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Document 62009CJ0052
Massime della sentenza
Massime della sentenza
Causa C-52/09
Konkurrensverket
contro
TeliaSonera Sverige AB
(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Stockholms tingsrätt)
«Rinvio pregiudiziale — Art. 102 TFUE — Abuso di posizione dominante — Prezzi applicati da un operatore di telecomunicazioni — Prestazioni ADSL intermedie — Prestazioni di connessione a banda larga ai clienti finali — Compressione dei margini tra prezzo e costo dei concorrenti ovvero effetto di “forbice tariffaria”»
Conclusioni dell’avvocato generale J. Mazák, presentate il 2 settembre 2010 I - 538
Sentenza della Corte (Prima Sezione) 17 febbraio 2011 I - 564
Massime della sentenza
Concorrenza – Posizione dominante – Abuso – Compressione del margine tra prezzo e costo – Nozione
(Art. 102 TFUE)
Concorrenza – Posizione dominante – Abuso – Compressione del margine tra prezzo e costo – Nozione – Criteri di valutazione
(Art. 102 TFUE)
Concorrenza – Posizione dominante – Abuso – Carattere abusivo di una pratica di prezzi
(Art. 102 TFUE)
Concorrenza – Posizione dominante – Abuso – Nozione – Comportamenti aventi effetto restrittivo sulla concorrenza
(Art. 102 TFUE)
Concorrenza – Posizione dominante – Abuso – Compressione del margine tra prezzo e costo – Servizi di accesso alla rete di telefonia fissa tramite collegamento digitale asimmetrico – Comportamento avente effetto restrittivo sulla concorrenza
(Art. 102 TFUE)
Concorrenza – Posizione dominante – Abuso – Compressione del margine tra prezzo e costo – Pratica tariffaria economicamente giustificata – Presupposti
(Art. 102 TFUE)
Concorrenza – Posizione dominante – Abuso – Compressione del margine tra prezzo e costo – Grado di dominio sul mercato interessato – Irrilevanza
(Art. 102 TFUE)
Concorrenza – Posizione dominante – Comportamento su un mercato contiguo al mercato dominato
(Art. 102 TFUE)
Concorrenza – Posizione dominante – Abuso – Compressione del margine tra prezzo e costo – Valutazione alla luce dei clienti esistenti e dei clienti potenziali
(Art. 102 TFUE)
Concorrenza – Posizione dominante – Abuso – Pratica di prezzi inferiori a un determinato livello di costi
(Art. 102 TFUE)
Concorrenza – Posizione dominante – Abuso – Compressione del margine tra prezzo e costo – Mercati in forte crescita e che si confrontano con una nuova tecnologia che necessita di investimenti molto ingenti
(Art. 102 TFUE)
In assenza di qualsiasi giustificazione obiettiva, può costituire un abuso di posizione dominante, ai sensi dell’art. 102 TFUE, il fatto che un’impresa verticalmente integrata, che detiene una posizione dominante sul mercato all’ingrosso delle prestazioni ADSL (collegamento digitale asimmetrico) intermedie, applichi una pratica tariffaria tale che il divario tra i prezzi praticati su detto mercato e quelli applicati sul mercato al dettaglio delle prestazioni di connessione a banda larga ai clienti finali non sia sufficiente a coprire i costi specifici che questa stessa impresa deve sopportare per poter accedere a quest’ultimo mercato. Nell’ambito della valutazione dell’abusività di siffatta pratica, occorre prendere in considerazione tutte le circostanze di ciascuna fattispecie.
(v. punti 112, 113 e dispositivo)
Sfrutta abusivamente la sua posizione dominante un’impresa che attua una politica dei prezzi diretta ad estromettere dal mercato concorrenti che possono essere altrettanto efficienti, ma che, per via delle loro più modeste capacità finanziarie, sono incapaci di resistere alla concorrenza esercitata nei loro confronti. Per valutare la correttezza della politica in materia di prezzi applicata da un’impresa dominante, occorre, in linea di principio, fare riferimento a criteri relativi ai prezzi basati sui costi sostenuti dall’impresa dominante stessa e sulla strategia di quest’ultima.
