla categoria sfavorita degli stessi vantaggi di cui beneficiano le persone della categoria privilegiata, regime che, in assenza della corretta applicazione del diritto dell’Unione, resta il solo sistema di riferimento valido.
Tale soluzione è destinata a essere applicata soltanto in presenza di un sistema di riferimento valido.
Pertanto, nella fattispecie di cui trattasi e finché non venga attuato un sistema che sopprima la discriminazione fondata sull’età in maniera conforme a quanto previsto dalla direttiva 2000/78, il ripristino della parità di trattamento comporta la concessione, ai dipendenti sfavoriti dal regime anteriore, dei medesimi vantaggi di cui hanno potuto beneficiare i dipendenti favoriti da tale regime, per quanto riguarda il computo dei periodi di servizio svolti prima del compimento del diciottesimo anno di età, ma altresì l’avanzamento negli scatti retributivi.
(v. punti 45‑47, 49, dispositivo 2)
Il diritto dell’Unione, segnatamente l’articolo 16 della direttiva 2000/78, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che il legislatore nazionale preveda, ai fini del computo dei periodi di servizio svolti prima del compimento del diciottesimo anno di età, un obbligo di cooperazione in forza del quale il dipendente è tenuto a fornire al suo datore di lavoro le prove relative a tali periodi.
Né l’articolo 16 della direttiva 2000/78 né nessun’altra disposizione della stessa ostano a che una disposizione nazionale preveda un obbligo di cooperazione in forza del quale il dipendente è tenuto a fornire al suo datore di lavoro, ai fini del loro computo, le prove relative ai periodi di servizio svolti prima del compimento del diciottesimo anno di età.
L’accertamento dell’esistenza di una pratica abusiva richiede che ricorrano un elemento oggettivo e un elemento soggettivo. Per quanto riguarda l’elemento oggettivo, deve risultare da un insieme di circostanze oggettive che, nonostante il rispetto formale delle condizioni previste dalla normativa dell’Unione, l’obiettivo perseguito da tale normativa non è stato raggiunto. Quanto all’elemento soggettivo, deve risultare che sussiste una volontà di ottenere un vantaggio indebito derivante dalla normativa dell’Unione mediante la creazione artificiosa delle condizioni necessarie per il suo ottenimento.
Non costituisce un abuso di diritto la circostanza che un dipendente rifiuti di cooperare ai fini dell’applicazione di una normativa nazionale che comporta una discriminazione fondata sull’età, contraria alla direttiva 2000/78, né la sua azione diretta a ottenere un versamento volto a ristabilire la parità di trattamento rispetto ai dipendenti favoriti dal regime anteriore.
(v. punti 54, 56, 58, dispositivo 3)
Il principio di effettività deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che un termine nazionale di prescrizione di diritti fondati sull’ordinamento giuridico dell’Unione inizi a decorrere prima della pronuncia di una sentenza della Corte che definisce chiaramente la situazione giuridica in materia.
In effetti, l’interpretazione di una norma di diritto dell’Unione data dalla Corte nell’esercizio della competenza attribuitale dall’articolo 267 TFUE chiarisce e precisa, quando ve ne sia bisogno, il significato e la portata di detta norma, quale deve o avrebbe dovuto essere intesa e applicata dal momento della sua entrata in vigore. In altri termini, una sentenza pregiudiziale ha un valore non costitutivo bensì puramente dichiarativo, con la conseguenza che i suoi effetti risalgono, in linea di principio, alla data di entrata in vigore della norma interpretata.
Inoltre, quanto al dies a quo del termine di prescrizione, esso rientra, in linea di principio, nell’ambito del diritto nazionale e l’eventuale accertamento da parte della Corte di una violazione del diritto dell’Unione è in linea di massima ininfluente su detto dies a quo.
