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Document 62016CJ0297

    Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 1° marzo 2018.
    Colegiul Medicilor Veterinari din România (CMVRO) contro Autoritatea Naţională Sanitară Veterinară şi pentru Siguranţa Alimentelor.
    Rinvio pregiudiziale – Direttiva 2006/123/CE – Servizi nel mercato interno – Normativa nazionale che riserva ai soli veterinari il diritto di vendere al dettaglio e utilizzare i prodotti biologici, gli antiparassitari nonché i medicinali veterinari – Libertà di stabilimento – Requisito secondo il quale il capitale degli stabilimenti di distribuzione al dettaglio di medicinali veterinari deve essere detenuto esclusivamente da veterinari – Tutela della sanità pubblica – Proporzionalità.
    Causa C-297/16.

    Court reports – general

    Causa C‑297/16

    Colegiul Medicilor Veterinari din România (CMVRO)

    contro

    Autoritatea Naţională Sanitară Veterinară şi pentru Siguranţa Alimentelor

    (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Curtea de Apel Bucureşti)

    «Rinvio pregiudiziale – Direttiva 2006/123/CE – Servizi nel mercato interno – Normativa nazionale che riserva ai soli veterinari il diritto di vendere al dettaglio e utilizzare i prodotti biologici, gli antiparassitari nonché i medicinali veterinari – Libertà di stabilimento – Requisito secondo il quale il capitale degli stabilimenti di distribuzione al dettaglio di medicinali veterinari deve essere detenuto esclusivamente da veterinari – Tutela della sanità pubblica – Proporzionalità»

    Massime – Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 1o marzo 2018

    1. Libertà di stabilimento–Libera prestazione dei servizi–Servizi nel mercato interno–Direttiva 2006/123–Ambito di applicazione–Servizi sanitari–Esclusione–Commercio al dettaglio e utilizzo di prodotti biologici, di antiparassitari ad uso speciale e di medicinali ad uso veterinario–Inclusione

      [Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2006/123, 22° considerando e art. 2, § 2, f)]

    2. Libertà di stabilimento–Libera prestazione dei servizi–Servizi nel mercato interno–Direttiva 2006/123–Ambito di applicazione–Primato delle disposizioni di altri atti dell’Unione che disciplinano l’accesso a un’attività di servizi o al suo esercizio–Distribuzione dei medicinali veterinari–Prevalenza delle disposizioni della direttiva 2001/82–Esclusione

      (Direttive del Parlamento europeo e del Consiglio 2001/82 e 2006/123, art. 3, § 1)

    3. Libertà di stabilimento–Libera prestazione dei servizi–Servizi nel mercato interno–Direttiva 2006/123–Requisiti da valutare–Normativa nazionale che riserva ai veterinari il diritto di vendere al dettaglio e di utilizzare i prodotti biologici, gli antiparassitari ad uso speciale e i medicinali ad uso veterinario–Giustificazione–Tutela della sanità pubblica–Ammissibilità

      (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2006/123, art. 15)

    4. Libertà di stabilimento–Libera prestazione dei servizi–Servizi nel mercato interno–Direttiva 2006/123–Requisiti da valutare–Normativa nazionale secondo la quale il capitale degli stabilimenti che commercializzano al dettaglio medicinali veterinari dev’essere detenuto da uno o più veterinari–Giustificazione–Controllo efficace della gestione dei negozi al dettaglio dei medicinali veterinari–Inammissibilità–Natura sproporzionata

      (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2006/123, art. 15)

    1.  V. il testo della decisione.

      (v. punti 39‑41)

    2.  V. il testo della decisione.

      (v. punti 43, 44)

    3.  L’articolo 15 della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, deve essere interpretato nel senso che non osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che preveda, a favore dei veterinari, l’esclusiva del commercio al dettaglio e dell’utilizzo dei prodotti biologici, dei prodotti antiparassitari ad uso speciale e dei medicinali ad uso veterinario.

      Nella fattispecie, va constatato che una normativa nazionale come quella di cui al procedimento principale riserva l’esercizio delle attività di commercio al dettaglio e di utilizzo di taluni prodotti veterinari ai soli veterinari e prevede pertanto un requisito del tipo di quelli contemplati all’articolo 15, paragrafo 2, lettera d), della direttiva 2006/123. Di conseguenza, un requisito siffatto deve soddisfare le tre condizioni esposte all’articolo 15, paragrafo 3, della direttiva suddetta, cioè essere non discriminatorio, necessario e proporzionato alla realizzazione di un motivo imperativo di interesse generale. Per quanto riguarda il secondo elemento di tale terza condizione, cioè che il requisito di cui trattasi non deve eccedere quanto necessario per conseguire detto obiettivo, si deve ricordare che la tutela della sanità pubblica occupa il primo posto tra i beni degli interessi protetti dal Trattato UE e che spetta agli Stati membri decidere il livello al quale essi intendono garantire tale tutela nonché il modo in cui tale livello deve essere raggiunto. Poiché tale livello può variare da uno Stato membro all’altro, si deve riconoscere agli Stati membri un margine di discrezionalità a tal riguardo (v., in tal senso, sentenza dell’11 settembre 2008, Commissione/Germania, C‑141/07, EU:C:2008:492, punto 51).