In particolare, nell’ambito della valutazione dell’abusività di una pratica tariffaria che dà luogo alla compressione dei margini, occorre prendere in considerazione, in linea di principio e in via prioritaria, i prezzi e i costi dell’impresa interessata sul mercato delle prestazioni al dettaglio.
L’uso di siffatti criteri di analisi consente di verificare se tale impresa sarebbe stata sufficientemente efficiente da proporre le sue prestazioni al dettaglio ai clienti finali in modo diverso che in perdita, qualora fosse stata previamente obbligata a pagare i propri prezzi all’ingrosso per le prestazioni intermedie. Orbene, qualora detta impresa in posizione dominante non fosse in grado di proporre le proprie prestazioni al dettaglio in modo diverso che in perdita, ciò vorrebbe dire che i concorrenti che rischiano di essere colpiti da preclusione a causa dell’applicazione della sua pratica tariffaria non potrebbero essere considerati meno efficienti dell’impresa medesima e che, quindi, il rischio di una loro preclusione sarebbe dovuto ad una concorrenza falsata. Tale concorrenza, infatti, non sarebbe basata soltanto sui meriti rispettivi delle imprese interessate. Un simile approccio è, del resto, tanto più giustificato in quanto risulta parimenti conforme al principio generale della certezza del diritto, considerato che la valutazione dei costi e dei prezzi dell’impresa dominante consente a quest’ultima, in considerazione della particolare responsabilità che le incombe ex art. 102 TFUE, di valutare la legittimità della propria condotta. Infatti, un’impresa dominante, se è pur vero che conosce i propri costi e le proprie tariffe, non conosce, in linea di principio, quelli dei suoi concorrenti.
Tuttavia, allorché non sia possibile, tenuto conto delle circostanze, fare riferimento a detti prezzi e costi, non si può escludere che i prezzi e i costi dei concorrenti sul mercato delle prestazioni al dettaglio possano assumere rilevanza nell’esame della pratica tariffaria dell’impresa dominante.
Ciò potrebbe, in particolare, accadere qualora la struttura dei costi dell’impresa dominante non sia identificabile con precisione per ragioni obiettive, oppure qualora la prestazione fornita ai concorrenti consista nella semplice gestione di un’infrastruttura il cui costo di produzione sia stato già ammortizzato, in modo tale che l’accesso a siffatta infrastruttura non rappresenta più un costo per l’impresa dominante economicamente paragonabile al costo che i suoi concorrenti devono sostenere per accedervi, o ancora laddove le condizioni specifiche di concorrenza del mercato lo esigano, a causa, ad esempio, della circostanza che il livello dei costi dell’impresa dominante dipende precisamente dalla situazione di vantaggio concorrenziale in cui la posizione dominante la colloca.
(v. punti 40-46 e dispositivo)
L’art. 102 TFUE riguarda soltanto comportamenti anticoncorrenziali adottati dalle imprese di propria iniziativa. Se un comportamento anticoncorrenziale viene imposto alle imprese da una normativa nazionale o se quest’ultima crea un contesto giuridico che di per sé elimina ogni possibilità di comportamento concorrenziale da parte loro, l’art. 102 TFUE non trova applicazione. In una situazione del genere, la restrizione alla concorrenza non trova origine, come questa disposizione implica, in comportamenti autonomi delle imprese. L’art. 102 TFUE si applica, invece, nel caso in cui la normativa nazionale lasci sussistere la possibilità di una concorrenza che possa essere ostacolata, ristretta o falsata da comportamenti autonomi delle imprese.
Nel caso di un’impresa verticalmente integrata che detiene una posizione dominante sul mercato all’ingrosso delle prestazioni ADSL (collegamento digitale asimmetrico) intermedie, l’assenza, per tale impresa, di qualsiasi obbligo regolamentare di fornire siffatte prestazioni agli operatori concorrenti non ha alcun rilievo per quanto riguarda il carattere abusivo di una pratica tariffaria che determina una compressione dei margini dei suoi concorrenti almeno altrettanto efficienti.