(v. punti 63, 64, 69, dispositivo 4)
Causa C‑417/13
ÖBB Personenverkehr AG
contro
Gotthard Starjakob
(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Oberster Gerichtshof)
«Rinvio pregiudiziale — Politica sociale — Direttiva 2000/78/CE — Parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro — Articolo 2, paragrafi 1 e 2, lettera a) — Articolo 6, paragrafo 1 — Discriminazione fondata sull’età — Normativa nazionale che subordina il computo, ai fini della determinazione della retribuzione, di periodi di servizio svolti prima del compimento del diciottesimo anno di età a un prolungamento dei termini di avanzamento — Giustificazione — Idoneità a realizzare lo scopo perseguito — Facoltà di contestare il prolungamento dei termini di avanzamento»
Massime – Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 28 gennaio 2015
Politica sociale — Parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro — Direttiva 2000/78 — Divieto di discriminazione fondata sull’età — Normativa nazionale che subordina il computo, ai fini della determinazione della retribuzione, dei periodi di formazione e di servizio svolti prima del compimento del diciottesimo anno di età a un prolungamento dei termini di avanzamento — Normativa che comporta una discriminazione — Giustificazione ricavata dal perseguimento di obiettivi legittimi — Rispetto dei diritti quesiti e tutela del legittimo affidamento — Proporzionalità — Insussistenza
(Direttiva del Consiglio 2000/78, artt. 2 e 6, § 1)
Politica sociale — Parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro — Direttiva 2000/78 — Divieto di discriminazione fondata sull’età — Violazione del divieto di discriminazione fondata sull’età da parte di una normativa nazionale relativa alla retribuzione — Conseguenze — Obbligo di concedere retroattivamente ai dipendenti discriminati una somma corrispondente alla differenza tra la retribuzione effettivamente percepita e quella ottenuta dai dipendenti favoriti — Insussistenza — Diritto dei dipendenti discriminati ai vantaggi concessi ai dipendenti favoriti
(Direttiva del Consiglio 2000/78, art. 16)
Politica sociale — Parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro — Direttiva 2000/78 — Divieto di discriminazione fondata sull’età — Violazione del divieto di discriminazione fondata sull’età da parte di una normativa nazionale relativa alla retribuzione — Conseguenze — Normativa nazionale che prevede un obbligo per i dipendenti discriminati di fornire al proprio datore di lavoro, ai fini del computo, le prove relative ai periodi di servizio svolti prima del compimento del diciottesimo anno di età — Ammissibilità — Rifiuto di cooperazione e proposizione di un’azione diretta ad ottenere un versamento volto a ristabilire la parità di trattamento — Assenza di abuso di diritto
(Direttiva del Consiglio 2000/78, art. 16)
Diritto dell’Unione europea — Diritti conferiti ai soggetti — Modalità processuali nazionali — Rispetto del principio di effettività — Disposizione nazionale che fissa un termine di prescrizione — Termine che inizia a decorrere prima della data di pronuncia della sentenza della Corte che ha definito la situazione giuridica in materia — Ammissibilità
(Art. 267 TFUE)
Il diritto dell’Unione, segnatamente gli articoli 2 e 6, paragrafo 1, della direttiva 2000/78 che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che, per porre fine a una discriminazione fondata sull’età, computa i periodi di servizio anteriori al compimento del diciottesimo anno di età, ma che comporta simultaneamente una norma, applicabile in realtà solo ai dipendenti vittime di tale discriminazione, che prolunga di un anno il periodo richiesto al fine dell’avanzamento in ciascuno dei primi tre scatti retributivi e mantiene, in tal modo, in via definitiva una differenza di trattamento fondata sull’età.
In effetti, poiché tale prolungamento di un anno si applica solo ai dipendenti che hanno svolto periodi di servizio prima di aver compiuto diciotto anni, si deve constatare che la suddetta normativa nazionale comporta una differenza di trattamento direttamente basata sull’età ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2000/78.
Per quanto riguarda la giustificazione di una tale differenza di trattamento, è opportuno rilevare, da un lato, che considerazioni di bilancio non possono, di per sé sole, costituire una finalità legittima ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2000/78. Per quanto riguarda, dall’altro lato, il rispetto dei diritti quesiti e la tutela del legittimo affidamento dei dipendenti favoriti dal regime anteriore per quanto attiene alla loro retribuzione, si deve osservare che essi costituiscono obiettivi legittimi di politica del lavoro e del mercato del lavoro che possono giustificare, per un periodo transitorio, il mantenimento delle retribuzioni anteriori e conseguentemente di un regime discriminatorio fondato sull’età.
Tali obiettivi non possono tuttavia giustificare una misura che mantenga in via definitiva, anche se soltanto per determinate persone, la differenza di trattamento fondata sull’età che la riforma di un regime discriminatorio, nella quale tale misura si inserisce, intende eliminare. Una misura del genere, anche se idonea a garantire la tutela dei diritti quesiti e del legittimo affidamento nei confronti dei dipendenti favoriti dal regime anteriore, non è atta a instaurare un regime non discriminatorio per i dipendenti sfavoriti dal regime anteriore.
