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Document 62010CJ0366

    Massime della sentenza

    Parole chiave
    Massima

    Parole chiave

    1. Accordi internazionali — Accordi dell’Unione — Effetti di un accordo nell’Unione in assenza di un’espressa disposizione di quest’ultimo che li preveda

    (Artt. 216, n. 2, TFUE e 267 TFUE)

    2. Questioni pregiudiziali — Competenza della Corte — Esame della validità di una direttiva alla luce di una convenzione internazionale — Convenzione di Chicago sull’aviazione civile internazionale — Convenzione non vincolante per l’Unione — Esclusione

    (Artt. 267 TFUE e 351 TFUE; direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/101)

    3. Questioni pregiudiziali — Competenza della Corte — Esame della validità di una direttiva alla luce di una convenzione internazionale — Protocollo di Kyoto annesso alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici — Protocollo vincolante per l’Unione — Disposizioni prive di carattere incondizionato e sufficientemente preciso — Esclusione

    (Art. 267 TFUE; direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/101; decisioni del Consiglio 94/69 e 2002/358)

    4. Questioni pregiudiziali — Competenza della Corte — Esame della validità di una direttiva alla luce di una convenzione internazionale — Accordo sui trasporti aerei concluso tra la Comunità europea e i suoi Stati membri e gli Stati Uniti d’America — Norme destinate ad applicarsi in modo diretto e immediato alle compagnie aeree — Inclusione

    (Art. 267 TFUE; direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/101; decisioni del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri 2007/339 e 2010/465)

    5. Questioni pregiudiziali — Competenza della Corte — Esame della validità di una direttiva alla luce del diritto internazionale consuetudinario — Principi della sovranità degli Stati sul proprio spazio aereo, del non assoggettamento dell’alto mare alla sovranità degli Stati e della libertà di sorvolo dell’alto mare — Inclusione — Presupposti e limiti

    (Art. 3, n. 5, TUE; art. 267 TFUE; direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/101)

    6. Diritto internazionale pubblico — Principi — Principi di diritto internazionale consuetudinario — Assoggettamento esclusivo di una nave che si trova in alto mare alla legge della sua bandiera — Applicazione in via analogica agli aeromobili sorvolanti l’alto mare — Esclusione

    7. Ambiente — Inquinamento atmosferico — Sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra — Inclusione delle attività di trasporto aereo in tale sistema — Competenza dell’Unione a procedere a tale inclusione alla luce dei principi di diritto internazionale consuetudinario della sovranità degli Stati sul proprio spazio aereo, del non assoggettamento dell’alto mare alla sovranità degli Stati e della libertà di sorvolo dell’alto mare

    (Art. 191, n. 2, TFUE; direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/101)

    8. Ambiente — Inquinamento atmosferico — Sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra — Inclusione delle attività di trasporto aereo in tale sistema — Competenza dell’Unione a procedere a tale inclusione alla luce della norma dell’Accordo «open skies» che impone il rispetto delle disposizioni legislative e regolamentari di ciascuna parte contraente

    (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/101)

    9. Ambiente — Inquinamento atmosferico — Sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra — Inclusione delle attività di trasporto aereo in tale sistema — Competenza dell’Unione a procedere a tale inclusione alla luce delle disposizioni dell’Accordo «open skies» riguardanti i dazi doganali e le tasse

    (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/101)

    10. Ambiente — Inquinamento atmosferico — Sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra — Inclusione delle attività di trasporto aereo in tale sistema — Competenza dell’Unione a procedere a tale inclusione alla luce delle disposizioni dell’Accordo «open skies» in materia di ambiente

    (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/101)

    Massima

    1. In conformità ai principi del diritto internazionale, le istituzioni dell’Unione, che sono competenti a negoziare e concludere un accordo internazionale, sono libere di convenire con gli Stati terzi interessati determinati effetti che le disposizioni di tale accordo devono produrre nell’ordinamento interno delle parti contraenti. Soltanto qualora tale questione non sia stata disciplinata dall’accordo, spetta ai giudici competenti, e in particolare alla Corte, risolverla al pari di qualunque altra questione d’interpretazione relativa all’applicazione dell’accordo nell’Unione.