Infatti, qualora un’impresa in posizione dominante verticalmente integrata disponga di un margine di manovra per modificare anche soltanto i suoi prezzi al dettaglio, la compressione dei margini può, per questo solo motivo, esserle imputata. A maggior ragione, qualora essa disponga di piena autonomia nella scelta dei suoi comportamenti sul mercato, l’art. 102 TFUE le è applicabile. La speciale responsabilità che incombe ad un’impresa in posizione dominante di non violare, con il suo comportamento, la concorrenza effettiva e non falsata nel mercato interno concerne, per l’esattezza, i comportamenti, attivi o omissivi, che tale impresa decide di propria iniziativa di adottare.
(v. punti 49-53, 59 e dispositivo)
Una pratica tariffaria adottata da un’impresa dominante costituisce un abuso ai sensi dell’art. 102 TFUE qualora, producendo effetti preclusivi per i concorrenti quantomeno altrettanto efficienti mediante una compressione dei loro margini, sia idonea a rendere più difficile, se non impossibile, l’accesso per tali concorrenti al mercato di cui trattasi. Ne consegue che, per accertare l’abusività di siffatta pratica, il suo effetto anticoncorrenziale sul mercato deve sussistere, ma non deve essere necessariamente concreto, in quanto è sufficiente la dimostrazione di un effetto anticoncorrenziale potenziale idoneo a precludere l’accesso al mercato a concorrenti di efficienza quantomeno pari all’impresa in posizione dominante.
Infatti, qualora un’impresa dominante ponga effettivamente in essere una pratica tariffaria che, determinando una compressione dei margini dei suoi concorrenti almeno altrettanto efficienti, mira a estrometterli dal mercato interessato, la circostanza che il risultato perseguito, cioè l’esclusione dei concorrenti, non venga, in definitiva, raggiunto non può certo escludere la qualificazione di abuso ai sensi dell’art. 102 TFUE. Tuttavia, in assenza del minimo effetto sulla posizione concorrenziale dei concorrenti, una pratica tariffaria non può essere qualificata come pratica preclusiva qualora essa non renda minimamente più difficile la penetrazione di questi ultimi nel mercato interessato.
(v. punti 63-66)
Per valutare se una pratica tariffaria di un’impresa dominante che dà luogo ad una compressione dei margini dei suoi concorrenti almeno altrettanto efficienti sia idonea ad ostacolare l’esercizio delle attività dei concorrenti medesimi sul mercato al dettaglio delle prestazioni di connessione a banda larga ai clienti finali, si devono prendere in considerazione tutte le circostanze specifiche della controversia.
In particolare, occorre, in primo luogo, esaminare i rapporti funzionali tra i prodotti all’ingrosso e i prodotti al dettaglio. È, quindi, nel contesto della valutazione degli effetti della compressione dei margini che può avere rilievo l’indispensabilità del prodotto all’ingrosso. Infatti, quando l’accesso alla fornitura del prodotto all’ingrosso è indispensabile per la vendita del prodotto al dettaglio, i concorrenti di efficienza quantomeno pari all’impresa dominante sul mercato all’ingrosso, potendo operare sul mercato al dettaglio soltanto in perdita o, comunque, a condizioni di redditività ridotta, subiscono uno svantaggio concorrenziale su tale mercato idoneo ad impedire o a restringere il loro accesso ad esso o lo sviluppo delle loro attività su quest’ultimo. In tal caso, è probabile l’effetto anticoncorrenziale, almeno potenziale, di una compressione dei margini. Tuttavia, tenuto conto della posizione dominante dell’impresa interessata sul mercato, non si può escludere che, in base alla sola circostanza che il prodotto all’ingrosso non è indispensabile per la fornitura del prodotto al dettaglio, una pratica tariffaria che conduce alla compressione dei margini non sia in grado di produrre alcun effetto anticoncorrenziale, neppure potenziale. Occorre pertanto sincerarsi che, anche laddove il prodotto all’ingrosso non sia indispensabile, la pratica sia idonea a produrre effetti anticoncorrenziali sui mercati rilevanti.