(v. punti 31, 36, 37, 39, 40, dispositivo 1)
Il diritto dell’Unione, segnatamente l’articolo 16 della direttiva 2000/78, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, deve essere interpretato nel senso che una normativa nazionale che intende porre fine a una discriminazione fondata sull’età, non deve necessariamente consentire a un dipendente, per il quale i periodi di servizio svolti prima del compimento del diciottesimo anno di età non siano stati computati nel calcolo del suo avanzamento di carriera, di ottenere una compensazione finanziaria corrispondente al versamento della differenza tra la retribuzione che egli avrebbe ottenuto in assenza di una tale discriminazione e quella che ha effettivamente ottenuto.
Ciò detto, quando una discriminazione, contraria al diritto dell’Unione, sia stata constatata e finché non siano adottate misure volte a ripristinare la parità di trattamento, il rispetto del principio di uguaglianza può essere garantito solo mediante la concessione alle persone appartenenti alla categoria sfavorita degli stessi vantaggi di cui beneficiano le persone della categoria privilegiata, regime che, in assenza della corretta applicazione del diritto dell’Unione, resta il solo sistema di riferimento valido.
Tale soluzione è destinata a essere applicata soltanto in presenza di un sistema di riferimento valido.
Pertanto, nella fattispecie di cui trattasi e finché non venga attuato un sistema che sopprima la discriminazione fondata sull’età in maniera conforme a quanto previsto dalla direttiva 2000/78, il ripristino della parità di trattamento comporta la concessione, ai dipendenti sfavoriti dal regime anteriore, dei medesimi vantaggi di cui hanno potuto beneficiare i dipendenti favoriti da tale regime, per quanto riguarda il computo dei periodi di servizio svolti prima del compimento del diciottesimo anno di età, ma altresì l’avanzamento negli scatti retributivi.
(v. punti 45‑47, 49, dispositivo 2)
Il diritto dell’Unione, segnatamente l’articolo 16 della direttiva 2000/78, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che il legislatore nazionale preveda, ai fini del computo dei periodi di servizio svolti prima del compimento del diciottesimo anno di età, un obbligo di cooperazione in forza del quale il dipendente è tenuto a fornire al suo datore di lavoro le prove relative a tali periodi.
Né l’articolo 16 della direttiva 2000/78 né nessun’altra disposizione della stessa ostano a che una disposizione nazionale preveda un obbligo di cooperazione in forza del quale il dipendente è tenuto a fornire al suo datore di lavoro, ai fini del loro computo, le prove relative ai periodi di servizio svolti prima del compimento del diciottesimo anno di età.
L’accertamento dell’esistenza di una pratica abusiva richiede che ricorrano un elemento oggettivo e un elemento soggettivo. Per quanto riguarda l’elemento oggettivo, deve risultare da un insieme di circostanze oggettive che, nonostante il rispetto formale delle condizioni previste dalla normativa dell’Unione, l’obiettivo perseguito da tale normativa non è stato raggiunto. Quanto all’elemento soggettivo, deve risultare che sussiste una volontà di ottenere un vantaggio indebito derivante dalla normativa dell’Unione mediante la creazione artificiosa delle condizioni necessarie per il suo ottenimento.
Non costituisce un abuso di diritto la circostanza che un dipendente rifiuti di cooperare ai fini dell’applicazione di una normativa nazionale che comporta una discriminazione fondata sull’età, contraria alla direttiva 2000/78, né la sua azione diretta a ottenere un versamento volto a ristabilire la parità di trattamento rispetto ai dipendenti favoriti dal regime anteriore.
(v. punti 54, 56, 58, dispositivo 3)
Il principio di effettività deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che un termine nazionale di prescrizione di diritti fondati sull’ordinamento giuridico dell’Unione inizi a decorrere prima della pronuncia di una sentenza della Corte che definisce chiaramente la situazione giuridica in materia.
In effetti, l’interpretazione di una norma di diritto dell’Unione data dalla Corte nell’esercizio della competenza attribuitale dall’articolo 267 TFUE chiarisce e precisa, quando ve ne sia bisogno, il significato e la portata di detta norma, quale deve o avrebbe dovuto essere intesa e applicata dal momento della sua entrata in vigore. In altri termini, una sentenza pregiudiziale ha un valore non costitutivo bensì puramente dichiarativo, con la conseguenza che i suoi effetti risalgono, in linea di principio, alla data di entrata in vigore della norma interpretata.
Inoltre, quanto al dies a quo del termine di prescrizione, esso rientra, in linea di principio, nell’ambito del diritto nazionale e l’eventuale accertamento da parte della Corte di una violazione del diritto dell’Unione è in linea di massima ininfluente su detto dies a quo.
(v. punti 63, 64, 69, dispositivo 4)