    Orbene, a norma dell’art. 216, n. 2, TFUE, allorché l’Unione conclude accordi internazionali, questi ultimi vincolano le sue istituzioni e, di conseguenza, prevalgono sugli atti dell’Unione stessa. Ne consegue che la validità di un atto dell’Unione può essere inficiata dalla sua incompatibilità con tali norme di diritto internazionale. Qualora tale invalidità sia fatta valere dinanzi ad un giudice nazionale, la Corte verifica se sussistano determinate condizioni nella causa sottoposta alla sua cognizione, al fine di stabilire se, a norma dell’art. 267 TFUE, sia possibile esaminare la validità dell’atto di diritto dell’Unione controverso alla luce delle norme di diritto internazionale invocate. Infatti, l’Unione deve anzitutto essere vincolata a tali norme. Inoltre, la Corte può procedere all’esame della validità di un atto di diritto dell’Unione alla luce di un trattato internazionale soltanto qualora a ciò non ostino né la natura né l’economia generale di quest’ultimo. Infine, qualora la natura e l’economia generale del trattato in questione consentano un controllo della validità dell’atto di diritto dell’Unione alla luce delle disposizioni di tale trattato, è altresì necessario che le disposizioni di quest’ultimo invocate ai fini dell’esame della validità dell’atto suddetto appaiano, dal punto di vista del loro contenuto, incondizionate e sufficientemente precise.

    (v. punti 49-54)

    2. Sebbene l’art. 351, primo comma, TFUE implichi l’obbligo per le istituzioni dell’Unione di non ostacolare l’adempimento degli impegni degli Stati membri derivanti da una convenzione anteriore al 1° gennaio 1958, quale la Convenzione di Chicago relativa all’aviazione civile internazionale, tale obbligo incombente alle istituzioni mira a consentire agli Stati membri interessati di rispettare gli impegni che gravano su di essi in forza di una convenzione antecedente, senza per questo vincolare l’Unione nei confronti degli Stati terzi parti contraenti di quest’ultima. Dunque, le disposizioni della suddetta convenzione internazionale possono produrre effetti vincolanti per l’Unione soltanto se e nella misura in cui quest’ultima, in virtù dei Trattati UE e FUE, abbia assunto le competenze precedentemente esercitate dai suoi Stati membri nel settore di applicazione della convenzione medesima.

    Orbene, sebbene l’Unione abbia indubbiamente acquisito talune competenze esclusive al fine di assumere con gli Stati terzi impegni rientranti nell’ambito di applicazione della normativa dell’Unione in materia di trasporto aereo internazionale e, dunque, nel settore di applicazione della Convenzione di Chicago, ciò però non vuol dire che essa sia titolare di una competenza esclusiva nell’intero settore dell’aviazione civile internazionale quale disciplinato dalla suddetta convenzione.

    Di conseguenza, poiché le competenze precedentemente esercitate dagli Stati membri nel settore di applicazione della Convenzione di Chicago non sono state a tutt’oggi interamente assunte dall’Unione, quest’ultima non è vincolata a tale convenzione. Ne consegue che, nell’ambito di un rinvio pregiudiziale, la Corte non può esaminare alla luce della Convenzione di Chicago in quanto tale la validità della direttiva 2008/101, che modifica la direttiva 2003/87 al fine di includere le attività di trasporto aereo nel sistema comunitario di scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra.

    (v. punti 61-62, 69, 71-72)

    3. Risulta dalle decisioni 94/69, concernente la conclusione della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, e 2002/358, riguardante l’approvazione, a nome della Comunità europea, del protocollo di Kyoto allegato alla convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e l’adempimento congiunto dei relativi impegni, che l’Unione ha approvato il Protocollo di Kyoto. Di conseguenza, le disposizioni di tale accordo formano parte integrante, a partire dalla sua data di entrata in vigore, dell’ordinamento giuridico dell’Unione.

    Tuttavia, anche se il Protocollo di Kyoto prevede degli impegni numericamente quantificati in termini di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra con riguardo al periodo di adempimento corrispondente agli anni 2008‑2012, le parti di tale protocollo possono adempiere i propri obblighi con le modalità e nei tempi da esse stabiliti. Una disposizione quale l’art. 2, n. 2, del Protocollo di Kyoto, la quale prevede che le parti contraenti cercheranno di limitare o ridurre le emissioni di alcuni gas a effetto serra generati da combustibili utilizzati nel trasporto aereo operando per il tramite dell’Organizzazione dell’aviazione civile internazionale, non può essere considerata, sotto il profilo del suo contenuto, dotata di un carattere incondizionato e sufficientemente preciso tale da ingenerare per il singolo il diritto di farla valere in giudizio per contestare la validità della direttiva 2008/101, che modifica la direttiva 2003/87 al fine di includere le attività di trasporto aereo nel sistema comunitario di scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra. Di conseguenza, il Protocollo di Kyoto non può essere invocato nell’ambito di un rinvio pregiudiziale al fine di valutare la validità di detta direttiva.