In secondo luogo, occorre verificare il livello di compressione dei margini dei concorrenti di efficienza quantomeno pari all’impresa dominante. Infatti, se il margine è negativo, cioè se il prezzo all’ingrosso delle prestazioni ADSL (collegamento digitale asimmetrico) intermedie è superiore al prezzo al dettaglio per le prestazioni ai clienti finali, l’effetto preclusivo almeno potenziale è probabile, tenuto conto del fatto che, in una simile ipotesi, i concorrenti dell’impresa dominante, anche se sono altrettanto efficienti, o addirittura più efficienti di questa, sarebbero obbligati a vendere in perdita. Se, per contro, tale margine rimane positivo, si dovrà dimostrare che l’applicazione di tale pratica tariffaria era idonea a rendere quantomeno più difficile per gli operatori interessati l’esercizio delle loro attività sul mercato rilevante, a causa, ad esempio, di una riduzione della redditività.
(v. punti 67-74 e dispositivo)
Per accertare il carattere abusivo di una pratica tariffaria di un’impresa in posizione dominante che dà luogo ad una compressione dei margini dei suoi concorrenti almeno altrettanto efficienti, è necessario dimostrare che, tenuto conto, in particolare, dell’indispensabilità del prodotto all’ingrosso, detta pratica produce un effetto anticoncorrenziale almeno potenziale sul mercato al dettaglio, senza che ciò sia in alcun modo giustificato dal punto di vista economico.
Infatti, resta possibile per un’impresa dimostrare che la sua pratica tariffaria, sebbene produca effetti preclusivi, resta economicamente giustificata. La valutazione della giustificazione economica di una pratica tariffaria idonea a produrre un effetto preclusivo attuata da un’impresa in posizione dominante si effettua sulla base dell’insieme delle circostanze della fattispecie. Al riguardo, è importante stabilire se l’effetto preclusivo derivante da una tale pratica, svantaggioso per la concorrenza, possa essere controbilanciato, o anche superato, da vantaggi in termini di efficienza che vadano anche a beneficio del consumatore. Se l’effetto preclusivo di detta pratica non è in relazione con i vantaggi per il mercato e per i consumatori o se eccede quanto necessario per conseguirli, essa dev’essere considerata abusiva.
(v. punti 75-77 e dispositivo)
L’applicazione di una pratica tariffaria che dà luogo alla compressione dei margini da parte di un’impresa è idonea a costituire un abuso di posizione dominante qualora tale impresa occupi una posizione siffatta, senza che rilevi, in linea di principio, il grado di dominio sul mercato di cui trattasi. Difatti, l’art. 102 TFUE non introduce alcuna distinzione né alcun livello nell’ambito della nozione di posizione dominante. Allorché un’impresa disponga di una potenza economica come quella richiesta dal citato art. 102 TFUE perché si possa affermare che essa detiene una posizione dominante su un mercato determinato, è necessario che la sua condotta sia valutata alla luce di detta disposizione. Il livello di potere di mercato, in linea di principio, comporta conseguenze sulla portata degli effetti del comportamento dell’impresa di cui trattasi piuttosto che sull’esistenza dell’abuso in sé e per sé.
(v. punti 80-82 e dispositivo)
L’abusività di una pratica tariffaria attuata da un’impresa verticalmente integrata in posizione dominante sul mercato all’ingrosso delle prestazioni ADSL (collegamento digitale asimmetrico) intermedie e che conduce alla compressione dei margini dei concorrenti di detta impresa sul mercato al dettaglio delle prestazioni di connessione a banda larga ai clienti finali non dipende dall’esistenza di una posizione dominante di tale impresa su quest’ultimo mercato.
Al riguardo, l’art. 102 TFUE non detta alcuna espressa indicazione in ordine ai requisiti attinenti alla localizzazione dell’abuso sui mercati di prodotti. Quindi, l’ambito d’applicazione materiale della responsabilità particolare che incombe ad un’impresa dominante deve essere valutato alla luce delle circostanze specifiche del caso concreto, le quali riflettano una situazione di concorrenza affievolita.
