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Document 62009CJ0548

    Massime della sentenza

    Parole chiave
    Massima

    Parole chiave

    1. Diritto dell’Unione — Principi — Diritti della difesa — Diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva — Misure restrittive nei confronti dell’Iran

    (Art. 254, nn. 1 e 2, CE; regolamento del Consiglio n. 423/2007, artt. 7, n. 2, e 15, n. 3)

    2. Atti delle istituzioni — Scelta della base giuridica — Regolamento concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran

    (Artt. 60 CE, 301 CE e 308 CE; posizione comune del Consiglio 2007/140; regolamento del Consiglio n. 423/2007)

    3. Diritto internazionale pubblico — Carta delle Nazioni Unite — Risoluzioni del Consiglio di sicurezza adottate ai sensi del capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite — Obbligo per l’Unione di esercitare le proprie competenze nel rispetto di tali risoluzioni — Limiti

    (Regolamento del Consiglio n. 423/2007, art. 7, n. 2)

    Massima

    1. Il principio di tutela giurisdizionale effettiva implica che l’autorità dell’Unione che adotta un atto comportante misure restrittive ai danni di una persona o di un’entità comunichi i motivi alla base dell’atto, quanto più possibile, al momento in cui tale atto è stato adottato o, quantomeno, il più rapidamente possibile dopo tale adozione, in modo da consentire alle persone e alle entità interessate di esercitare il loro diritto di ricorso.

    È per rispettare tale principio che l’art. 15, n. 3, del regolamento n. 423/2007, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran, impone al Consiglio di fornire le ragioni individuali e specifiche per le decisioni adottate a norma dell’art. 7, n. 2, di detto regolamento e di renderle note alle persone, alle entità e agli organismi interessati. Infatti, il congelamento dei capitali ha notevoli conseguenze per le entità interessate, essendo idoneo a limitare l’esercizio dei loro diritti fondamentali. Benché il regolamento n. 423/2007 non stabilisca in quale forma tali ragioni devono essere «rese note» alle persone, alle entità e agli organismi interessati, una pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea non è sufficiente. Infatti, se la comunicazione delle ragioni individuali e specifiche potesse ritenersi avvenuta con la pubblicazione della decisione nella Gazzetta ufficiale, non si ravviserebbe l’interesse di prevedere esplicitamente tale comunicazione, come fa detto art. 15, n. 3, atteso che la decisione di congelamento dei capitali deve essere pubblicata in ogni caso, conformemente all’art. 254, nn. 1 e 2, CE, tenuto conto della sua natura regolamentare. Ne consegue che il Consiglio adempie l’obbligo che gli deriva da detta disposizione effettuando una comunicazione individuale.

    Tuttavia, anche se una comunicazione individuale è in linea di principio necessaria, nessuna forma precisa è richiesta dall’art. 15, n. 3, del regolamento n. 423/2007, il quale menziona unicamente l’obbligo di «rendere noto». L’importante è che sia dato effetto utile a tale disposizione, ossia che le persone e le entità interessate da misure restrittive adottate in applicazione dell’art. 7, n. 2, di detto regolamento abbiano tutela giurisdizionale effettiva. Così è nel caso in cui il Consiglio non abbia provveduto alla comunicazione, ma un’autorità bancaria nazionale abbia trasmesso informazioni sufficienti al destinatario e quest’ultimo sia stato in condizione di proporre ricorso, dato che la mancanza di una comunicazione da parte del Consiglio non ha avuto come conseguenza quella di privare detto destinatario della possibilità di conoscere, in tempo utile, la motivazione della decisione controversa e di valutare la fondatezza della misura di congelamento dei capitali adottata nei suoi confronti.

    (v. punti 47-52, 55-56)

    2. Conformemente al suo titolo, il regolamento n. 423/2007 concerne l’adozione di misure restrittive nei confronti della Repubblica islamica dell’Iran. Dal preambolo e dall’insieme delle sue disposizioni risulta che detto regolamento ha lo scopo di impedire o di contenere la politica adottata da tale Stato in materia nucleare, tenuto conto del rischio che essa presenta, mediante misure restrittive in ambito economico. Pertanto, ciò contro cui si lotta sono i rischi inerenti al programma iraniano di sviluppo nucleare e non l’attività generale di proliferazione nucleare.

