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Document 62021TJ0393

    Sentenza del Tribunale (Ottava Sezione ampliata) dell' 8 maggio 2024 (Estratti).
    Max Heinr. Sutor OHG contro Comitato di risoluzione unico.
    Unione economica e monetaria – Unione bancaria – Meccanismo di risoluzione unico degli enti creditizi e di talune imprese di investimento (SRM) – Fondo di risoluzione unico (SRF) – Decisione del SRB (CRU) relativa al calcolo dei contributi ex ante per il 2021 – Obbligo di motivazione – Eccezione di illegittimità – Limitazione degli effetti della sentenza nel tempo.
    Causa T-393/21.

    Court reports – general

    ECLI identifier: ECLI:EU:T:2024:302

    Causa T‑393/21

    Max Heinr. Sutor OHG.

    contro

    Comitato di risoluzione unico (SRB o CRU)

    Sentenza del Tribunale (Ottava Sezione ampliata) dell’8 maggio 2024

    «Unione economica e monetaria – Unione bancaria – Meccanismo di risoluzione unico degli enti creditizi e di talune imprese di investimento (SRM) – Fondo di risoluzione unico (SRF) – Decisione del SRB (CRU) relativa al calcolo dei contributi ex ante per il 2021 – Obbligo di motivazione – Eccezione di illegittimità – Limitazione degli effetti della sentenza nel tempo»

    1. Politica economica e monetaria – Politica economica – Meccanismo di risoluzione unico degli enti creditizi e di talune imprese di investimento – Contributi ex ante al Fondo di risoluzione unico (SRF) – Presa in considerazione, nel calcolo di tali contributi, delle passività fiduciarie di un ente creditizio autorizzato ad esercitare attività di investimento – Ammissibilità

      [Regolamento della Commissione 2015/63, art. 5, § 1, e); direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2014/59, art. 2, § 2, punto 3]

      (v. punti 41, 45, 51, 147)

    2. Politica economica e monetaria – Politica economica – Meccanismo di risoluzione unico degli enti creditizi e di talune imprese di investimento – Contributi ex ante al Fondo di risoluzione unico (SRF) – Presa in considerazione, nel calcolo di tali contributi, delle passività fiduciarie di un ente creditizio autorizzato ad esercitare attività di investimento – Esposizione di tali passività agli stessi rischi delle imprese di investimento in caso di risoluzione – Violazione del principio di parità di trattamento – Insussistenza

      [Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 806/2014, considerando 12; regolamento della Commissione 2015/63, art. 5, § 1, e)]

      (v. punti 89‑92, 95)

    3. Politica economica e monetaria – Politica economica – Meccanismo di risoluzione unico degli enti creditizi e di talune imprese di investimento – Contributi ex ante al Fondo di risoluzione unico (SRF) – Presa in considerazione, nel calcolo di tali contributi, delle passività fiduciarie di un ente creditizio autorizzato ad esercitare attività di investimento – Principio di iscrizione di tali passività nello stato patrimoniale dell’ente interessato – Possibilità di deroga per gli Stati membri che consente agli enti di iscrivere tali passività fuori bilancio – Violazione del principio della parità di trattamento derivante dalle divergenze esistenti tra le diverse normative nazionali – Insussistenza

      [Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 806/2014, art.70, § 2, comma 2, b); direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2014/59, art. 103, § 2; direttiva del Consiglio 86/635, art. 10, § 1]

      (v. punti 98‑100, 104, 106, 107)

    Sintesi

    Investito di un ricorso di annullamento, che esso accoglie, il Tribunale annulla la decisione del Comitato di risoluzione unico (SRB o CRU) relativa alla fissazione dei contributi ex ante per il 2021 ( 1 ) al Fondo di risoluzione unico (SRF o FRU), a causa della violazione del suo obbligo di motivazione quanto alla determinazione del livello-obiettivo annuale. Inoltre, il Tribunale si pronuncia sulla portata dell’articolo 5, paragrafo 1, lettera e), del regolamento delegato 2015/63 ( 2 ) e sull’eccezione di illegittimità sollevata nei confronti di quest’ultimo. Infine, esso esamina anche l’asserita violazione dell’articolo 5, paragrafo 1, lettera e), di detto regolamento.

    La Max Heinr. Sutor OHG, ricorrente, è un ente creditizio con sede in Germania. Il 14 aprile 2021, il SRB ha adottato una decisione nella quale ha fissato ( 3 ) i contributi ex ante per il 2021 al SRF degli enti creditizi e di talune imprese di investimento, tra cui la ricorrente.