      Peraltro, nulla nel fascicolo sottoposto alla Corte indica che, adottando la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale, lo Stato membro interessato abbia superato il margine discrezionale che gli dev’essere riconosciuto in tale ambito. Per quanto riguarda, infine, il terzo elemento della terza condizione di cui all’articolo 15, paragrafo 3, della direttiva 2006/123, relativo all’assenza di misure meno vincolanti che consentano di raggiungere lo stesso obiettivo, la Commissione sostiene che l’obiettivo di tutela della sanità pubblica avrebbe potuto essere raggiunto in modo altrettanto efficace mediante un provvedimento che consentisse la commercializzazione dei prodotti di cui trattasi da parte di altri professionisti debitamente qualificati, come farmacisti o altre persone dotate di una formazione professionale avanzata nel settore farmaceutico. Tuttavia, anche se tali altri professionisti possono effettivamente disporre di conoscenze molto approfondite quanto alle proprietà delle diverse componenti dei medicinali veterinari, nulla indica che essi abbiano una formazione particolare in materia di salute animale. Non risulta quindi con evidenza che la misura proposta dalla Commissione sia idonea a garantire lo stesso risultato di quella prevista da una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale.

      (v. punti 53, 54, 64, 67‑70, 73, dispositivo 1)

    4.  L’articolo 15 della direttiva 2006/123 deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, in forza della quale il capitale sociale degli stabilimenti che commercializzano al dettaglio medicinali veterinari dev’essere detenuto esclusivamente da uno o più veterinari.

      Infatti, i veterinari che sono detentori del capitale di uno stabilimento che commercializza al dettaglio medicinali veterinari sono soggetti, contrariamente agli operatori economici non veterinari, a norme deontologiche dirette a moderare tale ricerca di utili, in modo che il loro interesse connesso alla realizzazione di utili possa risultare temperato dalla responsabilità che incombe loro, dato che un’eventuale violazione delle regole legali o deontologiche mette a repentaglio non soltanto il valore dei loro investimenti, ma anche la loro esistenza professionale (v., per analogia, sentenza del 19 maggio 2009, Apothekerkammer des Saarlandes e a., C‑171/07 e C‑172/07, EU:C:2009:316, punto 37). Orbene, anche se, come risulta dalla giurisprudenza della Corte citata al punto 82 della presente sentenza, uno Stato membro può legittimamente impedire che operatori economici non veterinari siano in una posizione che consente loro di esercitare un’influenza determinante sulla gestione di stabilimenti che commercializzano al dettaglio medicinali veterinari, l’obiettivo richiamato allo stesso punto della presente sentenza non può giustificare che tali operatori siano del tutto esclusi dalla detenzione del capitale di tali stabilimenti, in quanto non è escluso che un controllo effettivo su questi stabilimenti possa essere esercitato da veterinari anche nell’ipotesi in cui questi ultimi non detengano la totalità del capitale di detti stabilimenti, nella misura in cui la detenzione da parte di non veterinari di una quota limitata di tale capitale non necessariamente impedirebbe un controllo siffatto. Pertanto, una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale eccede quanto necessario per raggiungere l’obiettivo da essa perseguito.

      Tale considerazione non può essere rimessa in discussione dal precetto che scaturisce dalla sentenza del 19 maggio 2009, Commissione/Italia (C‑531/06, EU:2009:315), in cui la Corte ha considerato compatibile con la libertà di stabilimento e con la libertà di circolazione dei capitali una normativa nazionale che ostava non soltanto a che non farmacisti detenessero, in società di gestione di farmacie, partecipazioni rilevanti idonee a conferire loro una sicura influenza sulla gestione di queste ultime, ma anche a che investitori non farmacisti, provenienti da altri Stati membri, acquisissero, in tali società, partecipazioni di minore rilevanza, inidonee a conferire un’influenza siffatta. Infatti, anche se, come risulta dal punto 62 della presente sentenza, in linea di principio, le considerazioni valide per il settore dei medicinali ad uso umano possono essere trasposte all’ambito del commercio di medicinali ad uso veterinario, il margine discrezionale che deve essere riconosciuto agli Stati membri al fine di garantire la qualità dell’approvvigionamento in medicinali veterinari e l’indipendenza dei veterinari che operano negli stabilimenti che commercializzano tali medicinali è più ristretto di quello di cui essi possono beneficiare in taluni altri settori più strettamente connessi alla tutela della salute umana e non può, pertanto, estendersi fino ad escludere qualsiasi partecipazione dei non veterinari al capitale di tali stabilimenti.

      (v. punti 84, 86‑89, dispositivo 2)

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