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Document 62016CJ0006

    Sentenza della Corte (Sesta Sezione) del 7 settembre 2017.
    Eqiom SAS, ex Holcim France SAS e Enka SA contro Ministre des Finances et des Comptes publics.
    Rinvio pregiudiziale – Fiscalità diretta – Libertà di stabilimento – Libera circolazione dei capitali – Ritenuta alla fonte – Direttiva 90/435/CEE – Articolo 1, paragrafo 2 – Articolo 5, paragrafo 1 – Esenzione – Dividendi distribuiti da una società figlia residente a una società madre non residente detenuta direttamente o indirettamente da soggetti residenti di Stati terzi – Presunzione – Frode, evasione e abusi fiscali.
    Causa C-6/16.

    Court reports – general

    Causa C‑6/16

    Eqiom SAS
    e
    Enka SA

    contro

    Ministre des Finances et des Comptes publics

    [domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Conseil d’État (Francia)]

    «Rinvio pregiudiziale – Fiscalità diretta – Libertà di stabilimento – Libera circolazione dei capitali – Ritenuta alla fonte – Direttiva 90/435/CEE – Articolo 1, paragrafo 2 – Articolo 5, paragrafo 1 – Esenzione – Dividendi distribuiti da una società figlia residente a una società madre non residente detenuta direttamente o indirettamente da soggetti residenti di Stati terzi – Presunzione – Frode, evasione e abusi fiscali»

    Massime – Sentenza della Corte (Sesta Sezione) del 7 settembre 2017

    1. Ravvicinamento delle legislazioni–Regime fiscale comune applicabile alle società capogruppo e controllate di Stati membri diversi–Direttiva 90/435–Armonizzazione esauriente–Insussistenza–Possibilità di valutare la compatibilità di una normativa nazionale nello stesso settore sulla base del diritto primario

      (Direttiva del Consiglio 90/435, art. 1, § 2)

    2. Ravvicinamento delle legislazioni–Regime fiscale comune applicabile alle società capogruppo e controllate di Stati membri diversi–Direttiva 90/435–Esenzione, nello Stato membro della controllata, dalla ritenuta alla fonte degli utili distribuiti alla società capogruppo–Dividendi distribuiti da una società controllata residente a una società controllante non residente a sua volta detenuta direttamente o indirettamente da cittadini di Stati terzi–Presupposti per la concessione–Prova, da parte della società controllante, dell’insussistenza di un abuso del diritto di esenzione–Inammissibilità

      (Art. 49 TFUE; direttiva del Consiglio 90/435, artt. 1er, § 2, e 5, § 1)

    3. Libera circolazione delle persone–Libertà di stabilimento–Libera circolazione dei capitali–Ambito di applicazione–Normativa tributaria–Imposta sulle società–Tassazione dei dividendi–Detenzione di una partecipazione nel capitale di una società controllata tale da conferire una sicura influenza sulla gestione di una società stabilita in un altro Stato membro–Inapplicabilità delle disposizioni che disciplinano la libera circolazione dei capitali–Applicabilità delle disposizioni che disciplinano la libertà di stabilimento–Società controllante che è a sua volta controllata direttamente o indirettamente da uno o più soggetti residenti di Stati terzi–Irrilevanza

      (Artt. 49 TFUE e 63 TFUE)

    1.  V. il testo della decisione.

      (v. punti 15‑18)

    2.  L’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 90/435/CEE del Consiglio, del 23 luglio 1990, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi, come modificata dalla direttiva 2003/123/CE del Consiglio, del 22 dicembre 2003, da una parte, e l’articolo 49 TFUE, dall’altra, devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa tributaria nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che subordina la concessione dell’agevolazione fiscale prevista all’articolo 5, paragrafo 1, di tale direttiva – ossia l’esenzione dalla ritenuta alla fonte degli utili distribuiti da una società figlia residente a una società madre non residente, qualora detta società madre sia controllata direttamente o indirettamente da uno o più soggetti residenti di Stati terzi – alla condizione che quest’ultima dimostri che la catena di partecipazioni non abbia come fine principale o fra i propri fini principali quello di trarre vantaggio da tale esenzione.

      Pertanto, il potere conferito agli Stati membri dall’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva sulle società madri e figlie, di applicare, nell’ambito soggetto alla sua disciplina, disposizioni nazionali o convenzionali al fine di evitare le frodi e gli abusi non può ricevere un’interpretazione che vada al di là della formulazione della stessa disposizione (v., in tal senso, sentenza del 25 settembre 2003, Océ van der Grinten, C‑58/01, EU:C:2003:495, punto 86).

      In tale contesto, va ricordato che, affinché una normativa nazionale venga considerata come diretta ad evitare le frodi e gli abusi, il suo scopo specifico dev’essere quello di ostacolare comportamenti consistenti nel creare costruzioni puramente artificiose, prive di effettività economica e finalizzate a fruire indebitamente di un’agevolazione fiscale (v., in tal senso, sentenze del 12 settembre 2006, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas, C‑196/04, EU:C:2006:544, punto 55, nonché del 5 luglio 2012, SIAT, C‑318/10, EU:C:2012:4153, punto 40).

      Per verificare se un’operazione persegue un obiettivo di frode e di abuso, le autorità nazionali competenti non possono limitarsi ad applicare criteri generali predeterminati, ma devono procedere, caso per caso, a un esame complessivo dell’operazione interessata. L’introduzione di un provvedimento fiscale di portata generale che escluda automaticamente talune categorie di contribuenti dall’agevolazione fiscale, senza che l’amministrazione finanziaria sia tenuta a fornire il benché minimo principio di prova o di indizio di frode e abuso, eccederebbe quanto necessario per evitare le frodi e gli abusi (v., in tal senso, sentenza dell’8 marzo 2017, Euro Park Service, C‑14/16, EU:C:2017:177, punti 5556).

      Pertanto, una presunzione generale di frode e di abuso non può giustificare né un provvedimento fiscale che pregiudichi gli obiettivi di una direttiva, né un provvedimento fiscale che pregiudichi l’esercizio di una libertà fondamentale garantita dal Trattato (sentenze del 26 settembre 2000, Commissione/Belgio, C‑478/98, EU:C:2000:497, punto 45 e la giurisprudenza ivi citata, nonché del 5 luglio 2012, SIAT, C‑318/10, EU:C:2012:4153, punto 38).

      Sebbene la Corte abbia statuito, in riferimento alle misure previste da uno Stato membro al fine di prevenire o attenuare l’imposizione a catena o la doppia imposizione di utili distribuiti da una società residente, che gli azionisti beneficiari residenti non si trovano necessariamente in una situazione comparabile a quella degli azionisti beneficiari residenti di un altro Stato membro, essa ha anche precisato che, laddove uno Stato membro eserciti la propria potestà tributaria non soltanto sul reddito degli azionisti residenti ma anche su quello degli azionisti non residenti, per i dividendi da essi percepiti da una società residente, la situazione di siffatti azionisti non residenti si avvicina a quella degli azionisti residenti (sentenza del 14 dicembre 2006, Denkavit Internationaal e Denkavit France, C‑170/05, EU:C:2006:783, punti 3435 nonché la giurisprudenza ivi citata).

      Tuttavia, occorre constatare che l’obiettivo volto a lottare contro la frode e l’evasione fiscali ha la stessa portata indipendentemente dal fatto che sia invocato in applicazione dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva sulla società madri e figlie o come giustificazione di un ostacolo al diritto primario.

      (v. punti 27, 30‑32, 59, 64, 66 e dispositivo)

    3.  V. il testo della decisione.

      (v. punti 41, 44, 46, 48)

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