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Document 62009CJ0284

    Massime della sentenza

    Parole chiave
    Massima

    Parole chiave

    1. Libera circolazione dei capitali — Restrizioni — Normativa tributaria — Imposta sulle società — Tassazione dei dividendi — Partecipazione della società beneficiaria nel capitale della società che distribuisce i dividendi in percentuale inferiore a quella prevista dalla direttiva 90/435

    [Art. 56, n. 1, CE; direttiva del Consiglio 90/435, art. 3, n. 1, lett. a)]

    2. Accordi internazionali — Accordo che istituisce lo Spazio economico europeo — Libera circolazione dei capitali — Normativa nazionale che assoggetta i dividendi distribuiti a una società non residente a una tassazione più onerosa di quella applicata ai dividendi distribuiti a una società residente — Inammissibilità

    (Accordo SEE, art. 40)

    Massima

    1. Viene meno agli obblighi che gli incombono in forza dell’art. 56, n. 1, CE lo Stato membro che assoggetti i dividendi distribuiti a società stabilite in altri Stati membri, nel caso in cui la percentuale di partecipazione della società madre nel capitale della filiale sia inferiore a quella prevista all’art. 3, n. 1, lett. a), della direttiva 90/435, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi, come modificata dalla direttiva 2003/123, a una tassazione più onerosa, in termini economici, di quella applicata ai dividendi distribuiti a società aventi sede sul suo territorio.

    Certamente, quanto alle partecipazioni non rientranti nell’ambito della direttiva 90/435, spetta agli Stati membri determinare se, ed in quale misura, la doppia imposizione economica o a catena degli utili distribuiti debba essere evitata e introdurre, a tale effetto, in modo unilaterale o mediante convenzioni concluse con altri Stati membri, meccanismi che mirino a prevenire o ad attenuare questa doppia imposizione economica o a catena. Tuttavia, tale unico fatto non consente loro di applicare misure contrarie alle libertà di circolazione garantite dal Trattato CE.

    A partire dal momento in cui uno Stato membro, in modo unilaterale o mediante accordi, assoggetta all’imposta sul reddito non soltanto le società residenti, ma anche quelle non residenti, per i dividendi che esse ricevono da una società residente, la situazione di tali società non residenti si avvicina a quella delle società residenti. In un caso siffatto, affinché le società beneficiarie non residenti non si trovino di fronte ad una limitazione della libera circolazione dei capitali, vietata, in linea di principio, dall’art. 56 CE, lo Stato di residenza della società distributrice deve vigilare affinché, in relazione alla procedura prevista dal suo diritto nazionale allo scopo di prevenire o di attenuare l’imposizione a catena o la doppia imposizione economica, le società non residenti siano assoggettate ad un trattamento equivalente a quello di cui beneficiano le società residenti.

    Una tale restrizione non è giustificata da motivi imperativi di interesse generale. Certamente, una giustificazione che verta sulla necessità di salvaguardare una ripartizione equilibrata della potestà impositiva tra gli Stati membri può essere ammessa qualora, in particolare, il regime di cui trattasi sia inteso a prevenire comportamenti tali da violare il diritto di uno Stato membro di esercitare la propria competenza tributaria in relazione alle attività svolte sul suo territorio. Tuttavia, qualora uno Stato membro abbia scelto di non tassare le società beneficiarie stabilite sul suo territorio in relazione a redditi di tal tipo, esso non può invocare la necessità di garantire una ripartizione equilibrata della potestà impositiva tra gli Stati membri per giustificare l’assoggettamento ad imposta delle società beneficiarie stabilite in un altro Stato membro. La riduzione del gettito fiscale non può essere considerata un motivo imperativo di interesse generale idoneo a giustificare un provvedimento che sia, in linea di principio, in contrasto con una libertà fondamentale. Una tale misura non può essere giustificata neppure da ragioni di coerenza del regime fiscale. L’argomento secondo il quale l’agevolazione fiscale in questione sarebbe controbilanciata da uno svantaggio fiscale non può essere accolto, poiché non sussiste un nesso diretto tra l’esenzione dalla ritenuta alla fonte dei dividendi versati alle società beneficiarie residenti e la tassazione di detti dividendi, vuoi come redditi degli azionisti di tali società, vuoi in occasione di un’eventuale operazione imponibile ulteriore.

    (v. punti 48, 56-57, 77-78, 83, 86, 92, 94, dispositivo 1)

    2. Viene meno agli obblighi che gli incombono in forza dell’art. 40 dell’Accordo sullo Spazio economico europeo (SEE) lo Stato membro che assoggetti i dividendi distribuiti a società stabilite in Islanda e in Norvegia a una tassazione più onerosa, in termini economici, di quella applicata ai dividendi distribuiti a società aventi sede sul suo territorio.

    Anche se le restrizioni alla libera circolazione dei capitali tra cittadini di Stati parti dell’Accordo SEE devono essere esaminate con riferimento all’art. 40 e all’allegato XII di detto accordo, tali disposizioni rivestono la stessa portata giuridica delle disposizioni, sostanzialmente identiche, dell’art. 56 CE.

    (v. punti 96, 99, dispositivo 2)

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