    (v. punti 73, 76-78)

    4. L’accordo sui trasporti aerei concluso tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da un lato, e gli Stati Uniti d’America, dall’altro (Accordo «open skies»), è stato approvato a nome dell’Unione mediante le decisioni 2007/339 e 2010/465, concernenti la firma e l’applicazione provvisoria, rispettivamente, dell’accordo e del protocollo che modifica tale accordo. Di conseguenza, le disposizioni di tale accordo, a partire dalla data della sua entrata in vigore, formano parte integrante dell’ordinamento giuridico dell’Unione.

    Le compagnie aeree stabilite nel territorio delle parti dell’Accordo «open skies» vengono specificamente prese in considerazione da quest’ultimo. Talune disposizioni di tale accordo tendono a conferire in modo diretto determinati diritti alle citate compagnie, mentre altre tendono ad imporre loro degli obblighi.

    Il fatto che le parti dell’Accordo «open skies» abbiano creato un quadro istituzionale particolare per le consultazioni ed i negoziati tra di esse relativi all’esecuzione di tale accordo non è sufficiente per escludere qualsiasi applicazione giurisdizionale di quest’ultimo. Pertanto, dal momento che il citato accordo introduce alcune regole destinate ad applicarsi in modo diretto e immediato alle compagnie aeree e, dunque, a conferire a queste ultime diritti o libertà, suscettibili di essere invocati nei confronti delle parti dell’accordo stesso, e considerato che a ciò non ostano la natura e l’economia generale di quest’ultimo, la Corte è legittimata ad esaminare la validità di un atto di diritto dell’Unione, come la direttiva 2008/101, che modifica la direttiva 2003/87 al fine di includere le attività di trasporto aereo nel sistema comunitario di scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra, alla luce delle disposizioni di tale accordo.

    (v. punti 79, 82-84)

    5. Come risulta dall’art. 3, n. 5, TUE, l’Unione contribuisce alla rigorosa osservanza e allo sviluppo del diritto internazionale. Di conseguenza, quando adotta un atto, l’Unione è tenuta a rispettare il diritto internazionale nella sua globalità, compreso il diritto internazionale consuetudinario al cui rispetto sono vincolate le istituzioni dell’Unione medesima.

    A questo proposito, i principi del diritto internazionale consuetudinario ­– come il principio secondo cui ciascuno Stato gode di una sovranità piena ed esclusiva sul proprio spazio aereo, il principio in base al quale nessuno Stato può legittimamente pretendere di assoggettare una parte qualsivoglia dell’alto mare alla propria sovranità, e il principio della libertà di sorvolo dell’alto mare – possono essere fatti valere da un singolo ai fini dell’esame, da parte della Corte, della validità di un atto dell’Unione se e in quanto, da un lato, essi siano idonei a mettere in discussione la competenza dell’Unione ad adottare tale atto e, dall’altro, l’atto in questione possa incidere su diritti attribuiti al singolo dal diritto dell’Unione oppure far sorgere in capo a tale singolo obblighi correlati al diritto dell’Unione stesso.

    Qualora i suddetti principi vengano invocati affinché la Corte esamini, nell’ambito di un rinvio pregiudiziale, se l’Unione fosse competente ad adottare la direttiva 2008/101 – nella parte in cui questa estende l’applicazione della direttiva 2003/87 agli operatori aerei di Stati terzi, i cui voli con partenza da e arrivo in un aerodromo situato nel territorio di uno Stato membro dell’Unione vengano in parte effettuati sopra l’alto mare e sopra il territorio di detti Stati terzi, – non è possibile – pur sembrando i principi in questione destinati unicamente a creare obblighi tra Stati –escludere, in circostanze in cui la direttiva 2008/101 è idonea a far sorgere, in capo alle compagnie aeree, ricorrenti della causa principale, obblighi in rapporto al diritto dell’Unione, che tali ricorrenti possano invocare i principi summenzionati e che la Corte possa dunque esaminare la validità della citata direttiva alla luce di questi ultimi. Tuttavia, poiché un principio di diritto internazionale consuetudinario non presenta lo stesso grado di precisione di una disposizione di un accordo internazionale, il controllo giurisdizionale deve necessariamente limitarsi a stabilire se, nell’adottare l’atto in questione, le istituzioni dell’Unione abbiano commesso manifesti errori di valutazione riguardo ai presupposti di applicazione dei principi di cui trattasi.

