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Document 61997CJ0337

Massime della sentenza

Parole chiave
Massima

Parole chiave

1 Libera circolazione delle persone - Lavoratori - Nozione - Esistenza di un rapporto di lavoro - Esercizio di attività reali ed effettive - Coniuge del direttore e unico proprietario di un'impresa - Inclusione

[Trattato CE, art. 48 (divenuto, in seguito a modifica, art. 39 CE); regolamento (CEE) del Consiglio n. 1612/68]

2 Libera circolazione delle persone - Lavoratori - Parità di trattamento - Vantaggi sociali - Finanziamento degli studi - Concessione ai discendenti a carico di un lavoratore cittadino di un altro Stato membro - Requisito della residenza - Inammissibilità

(Regolamento del Consiglio n. 1612/68, art. 7)

3 Libera circolazione delle persone - Libertà di stabilimento - Normativa di uno Stato membro che subordina la concessione di un finanziamento degli studi dei figli dei cittadini di altri Stati membri al requisito di residenza nel territorio nazionale - Discriminazione nei confronti dei discendenti a carico dei lavoratori non dipendenti - Inammissibilità

[Trattato CE, art. 52 (divenuto, in seguito a modifica, art. 43 CE)]

Massima

1 La nozione di lavoratore, ai sensi dell'art. 48 del Trattato (divenuto, in seguito a modifica, art. 39 CE) e del regolamento n. 1612/68, riveste portata comunitaria e non deve essere interpretata in modo restrittivo. Deve considerarsi lavoratore ogni persona che presti attività reali ed effettive, ad esclusione di attività talmente ridotte da porsi come puramente marginali ed accessorie. La caratteristica del rapporto di lavoro è data dalla circostanza che una persona fornisca, per un certo periodo di tempo, a favore di un'altra e sotto la direzione di quest'ultima, prestazioni in contropartita delle quali riceve una retribuzione.

La circostanza che una persona sia legata da vincolo matrimoniale al direttore ed unico detentore del capitale sociale di una società non osta a che tale persona possa essere qualificata come lavoratore ai sensi delle menzionate disposizioni, quando l'attività lavorativa venga svolta nell'ambito di un vincolo di subordinazione. Infatti, i rapporti personali e patrimoniali tra coniugi derivanti dal matrimonio non escludono l'esistenza, nell'ambito dell'organizzazione dell'impresa, di un vincolo di subordinazione caratteristico di un rapporto di lavoro.

2 Se uno Stato membro non può subordinare la concessione di un vantaggio sociale, ai sensi dell'art. 7 del regolamento n. 1612/68, al requisito che i lavoratori, beneficiari di tale vantaggio, risiedano nel territorio nazionale dello Stato medesimo, il principio di parità di trattamento, sancito dal medesimo art. 7, mira parimenti ad impedire le discriminazioni operate a detrimento dei discendenti che siano a carico del lavoratore. A tale riguardo, è discriminatorio un requisito di residenza, previsto da una normativa nazionale, imposto per i figli dei lavoratori cittadini di altri Stati membri ai fini del finanziamento degli studi, quando non sia richiesto ai figli dei lavoratori cittadini nazionali.

Pertanto, il figlio a carico di un cittadino di uno Stato membro, che svolga attività di lavoro subordinato in un altro Stato membro pur mantenendo la propria residenza nello Stato di cui è cittadino, può avvalersi dell'art. 7, n. 2, del regolamento n. 1612/68 al fine di ottenere il finanziamento dei propri studi alle stesse condizioni previste per i figli dei cittadini dello Stato in cui viene svolta l'attività lavorativa e, in particolare, senza che possa essere imposto un requisito supplementare relativo alla residenza del figlio medesimo.

3 L'art. 52 del Trattato (divenuto, in seguito a modifica, art. 43 CE) garantisce il beneficio del trattamento nazionale ai cittadini di uno Stato membro che intendano esercitare un'attività lavorativa autonoma in un altro Stato membro e vieta qualsiasi discriminazione basata sulla cittadinanza, che ostacoli l'accesso a tale attività o l'esercizio della stessa. Tale principio della parità di trattamento mira parimenti ad impedire le discriminazioni nei confronti dei discendenti che siano a carico del lavoratore subordinato. Esso non consente, pertanto, l'imposizione, prevista da una normativa nazionale, del requisito di residenza per i figli dei lavoratori cittadini di altri Stati membri ai fini del finanziamento dei loro studi, requisito non richiesto per i figli dei lavoratori nazionali, atteso che un siffatto requisito dev'essere considerato discriminatorio.

Ne consegue che il figlio a carico di un cittadino di uno Stato membro, che svolga attività di lavoro autonomo in un altro Stato membro pur mantenendo la propria residenza nello Stato di cui è cittadino, può ottenere il finanziamento dei propri studi alle stesse condizioni previste per i figli dei cittadini dello Stato di stabilimento e, in particolare, senza che possa essere imposto un requisito supplementare relativo alla residenza del figlio medesimo.

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