Ne consegue che possono essere qualificati come abusivi determinati comportamenti su mercati diversi dai mercati soggetti a dominio, i quali producono effetti o su questi ultimi, o sugli stessi mercati non soggetti a dominio. Infatti, sebbene l’applicazione dell’art. 102 TFUE presupponga l’esistenza di un nesso tra la posizione dominante e il comportamento che si asserisce abusivo, nesso che di norma non sussiste quando un comportamento posto in essere in un mercato distinto dal mercato soggetto a dominio produce conseguenze su questo stesso mercato, è pur vero che trattandosi di mercati distinti, ma collegati, talune circostanze particolari possono giustificare l’applicazione dell’art. 102 TFUE ad un comportamento accertato sul mercato collegato, non soggetto a dominio, e produttivo di effetti su questo stesso mercato.
Siffatte circostanze possono sussistere allorché i comportamenti di un’impresa verticalmente integrata in posizione dominante su un mercato a monte consistono nel tentare di escludere concorrenti almeno altrettanto efficienti sul mercato a valle, segnatamente mediante la compressione dei margini di cui essi dispongono. Tali comportamenti sono infatti idonei, in particolare a causa degli stretti nessi che legano i due mercati rilevanti, a produrre l’effetto di affievolire la concorrenza sul mercato a valle. Del resto, in una simile situazione, in assenza di qualsiasi altra giustificazione economica obiettiva, tali comportamenti possono essere spiegati soltanto con l’intenzione dell’impresa dominante di impedire lo sviluppo della concorrenza sul mercato a valle e di rafforzare la propria posizione, o anche di conquistare una posizione dominante su quest’ultimo con mezzi diversi dai propri meriti.
(v. punti 84-89 e dispositivo)
L’abusività di una pratica tariffaria che dà luogo alla compressione dei margini dei concorrenti di efficienza quantomeno pari all’impresa in posizione dominante risiede nel fatto che detta pratica può ostacolare il normale gioco della concorrenza su un mercato vicino a quello da essa dominato, in quanto tale pratica può produrre l’effetto di escludere i concorrenti di tale impresa da quest’ultimo mercato.
Al riguardo è irrilevante il fatto che gli operatori interessati siano clienti già esistenti o nuovi dell’impresa dominante. Inoltre, non può risultare pertinente neppure la circostanza che si tratti di clienti nuovi che non sono ancora attivi sul mercato di cui trattasi. Infatti, l’abusività di una pratica tariffaria deve essere valutata non soltanto alla luce della possibilità che tale pratica provochi l’esclusione dal mercato rilevante di operatori altrettanto efficienti che sono già attivi su di esso, ma altresì tenendo conto degli eventuali ostacoli che essa è idonea a determinare per gli operatori potenziali altrettanto efficienti che non sono ancora presenti sul mercato.
(v. punti 91-94 e dispositivo)
Per stabilire se la pratica tariffaria di un’impresa in posizione dominante che conduce alla compressione dei margini dei concorrenti quantomeno altrettanto efficienti sia abusiva, è irrilevante sapere se l’impresa dominante abbia la possibilità di recuperare le perdite eventualmente subite a causa dell’applicazione di tale stessa pratica.
Infatti, è la compressione dei margini ad essere, in assenza di qualsiasi giustificazione obiettiva, di per sé idonea a costituire un abuso ai sensi dell’art. 102 TFUE. Orbene, tale compressione risulta dal divario tra i prezzi per le prestazioni all’ingrosso e quelli per le prestazioni al dettaglio e non dal livello di tali prezzi in sé e per sé. In particolare, detta compressione può risultare non soltanto da un prezzo anormalmente basso sul mercato al dettaglio, ma anche da un prezzo anormalmente elevato sul mercato all’ingrosso. Conseguentemente, un’impresa dedita ad una pratica tariffaria che dà luogo ad una compressione dei margini dei suoi concorrenti non subisce necessariamente perdite.
In ogni caso, anche supponendo che, per comprimere i margini dei suoi concorrenti, un’impresa dominante subisca perdite, non si può esigere che venga fornita la prova della possibilità di recuperare tali perdite eventuali per poter stabilire l’esistenza di un abuso. Infatti, la possibilità che i concorrenti siano esclusi dal mercato non dipende né dalla circostanza che l’impresa dominante subisca perdite, né da quella che tale impresa sia in grado di recuperare le sue perdite, ma dipende unicamente dal divario tra i prezzi applicati sui mercati interessati dall’impresa dominante, divario idoneo a far eventualmente subire perdite non all’impresa dominante stessa ma alle sue concorrenti.
