Choose the experimental features you want to try

This document is an excerpt from the EUR-Lex website

Document 62010CJ0552

Massime della sentenza

Causa C-552/10 P

Usha Martin Ltd

contro

Consiglio dell’Unione europea

e

Commissione europea

«Impugnazione — Dumping — Regolamento (CE) n. 121/2006 — Importazioni di cavi di acciaio originarie, tra l’altro, dell’India — Decisione 2006/38/CE — Regolamento (CE) n. 384/96 — Articolo 8, paragrafo 9 — Impegni offerti riguardo ai procedimenti antidumping»

Massime — Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 22 novembre 2012

  1. Impugnazione – Motivi d’impugnazione – Controllo da parte della Corte della valutazione degli elementi di fatto e probatori – Esclusione, salvo il caso di snaturamento – Necessità che lo snaturamento risulti manifestamente dai documenti del fascicolo

    (Art. 256 TFUE; Statuto della Corte di giustizia, art. 58, primo comma)

  2. Politica commerciale comune – Difesa contro le pratiche di dumping – Impegno in materia di prezzi – Impegno relativo alla presentazione di relazioni e di fatture conformi – Violazione da parte dell’operatore – Revoca dell’accettazione dell’impegno da parte della Commissione – Istituzione del dazio antidumping definitivo – Ammissibilità – Violazione del principio di proporzionalità – Insussistenza

    (Art. 5, quarto comma, TUE; regolamento del Consiglio n. 384/96, art. 8)

  1.  V. il testo della decisione.

    (v. punti 27, 29)

  2.  Nel caso di un impegno preso da un esportatore nei confronti della Commissione a seguito della constatazione dell’esistenza di un dumping e di un pregiudizio, conformemente all’articolo 8, del regolamento antidumping di base n. 384/96, l’adempimento, da parte della Commissione, del controllo degli impegni è vincolato all’affidabilità dei documenti forniti nel corso dello svolgimento dell’impegno assunto dall’esportatore interessato. Non rispettando l’obbligo di informazione, derivante da un impegno, l’esportatore spezza la relazione di fiducia che è necessaria al rapporto di cooperazione istituito con un impegno del genere. Dunque, una tale violazione rischia di privare il medesimo della sua utilità. In siffatte condizioni gli obblighi di informazione devono essere considerati essenziali per il buon funzionamento del sistema degli impegni che consentono di evitare l’applicazione dei dazi antidumping.

    Di conseguenza, quando un esportatore è venuto meno al suo impegno per quanto riguarda sia l’obbligo di fornire relazioni trimestrali sulle vendite del prodotto interessato non oggetto dell’impegno, sia quello di non emettere fatture conformi per prodotti non oggetto dell’impegno, la Commissione può legittimamente revocare l’accettazione dell’impegno sottoscritto da detto esportatore, senza violare il principio di proporzionalità. In un caso del genere ad essa incombe, inoltre, conformemente all’articolo 8, paragrafo 9, del regolamento di base, imporre all’esportatore in parola un dazio antidumping definitivo.

    (v. punti 35, 39)

Top

Causa C-552/10 P

Usha Martin Ltd

contro

Consiglio dell’Unione europea

e

Commissione europea

«Impugnazione — Dumping — Regolamento (CE) n. 121/2006 — Importazioni di cavi di acciaio originarie, tra l’altro, dell’India — Decisione 2006/38/CE — Regolamento (CE) n. 384/96 — Articolo 8, paragrafo 9 — Impegni offerti riguardo ai procedimenti antidumping»

Massime — Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 22 novembre 2012

  1. Impugnazione — Motivi d’impugnazione — Controllo da parte della Corte della valutazione degli elementi di fatto e probatori — Esclusione, salvo il caso di snaturamento — Necessità che lo snaturamento risulti manifestamente dai documenti del fascicolo

    (Art. 256 TFUE; Statuto della Corte di giustizia, art. 58, primo comma)

  2. Politica commerciale comune — Difesa contro le pratiche di dumping — Impegno in materia di prezzi — Impegno relativo alla presentazione di relazioni e di fatture conformi — Violazione da parte dell’operatore — Revoca dell’accettazione dell’impegno da parte della Commissione — Istituzione del dazio antidumping definitivo — Ammissibilità — Violazione del principio di proporzionalità — Insussistenza

    (Art. 5, quarto comma, TUE; regolamento del Consiglio n. 384/96, art. 8)

  1.  V. il testo della decisione.

    (v. punti 27, 29)

  2.  Nel caso di un impegno preso da un esportatore nei confronti della Commissione a seguito della constatazione dell’esistenza di un dumping e di un pregiudizio, conformemente all’articolo 8, del regolamento antidumping di base n. 384/96, l’adempimento, da parte della Commissione, del controllo degli impegni è vincolato all’affidabilità dei documenti forniti nel corso dello svolgimento dell’impegno assunto dall’esportatore interessato. Non rispettando l’obbligo di informazione, derivante da un impegno, l’esportatore spezza la relazione di fiducia che è necessaria al rapporto di cooperazione istituito con un impegno del genere. Dunque, una tale violazione rischia di privare il medesimo della sua utilità. In siffatte condizioni gli obblighi di informazione devono essere considerati essenziali per il buon funzionamento del sistema degli impegni che consentono di evitare l’applicazione dei dazi antidumping.

    Di conseguenza, quando un esportatore è venuto meno al suo impegno per quanto riguarda sia l’obbligo di fornire relazioni trimestrali sulle vendite del prodotto interessato non oggetto dell’impegno, sia quello di non emettere fatture conformi per prodotti non oggetto dell’impegno, la Commissione può legittimamente revocare l’accettazione dell’impegno sottoscritto da detto esportatore, senza violare il principio di proporzionalità. In un caso del genere ad essa incombe, inoltre, conformemente all’articolo 8, paragrafo 9, del regolamento di base, imporre all’esportatore in parola un dazio antidumping definitivo.

    (v. punti 35, 39)

Top