    Siccome lo scopo e il contenuto dell’atto in questione erano chiaramente l’adozione di misure economiche contro la Repubblica islamica dell’Iran, il ricorso all’art. 308 CE non era necessario: l’art. 301 CE costituisce un fondamento giuridico sufficiente, in quanto consente un’azione della Comunità finalizzata ad interrompere o a ridurre, in tutto o in parte, le relazioni economiche con uno o più paesi terzi, azione che può comprendere misure di congelamento dei capitali di entità, come una banca, che sono associate al regime del paese terzo di cui trattasi.

    Quanto alla necessità di includere tra i fondamenti giuridici la posizione comune 2007/140, essa è contraddetta dal testo medesimo dell’art. 301 CE, che contempla la possibilità di adottare misure comunitarie quando una posizione comune o un’azione comune adottate in virtù di disposizioni del Trattato UE, nella versione anteriore al Trattato di Lisbona, relative alla politica estera e di sicurezza comune (PESC) prevedono un’azione della Comunità. Detto testo indica che deve esserci una posizione comune o un’azione comune perché possano essere adottate misure comunitarie, ma non che dette misure debbono essere fondate su tale posizione comune o su tale azione comune.

    In ogni caso, una posizione comune non può costituire il fondamento giuridico di un atto comunitario. Invero, le posizioni comuni del Consiglio in materia di PESC, quali le posizioni comuni 2007/140 e 2008/479, sono adottate nel contesto del suddetto Trattato UE, conformemente all’art. 15 di quest’ultimo, mentre i regolamenti del Consiglio, come il regolamento n. 423/2007, sono adottati nel contesto del Trattato CE. Il Consiglio poteva, dunque, adottare un atto comunitario unicamente sul fondamento delle competenze conferitegli dal Trattato CE, ossia, nella fattispecie, degli artt. 60 CE e 301 CE.

    (v. punti 68-72)

    3. Le risoluzioni del Consiglio di sicurezza, da una parte, e le posizioni comuni del Consiglio nonché i suoi regolamenti, dall’altra, fanno capo ad ordinamenti giuridici distinti. Parimenti, gli atti adottati nell’ambito, da un lato, delle Nazioni Unite e, dall’altro, dell’Unione promanano da organi i quali dispongono di poteri autonomi che sono loro attribuiti dalle rispettive carte fondamentali, ossia dai trattati che le hanno istituite.

    Nell’elaborazione di misure comunitarie aventi ad oggetto l’attuazione di una risoluzione del Consiglio di sicurezza presa in conto da una posizione comune, la Comunità deve tenere in debita considerazione i termini e gli obiettivi della risoluzione di cui trattasi. Analogamente, occorre tener conto del testo e dell’oggetto di una risoluzione del Consiglio di sicurezza per l’interpretazione del regolamento che intende attuarla. Tuttavia, senza con questo rimettere in discussione il primato di una risoluzione del Consiglio di sicurezza sul piano del diritto internazionale, il rispetto che si impone alle istituzioni comunitarie nei confronti delle istituzioni delle Nazioni Unite non può comportare l’assenza di controllo della legittimità dell’atto comunitario con riferimento ai diritti fondamentali che costituiscono parte integrante dei principi generali del diritto comunitario.

    Pertanto, il potere conferito al Consiglio dall’art. 7, n. 2, del regolamento n. 423/2007, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran, è un potere autonomo. A tale riguardo, un obbligo di «tenere in debita considerazione» i termini e gli obiettivi della risoluzione di cui trattasi non è affatto in contrasto con la constatazione che il Consiglio statuisce in autonomia, nel rispetto delle regole del suo proprio ordinamento giuridico.

    (v. punti 100, 102-106)

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