Infine, qualora l’impresa dominante applicasse cionondimeno un prezzo sul mercato al dettaglio talmente basso che le vendite le provocherebbero perdite, al di là del fatto che siffatto comportamento potrebbe costituire una forma autonoma di abuso consistente nell’applicazione di prezzi predatori, la Corte ha comunque già escluso che, anche in tal caso, la prova della possibilità di recupero delle perdite subite per l’applicazione, da parte di un’impresa in posizione dominante, di prezzi inferiori a un determinato livello di costi costituisca un presupposto necessario al fine di dimostrare il carattere abusivo di una siffatta politica in materia di prezzi.
(v. punti 97-103 e dispositivo)
Per accertare se la pratica tariffaria di un’impresa in posizione dominante che dà luogo alla compressione di margini dei concorrenti di efficienza quantomeno pari costituisca un abuso ai sensi dell’art. 102 TFUE, il fatto che i mercati interessati dallo sfruttamento della posizione dominante da parte della suddetta impresa siano in forte crescita e si confrontino con una nuova tecnologia che richiede investimenti assai ingenti non è in linea di principio rilevante.
In primo luogo, l’art. 102 TFUE non introduce alcuna distinzione per quanto riguarda il grado di sviluppo dei mercati interessati dallo sfruttamento della posizione dominante da parte di un’impresa.
In secondo luogo, in un mercato in forte crescita, il vantaggio competitivo derivante dell’essere situati in posizione dominante su un secondo mercato ad esso prossimo è idoneo a falsare il gioco della concorrenza sul primo mercato, tenuto conto della circostanza che in questo primo mercato gli operatori possono essere indotti, per un certo periodo di tempo, ad operare in perdita o anche facendo affidamento su tassi di redditività ridotti. Orbene, è esattamente in tali circostanze che l’ulteriore riduzione della redditività nell’attività di un operatore, derivante dalla compressione dei suoi margini imposta da siffatta pratica tariffaria, è idonea ad impedire che si instaurino o che si sviluppino condizioni normali di concorrenza sul mercato interessato.
In terzo luogo, tenuto conto dell’obiettivo delle regole di concorrenza, la loro applicazione non può dipendere dalla circostanza che il mercato in esame abbia già raggiunto un certo grado di maturità. Infatti, segnatamente in un mercato in forte crescita, l’art. 102 TFUE esige che si intervenga il più rapidamente possibile per evitare che si stabilisca e si consolidi in tale mercato una struttura concorrenziale falsata dalla strategia abusiva di un’impresa in posizione dominante su tale mercato o anche su un mercato vicino ad esso strettamente collegato, che si intervenga cioè prima che si producano gli effetti anticoncorrenziali di detta strategia.
Ciò è valido a maggior ragione nel contesto di un mercato, come quello della fornitura di prestazioni per l’accesso ad Internet a banda larga, che è strettamente collegato ad un mercato diverso, come quello dell’accesso al circuito locale nel settore delle telecomunicazioni. Quest’ultimo mercato, infatti, non soltanto non è affatto nuovo ed emergente, ma la sua struttura concorrenziale è anche strettamente derivata dalla vecchia struttura monopolistica. Così, la possibilità per le imprese di sfruttare la loro posizione dominante su quest’ultimo mercato in modo tale da pregiudicare lo sviluppo della concorrenza su un mercato vicino in forte crescita richiede che non sia ammessa alcuna deroga all’applicazione dell’art. 102 TFUE.
Se un’impresa in posizione dominante su un mercato non può far valere gli investimenti che essa ha effettuato per penetrare su un mercato vicino tentando di escluderne i suoi concorrenti altrettanto efficienti, attuali o potenziali, ciò non toglie che le condizioni di concorrenza del mercato soggetto a dominio e, in particolare, i costi di stabilimento e di investimento dell’impresa in posizione dominante su di esso devono essere presi in considerazione all’atto dell’analisi dei costi di tale impresa, analisi che deve essere effettuata per accertare se sussiste una compressione dei margini.
(v. punti 105-111 e dispositivo)