    (v. punti 101, 103, 107-110)

    6. Non esistono elementi sufficienti per affermare che il principio di diritto internazionale consuetudinario, riconosciuto come tale, secondo cui una nave che si trova in alto mare è in linea di principio assoggettata esclusivamente alla legge della sua bandiera si applichi per analogia agli aeromobili sorvolanti l’alto mare.

    (v. punto 106)

    7. Il diritto dell’Unione e, in particolare, la direttiva 2008/101, che modifica la direttiva 2003/87 al fine di includere le attività di trasporto aereo nel sistema comunitario di scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra, non possono rendere la direttiva 2003/87 applicabile in quanto tale agli aeromobili immatricolati in Stati terzi che si trovino in sorvolo su questi ultimi o sull’alto mare. Infatti, le competenze dell’Unione devono essere esercitate nel rispetto del diritto internazionale, sicché la direttiva 2008/101 deve essere interpretata, e la sua sfera di applicazione va circoscritta, alla luce delle norme pertinenti del diritto internazionale marittimo e aereo.

    A questo proposito, prevedendo, ai fini della propria applicabilità agli operatori di aeromobili, un criterio fondato sul fatto che tali aeromobili effettuino un volo con partenza da o arrivo in un aerodromo situato nel territorio di uno degli Stati membri, la direttiva 2008/101 non viola né il principio di territorialità, né la sovranità di cui gli Stati terzi di provenienza o di destinazione dei voli suddetti godono sullo spazio aereo situato al di sopra del loro territorio, dal momento che tali aeromobili si trovano fisicamente nel territorio di uno degli Stati membri dell’Unione e sono così assoggettati a tale titolo alla piena potestà dell’Unione. Un’applicazione siffatta del diritto dell’Unione non vale neppure a rimettere in discussione il principio della libertà di sorvolo dell’alto mare, in quanto un aeromobile sorvolante quest’ultimo non è assoggettato, per il fatto di effettuare tale sorvolo, al sistema di scambio di quote. Infatti, solo qualora scelga di gestire una linea aerea commerciale con partenza da o arrivo in un aerodromo situato nel territorio di uno Stato membro, l’operatore di un siffatto aeromobile si troverà assoggettato al sistema di scambio di quote, per il fatto che il suo aeromobile si trova nel territorio di tale Stato membro.

    La circostanza che l’operatore di un aeromobile sia tenuto a restituire quote di emissioni calcolate sulla base dell’intero volo internazionale che il suo aeromobile ha effettuato o effettuerà non è idonea – alla luce dei principi di diritto internazionale consuetudinario, come il principio secondo cui ciascuno Stato gode di una sovranità piena ed esclusiva sul proprio spazio aereo, il principio in base al quale nessuno Stato può legittimamente pretendere di assoggettare una parte qualsivoglia dell’alto mare alla propria sovranità, e il principio della libertà di sorvolo dell’alto mare – a rimettere in discussione la piena applicabilità del diritto dell’Unione nel suddetto territorio. Infatti, poiché la politica dell’Unione in materia ambientale mira a garantire un livello di protezione elevato ai sensi dell’art. 191, n. 2, TFUE, il legislatore dell’Unione può in via di principio scegliere di autorizzare l’esercizio nel suo territorio di un’attività commerciale, nella fattispecie il trasporto aereo, soltanto a condizione che gli operatori rispettino i criteri stabiliti dall’Unione stessa e volti a realizzare gli obiettivi che quest’ultima si è assegnata in materia di tutela dell’ambiente, segnatamente nel caso in cui tali obiettivi si collochino nel solco di accordi internazionali cui l’Unione ha aderito, quali la Convenzione quadro e il Protocollo di Kyoto.

    (v. punti 122-123, 125-129)

    8. La direttiva 2008/101, che modifica la direttiva 2003/87 al fine di includere le attività di trasporto aereo nel sistema comunitario di scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra, prevede che la direttiva 2003/87 si applichi ai voli con partenza da o arrivo in un aerodromo situato nel territorio di uno Stato membro. Pertanto, considerato che tale normativa disciplina nel territorio degli Stati membri l’entrata e l’uscita degli aeromobili impiegati nella navigazione aerea internazionale, sia europea che transatlantica, risulta espressamente dall’art. 7, n. 1, dell’Accordo sui trasporti aerei concluso tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da un lato, e gli Stati Uniti d’America, dall’altro (Accordo «open skies»), che la normativa suddetta si applica a qualsiasi aeromobile utilizzato dalle compagnie aeree dell’altra parte contraente di questo accordo, e che tale aeromobile è tenuto a rispettarla. Ne consegue che l’art. 7, n. 1, dell’Accordo «open skies» non osta a che il sistema di scambio di quote istituito dalla direttiva 2003/87 venga applicato ad operatori aerei quali le compagnie aeree stabilite negli Stati Uniti, nel caso in cui i loro aeromobili effettuino voli con partenza da o arrivo in un aerodromo situato nel territorio di uno Stato membro.