    Giudizio del Tribunale

    In primo luogo, per quanto riguarda la portata dell’articolo 5, paragrafo 1, del regolamento delegato 2015/63, il Tribunale ricorda che, secondo la giurisprudenza, la deroga prevista da tale disposizione, che consente di escludere talune passività dal calcolo dei contributi ex ante, deve essere interpretata restrittivamente. Esso rileva altresì che l’articolo 5, paragrafo 1, lettera e), di tale regolamento delegato prevede tre condizioni cumulative per l’esclusione delle passività di cui trattasi, vale a dire che dette passività devono essere detenute da un’impresa di investimento, devono derivare dal possesso di attività o di liquidità dei clienti e che queste ultime devono, inoltre, essere protette dal diritto fallimentare vigente.

    Per quanto riguarda la prima condizione, il Tribunale osserva che, secondo il regolamento delegato 2015/63 ( 4 ) e la direttiva 2014/59 ( 5 ), la deroga di cui all’articolo 5, paragrafo 1, lettera e), di tale regolamento delegato non si applicava, al momento dell’adozione della decisione impugnata, ai soggetti che erano al contempo enti creditizi e imprese di investimento, come nel caso della ricorrente. Esso ritiene che, se la Commissione avesse inteso riferirsi agli enti creditizi che sono anche imprese di investimento, essa avrebbe fatto riferimento, all’articolo 5, paragrafo 1, lettera e), di detto regolamento delegato, agli «enti» e non alle «imprese di investimento» ( 6 ), mentre, per limitare l’applicazione di un’eccezione a taluni soggetti, essa ha fatto ricorso a formulazioni più precise ( 7 ).

    A tale riguardo, il Tribunale ricorda che la definizione di «impresa di investimento» della direttiva 2014/59 è stata modificata dalla direttiva 2019/2034 ( 8 ), la quale rinvia, in fine, alla nozione di «impresa di investimento» della direttiva 2014/65. Tuttavia, la modifica di tale definizione era applicabile soltanto a partire dal 26 giugno 2021 ( 9 ). L’articolo 5, paragrafo 1, lettera e), del regolamento delegato 2015/63, nella sua versione applicabile al momento dell’adozione della decisione impugnata, il 14 aprile 2021, deve quindi essere interpretato nel senso che non consente di escludere le passività detenute da enti creditizi, come la ricorrente, dal calcolo delle passività che servono a determinare il loro contributo ex ante. Pertanto, le passività fiduciarie della ricorrente non soddisfano la prima delle tre condizioni cumulative previste dall’articolo 5, paragrafo 1, lettera e), di detto regolamento delegato e il Tribunale respinge il motivo di ricorso nel suo insieme.

    In secondo luogo, per quanto riguarda la violazione dell’articolo 103, paragrafo 7, della direttiva 2014/59, la ricorrente sostiene, da un lato, che le sue passività fiduciarie sono prive di rischio e, dall’altro, che la mancata esclusione di queste ultime dal calcolo del contributo ex ante comporta una violazione del principio della parità di trattamento.

    Sotto un primo profilo, il Tribunale rileva, in via preliminare, che la Commissione dispone di un ampio potere discrezionale nella fissazione dei criteri di correzione dei contributi ex ante al profilo di rischio e che il sindacato del giudice dell’Unione deve limitarsi ad esaminare se l’esercizio di un siffatto potere non sia viziato da un errore manifesto o da uno sviamento di potere o, ancora, se i limiti di tale potere discrezionale non siano stati manifestamente oltrepassati. In via principale esso ricorda, innanzitutto, che l’articolo 103, paragrafo 7, della direttiva 2014/59 prevede otto elementi che la Commissione deve prendere in considerazione ai fini dell’adeguamento dei suddetti contributi in funzione del profilo di rischio dell’ente. Inoltre, nulla indica in tale disposizione che la Commissione sia tenuta ad attribuire un’importanza preponderante a uno o più dei detti elementi, come l’esposizione al rischio dell’ente, né, peraltro, in che modo la Commissione debba tener conto di tale esposizione. Infine, e in ogni caso, la ricorrente non ha dimostrato che le passività fiduciarie fossero prive di qualsiasi rischio in caso di risoluzione. Infatti, da un lato, il diritto tedesco non concede, in caso di insolvenza, alcuna tutela particolare ai fondi dei clienti fintantoché essi si trovino sul conto collettivo creato dalla ricorrente al suo interno e gestito in nome proprio, ma per conto dei clienti (in prosieguo: il «conto di transito»), e, dall’altro, è necessario, affinché tali fondi siano tutelati dal sistema di garanzia dei depositi, che gli enti creditizi europei interessati (in prosieguo: le «banche di prodotti») abbiano la loro sede in uno Stato membro e i clienti non collochino più di EUR 100000 in tali enti, cosicché detta tutela è limitata sia sul piano territoriale sia sul piano quantitativo.

