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Document 62009CJ0119

    Massime della sentenza

    Parole chiave
    Massima

    Parole chiave

    1. Libertà di stabilimento — Libera prestazione dei servizi — Servizi nel mercato interno — Direttiva 2006/123 — Comunicazione commerciale

    (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2006/123, artt. 4, punto 12, e 24)

    2. Libertà di stabilimento — Libera prestazione dei servizi — Servizi nel mercato interno — Direttiva 2006/123 — Comunicazioni commerciali per le professioni regolamentate

    (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2006/123, art. 24, nn. 1 e 2)

    Massima

    1. La nozione di comunicazione commerciale, come definita all’art. 4, punto 12, della direttiva 2006/123, relativa ai servizi nel mercato interno, comprende non soltanto la pubblicità classica, ma anche altre forme di pubblicità e di comunicazione di informazioni destinate all’acquisizione di nuovi clienti.

    Di conseguenza, il «démarchage» (atti di promozione commerciale diretta e ad personam dei propri servizi) rientra nella nozione di «comunicazione commerciale», ai sensi degli artt. 4, punto 12, e 24 della direttiva 2006/123, dal momento che esso costituisce una forma di comunicazione di informazioni destinata alla ricerca di nuovi clienti, che implica un contatto personalizzato tra il prestatore e il potenziale cliente, al fine di presentare a quest’ultimo un’offerta di servizi, e che può, per tale motivo, essere qualificato come marketing diretto.

    (v. punti 32-33, 38)

    2. L’art. 24, n. 1, della direttiva 2006/13, relativa ai servizi nel mercato interno, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale la quale vieti totalmente agli esercenti una professione regolamentata, come quella di dottore commercialista/esperto contabile, di effettuare atti di promozione commerciale diretta e ad personam dei propri servizi («démarchage»). Infatti, tanto dalla finalità dell’art. 24 quanto dal contesto in cui questo si inserisce risulta che l’intenzione del legislatore dell’Unione era non soltanto di porre fine ai divieti assoluti, per gli esercenti una professione regolamentata, di ricorrere alla comunicazione commerciale, in qualunque forma, ma anche di eliminare i divieti di ricorso a una o più forme di comunicazione commerciale ai sensi dell’art. 4, punto 12, della direttiva 2006/123, quali, in particolare, la pubblicità, il marketing diretto e le sponsorizzazioni. Alla luce degli esempi contenuti nel centesimo ‘considerando’ della direttiva in parola, devono considerarsi quali divieti assoluti, preclusi a norma dell’art. 24, n. 1, di detta direttiva, anche le regole professionali che proibiscono di fornire, nell’ambito di uno o più mezzi di comunicazione, informazioni sul prestatore o sulla sua attività.

    Pertanto, un divieto di «démarchage», concepito in modo ampio, in quanto vieti qualsiasi atto di promozione commerciale diretta e ad personam dei propri servizi, a prescindere dalla sua forma, dal suo contenuto o dai mezzi impiegati, e che comprenda la proibizione di tutti i mezzi di comunicazione che consentono l’attuazione di questa forma di comunicazione commerciale, deve essere considerato come un divieto assoluto in materia di comunicazioni commerciali, proibito dall’art. 24, n. 1, della direttiva 2006/123.

    Una siffatta disciplina, poiché vieta totalmente una forma di comunicazione commerciale e rientra dunque nell’ambito di applicazione dell’art. 24, n. 1, della direttiva 2006/123, è incompatibile con quest’ultima e non può essere giustificata in forza dell’art. 24, n. 2, della direttiva medesima, anche se essa è non discriminatoria, fondata su un motivo imperativo di interesse generale e proporzionata.

    (v. punti 29, 41-42, 45-46 e dispositivo)

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