    (v. punti 134-135)

    9. A differenza di un dazio, di una tassa o di un onere applicati sul consumo di carburante, il sistema istituito dalla direttiva 2003/87, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità, come modificata dalla direttiva 2008/101, oltre al fatto che non è destinato a generare introiti a favore delle autorità pubbliche, non consente assolutamente di stabilire, sul fondamento di una base imponibile e di un’aliquota definite a priori, un importo che deve essere corrisposto per ciascuna tonnellata di carburante consumato per l’insieme dei voli effettuati in un anno civile.

    Pertanto, non si può sostenere che la direttiva 2008/101 comporti una forma di prelievo obbligatorio a favore delle autorità pubbliche qualificabile come dazio doganale, tassa od onere sul carburante posseduto o consumato dagli operatori aerei. La circostanza che gli operatori aerei possano acquistare quote supplementari a copertura delle loro emissioni effettive non soltanto da altri operatori, ma anche dalle autorità pubbliche nell’ambito della messa all’asta del 15% delle quote complessive, non è minimamente idonea a inficiare la suddetta constatazione.

    Di conseguenza, estendendo ai trasporti aerei l’applicazione della direttiva 2003/87, la direttiva 2008/101 non viola in alcun modo l’obbligo di esenzione applicabile al carburante imbarcato, quale previsto dall’art. 11, nn. 1 e 2, lett. c), dell’Accordo sui trasporti aerei concluso tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da un lato, e gli Stati Uniti d’America, dall’altro, dal momento che il sistema di scambio di quote, per le caratteristiche sue proprie, costituisce una misura fondata sul mercato, e non un dazio, una tassa o un onere gravante sul carburante imbarcato.

    (v. punti 143, 145-147)

    10. L’obiettivo enunciato nell’art. 25 bis della direttiva 2003/87, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità, come modificata dalla direttiva 2008/101, il quale si propone di garantire un’interazione ottimale tra il sistema di scambio di quote dell’Unione e le «Market‑Based Mesures» che vengano adottate da Stati terzi, in modo che non vi sia una duplice applicazione di tali sistemi agli aeromobili che effettuano collegamenti internazionali, indipendentemente dal fatto che tali velivoli siano immatricolati in uno Stato membro o in uno Stato terzo, corrisponde a quello sotteso all’art. 15, n. 7, dell’Accordo sui trasporti aerei concluso tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da un lato, e gli Stati Uniti d’America, dall’altro (Accordo «open skies»).

    Inoltre, l’art. 15, n. 3, seconda frase, dell’Accordo «open skies», letto in combinato disposto con l’art. 3, n. 4, del medesimo accordo, non impedisce alle parti contraenti di quest’ultimo di adottare misure che limitino il volume del traffico, la frequenza o la regolarità dei servizi od anche il tipo di aeromobili utilizzati dalle compagnie aeree stabilite nel territorio delle parti suddette, qualora tali misure siano connesse alla protezione dell’ambiente. L’art. 3, n. 4, di detto accordo stabilisce espressamente che nessuna delle due parti contraenti può procedere a limitazioni siffatte «salvo che per motivi (...) ambientali». Per contro, l’art. 15, n. 3, dell’Accordo «open skies», letto in combinato disposto con gli artt. 2 e 3, n. 4, del medesimo accordo, stabilisce che, nel caso in cui le parti contraenti di tale accordo adottino simili misure di protezione dell’ambiente, tali misure devono essere applicate in modo non discriminatorio alle compagnie aeree interessate.

    Orbene, come del resto consta esplicitamente dal ventunesimo ‘considerando’ della direttiva 2008/101, l’Unione ha previsto un’applicazione uniforme e non discriminatoria del sistema di scambio di quote all’insieme degli operatori di aeromobili che assicurano collegamenti aerei con partenza da o arrivo in un aerodromo situato nel territorio di uno Stato membro. Di conseguenza, la direttiva 2008/101 non è invalida alla luce del citato art. 15, n. 3, dell’Accordo «open skies», letto in combinato disposto con gli artt. 2 e 3, n. 4, del medesimo accordo.

    (v. punti 151-156)

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