    Sotto un secondo profilo, il Tribunale precisa, per quanto riguarda l’oggetto e lo scopo della direttiva 2014/59, del regolamento n. 806/2014 e del regolamento delegato 2015/63, che tali atti ricadono nel settore del meccanismo di risoluzione unico, la cui istituzione mira ( 10 ) a garantire, in particolare, un approccio neutro per il trattamento degli enti in dissesto. Al fine di esaminare se gli enti creditizi autorizzati ad esercitare anche attività di investimento, come la ricorrente, si trovino in una situazione comparabile a quella delle imprese di investimento ( 11 ), per quanto riguarda la presa in considerazione delle passività fiduciarie ai fini del calcolo dei contributi ex ante, il Tribunale rileva che tali contributi ex ante mirano a finanziare azioni di risoluzione la cui adozione è subordinata alla condizione che un’azione siffatta sia necessaria nell’interesse pubblico ( 12 ). Orbene, gli enti creditizi e le imprese di investimento non presentano un rischio comparabile per quanto riguarda gli effetti pregiudizievoli che il loro dissesto potrebbe avere sulla stabilità finanziaria, poiché le imprese di investimento non dispongono di grandi portafogli di prestiti ai privati e alle imprese e non accettano depositi. Ciò vale a maggior ragione in quanto la clientela degli enti creditizi e delle imprese di investimento è diversa.

    In tali circostanze, la probabilità di essere oggetto di risoluzione è più elevata nel caso di un ente creditizio, come la ricorrente, che in quello di un’impresa di investimento, cosicché queste due categorie di enti non si trovano in una situazione analoga.

    Parimenti, la loro situazione non è neppure comparabile per quanto riguarda il trattamento delle passività fiduciarie. Secondo il diritto tedesco, le imprese di investimento sono tenute a separare immediatamente i fondi raccolti dai clienti su conti fiduciari aperti presso enti creditizi. Per contro, un ente creditizio, come la ricorrente, non è tenuto a trasferire immediatamente detti fondi dal conto di transito alle banche di prodotti.

    Pertanto, la ricorrente non ha dimostrato che le passività fiduciarie detenute dalle imprese di investimento fossero esposte a un livello di rischio paragonabile a quello delle passività fiduciarie detenute dagli enti creditizi autorizzati a svolgere anche attività di investimento.

    Inoltre, riguardo alla disparità di trattamento che deriverebbe, in sostanza, dal fatto che il SRB ha adottato la stessa modalità di calcolo del contributo annuale di base per tutti gli enti senza tener conto del fatto che taluni Stati membri si sono avvalsi della deroga che consente di iscrivere fuori bilancio le passività relative ai fondi gestiti in nome proprio, ma per conto di terzi ( 13 ), il Tribunale ricorda che, quanto alla determinazione delle passività da prendere in considerazione ai fini del calcolo del contributo ex ante, il regolamento delegato 2015/63 definisce le «passività totali» come definite dalla direttiva 86/635 o ai sensi degli International Financial Reporting Standard di cui al regolamento n. 1606/2002 ( 14 ). Peraltro, benché i fondi che un ente gestisce in nome proprio, ma per conto di terzi, debbano figurare, di norma, nello stato patrimoniale di tale ente quando quest’ultimo è titolare delle attività ad essi afferenti, taluni Stati membri hanno optato per la deroga prevista dalla direttiva 86/635, che consente di iscrivere tali passività fuori bilancio. Orbene, tale situazione deriva dall’applicazione congiunta delle disposizioni del regolamento n. 806/2014 e della direttiva 2014/59, lette alla luce della direttiva 86/635, di cui la ricorrente non ha contestato la validità con riguardo al principio della parità di trattamento.

    In merito all’omessa considerazione delle differenze esistenti tra le norme contabili dei diversi Stati membri per quanto riguarda l’inclusione delle passività fiduciarie nel bilancio degli enti, il Tribunale rileva che il principio della parità di trattamento non può autorizzare la Commissione, quando adotta atti delegati, ad agire al di là della delega conferita dal legislatore dell’Unione. Nel caso di specie, né la direttiva 2014/59 né il regolamento n. 806/2014 hanno autorizzato la Commissione ad armonizzare le norme nazionali contabili in materia. Pertanto, non si può addebitare a quest’ultima di aver violato il principio della parità di trattamento per non aver posto rimedio a tali divergenze. In aggiunta, il divieto di discriminazione non riguarda le divergenze esistenti tra le legislazioni dei diversi Stati membri, a condizione che ciascuna di tali legislazioni si applichi a chiunque sia ad esse soggetto. Nel caso di specie, la ricorrente non ha sostenuto, né tanto meno dimostrato, che la normativa tedesca non si applicasse in maniera uguale a tutte le persone ad essa soggette. Inoltre, l’adozione di una disciplina dell’Unione in un settore d’azione particolare può avere ripercussioni diverse per determinati operatori economici in considerazione della loro situazione individuale o delle disposizioni nazionali cui essi sono parimenti assoggettati, fermo restando che una siffatta conseguenza non può essere considerata come una violazione del principio della parità di trattamento se la normativa di cui trattasi si basa su criteri obiettivi e adeguati alle finalità da essa perseguite. Non è stato presentato al Tribunale alcun elemento il quale dimostri che l’articolo 3, punto 11, del regolamento delegato 2015/63 non fosse fondato su criteri obiettivi e adeguati agli scopi perseguiti dal regolamento delegato 2015/63.

    Infine, per quanto riguarda una disparità di trattamento tra la ricorrente e gli enti creditizi che redigono il loro bilancio secondo le norme contabili internazionali, mentre, nel diritto tedesco, tale metodo è consentito esclusivamente alle società madri, il Tribunale rileva, da un lato, che tale situazione è la conseguenza dell’applicazione di una norma di diritto tedesco e non del regolamento delegato 2015/63 e, dall’altro, che la ricorrente avrebbe potuto redigere conti secondo tali principi contabili, ma che essa ha scelto di non farlo per ragioni di ordine amministrativo e finanziario. Pertanto, la ricorrente non può invocare una disparità di trattamento per tale ragione.

    In terzo e ultimo luogo, per quanto riguarda la violazione dell’articolo 5, paragrafo 1, lettera e), del regolamento delegato 2015/63, dovuta al fatto che quest’ultimo non consente di escludere le passività fiduciarie della ricorrente dal calcolo del suo contributo ex ante, il Tribunale considera, sotto un primo profilo, che il SRB non è incorso in un errore di diritto non escludendo l’importo di tali passività da detto calcolo.

    Sotto un secondo profilo, esso ricorda che è già stato dichiarato dalla Corte che l’articolo 5, paragrafo 1, lettera e), del regolamento delegato 2015/63 non conferisce alle autorità competenti alcun potere discrezionale di escludere talune passività a titolo di correzione in funzione del rischio dei contributi ex ante, bensì, al contrario, elenca in maniera precisa le condizioni in presenza delle quali talune passività possono costituire oggetto di una siffatta esclusione. Di conseguenza, il SRB non è incorso in un errore di diritto quando non ha applicato per analogia l’articolo 5, paragrafo 1, lettera e), di tale regolamento delegato. Inoltre, per quanto riguarda la presa in considerazione del principio della parità di trattamento, detto regolamento delegato ha distinto situazioni che presentano particolarità notevoli, direttamente connesse ai rischi presentati dalle passività in questione. Alla luce di tali considerazioni, la mancata applicazione per analogia dell’articolo 5, paragrafo 1, lettera e), di detto regolamento delegato non è contraria al principio della parità di trattamento. Lo stesso vale per il principio di proporzionalità, in merito al quale il Tribunale ritiene che la ricorrente si sia limitata a formulare affermazioni non suffragate.

    Sotto un terzo profilo, riguardo alla censura secondo cui considerare le passività fiduciarie della ricorrente nel calcolo del suo contributo ex ante darebbe luogo a una eventuale doppia presa in considerazione di queste ultime nel calcolo del suddetto contributo, il Tribunale rileva, innanzitutto, che la ricorrente non spiega quale metodo concreto di calcolo dei contributi ex ante sarebbe meno gravoso per gli enti, pur essendo idoneo a raggiungere, in modo altrettanto efficace, gli obiettivi perseguiti dal regolamento. Inoltre, e in ogni caso, non è stato invocato alcun elemento idoneo a mettere in discussione l’affermazione del SRB relativa alle condizioni del beneficio della tutela del sistema di garanzia dei depositi. Infine, non è stato dedotto alcun argomento che indicasse che la Commissione avrebbe inteso eliminare completamente qualsiasi forma di doppio conteggio delle passività.

    Sotto un quarto profilo, per quanto riguarda l’argomento secondo cui la presa in considerazione delle passività fiduciarie nel calcolo del suo contributo ex ante non soddisfa il criterio della necessità, poiché, in caso di insolvenza, i clienti avrebbero diritto alla separazione delle attività fiduciarie gestiti dalla ricorrente, il che dimostrerebbe l’esistenza di garanzie sufficienti di tutela di tali clienti, il Tribunale sottolinea che la ricorrente non dimostra che le attività e le liquidità della sua clientela sarebbero coperte in caso di insolvenza da garanzie comparabili a quelle che coprono le attività e le liquidità dei clienti delle imprese di investimento.

    Sotto un quinto profilo, il Tribunale osserva che non è stato presentato ad esso alcun elemento concreto volto a dimostrare che l’inclusione delle passività fiduciarie nel calcolo del contributo ex ante comporterebbe inconvenienti manifestamente sproporzionati rispetto agli obiettivi della direttiva 2014/59.


    ( 1 ) Decisione SRB/ES/2021/22 del Comitato di risoluzione unico, del 14 aprile 2021, relativa al calcolo dei contributi ex ante per il 2021 al Fondo di risoluzione unico (in prosieguo: la «decisione impugnata»).

    ( 2 ) Regolamento delegato (UE) 2015/63 della Commissione, del 21 ottobre 2014, che integra la direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i contributi ex ante ai meccanismi di finanziamento della risoluzione (GU 2015, L 11, pag. 44).

    ( 3 ) Conformemente all’articolo 70, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 806/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 luglio 2014, che fissa norme e una procedura uniformi per la risoluzione degli enti creditizi e di talune imprese di investimento nel quadro del meccanismo di risoluzione unico e del Fondo di risoluzione unico e che modifica il regolamento (UE) n. 1093/2010 (GU 2014, L 225, pag. 1).

    ( 4 ) E il suo articolo 3, punto 2.

    ( 5 ) Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, punto 3), della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014 che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica la direttiva 82/891/CEE del Consiglio, e le direttive 2001/24/CE, 2002/47/CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE, 2011/35/UE, 2012/30/UE e 2013/36/UE e i regolamenti (UE) n. 1093/2010 e (UE) n. 648/2012, del Parlamento europeo e del Consiglio Testo rilevante ai fini del SEE (GU 2014, L 173, pag. 190).

    ( 6 ) Come ha fatto alle lettere a), b) e f) di tale disposizione, utilizzando il termine «ente».

    ( 7 ) Come nel caso delle controparti centrali, dei depositari centrali di titoli e delle imprese di investimento.

    ( 8 ) Direttiva (UE) 2019/2034 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2019, relativa alla vigilanza prudenziale sulle imprese di investimento e recante modifica delle direttive 2002/87/CE, 2009/65/CE, 2011/61/UE, 2013/36/UE, 2014/59/UE e 2014/65/UE (GU 2019, L 314, pag. 64).

    ( 9 ) Conformemente all’articolo 67, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2019/2034, letto alla luce del considerando 39 di tale direttiva.

    ( 10 ) Conformemente al considerando 12 del regolamento n. 806/2014.

    ( 11 ) Come considerate dall’articolo 5, paragrafo 1, lettera e), del regolamento delegato 2015/63

    ( 12 ) Come menzionato all’articolo 14, paragrafo 2, lettera b), di tale regolamento 806/2014, evitando in particolare effetti negativi significativi che la liquidazione di un ente avrebbe sulla stabilità finanziaria, in particolare attraverso la prevenzione del contagio, anche delle infrastrutture di mercato, e con il mantenimento della disciplina di mercato.

    ( 13 ) Ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 1, terza frase, della direttiva 86/635/CEE del Consiglio, dell’8 dicembre 1986, relativa ai conti annuali ed ai conti consolidati delle banche e degli altri istituti finanziari (GU 1986, L 372, pag. 1).

    ( 14 ) Regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 luglio 2002, relativo all’applicazione di principi contabili internazionali (GU 2002, L 243, pag. 1).

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